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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate l’8 settembre 20051(1)

Causa C-169/04

Abbey National plc und Inscape Investment Fund (joined party)

contro

Commissioners of Customs & Excise

(domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal VAT and Duties Tribunal, Londra)

«IVA – Esenzione della gestione di fondi comuni di investimento – Nozione di gestione»





I –    Introduzione

1.     Cosa comprende la nozione di gestione di un fondo comune di investimento? Tale è la questione fondamentale posta con la presente domanda di pronuncia pregiudiziale dal VAT and Duties Tribunal (Londra). Conformemente alla sesta direttiva IVA 77/388/CEE (in prosieguo: la «sesta direttiva») (2), infatti, le operazioni legate alla gestione di un fondo di investimento devono essere esonerate dall’IVA. I fondi di investimento e le società di investimento appartenenti all’Abbey National’s VAT group, che sono parti della causa principale, chiedono l’applicabilità dell’esenzione anche a determinate prestazioni che essi hanno affidato a terzi.

2.     Al riguardo, occorre chiarire in che misura ai fini dell’interpretazione delle norme sull’IVA sia necessario prendere in considerazione la direttiva del Consiglio 20 dicembre 1985, 85/611/CEE, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative in materia di taluni organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) (3). La direttiva 85/611 armonizza le disposizioni nazionali relative a determinati fondi di investimento e, in particolare, prevede una definizione della nozione di gestione di un fondo.

3.     La direttiva 85/611 prevede, inoltre, una serie di disposizioni strutturali per gli OICVM, che forniscono uno sfondo utile per la comprensione delle attività e del funzionamento di questi strumenti di investimento. La direttiva 85/611 contempla in via di principio due forme di OICVM. Da un lato, esistono fondi di investimento di natura contrattuale e privi di personalità giuridica (fondi comuni di investimento). Nel Regno Unito tali fondi assumono sovente la forma dell’unit trust (4). Dall’altro lato, esistono società di investimento costituite come persone giuridiche autonome secondo le norme del diritto societario.

4.     In quanto privi di personalità giuridica, i fondi comuni di investimento devono servirsi di una società di gestione che amministri le loro operazioni. Per contro, le società di investimento sono persone giuridiche in grado anche di autogestirsi, che non devono pertanto necessariamente servirsi di una società di gestione separata. Tuttavia, secondo la legislazione del Regno Unito, esse dispongono di un authorised corporate director (organo di direzione autorizzato; in prosieguo: l’«ACD»). Di norma, tale funzione viene prestata da società, così che la loro struttura risulta simile a quella di un fondo di investimento con una società di gestione.

5.     La funzione più importante della gestione di un fondo è costituita dalla fissazione della politica di investimento, ivi inclusa la decisione sulle concrete operazioni di acquisto o vendita di titoli. Inoltre, la società di gestione svolge attività di contabilità e rendicontazione tecnica. Con la domanda di pronuncia pregiudiziale si chiede se le attività da ultimo menzionate si possano ancora considerare operazioni esenti in relazione alla gestione di un fondo di investimento o di una società di investimento, qualora siano demandate a terzi.

6.     Una questione ulteriore attiene alla qualifica dell’attività del depositario. Sia i fondi comuni di investimento, che le società di gestione (5) devono affidare il proprio patrimonio in custodia ad un terzo. Per il caso dell’unit trust è il fiduciario (trustee) ad assumere la funzione di depositario. Nella prassi sono in genere le banche a ricoprire il ruolo di depositario. Il depositario svolge gli incarichi della società di gestione. Esso ha inoltre determinati poteri di controllo e partecipazione. In particolare, deve controllare che le transazioni che hanno ad oggetto beni patrimoniali in sua custodia vengano regolarmente contabilizzate. Anche con riguardo alle prestazioni del depositario si pone la questione se in proposito si tratti della gestione di un fondo d’investimento esente da IVA.

II – Contesto normativo

A –    Normativa comunitaria

7.     Conformemente all’art. 13 B della sesta direttiva,

«(...) gli Stati membri esonerano, alle condizioni da essi stabilite per assicurare la corretta e semplice applicazione delle esenzioni sottoelencate e per prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso:

(…)

d)      le operazioni seguenti:

(…)

3.      le operazioni, compresa la negoziazione, relative ai depositi di fondi, ai conti correnti, ai pagamenti, ai giroconti, ai crediti, agli assegni e ad altri effetti commerciali, ad eccezione del ricupero dei crediti;

(…)

5.      le operazioni, compresa la negoziazione, eccettuate la custodia e la gestione, relative ad azioni, quote parti di società o associazioni, obbligazioni, altri titoli, ad esclusione:

–       dei titoli rappresentativi di merci;

–       dei diritti o titoli di cui all’ articolo 5, paragrafo 3;

6.      la gestione di fondi comuni d’investimento quali sono definiti dagli Stati membri;

(…)».

8.     Nell’art. 1, nn. 2 e 3, della direttiva 85/611 (6) i fondi comuni di investimento vengono definiti nei termini seguenti:

«2. Ai fini della presente direttiva e fatto salvo l’articolo 2, si intendono per OICVM [organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari] gli organismi:

–       il cui oggetto esclusivo è l’investimento collettivo dei capitali raccolti presso il pubblico in valori mobiliari e/o in altre attività finanziarie liquide di cui all’articolo 19, paragrafo 1, e il cui funzionamento è soggetto al principio della ripartizione dei rischi, e

–       le cui quote sono, su richiesta dei portatori, riacquistate o rimborsate, direttamente o indirettamente, a carico del patrimonio dei suddetti organismi. È assimilato a tali riacquisti o rimborsi il fatto che un OICVM agisca per impedire che il corso delle sue quote in borsa si allontani sensibilmente dal valore netto di inventario.

3. Conformemente al diritto nazionale, questi organismi possono assumere la forma contrattuale (fondo comune di investimento, gestito da una società di gestione) o di “trust” (“unit trust”) oppure la forma statutaria (società di investimento).

Ai fini della presente direttiva il termine “fondo comune di investimento” comprende anche l’“unit trust”».

9.     L’art. 4 della direttiva 85/611 disciplina i requisiti per l’autorizzazione di un OICVM da parte delle autorità di uno Stato membro. Dal comma 2 della norma discende in particolare che un fondo di investimento di tipo contrattuale deve disporre di una società di gestione e di un depositario da essa separato. Per una società di investimento si prescrive solo la necessità di un depositario.

10.   L’art. 5, n. 2, comma 2, della direttiva 85/611, per la descrizione dell’attività di gestione di fondi comuni di investimento e di società di investimento, rinvia alle funzioni citate nell’elenco non esaustivo di cui all’allegato II (7), che recita quanto segue:

«Funzioni comprese nell’attività di gestione di portafogli collettivi

–       Gestione degli investimenti

–       Amministrazione:

a)      servizi legali e contabili relativi alla gestione del fondo

b)      servizio di informazione per i clienti

c)      valutazione e determinazione del prezzo (anche ai fini delle dichiarazioni fiscali)

d)      controllo dell’osservanza della normativa applicabile

e)      tenuta del registro dei detentori delle quote

f)      distribuzione dei proventi

g)      emissione e riscatto delle quote

h)      regolamento dei contratti (compreso l’invio dei certificati)

i)      tenuta dei libri.

–       Commercializzazione».

11.   Conformemente all’art. 5 octies della direttiva 85/611, gli Stati membri possono consentire alle società di investimento di delegare a terzi una o più delle loro funzioni, se sono soddisfatti determinati presupposti. In particolare, occorre assicurare che la delega delle funzioni non pregiudichi la vigilanza sulla società di investimento e che le funzioni vengano eseguite regolarmente.

12.   Ai sensi dell’art. 7, n. 1, della direttiva 85/611, la custodia del patrimonio del fondo comune d’investimento deve essere affidata a un depositario. Gli obblighi del depositario sono precisati dall’art. 7, n. 3, nei termini seguenti:

«il depositario deve inoltre:

a)      accertare che la vendita, l’emissione, il riacquisto, il rimborso o l’annullamento delle quote effettuati per conto del fondo o dalla società di gestione avvengano conformemente alla legge o al regolamento del fondo;

b)      accertare che il valore delle quote sia calcolato conformemente alla legge o al regolamento del fondo;

c)      eseguire le istruzioni della società di gestione, salvo che siano contrarie alla legge o al regolamento del fondo;

d)      accertare che nelle operazioni relative al patrimonio del fondo il controvalore gli sia rimesso nei termini d’uso;

e)      accertare che i redditi del fondo ricevano la destinazione conforme alla legge o al regolamento del fondo».

13.   In conformità all’art. 9 della direttiva 85/611, il depositario è responsabile secondo il diritto dello Stato dove è situata la sede della società di gestione per violazioni colpose dei suoi obblighi.

14.   Per il depositario di una società di investimento gli artt. 14 e 16 della direttiva 85/611 prevedono norme simili a quelle di cui agli artt. 7 e 9.

15.   In conformità all’art. 10 della direttiva 85/611, le funzioni di società di gestione e di depositario non possono essere esercitate dalla stessa società. In conformità all’art. 17, lo stesso principio si applica anche a società di investimento e ai loro depositari.

