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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

SHARPSTON

presentate il 22 giugno 2006 1(1)

Causa C-228/05

Stradasfalti Srl

contro

Agenzia delle Entrate Ufficio di Trento






1.     Nella presente domanda di pronuncia pregiudiziale, la Commissione Tributaria di Primo Grado, Trento, intende essenzialmente sapere se norme nazionali, che ostano alla detrazione dell’IVA assolta a monte su veicoli a motore che non formano oggetto dell’attività propria dell’impresa del soggetto passivo o sul carburante per tali veicoli, possano essere giustificate sulla base dell’art. 17, n. 7, della Sesta direttiva IVA (2), che consente di escludere totalmente o in parte dal regime di detrazioni, per motivi congiunturali, la totalità o parte di taluni beni, fatta salva la consultazione del comitato IVA, in circostanze in cui le norme sono state mantenute in vigore per 25 anni e il comitato IVA si è limitato a prendere atto della loro adozione.

 Disposizioni rilevanti della Sesta direttiva

2.     L’art. 17, n. 2, della Sesta direttiva, stabilisce essenzialmente che l’IVA assolta a monte su prestazioni acquisite da un soggetto passivo può essere detratta dalla sua imposta a valle nella misura in cui tali prestazioni a monte sono impiegate ai fini di sue prestazioni imponibili a valle.

3.     L’art. 17, n. 6, prevede, tuttavia:

«Al più tardi entro un termine di quattro anni a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente direttiva, il Consiglio, con decisione all’unanimità adottata su proposta della Commissione, stabilisce le spese che non danno diritto a deduzione dell’imposta sul valore aggiunto. Saranno comunque escluse dal diritto a deduzione le spese non aventi un carattere strettamente professionale, quali le spese suntuarie, di divertimento o di rappresentanza.

Fino all’entrata in vigore delle norme di cui sopra, gli Stati membri possono mantenere tutte le esclusioni previste dalla loro legislazione nazionale al momento dell’entrata in vigore della presente direttiva».

4.     Di fatto, norme di tale tipo non sono ancora state adottate. La Sesta direttiva è entrata in vigore in Italia il 1° gennaio 1979 (3).

5.     Ai sensi dell’art. 17, n. 7, della Sesta direttiva:

«Fatta salva la consultazione prevista dall’articolo 29, ogni Stato membro può, per motivi congiunturali, escludere totalmente o in parte dal regime di deduzioni la totalità o parte dei beni di investimento o altri beni.(…)».

6.     L’art. 27 predispone un tipo di deroga diverso e più duraturo. Nel periodo rilevante(4) tale disposizione era formulata come segue:

«1.   Il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione, può autorizzare ogni Stato membro a mantenere o introdurre misure particolari di deroga alla presente direttiva, allo scopo di semplificare la riscossione dell’imposta o di evitare talune frodi o evasioni fiscali (…).

2.     Lo Stato membro che desidera introdurre misure di cui al paragrafo 1 ne riferisce alla Commissione fornendole tutti i dati atti alla valutazione.

3.     La Commissione ne informa gli altri Stati membri entro un mese.

4.     La decisione del Consiglio sarà ritenuta acquisita se, entro due mesi dall’informazione di cui al paragrafo 3, né la Commissione né uno Stato membro hanno chiesto che il caso sia esaminato dal Consiglio.

(…) ».

7.     L’art. 29, a cui fa riferimento l’art. 17, n. 7, dispone quanto segue:

«1. È istituito un comitato consultivo dell’imposta sul valore aggiunto, in appresso denominato “comitato”.

2. Il comitato si compone di rappresentanti degli Stati membri e della Commissione.

Il comitato è presieduto da un rappresentante della Commissione.

Il segretariato del comitato è assicurato dai servizi della Commissione.

3.     Il comitato stabilisce il proprio regolamento interno .

4.     Oltre ai punti oggetto della consultazione ai sensi della presente direttiva, il comitato prende in esame i problemi sollevati dal presidente, sia su iniziativa di quest’ultimo, sia su richiesta del rappresentante di uno Stato membro, concernenti l’applicazione delle disposizioni comunitarie in materia di imposta sul valore aggiunto».

 Sentenza nella causa Metropol

8.     Nella sentenza nella causa Metropol e Stadler (5) la Corte doveva esaminare le disposizioni dell’art. 17, n. 6 e, più in particolare, dell’art. 17, n. 7, nel contesto di una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Verwaltungsgerichtshof (Corte suprema amministrativa) austriaco, con riferimento ad una disposizione nazionale introdotta successivamente all’entrata in vigore in Austria della Sesta direttiva. Tale disposizione nazionale ha ridefinito una categoria di minibus in modo molto più restrittivo rispetto alla prassi amministrativa precedente ed ha in tal modo escluso dalla detrazione l’IVA assolta a monte su taluni veicoli che precedentemente avevano dato luogo ad un diritto a detrazione.

9.     Dopo aver stabilito che la modifica della definizione non poteva essere giustificata ai sensi dell’art. 17, n. 6, della Sesta direttiva, in quanto rappresentava un mutamento sostanziale di regole vincolanti rispetto alla situazione antecedente all’entrata in vigore della direttiva in Austria, la Corte ha esaminato se l’art. 17, n. 7, autorizzasse uno Stato membro ad escludere alcuni beni dal regime delle detrazioni dell’IVA, a) senza previa consultazione del comitato IVA, e b) senza limiti temporali, al fine di consolidare il suo bilancio.

10.   Innanzitutto, la Corte ha osservato che il diritto a detrazione costituisce parte integrante del meccanismo dell’IVA, garantendo la neutralità di detta imposta. In linea di massima, quindi, non può essere soggetto a limitazioni. Deroghe sono ammesse solo nei casi espressamente previsti dalla Sesta direttiva, e vanno interpretate restrittivamente. L’art. 17, n. 7, della Sesta direttiva prevede una di tali deroghe, attribuendo agli Stati membri la facoltà di escludere alcuni beni dal regime delle detrazioni, fatta salva la consultazione prevista dall’art. 29.

11.   Tale consultazione consente alla Commissione e agli altri Stati membri di controllare l’uso da parte di uno Stato membro della possibilità di derogare al regime generale delle detrazioni dell’IVA, verificando in particolare se la misura nazionale di cui trattasi sia conforme alla condizione dell’adozione per motivi congiunturali.

12.   L’art. 17, n. 7, prevede così un obbligo procedurale che gli Stati membri devono rispettare per potersi avvalere della deroga da esso stabilita. La consultazione del comitato IVA risulta quindi essere un presupposto dell’adozione di qualsiasi misura basata su detta disposizione. Qualora un’esclusione dal regime delle detrazioni non sia stata stabilita conformemente a tale condizione, le amministrazioni fiscali nazionali non possono opporre l’esclusione ad un soggetto passivo(6).

