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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

E. SHARPSTON

presentate il 7 marzo 2006 1(1)

Causa C-166/05

Rudi Heger GmbH

contro

Finanzamt Graz-Stadt

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Verwaltungsgerichtshof (Austria)]





1.     La presente domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’art. 234 CE ha ad oggetto la determinazione del luogo delle operazioni imponibili ai fini dell’imposizione e della riscossione dell’IVA, ai sensi della sesta direttiva del Consiglio 77/388/CEE (in prosieguo: la «sesta direttiva») (2).

2.     Nella causa pendente dinanzi al Verwaltungsgerichtshof austriaco (giudice amministrativo) è implicata una società avente sede in Germania che aveva comprato in Austria, dove la stessa non effettua servizi e non è pertanto registrata ai fini dell’IVA, un certo numero di permessi che autorizzavano la pesca in taluni tratti di un fiume in Austria, per poi rivenderli a clienti di altri paesi.

3.     Il giudice nazionale vuole sapere se la rivendita dei permessi costituisca una «prestazione di servizi relativa ad un bene immobile» ai sensi dell’art. 9, n. 2, lett. a) della direttiva.

4.     Se la risposta è affermativa, tale operazione risulta imponibile in Austria, dove è situato il bene immobile, e la società ricorrente deve pertanto essere registrata ai fini dell’IVA in Austria, dove potrà dedurre l’IVA pagata a monte sul prezzo d’acquisto dei permessi.

5.     Se la risposta è negativa, l’operazione deve essere classificata come una normale prestazione di servizi ai sensi dell’art. 9, n. 1. Di conseguenza, il luogo della prestazione dei servizi si situa in Germania, dove la società ha stabilito la sede dei suoi affari, e, tale società, invece di dedurre l’IVA a monte, dovrà chiederne il rimborso in base al meccanismo posto in essere dall’ottava direttiva del Consiglio 79/1072/CEE (in prosieguo: l’«ottava direttiva») (3).

 Contesto normativo

 La normativa comunitaria pertinente

6.     Ai sensi dell’art. 5, n. 1, della sesta direttiva, è considerato cessione di beni «il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario». L’art. 5, n. 3, lett. a), e l’art. 5, n. 3, lett. b), autorizzano gli Stati membri a considerare come «beni materiali» «determinati diritti su beni immobili» e, rispettivamente, i «diritti reali che conferiscono al loro titolare un potere d’uso sui beni immobili».

7.     L’art. 6, n. 1, della sesta direttiva considera prestazione di servizi «ogni operazione che non costituisce cessione di un bene ai sensi dell’articolo 5». Tale operazione può consistere tra l’altro in una «cessione di beni immateriali» o in «un obbligo di non fare o di tollerare un atto od una situazione».

8.     Secondo il settimo “considerando” del preambolo della sesta direttiva, la determinazione del luogo delle operazioni imponibili «ha provocato conflitti di competenza tra gli Stati membri, segnatamente per quanto riguarda (…) le prestazioni di servizi». L’art. 9 della sesta direttiva pertanto pone norme per stabilire il luogo dove un servizio si ritiene essere stato prestato ai fini dell’IVA (e, quindi, il luogo di imposizione del servizio prestato).

9.     L’art. 9, n. 1, pone la regola generale secondo la quale un servizio si considera prestato nel luogo in cui il prestatore ha «fissato la sede della propria attività economica o ha costituito un centro di attività stabile, a partire dal quale la prestazione di servizi viene resa o, in mancanza di tale sede o di tale centro di attività stabile, il luogo del suo domicilio o della sua residenza abituale».

10.   L’art. 9, n. 2, pone poi talune norme speciali che derogano alla norma generale di cui all’art. 9, n. 1. Secondo l’art. 9, n. 2, lett. a), «il luogo delle prestazioni di servizi relative a un bene immobile, incluse le prestazioni di agente immobiliare e di perito, nonché le prestazioni tendenti a preparare o a coordinare l’esecuzione di lavori immobiliari come, ad esempio, le prestazioni fornite dagli architetti e dagli uffici di sorveglianza, è quello dove il bene è situato».

11.   L’art. 9, n. 2, lett. e), elenca taluni servizi che, se resi tra l’altro, a soggetti passivi stabiliti nella Comunità, ma fuori del paese del prestatore, si ritengono essere forniti nel luogo «in cui il destinatario ha stabilito la sede della sua attività economica o ha costituito un centro di attività stabile per il quale si è avuta la prestazione di servizi o, in mancanza di tale sede o di tale centro d’attività stabile, il luogo del suo domicilio o della sua residenza abituale. Quest’elenco comprende, tra l’altro, le prestazioni fornite da «consulenti, ingegneri, uffici studi, avvocati, periti contabili ed altre prestazioni analoghe nonché elaborazioni di dati e fornitura di informazioni» e «messa a disposizione di personale».

