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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

M. POIARES MADURO

presentate il 13 settembre 2006 1(1)

Causa C-277/05

Société thermale d’Eugénie-les-Bains

contro

Ministère de l’Économie, des Finances et de l’Industrie

[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Conseil d’État (Francia)]

«IVA – Ambito di applicazione – Caparre versate nell’ambito di contratti aventi ad oggetto prestazioni di servizi soggette all’IVA e trattenute dal prestatore in caso di disdetta – Qualificazione»





1.        La presente domanda pregiudiziale, proposta dal Conseil d’État (Francia), verte sostanzialmente sull’interpretazione dell’art. 2, n. 1, della sesta direttiva 77/388/CEE (2). Si tratta infatti di stabilire se siano soggette all’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’ «IVA») somme versate in anticipo per una prestazione di servizi alberghieri e che il prestatore ha trattenuto a seguito della disdetta del cliente per il quale è stata effettuata una prenotazione.

I –    Fatti del procedimento principale, ambito normativo e questione pregiudiziale sottoposta alla Corte

2.        La Société thermale di Eugénie-les-Bains (Francia) (in prosieguo: la «Société thermale» o la «società ricorrente»), con sede nell’omonimo comune, è attiva nella gestione di stabilimenti termali, che comporta anche attività alberghiere e di ristorazione. La Société thermale percepisce importi versati in anticipo al momento della prenotazione dei soggiorni effettuata dai clienti.

3.        Ai sensi dell’art. L 114-1 del codice del consumo, derivato dall’art. 3-1 della legge 18 gennaio 1992, n. 92-60, che rafforza la tutela dei consumatori (3), «[s]alvo che il contratto disponga diversamente, gli importi versati in anticipo costituiscono una caparra e ciascuna delle parti può pertanto recedere dal proprio impegno, il consumatore perdendo la caparra e il professionista restituendo un importo pari al doppio di quello versato». Le somme così percepite dalla Société thermale a titolo di caparra vengono dedotte dal successivo pagamento delle prestazioni di soggiorno, oppure trattenute dalla società in caso di disdetta da parte dei clienti.

4.        Nel 1992, la Société thermale veniva sottoposta a un accertamento contabile relativo al periodo compreso tra il 1° gennaio 1989 e il 30 aprile 1992. A seguito di tale accertamento, l’amministrazione tributaria riteneva che le caparre percepite dalla Société thermale al momento della prenotazione dei soggiorni e da essa trattenute dopo la disdetta dovessero essere assoggettate all’IVA. Di conseguenza, l’8 dicembre 1994 venivano emessi provvedimenti di liquidazione rettificativa di imposta a carico della Société thermale, in relazione al suddetto periodo, per un importo di FRF 84 054 (EUR 12 814). Non condividendo tale decisione, essa presentava all’amministrazione tributaria un reclamo, che veniva respinto il 14 febbraio 1995.

5.        La Société thermale proponeva dinanzi al Tribunal administratif di Pau un ricorso, che veniva respinto con sentenza del 18 novembre 1999. Essa interponeva appello dinanzi alla Cour administrative d’appel di Bordeaux, che respingeva anch’essa l’appello con sentenza 18 novembre 2003. Entrambi i giudici hanno ritenuto che la caparra, quando viene trattenuta dalla società in caso di disdetta del cliente, costituisca il corrispettivo diretto e la remunerazione di una prestazione di servizi individuabile consistente nell’avviare la pratica del cliente e prenotarne il soggiorno. Nella fattispecie, le caparre trattenute dalla Société thermale andavano quindi assoggettate all’IVA.

6.        La Société thermale, sostenendo che tale caparra deve essere considerata un’indennità versata a titolo di risarcimento del danno da essa subito per il fatto dell’inadempimento dei clienti e come tale non assoggettata all’IVA, ha adito il Conseil d’État, che ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se le somme versate a titolo di caparra nell’ambito di contratti di acquisto di prestazioni di servizi soggette [ad IVA] debbano essere considerate, laddove l’acquirente si avvalga della facoltà di disdetta consentitagli e tali somme vengano trattenute dal venditore, quali corrispettivi della prestazione di prenotazione e, come tali, assoggettate all’[IVA], ovvero quali indennità di risoluzione versate a titolo di risarcimento del danno subìto, a seguito dell’inadempimento del cliente, senza alcun nesso diretto con un qualsiasi servizio reso a titolo oneroso e, come tali, non assoggettate all’imposta medesima».