13.   In secondo luogo, l’art. 17, n. 7, prima frase, della Sesta direttiva autorizza gli Stati membri ad escludere alcuni beni dal regime delle detrazioni «per motivi congiunturali», vale a dire, ad adottare misure temporanee dirette ad ovviare alla situazione congiunturale nella quale si trova la sua economia in un determinato momento. Pertanto, l’applicazione di tali misure deve essere limitata nel tempo e, per definizione, esse possono non essere di natura strutturale. Ne consegue che l’art. 17, n. 7, non autorizza uno Stato membro ad adottare provvedimenti che escludano beni dal regime delle detrazioni dell’IVA privi di indicazioni quanto al loro limite temporale e/o che facciano parte di un insieme di provvedimenti di adattamento strutturale miranti a ridurre il disavanzo di bilancio e a consentire il rimborso del debito dello Stato (7).

 Disposizioni nazionali rilevanti

14.   Le disposizioni controverse nella presente causa si trovano all’art. 19 bis, n. 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (in prosieguo: «DPR 633/1972»).

15.   Ai sensi del n. 1, lett. c) di tale articolo, in deroga alla regola generale della detraibilità dell’imposta a monte dall’imposta a valle, l’IVA relativa all’acquisto o all’importazione di alcuni tipi di autoveicoli non adibiti ad uso pubblico, che non formano oggetto dell’attività propria dell’impresa (8), non può, in linea di principio, essere ammessa in detrazione se non dagli agenti o rappresentanti di commercio, anche se risulta che il 50% poteva essere detratto fino al 1983. Dal 1º gennaio 2001(9), è nuovamente possibile detrarre il 10% dell’imposta a monte assolta sui veicoli acquistati con contratti di leasing e il 50% di quella assolta sui veicoli con propulsori non a combustione interna (10). Il governo italiano ha asserito in udienza che la detrazione del 10% era stata aumentata al 15% dal 1º gennaio 2006.

16.   Ai sensi del n. 1, lett. d), del medesimo articolo, l’IVA relativa all’acquisto o all’importazione di carburanti e lubrificanti per qualsiasi veicolo è ammessa in detrazione solo se è ammessa in detrazione l’IVA relativa all’acquisto o all’importazione dei veicoli stessi.

17.   L’attuale art. 19-bis, n. 1, è stato introdotto nel testo originario del DPR 633/1972 (come il nuovo testo dell’art. 19) nel 1979, dopo l’entrata in vigore della Sesta direttiva in Italia (11). Da tale momento è stato modificato e il suo periodo di validità (originariamente fino al 31 dicembre 1983) è stato prorogato a più riprese – 24 volte, secondo la Commissione -  con la conseguenza che esso è tuttora in vigore.

18.   Dagli argomenti e dai documenti presentati alla Corte risulta che la misura in questione è stata oggetto di diverse consultazioni del comitato IVA. In udienza è inoltre stato osservato che la Commissione aveva deciso, il 12 ottobre 2005, e quindi successivamente alla presentazione di tutte le osservazioni scritte nella presente causa, di inviare all’Italia una lettera di diffida, ai sensi dell’art. 226 CE, in relazione a questa misura, e che l’Italia aveva avviato, di conseguenza, la procedura per ottenere l’autorizzazione del Consiglio ai sensi dell’art. 27 della Sesta direttiva.

 Domanda di pronuncia pregiudiziale

19.   La Stradasfalti Srl (in prosieguo: la «Stradasfalti») è una società che opera nel settore delle costruzioni stradali. Essa aveva acquistato autoveicoli (di tipo«privato» anziché «aziendale»), ad uso del personale per il tragitto tra i cantieri e gli uffici, per visitare varie amministrazioni e per goderne come «fringe benefit».

20.   Essa contesta la limitazione della detraibilità dell’imposta assolta a monte su tali veicoli e sul carburante per gli stessi. Nel 2004 è stato dunque deciso di chiedere il rimborso di tale IVA per gli anni 2000, 2001, 2002, 2003 e 2004, per un totale di EUR 31 337,21.

21.   Il 15 luglio 2004, l’Agenzia delle Entrate locale respingeva tali istanze. La Stradasfalti ha impugnato le decisioni di rigetto dinanzi al giudice del rinvio.

22.   Tenendo in considerazione gli argomenti presentati dinanzi ad esso - con cui la Stradasfalti sostiene che le disposizioni contestate contrastano con la Sesta direttiva e l’Agenzia delle Entrate asserisce che gli Stati membri possono escludere dalla detrazione beni che non formano oggetto dell’attività propria dell’impresa del soggetto passivo – e della sentenza della Corte nella causa Metropol, il giudice nazionale ha proposto le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’art. 17, n. 7, prima frase della Sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388 CEE, in relazione al n. 2 dello stesso articolo, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri in tema di imposte sulla cifra d’affari, vada interpretato nel senso che:

a)      il detto articolo si oppone a considerare “consultazione del Comitato IVA” di cui all’art. 29 della citata Direttiva, la semplice notifica da parte di uno Stato membro dell’adozione di una norma di legge nazionale, come quella di cui all’attuale art. 19 bis 1 [(1)] D.P.R. n. 633/72, lett. c) e d) e successive proroghe, che limita il diritto di detrazione dall’IVA relativa all’impiego e manutenzione dei beni di cui al paragrafo 2 dell’art. 17, sulla base di una semplice presa d’atto da parte del comitato IVA;

b)      lo stesso si oppone egualmente a considerare come misura ricadente nel suo campo di applicazione una qualsivoglia limitazione del diritto a fruire della detrazione IVA connessa all’acquisto, impiego e manutenzione dei beni sub a) introdotta prima della consultazione del Comitato IVA e mantenuta in vigore attraverso numerose proroghe legislative, ripetutesi a catena e senza soluzione di continuità da oltre 25 anni;

c)      in caso di risposta affermativa alla questione sub 1 b) si chiede che la Corte indichi i criteri sulla scorta dei quali si possa determinare l’eventuale durata massima delle proroghe, in relazione ai motivi congiunturali presi in considerazione dall’art. 17, n. 7, della Sesta direttiva; ovvero che precisi se l’inosservanza della temporaneità delle deroghe (ripetute nel tempo) attribuisca al contribuente il diritto a fruire della detrazione;

2)      qualora i requisiti e le condizioni della procedura di cui all’art. 17, n. 7, sopra richiamato, non risultassero rispettati, dica la Corte se l’art. 17, n. 2, della citata direttiva vada interpretato nel senso che esso si oppone a che una norma di legge nazionale od una prassi amministrativa adottata da uno Stato membro dopo l’entrata in vigore della Sesta direttiva (1º gennaio 1979 per l’Italia) possa limitare la detrazione dell’IVA connessa all’acquisto, impiego e manutenzione di determinati autoveicoli, in via oggettiva e senza limitazioni di tempo».

23.   Osservazioni scritte sono state presentate dalla Stradasfalti, dal governo italiano e dalla Commissione, i quali hanno tutti presentato anche osservazioni orali all’udienza del 6 aprile 2006.

 Valutazione

 Ricevibilità

24.   Il governo italiano sostiene che le questioni sub 1(b) e sub 2 sono irrilevanti ai fini della controversia di cui alla causa principale in quanto si riferiscono ad una normativa diversa da quella in vigore durante gli anni (2000 - 2004) in relazione ai quali la Stradasfalti chiede il rimborso dell’imposta assolta a monte e che la prima parte della questione sub 1 c) è ipotetica in quanto presuppone che la questione sub 1 b) venga risolta in senso affermativo.