12.   L’art. 13 prevede esenzioni dall’IVA. L’art. 13 B, lett. b), esenta, tra l’altro, l’affitto e la locazione di immobili.

13.   Gli accordi per il rimborso in relazione alle prestazioni di servizi transfrontaliere trovano la loro origine nell’ottava direttiva. In sostanza, il diritto al rimborso dell’IVA pagata a monte, contemplato dall’ottava direttiva, sorge quando il soggetto passivo è stabilito in un altro Stato membro e non ha espletato alcuna successiva operazione imponibile nel territorio dello Stato dove l’IVA è stata pagata. Per contro, se il soggetto passivo ha effettuato operazioni imponibili nel territorio del paese dove è stata pagata l’IVA sulle operazioni precedenti, l’ottava direttiva non gli accorda più il diritto al rimborso dell’IVA ma piuttosto il diritto di applicare la regola generale di deduzione ai sensi dell’art. 17 e segg. della sesta direttiva.

 La normativa nazionale pertinente

14.   Il paragrafo 3a, n. 6 della Umsatzsteuergesetz 1994 – legge austriaca sull’IVA (in prosieguo: la «UStG») dà attuazione all’art. 9, n. 2, lett. a), della sesta direttiva, e usa sostanzialmente la medesima formulazione letterale.

15.   Un regolamento del Ministro austriaco federale delle Finanze (4), adottato sulla base della UStG 1994, dà attuazione alle disposizioni, tra altro, dell’ottava direttiva. Ai sensi del detto regolamento il diritto al rimborso dell’IVA pagata a monte in Austria sorge, tra altro, se l’impresa stabilita al di fuori dell’Austria ha svolto una successiva operazione per la quale il luogo della cessione della prestazione e, pertanto, quello di imposizione non è ritenuto essere ubicato in Austria. Se, invece, la successiva operazione è considerata come una cessione o una prestazione che ha avuto luogo in Austria, non si ha diritto al rimborso del credito di IVA a norma del detto regolamento, ma alla deduzione secondo le norme ordinarie.

 Il procedimento di cui alla causa a qua e le questioni sollevate

16.   La Rudi Heger Gmbh (in prosieguo: la «Heger») è una società con sede in Germania, che non dispone di stabilimenti in Austria. Nel 1997 e 1998, la Heger acquistava quote di pesca per il fiume Gmunder Traun nell’Austria superiore, da una società avente sede in Austria, la Flyfishing Adventure GmbH (in prosieguo: la «Flyfishing»). Nel comperare dette quote, la Heger acquisiva permessi di pesca che legittimavano alla pesca in taluni tratti del detto fiume in determinati periodi dell’anno. La Heger rivendeva i permessi a numerosi clienti nell’Unione europea.

17.   In aggiunta al prezzo di vendita dei permessi di pesca, la Flyfishing fatturava alla Heger l’IVA austriaca al 20%, per un totale di ATS 152 000 (circa EUR 11 045).

18.   Nel dicembre 1999, la Heger chiedeva alla competente autorità nazionale il rimborso dell’IVA pagata in relazione ai permessi di pesca per gli anni 1997 e 1998, richiamandosi all’ottava direttiva, quale messa in esecuzione in Austria.

19.   Dall’ordinanza di rinvio pregiudiziale risulta che la detta domanda veniva respinta per il motivo che la rivendita dei permessi di pesca da parte della Heger ai suoi clienti costituiva una prestazione di servizi relativa ad un immobile ubicato in Austria. Veniva quindi presunto che siffatta prestazione fosse (nonostante il fatto che la Heger, il prestatore di servizio, fosse stabilito in Germania) una prestazione di servizio svolta in Austria e ivi imponibile. Pertanto, secondo le norme austriache di attuazione dell’ottava direttiva, non sarebbero state integrate le condizioni di ammissione al rimborso dell’IVA pagata a monte sulle vendite di quote di pesca alla Heger da parte della Flyfishing.

20.   La Heger impugnava la decisione dinanzi al giudice nazionale, il quale sospendeva il procedimento e sottoponeva alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«1)      Se l’attribuzione della legittimazione all’esercizio della pesca, attuata mediante il trasferimento a titolo oneroso di permessi di pesca, costituisca una “prestazione di servizi relativa ad un bene immobile” ai sensi dell’art. 9, n. 2, lett. a), della sesta direttiva del Consiglio».