7.        Tale questione induce la Corte ad interpretare varie disposizioni della sesta direttiva, e in particolare l’art. 2, n. 1, secondo cui sono soggette all’IVA «le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale».

8.        L’art. 6, n. 1, della medesima direttiva definisce «prestazione di servizi» ogni operazione che non costituisce cessione di un bene ai sensi dell’art. 5 e prevede che un’operazione di prestazione di servizi «può consistere tra l’altro (…) in un obbligo di non fare o di tollerare un atto od una situazione».

9.        Ai fini dell’analisi è pertinente anche l’art. 10, n. 2, della medesima direttiva, secondo cui «[i]l fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diventa esigibile all’atto della cessione di beni o della prestazione di servizi. Le cessioni di beni diverse da quelle di cui all’articolo 5, paragrafo 4, lettera b), e le prestazioni di servizi che comportano successivi versamenti di acconti o pagamenti, si considerano effettuate all’atto della scadenza dei periodi cui si riferiscono tali acconti o pagamenti». La medesima disposizione prevede tuttavia che, «nel caso di pagamento di acconti anteriore alla cessione [di beni] o alla prestazione di servizi, l’imposta diventa esigibile all’atto dell’incasso, a concorrenza dell’importo incassato».

10.      Occorre infine rilevare che, ai sensi dell’art. 11, parte A, n. 1, lett. a), della sesta direttiva, la base imponibile delle prestazioni di servizi è costituita «da tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare (…) al prestatore per tali operazioni da parte (…) del destinatario o di un terzo».

II – Analisi

11.      Nel presente procedimento si contrappongono sostanzialmente due tesi relative alla qualificazione delle somme versate in anticipo dai clienti della Société thermale e da questa trattenute dopo una disdetta. Secondo la Société thermale, tali somme, versate a titolo di caparra, hanno natura indennitaria e pertanto non sono soggette all’IVA. Tutti i governi che hanno presentato osservazioni nella presente causa e la Commissione delle Comunità europee si oppongono a questa tesi. Infatti, secondo la Repubblica francese, l’Irlanda, la Repubblica portoghese e la Commissione, gli importi versati e trattenuti dalla Société thermale dopo la disdetta dei clienti rientrano nel campo di applicazione del sistema comune dell’IVA. Soltanto la Société thermale nega che tali importi costituiscano il corrispettivo diretto di prestazioni di servizi individuabili ed effettivamente fornite dalla Société thermale ai suoi clienti.

12.      Per risolvere tale problema di qualificazione, nell’ambito del sistema comune dell’IVA, delle caparre versate e perdute dai clienti a causa della disdetta, occorre anzitutto rammentare la giurisprudenza della Corte relativa all’interpretazione della nozione di «cessioni di beni e […] prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso […] da un soggetto passivo che agisce in quanto tale» ai sensi dell’art. 2, n. 1, della sesta direttiva.

13.      La sentenza Tolsma (4), relativa all’attività del signor Tolsma, il suonatore ambulante di organetto di Barberia più noto a chi si occupa d’IVA, è particolarmente istruttiva al riguardo. Nella detta sentenza, in cui la Corte ha respinto la tesi delle autorità olandesi che intendevano assoggettare all’IVA gli oboli ricevuti dal sig. Tolsma grazie alla generosità dei passanti, la Corte ha anzitutto ricordato la propria giurisprudenza, secondo cui le operazioni imponibili presuppongono, nell’ambito del sistema dell’IVA, l’esistenza di un negozio giuridico implicante la stipulazione di un prezzo o di un controvalore (5). Qualora l’attività del prestatore consista nel fornire esclusivamente prestazioni senza contropartita diretta, non vi è una base imponibile e le prestazioni non sono pertanto soggette all’IVA. La base imponibile di una prestazione di servizi è infatti costituita da tutto ciò che è ricevuto quale corrispettivo del servizio prestato e una prestazione di servizi è pertanto imponibile solo quando esista un nesso diretto fra il servizio prestato e il controvalore ricevuto (6). Di conseguenza, la Corte ha concluso che una prestazione di servizi «viene effettuata ‘a titolo oneroso’ (…) soltanto quando tra il prestatore e l’utente intercorra un rapporto giuridico nell’ambito del quale avvenga uno scambio di reciproche prestazioni, nel quale il compenso ricevuto dal prestatore costituisca il controvalore effettivo del servizio prestato all’utente» (7).