B –    Normativa nazionale

16.   Nel Regno Unito l’esenzione prevista dalla sesta direttiva per la gestione di fondi d’investimento e società di investimento è stata attuata dalle voci 9 e 10, Gruppo 5, allegato 9, del Value Added Tax Act 1994 (legge sull’IVA). La disciplina si applica agli Authorised unit trusts (fondi comuni d’investimento autorizzati) o ai Trust based schemes (fondi comuni d’investimento su base fiduciaria) (voce 9), nonché agli Open-Ended Investment Companies (società di investimento a capitale variabile) (voce 10).

17.   Per la definizione di tali organismi le disposizioni del Value Added Tax Act fanno riferimento alle sezioni 236 e 237 del Financial Services and Markets Act 2000 (legge sui servizi e i mercati finanziari). Il Financial Services and Markets Act recepisce la direttiva 85/611 nel diritto nazionale. Ulteriori disposizioni sono previste nel Collective Investment Schemes Sourcebook of the Financial Services Authority (testo di base sui piani comuni di investimento dell’autorità di controllo per i servizi finanziari; in prosieguo: il «CIS-Sourcebook»). Infine, ulteriori norme speciali per società di investimento si trovano negli Open-Ended Investment Companies Regulations 2001 (regolamento sulle società di investimento a capitale variabile).

18.   Agli obblighi previsti dalla direttiva si aggiungono ulteriori funzioni che il CIS-Sourcebook attribuisce al depositario e al fiduciario. Al centro di tali disposizioni si pone la finalità di tutelare gli interessi dei consumatori e degli investitori. Il giudice a quo menziona dettagliatamente le seguenti funzioni:

1)      il fiduciario può concordare con il gestore l’approvazione di modifiche di scarsa importanza al prospetto (comprese le modifiche relative agli obiettivi dell’investimento);

2)      deve emettere quote al ricevimento delle istruzioni impartite dal gestore e conformemente ad esse;

3)       deve comunicare al gestore le proprie riserve e rifiutare di emettere o di cancellare quote se ritiene che l’emissione o la cancellazione siano incompatibili con restrizioni poste all’emissione o con gli interessi dei titolari delle quote;

4)      deve consentire o esigere che il direttore sospenda l’emissione, la cancellazione, la vendita e il riscatto delle quote qualora ricorrano circostanze eccezionali;

5)      deve accertare con ragionevole diligenza se il fatto che non venga richiesto il pagamento in contanti per l’emissione delle quote possa recare danno ai titolari attuali o potenziali di quote;

6)      può incamerare una quota se il titolare della stessa non effettua i pagamenti dovuti al gestore o al fiduciario;

7)      deve tenere un registro dei titolari delle quote;

8)      deve indire l’assemblea dei titolari delle quote;

9)      deve essere consultato circa la scelta di mercati non comunitari da prendere in considerazione a fini di investimento;

10)      deve accertare che i termini delle «operazioni di prestito di titoli» proposti dal gestore del fondo siano accettabili ed assicurarsi che venga prestata adeguata controgaranzia prima di tali operazioni;

11)      deve approvare i termini delle operazioni in strumenti derivati negoziati al di fuori dei mercati regolamentati;

12)      può autorizzare il gestore ad esercitare diritti spettanti ad un investimento del fondo comune di investimento autorizzato (come ad esempio il diritto di sottoscrivere un’emissione) se l’esercizio di tali diritti eccederebbe altrimenti i limiti posti alle dimensioni del patrimonio;

13)      può, previa consultazione del gestore, decidere se esercitare o meno diritti di voto legati ad un bene oggetto del piano di investimento, il quale consista in quote di altri piani comuni di investimento gestiti o altrimenti esercitati dal gestore o dai suoi associati o in quote di un fondo di investimento autorizzato che costituiscano parte del patrimonio di un fondo di alimentazione gestito o altrimenti esercitato dal gestore o da un socio del gestore;

14)      deve accertare con ragionevole diligenza che il gestore abbia preso in considerazione tutti gli elementi pertinenti al momento di fissare accantonamenti per rate di imposta e imposte di bollo;

15)      può accendere mutui per il fondo su istruzioni del gestore;

16)      deve adottare le iniziative necessarie affinché vengano correttamente stabiliti procedimenti e metodi adeguati per la determinazione del prezzo delle quote e vengano conservati giustificativi sufficienti;

17)      deve scegliere o approvare un esperto indipendente qualora vi siano conflitti potenziali di interessi nelle transazioni relative al patrimonio del fondo;

18)      può, su invito del direttore, approvare un corso di cambio diverso da quelli specificati nel CIS-Sourcebook ai fini della stima di un bene che sarebbe stato altrimenti stimato in altra valuta e con altri metodi di stima;

19)      può decidere, previa consultazione del direttore, di non procedere alla distribuzione annuale dei dividendi se ritiene che il dividendo medio risulterebbe inferiore a 10 GBP;

20)      deve determinare, conformemente alla legge che disciplina i «trusts», se pagamenti a valere sui beni oggetto del piano di investimento in relazione ad interessi e oneri su prestiti assunti nonché tasse e imposte relative a tali beni debbano essere pagati in conto capitale o sul conto profitti;

21)      qualora il fondo comune di investimento autorizzato abbia diverse categorie di quote e un titolare di quote gli chieda la conversione da una categoria ad un’altra, il gestore stabilisce il numero appropriato di quote della nuova categoria da emettere a favore del titolare di quote, ma deve previamente sentire il fiduciario;

22)      se un titolare di quote chiede il riscatto o la cancellazione di quote, il gestore può cancellare tali quote contro una parte dei beni del fondo anziché contro pagamento in contanti. In tal caso il fiduciario deve essere consultato in merito alla scelta dei beni da trasferire;

23)      può chiedere al gestore di vendere (o acquistare) beni se una specifica acquisizione o cessione eccede i poteri conferiti al gestore dal CIS-Sourcebook o se i contratti di custodia per i documenti che incorporano i titoli appaiono inadeguati;

24)      deve approvare la modifica del numero delle quote emesse o cancellate per rettificare errori circa il numero delle quote detenute dal gestore nel suo «box»(8);

25)      deve informare immediatamente la Financial Services Authority (autorità di controllo per i servizi finanziari) in caso di violazioni gravi delle norme contenute nel CIS-Sourcebook;

26)      può destituire un gestore con preavviso scritto in talune circostanze, ad esempio in caso di liquidazione del gestore o di nomina di un curatore, o nel caso in cui «per valide e sufficienti ragioni il fiduciario ritiene e conferma per iscritto che un cambio di gestore sia auspicabile nell’interesse dei titolari delle quote». Dopo aver destituito il gestore, il fiduciario deve nominare un nuovo gestore;

27)      deve dare la sua approvazione se il gestore vuole dimettersi per lasciare l’incarico ad un altro gestore.

19.   A carico del depositario di una società di investimento (depositary), il CIS-Sourcebook stabilisce in gran misura gli stessi obblighi, laddove i poteri di controllo e di partecipazione in questo caso sono riferiti alle attività dell’ACD. Inoltre, non si configurano le funzioni legate all’emissione di units.

III – Fatti e questioni pregiudiziali

20.   La Abbey National plc (in prosieguo: la «Abbey National»), ricorrente nella causa principale, costituisce insieme ad una serie di sue società controllate un gruppo fiscale IVA, l’Abbey National’s VAT Group. Membri del gruppo sono: Abbey National Unit Trust Managers Limited (ANUTM), Scottish Mutual Investment Managers Limited (SMIM), Abbey National Asset Managers Limited (ANAM) e Inscape Investments Limited (in prosieguo: la «Inscape»). Tali società sono gestori di OICVM.

21.   I fiduciari (depositari) di questi OICVM sono la Clydesdale Bank plc (in prosieguo: la «CB»), la Citicorp Trustee Company Limited (in prosieguo: la «CTCL») e la HSBC Bank plc (in prosieguo: la «HSBC»). Esse addebitano una commissione generale comprensiva di IVA per le loro funzioni di fiduciari. Tale commissione non comprende il corrispettivo per l’attività come custode (custodian). Al riguardo la CB e la HSBC addebitano commissioni separate. La CTCL non svolge direttamente tale attività, ma si serve di un terzo quale custode. La Abbey National contesta l’imposizione dell’IVA sulla commissione da fiduciario, in quanto considera tale attività un’operazione esente ai sensi dell’art. 13 B, lett. d), n. 6, della sesta direttiva.

22.   L’Inscape Investment Fund, una società di investimento aperta, in cui la Inscape svolge le funzioni di ACD, parimenti contesta che sulle prestazioni della CTCL, che è il suo depositario, sia addebitata l’IVA. Anche in questo caso la controversia non riguarda il corrispettivo per le funzioni di custodia in senso stretto, che non sono svolte dalla CTCL, ma delegate ad un subcustode globale (global sub-custodian). Il subcustode percepisce per le sue prestazioni una commissione separata direttamente dalla Inscape.

23.   Inoltre, la Inscape ha delegato alcune delle funzioni, alla cui esecuzione essa era tenuta per legge in quanto società di gestione, alla Bank of New York Europe Limited (in prosieguo: la «BNYE») e successivamente alla Bank of New York (in prosieguo: la «BNY»). Per queste prestazioni la BNYE e la BNY hanno addebitato l’IVA alla Inscape. Anche tale circostanza è oggetto di censura da parte della Abbey National.