25.   Tali questioni sono dunque irricevibili a suo avviso, conformemente alla sentenza della Corte nella causa Längst (12), con la conseguenza che la Corte può rifiutarsi di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale qualora l’interpretazione richiesta non abbia alcuna relazione con l’effettività o con l’oggetto della causa principale o qualora il problema sia di natura ipotetica.

26.   Alla base della contestazione della ricevibilità della questione sub 1 b) vi è l’asserzione dell’Italia secondo cui, anche se in anni precedenti la normativa contenente la misura in questione potrebbe essere stata adottata o riadottata prima della consultazione del comitato IVA, tutte le modifiche e le proroghe dal 1999 (e quindi con riferimento al periodo 2000 - 2004) sono state introdotte dopo la consultazione del comitato.

27.   Va osservato tuttavia che la questione è formulata in termini del tutto generali. Nell’ordinanza di rinvio non vi è alcun elemento che si riferisca ad un periodo specifico o ad una determinata consultazione del comitato IVA né prima né dopo l’adozione di una misura. Al contrario, la Stradasfalti, il governo italiano e la Commissione hanno tutti fatto riferimento a varie consultazioni e hanno prodotto verbali di riunioni di comitato, alcune precedenti e altre successive all’adozione della misura in questione.

28.   Sembra chiaro che la questione dell’adempimento dell’Italia ai requisiti di consultazione del comitato IVA debba essere determinata sulla base dei passi specificamente intrapresi di volta in volta. Questa, tuttavia, è una questione di fatto e può pertanto essere decisa solo dal giudice nazionale. Non spetta a codesta Corte accertare fatti nel contesto di un procedimento di pronuncia pregiudiziale, anche qualora tali fatti riguardino un procedimento comunitario.

29.   Alla luce di ciò, mi sembra perfettamente ammissibile che il giudice del rinvio cerchi di ottenere una pronuncia pregiudiziale in termini generali alla luce della quale valuterà i fatti che accerterà o che abbia già accertato con riferimento alla consultazione del comitato IVA (13).

30.   Parimenti, poiché tale giudice deve sapere cosa costituisce o non costituisce una valida consultazione, a mio avviso questa Corte può legittimamente prendere in considerazione le diverse situazioni emergenti dai documenti prodotti, astenendosi nel contempo dall’effettuare accertamenti di fatto specifici che possano determinare l’esito della causa principale sulla base di tali documenti.

31.   La questione sub 1 b) non può nemmeno essere respinta in quanto irrilevante solo perché si riferisce a «numerose proroghe legislative, ripetutesi a catena e senza soluzione di continuità da oltre 25 anni» mentre nella causa principale la detrazione viene richiesta in relazione ad un periodo più breve.

32.    Indipendentemente dal fatto che siano state soddisfatte oppure no le condizioni relative alla consultazione, l’espressione «a catena e senza soluzione di continuità» a cui viene fatto riferimento potrebbe essere rilevante per valutare se ricorra la condizione stabilita dall’art. 17, n. 7, della Sesta direttiva secondo cui qualsiasi esclusione dal regime di detrazione deve essere basata su «motivi congiunturali».

33.   Se la questione sub 1 b) è quindi, come ritengo, ricevibile, l’obiezione del governo italiano secondo cui la questione sub 1 c) è ipotetica non ha fondamento.

34.   Con riferimento alla ricevibilità della questione sub 2, l’obiezione dell’Italia si basa sull’argomento secondo cui, per il periodo successivo al 1999, la validità delle misure controverse non era «senza limitazioni di tempo» ma è stata prorogata di anno in anno in attesa dell’adozione di una direttiva contenente regole che disciplinassero il diritto a detrazione. L’Italia sostiene perciò che la questione è irrilevante ai fini della controversia nella causa principale.

35.   È vero che nel 1998 la Commissione ha presentato una proposta per una direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 77/388/CEE per quanto riguarda le regole che disciplinano il diritto di detrarre l’imposta sul valore aggiunto (14). Questa proposta è stata recentemente ritirata (15), apparentemente in seguito a difficoltà a trovare un accordo in seno al Consiglio. L’art. 1, n. 2, della proposta avrebbe inserito un art. 17 bis nella Sesta direttiva disciplinante, tra l’altro, la detrazione dell’IVA concernente le «spese relative ai veicoli da turismo aventi un’utilizzazione non esclusivamente professionale», per le quali gli Stati membri avrebbero potuto fissare un massimale corrispondente almeno al 50 % dell’imposta di cui trattasi. È altresì vero che viene fatta menzione di tale proposta nei verbali del comitato IVA prodotti dal governo italiano.

36.   Tuttavia, dal contesto della domanda di pronuncia pregiudiziale mi sembra che la questione sub 2 non debba essere intesa restrittivamente come riguardante solo situazioni in cui non sia stabilita alcuna effettiva limitazione di tempo per la validità di una misura, ma piuttosto come riguardante tutte le situazioni in cui la validità è prorogata a tal punto da poter contrastare con la condizione secondo cui la deroga avvenga per « motivi congiunturali ».

37.   Non vedo dunque motivi per ritenere irricevibile alcuna delle questioni proposte.

38.   Nel risolverle adotterò un’impostazione simile a quella proposta dalla Commissione. Mi occuperò, quindi, innanzitutto dei requisiti procedurali per la validità di una deroga ai sensi dell’art. 17, n. 7, della Sesta direttiva [questione sub 1 a) e parte della questione sub 1 b)], poi dei requisiti sostanziali per tale validità [il resto della questione sub 1 b) e la prima parte della questione sub 1 c)], e, infine, delle conseguenze giuridiche della mancata osservanza di ciascun tipo di requisiti [il resto della questione sub 1 c), e questione sub 2].

 Requisiti procedurali – questioni sub 1 a) e b)

39.   Il giudice nazionale intende essenzialmente sapere se «la semplice notifica dell’adozione di un provvedimento» possa costituire una «consultazione» del comitato IVA qualora quest’ultimo semplicemente ne «prenda atto»; e quale sia eventualmente l’effetto di una consultazione successiva all’adozione della misura di cui trattasi.

40.   Da una parte, può essere data una risposta molto diretta alla prima di tali questioni.

41.   Il comitato IVA è un organo consultivo. Esso può adottare «orientamenti», ma non è obbligato a farlo a meno che la questione sia di interesse generale e una particolare opinione sia condivisa da una chiara maggioranza di Stati membri (16). L’art. 17, n. 7, della Sesta direttiva prevede un obbligo di consultare il comitato per gli Stati membri che intendano introdurre un’esclusione dalla detrazione ai sensi di tale disposizione. Non viene imposta, invece, alcuna condizione sull’esito di tale consultazione. Qualora, inoltre, non vi sia alcun obbligo per il comitato IVA, una volta consultato, di adottare una posizione particolare (e tale obbligo non esiste), la validità della misura derogatoria non può essere messa in discussione solo perché vi sia stata una «semplice presa d’atto» della stessa da parte del comitato.

