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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

SHARPSTON

presentate il 27 aprile 2006 1(1)

Causa C-128/05

Commissione delle Comunità europee

contro

Repubblica d’Austria






1.     Nel presente ricorso, la Commissione sostiene che un regime particolare applicato in Austria a soggetti non stabiliti in tale Stato membro, che effettuano attività di trasporto internazionale di viaggiatori fornendo tale servizio solo occasionalmente in Austria ed il cui fatturato annuo non supera in detto paese EUR 22 000, è contrario alla Sesta direttiva IVA (2).

2.     In base a detto regime, tali soggetti non indicano l’IVA austriaca nelle loro fatture e non presentano dichiarazioni dell’IVA in Austria. Si parte anzi dal presupposto che l’importo dell’imposta a monte da essi dovuta in tale Stato membro equivalga all’imposta che debbono pagare a valle; inoltre, tali soggetti non sono legittimati a recuperare quanto pagato in eccesso tramite deduzioni o restituzioni.

3.     Secondo l’Austria, il suddetto regime rientra nell’art. 24 della Sesta direttiva, il quale consente di applicare alle piccole imprese modalità semplificate, i cui effetti non possono però determinare uno sgravio dell’imposta.

4.     L’applicabilità di questa eccezione si basa su tre questioni fondamentali: se le dimensioni delle «piccole imprese» debbano essere intese in senso assoluto o con riferimento al loro fatturato nello Stato membro interessato; se sia corretto qualificare un’esenzione dalle formalità concernenti l’IVA come «modalità semplificata»; e se ciò porti ad uno sgravio dell’imposta e sia pertanto inammissibile.

 Le disposizioni comunitarie sull’IVA rilevanti nel caso di specie

5.     Ai sensi dell’art. 2 della Sesta direttiva, sono soggette all’imposta sul valore aggiunto le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso all’interno di uno Stato membro. L’art. 6 definisce come prestazione di servizi ogni operazione che non costituisce cessione di un bene.

6.     L’art. 9, n. 2, lett. b), stabilisce: «il luogo delle prestazioni di trasporto è quello dove avviene il trasporto in funzione delle distanze percorse» (3).

7.     Gli artt. 17 e 18 (4) dettano regole riguardanti l’origine, la portata e le modalità di esercizio del diritto a deduzione, che costituisce la pietra angolare del sistema IVA. Le disposizioni rilevanti di tali articoli si possono sintetizzare nella maniera seguente.

8.     Ai sensi dell’art. 17, nn. 1 e 2, i soggetti passivi sono autorizzati a dedurre dall’imposta di cui sono debitori (imposta a valle) l’imposta dovuta per i beni o servizi che vengono loro forniti (imposta a monte) nella misura in cui questi beni o servizi vengano impiegati ai fini di loro operazioni soggette ad imposta.

9.     Ai sensi della medesima disposizione, i soggetti passivi non stabiliti nel territorio dello Stato membro in cui è dovuta l’imposta a monte hanno diritto ad ottenerne il rimborso conformemente al disposto dell’art. 17, nn. 3 e 4, dell’Ottava direttiva (5). L’art. 1 dell’Ottava direttiva, peraltro, stabilisce che tali soggetti hanno diritto al rimborso solo se, in aggiunta, essi non hanno effettuato cessioni di beni o prestazioni di servizi soggetti ad imposta nello Stato membro di cui trattasi nel corso del periodo fiscale per il quale è dovuta l’imposta a monte.

10.   Per esercitare il diritto a deduzione, il soggetto passivo dev’essere, tra l’altro, in possesso di una fattura redatta ai sensi dell’art. 22, n. 3. Alla deduzione si procede sottraendo dall’ammontare complessivo dell’imposta a valle dovuta per un dato periodo fiscale l’importo totale dell’imposta a monte per la quale, per lo stesso periodo, è sorto il diritto a deduzione (art. 18, n. 2).

11.   L’art. 22 (6) regola gli obblighi dei debitori d’imposta, indicando i criteri per l’emissione delle fatture (n. 3) e quelli per la presentazione periodica delle dichiarazioni (n. 4), e imponendo (n. 5) ad ogni soggetto passivo di pagare l’importo netto dell’IVA dovuta (in altri termini, l’imposta a valle meno l’imposta a monte) al momento della presentazione della dichiarazione periodica.

12.   L’art. 24 della Sesta direttiva è intitolato «Regime particolare delle piccole imprese». Il n. 1 di tale articolo dispone:

«Gli Stati membri che incontrano difficoltà ad assoggettare al regime normale dell’imposta le piccole imprese, data la loro attività o struttura, hanno la facoltà nei limiti e alle condizioni da essi fissati - ma ferma restando la consultazione di cui all’articolo 29 - di applicare modalità semplificate di imposizione e riscossione dell’imposta, in particolare regimi forfettari, i cui effetti non possono però determinare uno sgravio dell’imposta».