24.   Conformemente a quanto previsto dal contratto tra la Inscape e la BNYE, quest’ultima doveva, in primo luogo, occuparsi della contabilità del fondo, quindi, tra le altre attività, del calcolo del valore attuale delle quote del fondo, nonché della distribuzione dei profitti, della tenuta dei libri sociali, della raccolta dei dati per dichiarazioni a pubblicazione periodica e per la rendicontazione, della redazione di documenti fiscali e della trasmissione di dichiarazioni all’ufficio statistico e alla Bank of England. In secondo luogo, la BNYE doveva fornire una serie di ulteriori servizi, quali ad esempio la creazione e la valutazione di fondi subordinati, il controllo e la gestione dei conti e dei pagamenti del fondo, nonché la valutazione delle spese di gestione che, in quanto cosiddette dilution levy, sono ripartite tra detentori di quote in uscita e in entrata.

25.   Il VAT and Duties Tribunal, Londra, investito della controversia, con ordinanza 29 marzo 2004 ha posto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali in conformità all’art. 234 CE:

«1)      Se l’esenzione per la “gestione di fondi comuni d’investimento, quali definiti dagli Stati membri” [‘the management of special investment funds as defined by Member States’, nella versione inglese], figurante all’art. 13, parte B, lett. d), punto 6, della sesta direttiva IVA implichi che gli Stati membri dispongono del potere di definire le attività rientranti nella “gestione” dei fondi comuni d’investimento oltre che del potere di definire i fondi comuni d’investimento che possono beneficiare dell’esenzione.

2)      Qualora la soluzione della prima questione sia negativa e al termine “gestione” di cui all’art. 13, parte B, lett. d), punto 6, della sesta direttiva IVA debba attribuirsi un significato autonomo di diritto comunitario, se, alla luce della direttiva del Consiglio 85/611 (…), le prestazioni fatturate da un depositario o da un trustee per i servizi forniti ai sensi degli artt. 7 e 14 della direttiva [85/611], delle norme regolatrici nazionali e delle pertinenti disposizioni del fondo siano prestazioni di “gestione di fondi comuni d’investimento” ai sensi dell’art. 13, parte B, lett. d), punto 6, della sesta direttiva.

3)      Ancora, nel caso in cui la soluzione della prima questione sia negativa e al termine “gestione” debba attribuirsi un significato autonomo di diritto comunitario, se l’esenzione per la gestione di “fondi comuni d’investimento” di cui all’art. 13, parte B, lett. d), punto 6, della sesta direttiva IVA si applichi ai servizi prestati da un gestore esterno per quanto riguarda la gestione amministrativa dei fondi».

26.   Nel procedimento dinanzi alla Corte hanno presentato osservazioni la Abbey National, i governi del Regno Unito e del Lussemburgo, nonché la Commissione. I loro argomenti saranno riportati – se necessario – nell’ambito della valutazione in diritto.

IV – Analisi giuridica

A –    Osservazione preliminare sull’applicazione dell’art. 13 B, lett. d), n. 6, della sesta direttiva a società di investimento

27.   In un fondo comune di investimento i capitali di un grosso numero di investitori vengono raccolti e investiti in valori mobiliari di varia natura, ma anche in beni di altra natura, quali beni mobili o immobili. Rispetto all’acquisto diretto dei titoli, per gli investitori ciò comporta il duplice vantaggio di una maggiore distribuzione del rischio e dell’alto livello di specializzazione degli esperti che determinano la politica di investimento. Tuttavia, i servizi prestati in questa forma d’investimento di capitali hanno un certo costo.

28.   Il corrispettivo dovuto per la gestione di un fondo comune di investimento è esente da IVA. In tal modo si vuole incoraggiare in particolare l’accesso dei piccoli investitori a tale forma di investimento.(9) A causa del modesto volume del capitale d’investimento di cui dispongono, per i piccoli investitori risulta, infatti, limitata la possibilità di un investimento diretto in titoli con minor margine di rischio. A ciò occorre aggiungere che essi spesso non dispongono delle necessarie conoscenze per la valutazione e la scelta dei titoli.

29.   L’esenzione ha inoltre lo scopo di prevenire distorsioni della concorrenza tra fondi di investimento non autogestiti e società di investimento autogestite (10). I fondi, in quanto privi di personalità giuridica, non posso autogestirsi e devono servirsi di una società di gestione esterna. I servizi prestati al fondo dalla società di investimento secondo la disciplina generale sarebbero di per sé imponibili. Per contro, nel caso di una società di investimento autogestita normalmente non si configurano operazioni imponibili ai sensi dell’art. 13 B, lett. d), n. 6, della sesta direttiva, dal momento che con riguardo all’attività di gestione non esiste alcun rapporto di servizio tra due soggetti passivi autonomi. Senza l’esenzione di cui al n. 6, i fondi di investimento non autogestiti verrebbero pertanto gravati da un ulteriore fattore di costo e in tal modo svantaggiati rispetto a società di investimento autogestite.

30.   Conseguentemente, anche il testo dell’art. 13 B, lett. d), n. 6, della sesta direttiva fa riferimento solo alla gestione di fondi comuni di investimento (versione inglese: special investment funds) e non menziona le società di investimento autogestite.

31.   Ciò pone la questione se la norma trovi applicazione a queste ultime, nel caso in cui esse deleghino funzioni di gestione. Se a tale questione si dovesse rispondere in senso negativo sulla base del dato letterale, nel presente caso la Abbey National potrebbe invocare l’esenzione solo con riguardo agli unit trusts (11), ma non in relazione a prestazioni a favore dell’Inscape Investment Fund, che è una società di investimento.

32.   Ad un’osservazione più attenta, tuttavia, l’applicabilità dell’art. 13 B, lett. d), n. 6, della sesta direttiva resta esclusa solo se una società di investimento si autogestisca realmente. Se, al contrario, una società d’investimento si serva di terzi per prestare servizi di gestione, essa si trova allora in una situazione identica a quella di un fondo comune di investimento di tipo contrattuale e dovrebbe, al fine di realizzare condizioni di neutralità della concorrenza, in egual misura poter beneficiare dell’esenzione fiscale (12).

33.   Se si ammette la possibilità che i servizi di gestione delegati rientrino nell’esenzione di cui all’art. 13 B, lett. d), n. 6, della sesta direttiva, non si può allora distinguere se sia una società di investimento autogestita o la società di gestione di un fondo di investimento a delegare tali servizi a terzi. Pertanto, quando in prosieguo si parla di fondo comune di investimento senza un’ulteriore spcecificazione, le osservazioni valgono in misura corrispondente anche per le società di investimento.

B –    Sulla prima questione pregiudiziale

34.   Con la sua prima questione pregiudiziale il VAT and Duties Tribunal chiede se spetti al diritto nazionale definire la nozione di gestione di un fondo comune di investimento ai sensi dell’art. 13 B, lett. d), n. 6, della sesta direttiva, o se tale termine costituisca una nozione autonoma di diritto comunitario.

35.   Al riguardo, soltanto il Regno Unito è dell’avviso che tale disposizione rimetta agli Stati membri non solo il riconoscimento del fondo d’investimento, ma attribuisca loro anche il compito di definire ciò che debba intendersi per gestione di un fondo d’investimento. Tutte le altre parti che hanno presentato osservazioni ritengono, al contrario, che la nozione di gestione costituisca una nozione di diritto comunitario.

36.   Secondo giurisprudenza costante, le esenzioni previste dall’art. 13 della sesta direttiva costituiscono nozioni autonome di diritto comunitario e devono pertanto ricevere una definizione comunitaria (13). Tuttavia, ciò non si applica quando nella direttiva il Consiglio abbia affidato agli Stati membri proprio la definizione di determinati termini di una norma di esenzione (14). Nel caso presente non risulta in maniera evidente quali elementi dell’esenzione di cui all’art. 13 B, lett. d), n. 6, della sesta direttiva il Consiglio abbia voluto riservare alla definizione ad opera degli Stati membri.

37.   È possibile rinvenire un determinato elemento a sostegno dell’interpretazione sostenuta dal Regno Unito nella versione inglese della disposizione: «management of special investment funds as defined by Member States». Come nella versione olandese (15), questa versione può essere interpretata nel senso che «as defined» sia riferito non solo a «special investment funds», ma anche alla complessiva locuzione «management of special investment funds» .

38.   Tuttavia, le restanti versioni linguistiche (16) non avallano l’interpretazione del Regno Unito. Piuttosto, esse chiariscono che agli Stati membri spetta solo il potere di riconoscimento del fondo d’investimento, potere cui ormai si è sovrapposta la direttiva 85/611.

39.   In caso di divergenza tra le diverse versioni linguistiche di un atto, o comunque quando esista la possibilità di interpretazioni divergenti, secondo giurisprudenza costante la disposizione in questione deve essere intesa in funzione del sistema e della finalità della normativa di cui essa fa parte (17).

40.   Finalità della sesta direttiva è il ravvicinamento delle legislazioni nazionali sull’IVA. In particolare, al fine di evitare distorsioni della concorrenza, occorre assicurare che in tutto il territorio della Comunità vigano fattispecie di esenzione uniformi. Tale finalità può essere pregiudicata se alle esenzioni corrispondono termini giuridici nazionali potenzialmente divergenti l’uno dall’altro (18).

41.   Invero, al momento dell’adozione della sesta direttiva IVA, quando la disciplina dei fondi comuni d’investimento non era stata ancora adeguata ad opera della direttiva 85/611, il rinvio eccezionale alla legislazione nazionale per la definizione dei fondi d’investimento aveva una rilevanza pratica. In tal modo è stato infatti possibile assicurare l’applicabilità dell’esenzione solo a casi ben definiti, ovvero alla gestione di fondi comuni d’investimento che, in quanto tali, dispongono di un’autorizzazione statale in uno Stato membro. Tuttavia, per la definizione della nozione di gestione di un fondo comune d’investimento, si applica il principio generale secondo cui le esenzioni comprendono nozioni definite a livello comunitario.

