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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

F. G. JACOBS

presentate il 15 settembre 2005 1(1)

Causa C-415/04

Staatssecretaris van Financiën

contro

Stichting Kinderopvang Enschede






1.     La presente domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda un’organizzazione che fornisce direttamente accoglienza a bambini in età prescolare – nonché, al di fuori dell’orario scolastico, anche a bambini in età scolare – e inoltre mette in contatto i genitori con persone che, a titolo indipendente, forniscono il medesimo servizio durante il giorno. In questo secondo caso, tale organizzazione addebita ai genitori un importo orario, aggiuntivo rispetto a quello che essi versano agli ospitanti, sebbene essa non svolga altra funzione nel rapporto tra genitori e ospitanti, né si assuma alcuna responsabilità per il servizio svolto da questi ultimi.

2.     Nel giudizio a quo si deve decidere se tale importo orario addebitato dall’organizzazione ai genitori debba essere assoggettato all’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA»). In tale contesto, lo Hoge Raad olandese (Corte di cassazione dei Paesi Bassi) chiede se i servizi svolti dall’organizzazione come intermediaria tra genitori e ospitanti siano esenti da IVA in quanto servizi strettamente connessi all’assistenza sociale, alla protezione o all’educazione dell’infanzia.


 Contesto normativo

3.     Ai sensi dell’art. 2, n. 1, della sesta direttiva IVA (2), le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso da un soggetto passivo che agisce in quanto tale sono soggette ad IVA.

4.     Un soggetto passivo è definito all’art. 4, nn. 1 e 2, come chiunque eserciti in modo indipendente e in qualsiasi luogo un’attività economica – vale a dire tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle delle professioni liberali o assimilate – indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività.

5.     Ai sensi dell’art. 11, parte A, n. 1, fatte salve alcune eccezioni e alcuni requisiti che non rilevano in questo caso, la base imponibile per una prestazione di servizi è costituita dal corrispettivo versato al prestatore da parte del destinatario.

6.     L’art. 13, parte A, della sesta direttiva esenta da IVA alcune attività di interesse pubblico. Il n. 1 di tale disposizione, per quanto qui di interesse, prevede che:

«(…) Gli Stati membri esonerano, alle condizioni da essi stabilite per assicurare la corretta e semplice applicazione delle esenzioni previste in appresso e per prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso:

(…)

(g)      le prestazioni di servizi e le cessioni di beni strettamente connesse con l’assistenza sociale e la sicurezza sociale, comprese quelle fornite dalle case di riposo, effettuate da organismi di diritto pubblico o da altri organismi riconosciuti come aventi carattere sociale dallo Stato membro interessato;

(h)      le prestazioni di servizi e le forniture di beni strettamente connesse con la protezione dell’infanzia e della gioventù, effettuate da organismi di diritto pubblico o da altri organismi riconosciuti dallo Stato membro interessato come aventi carattere sociale;

(i)      l’educazione dell’infanzia e della gioventù, l’insegnamento scolastico o universitario, la formazione o la riqualificazione professionale nonché le prestazioni di servizi e le forniture di beni con essi strettamente connesse compiuti da organismi di diritto pubblico, o da altri organismi riconosciuti dallo Stato membro interessato come aventi finalità simili;

(…)».

7.     Il n. 2, lett. b), tuttavia, prevede quanto segue:

«Sono escluse dal beneficio dell’esenzione prevista alle lettere b), g), h), i), l), m) e n) del paragrafo 1 le prestazioni di servizi e le forniture di beni che:

–       non siano indispensabili all’espletamento delle operazioni esentate;

–       siano essenzialmente destinate a procurare all’ente entrate supplementari mediante la realizzazione di operazioni effettuate in concorrenza diretta con le imprese commerciali sottoposte all’imposta sul valore aggiunto».


 Fatti e procedimento

8.     Stando alla sentenza di rinvio, la Stichting Kinderopvang Enschede (in prosieguo: la «Fondazione») è un ente senza scopo di lucro. I suoi obiettivi sono essenzialmente la fornitura e lo sviluppo di una serie di servizi di assistenza all’infanzia rispondenti alle esigenze di genitori che lavorano, nonché l’intermediazione tra genitori e privati ospitanti.