42.   Inoltre, l’art. 12, n. 3, del regolamento interno del comitato IVA prevede specificamente che il comitato «prenda atto» di una consultazione che lo Stato membro è obbligato ad effettuare ai sensi della Sesta direttiva. La circostanza che il comitato lo faccia, e dai verbali prodotti dinanzi alla Corte risulta che esso ha preso atto in diverse occasioni di una consultazione dell’Italia con riferimento alla misura controversa, non può quindi di per sé incidere sulla validità di tale consultazione.

43.   Tuttavia, la questione sub 1 a) si riferisce alla «semplice notifica (…) dell’adozione di una norma di legge nazionale». Essa potrebbe quindi essere intesa nel senso che con essa si chiede se la consultazione possa essere considerata avvenuta qualora il comitato semplicemente prenda atto della notifica di una misura già adottata.

44.   Ne derivano, a loro volta, due ulteriori questioni: quali siano gli elementi necessari affinché una «notifica» possa essere considerata una «consultazione»; e se la consultazione successiva all’adozione di una misura costituisca una valida consultazione o possa avere un qualsivoglia effetto [problematica a cui fa riferimento anche la questione sub 1 b)].

45.   Per quanto riguarda la prima di tali questioni, ritengo che la Commissione abbia del tutto ragione quando sostiene, sostanzialmente, che lo Stato membro deve comunicare al comitato informazioni sufficienti affinché gli altri Stati membri e la Commissione possano esprimere la loro opinione sulla questione se la misura soddisfi i criteri sostanziali previsti dall’art. 17, n. 7. Come ha affermato la Corte nella sentenza nella causa Metropol, la «consultazione consente alla Commissione e agli altri Stati membri di controllare l’uso da parte di uno Stato membro della possibilità di derogare al regime generale delle detrazioni dell’IVA, verificando in particolare se la misura nazionale di cui trattasi risponda al requisito di un’adozione per motivi congiunturali» (17). Qualsiasi requisito minore per quanto riguarda il contenuto o l’estensione della notifica richiesta priverebbe il procedimento di qualsiasi utilità.

46.   Se sia stata fornita un’informazione sufficiente durante le consultazioni di cui trattasi è una questione di fatto che va decisa dal giudice nazionale. Va tuttavia osservato il fatto che da taluni documenti allegati dal governo italiano e dalla Commissione alle loro osservazioni alla Corte emerge che la discussione relativa alla consultazione dell’Italia ha avuto luogo all’interno del comitato e che la Commissione ha potuto prendere posizione sulle misure interessate.

47.    Per quanto riguarda la seconda questione, nella sentenza nella causa Metropol si afferma chiaramente che la consultazione del comitato IVA è un «presupposto» per l’adozione di qualsiasi misura derogatoria (18).

48.   Tuttavia, il governo italiano si basa sull’affermazione successiva della Corte nella causa Sudholz (19) secondo cui «la lettera dell’art. 27 della Sesta direttiva non esclude che la decisione del Consiglio intervenga a posteriori. Il solo fatto che quest’ultima sia successiva alla misura di deroga non comporta l’invalidità della detta decisione».

49.   A tal proposito, va sottolineato che la procedura di consultazione prevista dall’art. 17, n. 7, differisce dalla procedura di autorizzazione di cui all’art. 27 (20). Potrebbe quindi non essere possibile o appropriato desumere una piena analogia tra le due. L’obiettivo della consultazione può essere generalmente raggiunto con maggior probabilità quando precede l’adozione di una linea di condotta, perché così può influenzare i passi già intrapresi. Invece l’autorizzazione può ancora essere necessaria, anche se accordata retroattivamente, per convalidare la linea di condotta in quanto adottata.

50.   Per di più, anche qualora un’analogia sia appropriata, dovrebbe essere osservato che nella sentenza nella causa Sudholz la Corte non ha ammesso, in realtà, che l’autorizzazione ai sensi dell’art. 27 potesse essere concessa con effetto retroattivo. Essa ha invece deciso che l’autorizzazione in questione in quella causa, concessa dopo l’adozione della misura interessata, non era invalida per la sua collocazione temporale ma poteva legittimare la misura solo dal momento in cui era stata concessa.

51.    Inoltre, il passaggio citato dal governo italiano riguardava la collocazione temporale dell’autorizzazione del Consiglio anziché della domanda di tale autorizzazione, che, come appare chiaro, deve precedere l’adozione della misura derogatoria. La Corte ha affermato che l’«art. 27 prevede diverse fasi nella procedura che conduce all’adozione di una decisione da parte del Consiglio e, in particolare, la previa informazione(21) della Commissione da parte dello Stato membro interessato del suo intento di introdurre una misura di deroga, ma che non è previsto alcun limite temporale con riferimento alla data in cui la decisione del Consiglio può intervenire» (22).

52.   Qualora si dovesse desumere un’analogia, quindi, sembrerebbe ragionevole considerare l’inizio di una consultazione ai sensi dell’art. 17, n. 7, come equivalente alla domanda di autorizzazione ai sensi del art. 27, e quindi come necessariamente precedente l’adozione della misura in questione. La posizione eventualmente assunta dal comitato IVA potrebbe tuttavia essere successiva all’adozione senza inficiare la validità del provvedimento per motivi procedurali.

53.   Inoltre, la Commissione sostiene che la natura stessa dei requisiti congiunturali generalmente implica che un provvedimento debba essere adottato rapidamente, e che le riunioni del comitato IVA siano relativamente rare. Potrebbe dunque accadere che una deroga debba essere introdotta prima che il comitato possa discuterla.

54.   Tuttavia, non mi sembra probabile che l’esigenza di escludere taluni beni dal regime di detrazioni possa essere talmente pressante da impedire almeno, in primo luogo, di iniziare la procedura di consultazione notificando l’intenzione degli Stati membri al comitato IVA. Ad ogni modo, il regolamento interno del comitato dispone(23) che il medesimo si deve riunire, in via di principio, quattro volte all’anno; la Commissione ha ammesso, all’udienza, che era possibile (perlomeno in teoria) indire una riunione straordinaria del comitato in casi di urgenza.

55.   Non sembra neppure, in realtà, che nella presente causa sia stato sostenuto che l’Italia abbia mai adottato un atto normativo rilevante tra il momento in cui ha iniziato la consultazione del comitato IVA ed il momento in cui il comitato è stato in grado di discutere la questione, o che essa sia mai stata obbligata ad agire con urgenza prima che potesse aver luogo una riunione del comitato.

56.   Se il comitato IVA dev’essere consultato, in linea di principio, prima dell’adozione della misura in questione, ci si chiede se vi siano circostanze in cui anche una consultazione successiva possa nondimeno produrre qualche effetto.

57.   Il giudice nazionale fa riferimento, nella questione sub 1 b), ad una limitazione introdotta prima della consultazione del comitato. La Stradasfalti osserva che, benché la misura controversa sia stata introdotta per la prima volta nel 1979, non vi è stata alcuna consultazione del comitato fino al 1981. L’Italia sottolinea che la misura è stata nuovamente adottata diverse volte a partire da tale momento.

58.   Mi sembra chiaro che, anche se la consultazione è un presupposto per l’adozione di qualsiasi misura sulla base dell’art. 17, n. 7, il mancato rispetto di tale condizione in un momento particolare non può precludere per sempre l’adozione successiva di una disposizione identica o simile dopo la consultazione dovuta.