13.   I nn. 2-7 del medesimo articolo permettono agli Stati membri di applicare delle franchigie o una riduzione decrescente dell’imposta ai soggetti passivi la cui cifra d’affari annua non sia superiore a EUR 5 000 (7).

14.   L’art. 29 stabilisce:

«1.      È istituito un comitato consultivo dell’imposta sul valore aggiunto, in appresso denominato “Comitato”.

2.      Il Comitato si compone di rappresentanti degli Stati membri e della Commissione. Il Comitato è presieduto da un rappresentante della Commissione. Il segretariato del Comitato è assicurato dai servizi della Commissione.

3.      Il Comitato stabilisce il proprio regolamento interno.

4.      Oltre ai punti oggetto della consultazione ai sensi della presente direttiva, il Comitato prende in esame i problemi sollevati dal presidente, sia su iniziativa di quest’ultimo, sia su richiesta del rappresentante di uno Stato membro, concernenti l’applicazione delle disposizioni comunitarie in materia di imposta sul valore aggiunto».

 Le disposizioni nazionali contestate

15.   La Commissione contesta le disposizioni di un regolamento del Ministero federale delle finanze che fissa aliquote medie per il calcolo degli importi deducibili da parte di imprese straniere che effettuano servizi di trasporto internazionale di viaggiatori, applicabile alle operazioni e agli eventi verificatisi dopo il 31 marzo 2002 (8).

16.   Il n. 1 di tale regolamento consente a tali soggetti, i quali non abbiano domicilio (sede), stabilimento o residenza abituale in Austria ed il cui fatturato [realizzato in Austria] non superi EUR 22 000 in un dato periodo fiscale (9), di calcolare l’IVA deducibile rispetto al proprio fatturato derivante dal trasporto internazionale occasionale di viaggiatori effettuato mediante veicoli e rimorchi non immatricolati in Austria, applicando il tasso medio del 10% di tale fatturato (10), nel caso in cui non emettano fatture per i servizi forniti.

17.   Ai sensi del n. 2, quest’aliquota media si applica in luogo degli importi deducibili per la fornitura del trasporto in oggetto e, in base al n. 3, l’applicazione dell’aliquota media esonera il soggetto dall’obbligo di conservare i conteggi dell’IVA.

18.   Dai documenti trasmessi nel corso della fase amministrativa del procedimento e allegati al ricorso della Commissione emerge che (in ritardo, nella prima metà del 2004), l’Austria ha interpellato il Comitato consultivo dell’IVA, istituito ai sensi dell’art. 29 della Sesta direttiva, per adempiere il requisito della consultazione formale sancito dall’art. 24, n. 1. Dinanzi al Comitato, la Commissione ha espresso un parere negativo e gli altri Stati membri non si sono pronunciati. Tuttavia, trattandosi di organo consultivo, le decisioni del Comitato non sono comunque vincolanti.

 Conclusioni delle parti

19.   Chiusa regolarmente la fase amministrativa del procedimento, conformemente all’art. 226 CE, la Commissione chiede che la Corte voglia:

–       dichiarare che, consentendo a soggetti passivi non stabiliti in Austria che effettuino attività di trasporto di viaggiatori in tale paese di non presentare dichiarazioni dei redditi e di non pagare l’importo netto dell’IVA, quando la loro cifra d’affari realizzata in Austria non supera EUR 22 000, partendo dal presupposto, in questo caso, che l’importo dell’IVA dovuta equivalga all’importo dell’IVA deducibile e basando l’applicazione del regime semplificato sul fatto che l’IVA austriaca non viene indicata nelle fatture o in documenti sostitutivi, la Repubblica d’Austria ha violato gli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli artt. 2, 6, 9, n. 2, lett. b), 17, 18 e 22, nn. 3-5, della Sesta direttiva; e

–       condannare la convenuta alle spese.

20.   L’Austria chiede che la Corte voglia respingere il ricorso e condannare la Commissione alle spese.

21.   Non essendone stata fatta richiesta, l’udienza non si è svolta.

 Valutazione

 Portata dell’asserita violazione

22.   L’Austria non formula alcuna considerazione riguardo alla compatibilità del regolamento contestato con gli artt. 2, 6, 9, n. 2, lett. b), 17, 18 e 22, n. 3-5, della Sesta direttiva come tale. La sua difesa si basa interamente sull’art. 24, n. 1.

23.   Di conseguenza, un approccio di tipo formale porterebbe alla conclusione che la violazione debba considerarsi dimostrata (essendo stata implicitamente riconosciuta dall’Austria) con riguardo a tutte le suddette disposizioni, a meno che non venga accolta l’eccezione basata sull’art. 24.