9.     La Fondazione gestisce direttamente una serie di centri per l’accoglienza di bambini in età prescolare e, al di fuori dell’orario scolastico, per bambini in età scolare. Essa mantiene inoltre un elenco di privati ospitanti (3), che accolgono i bambini nelle proprie case. Gli ospitanti sono selezionati dalla Fondazione prima di essere inclusi nell’elenco. I potenziali ospitanti possono frequentare un corso a spese della Fondazione.

10.   In presenza della richiesta di un genitore (4), la Fondazione illustra prima di tutto le varie forme di accoglienza che essa offre. Se il genitore decide di avvalersi di un privato ospitante, uno specialista della Fondazione discute le esigenze del genitore. Sulla base di tali esigenze la Fondazione mette in contatto il genitore con l’ospitante più adeguato. Se l’incontro risulta soddisfacente per entrambe le parti, viene concluso un contratto scritto tra l’ospitante e il genitore, in base al quale il genitore deve versare un importo orario per la custodia di ciascun bambino. Nel 1998 tale importo orario era di 5 fiorini olandesi (NLG) (5).

11.   La Fondazione non si assume alcuna responsabilità per eventi connessi con il contratto, né garantisce che la custodia da parte del privato venga effettivamente esercitata nel periodo richiesto; essa si assume solo l’onere di cercare di mettere in contatto un genitore con un ospitante adeguato. Un genitore può tuttavia avvalersi dei servizi della Fondazione qualora una delle due parti intenda interrompere il rapporto, o nel caso in cui i termini contrattuali non siano rispettati.

12.   Nel 1998 la Fondazione ha addebitato, per i servizi forniti ai genitori, NLG 3,45 (6) per bambino per ogni ora di utilizzo del servizio di un privato ospitante. Nessuna parte di tale somma veniva trasferita all’ospitante.

13.   Con riferimento a tale prestazione di servizi la Fondazione ha ricevuto un accertamento IVA pari a NLG 6 424 (7) per il periodo gennaio – marzo 1998. Essa ha impugnato l’accertamento, sostenendo che i servizi in questione erano esenti da IVA, ai sensi della legislazione olandese di recepimento dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. g) e h), della sesta direttiva.

14.   La Corte di appello competente ha rilevato che la Fondazione opera nell’ambito dell’assistenza all’infanzia, e ha ritenuto che le sue attività di intermediazione rispetto ai privati ospitanti non possano essere facilmente qualificate «non esclusivamente funzionali all’accoglienza di bambini» (8), sebbene non comportino lo svolgimento diretto di tale funzione. Di conseguenza, tali attività sono state ritenute comprese nell’ambito della citata esenzione.

15.   L’amministrazione fiscale ha quindi presentato ricorso, per motivi di diritto, dinanzi allo Hoge Raad, sostenendo che, quando agisce da intermediaria, la Fondazione fornisce un distinto servizio commerciale, facendo incontrare la domanda e l’offerta in uno specifico settore. Tale servizio non costituisce fornitura di assistenza all’infanzia, e non è svolto dalla Fondazione in qualità di «ente di assistenza all’infanzia che opera in quanto tale», come previsto dalla legislazione olandese che recepisce l’esenzione in parola. Né il servizio è così strettamente collegato a quello di assistenza all’infanzia fornito direttamente dalla Fondazione da poterlo ritenere prestato da parte di un ente impegnato, in quanto tale, nella fornitura di assistenza all’infanzia.

16.   Lo Hoge Raad ritiene che l’impugnazione ponga il problema di determinare se il servizio in esame ricada nell’esenzione di cui all’art. 13, parte A, n. 1, lett. g), o eventualmente h) o i), della sesta direttiva. Esso ha perciò sollevato la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’art. 13, parte A, n. 1, lett. g), h) e i), della sesta direttiva debba essere interpretato nel senso che va considerata un servizio, ai sensi di una o più di tali disposizioni, la prestazione di servizi prima descritta, consistente in attività d’intermediazione nel campo dell’accoglienza, presso privati, di bambini in età prescolare e, fuori dell’orario scolastico, di bambini in età scolare».

17.   Lo Hoge Raad evidenzia che è pacifico che i servizi di assistenza all’infanzia forniti direttamente dalla Fondazione sono esenti e che, sotto tale profilo, la Fondazione va considerata un ente riconosciuto ai fini delle disposizioni della sesta direttiva che qui interessano; per la legislazione olandese essa è un ente riconosciuto per la prestazione di servizi di assistenza all’infanzia, e ciò sia con riferimento ai servizi diretti di assistenza all’infanzia che ai servizi qui in esame.