59.   A mio avviso, è quindi necessario esaminare i singoli atti legislativi (adozione, nuova adozione, proroga della validità o modifica di una misura) e determinare, in primo luogo, se il comitato IVA sia stato consultato prima della sua adozione e, in secondo luogo, se in tale occasione siano state fornite sufficienti informazioni relative al contenuto specifico della misura tali da consentire agli altri Stati membri e alla Commissione di prendere posizione sulla questione se tale misura soddisfi i criteri sostanziali previsti dall’art. 17, n. 7.

60.   Su tale base, il giudice nazionale potrà determinare quali dei diversi atti legislativi contenenti la misura controversa nelle sue forme successive sono conformi ai requisiti procedurali di cui all’art. 17, n. 7, e quali non lo sono.

61.   Ritengo, quindi, che la consultazione del comitato IVA da parte di uno Stato membro sia un presupposto per l’adozione di qualsiasi atto legislativo (successivo) contenente un’esclusione dal diritto a detrazione ai sensi dell’art. 17, n. 7, della Sesta direttiva. La consultazione deve implicare che vengano fornite sufficienti informazioni relative al contenuto specifico del provvedimento tali da consentire agli altri Stati membri e alla Commissione di prendere posizione sulla circostanza se tale misura soddisfi i criteri sostanziali previsti dall’art. 17, n. 7.

 Requisiti sostanziali – questioni sub 1 b) and 1c)

62.   Il giudice nazionale desidera sapere, essenzialmente, se una misura mantenuta in vigore per 25 anni possa essere giustificata sulla base dell’art. 17, n. 7, della Sesta direttiva; e, in caso contrario, per quanto tempo una misura derogatoria possa validamente essere prorogata per motivi congiunturali.

63.   Dalla sentenza nella causa Metropol (24) – e in realtà dalla lettera della disposizione– risulta chiaramente che l’art. 17, n. 7, della Sesta direttiva può autorizzare solo misure temporanee rispondenti ad una situazione economica temporanea(congiunturale) (25).

64.   Inoltre, mi sembra molto difficile, se non addirittura impossibile, descrivere una misura che viene applicata per 25 anni come «temporanea», o una situazione economica che dura per 25 anni come temporanea, a breve termine o congiunturale. Venticinque anni corrispondono a oltre la metà della vita della Comunità (economica) europea e praticamente a tutto il periodo durante il quale la Sesta direttiva è stata in vigore in Italia.

65.   Tuttavia, il governo italiano cerca di limitare la valutazione della Corte al periodo di cinque anni dal 2000 al 2004.

66.   Non posso essere d’accordo con la tesi secondo cui la validità di una misura presumibilmente giustificata «per motivi congiunturali» dev’essere determinata con riferimento solo al periodo necessario alla sua applicazione ai fatti nella causa nazionale. Evidentemente, per valutare se la giustificazione sia fondata è rilevante anche il periodo complessivo in cui la misura resta in vigore. A mio avviso un periodo di 20 o 25 anni è parimenti chiaramente troppo lungo per soddisfare a tale criterio.

67.   La situazione sarebbe naturalmente diversa se dovessero essere attuate una serie di misure successive, ognuna rispondente in un modo diverso ad una serie di diverse situazioni congiunturali. Alla luce del fatto che la misura in questione nella presente causa è stata rinnovata in vari modi da quando è stata introdotta per la prima volta nel 1979, il giudice nazionale deve ammettere che ciò non avviene nella fattispecie. Si tratta di una questione di fatto che deve essere decisa da tale giudice, ma la Corte di giustizia può comunque fornire un certo orientamento.

68.   In primo luogo, risulta che alla misura controversa sono state apportate poche modifiche. La Corte è stata informata solo dell’esistenza di un diritto parziale di detrazione in taluni periodi - del 50% tra il 1979 ed il 1983, del 10% dal 2001 al 2005 (del 50% in relazione ad una categoria limitata di veicoli) e ora del 15% dall’inzio del 2006. Sembra che non vi sia stato diritto ad una qualsiasi detrazione per il periodo di 18 anni tra il 1983 ed il 2000 compreso. Così, la percentuale di IVA che può essere o che non può essere dedotta ha subito variazioni occasionali, ma la natura della misura come esclusione dalla detrazione sembra essere rimasta invariata e ininterrotta dal momento in cui è stata introdotta per la prima volta.

69.   In secondo luogo, anche se è possibile immaginare, in teoria, una serie di situazioni economiche successive di breve periodo, ognuna delle quali richieda una limitazione - in diversa percentuale -  del diritto a detrazione dell’ IVA assolta a monte sugli autoveicoli, nella presente causa non è stata fatta valere l’esistenza di alcuna di tali serie.

70.   Appare dunque ragionevole concludere, a meno che le amministrazioni fiscali non presentino prove convincenti in senso contrario al giudice nazionale, che la misura in discussione non è né temporanea per natura né è basata su motivi economici temporanei, a breve termine o congiunturali, e di conseguenza non può soddisfare i requisiti sostanziali per una giustificazione ai sensi dell’art. 17, n. 7, della Sesta direttiva.

71.   Il giudice del rinvio chiede anche indicazioni relative al periodo massimo per cui può essere prorogata un’esclusione dalla deduzione giustificata da tale disposizione.

72.   Benché un periodo di 20 o di 25 anni appaia manifestamente troppo lungo, non penso che sia ragionevole (o possibile) proporre un limite temporale specifico. Il criterio rilevante risiede nella natura della situazione economica che fa insorgere la necessità di un’esclusione dal diritto a detrazione piuttosto che nella durata specifica della situazione. (L’esclusione in sé, naturalmente, non può essere chiaramente giustificata per un periodo più lungo della durata delle circostanze che la rendono necessaria).

73.   La Stradasfalti fa riferimento alla tesi della Commissione nella causa Metropol secondo cui sono interessati solo «i periodi caratterizzati da divari notevoli rispetto al corso normale della congiuntura», (26) e all’opinione esposta dall’avvocato generale Geelhoed nella medesima causa secondo cui: « L’esigenza di “motivi congiunturali” significa che il provvedimento fiscale deve mirare ad attenuare fluttuazioni congiunturali. Esso deve far parte della politica congiunturale di uno Stato membro. Per politica congiunturale intendo al riguardo il fatto che le autorità di bilancio mirino ad influenzare a breve termine dati macroeconomici quali la produzione, il consumo, il volume delle importazioni e delle esportazioni. Tali politiche riguardano spesso un periodo di uno-due anni» (27).

74.   Mi sembra che entrambe le spiegazioni aggiungano una glossa opportuna ed utile all’affermazione della Corte, nella sua sentenza, secondo cui l’art. 17, n. 7 «autorizza (…) uno Stato membro ad adottare misure temporanee dirette ad ovviare ad una situazione congiunturale nella quale si trova la sua economia in un determinato momento. Pertanto, l’applicazione dei provvedimenti previsti da detta disposizione deve essere limitata nel tempo e, per definizione, questi non possono essere di natura strutturale» (28). I criteri indicati possono essere usati da un giudice nazionale nel valutare se una misura soddisfi i criteri sostanziali per una giustificazione ai sensi dell’art. 17, n. 7, anche se in tale contesto non può essere stabilito un limite temporale preciso su ciò che è «temporaneo» in tale contesto.