24.   A mio avviso però non si tratta di una conclusione scontata. Le disposizioni indicate hanno un peso diverso. Gli artt. 2, 6, 9, n. 2, lett. b) e 17 (tra gli altri) definiscono l’ambito al quale vanno applicati i presupposti procedurali indicati dagli artt. 18 e 22. Il problema è capire se il modo in cui l’Austria ha derogato a tali presupposti procedurali sia ammissibile o meno.

25.   Né le affermazioni fatte dalla Commissione né le stesse disposizioni austriache contestate contengono elementi di contrasto con i seguenti principi: a) la fornitura di servizi è soggetta ad IVA (art. 2); b) il trasporto di passeggeri è un servizio (art. 6); c) il luogo in cui viene effettuato il trasporto internazionale di viaggiatori è frammentato in proporzione alla distanza percorsa in ciascuno Stato membro [art. 9, n. 2, lett. b)]; e d) un soggetto passivo ha diritto di dedurre l’imposta a monte dall’imposta a valle, o eventualmente di ottenere un rimborso dell’imposta a monte (art. 17).

26.   Nel regolamento contestato si presuppone, al contrario, l’applicabilità di tutti i principi appena menzionati. In effetti esso stabilisce che in alcune circostanze particolari si ritiene che l’imposta a monte e quella a valle si compensino l’una con l’altra e in questo caso i requisiti di cui agli artt. 18 e 22 della Sesta direttiva riguardanti la fatturazione, la contabilità e la presentazione di dichiarazioni non debbono essere osservati. Acquistano pertanto rilievo solo i nn. 1, lett. a), e 2 dell’art. 18, mentre la Commissione fa riferimento solo ai nn. 3-5 dell’art. 22.

27.   Ritengo quindi che, nel caso in cui non venga accolta l’eccezione dell’Austria, si possa ritenere dimostrata o riconosciuta una violazione solo con riferimento alle disposizioni da ultimo menzionate.

28.   Inoltre le modalità di rimborso previste dagli artt. 17, nn. 3 e 4, della Sesta direttiva e le disposizioni dell’Ottava direttiva non hanno rilievo nel presente caso. Tali modalità si applicano solo ai soggetti passivi che non abbiano compiuto operazioni a valle in Austria, mentre le disposizioni contestate si applicano soltanto ai vettori che hanno effettuato attività di trasporto di viaggiatori in Austria, ai sensi dell’art. 9, n. 2, lett. b), della Sesta direttiva.

29.   Prenderò quindi in esame uno alla volta i tre problemi oggetto di discussione tra le parti: la nozione di «piccole imprese», quella di «modalità semplificate» e la possibilità di uno sgravio d’imposta.

 Le piccole imprese

30.   L’Austria sostiene l’ammissibilità della sua normativa in forza dell’art. 24, n. 1, della Sesta direttiva, il quale consente di applicare modalità semplificate alle «piccole imprese».

31.   Secondo la Commissione, la definizione contenuta nel regolamento austriaco – giro d’affari realizzato in Austria non superiore a EUR 22 000 in un dato anno solare – non è conforme alla nozione di «piccola impresa», perché anche le grandi imprese che non hanno sede in Austria possono realizzare un giro d’affari non superiore a EUR 22 000 all’anno. La Sesta direttiva non definisce gli elementi costitutivi di una «piccola impresa». Si deve pertanto individuare una nozione comunitaria che tenga conto delle dimensioni dell’impresa nel suo complesso e non soltanto del giro d’affari che questa realizza in un determinato Stato membro.

32.   La Commissione fa riferimento alle sue raccomandazioni del 1996 e del 2003 relative alla definizione di piccole e medie imprese (11), secondo le quali è opportuno fissare soglie piuttosto rigorose affinché le misure destinate a tali imprese avvantaggino effettivamente le imprese che subiscono lo svantaggio della loro dimensione. Secondo le definizioni sancite in tali raccomandazioni, sono «piccole o medie imprese» quelle che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera EUR 40 milioni (secondo la raccomandazione del 1996; EUR 50 milioni per quella del 2003), oppure il cui totale di bilancio annuo non supera EUR 27 milioni (secondo la raccomandazione del 1996; EUR 43 milioni per quella del 2003). Per «piccola impresa» si intende un’impresa che occupa meno di 50 persone e realizza un fatturato annuo non superiore a EUR 7 milioni o un totale di bilancio annuo non superiore a EUR 5 milioni (secondo la raccomandazione del 1996; EUR 10 milioni per entrambi gli importi secondo quella del 2003). In ciascun caso, ai sensi della raccomandazione del 1996, deve trattarsi di impresa indipendente, nel senso che non più del 25% del suo capitale dev’essere in possesso di imprese che non rientrano nella definizione rilevante.