18.   Hanno presentato osservazioni scritte la Fondazione, il governo olandese e la Commissione. Non sono state richieste udienze, e non se ne sono tenute.

 Valutazione

 Considerazioni preliminari

19.   La questione sollevata dallo Hoge Raad riguarda la classificazione del servizio fornito dalla Fondazione quando essa opera quale intermediaria tra genitori e privati ospitanti.

20.   La controversia tra la Fondazione e l’amministrazione fiscale riguarda l’applicabilità dell’IVA alle somme addebitate dalla Fondazione ai genitori per ogni ora durante la quale un bambino è accolto da un privato ospitante.

21.   Dagli artt. 2, n. 1, e 11, parte A, n. 1, della sesta direttiva appare chiaro che, quando un servizio è imponibile, ciò che è gravato d’imposta è il corrispettivo per il servizio. Di conseguenza, una prestazione di servizi è imponibile solo in presenza di un legame diretto tra il servizio prestato e il corrispettivo ricevuto (9).

22.   L’esistenza di un legame diretto tra i servizi della Fondazione quale intermediaria e le somme da essa ricevute per ogni ora di assistenza all’infanzia da parte di privati non è messa in dubbio nella sentenza di rinvio, e non sembra oggetto di discussione di fronte allo Hoge Raad. Né a tale proposito è stata sottoposta alla Corte alcuna osservazione.

23.   Di conseguenza, limiterò la mia analisi alla questione effettivamente sollevata dallo Hoge Raad.

24.   Mi limito tuttavia ad osservare che vi sono alcuni aspetti della vicenda che possono suggerire l’inesistenza di un legame sostanziale tra il servizio e il corrispettivo in esame. Ad esempio, il pagamento non è effettuato al momento dell’iniziale prestazione di servizi, ma in ripetute occasioni successive; esso può variare in modo considerevole sia nella durata che nell’ammontare, ma la variazione non è determinata da alcuna caratteristica del servizio iniziale; il suo ammontare è relativamente elevato, ed appare calcolato per fare in modo che, per i genitori, il costo orario sia lo stesso tanto nel caso il cui l’assistenza sia prestata direttamente dalla Fondazione quanto nel caso in cui a fornirla sia un privato; inoltre la Fondazione non si assume responsabilità per l’assistenza privata fornita, sulla base della quale l’importo è calcolato.

 La questione sollevata

 Campo di applicazione

25.   La questione posta è se i servizi prestati dalla Fondazione in qualità di intermediaria, quali sono descritti nella sentenza di rinvio, siano esenti ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. g), h) o i).

26.   Per poter dare una risposta in senso affermativo, è necessario che essi siano strettamente connessi (o correlati (10)) ad un’attività definita in una di tali lettere.

27.   I servizi svolti dalla fondazione quale intermediaria sono indicati dallo Hoge Raad come effettuati «nel campo dell’accoglienza, presso privati, di bambini».

28.   Essi non possono dunque essere connessi all’assistenza all’infanzia che la Fondazione effettua direttamente – rispetto alla quale non può dirsi che essa agisca quale «intermediaria», e per la quale essa non addebita l’importo orario di cui si discute – ma solo all’assistenza fornita da privati.

29.   Concordo con il governo olandese sul fatto che non c’è ragione di ritenere che tale assistenza all’infanzia possa ricadere nella categoria dell’educazione di cui all’art. 13, parte A, n. 1, lett. i), della sesta direttiva. E’ naturalmente possibile combinare l’assistenza all’infanzia con elementi di tipo educativo, quale che sia l’età del bambino, e può anche succedere che taluni privati ospitanti si sentano in effetti investiti di un ruolo educativo, ma non si sostiene che l’educazione sia considerata parte integrante dell’assistenza all’infanzia di cui si discute nel presente caso.

30.   Tuttavia, in linea di principio l’assistenza all’infanzia appare in grado di rientrare nell’ambito della «assistenza sociale e (…) sicurezza sociale» e/o della «protezione dell’infanzia e della gioventù», ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. g) e h), rispettivamente, e nessuno ha sostenuto il contrario. Poiché le condizioni per applicare queste due esenzioni sono identiche, non è necessario decidersi per l’una o per l’altra.