42.   Il governo del Regno Unito sottolinea che, in funzione dell’impostazione seguita dalle normative nazionali sui fondi comuni d’investimento, potrebbero configurarsi anche diverse funzioni di gestione. Pertanto, in aggiunta alla definizione dei fondi che godono dell’esenzione, la normativa dovrebbe prevedere anche la definizione di gestione.

43.   Tale argomento non può essere accolto. Da un lato, le divergenze tra le disposizioni nazionali sui fondi d’investimento non possono essere di entità tale da rendere impossibile a livello comunitario una definizione uniforme di gestione di fondo d’investimento ai fini dell’applicazione dell’IVA. Ciò trova conferma, altresì, nell’adozione della direttiva 85/611 che prevede norme comuni per numerosi tipi di fondi. Dall’altro lato, tale argomento sottolinea proprio la necessità che perlomeno la nozione di gestione sia interpretata in via uniforme all’interno della Comunità, stante l’esistente divergenza sulla definizione degli organismi riconosciuti come fondi di investimento conformemente alle norme nazionali.

44.   Occorre pertanto risolvere la prima questione nel senso che la nozione di «gestione» ai sensi dell’art. 13 B, lett. d), n. 6, della sesta direttiva costituisce una nozione autonoma di diritto comunitario, alla quale gli Stati membri non possono derogare.(19)

C –    Sulla seconda e sulla terza questione pregiudiziale

45.   Sia la seconda che la terza questione vertono sull’interpretazione della nozione di gestione ai sensi dell’art. 13 B, lett. d), n. 6, della sesta direttiva e devono pertanto essere analizzate congiuntamente. Alla Corte viene chiesto di chiarire

–       se i servizi del depositario e

–       le attività amministrative delegate a terzi da una società di gestione

rientrano in tale nozione.

46.   La Abbey National e il governo lussemburghese sono dell’avviso che in entrambi i casi si è in presenza di una gestione di un fondo d’investimento esente da imposta, poiché le funzioni interessate hanno una notevole rilevanza per lo sfruttamento di un fondo d’investimento e non rivestono un carattere puramente tecnico. A tal riguardo, essi fanno riferimento in particolare alle definizioni delle funzioni della società di gestione e del depositario fornite dalla direttiva 85/611 e dalla legislazione nazionale.

47.   Il governo del Regno Unito e la Commissione assumono al contrario un’accezione ristretta della nozione di gestione. Tale nozione comprenderebbe solo le attività che hanno un’efficacia diretta sullo stato degli attivi e dei passivi del fondo – quindi le vere e proprie decisioni di investimento – ma non i servizi del depositario, né le funzioni delegate di contabilità e rendicontazione.

48.   Il testo dell’art. 13 B, lett. d), n. 6, della sesta direttiva, in particolare la stessa nozione di gestione, non chiarisce in che misura i servizi attualmente in esame siano compresi in tale nozione. Un esame della nozione di gestione nell’uso che ne viene fatto nel linguaggio corrente o in determinati settori del diritto non risulta di ulteriore aiuto nel presente contesto (20).

49.   Tuttavia, in particolar modo la versione tedesca della disposizione pone la questione preliminare della possibilità che un servizio delegato sia coperto dall’esenzione. Il dato letterale potrebbe infatti essere interpretato nel senso che rientrano nell’ambito di applicazione dell’esenzione solo le attività di gestione che la società di investimento svolge direttamente.

1.       Inesistenza di limitazioni all’esenzione per attività svolte direttamente dalla società di investimento

50.   Conformemente alla versione tedesca dell’art. 13 B, lett. d), n. 6, della sesta direttiva, l’esenzione è applicabile solo alla gestione di fondi comuni ad opera di società di investimento di capitali. In quel contesto la nozione di società di investimento di capitali non viene specificamente definita, né tale nozione si rinviene nella direttiva 85/611 o in altri atti comunitari. Nella legislazione tedesca tale nozione viene impiegata per società di gestione di fondi comuni di investimento (21). Se ne potrebbe inferire che l’esenzione è caratterizzata da un elemento soggettivo, con la conseguenza che non risulta di principio applicabile ad attività di gestione che sono state delegate a terzi.

51.   Al riguardo, occorre tuttavia rilevare che nessuna delle altre versioni linguistiche prevede una simile formulazione, che fa espressamente riferimento alla gestione ad opera di un soggetto determinato (22). Nelle altre versioni si potrebbe al più dedurre dalla nozione stessa di gestione (management, gestion) che l’esenzione fa riferimento esclusivamente ad attività della società di gestione (management company, société de gestion).

52.   Tuttavia, ciò si porrebbe in contrasto con il chiaro orientamento che la Corte ha sviluppato nella sua giurisprudenza in merito ad altre simili fattispecie di esenzione previste dall’art. 13 B della sesta direttiva. In proposito essa ha ritenuto rilevante il carattere dell’attività interessata, ma non il soggetto da cui tale attività è prestata. Ad esempio, nella sentenza SDC la Corte ha stabilito (23):

«A tale proposito occorre rilevare che le operazioni esenti ex art. 13, parte B, lett. d), punti 3 e 5, sono definite in funzione della natura delle prestazioni di servizi fornite e non del prestatore o del destinatario del servizio. Infatti, tali disposizioni non fanno nessun riferimento a questi ultimi».

53.   Osservazioni di natura simile si rinvengono anche in decisioni relative all’esenzione di operazioni di assicurazione di cui all’art. 13 B, lett. a), della sesta direttiva (24).

54.   Come nelle fattispecie previste nei punti 3 e 5, anche nell’esenzione di cui all’art. 13 B, lett. d), n. 6, della sesta direttiva parimenti non è presente – se si prescinde dalla versione tedesca assolutamente isolata – un chiaro riferimento a prestatori di servizi determinati. Pertanto, l’applicabilità dell’esenzione prevista dal punto 6 alle attività attualmente in esame non è esclusa solo per il fatto che tali attività non vengono prestate direttamente dalla società di gestione, quanto dal depositario o da un terzo specializzato in attività di contabilità e rendicontazione. È piuttosto in base alla natura delle attività stesse che occorre determinare se esse rientrano nelle operazioni esenti di cui al punto 6.

55.   Tuttavia, non ogni funzione che sarebbe esente in quanto prestata direttamente dalla società di gestione di un fondo di investimento o da una società di investimento nell’ambito delle sue attività, andrebbe considerata un’operazione comunque esente, se è stata delegata a terzi.

56.   Le attività legate allo sfruttamento di un fondo di investimento, infatti, comprendono funzioni specifiche che caratterizzano la gestione di un fondo comune di investimento, quali ad esempio la scelta dei titoli in cui investire il capitale degli investitori, ma anche attività di natura generale che vengono svolte in ogni impresa commerciale, come ad esempio la contabilità, l’amministrazione del personale, la gestione delle apparecchiature informatiche e la manutenzione dei locali di lavoro.

57.   Se la società di gestione o la società di investimento prestano direttamente tutti i servizi, questi devono allora essere complessivamente considerati come gestione esente di un fondo di investimento in misura corrispondente al loro elemento caratteristico essenziale (25). Attività accessorie, che non sono tipiche del servizio, condividono la qualifica dell’attività principale (26). Qualora, al contrario, determinati servizi vengano delegati dalla società di gestione, occorre allora stabilire specificamente con riguardo a tali attività se esse siano o meno tipiche della gestione di un fondo di investimento secondo criteri che saranno oggetto del successivo esame.

2.      Considerazioni generali sull’interpretazione della nozione di gestione di cui all’art. 13 B, lett. d), n. 6, della sesta direttiva

58.   Sinora la Corte non si è ancora espressa sull’interpretazione dell’art. 13 B, lett. d), n. 6, della sesta direttiva. Tuttavia, anche nel presente contesto occorre richiamare l’affermazione generale, secondo la quale i termini con i quali sono state designate le esenzioni di cui all’art. 13 della sesta direttiva devono essere interpretati restrittivamente, dato che costituiscono deroghe al principio generale secondo cui l’IVA è riscossa per ogni prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso da un soggetto passivo (27). Si applica inoltre la massima secondo cui i termini delle esenzioni devono essere intesi in funzione del sistema e della finalità della normativa di cui essi fanno parte (28) e che l’interpretazione deve rispettare le prescrizioni derivanti dal principio di neutralità fiscale relativo al sistema comune dell’IVA (29).

59.   Nelle sue conclusioni nella causa BBL l’avvocato generale Poiares Maduro, per distinguere le operazioni interessate dall’esenzione di cui all’art. 13 B, lett. d), n. 6, della sesta direttiva dalle operazioni accessorie non più coperte da tale esenzione, ha elaborato i seguenti criteri. Conseguentemente,

«le operazioni interessate dall’esenzione devono essere limitate a quelle strettamente connesse allo sfruttamento del fondo, e cioè alla definizione della politica di investimento, degli acquisti e delle vendite di attivi. Se non sono assunzioni di decisioni, le operazioni esenti devono almeno partecipare in modo diretto alle transazioni commerciali dei titoli. Perché si possa applicare l’esenzione, è necessario accertare che le prestazioni in oggetto siano di fatto inseparabili dalle operazioni espressamente esentate dalla sesta direttiva. Le prestazioni agevolmente separabili dalla gestione del fondo propriamente detta devono, al contrario, essere considerate soggette a IVA» (30).