14.      Sulla stessa linea, nella sentenza, Kennemer Golf (8), più recente, la Corte ha stabilito che esiste un nesso diretto fra i contributi annuali forfettari versati dai soci di un’associazione sportiva e le prestazioni di servizi fornite da quest’ultima, consistenti nell’offerta ai soci, in maniera permanente, degli impianti sportivi e dei vantaggi ad essi relativi (9). La Corte ha quindi concluso che i contributi annuali versati dai soci di un’associazione sportiva possono costituire il corrispettivo delle prestazioni di servizi fornite dalla stessa anche quando i soci che hanno versato il loro contributo annuale non utilizzino gli impianti dell’associazione (10). L’obbligo per un’associazione di offrire i propri impianti sportivi e i vantaggi ad essi relativi ad ogni socio che abbia versato il suo contributo annuale costituisce, secondo la Corte, una prestazione di servizi a titolo oneroso ai sensi dell’art. 2, n. 1 della sesta direttiva.

15.      Orbene, nella fattispecie risulta appunto che il versamento anticipato di un importo a titolo di caparra da parte di un cliente non ha luogo senza assunzione di un impegno da parte della Società thermale al momento del pagamento di tale importo. Da un lato, la Società thermale effettua una prenotazione, cioè assume l’obbligo di mettere a disposizione del cliente una camera a una data prestabilita. Una simile prestazione di prenotazione implica, logicamente, l’obbligo di astenersi dal contrarre con terzi in violazione di tale impegno e il rispetto del diritto di disdetta del cliente. Dall’altro, la Società thermale non garantisce a titolo puramente gratuito che i clienti avranno a disposizione determinate strutture e servizi in un determinato momento. Per conferire tale vantaggio essa chiede infatti il pagamento di una somma che ha il diritto di trattenere in caso di disdetta del cliente. È evidente che esiste un rapporto sinallagmatico, reciproco, tra la prestazione di prenotazione e il pagamento corrisposto dal cliente.

16.      Posto che nella fattispecie la Società thermale percepisce somme che costituiscono il controvalore effettivo del servizio di prenotazione da essa fornito ai clienti inadempienti, tale prestazione, conformemente alla giurisprudenza costante della Corte, dev’essere considerata una prestazione di servizi a titolo oneroso ai sensi degli artt. 2, n. 1, e 6, n. 1, della sesta direttiva. Tale conclusione s’impone a maggior ragione dal momento che, come la Corte ha dichiarato a più riprese, la sesta direttiva determina una sfera di applicazione molto vasta per l’IVA, in quanto vi sono incluse tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi (11).

17.      La ricorrente si oppone a tale qualificazione deducendo due argomenti. Da un lato, essa sottolinea che una prestazione di prenotazione non è individuabile separatamente dalla prestazione principale fornita da uno stabilimento alberghiero. Le caparre trattenute dalla Société thermale non sarebbero intese a remunerare servizi ben individuati forniti ai clienti e suscettibili di essere goduti autonomamente rispetto alla prestazione principale. Dall’altro, la ricorrente sostiene che gli importi da essa trattenuti a seguito delle disdette dei clienti hanno natura di indennità accordate forfettariamente per risarcire i danni causati alla Société thermale da tali disdette.