75.   Vorrei aggiungere che un certo grado di fluttuazione rispetto ad una tendenza di fondo è una caratteristica normale dell’attività economica. A mio avviso, chi ha redatto l’art. 17, n. 7, non può avere avuto l’intenzione di far derivare da tale fenomeno normale il diritto per uno Stato membro di derogare al diritto di base di un soggetto passivo di detrarre l’imposta assolta a monte in conformità all’art. 17, n. 2, della Sesta direttiva. Piuttosto, mi sembra che l’art. 17, n. 7 – che, dopotutto, va interpretato restrittivamente(29) – debba essere riferito ad una divergenza molto più seria o significativa rispetto alla tendenza, tale da indurre legittimamente ad adottare misure per impedire l’aggravarsi della congiuntura.

76.   Sono dunque dell’avviso che l’art. 17, n. 7, della Sesta direttiva debba essere interpretato come idoneo ad autorizzare solo misure temporanee rispondenti a circostanze economiche di breve durata. Una misura mantenuta in vigore per un periodo eccedente la durata di tali circostanze, senza modifiche sostanziali tali da corrispondere ad una situazione economica mutata, non può essere autorizzata ai sensi di tale disposizione.

 Effetti giuridici del mancato rispetto dei requisiti – questioni sub 1 c) e 2

77.    Il giudice nazionale chiede se la mancata presa in considerazione della natura temporanea di un’esclusione dalla detrazione basata sull’art. 17, n. 7, della Sesta direttiva possa conferire ai soggetti passivi un diritto a detrazione e se l’art. 17, n. 2, osti all’applicazione dell’esclusione.

78.   È evidente che se una misura nazionale che prevede l’esclusione di taluni beni dal diritto di detrarre l’IVA assolta a monte non è stata adottata validamente in conformità ai requisiti della Sesta direttiva non possono essere applicate le regole contenute in tale misura. Ci si chiede allora quali regole debbano essere applicate al loro posto.

79.   La Sesta direttiva, come tutte le direttive di armonizzazione, esige che gli Stati membri adottino talune disposizioni ma non è, di per sé, direttamente applicabile. Tuttavia, la Corte ha costantemente affermato che i singoli possono fare valere le disposizioni della direttiva medesima che siano chiare, precise e incondizionate. In particolare, è stato affermato che le disposizioni dell’art. 17, nn. 1 e 2, che introducono il diritto a detrazione, conferiscono diritti ai singoli che questi ultimi possono far valere dinanzi ad un giudice nazionale(30).

80.   Inoltre, un soggetto passivo «il quale abbia compilato la propria dichiarazione IVA concernente un determinato esercizio in base al metodo contemplato dalla normativa nazionale che traspone nel diritto interno la Sesta direttiva, può ricalcolare il proprio debito IVA in base al metodo ritenuto dalla Corte conforme al diritto comunitario, secondo i requisiti previsti dal diritto nazionale, che devono rispettare i principi di equivalenza e di effettività»(31) – «vale a dire, non siano meno favorevoli di quelli che riguardano casi analoghi di natura interna e non rendano praticamente impossibile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario » (32).

81.   Così, se una misura nazionale che esclude taluni beni dal regime di detrazione non è stata validamente adottata, un soggetto passivo interessato dall’esclusione può ricalcolare il proprio debito IVA conformemente all’art. 17, n. 2, comportante un immediato diritto a deduzione.

82.   Tuttavia, l’art. 17, n. 2 contiene la limitazione «[n]ella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta». Alla luce della circostanza che nella presente causa è stato accertato in particolare che la Stradasfalti ha autorizzato l’uso degli autoveicoli in questione da parte del personale come «fringe benefit » va preso in considerazione anche:

–       L’art. 17, n. 5, che recita: «Per quanto riguarda i beni ed i servizi utilizzati da un soggetto passivo sia per operazioni che danno diritto a deduzione di cui ai paragrafi 2 e 3, sia per operazioni che non conferiscono tale diritto, la deduzione è ammessa soltanto per il prorata dell’ imposta sul valore aggiunto relativo alla prima categoria di operazioni» (ciò può essere letto in combinato disposto con l’art. 19, che fissa regole dettagliate per il calcolo del prorata di detrazione); e

–       L’art. 5, n. 6, che recita: «È assimilato a una cessione a titolo oneroso il prelievo di un bene dalla propria impresa da parte di un soggetto passivo il quale lo destina al proprio uso privato o all’ uso del suo personale o lo trasferisce a titolo gratuito o, più generalmente, lo destina a fini estranei alla sua impresa, quando detto bene o gli elementi che lo compongono hanno consentito una deduzione totale o parziale dell’ imposta sul valore aggiunto. (…)».

83.   Di conseguenza, in un caso come quello della Stradasfalti, il diritto a detrazione deve in ogni caso essere limitato alla misura in cui i veicoli in questione(e il carburante dagli stessi consumato) sono stati usati per effettuare prestazioni imponibili a valle. Tutti i calcoli necessari devono essere effettuati conformemente alle condizioni stabilite dalla normativa nazionale, che devono osservare i principi di equivalenza e di effettività.

 Possibile limitazione degli effetti nel tempo della sentenza

84.   Infine, il governo italiano ha chiesto alla Corte di limitare gli effetti nel tempo della sua sentenza qualora dalla medesima dovesse derivare l’invalidità della misura nazionale controversa.

85.   La Corte, molto di recente, nella sentenza nella causa Skov, (33) ha espresso nei seguenti termini il suo orientamento in relazione a tale tipo di richieste:

«Secondo una giurisprudenza costante, l’interpretazione che la Corte dà di una norma di diritto comunitario nell’esercizio della competenza attribuitale dall’art. 234 CE chiarisce e precisa, se necessario, il significato e la portata della norma stessa, come deve o avrebbe dovuto essere intesa ed applicata dal momento della sua entrata in vigore. Ne deriva che la norma così interpretata può e deve essere applicata dal giudice anche a rapporti giuridici sorti e costituiti prima della sentenza che statuisce sulla domanda d’interpretazione, purché sussistano i presupposti per sottoporre al giudice competente una lite relativa all’applicazione di detta norma (…)

Al riguardo, si deve ricordare che solo in via eccezionale la Corte, applicando il principio generale della certezza del diritto inerente all’ordinamento giuridico comunitario, può essere indotta a limitare la possibilità per gli interessati di far valere una disposizione da essa interpretata onde rimettere in discussione rapporti giuridici costituiti in buona fede. Affinché una tale limitazione possa essere disposta, è necessario che siano soddisfatti due criteri essenziali, e cioè la buona fede degli ambienti interessati e il rischio di gravi inconvenienti (…)» (34).