60.   Ad avviso dell’avvocato generale, il fattore rilevante è se le prestazioni in questione abbiano un’efficacia diretta sullo stato finanziario del fondo e in tal modo possano influenzare in misura determinante la valutazione del rischio finanziario o le decisioni di investimento. Le prestazioni oggetto della causa BBL, ovvero servizi di assistenza, informazione e consulenza prestate da tale banca a società di investimento (SICAV), non avrebbero tale natura.

61.   Le affermazioni dell’avvocato generale si basavano sulla giurisprudenza della Corte relativa alle esenzioni previste dall’art. 13 B, lett. d), nn. 3 e 5, della sesta direttiva, che hanno natura simile alla fattispecie in esame. La Corte, infatti, in particolare nella sentenza SDC, ha stabilito che le operazioni in questione presentano un carattere distinto inteso come un insieme distinto e che devono essere specifiche ed essenziali per le operazioni esenti (31). Al riguardo, la Corte, con riguardo all’esenzione dei giroconti di cui al punto 3 e all’esenzione del commercio di titoli di cui al punto 5, ha ritenuto rilevante che le operazioni in questione implicassero un mutamento del rapporto giuridico ed economico (32).

62.   È controverso in che misura tali affermazioni della Corte possano essere trasposte – in linea con quanto proposto dall’avvocato generale Poiares Maduro – all’esenzione della gestione di fondi comuni di investimento ai sensi del punto 6 e quali conseguenze ne discendano per le prestazioni all’esame del giudice a quo.

63.   Sono dell’avviso che, per poter rientrare nell’esenzione prevista dal punto 6, le operazioni debbano avere un carattere distinto – ovvero debbano costituire un insieme distinto – ed essere specifiche ed essenziali per le operazioni esenti. Al riguardo, l’aspetto del mutamento del rapporto giuridico ed economico, che la Corte ha elaborato con riferimento alle operazioni previste dai punti 3 e 5, non è determinante ai fini della questione se si sia in presenza di un’operazione esente ai sensi del punto 6.

64.   Le operazioni di cui al punto 3 hanno ad oggetto pagamenti e conti correnti e operazioni affini; le operazioni di cui al punto 5 hanno ad oggetto il commercio di titoli. Entrambe le fattispecie riguardano pertanto determinate transazioni del settore finanziario. In questo caso è quindi opportuno che il mutamento del rapporto giuridico ed economico sia considerato un criterio determinante, dal momento che le transazioni acquistano tale natura solo se esse abbiano effettivamente implicato un corrispondente mutamento del rapporto.

65.   La nozione di gestione di cui al punto 6 è più generale e non fa riferimento a transazioni concrete. Naturalmente, nell’ambito della gestione di un fondo comune d’investimento, può verificarsi che tali transazioni vengano effettuate, ma ciò non ha carattere obbligatorio. Nel caso di strategie d’investimento a lungo termine o di determinati tipi di fondi, come ad esempio i fondi immobiliari, si potrebbe infatti anche verificare che per lunghi periodi ci si limiti all’analisi del mercato senza che venga effettuato alcun nuovo investimento. Anche nel corso di questi periodi, tuttavia, si configurano funzioni che rientrano nella gestione di un fondo d’investimento.

66.   Se si facessero rientrare nell’esenzione solo le attività che producono effetti sulla composizione del portafoglio, soltanto una parte secondaria dell’attività dei fondi d’investimento risulterebbe esente. In tal modo, potrebbe essere pregiudicata l’efficacia pratica dell’art. 13 B, lett. d), n. 6, della sesta direttiva. Nella pratica, infatti, sono attività di altro tipo, come ad esempio quelle attualmente all’esame, a costituire una parte rilevante delle operazioni legate allo sfruttamento di un fondo d’investimento. Inoltre, un’interpretazione della nozione di gestione eccessivamente ristretta avrebbe l’effetto di disincentivare la delega di prestazioni parziali, rendendo in tal modo più difficile una suddivisione del lavoro economicamente conveniente.

67.   Ai fini dell’applicabilità dell’esenzione di cui al punto 6 risulta pertanto determinante soltanto se l’operazione di cui trattasi abbia carattere distinto e sia specifica ed essenziale per la gestione di un fondo d’investimento. Tali criteri vanno poi concretamente applicati ad operazioni affini in funzione della finalità della disposizione e del rapporto sistematico con le esenzioni dell’art. 13 B, lett. d). Inoltre, occorre esaminare quale rilevanza assuma in proposito la direttiva 85/611.

–        Finalità e contesto sistematico dell’esenzione di cui all’art. 13 B, lett. d), n. 6, della sesta direttiva

68.   L’esenzione delle operazioni legate alla gestione di fondi di investimento è diretta, tra l’altro, ad incoraggiare l’investimento di capitali dei piccoli investitori in fondi d’investimento (33). Affinché ciò si realizzi, è necessario che le spese per la gestione del fondo di investimento siano esenti da imposta. Se non si applicasse l’esenzione, i detentori di quote di un fondo d’investimento risulterebbero svantaggiati sul piano fiscale rispetto ad operatori che investono i propri capitali direttamente in azioni o altri titoli e non richiedono operazioni di gestione del fondo.

69.   Tuttavia, per garantire la parità di trattamento delle forme di investimento sul piano fiscale, come richiede il principio di neutralità dell’IVA, anche per l’investimento di capitali in fondi di investimento non dovrebbero essere previste condizioni più favorevoli rispetto all’investimento diretto in titoli. Poiché l’esenzione prevista dal punto 5 non si applica alla custodia e alla gestione di titoli, le relative operazioni dovrebbero essere assoggettate ad imposta anche quando siano prestate da terzi a favore di un fondo di investimento.

70.   Al riguardo, occorre tuttavia osservare che la nozione di gestione prevista dai punti 5 e 6 non ha lo stesso significato (34). Come la Corte ha affermato nella sentenza CSC, rientrano nella nozione di custodia e gestione di cui al punto 5 «i servizi di natura amministrativa che non cambiano la situazione giuridica e finanziaria tra le parti» (35).

71.   Nella prassi, la deroga prevista dal punto 5 con riguardo alla custodia e alla gestione riguarda principalmente l’attività della banca depositaria. Oltre alla custodia dei titoli, la sua attività di gestione è caratterizzata principalmente dall’esecuzione di operazioni tecniche, come ad esempio l’emissione di estratti conto sulla posizione dei titoli, la riscossione di dividendi, la trasmissione di informazioni tra società per azioni e azionisti, nonché il versamento delle trattenute alla fonte e il rilascio di documenti fiscali.

72.   Per contro, la nozione di gestione di un fondo di investimento a norma del punto 6 ha un significato completamente differente. Senza voler anticipare la successiva analisi, per certi versi si può paragonare il ruolo del gestore del fondo a quello dello stesso investitore che investe direttamente in titoli. La gestione in questo caso non si limita a quelle operazioni meramente tecniche che una banca depositaria effettua regolarmente, bensì comprende le decisioni che sono alla base dell’investimento. A ciò occorre aggiungere la funzione di emissione, commercializzazione e riacquisizione di quote del fondo con tutte le annesse funzioni amministrative (calcolo del valore delle quote, tenuta della contabilità e pagamenti).

–        Sulla rilevanza della direttiva 85/611 ai fini dell’interpretazione della nozione di gestione di un fondo d’investimento ai sensi della sesta direttiva

73.   La direttiva 85/611 ha ad oggetto il ravvicinamento delle normative degli Stati membri per determinati fondi comuni di investimento e società di investimento. Insieme alle disposizioni relative all’autorizzazione di OICVM e alla loro politica di investimento, la disciplina degli obblighi delle società di gestione e del depositario costituisce una parte centrale della direttiva 85/611. In particolare, nell’allegato II, al quale l’art. 5, n. 2, rinvia, essa prevede una lista non esaustiva delle funzioni che ai fini di questa direttiva sono considerate «attività di gestione di fondi comuni di investimento e di società di investimento». Da questa disciplina sarebbe possibile trarre spunti per l’interpretazione dell’art. 13 B, lett. d), n. 6, della sesta direttiva.

74.   In linea di principio, occorre tentare di interpretare in via uniforme la stessa nozione utilizzata in diversi atti. Proprio per l’interpretazione delle nozioni autonome della sesta direttiva IVA, costituisce un importante strumento di ausilio la considerazione di normative comunitarie speciali applicabili al settore cui devono essere ascritte le operazioni imponibili. Spesso, infatti, la stessa direttiva non offre ulteriori elementi per la comprensione dei termini giuridici di carattere indeterminato presenti al suo interno.

75.   Nella sentenza BBL la Corte, in merito alla questione se l’attività di una SICAV costituisca un’attività economica ai sensi della sesta direttiva IVA, ha già fatto riferimento alle definizioni previste dalla direttiva 85/611 (36). Analoghi rinvii si trovano anche in relazione ad altre esenzioni previste dall’art. 13 della sesta direttiva. Ad esempio, la Corte ha interpretato la nozione di prestazione di servizi di assicurazione di cui all’art. 13 B, lett. a), mediante ricorso alla direttiva 73/239/CEE sull’assicurazione diretta (37). Per la definizione del mediatore di assicurazioni che figura nella stessa esenzione sopra menzionata, l’avvocato generale Mischo ha rinviato alla pertinente direttiva (38) di tale categoria professionale (39).