21.   Hanno presentato osservazioni scritte l’Italia e la Commissione. La fase orale non è stata né richiesta né tenuta.

 Valutazione

22.   Per applicare l’art. 9, n. 2, lett. a, della sesta direttiva nella presente fattispecie, di modo che la transazione di cui trattasi possa ritenersi una «prestazione di servizi relativa ad un bene immobile», debbono ricorrere le seguenti condizioni cumulative. In primo luogo, il trasferimento dei permessi di pesca deve costituire una «prestazione di servizi»; in secondo luogo, il tratto di fiume cui si riferiscono i permessi di pesca deve essere qualificato come un «bene immobile»; e, infine, deve esserci tra i due un collegamento sufficiente. Se così è, il luogo dell’operazione imponibile deve ritenersi essere l’Austria, dove scorre il fiume.

23.   Sono necessarie tre osservazioni preliminari.

24.   In primo luogo, la Corte ha dichiarato che, in assenza di espresse definizioni nella sesta direttiva delle nozioni ivi contenute e di rinvii agli ordinamenti giuridici degli Stati membri, le dette nozioni costituiscono nozioni autonome di diritto comunitario e devono pertanto ricevere una definizione comunitaria (5). Per tale ragione la Corte (per esempio) ha fornito una definizione comunitaria dei concetti di «bene immobile» e di «affitto» in occasione dell’interpretazione delle esenzioni previste dall’art. 13 della sesta direttiva (6) e del concetto di «prestazioni pubblicitarie» secondo l’accezione dell’art. 9, n. 2, lett. e), della sesta direttiva (7).

25.   Si deve applicare lo stesso ragionamento per definire i concetti contenuti nell’art. 9. n. 2, lett. a), della sesta direttiva. L’art. 9, n. 2, lett. a), non definisce in modo espresso i concetti ivi menzionati, né rinvia agli ordinamenti giuridici nazionali ai fini della loro definizione. In assenza di ogni specifica indicazione in contrario e nell’interesse della certezza del diritto, un concetto menzionato in varie disposizioni dello stesso provvedimento comunitario deve ricevere ovviamente lo stesso significato. Inoltre, dal settimo ‘considerando’ del preambolo della sesta direttiva risulta che la finalità delle norme esposte nell’art. 9, n. 2, lett. a), come già affermato dalla Corte con riferimento all’art. 9, n. 2. lett. e) (8), è quella di applicare criteri comuni e uniformi in modo da evitare conflitti tra i giudici nazionali e differenze nell’applicazione dei regimi IVA tra gli Stati membri come pure casi di doppia tassazione o di mancata tassazione. Ciò può essere raggiunto solo dando una definizione comunitaria ai concetti contenuti nell’art. 9, n. 2, lett. a) (9).

26.   In secondo luogo, nell’interpretare l’art. 9, della sesta direttiva il luogo dove il prestatore ha stabilito la sede dei suoi affari è di norma il «punto di riferimento più utile» (10). Nella causa Dudda (11) la Corte ha comunque dichiarato che all’art. 9, non esiste alcuna preminenza del n. 1 sul n. 2 di tale norma e che la questione che si pone in ciascun caso di specie consiste nel chiedersi se esso ricada in una delle ipotesi menzionate all’art. 9, n. 2; altrimenti esso rientra nel n. 1.

27.   In terzo luogo, il principio base che sottostà all’IVA, che è un’imposta sui consumi, è che tale imposta deve essere riscossa nel luogo del consumo (12). Tuttavia, la sesta direttiva ha posto, per quanto riguarda la prestazione di servizi, come regola fondamentale, enunciata all’art. 9, n. 1, che il luogo della prestazione di servizi e di conseguenza il luogo di imposizione è quello dove il prestatore è stabilito. Così operando, il legislatore comunitario ha creato un grado di tensione interna nella sesta direttiva, in quanto la regola relativa al luogo della prestazione dei servizi viene a fondarsi sul principio dell’origine piuttosto che su quello della destinazione.

 Le prestazioni di servizi

28.   L’art. 5, n. 3, della sesta direttiva autorizza gli Stati membri a considerare determinati diritti su beni immobili e/o taluni diritti reali come «beni materiali», e quindi come beni. Ad ogni modo, anche se i permessi di pesca potessero essere classificati, in via di principio, come diritti su beni immobili o diritti reali (il che è però tutto da dimostrare), dalle osservazioni della Commissione si rileva che l’Austria non si è avvalsa di tale facoltà.

29.   Ne consegue che le operazioni commerciali aventi ad oggetto i permessi di pesca non possono essere qualificate come cessioni di beni ai sensi dell’art. 5, n. 1, della sesta direttiva. Esse pertanto rientrano nella nozione residua di «prestazioni di servizi» di cui all’art. 6, n. 1. Non vi è per di più nulla di particolarmente strano o artificioso nel considerare la vendita di permessi di pesca sia come una «cessione di beni immateriali», sia come un «obbligo di non fare o di tollerare un atto o una situazione» ai sensi dell’art. 6.