33.   L’Austria sostiene che l’art. 24 attribuisce agli Stati membri un ampio potere discrezionale per stabilire se e in che modo si possono istituire modalità semplificate di commisurazione o di riscossione dell’IVA per le piccole imprese (12) e che tale definizione rientra nell’ambito del suddetto potere. Essa presenta inoltre dei calcoli che a suo avviso dimostrano quanto sia improbabile in pratica che un’impresa di trasporto viaggiatori con un fatturato complessivo di oltre EUR 40 milioni possa realizzare in Austria un giro d’affari inferiore a EUR 22 000.

34.   Inoltre l’Austria si richiama all’art. 24, nn. 2 e seg., della Sesta direttiva, che riguardano le franchigie e le riduzioni decrescenti dell’imposta. La soglia di fatturato indicata in tali disposizioni può riferirsi unicamente al giro d’affari realizzato nello Stato membro, per il semplice motivo che in tema di franchigie soltanto il fatturato realizzato all’interno della giurisdizione fiscale può essere esonerato. Pertanto, anche ai fini dell’art. 24, n. 1, ha rilievo unicamente il fatturato realizzato all’interno dello Stato membro.

35.   A mio avviso, le affermazioni della Commissione sono sostanzialmente esatte e l’Austria non le ha contestate efficacemente.

36.   Non ritengo che una definizione formale di piccola impresa debba essere necessariamente applicata nell’ambito dell’IVA quando non è stata elaborata con specifico riferimento a tale settore. Tuttavia tale definizione fornisce un’indicazione utile di quel che il legislatore comunitario considera come «piccola e media impresa» o come «piccola impresa».

37.   Secondo l’Austria le regole contestate sono giustificate in base all’art. 24, n. 1, della Sesta direttiva e non in base ad altre disposizioni. Quest’affermazione è espressamente contenuta nel suo controricorso e, a quanto risulta, l’Austria ha consultato il Comitato sull’IVA ritenendo che le possibilità derivanti dall’art. 24, nn. 2 e seg. si applicassero solo nel caso di soggetti passivi stabiliti nello Stato membro, mentre il regolamento contestato riguarda soltanto i soggetti non stabiliti in Austria.

38.   Di conseguenza le disposizioni austriache vanno valutate solo con riguardo ai parametri fissati dall’art. 24, n. 1.

39.   L’art. 24, n. 1, si basa sulla premessa che è possibile che gli Stati membri incontrino «difficoltà ad assoggettare al regime normale dell’imposta le piccole imprese, data la loro attività o struttura». Ad una semplice lettura questo riferimento alle «piccole imprese» dovrebbe indicare le imprese oggettivamente piccole, non quelle che svolgono un’attività limitata in un particolare Stato membro. Non vi sono altre indicazioni in tale disposizione che suggeriscano una simile interpretazione. Non vi è motivo di supporre che uno Stato membro possa incontrare difficoltà nell’applicare il regime fiscale normale ad una grande impresa che svolga attività economiche in modo limitato o occasionale nel suo territorio. Un’impresa di questo tipo avrà una struttura che le permetterà di adempiere ai presupposti di registrazione e di dichiarazione nello Stato membro, o di nominare in tale Stato un rappresentante fiscale conformemente all’art. 21, n. 2, della Sesta direttiva (13).

40.   Riguardo all’ampio potere di valutazione che l’Austria rivendica in forza dell’art. 24, n. 1, non sono persuaso dalla giurisprudenza che essa invoca, ai sensi della quale: «Quanto all’art. 24, summenzionato, esso attribuisce agli Stati membri un ampio potere discrezionale per stabilire se – e in che modo – si debbono istituire regimi forfettari, o altre modalità semplificate di commisurazione o di riscossione dell’imposta per le piccole imprese; il fatto che uno Stato membro, per ragioni sue particolari, non si sia valso di detta facoltà non può quindi considerarsi un motivo che impedisca di chiedere l’autorizzazione ad istituire provvedimenti in deroga ai sensi dell’art. 27 della stessa direttiva» (14).

41.   Il potere di valutare se ed in quali condizioni si applichi una modalità semplificata alle piccole imprese non comprende, a mio avviso, la capacità di determinare gli elementi costitutivi di una piccola impresa. Nella sentenza Direct Cosmetics la Corte si occupava dell’interpretazione dell’art. 27, n. 1, della Sesta direttiva. Come emerge chiaramente dalla citazione sopra riportata, essa si è occupata dell’art. 24 solo nella misura necessaria a statuire che la decisione di uno Stato membro di non istituire una modalità semplificata nell’esercizio dei poteri ex art. 24 non impedisce a detto Stato di chiedere un’autorizzazione per un provvedimento in deroga ai sensi dell’art. 27. Non si può ritenere che detto paragrafo contenga un esame completo e conclusivo dei poteri conferiti agli Stati membri quando ricorrono all’art. 24.