31.   Nessuno contesta il fatto che la Fondazione sia riconosciuta come ente avente carattere sociale da parte dello Stato membro interessato, ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett.  g) e h).

32.   La Fondazione sottolinea inoltre che è solo attraverso le sue attività di intermediazione che i genitori possono accedere ai servizi dei privati ospitanti inseriti nel suo elenco e, in particolare, attraverso la sua attività di selezione e consulenza, a quelli degli ospitanti più adeguati. Il suo servizio è dunque da considerarsi un momento preliminare per la fornitura di servizi all’infanzia, e quindi come attività accessoria rispetto ad essa.

33.   Sia il governo olandese che la Commissione, però, sostengono che le attività di intermediazione svolte dalla Fondazione non possono ritenersi «strettamente connesse» all’assistenza all’infanzia fornita da privati ospitanti, e che tale assistenza all’infanzia non può costituire la base per esentare attività connesse, poiché essa stessa non è un servizio esente.

34.   Il governo olandese sostiene inoltre, in via subordinata, che l’esenzione è impedita dall’art. 13, parte A, n. 2, lett. b): ciò in quanto, da un lato, il servizio non è indispensabile per fornire l’assistenza all’infanzia in parola e, dall’altro, esso è destinato a procurare alla Fondazione entrate supplementari attraverso la fornitura di un servizio in concorrenza con servizi commerciali sottoposti a IVA.

35.   Mi sembra quindi che, sebbene le attività di intermediazione svolte dalla Fondazione possano essere chiaramente connesse, almeno in senso lato, ai servizi privati di assistenza all’infanzia, vi siano numerosi possibili ostacoli ad un’esenzione. A tale proposito, sono rilevanti le seguenti questioni:

(i)      i servizi di intermediazione sono attività «strettamente connesse» ai servizi di assistenza all’infanzia?

(ii)      può un’esenzione basarsi su di un legame con i servizi di assistenza all’infanzia qualora questi non siano essi stessi esenti?

(iii) i servizi di intermediazione sono essenziali per i servizi di assistenza all’infanzia?

(iv)      l’obiettivo essenziale è quello di ottenere entrate supplementari, e vi è concorrenza con servizi commerciali sottoposti ad IVA?

36.   Se la risposta anche ad una sola delle prime tre domande è negativa, o se quella alla quarta è affermativa, non vi può essere esenzione per i servizi descritti. Rispondere a tali domande comporta la necessità di una valutazione di merito ma, almeno per ciò che concerne le prime tre, vi sono anche alcune questioni interpretative su cui la Corte può fare chiarezza.

37.   Infine, si può osservare come gli effetti dell’esenzione dall’IVA possano variare in base alle circostanze. Quando una specifica operazione è esente, il fornitore non può dedurre ogni imposta pagata a monte sui beni o servizi che egli ha acquistato per tale operazione, né il consumatore potrà dedurre tutto ciò che di tali imposte rimarrà, nascosto e invisibile, nel costo dell’operazione. Si può ritenere che la Fondazione abbia ponderato la propria situazione nel richiedere l’esenzione per i servizi di cui si discute, ma è difficile prevedere che tale esenzione possa sempre essere vantaggiosa per altri soggetti fornitori di simili servizi. È quindi necessario un approccio equilibrato ed imparziale all’interpretazione delle disposizioni rilevanti.


 (i)   Se i servizi di intermediazione siano attività «strettamente connesse» ai servizi di assistenza all’infanzia

38.   L’elenco di esenzioni di cui all’art. 13, parte A, n. 1, fa ampio riferimento a prestazioni che sono in qualche modo connesse con attività di interesse pubblico.

39.   Oltre alle lett. g), h) e i), anche le lett. b), l), m) ed n), richiedono che vi sia una «stretta» connessione. La terminologia utilizzata non è sempre la medesima, e le varianti non sono le stesse nelle varie lingue, ma a mio parere si deve in ogni situazione far riferimento al medesimo concetto.

40.   Per contro, in altre lettere è richiesta una connessione più blanda, indicata da espressioni come «accessori», «per fini di», «in occasione di» (lett. a), k) e o), rispettivamente; anche qui ci sono differenze tra le differenti versioni linguistiche).