 Beni immobili

30.   Dalla sentenza resa dalla Corte nella causa Marselisborg risulta che determinate sezioni di territorio sommerso in un porto possono costituire beni immobili ai sensi della sesta direttiva (13). Lo stesso principio deve essere applicato per delimitare sezioni di un letto di fiume cui si ricollegano diritti di pesca. Alla stregua dei posti barca in acqua, oggetto della causa Marselisborg, esse sono qualificabili come bene immobile.

 Grado di connessione

31.   La soluzione della questione sollevata dal giudice nazionale dipende dal grado e dalla natura della connessione che si può esigere tra il servizio fornito e il bene immobile. A prima vista – come dedotto nelle osservazioni dell’Italia – i diritti di pesca qui in considerazione non possono essere esercitati se non in rapporto con il fiume Gmunder Traun, e nei tratti del fiume specificati nel permesso. I clienti della Heger possono senz’altro abitare in Germania, in Italia, nei Paesi Bassi, in Belgio, ed acquistare i permessi di pesca dalla Heger, stabilita in Germania, ma potranno fruire dei permessi di pesca acquistati solo recandosi a pescare nel Gmunder Traun. I permessi di pesca sono strettamente connessi con un uso particolare del bene immobile di cui trattasi. La fornitura di permessi di pesca è pertanto una «prestazione di servizi relativa ad un bene immobile».

32.   Se è vero che tale impostazione è di primo acchito attraente, tuttavia non centra la questione fondamentale: perché, come, e in quale misura il servizio effettivamente fornito (cioè la rivendita dei permessi di pesca da parte della Heger ai suoi clienti) deve essere «relativo a» un bene immobile (il fiume Gmunder Traun)?

33.   È chiaro che servizi differenti stanno in relazione con il bene immobile secondo gradi e modi differenti. Come giustamente sottolineato nelle osservazioni della Commissione un’interpretazione della nozione «relative a» troppo lata sarebbe inappropriata. Sarebbe, infatti, una reductio ad absurdum, dal momento che ogni servizio può, in ultima analisi, essere in un modo o in un altro «relativo a» un bene immobile, inteso come spazio delimitato. Non mi pare di aiuto affrontare questo problema sulla base del caso per caso. Piuttosto si dovrebbe cercare un criterio obiettivo che potesse essere applicato per stabilire se il servizio fornito possa, a giusto titolo, considerarsi «relativo» al bene immobile di cui trattasi.

34.   Rileva sottolineare che il servizio fornito dalla Heger ai suoi clienti, sulla base delle quote di pesca acquistate presso la Flyfishing e gravate dall’imposta a monte di cui la Heger vuole ottenere il rimborso, è la rivendita dei permessi di pesca. Questo implica che il grado di connessione tra il bene immobile (i tratti delimitati del letto di fiume) e il servizio fornito (fornitura di permessi di pesca) veniva già ad essere meno immediato e che una parte del «servizio» fornito dalla Heger è consistito nel procurarsi i permessi che essa ha poi fornito ai suoi clienti. Ciò che è stato fornito potrebbe da taluno essere considerato come un pacchetto, consistente, sia nel permesso in sé e per sé, sia nell’agevolare il desiderio dei clienti di pescare. Acquistando il permesso di pesca dalla Heger, il cliente ottiene effettivamente l’autorizzazione che lo legittima alla pesca evitando il fastidio e l’inconveniente di tentare di procurarsi direttamente il permesso di pesca. Siffatta analisi rafforza, a mio avviso, la necessità di un criterio obiettivo per stabilire se si sia o meno in presenza di una connessione tra il servizio fornito e il bene immobile di cui trattasi.

35.   A mio modo di vedere, il miglior modo di interpretare il significato dell’espressione «relative a», contenuta nella prima frase dell’art. 9, n. 2, lett. a), della sesta direttiva è quello di fare riferimento agli esempi forniti nella seconda frase della detta disposizione. Il riferimento alle «prestazioni di agente immobiliare e di perito, nonché le prestazioni tendenti a preparare o a coordinare l’esecuzione di lavori immobiliari come ad esempio, le prestazioni fornite dagli architetti e dagli uffici di sorveglianza» può essere assunto come un’indicazione del tipo di connessione tra i servizi e il bene immobile che il legislatore comunitario aveva previsto allorché adottò detta disposizione.

36.   L’elenco contenuto nella seconda frase dell’art. 9, n. 2, lett. a), è esemplificativo piuttosto che tassativo. Ciononostante, tutte le prestazioni di servizi esplicitamente menzionate nella detta disposizione condividono una comune caratteristica per quanto riguarda il modo secondo il quale esse sono «relative a» un bene immobile. Sono tutti servizi forniti al bene immobile stesso. Essi hanno come oggetto l’alterazione giuridica o fisica del bene immobile. Gli agenti immobiliari e gli esperti valutano e vendono beni immobili. Gli architetti disegnano, preparano e, unitamente alle società che offrono servizi sul luogo oggetto del loro controllo, coordinano e dirigono la creazione del bene immobile o la sua alterazione.