42.   Inoltre, più di recente la Corte ha dichiarato che gli artt. 24-26 della Sesta direttiva vanno applicati «solo nella misura necessaria a realizzarne lo scopo» (15) – il che implica che il potere in esame non è così ampio come l’Austria sostiene.

43.   I dati e i calcoli presentati dall’Austria non sono rilevanti, a mio parere. Essi possono dimostrare che solo alcuni tra i fornitori di servizi di trasporto interessati costituiscono obiettivamente grandi imprese, ma non che nessuno di essi è una grande impresa.

44.   Il problema sotteso alla denuncia della Commissione non è se la definizione nel regolamento contestato si applichi (forse anche principalmente) alle piccole imprese, ma se escluda le grandi imprese. E chiaramente non è così – può accadere che una grande impresa (anche di dimensioni considerevoli) la quale non abbia la sede in Austria effettui un numero limitato di trasporti occasionali di viaggiatori in Austria o attraverso il suo territorio, scendendo così al di sotto della soglia di EUR 22 000.

45.   Inoltre, non ritengo che l’Austria possa trarre argomenti dall’art. 24, nn. 2 e seg., della Sesta direttiva. Anche se il limite indicato in tali disposizioni riguarda unicamente il giro d’affari realizzato in ciascuno Stato membro – un’affermazione che, come sottolineato dalla Commissione, non risulta avere fondamento nella direttiva – esse prevedono una serie del tutto diversa di modalità, come messo in evidenza dall’Austria stessa (16).

46.   Occorre ora trattare brevemente di due questioni di minore importanza sollevate dall’Austria.

47.   In primo luogo, essa cita una dichiarazione del Consiglio e della Commissione riportata nei lavori preparatori relativi all’art. 24 della Sesta direttiva. Tuttavia, emerge da una giurisprudenza consolidata che dichiarazioni formulate in sede di lavori preparatori sfociati nell’adozione di una direttiva non possono essere prese in considerazione ai fini della sua interpretazione, allorché il loro contenuto non trova alcun riscontro nel testo della disposizione di cui trattasi, e quindi non hanno portata giuridica (17).

48.   In secondo luogo, l’Austria fa riferimento al parere del Comitato economico e sociale su una proposta della Commissione relativa ad una modifica della Sesta direttiva (18). Poiché tale proposta non è mai stata adottata, ritengo che il parere del Comitato non sia giuridicamente rilevante.

 Le modalità semplificate

49.   L’art. 24, n. 1, della Sesta direttiva attribuisce agli Stati membri la facoltà di applicare «modalità semplificate (…), in particolare regimi forfettari». La Commissione afferma in sostanza che il regolamento contestato introduce non una modalità semplificata, ma un totale esonero dagli obblighi di registrazione, dichiarazione dei redditi, fatturazione e contabilità. L’Austria invoca nuovamente l’ampio potere di valutazione indicato nella sentenza Direct Cosmetics (19) e sottolinea che l’art. 24, n. 1 non fissa limiti al tipo di semplificazione consentita, mentre il n. 2 del medesimo articolo stabilisce deroghe.

50.   Concordo con la Commissione. Per quanto esteso possa essere il concetto di «modalità semplificate», esso non può ricomprendere un totale difetto di procedura. Per ragioni analoghe a quelle che ho già espresso (20), non ritengo che la discrezionalità cui si fa riferimento nella sentenza Direct Cosmetics comprenda il potere di optare per un’esenzione completa dal sistema IVA anziché per l’applicazione di una modalità semplificata. Inoltre il fatto che le deroghe vengano concesse nell’ambito dell’art. 24, nn. 2-7, tenderebbe semmai a confermare, poiché si tratta di un ambito distinto e che autorizza espressamente l’uso di deroghe, che le esenzioni non sono previste dall’art. 24, n. 1. Infine, il riferimento esemplificativo ai «regimi forfettari» corrobora la conclusione che le modalità semplificate adottate dovrebbero comunque permettere una dichiarazione in qualche modo appropriata, nonché la valutazione e la riscossione delle imposte.

51.   Vale inoltre la pena di ricordare che, in deroga all’art. 11 della Sesta direttiva, durante il periodo compreso tra il 1° gennaio 2001 e il 31 dicembre 2005, l’Austria ha potuto tassare la propria frazione di trasporti internazionali di viaggiatori effettuati da soggetti passivi non stabiliti in Austria mediante veicoli non immatricolati in tale paese, con riferimento ad una base imponibile media per persona e per chilometro (21). Pertanto al momento dell’adozione del regolamento contestato veniva già applicata una modalità semplificata e questa circostanza rende ancor meno giustificabile il fatto che l’Austria rivendichi la possibilità di esonerare interamente gli operatori da qualsiasi obbligo di dichiarazione dell’IVA sostenendo di poter introdurre modalità semplificate.