A –    Sulla presunta impossibilità di individuare la prestazione di prenotazione e di fruirne autonomamente rispetto alla prestazione principale

18.      È vero che una prestazione consistente nel garantire a una persona che essa avrà a sua disposizione una camera a una certa data passerà in secondo piano con l’esecuzione della prestazione alberghiera principale. Essa perderà la sua individualità rispetto alla prestazione principale con cui formerà un tutt’unico. Parallelamente, in mancanza di disdetta da parte del cliente, l’importo versato anticipatamente a titolo di caparra verrà semplicemente imputato al prezzo totale dovuto dal cliente e perderà in tal modo la sua autonomia rispetto ad esso. Pertanto, il pagamento di una somma a titolo di caparra per la prenotazione di una camera equivale al versamento «di acconti anteriore alla cessione [di beni] o alla prestazione di servizi» ai sensi dell’art. 10, n. 2, secondo comma, della sesta direttiva. Conformemente a questa stessa disposizione, l’imposta diventerà esigibile all’atto dell’incasso, a concorrenza dell’importo incassato.

19.      Nel presente caso, tuttavia, gli importi controversi sono stati trattenuti dalla Société thermale a seguito dell’inadempimento dei clienti. Tali importi non sono stato trattenuti a titolo di acconto per la prestazione principale che la Société thermale non era più tenuta ad effettuare in favore dei clienti che avevano annullato la prenotazione. È importante sottolineare che, in ogni caso, la Société thermale ha fornito una prestazione a tali clienti inadempienti. Infatti, essa ha garantito loro una camera o una cura termale alla data stabilita, astenendosi dallo stipulare con altri interessati contratti incompatibili con tale garanzia e rispettando il diritto di disdetta dei clienti. Si tratta di un vantaggio reale di cui ha beneficiato ogni cliente in favore del quale è stata effettuata una prenotazione. Orbene, una prestazione di questo tipo, che la società fornisce effettivamente ai clienti in cambio di un corrispettivo, a mio parere, è sufficientemente individuabile per rientrare nella nozione ampia di prestazione di servizi a titolo oneroso ai sensi degli artt. 2, n. 1, e 6, n. 1 della sesta direttiva.

20.      Anzitutto, occorre sottolineare che un cliente il quale necessiti di una camera d’albergo per una certa data è libero di effettuare o meno una prenotazione. In ogni caso, disporre di una prenotazione rappresenta per lui un vantaggio. Se decide di farla, beneficerà di una garanzia che non avrebbe qualora avesse semplicemente deciso di chiedere una camera al momento dell’arrivo in albergo.

21.      Dal punto di vista dell’albergatore, l’attribuzione di tale vantaggio, di cui i clienti possono effettivamente fruire fino al momento dell’eventuale annullamento della prenotazione, comporta dei costi. Non si tratta solo dei costi inerenti all’apertura della pratica del cliente e alla preparazione della camera, ma anche di quelli connessi all’obbligo di rispettare il diritto di disdetta del cliente e al fatto di non assumere nei confronti di altri interessati impegni che mettano in discussione l’obbligo contratto nei confronti del cliente per il quale è stata effettuata la prenotazione.

22.      Di conseguenza, quando l’albergatore, al momento della prenotazione, chiede al cliente di versare un importo a titolo di caparra, si può oggettivamente ritenere che tale importo costituisca il corrispettivo di una prestazione di prenotazione ben individuabile, sia dal punto di vista del cliente che da quello dell’albergatore.

23.      Tale prestazione di prenotazione è accessoria rispetto alla prestazione principale, dato che non costituisce per la clientela un fine a sé stante, bensì un mezzo per fruire nelle condizioni migliori del servizio principale offerto dal prestatore (12). Ad ogni modo, in caso di disdetta da parte del cliente, essa rimane una prestazione perfettamente individuabile rispetto alla prestazione principale che in definitiva non è stata fornita dall’albergatore. Il carattere accessorio di tale prestazione di prenotazione rispetto alla prestazione principale, cui è funzionalmente connessa, fa venir meno qualsiasi esigenza di riclassificazione rispetto alla prestazione principale. Essa va quindi assoggettata al medesimo regime dell’IVA applicabile alla prestazione principale.

24.      Inoltre, come sottolinea la Commissione, il fatto che il cliente decida di non fruire della prestazione principale non incide sull’individuabilità della prestazione effettivamente fornita al cliente dal momento in cui è stata effettuata la prenotazione fino a quello dell’annullamento. La circostanza che il cliente decida di non fruire di tale messa a disposizione della camera in suo favore alla data stabilita non significa che egli non abbia beneficiato di tale garanzia, per la quale ha infatti pagato l’importo richiesto dalla Société thermale. Esattamente come nella causa Kennemer Golf, citata, anche nella presente causa si controverte in ordine a una prestazione che consiste nell’impegno effettivamente assunto da un soggetto passivo, in cambio di una certa somma, di porre impianti e servizi a disposizione di alcune persone, indipendentemente dal fatto che esse decidano invece di non fruire di tale vantaggio.