37.   Invece, la fornitura di permessi di pesca non è un servizio il cui oggetto è l’alterazione giuridica o fisica del bene immobile (il letto del fiume) a cui essi sono «relativi». Piuttosto, essa autorizza i singoli a godere, su base non esclusiva, di uno o più possibili usi del fiume. Detto in altro modo, si tratta di un servizio che deriva dal bene immobile stesso piuttosto che un servizio ad esso prestato.

38.   Un approccio potrebbe essere quello di concludere che la frase «relative ad un bene immobile», in quanto inclusiva di servizi forniti nei confronti del detto bene, deve ritenersi inclusiva dei servizi che comprendono l’uso del detto bene. La proposta modifica della sesta direttiva (di cui dirò più oltre) aggiunge espressamente tale criterio supplementare. Ad ogni modo, il testo, nella sua attuale formulazione non riflette il detto approccio e nessuno degli esempi contenuti nella seconda frase dell’art. 9, n. 2, lett. a) implica l’uso del bene di cui trattasi. Una lettura del testo quale attualmente formulato porta con maggiore spontaneità alla conclusione che la connessione attualmente richiesta ai sensi dell’art. 9, n. 2, lett. a) è che il servizio fornito sia diretto nei confronti del bene immobile piuttosto che un servizio da esso derivato. Sulla base di detto approccio, la connessione tra la vendita dei servizi di pesca e il fiume Gmunder Traun è di un tipo che non rientra nel campo di applicazione dell’art. 9, n. 2, lett. a), della sesta direttiva.

39.   Ho preso in esame l’analogia tra i permessi di pesca e i diritti di caccia, che mi sembrano essere tra loro abbastanza prossimi. Gli uni e gli altri, alla fin fine, conferiscono diritti non esclusivi per inseguire e cercare di catturare animali selvatici il cui habitat e territorio è situato nell’ambito di una «specifica parte della superficie della terra (…) sulla quale possono essere costituiti titoli e possessi» (14). La Corte si è occupata dei diritti di caccia nella sentenza Stadt Sundern (15), dove ha dichiarato che la vendita di diritti di caccia non costituisce prestazione di un servizio agricolo ai sensi dell’art. 25, n. 2, della sesta direttiva, bensì una prestazione di servizi ordinaria che rientra nel regime generale della direttiva (16). Tuttavia, nella detta causa non si poneva la questione se la vendita di diritti di caccia costituisse una «fornitura di servizi in relazione ad un bene immobile», ai sensi dell’art. 9, n. 2, lett. a).

40.   Guardando la problematica qui in esame sotto un’angolazione più ampia, mi sembra che un’interpretazione lata dell’espressione «relative a» di cui all’art. 9, n. 2. lett. a), porterebbe a risultati poco praticabili sotto almeno due aspetti.

41.   In primo luogo, ciò comporterebbe considerevoli oneri per molti prestatori di servizi dell’Unione europea. Si prenda ad esempio una società che vende, dal suo stabilimento permanente in uno Stato membro, prenotazioni per escursioni nei parchi di divertimento o partite di golf in vari Stati membri. Se l’art. 9, n. 2, lett. a), della sesta direttiva andasse interpretato in senso lato, la detta società, per non essere privata della possibilità di dedurre l’IVA che le è fatturata a monte dai parchi di divertimento e dai campi di golf, dovrebbe farsi registrare ai fini dell’IVA in ciascuno Stato membro di destinazione, dal momento che i suoi servizi di prenotazione sarebbero relativi a beni immobili.

42.   In secondo luogo, ciò renderebbe superflue talune altre disposizioni della sesta direttiva. La Commissione espone tale argomentazione facendo riferimento ai servizi menzionati dall’art. 9, n. 2, lett. e), come quelli forniti dai consulenti, dagli ingegneri, dagli uffici di consulenza, dagli avvocati, dai contabili e altri servizi analoghi o alla messa a disposizione di personale. Un’esile connessione con un bene immobile (che non è difficile immaginare) farebbe rientrare detti servizi nell’ambito di applicazione dell’art. 9, n. 2. lett. a). Tuttavia, l’art. 9, n. 2, lett. e), contiene una norma speciale nel senso che il luogo dove tali servizi vengono prestati è quello in cui il cliente ha la sede dei suoi affari o abitualmente risiede. Il medesimo ragionamento vale per quanto riguarda l’art. 26 della sesta direttiva, secondo il quale ai fini dell’IVA i servizi degli agenti di viaggio si considerano forniti nel luogo dove è ubicata la sede principale dell’agente di viaggio piuttosto che nel luogo dove risiede il cliente.