 I possibili sgravi d’imposta

52.   Si discute tra le parti se ritenere che l’importo dell’imposta a monte deducibile sia equivalente a quello dell’imposta a valle dovuta comporti uno sgravio d’imposta. L’art. 24, n. 1, della Sesta direttiva dispone letteralmente che «modalità semplificate di imposizione e riscossione dell’imposta, in particolare regimi forfettari» possono essere introdotte, ma i loro «effetti non possono però determinare uno sgravio dell’imposta». Le attività economiche, di norma, vengono svolte solo se sono redditizie, il che implica che il valore delle operazioni a valle di solito eccede quello delle operazioni a monte. Di conseguenza, l’importo dell’imposta a valle normalmente sarà superiore a quello dell’imposta a monte deducibile. Se così non fosse, l’IVA sarebbe non un’imposta, bensì un utile. Sembra pertanto logico affermare che una disposizione che considera l’imposta a monte pari a quella a valle determinerà normalmente una riduzione dell’ammontare delle imposte riscosse.

53.   Tuttavia ciò non è vero in tutti i casi. Anche se non verrà riscossa alcuna tassa nel caso in cui si ritenga che l’imposta a monte e quella a valle si compensino, l’importo che in caso contrario verrebbe incamerato dalle autorità fiscali può in alcune circostanze essere pari a zero, o addirittura di valore negativo. Può accadere che una certa attività economica si svolga, ciclicamente o anche in maniera strutturale, senza generare profitti o addirittura in perdita; oppure, che le operazioni a valle siano soggette ad imposta ad un’aliquota minore rispetto alle operazioni a monte, in modo da poter realizzare un utile senza generare IVA supplementare.

54.   L’aliquota IVA standard in Austria è del 20%, mentre l’aliquota ridotta del 10% si applica al trasporto di viaggiatori (22). Pertanto, se il valore dei beni o servizi a monte acquistati dal vettore all’aliquota standard è la metà di quello dei servizi che esso vende all’aliquota ridotta, l’imposta a monte sarà equivalente all’imposta a valle. Se invece tale valore è superiore alla metà, l’imposta a monte sarà superiore a quella a valle e il vettore potrà di solito chiedere il rimborso della differenza, ciò che non può fare, ovviamente, in base ai regimi contestati.

55.   Il governo austriaco sostiene quindi, sostanzialmente, che i vettori rientranti nel regime acquistano di norma beni o servizi a monte all’aliquota IVA austriaca standard per un valore che è circa la metà di quello dei loro servizi di trasporto imponibili in tale paese, motivo per cui non vi sono sgravi d’imposta.

56.   Questa affermazione può apparire arbitraria, e infatti la Commissione ritiene che i dati utilizzati dall’Austria nei suoi calcoli lo siano. Tuttavia si può normalmente presumere che un fornitore di servizi di trasporto non stabilito in Austria e che effettua solo occasionalmente servizio in codesto paese o attraverso il suo territorio acquisti beni o servizi a monte per lo più all’estero, il governo austriaco sottolinea però che il prezzo del carburante diesel in Austria è sufficientemente più basso rispetto a quello praticato nei paesi vicini, così da incoraggiare i vettori a procurarselo in tale paese in grandi quantità, in maniera sproporzionata rispetto alla distanza percorsa in Austria (23). Inoltre, l’Austria sostiene che vi saranno delle spese per le vignette autostradali, altri pedaggi, parcheggi ed eventuali riparazioni. Pertanto è plausibile supporre che il regime contestato, che in effetti «incapsula» l’IVA a monte deducibile al 10% del valore dei beni o servizi a valle, anziché consentirne la deduzione al suo valore reale, non determinerà tendenzialmente uno sgravio d’imposta.

57.   Non ritengo sia necessario né possibile che la Corte intraprenda un’analisi dettagliata dei dati presentati dall’Austria. La scelta di questi dati – distanza percorsa, numero dei viaggiatori trasportati, consumo di carburante e così via – non può che essere in certa misura arbitraria (24). Tuttavia i presupposti sottesi ai calcoli – la differenza tra le aliquote standard e quelle ridotte dell’IVA in Austria, o lo scarto tra il prezzo del carburante in Austria e quello nei paesi vicini – sembrano validi, tanto da poter concludere plausibilmente che uno sgravio d’imposta non può essere dichiarato con certezza.

58.   L’Austria propone inoltre un ulteriore argomento, anch’esso contestato dalla Commissione: nel caso in cui l’importo dell’imposta potenzialmente perduta sia basso, è importante tener conto delle spese amministrative sostenute nella valutazione circa l’esistenza dello sgravio fiscale. La Commissione ribatte che l’art. 24, n. 1 parla di sgravio d’imposta, non di una riduzione nell’introito netto, e che non è dimostrato che nei casi rientranti nel regolamento contestato le spese amministrative superino effettivamente gli introiti.