41.   Alla luce di ciò, non ritengo che la sentenza Dudda (11), dalla quale la Fondazione cerca di ricavare un’analogia, possa essere di aiuto. Essa non solo si occupava più del problema della determinazione del luogo della prestazione che di quello dell’esistenza di un’esenzione, ma era incentrata in particolare sulla prestazione di servizi definiti come attività «aventi per oggetto» [«relating», nel testo inglese] o «accessorie» rispetto ad attività culturali o affini, ai sensi dell’art. 9, n. 2, lett. c), della sesta direttiva. In quel caso, il grado di connessione richiesto è chiaramente più blando, e non più elevato.

42.   La Commissione e il governo olandese richiamano la sentenza Commissione/Germania (12), nella quale la Corte ha affermato che attività di ricerca svolte da università statali a titolo oneroso non sono strettamente connesse all’insegnamento universitario ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. i): ciò perché, in primo luogo, l’esenzione ha lo scopo di fare in modo che l’accesso all’educazione non sia ostacolato dai maggiori costi che si determinerebbero se beni o servizi strettamente connessi fossero sottoposti a IVA (e tassare attività di ricerca che generano profitto non produce simili ostacoli) e, in secondo luogo, perché tali progetti, per quanto siano di sostegno all’insegnamento universitario, non sono essenziali per conseguire l’obiettivo di istruire gli studenti al fine di consentire loro lo svolgimento di un’attività professionale.

43.   Per quanto riguarda il primo aspetto, mi sembra si possa sostenere che tassare un singolo importo versato per il servizio consistente nel mettere in contatto un genitore con un privato ospitante non ostacolerebbe l’accesso all’assistenza all’infanzia. Nel caso in cui il corrispettivo per il servizio rappresenti però una parte significativa dell’importo da corrispondere per ogni ora di custodia, e per tutta la durata di questa, il discorso può essere diverso. In tal caso, però, si ripropone il problema del legame tra il servizio e il pagamento (13).

44.   Per quanto riguarda il secondo aspetto, avrei qualche problema a condividere l’affermazione che l’esistenza di una stretta connessione tra una prestazione ed un’attività implichi necessariamente che la prestazione debba essere indispensabile per raggiungere gli obiettivi dell’attività.

45.   Tuttavia, poiché tutte le disposizioni di cui all’art. 13, parte A, n. 1, che utilizzano il criterio della stretta connessione sono anche sottoposte alla condizione di cui al primo trattino dell’art. 13, parte A, n. 2, lett. b), secondo il quale le prestazioni devono essere indispensabili all’espletamento delle operazioni esentate, la questione non è pertinente in questa sede. Me ne occuperò in seguito, al punto (iii).


 (ii) Se un’esenzione possa basarsi su di un legame con i servizi di assistenza all’infanzia qualora questi non siano essi stessi esenti

46.   La Commissione e il governo olandese sostengono che, anche se vi fosse una stretta connessione tra i servizi di intermediazione svolti dalla Fondazione e l’assistenza all’infanzia fornita da privati, perché il servizio connesso sia esente è necessario che l’assistenza in questione sia di per sé esente ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. g) e h). In altri termini, l’assistenza all’infanzia deve essere fornita da «organismi di diritto pubblico o da altri organismi riconosciuti come aventi carattere sociale».

47.   Le disposizioni di cui all’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), g), h), i), l), m) ed n), hanno in comune il fatto che utilizzano tutte il concetto di stretta connessione tra una prestazione e un’attività di interesse pubblico e, inoltre, il fatto che la prestazione deve essere effettuata da un ente di natura pubblica, sociale, culturale, associativa, senza scopo di lucro o simile; deve infine essere sempre soddisfatta la condizione di cui all’art. 13, parte A, n. 2, lett. b).

48.   In esse, tuttavia, varia il modo in cui la connessione è espressa: «l’ospedalizzazione e le cure mediche nonché le operazioni ad esse strettamente connesse» (lett. b)); «le prestazioni di servizi e le cessioni di beni strettamente connesse con» l’assistenza sociale, la protezione dell’infanzia e attività simili (lett. g) e h)); l’educazione «nonché le prestazioni di servizi e le forniture di beni con ess[a] strettamente connesse» (lett. i)); i servizi «e le forniture di beni loro strettamente connesse » a favore dei membri di determinati enti (lett. l)); «talune prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport o dell’educazione fisica» (lett. m)); taluni servizi culturali «e le forniture di beni loro strettamente connesse» (lett. n)).