43.   L’interpretazione così suggerita offre il vantaggio di evitare questi inconvenienti rafforzando allo stesso tempo la certezza del diritto nell’ambito di applicazione della sesta direttiva e offrendo un criterio ragionevolmente chiaro per distinguere il campo di applicazione attuale dell’art. 9, n. 2, lett. a), da quello di altre disposizioni della sesta direttiva.

44.   Ho valutato se un’interpretazione, piuttosto che un’altra, sia meglio in grado di incentivare la libera circolazione e l’integrazione del mercato unico. Si può affermare che una lettura restrittiva dell’art. 9, n. 2, lett. a), produce tale effetto, in quanto un operatore economico stabilito in un altro Stato membro non è né svantaggiato per il fatto che non può richiedere il rimborso dell’IVA pagata a monte ai sensi dell’ottava direttiva, né forzato – qualora non voglia – a registrarsi ai fini dell’IVA in uno o più Stati membri dove acquisisce servizi, diversi dallo Stato membro dove egli è stabilito e registrato ai fini dell’IVA, al fine di operare la deduzione ai sensi della sesta direttiva. Dall’altro lato, il procedimento di rimborso è esso stesso ingombrante (17) – forse in pratica ancor più ingombrante (in funzione di particolari circostanze) che la registrazione ai fini dell’IVA in più di uno Stato membro.

45.   Mi sembra che un operatore stabilito in un altro Stato membro che cerchi di recuperare l’IVA pagata a monte, sia provvedendo a registrarsi anche ai fini dell’IVA nello Stato membro in cui i servizi vengono prestati [quale conseguenza di una lata interpretazione dell’art. 9, n. 2, lett. a)], sia chiedendo il rimborso dell’imposta (quale conseguenza di una restrittiva interpretazione della detta disposizione), resti comunque svantaggiato rispetto agli operatori stabiliti in loco, i quali deducono semplicemente l’IVA pagata a monte secondo le modalità normali. In ogni caso, detto operatore sostiene un onere amministrativo più gravoso proprio perché opera in più di uno Stato membro (il problema è inerente ad ogni cessione di beni o prestazione di servizi transfrontaliera tra soggetti imponibili). Egli può evidentemente venire a capo del problema, «ignorandolo», cioè includendo il credito IVA «perduto» nel prezzo al quale egli rende i suoi servizi e fatturando poi l’IVA nel suo Stato membro sul prezzo totale così prodottosi. Se egli però affronta il problema in questo modo, il prezzo dei suoi servizi sarà probabilmente più elevato di quello di un operatore locale.

 Eventuale modifica dell’art. 9, n. 2, lett. a) della sesta direttiva

46.   A questo punto, occorre prestare attenzione alle recenti proposte di modifica della sesta direttiva per quanto riguarda il luogo della prestazione di servizi (18).

47.   Tali proposte intendono chiaramente mettere in atto una politica generale di imposizione dei servizi nel luogo del consumo, che è auspicata da tutti. Esse hanno la loro genesi in un procedimento di consultazioni avviato nel maggio 2003 dalla Direzione generale della fiscalità e dell’Unione doganale della Commissione (19). Nel suo documento di consultazione intitolato «IVA – il luogo della prestazione di servizi» la Commissione ha esposto a grandi linee la «modifica» delle norme in materia di IVA nel senso del passaggio dall’imposizione nel luogo dove il prestatore è stabilito all’imposizione nel luogo dove è stabilito il cliente, ha notato che resterebbe necessario prevedere una deroga per quanto riguarda i servizi connessi con i beni immobili (20) e ha invitato espressamente le parti interessate a presentare «osservazioni sull’idea di riferire la regola che disciplina il luogo della prestazione di servizi per i soggetti passivi al principio di destinazione e non più al principio di origine». Sulla base delle osservazioni ricevute, la Commissione ha redatto la sua proposta.

48.   Con riferimento all’attuale formulazione dell’art. 9, n. 2, lett. a), la proposta di un nuovo art. 9a è così formulata:

«Beni immobili

Si considera luogo delle prestazioni di servizi relative ad un bene immobile, incluse le prestazioni di agente immobiliare e di perito, le prestazioni di servizi alberghieri o relative a sistemazioni analoghe, la concessione dei diritti di utilizzazione di un bene immobile, nonché le prestazioni tendenti a preparare o a coordinare l’esecuzione di lavori immobiliari come, ad esempio, le prestazioni fornite dagli architetti o dagli uffici di sorveglianza, il luogo dove il bene è situato» (21).

49.   Il nuovo testo aggiunge chiaramente al testo attualmente in vigore – che, come sopra detto, elenca soltanto servizi che possono essere descritti come «destinati» all’immobile – taluni servizi derivati dal bene immobile. Per la precisione, esso dispone specificamente che la concessione di diritti di utilizzazione di un beneimmobile rientra nell’art9, n. 2, lett. a).