59.   Concordo con la Commissione sul fatto che la lettera dell’art. 24, n. 1, è chiara. Le modalità semplificate non debbono portare ad una riduzione delle imposte applicate e riscosse, ossia delle entrate fiscali lorde. Se esse possano portare ad una riduzione dell’introito fiscale netto è una questione diversa, della quale non si fa menzione. Tuttavia mi sembra assurdo interpretare una disposizione che permette di introdurre modalità semplificate nel senso che essa impone agli Stati membri di rinunciare a tali modalità nel caso in cui i procedimenti normali possano produrre un introito fiscale lordo maggiore e un incasso netto minore. Di conseguenza, non ritengo che le spese amministrative possano essere escluse dal calcolo quando si valuta se un provvedimento sia conforme al disposto dell’art. 24, n. 1, della Sesta direttiva.

60.   Alla luce di quanto appena detto, risulta che l’Austria non ha fornito altre prove se non affermazioni plausibili riguardo all’importanza relativa delle spese amministrative nella gestione dell’IVA con riferimento ai servizi di trasporto occasionale di viaggiatori del tipo considerato.

61.   Concludendo su questo punto, ritengo che la Commissione non abbia dimostrato la violazione della disposizione che vieta gli sgravi d’imposta. Le affermazioni dell’Austria, anche se lungi dall’essere convincenti, sono plausibili e la Commissione non le ha contestate efficacemente (25).

 Conclusione sulla violazione

62.   Alla luce delle considerazioni che precedono, mi sembra evidente che le regole austriache contestate derogano alle disposizioni dell’art. 18, n. 1, lett. a) e n. 2, nonché dell’art. 22, nn. 3-5, della Sesta direttiva.

63.   L’Austria sostiene che le deroghe sono giustificate ai sensi dell’art. 24, n. 1, ed è assodato che il procedimento di consultazione prescritta da tale disposizione è stato osservato, anche se con ritardo.

64.   Tuttavia, le regole contestate non rientrano nei limiti sanciti dall’art. 24, n. 1, in quanto non sono limitate alle piccole imprese e non possono essere qualificate come modalità semplificate.

65.   Pertanto, non rileva il fatto che non vi sia in pratica uno sgravio d’imposta, dato che, secondo lo schema disegnato dall’art. 24, n. 1, si tratta di una disposizione che si applica quando le modalità già rientrano nei limiti prescritti.

 Sulle spese

66.   Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda. Ai sensi dell’art. 69, n. 3, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, la Corte può ripartire le spese o decidere che ciascuna parte sopporti le proprie.

67.   Nel caso in oggetto, la Commissione ha chiesto che la ricorrente fosse condannata alle spese. A mio avviso il suo ricorso si è spinto troppo oltre nel denunciare un inadempimento degli obblighi derivanti dagli artt. 2, 6, 9, n. 2, lett. b), e 17 della Sesta direttiva, e una parte dell’eccezione sollevata dall’Austria non è stata contestata completamente. Ritengo però che la violazione sia stata dimostrata e che non vi sia motivo di discostarsi dal principio fondamentale sancito dall’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura.

 Conclusione

68.   Suggerisco pertanto che la Corte voglia:

–       respingere il ricorso nella parte in cui fa riferimento agli artt. 2, 6, 9, n. 2, lett. b) e 17 della Sesta direttiva del Consiglio 77/388/CEE;

–       dichiarare che, consentendo a soggetti passivi non stabiliti in Austria che effettuino attività di trasporto di viaggiatori in tale paese di non presentare dichiarazioni dei redditi e di non pagare l’importo netto dell’IVA, quando il loro fatturato realizzato in Austria non supera EUR 22 000, partendo dal presupposto, in questo caso, che l’importo dell’IVA dovuta equivalga all’importo dell’IVA deducibile e basando l’applicazione del regime semplificato sul fatto che l’IVA austriaca non viene indicata nelle fatture o in documenti sostitutivi, la Repubblica d’Austria ha violato gli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’art. 18, n. 1, lett. a), e n. 2, nonché dall’art. 22, nn. 3-5, della medesima direttiva; e

–       condannare la Repubblica d’Austria alle spese.


1 – Lingua originale: l'inglese.


2 – Sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1, più volte modificata; in prosieguo: la «Sesta direttiva»).


3 – Per esempio, un viaggio in pullman da Monaco a Verona si svolgerà parte in Germania, parte in Austria e parte in Italia. Il valore del servizio verrà diviso a seconda della frazione di viaggio effettuata in ciascuno Stato membro, e l’IVA sarà applicabile a ciascuna frazione al tasso vigente nello Stato membro in questione. L’IVA così calcolata verrà quindi dichiarata alle autorità competenti di ciascuno dei tre Stati membri.