25.      Nella presente causa non è neppure in discussione un impegno equiparabile a quello oggetto delle cause Landboden-Agrardienste (13) e Mohr (14), invocate dalla ricorrente. Nelle due sentenze citate, la Corte ha stabilito che non si può considerare prestazione di servizi ai sensi dell’art. 6, n. 1, della sesta direttiva l’impegno assunto da un imprenditore agricolo nell’ambito di un regime di indennità nazionale o comunitario di ridurre o abbandonare la sua produzione. Nella sentenza Mohr, la Corte ha infatti dichiarato che, «assegnando un’indennità ai produttori agricoli che si impegnano a cessare la produzione lattiera, la Comunità non acquista beni né servizi a proprio uso, ma agisce nell’interesse generale, che è quello di promuovere il corretto funzionamento del mercato comunitario del latte» (15). Nella sentenza Landboden-Agrardienste, la Corte ha confermato questa giurisprudenza dichiarando che l’impegno in discussione assunto dall’imprenditore agricolo di astenersi dal raccogliere almeno il 20% delle patate da lui coltivate non fornisce né alle autorità nazionali competenti né alle altre persone identificabili vantaggi tali da permettere di considerarle consumatori destinatari di un servizio (16).

26.      Nel presente procedimento, è evidente che l’impegno della Société thermale di mettere a disposizione una camera o una cura termale a una certa data conferisce un vantaggio reale e individuale a tutti i clienti in favore dei quali viene assunto tale impegno, il che consente di considerarli consumatori destinatari di un servizio ai sensi del sistema comune dell’IVA (17). Tale prestazione di prenotazione è uno dei servizi forniti da un albergatore e costituisce anzi una parte essenziale della sua attività economica. Orbene, dal momento che la Société thermale fornisce tale prestazione a ogni cliente in cambio del pagamento di un importo che essa chiede all’atto della prenotazione, la prestazione va qualificata, oggettivamente, come prestazione di servizi ai sensi dell’art. 6, n. 1, della sesta direttiva.

B –    Sulla presunta natura indennitaria delle somme trattenute a seguito dell’inadempimento dei clienti

27.      La società ricorrente nega che le somme versate dai clienti a titolo di caparra costituiscano il corrispettivo diretto della prestazione di prenotazione da essa fornita. Secondo la società ricorrente, nel diritto civile francese è pacifico che la caparra abbia natura indennitaria. Essa presenterebbe un nesso con il danno subito dalla Société thermale a causa dell’inadempimento del cliente e avrebbe quindi natura di indennità accordata forfettariamente per risarcire tale danno (18).

28.      Anzitutto, a prescindere dalla natura giuridica attribuita alla caparra dal diritto civile francese, emerge chiaramente dalle osservazioni presentate per iscritto e in udienza nel presente procedimento che il diritto di trattenere l’importo versato in anticipo a titolo di caparra, contrattualmente previsto, in conformità del diritto civile francese, fra l’albergatore e ciascuno dei suoi clienti, non è necessariamente connesso al danno effettivamente subito dall’albergatore a causa dell’inadempimento dei clienti. Infatti non è previsto che la caparra perduta dal cliente debba essergli restituita qualora risulti che, in definitiva, l’albergatore non ha subito alcun danno a causa dell’annullamento. Orbene, l’esistenza di un nesso solo eventuale tra gli importi percepiti a titolo di caparra e un danno realmente subito dall’albergatore a causa di un annullamento mette seriamente in dubbio il fatto che gli importi controversi percepiti dalla Société thermale a titolo di caparra abbiano necessariamente natura indennitaria ai sensi del sistema comune dell’IVA.