50.   Nell’esposizione dei motivi la Commissione descrive le modifiche come la realizzazione di una «nuova strategia in materia di IVA»,spiegando che «in conformità degli orientamenti per le attività successive elaborati dalla Commissione, tale riesame si è ispirato al principio in base al quale l’IVA andrebbe applicata nel luogo di consumo» (22).

51.   La Commissione lascia intendere che il testo dell’art. 9, n. 2, lett. a), è rimasto praticamente invariato e che le modifiche che ho evidenziato vi figurano per «fare in modo che i servizi alberghieri e l’accesso alle strade a pedaggio siano considerati connessi ai beni immobili (23).

52.   Non posso condividere l’opinione che tale modifica non implichi cambiamenti nella situazione attuale. A mio parere, l’esplicito inserimento della frase «la concessione di diritti di utilizzazione di un bene immobile» (24) modifica ab imis il campo di applicazione dell’art. 9, n. 2, lett. a), includendovi un nuovo criterio per valutare se un servizio è «relativo a» un bene immobile. Ciò sarebbe peraltro in linea con l’obiettivo di modificare il regime IVA in modo tale che, in linea di principio, le prestazioni di servizi siano imponibili nel luogo del loro consumo. Applicando tale nuovo criterio ai fatti di cui è causa si tasserebbe la rivendita dove i permessi di pesca vengono effettivamente «consumati», e cioè in Austria. La posizione esposta nelle osservazioni della Commissione nella presente fattispecie a favore di un’interpretazione restrittiva dell’art. 9, n. 2, lett. a), è pertanto diametralmente opposta alla posizione da lei adottata nell’esposizione dei motivi dove tratta della modifica dell’art. 9, n. 2, lett. a), e nella proposta di modifica del testo dell’art. 9, n. 2, lett. a) (25).

53.   Ritengo che le modifiche proposte della sesta direttiva intendano – come affermato dalla Commissione nel suo documento di consultazione originale – cambiare la regola generale mutando il principio alla base della norma regolatrice del luogo della prestazione di servizi dal principio dell’origine al principio della destinazione. Ciò comporterà, di conseguenza, una consistente modifica data dal fatto che la concessione di diritti e la rivendita di tali diritti di utilizzo di beni immobili, diventa imponibile nel luogo del consumo, cioè laddove il bene immobile è situato. Resto pertanto dell’idea che il testo attualmente in vigore dell’art. 9, n. 2, lett. a), deve essere interpretato in modo restrittivo come sopra da me esposto.

 Conclusione

54.   La questione pregiudiziale sollevata dal giudice nazionale deve pertanto essere risolta come segue:

Il fatto di concedere un diritto di pesca mediante il trasferimento a titolo oneroso di permessi di pesca non costituisce una prestazione di servizi relativa a un bene immobile ai sensi dell’art. 9, n. 2, lett. a), della sesta direttiva.


1 – Lingua originale: l'inglese.


2 – Direttiva del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto, base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1). Un testo consolidato non ufficiale della sesta direttiva è disponibile sul sito Internet http://europa.eu.int/eur-lex/lex.


3 – Direttiva del 6 dicembre 1979, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari – Modalità per il rimborso dell'imposta sul valore aggiunto ai soggetti passivi non residenti all'interno del paese (GU L 331, pag. 11).


4 – Verordnung der Bundesminister für Finanzen zur Erstattung der abziehbaren Vorsteuern an ausländische Unternehmen, pubblicato nel BGBl n. 279/1995.


5 – V., per esempio, con riferimento all'art. 13 della sesta direttiva, la sentenza 12 giugno 2003 (causa C-275/01, Sinclair Collins, Racc. pag. I-5965, punto 22) e la giurisprudenza ivi citata. V., altresì, le conclusioni dell'avvocato generale Jacobs nella causa C-315/00, Maierhofer, Racc. pag. I-563, paragrafo 34.


6 – V. sentenza Sinclair Collins, cit. alla nota 5.


7 – V. sentenza 17 novembre 1993 (causa C-73/92, Commissione/Spagna, Racc. pag. I-5997, punto 12).


8 – Ibidem.


9 – V. conclusioni dell'avvocato generale Poiares Maduro, nella causa C-452/03, RAL (Channel Islands), Racc. Pag. I-3947, punto 21, e la giurisprudenza ivi citata.


10 – V. sentenza 4 luglio 1985 (causa C-168/84, Berkholz, Racc. pag. 2251, punto 17).


11 – V. sentenza 26 settembre 1996 (causa C-327/94, Dudda, Racc. pag.I-4595, punto 21).