4 – Entrambi sono stati modificati, in modo alquanto confuso, dall’art. 28 della stessa direttiva, introdotto con direttiva del Consiglio 16 dicembre 1991, 91/680/CEE, che completa il sistema comune di imposta sul valore aggiunto e modifica, in vista della soppressione delle frontiere fiscali, la direttiva 77/388/CEE (GU L 376, pag. 1), anch’essa modificata in diverse occasioni.


5 – Ottava direttiva del Consiglio 6 dicembre 1979, 79/1072/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Modalità per il rimborso dell'imposta sul valore aggiunto ai soggetti passivi non residenti all'interno del paese (GU L 331, pag. 19).


6 – Il testo attuale di tale articolo si trova nell’art. 28 nonies, anch’esso introdotto dalla direttiva 91/680/CEE e anch’esso poi modificato in più occasioni.


7 – In via di principio, benché il dato possa di fatto essere superiore in alcuni Stati membri in circostanze che però non rilevano nel presente caso.


8 – BGBl II n. 166/2002.


9 – Ai nostri fini, un anno solare.


10 – In Austria, l’IVA a valle è calcolata al 10% sui servizi di trasporto passeggeri. Il risultato è che tale disposizione rende l’importo deducibile dell’imposta a monte pari a quello dell’imposta a valle, a prescindere dal tasso di IVA effettivamente applicato sui beni o servizi, come per esempio il carburante diesel, acquistati dal fornitore di servizi.


11 – Raccomandazione della Commissione 3 aprile 96, 96/280/CE, relativa alla definizione delle piccole e medie imprese (GU L 107, pag. 4) – v. il ‘considerando’ 22 e l’art. 1, nn. 1-3, dell’allegato; raccomandazione della Commissione 6 maggio 2003, 2003/361/CE, relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese (GU L 124, pag. 36) – v. art. 2, nn. 1 e 2 dell’allegato. La prima raccomandazione è stata adottata nell’ambito del Programma integrato a favore delle piccole e medie imprese e dell’artigianato; la seconda è stata emanata allo scopo di limitare la proliferazione delle definizioni di piccole e medie imprese in uso a livello comunitario, ad esempio in materia di Fondi strutturali e di ricerca.


12 – Sentenza della Corte 12 luglio 1988, cause riunite 138/86 e 139/86, Direct Cosmetics (Racc. pag. 3937, punto 41).


13 – Il cui testo attuale si trova nell’art. 28 octies.


14 – Sentenza Direct Cosmetics, punto 41, citata alla nota a pie’ di pagina 12.


15 – Sentenze della Corte 15 luglio 2004, causa C-321/02, Harbs (Racc. pag. I-7101, punto 27), e 8 dicembre 2005, causa C-280/04, Jyske Finans (Racc. pag. I-0000, punto 35).


16 – Si può anche rilevare che la disposizione dell’art. 24, n. 1 non era nella proposta originaria della Sesta direttiva (GU 1973, C 80, pag. 1, art. 25) e che nella modifica della direttiva attualmente proposta [COM(2004) 246 def.] le due serie di disposizioni compaiono in sezioni differenti (rispettivamente, artt. 274 e 275-285).


17 – V., per esempio, sentenza della Corte 8 giugno 2000, causa C-375/98, Epson Europe (Racc. pag. I-4243, punto 26, nonché la giurisprudenza ivi citata).


18 – Parere del Comitato economico e sociale sulla proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 77/388/CEE in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari per quanto concerne il regime particolare applicabile alle piccole e medie imprese (GU 1987, C 83, pag. 9). La proposta si trova in COM(86) 444 def. (GU 1986, C 272, pag. 12).


19 – Citata alla nota 12; v. supra, paragrafo 40.


20 – Supra, paragrafi 40-42.


21 – Decisione del Consiglio 19 marzo 2001, 2001/242/CE (GU L 88, pag. 14).


22 – Vedi il documento della Commissione Tassi IVA applicati negli Stati membri della Comunità europea, DOC/1636/2005.


23 – L’affermazione relativa ai prezzi è generalmente avvalorata dai dati pubblicati dai club automobilistici – v., per esempio, il sito della International Road Transport Union: http://www.iru.org/Services/FuelWel.E.html.


24 – Anche l’esistenza dell’eccezione che permette all’Austria di calcolare l’IVA sul trasporto internazionale di viaggiatori effettuato da vettori stranieri su una base media (v. supra, paragrafo 51) può essere rilevante in questo caso.


25 – V., per esempio, sentenza 20 ottobre 2005, causa C-6/04, Commissione/Regno Unito (Racc. pag. I-0000, punto 75 e giurisprudenza ivi citata).