86.   Perché possa essere accolta la richiesta del governo italiano, è quindi necessario, innanzitutto, che venga soddisfatto il criterio della « buona fede ». Nella sentenza nella causa Bidar (35) viene affermato più esplicitamente che ciò implica l’esistenza di un «elevato numero di rapporti giuridici costituiti in buona fede sulla base della normativa ritenuta validamente vigente, e quando (…) risultava che i singoli e le autorità nazionali erano stati indotti ad un comportamento non conforme alla normativa comunitaria in ragione di una obiettiva e rilevante incertezza circa la portata delle disposizioni comunitarie, incertezza alla quale avevano eventualmente contribuito gli stessi comportamenti tenuti da altri Stati membri o dalla Commissione».

87.   Mi chiedo se l’espressione «obiettiva e rilevante incertezza » sia la più appropriata in tale contesto e se l’esistenza di una rilevante incertezza non debba esortare uno Stato membro a procedere con cautela invece di far propria una comoda presunzione per quanto riguarda la corretta interpretazione del diritto comunitario.

88.   Mi sembra che sia preferibile fare riferimento a «ragioni obiettive e rilevanti per ritenere che l’interpretazione seguita fosse corretta», o anche applicare criteri simili a quelli a cui ha fatto riferimento la Corte nella giurisprudenza relativa alla responsabilità dello Stato, quali il carattere intenzionale o involontario della violazione, la scusabilità o l’ inescusabilità di eventuali errori di diritto, la circostanza che i comportamenti adottati da un’ istituzione comunitaria abbiano potuto concorrere alla violazione(36).

89.   Sia la limitazione nel tempo degli effetti di una sentenza sia l’accertamento della responsabilità dello Stato costituiscono, dopo tutto, deroghe alle regole normali. Essi avvengono in corrispondenza di situazioni eccezionali. Il criterio usato per determinare se siano appropriati in un determinato caso deve quindi riflettere questo aspetto. Inoltre, poiché i due concetti si riferiscono a situazioni che si trovano rispettivamente all’estremo «buono» e «cattivo» della gamma di comportamenti di uno Stato membro, mi sembra che possa essere adeguato un certo parallelismo nella formulazione dei criteri per valutare la condotta dello Stato membro.

90.   Ad ogni modo, la situazione nella presente fattispecie non mi sembra suffragare nemmeno la tesi che vi fosse una incertezza oggettiva e rilevante quanto all’impostazione corretta da seguire per l’Italia.

91.   Da una parte, l’esigenza di «motivi congiunturali» e l’esigenza di consultare il comitato IVA sono chiare nella formulazione dell’art. 17, n. 7, della Sesta direttiva.

92.   D’altra parte, la Commissione ha prodotto documenti del comitato IVA da cui emerge che esso ha ripetutamente espresso disapprovazione per la misura in questione e ha spiegato il perché. Il suo accoglimento favorevole di talune comunicazioni, rilevato dal governo italiano, riguardava o l’impegno di terminare la deroga o l’introduzione di una detraibilità parziale nel 2001. Nemmeno ha sostenuto che la Commissione abbia mai ritenuto la misura controversa compatibile con la Sesta direttiva o che altri Stati membri abbiano mai espresso approvazione per la linea di condotta dell’Italia consistente nell’adottare o riadottare tale misura.

93.   È vero che la Commissione non ha avviato procedimenti contro l’Italia con riferimento alla misura controversa, ai sensi dell’art. 226 CE, finché non è stata presentata La domanda di pronuncia pregiudiziale nella presente causa. Tuttavia, non ritengo che la semplice astensione dall’avviare tali procedimenti (che la Corte ha sempre ritenuto una questione rientrante nella discrezionalità della Commissione (37)) possa essere considerata nel senso che neghi la sua espressa disapprovazione in seno al comitato IVA. Non risulta che vi siano casi in cui la Corte ha riconosciuto che il mancato avvio di un procedimento per inadempimento da parte della Commissione è stato sufficiente, di per sé, per giustificare una limitazione nel tempo degli effetti di una sentenza, inducendo uno Stato membro a seguire, in buona fede, una errata visione del diritto comunitario. Una situazione di tale tipo può essere chiaramente distinta da quella, ad esempio, della causa Legros, in cui la Commissione ha avviato un procedimento per inadempimento ma non l’ha proseguito, proponendo invece una decisione del Consiglio che approvava l’imposta locale in questione, (38) o della causa EKW, in cui risulta che la Commissione aveva garantito all’Austria che l’imposta controversa era compatibile con il diritto comunitario (39).

94.   Per quanto riguarda il secondo criterio – l’esistenza di un rischio di serie difficoltà economiche per lo Stato membro interessato – il governo italiano sostiene che sarebbero in gioco EUR 15 miliardi e che la necessità di rimborsare una tale somma rappresenterebbe un onere considerevole per lo Stato.

95.   Tenderei ad essere d’accordo con il fatto che, se corretta, una tale cifra - che secondo i miei calcoli ammonta a circa l’1.5% del prodotto interno lordo italiano del 2004 – potrebbe ben soddisfare i criteri in questione.

96.    Tuttavia, all’udienza è emerso che l’Italia è giunta a tale cifra presumendo semplicemente che ognuno dei suoi 2 milioni di soggetti passivi registrati abbia diritto a detrarre EUR 1 500 dell’IVA assolta a monte ogni anno in relazione all’acquisto e all’uso di un vicolo, e possa chiedere una detrazione retroattiva per un periodo di cinque anni.

97.   La Commissione nutre dubbi sull’affidabilità di un tale calcolo. Condivido tali dubbi. Una cifra di 2 milioni di soggetti passivi può essere presumibilmente verificata abbastanza facilmente, ma l’Italia non ha presentato la minima prova per giustificare il suo calcolo dell’importo medio delle imposte assolte a monte interessate. Molti soggetti passivi non useranno veicoli per scopi professionali. Molti altri ne useranno diversi. La proporzione di uso per scopi professionali può variare enormemente. L’importo che può essere effettivamente richiesto deve tener conto delle disposizioni degli artt. 5, n. 6, e 17, n. 5, della Sesta direttiva (40). Inoltre, all’udienza è diventato chiaro che il periodo di cinque anni nel quale potevano essere chieste le detrazioni rappresentava un periodo massimo teorico, per i soggetti passivi che avevano esercitato la massima diligenza possibile nel presentare le domande. Il periodo effettivo può essere molto più breve in molti casi, se non nella maggior parte di essi.

98.   Non ritengo che la Corte possa decidere che il criterio delle gravi difficoltà economiche sia soddisfatto sulla base di cifre che sono, nella migliore delle ipotesi, non dimostrate e, nella peggiore, arbitrarie e ipotetiche.

99.   Di conseguenza, ritengo che non vi siano motivi per una limitazione nel tempo degli effetti della sentenza nella fattispecie.

100. Ciò premesso, non esaminerò l’ulteriore questione relativa alla data a partire dalla quale dovrebbe essere applicata tale limitazione o la portata di una deroga alla stessa, le quali sono parimenti state presentate brevemente all’udienza. Tuttavia, qualora la Corte dovesse considerare che una limitazione sia appropriata, suggerisco che essa non debba decidere tali due questioni ulteriori fino alla pronuncia della sentenza in due cause attualmente pendenti dinanzi alla grande sezione, la causa C-475/03, Banca Popolare di Cremona, e la causa C-292/04, Meilicke, in cui tali due questioni sono state ampiamente discusse.