12 – V. art. 6, n. 3, della seconda direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, 67/228/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari – Struttura e modalità di applicazione del sistema comune dell'imposta sul valore aggiunto (GU L 1967, pag. 16), secondo il quale «in linea di principio, si considera come luogo della prestazione di servizi il luogo in cui il servizio è reso, il diritto ceduto o concesso o il bene locato sono utilizzati o sfruttati». V., altresì, le conclusioni dell'avvocato generale Mancini nella causa 168/84, Berkholz, cit. alla nota 10, punto 2; le conclusioni dell'avvocato generale La Pergola nella causa C-260/95, DFDS A/S, Racc. pag. I-1005, paragrafo 32, e le conclusioni dell'avvocato generale Poiares Maduro nella causa RAL (Channel Islands), cit. alla nota 9, paragrafi 24-30.


13 – Causa C-428/02, Marselisborg, Racc. pag. I-1527, punto 34. V. altresì le conclusioni dell'avvocato generale Kokott nella medesima causa ai paragrafi 30-32. Incidentalmente, dette conclusioni riflettono l'approccio in vigore in taluni ordinamenti giuridici nazionali, come ad esempio quelli spagnolo, italiano, francese e belga.


14 – V. la definizione data dall'avvocato generale Kokott nelle conclusioni relative alla causa C-428/02, Marselisborg, cit. alla nota 13, paragrafo 30.


15 – Causa C-43/04, Racc. pag. I-4491.


16 – V. l'analisi ai punti 22-31 della sentenza.


17 – V. le conclusioni dell'avvocato generale Jacobs nella causa C-108/00, Syndicat des producteurs indépendants, Racc. pag. I-2361, paragrafo 30, circa la natura e l'efficienza di siffatto meccanismo. Di conseguenza, il fatto che la Heger, registrata ai fini dell'IVA in Germania, sarà rimborsata dell'IVA pagata a monte in Austria, ma fattura l'IVA sulle rivendite dei permessi di pesca secondo l'aliquota tedesca, è (parzialmente) controbilanciato dalla lentezza e dalla complessità della procedura di rimborso. Alla fin fine, né un'interpretazione lata né un'interpretazione restrittiva dell'art. 9, n. 2, lett. a), produce un regime perfettamente privo di distorsioni.


18 – Proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 77/388/CEE per quanto riguarda il luogo delle prestazioni di servizi (COM (2003) 822 def.), e proposta modificata di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 77/388/CEE per quanto riguarda il luogo della prestazione di servizi (COM (2005) 334 def.).


19 – Per uno sguardo d'insieme sul procedimento di consultazioni, una sintesi delle conclusioni che ne sono derivate e l'iter legislativo v. http://europa.eu.int/comm/taxation_customs.


20 – Conformemente a quanto esposto dalla Commissione a pag. 3 dell'introduzione del documento di consultazione della Commissione «si tratta essenzialmente della stessa deroga prevista all'art. 9, n. 2, lett. a), della sesta direttiva. La norma vigente non dà problemi di applicazione e generalmente permette la tassazione nel luogo in cui è consumato il servizio». V. altresì l'esposizione dei motivi dell'originaria proposta a pag. 7 del documento COM (2003) 822 def., che sotto questo aspetto non è stata emendata dalla successiva proposta modificata.


21 –      COM (2003) 822 def., pag. 18. A questa disposizione non sono stati apportati cambiamenti dalla successiva proposta modificata. Il corsivo è mio. Nel suo parere sulla proposta della Commissione relative all'art. 9, n. 2, lett. a), il Parlamento ha semplicemente affermato che «i servizi relativi a un bene immobile debbono continuare ad essere ragionevolmente tassati dove il bene è situato l'art. 9a della direttiva modificata, riporta sic et simpliciter le norme esistenti)», e ha approvato la proposta (Parlamento europeo, A5-0233/2004 def., 6 aprile 2004, PE 333.127; il corsivo è mio). Il parere del Comitato economico e sociale in merito alla proposta indica ancora più semplicemente che «il luogo di imposizione delle prestazioni dei servizi relative ad un bene immobile continuerà a situarsi nello stesso luogo dove l'immobile è situato» (GU 2004, C 117, pag. 15, a pag. 17).


22 – Tutte le citazioni sono state desunte dal Memorandum esplicativo proposta di modifica (COM (2005) 334 def.), cit. alla nota 18.


23 – COM (2003) 822 def., a pag. 11. Questo punto non ha subito mutamenti nella proposta modificata.


24 – Di cui, logicamente «le prestazioni di servizi alberghieri o relative a sistemazioni analoghe» costituiscono semplicemente una «sottovoce».


25 – Rientra esclusivamente nella competenza del legislatore comunitario adottare o no dette proposte e, in caso affermativo, optare per l'accettazione delle conseguenze negative di un'interpretazione lata dell'art. 9, n. 2, lett. a), che io ho sopra evidenziato nel più ampio interesse di favorire l'imposizione nel luogo del consumo.