49.   Sulla base di un’analisi letterale si potrebbe concludere che le lett. b), i), l) ed n) esentano una specifica attività per ragioni di interesse pubblico, insieme con altre prestazioni strettamente connesse a tale attività esente, mentre le lett. g), h) ed m) esentano certi servizi strettamente connessi ad una specifica attività, tanto nel caso che quest’ultima sia esente quanto nel caso che non lo sia.

50.   L’ultima parte del ragionamento, tuttavia, non sembra accettabile. Essa risulta infatti incompatibile, come evidenzia la Commissione, con la logica delle disposizioni nonché, come sottolinea il governo olandese, con il tenore letterale del primo trattino dell’art. 13, parte A, n. 2, lett. b), il quale prevede che le prestazioni in questione devono essere «indispensabili all’espletamento delle operazioni esentate».

51.   Sembra dunque che, perché le prestazioni strettamente connesse possano essere esenti, l’attività principale debba a sua volta essere esente e debba quindi soddisfare tutte le condizioni per l’esenzione – ivi compresa la necessità di essere svolta da un organismo di diritto pubblico o da altri enti riconosciuti come aventi carattere sociale (14).

52.   Pertanto, affinché l’attività della Fondazione quale intermediaria possa essere esentata ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. g) o h), i privati ospitanti devono a loro volta possedere i requisiti per essere esentati sulla base di tali disposizioni.

53.   Chiaramente i privati ospitanti non sono organismi di diritto pubblico. Non spetta alla Corte stabilire se essi siano riconosciuti quali enti aventi carattere sociale. Il riconoscimento è di competenza delle autorità nazionali, che godono di un certo margine di discrezionalità, da utilizzare nel rispetto del diritto comunitario e fatto salvo il controllo giurisdizionale (15). Per quanto riguarda la possibilità di attribuire il riconoscimento ai privati ospitanti, si possono richiamare le sentenze della Corte nei casi Bulthuis-Griffioen (16) e Gregg (17), dalle quali risulta che le persone fisiche possono ottenere tale riconoscimento solo se «gestiscono un’impresa».


 (iii) Se i servizi di intermediazione siano essenziali per i servizi di assistenza all’infanzia

54.   Sembra difficile immaginare che un genitore possa ricorrere a servizi di assistenza all’infanzia senza essere stato prima messo in contatto con chi li fornisce. La Fondazione sottolinea che i servizi di assistenza all’infanzia di cui si discute sono accessibili soltanto attraverso la sua attività di intermediazione. Il governo olandese sostiene però che esistono altri canali, inclusi pubblicità ed agenzie.

55.   Mi sembra che, se l’attività della Fondazione consiste semplicemente nel conservare un elenco di persone che offrono assistenza all’infanzia, e nel mettere tale elenco a disposizione dei genitori, il servizio non possa in alcun modo essere definito essenziale. Vi sono infatti molti altri modi in cui i genitori possono mettersi in contatto con potenziali ospitanti.

56.   Tuttavia, se le attività di selezione e formazione della Fondazione sono tali per cui i suoi servizi di intermediazione consentono ai genitori di entrare in contatto con privati ospitanti aventi un livello di competenza e affidabilità che non potrebbe in altro modo essere garantito, i servizi di intermediazione potrebbero ritenersi essenziali per l’accesso ad un’assistenza all’infanzia di tale qualità, e ciò sebbene la Fondazione non si assuma nessuna responsabilità per qualsiasi inconveniente si dovesse in concreto verificare nell’assistenza effettivamente prestata.

57.   Ritengo pertanto che ciò che va verificato, nel merito, sia se l’assistenza alla quale si accede è di un tipo o di un livello qualitativo che non potrebbero essere garantiti ai genitori senza l’attività di intermediazione della Fondazione.


 (iv) Se l’obiettivo essenziale sia quello di ottenere entrate supplementari, e se vi sia concorrenza con servizi commerciali sottoposti ad IVA

58.   Anche questa è una questione di merito, che non può essere risolta dalla Corte, e rispetto alla quale non si è posto, nel caso presente, alcun particolare problema di interpretazione. Nella documentazione prodotta agli atti non vi è una conferma del fatto che vi siano agenzie che forniscano un servizio simile a quello della Fondazione, sebbene il governo olandese sostenga che avviene così. Qualora sia necessario valutare lo scopo del servizio offerto, potrebbe essere opportuno considerare, da un lato, la natura di ente senza scopo di lucro della Fondazione e, dall’altro, l’ammontare e il metodo di calcolo dell’importo di cui è causa.