 Conclusione

101. Alla luce le tutte le considerazioni che precedono, propongo alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali proposte dalla Commissione Tributaria di Primo Grado di Trento come segue:

(1)      La prima frase dell’art. 17, n. 7, della Sesta direttiva del Consiglio 77/388/EEC non autorizza uno Stato membro ad escludere beni dal regime di detrazione dell’imposta sul valore aggiunto senza aver prima consultato il comitato di cui all’art. 29 della direttiva. Lo Stato membro che consulta il comitato deve fornire, per ogni atto legislativo proposto, sufficienti informazioni relative al contenuto specifico dell’esclusione tali da consentire agli altri Stati membri e alla Commissione di prendere posizione sulla questione se esso soddisfi i criteri sostanziali previsti dall’art. 17, n. 7.

(2)      L’art. 17, n. 7, della Sesta direttiva autorizza solo misure temporanee rispondenti a circostanze economiche di breve durata. Una misura mantenuta in vigore per un periodo eccedente la durata di tali circostanze, senza modifiche sostanziali tali da rispondere ad una situazione economica mutata, non può essere autorizzata ai sensi di tale disposizione.

(3)      Qualora una misura nazionale che esclude taluni beni dal regime di detrazione non sia stata adottata validamente in conformità all’art. 17, n. 7, un soggetto passivo interessato dall’esclusione può ricalcolare il proprio debito IVA in conformità all’art. 17, n. 2, della Sesta direttiva, comportante un immediato diritto a detrazione, diritto limitato tuttavia alla misura in cui i beni in questione sono stati usati dai soggetti passivi ai fini di prestazioni imponibili a valle. Tutti i calcoli necessari devono essere effettuati in conformità alle condizioni previste dalla legge nazionale, che deve osservare i principi di equivalenza ed effettività.


1 – Lingua originale: l'inglese.


2 – Sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1, più volte modificata; in prosieguo: la «Sesta direttiva»).


3 – Art. 1 della nona direttiva del Consiglio 26 giugno 1978, 78/583/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari (GU L 194, p. 16).


4 – Prima è stata modificata con effetto dal 19 febbraio 2004 con la direttiva del Consiglio 20 gennaio 2004, 2004/7/CE, che modifica la direttiva 77/388/CEE, relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto, per quanto riguarda la procedura di adozione di provvedimenti di deroga e il conferimento di competenze di esecuzione (GU L 27, pag. 44).


5 – Sentenza 8 gennaio 2002, causa C-409/99, Racc. pag. I-81.


6 – V. punti 58 - 65 della sentenza.


7 – V. punti 66-68 della sentenza.


8 – «che non formano oggetto dell’attività propria dell’impresa». Tale espressione sembra comprendere i veicoli usati a titolo accessorio nel perseguimento di una qualsiasi attività economica in contrasto con quelli che costituiscono la vera e propria base di tale attività (come il noleggio di autoveicoli).


9 – Art. 30, quarto e quinto comma della legge n. 388 del 2000.


10 – Ciò sembra riguardare soprattutto i veicoli con propulsori elettrici.


11 – Mediante l'art. 1 del Decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1979, n. 24, («DPR 24/1979»), con effetto dal 1º aprile 1979.


12 – Sentenza 30 giugno 2005, Causa C-165/03 (Racc. pag. I-5637, punti 30 – 33, in particolare punto 32).


13 – Dall'ordinanza di rinvio non risulta esplicitamente se e quali fatti siano stati già accertati, ma il fascicolo inoltrato alla Corte contiene diversi verbali di riunioni del comitato IVA menzionate sopra.


14 – COM (1998) 377 def. (GU 1998 C 219 pag. 16).


15 – V. GU 2006, C 64, pag. 3, a pag. 9.


16 – Art. 4, n. 2, del regolamento interno del comitato IVA.


17 – Punto 61 della sentenza.


18 – Punto 63 della sentenza.


19 – Sentenza 29 aprile 2004, causa C-17/01 (Racc. pag. I-4243, punto 23).


20 – V. sopra paragrafo 6.


21 La versione francese della sentenza, utilizzando il termine «préalable», rende ancora più chiaro che l'informazione deve precedere l'introduzione della misura.


22 – Punto 22 della sentenza. V. anche paragrafo 39 delle prime conclusioni dell'avvocato generale Geelhoed in tale causa.


23 – Art. 5, n. 1.


24 – In particolare punto 67 della sentenza.


25 – Si potrebbe tuttavia discutere se l'espressione «cyclical economic reasons» riproduca esattamente in inglese il senso di «raisons conjoncturelles», «Konjunkturgründen», «konjunkturmaessige grunde», «motivi congiunturali», e «conjuncturele redenen» nelle altre lingue ufficiali in cui la Sesta direttiva è stata adottata nel 1977. Il termine «cyclical» potrebbe sembrare collegato al normale ciclo economico, mentre gli altri termini potrebbero suggerire semplicemente una combinazione di circostanze temporanea (ed eccezionale). V., inoltre, infra paragrafo 75.


26 – V. punto 57 della sentenza. Ciò è conforme all'idea, che si riflette nella frase «raisons conjoncturelles» e nell'equivalente nelle altre lingue, di una divergenza significativa dalla normale tendenza dell'attività economica. Ciò potrebbe a sua volta implicare che il mero uso del termine «cyclical» (congiunturale)è fuorviante nella versione inglese della Sesta direttiva.


27 – Paragrafo 60 delle conclusoni. L'espressione «politica congiunturale» nella seconda e nella terza frase corrisponde a «conjunctuurpolitiek» nell'orginale e l'espressione «fluttuazioni congiunturali» corrisponde a «schommelingen in de conjunctuur».


28 – Punto 67 della sentenza.


29 – V. Metropol and Stadler, cit. alla nota 5, punto 59.


30 V., ad esempio, sentenza 6 luglio 1995, causa C-62/93, BP Supergas (Racc. pag. I-1883, punto 36; sentenza 18 gennaio 2001, causa C-150/99, Stockholm Lindöpark (Racc. pag. I-493, punto 32).


31 – Sentenza 6 ottobre 2005, causa C-291/03, MyTravel (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 18).


32 – Ibid., punto 17.


33 – Sentenza 10 gennaio 2006, causa C-402/03 (Racc. pag. I-0000, punti 50 e 51).


34 –      Vale a dire, serie ripercussioni economiche per gli Stati membri interessati (V. sentenza 15 marzo 2005, causa C-209/03, Bidar, Racc. pag. I-2119, punto 69).


35 – Cit. alla nota 33, punto 69.


36 – V., ad esempio, sentenza 5 marzo 1996, cause riunite C-46/93 e C-48/93, Brasserie du Pêcheur e Factortame (Racc. pag. I- 1029, punto 56).


37 – V., ad esempio, sentenza 14 febbraio 1989, causa 247/87, Star Fruit/Commissione (Racc. pag. 291, punto 11).


38 – Sentenza 16 luglio 1992, causa C-163/90 (Racc. pag. I-4625, punto 32).


39 – Sentenza 9 marzo 2000, causa C-437/97, Racc. pag. I-1157, punti 56 e 58.


40 – V. sopra, punto 82.