76.   Tuttavia, l’avvocato generale Poiares Maduro si è dichiarato contrario a ricorrere alla descrizione delle funzioni di gestione di cui alla direttiva 85/611 per l’interpretazione dell’art. 13 B, lett. d), n. 6, della sesta direttiva, in quanto le due normative si riferirebbero ad oggetti differenti (40).

77.   Effettivamente, la Corte, basandosi su tale argomento, ha già escluso la possibilità di utilizzare altri atti per l’interpretazione della sesta direttiva IVA. Essa, infatti, non ha ritenuto opportuno conferire alla nozione di prestazioni mediche di cui all’art. 13 A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva lo stesso significato attribuito dalla direttiva sulla libera circolazione dei medici (41). (42)

78.   La direttiva 85/611 mira ad instaurare una disciplina uniforme per i fondi comuni di investimento. A tale scopo, è necessario che siano ravvicinate le condizioni di concorrenza ed eliminati gli ostacoli al commercio transnazionale di quote di investimenti e al contempo che sia garantita la tutela degli investitori (43). Con l’introduzione delle nuove disposizioni sulle attività delle società di gestione (ivi incluso l’allegato II) mediante la direttiva 2001/107 (44), si è conferito ulteriore slancio all’opera di armonizzazione. Quanto maggiore è il grado di definizione delle funzioni di gestione nella direttiva 85/611, tanto maggiore risulta il ravvicinamento delle legislazioni.

79.   Tale impostazione della direttiva 85/611 risulta per certi versi incompatibile con l’obbligo che impone di interpretare restrittivamente le norme della sesta direttiva che prevedono esenzioni dall’IVA – nel caso di specie la nozione di gestione di un fondo comune di investimento. Le prescrizioni di questi due atti possono tuttavia essere conciliate, se si considerano le nozioni previste dall’allegato II della direttiva 85/611 non delle definizioni, bensì delle descrizioni delle attività di gestione di un fondo d’investimento, vale a dire una descrizione delle funzioni tipiche della società di gestione (45). Questa impostazione permette di considerare le funzioni di gestione menzionate nell’allegato II della direttiva 85/611 solo quale indizio dell’esistenza di attività di gestione di un fondo d’investimento nell’ambito della sesta direttiva IVA. Al tempo stesso, in tal modo è possibile rispettare l’obbligo di interpretazione restrittiva – per quanto necessario – delle disposizioni che prevedono deroghe.

80.   Se si ritiene che le norme previste dall’art. 5, n. 2, e dall’allegato II della direttiva 85/611 comprendono anche la definizione di gestione di un fondo d’investimento applicabile alla sesta direttiva IVA, le attività del depositario risulterebbero a priori escluse da tale nozione, dal momento che tali funzioni trovano una disciplina separata negli artt. 7 e 14 della direttiva 85/611.

81.   La netta separazione tra le funzioni della società di gestione e quelle del depositario risponde alle particolari finalità e al contesto della direttiva 85/611 (46). L’allegato II descrive le funzioni di uno di questi soggetti, ovvero la società di gestione, senza nulla specificare in merito alla qualificazione delle funzioni del depositario. Per contro, l’art. 13 B, lett. d), n. 6, fa riferimento alla gestione di un fondo d’investimento in generale, senza al riguardo differenziare a seconda dei diversi soggetti (47). In tal senso, la nozione di gestione prevista dalla sesta direttiva è più ampia della definizione prevista dall’allegato II della direttiva 85/611 e, in linea di principio, permette di considerare come gestione anche le attività del depositario.

82.   Invero, il governo britannico rileva a ragione che la direttiva 85/611 non comprende determinati tipi di fondi di investimento(48), ai quali tuttavia trova applicazione l’art. 13 B, lett. d), n. 6, della sesta direttiva. Tale circostanza non impedisce di considerare rilevante la direttiva 85/611 ai fini della questione di quali attività nel caso presente siano specifiche ed essenziali per la gestione di un fondo d’investimento. I fondi e le società di investimento interessate nella causa principale rientrano infatti nell’ambito di applicazione della direttiva 85/611.

–        Prima conclusione

83.   La nozione di gestione di un fondo comune di investimento ai sensi dell’art. 13 B, lett. d), n. 6, della sesta direttiva comprende anche prestazioni che non sono fornite direttamente dalla società di gestione. La questione se un’attività delegata vada considerata in tal senso gestione prescinde dalla circostanza che l’attività interessata influenzi o meno la politica d’investimento del fondo. L’esenzione deve essere interpretata alla luce della duplice finalità di incoraggiare l’investimento dei piccoli investitori nei fondi e di non sfavorire tale forma di investimento rispetto all’investimento diretto in valori mobiliari. Ai fini dell’interpretazione della sesta direttiva IVA è possibile fare riferimento alla direttiva 85/611; tuttavia, l’elenco delle attività di gestione previsto nell’allegato II della direttiva 85/611 non contempla una definizione esaustiva di gestione del fondo che è possibile trasporre invariata all’art. 13 B, lett. d), n. 6, della sesta direttiva. Piuttosto, è determinante se la funzione delegata ad un terzo costituisca un insieme distinto e sia specifica ed essenziale per la gestione di un fondo comune d’investimento.

84.   Sulla base di quanto stabilito occorre ora analizzare se le prestazioni all’esame del giudice a quo debbano essere considerate operazioni esenti in relazione alla gestione di un fondo d’investimento.

3.      Sulla qualificazione dell’attività del depositario

85.   Come osservato dalla Commissione, il depositario costituisce insieme al fondo e al suo gestore uno dei tre pilastri fondamentali del quadro normativo creato dalla direttiva 85/611 per i fondi comuni di investimento (49). Le sue funzioni consistono essenzialmente nella custodia del patrimonio del fondo e nel controllo della società di gestione. Al riguardo, esso deve agire esclusivamente nell’interesse dei detentori delle quote (50) e risponde nei loro confronti per la violazione dei suoi obblighi (51). In proposito, in un certo senso la direttiva ha introdotto, a tutela degli investitori, un principio di controllo «duale o a quattro occhi».

86.   A tal proposito, la Abbey National ha richiamato il quarto ‘considerando’ della direttiva 2001/107, nel quale si parla di una «separazione delle funzioni direttive» («two men management»). Tale elemento permetterebbe già di affermare che anche il depositario partecipa alla gestione. Al riguardo, tuttavia, la Abbey National cade in un equivoco. Il ‘considerando’ citato non riguarda, infatti, la distribuzione delle funzioni tra società di gestione e depositario, bensì la disciplina prevista dall’art. 5 bis, n. 1, lett. b), della direttiva 85/611. Conformemente a tale norma, l’attività della società di gestione deve essere decisa da almeno due persone in possesso di sufficienti requisiti di onorabilità ed esperienza.

87.   La direttiva 85/611 è lungi dal disciplinare dettagliatamente quali funzioni siano specificamente comprese nella custodia (52). Per tale motivo, ai fini della descrizione di queste funzioni, assume una particolare rilevanza la legislazione nazionale. In particolare, tale legislazione può ammettere la delega di funzioni del depositario a banche depositarie subordinate, senza tuttavia che il depositario possa in tal modo sottrarsi alla propria responsabilità (53).

88.   Inoltre, la direttiva 85/611 non prevede a carico degli Stati membri norme imperative e dettagliate sulla distribuzione delle funzioni tra società di gestione e depositario (54). Ad esempio, infatti, in conformità al CIS-Sourcebook spetta al fiduciario (quindi al depositario) la tenuta del registro dei detentori delle quote (55), nonostante nell’allegato II, secondo trattino, lett. e), della direttiva 85/611 tale funzione sia attribuita alla società di gestione.

89.   Tale motivo è già sufficiente per affermare che la qualificazione definitiva dell’attività dei depositari nella causa principale deve rimanere riservata al giudice a quo. Alla Corte spetta solo fornire indicazioni per l’interpretazione della nozione di gestione di cui all’art. 13 B, lett. d), n. 6, della sesta direttiva con riguardo ai fatti e al quadro normativo su cui è chiamata ad esprimersi.

90.   Con riferimento ai criteri sopra elaborati, occorre stabilire che l’attività del depositario costituisce un insieme distinto. Ciò discende già semplicemente dalla circostanza che la direttiva 85/611 gli attribuisce un ruolo autonomo, diverso dalle funzioni della società di gestione.

91.   L’attività è altresì essenziale per la gestione di un fondo d’investimento. L’investimento di capitali in un fondo comporta per l’investitore il rischio che i mezzi affidati al fondo non siano impiegati correttamente o che addirittura vengano sottratti. Al riguardo, l’investitore si trova quasi nell’impossibilità pratica di controllare l’attività del gestore del fondo. Per tale motivo, la separazione tra la custodia e le altre attività di gestione del fondo è di rilevanza decisiva ai fini della sicurezza e quindi del potere di attrattiva di questa forma di investimento di capitali. A ciò contribuiscono in particolare anche le ulteriori funzioni di controllo che il depositario esercita nei confronti della società di gestione.

92.   Invero, l’attività del depositario di norma non ha un’influenza diretta sulla composizione del portafoglio o sugli altri rapporti finanziari del fondo. Tale influenza si configura soltanto quando grazie all’intervento del depositario, ad esempio, si decida di modificare una decisione di investimento non conforme alle prescrizioni legali, contrattuali o regolamentari. Tuttavia, come già stabilito, l’applicazione di questo criterio elaborato nell’ambito delle esenzioni previste dai punti 3 e 5 non risulta comunque opportuna rispetto all’esenzione della gestione di un fondo d’investimento, oggetto del presente esame (56).