 Conclusioni

59.   Alla luce delle considerazioni che precedono propongo pertanto alla Corte di rispondere alla questione pregiudiziale sollevata dallo Hoge Raad nei seguenti termini:

Quando un organismo di diritto pubblico, o un altro ente riconosciuto dallo Stato membro interessato come avente carattere sociale, agisce da intermediario tra persone che cercano e persone che offrono servizi di assistenza all’infanzia, la sua attività di intermediazione può essere esente da IVA, ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. g) o h), della sesta direttiva del Consiglio 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, solo se:

–       l’assoggettamento all’IVA possa ostacolare l’accesso ai servizi di assistenza all’infanzia, facendone aumentare i costi;

–       i servizi di assistenza all’infanzia in quanto tali siano esenti in base alla/e stessa/e disposizione/i;

–       i servizi di assistenza all’infanzia siano di un tipo o di una qualità che non possano essere garantiti a coloro che sono alla ricerca di tali servizi se questi ultimi non ricorrano al servizio di intermediazione; e

–       i servizi di intermediazione non siano essenzialmente destinati a procurare entrate supplementari mediante la realizzazione di operazioni effettuate in concorrenza diretta con imprese soggette all’IVA.


1 – Lingua originale: l’inglese.


2 – Sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»).


3 – Noti anche come «genitori ospitanti»; li indicherò tuttavia come «privati ospitanti» per evitare ogni confusione tra genitori e genitori ospitanti.


4 – O di un datore di lavoro: a quanto pare taluni datori di lavoro si avvalgono dei servizi della Fondazione per custodire i figli dei propri dipendenti. In prosieguo, «genitore» andrà inteso come indicante anche un tale datore di lavoro.


5 – Circa EUR 2,27. Dal sito web della Fondazione risulta che l'importo per il 2005 è pari a EUR 2,50 o 3,30 all'ora, in base al numero dei bambini.


6 – Circa EUR 1,57. L'importo per il 2005 è di EUR 2,89, IVA inclusa. Il totale orario varia dunque tra EUR 5,39 e EUR 6,19. Il costo orario per la custodia fornita direttamente dalla Fondazione per il 2005 varia, nei casi ordinari, tra EUR 5,34 e EUR 6,07.


7 – Circa EUR 2 920.


8 – «(…) Niet uitsluitend aan de kinderopvang dienstbaar», secondo le parole dello Hoge Raad.


9 – V. anche sentenze 8 marzo 1988, causa C-102/86, Apple and Pear Development Council (Racc. pag. 1443, punti 11 e 12), 3 marzo 1994, causa C-16/93, Tolsma (Racc. pag. I-743, punto 13), e 21 marzo 2002, causa C-174/00, Kennemer Golf (Racc. pag. I-3293, punto 39).


10 – L'uso del termine «correlati» («related») alla lett. i), mentre alle lettere g) e h) è usato «connessi» («linked»), appare una particolarità della versione inglese: le altre versioni linguistiche usano lo stesso termine nelle tre disposizioni, e non vi è ragione di ritenere che vi sia alcuna differenza di significato.


11 – Sentenza 26 settembre 1996, causa C-327/94 (Racc. pag. I-4595).


12 – Sentenza 20 giugno 2002, causa C-287/00 (Racc. pag. I-5811, in particolare punti 45 e segg.). V. anche sentenza 11 gennaio 2001, causa C-76/99, Commissione/Francia (Racc. pag. I-249).


13 – V. le mie osservazioni supra, al paragrafo 24.


14 – V. anche sentenza 26 maggio 2005, causa C-498/03, Kingscrest (Racc. pag. I-0000, punto 30).


15 – V. sentenza Kingscrest, cit., in particolare punti 48 e segg.


16 – Sentenza 11 agosto 1995, causa C-453/93 (Racc. pag. I-2341).


17 – Sentenza 7 settembre 1999, causa C-216/97 (Racc. pag. I-4947, in particolare punti 14-19).