93.   Infine, l’attività del depositario è altresì specifica per la gestione di un fondo d’investimento. Tale attività non può essere paragonata, ad esempio, a quella di un revisore dei conti, il quale verifica la correttezza dei bilanci soltanto a posteriori e in seguito ad un grosso intervallo di tempo. Piuttosto, nell’ambito delle sue funzioni di controllo il depositario esercita un ruolo attivo nell’esercizio quotidiano di un fondo.

94.   L’attività non è circoscritta esclusivamente alla custodia dei titoli in senso tecnico, che è prestata anche da banche depositarie. Le attività tipiche di una banca depositaria sono soggette all’IVA in conformità all’art. 13 B, lett. d), n. 5, della sesta direttiva. Se la funzione del depositario fosse essenzialmente identica a quella di una banca depositaria, ma le corrispondenti prestazioni venissero incluse nell’esenzione prevista dal punto 6, ciò comporterebbe una condizione di privilegio a favore dell’investimento di capitali in un fondo rispetto all’investimento in altri valori mobiliari.

95.   Tuttavia, i depositari di cui trattasi nella causa principale hanno affidato a terzi proprio la custodia puramente tecnica del patrimonio del fondo. Il trattamento sul piano fiscale di tali funzioni non è tuttavia in discussione. Cionondimeno, la custodia in senso tecnico rientra tra le caratteristiche funzioni del depositario. Anche nel caso in cui il depositario abbia delegato a terzi tale funzione, esso continua a rispondere nei confronti dell’investitore della regolare custodia e degli eventuali errori che possano al riguardo verificarsi. Esso non può modificare la caratteristica essenziale e in tal modo il trattamento fiscale della sua attività, permettendo a terzi – in questo caso i cosiddetti global sub-custodians – di eseguire sotto il proprio controllo parti rilevanti delle sue funzioni. Nel presente contesto è altresì irrilevante che i global sub-custodians percepiscano il loro corrispettivo direttamente dalla società di gestione e non dal depositario, sotto il cui controllo tuttavia essi operano.

96.   Il giudice a quo deve pertanto accertare se, in base ad una valutazione complessiva di tutte le funzioni del depositario, la custodia in senso tecnico rappresenta la parte principale delle funzioni, che la legislazione nazionale prevede di norma a carico del depositario. Se la risposta in tal senso è positiva, l’attività del depositario andrebbe considerata nel complesso soggetta ad IVA, perchè le altre funzioni – in quanto prestazioni accessorie – rivestirebbero la medesima qualificazione della prestazione principale.

97.   In considerazione dell’ampiezza delle funzioni di controllo che il CIS-Sourcebook attribuisce ai depositari, appare tuttavia piuttosto improbabile che tali funzioni debbano essere considerate delle semplici prestazioni accessorie, che giocano un ruolo di secondo piano rispetto alla custodia in senso tecnico. A ciò occorre aggiungere che manifestamente si è potuto effettuare la delega della funzione di custodia in senso tecnico, cosa che non risulterebbe possibile se questa fosse la principale funzione del depositario.

4.      Sulla qualificazione delle funzioni amministrative affidate a terzi

98.   Le attività delegate dalla Inscape alla BNYE e alla BNY rientrano nella nozione di gestione ai sensi dell’art. 13 B, lett. d), n. 6, della sesta direttiva, se esse costituiscono un insieme distinto e sono essenziali e specifiche per la gestione del fondo. In che misura tali criteri siano soddisfatti nella causa principale è questione che deve essere risolta in ultima istanza dal giudice a quo.

99.   A favore della conclusione che le prestazioni costituiscono un insieme distinto, nel presente caso depone la circostanza che alla BNYE e alla BNY sono state affidate non solo singole attività accessorie, bensì in un certo senso un servizio completo, come si evince dalla descrizione delle funzioni delegate che si è fornita nel paragrafo 24 di queste conclusioni. Le funzioni delegate costituiscono una parte rilevante delle attività elencate nell’allegato II della direttiva 85/611 quali funzioni di gestione. La BNYE e la BNY sono responsabili, in particolare, per il calcolo del valore delle quote e per l’esecuzione dei pagamenti. Inoltre, esse svolgono funzioni rilevanti nell’ambito delle attività di contabilità e rendicontazione.

100. È possibile che alcune delle funzioni delegate non abbiano di per sé carattere distinto. Sotto tale profilo, ai fini dell’esenzione dall’IVA non è sufficiente la menzione di una determinata funzione nell’allegato II della direttiva 85/611. Tuttavia, si è in presenza del necessario carattere di distinzione, se al terzo viene affidato un insieme di prestazioni che rappresenta una parte rilevante di tutte le funzioni legate alla gestione di un fondo.

101. Al riguardo, il carattere di distinzione discende non solo dall’ampiezza delle funzioni delegate, bensì anche dalle relazioni esistenti tra le attività delegate. Così, ad esempio, il calcolo del valore delle quote costituisce un fattore importante per la redazione dei rendiconti e delle relazioni.

102. Inoltre, numerosi elementi inducono a ritenere che le funzioni affidate alla BNYE e alla BNY debbano essere complessivamente considerate essenziali e specifiche per la gestione di un fondo d’investimento. Un fondo d’investimento costituisce, in sostanza, un insieme di titoli la cui composizione può modificarsi tanto quanto il valore dei singoli titoli contenuti al suo interno. Conseguentemente, il valore delle quote di questo insieme è soggetto a continue oscillazioni. Perché si possa commerciare con le quote di un fondo d’investimento, il valore di tali quote deve essere continuamente ricalcolato a brevi intervalli di tempo. Nel calcolo del valore delle quote rientrano le entrate provenienti da interessi e dividendi e le spese di gestione, quali fattori rispettivamente incrementativi e riduttivi del valore. In stretto rapporto con il calcolo del valore delle quote si pone la tenuta dei corrispondenti libri contabili, necessari per l’attività di contabilità nei confronti dei detentori di quote attuali (e potenziali), nonché nei confronti delle autorità di sorveglianza. Anche l’attività legata alla costituzione e alla gestione di fondi subordinati deve essere considerata essenziale e specifica.

103. Per contro, alcune delle funzioni delegate sono essenziali, ma non altrettanto specifiche per la gestione di un fondo d’investimento, come ad esempio nel caso delle funzioni legate ai pagamenti. Il mero fatto che un elemento sia indispensabile alla realizzazione di un’operazione esente non consente di concludere a favore dell’esenzione del servizio corrispondente a detto elemento (57).

104. Tuttavia, il fatto che alcune funzioni non siano specifiche per la gestione del fondo non impedisce la qualificazione della (complessiva) attività delle BNYE e BNY come operazione esente ai sensi dell’art. 13 B, lett. d), n. 6, della sesta direttiva. Piuttosto, ciò che risulta determinante è che le prestazioni fornite dal prestatore esterno nel loro complesso abbiano carattere distinto e siano essenziali e specifiche per la gestione di un fondo d’investimento. Proprio l’insieme di numerose attività più o meno specifiche è infatti un carattere tipico della gestione di un fondo comune di investimento.

V –    Conclusione

105. In conclusione propongo di risolvere le questioni pregiudiziali del VAT and Duties Tribunal nei termini seguenti:

1)      La nozione di «gestione» ai sensi dell’art. 13 B, lett. d), n. 6, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, è una nozione autonoma di diritto comunitario, alla quale gli Stati membri non possono derogare.

2)      Le prestazioni che un depositario fornisce ai sensi degli artt. 7 e 14 della direttiva del Consiglio 85/611/CEE, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di taluni organismi d’intervento collettivo in valori mobiliari, sono esenti dall’IVA ai sensi dell’art. 13 B, lett. d), n. 6, della sesta direttiva,

–       quando costituiscono un insieme distinto e sono essenziali e specifiche per la gestione del fondo d’investimento o della società d’investimento e

–       quando la caratteristica essenziale di queste prestazioni non consiste nelle attività di custodia e gestione ai sensi dell’art. 13 B, lett. d), n. 5, della sesta direttiva.

3)      I servizi prestati da un gestore esterno per quanto riguarda la gestione amministrativa dei fondi sono esenti dall’IVA ai sensi dell’art. 13 B, lett. d), n. 6, della sesta direttiva, se costituiscono un insieme distinto e sono essenziali e specifici per la gestione del fondo d’investimento o della società d’investimento.


1 – Lingua originale: il tedesco.


2  – Sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1).


3 – GU L 375, pag. 3, da ultimo modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 21 aprile 2004, 2004/39/CE (GU L 145, pag. 1).


4 – Quando in prosieguo si parla in generale di fondi comuni di investimento, ci si riferisce anche ai fondi costituiti nella forma di unit trusts.


5 – Per società di investimento quotate in borsa sono previste determinate eccezioni a tale obbligo.


6 – Alla versione dell'art. 1 che rileva nel presente contesto si è pervenuti mediante la direttiva 2001/108/CE (GU L 41, pag. 35).


7 – Alla versione dell'art. 5 che rileva nel presente contesto si è pervenuti mediante la direttiva 2001/107/CE (GU L 41, pag. 20), che ha introdotto altresì l'allegato II, cui tale articolo fa riferimento.


8 –      Con il termine «box» vengono definite le quote di un fondo comune di investimento detenute dalla società di gestione di quel fondo.


9 – V. conclusioni dell'avvocato generale Poiares Maduro 18 maggio 2004, causa C-8/03, BBL, decisa con sentenza 21 ottobre 2004 (Racc. pag. I-10157, paragrafo 26).


10 – Conclusioni dell'avvocato generale Poiares Maduro nella causa BBL (citate alla nota 9, paragrafo 26).


11 – Ai sensi dell'art. 1, n. 3, della direttiva 85/611, gli unit trusts sono parificati a fondi comuni di investimento di tipo contrattuale.


12 – In tal senso anche l'avvocato generale Poiares Maduro con riguardo a sociétés d'investissement à capital variable (SICAV) belghe, v. conclusioni nella causa BBL (citate alla nota 9, paragrafo 8).


13 – Sentenze 15 giugno 1989, causa 348/87, Stichting Uitvoering Financiële Acties, (Racc. pag. 1737, punto 13), 12 settembre 2000, causa C-358/97, Commissione/Irlanda, (Racc. pag. I-6301, punto 51) e 3 marzo 2005, causa C-428/02, Fonden Marselisborg Lystbådehavn (Racc. pag. I-1527, punto 27).


14 – Sentenza 28 marzo 1996, causa C-468/93, Gemeente Emmen (Racc. pag. I-1721, punto 24).


15 – «Het beheer van gemeenschappelijke beleggingsfondsen, als omschreven door de Lid-Staten».


16 – Si menzionano, a titolo di esempio, le seguenti versioni:


ES: la gestión de fondos comunes de inversión definidos como tales por los Estados miembros,


DK: forvaltning af investeringsforeninger, saaledes som disse er fastsat af medlemsstaterne,


DE: die Verwaltung von durch die Mitgliedstaaten als solche definierten Sondervermögen durch Kapitalanlagegesellschaften,


FR: la gestion de fonds communs de placement tels qu'ils sont définis par les États membres,


IT: la gestione di fondi comuni d'investimento quali sono definiti dagli Stati membri.


17  – Sentenze 27 marzo 1990, causa C-372/88, Cricket St. Thomas (Racc. pag. I-1345, punto 19), 5 giugno 1997, causa C-2/95, SDC (Racc. pag. I-3017, punto 22) e 14 settembre 2000, causa C-384/98, D. (Racc. pag. I-6795, punto 16).


18 – V. sentenza 25 febbraio 1999, causa C-349/96, CPP (Racc. pag. I-973, punto 15) e sentenza SDC (citata alla nota 17, punto 52).


19 – A tale conclusione perviene anche l’avvocato generale Poiares Maduro nelle sue conclusioni nella causa BBL (citate alla nota 9, paragrafo 25).


20 – V. conclusioni dell’avvocato generale Poiares Maduro nella causa BBL (citate alla nota 9, paragrafo 30).


21 – V. § 2, n. 1, dell’Investmentgesetz (legge sugli investimenti): «I fondi comuni di investimento sono patrimoni raccolti presso il pubblico e gestiti da una società di investimento di capitali in conformità alle prescrizioni della direttiva 85/611/CEE… (traduzione libera)» e § 6, n. 1, della medesima legge: «Le società di investimento di capitali sono istituti di credito, il cui settore di attività è finalizzato alla gestione di patrimoni... (traduzione libera)».


22 – V. solo la versione inglese citata al paragrafo 39, nonché le ulteriori versioni citate alle note 15 e 16.


23 – Sentenza SDC (citata alla nota 17, punto 32). V. anche sentenza 27 ottobre 1993, causa C-281/91, Muys' en De Winter's Bouwen Aannemingsbedrijf (Racc. pag. I-5405, punto 13) con riguardo all'art. 13 B, lett. d), n. 1, della sesta direttiva.


24 – Sentenze CCP (citata alla nota 18, punto 22), 8 marzo 2001, causa C-240/99, Skandia (Racc. pag. I-1951, punto 41) e 20 novembre 2003, causa C-8/01, Taksatoringen (Racc. pag. I-13711, punto 40). Tuttavia, in quel contesto la Corte ha ritenuto determinante che l'attività del soggetto passivo sia prestata nell'ambito di un rapporto contrattuale con l'assicurato, di modo che attività di terzi che vengano richieste dall'assicurazione, ma non rientrino in un rapporto contrattuale con l'assicurato, non sono comprese in tale esenzione. La Corte ha negato [sentenza SDC (citata alla nota 17, punto 39 segg., in particolare punto 57)] v. al riguardo anche sentenza Skandia (punto 35 segg.) l'applicabilità di questa impostazione ad altre fattispecie di esenzione (proposta dall'avvocato generale Ruiz Jarabo nelle sue conclusioni 4 luglio 1996, causa C-2/95, SDC (Racc. pag. I-3017, paragrafo 31 segg.).


25 – Soltanto le attività che una società di gestione svolga quali prestazioni principali autonome in aggiunta alla gestione del fondo d'investimento, ad esempio attività di consulenza a favore di terzi, devono essere valutate separatamente con riguardo all'obbligo di imposizione fiscale.


26 – Sentenze 13 luglio 1989, causa 173/88, Henriksen (Racc. pag. I-2763, punti 14-16), 22 ottobre 1998, cause riunite da C-308/96 a C-94/97, Madgett e Baldwin (Racc. pag. I-6229, punto 24) e sentenza CCP (citata alla nota 18, punto 30).


27 – Sentenze Stichting Uitvoering Financiële Acties (citata alla nota 13, punto 13), SDC (citata alla nota 17, punto 20) e Taksatorringen (citata alla nota 24, punto 36).


28 – V. i riferimenti citati alla nota 17.


29 – Sentenza 6 novembre 2003, causa C-45/01, Christoph-Dornier-Stiftung (Racc. pag. I-12911, punto 42).


30 –      Conclusioni nella causa BBL (citate alla nota 9, paragrafo 33). La Corte, nella sentenza 21 ottobre 2004, causa C-8/03, BBL (citata alla nota 9), non ha esaminato l’interpretazione dell’art. 13 B, lett. d), n. 6, della sesta direttiva.


31 – Sentenze SDC (citata alla nota 17, punti 66 e 68) e 12 dicembre 2001, causa C-235/00, CSC (Racc. pag. I-10237, punto 25).


32 – Sentenze SDC (citata alla nota 17, punti 53, 66 e 73) e CSC (citata alla nota 31, punti 26-28).


33 – V. supra, paragrafo 27 e seg.


34 – V. conclusioni dell’avvocato generale Poiares Maduro nella causa BBL (citate alla nota 9, paragrafo 38).


35 – Sentenza CSC (citata alla nota 31, punto 30).


36 – Sentenza BBL (citata alla nota 30, punto 42).


37 – Sentenza CPP (citata alla nota 18, punto 18).


38 – Direttiva del Consiglio 13 dicembre 1976, 77/92/CEE concernente misure destinate a facilitare l'effettivo esercizio della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi per le attività di agente e di mediatore di assicurazioni (ex gruppo 630 CITI) comprendente segnatamente misure transitorie per tali attività (GU L 26, pag. 14).


39 – Conclusioni 3 ottobre 2002, causa C-8/01, Taksatorringen (Racc. pag. I-13711, paragrafo 88 e segg.). La Corte ha lasciato in sospeso in che misura la direttiva 77/92 sia applicabile, ma ha analizzato le norme di tale direttiva (punto 45 della sentenza).


40 – Conclusioni nella causa BBL (citate alla nota 9, paragrafo 39).


41 – Direttiva del Consiglio 5 aprile 1993, 93/16/CEE, intesa ad agevolare la libera circolazione dei medici e il reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli (GU L 165, pag. 1).


42 – Sentenza 20 novembre 2003, causa C-212/01, Unterpertinger (Racc. pag. I-13859, punto 37).


43 – V. il primo, secondo e terzo ‘considerando’.


44 – Citata alla nota 7.


45 – V., in tal senso, anche la proposta della Commissione, COM(98) 451 def., pag. 8.


46 – Al riguardo, v. più dettagliatamente infra, paragrafo 85 e segg.


47 – Al riguardo, v. supra, paragrafo 50 e segg.


48 – La direttiva 85/611 non trova applicazione, ad esempio, a fondi chiusi e a fondi che non investono in valori mobiliari.


49 – Comunicazione della Commissione 30 marzo 2004, COM(2004) 207 def. – Regolamentazione relativa ai depositari degli OICVM negli Stati membri: esame e possibili sviluppi futuri, pag. 2, punto 2.


50 – Artt. 10, n. 2, e 17, n. 2, della direttiva 85/611.


51 – Artt. 9 e 16 della direttiva 85/611.


52 – V. la comunicazione della Commissione (citata alla nota 49), pag. 3, punto 2.2 e pag. 8, punto 4.3.2. Tuttavia, la Commissione ritiene necessaria un'ulteriore armonizzazione e nell'allegato II, punto 3, della comunicazione propone di inserire nella direttiva 85/611un elenco delle funzioni del depositario.


53 – V. artt. 7, n. 2, e 14, n. 2, della direttiva 85/611.


54 – V. la tabella nell’allegato III, punto 4.3, della Comunicazione della Commissione (citata alla nota 49).


55 – V. supra, paragrafo 18, n. 7.


56 – V. supra, paragrafo 63 e segg.


57 – Sentenza CSC (citata alla nota 30, punto 32).