29.      Occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, un importo attribuito con una decisione giurisdizionale avente per oggetto esclusivamente il risarcimento di un danno commerciale non deve essere assoggettato all’IVA (19). È evidente che tale importo non costituisce il corrispettivo di una prestazione di servizi o di una cessione di beni ai sensi dell’art. 2, n. 1 della sesta direttiva. Tuttavia, si deve sottolineare che gli importi che la Corte ha considerato esenti da IVA, in particolare nella sentenza BAZ Bausystem, citata, erano indennità accordate da un giudice. Orbene, nella fattispecie non esiste alcuna constatazione giudiziaria, né stragiudiziale, dell’esistenza di danni reali effettivamente subiti dalla società ricorrente a causa dell’annullamento di prenotazioni da parte dei clienti e con i quali le caparre trattenute abbiano un rapporto diretto di tipo indennitario.

30.      Come ricorda giustamente il Conseil d’État nella decisione di rinvio, occorre ricercare un’applicazione uniforme, nell’ambito della Comunità europea, delle norme di assoggettamento all’IVA. La sesta direttiva mira infatti a stabilire un sistema comune dell’IVA, determinando le operazioni imponibili in modo uniforme e secondo norme comunitarie (20).

31.      Orbene, occorre sottolineare che l’applicazione uniforme della sesta direttiva deve fondarsi su un’interpretazione la quale non può dipendere da una qualificazione che possa variare a seconda del diritto civile dello Stato membro considerato. In caso contrario, una prassi identica a quella in discussione nella presente causa, consistente nella prenotazione di camere contro pagamento di un importo perduto dal cliente in caso di disdetta, potrebbe essere soggetta all’IVA qualora fosse applicata in un altro Stato membro in cui la natura giuridica di tale pagamento anticipato fosse considerata diversamente rispetto al diritto civile francese. Questa possibilità non è affatto teorica. Infatti, è difficile che un importo corrisposto in anticipo da un cliente a un albergatore e che quest’ultimo ha il diritto di trattenere, indipendentemente dall’esistenza di un danno reale causato dalla rinuncia del cliente, sia considerato di natura indennitaria in altri ordinamenti giuridici (21).

32.      Inoltre, il fatto che, conformemente al diritto civile francese, gli importi versati anticipatamente a titolo di caparra siano considerati di natura indennitaria non può essere decisivo per escludere l’assoggettamento all’IVA della caparra versata alla Société thermale dai clienti inadempienti. A tale proposito, desidero rammentare che nel contesto diverso, ma molto vicino, dell’interpretazione della nozione di cessione di beni ai sensi della sesta direttiva, è giurisprudenza costante che la nozione di cessione di un bene non si riferisce al trasferimento di proprietà nelle forme previste dal diritto nazionale vigente, bensì comprende qualsiasi operazione di trasferimento di un bene materiale effettuata da una parte che autorizza l’altra parte a disporre di fatto di tale bene come se ne fosse il proprietario. La finalità della sesta direttiva potrebbe infatti risultare seriamente compromessa qualora la constatazione della sussistenza di una cessione di beni, che è una delle tre operazioni imponibili, fosse soggetta alla realizzazione di condizioni che variassero secondo il diritto civile dello Stato membro interessato (22).

33.      Come sottolinea inoltre la Commissione nelle sue osservazioni, l’eventuale qualificazione come risarcimento, derivante dalla volontà delle parti quale presunta dal diritto civile francese (23), non consente di escludere l’assoggettamento ad IVA di un importo versato da un contraente a un altro contraente che gli fornisca, in cambio, un servizio di cui il primo beneficia individualmente. Se così fosse, esisterebbe un forte incentivo a ridurre artificiosamente gli importi che costituiscono il corrispettivo del servizio reso e ad aumentare quelli inerenti al risarcimento dei danni.

34.      La nozione di prestazione di servizi a titolo oneroso ai sensi della sesta direttiva va interpretata alla luce di criteri obiettivi, tenendo conto della natura oggettiva dell’operazione di cui si tratta (24). Nella presente causa occorre quindi stabilire se, alla luce della giurisprudenza costante della Corte, richiamata nei paragrafi 13 e seguenti di queste conclusioni, la caparra pagata costituisca oggettivamente il corrispettivo di un servizio effettivamente reso dall’albergatore ai clienti fino alla disdetta da parte di questi ultimi. Orbene, come ho già detto, ritengo che tale questione non possa che essere risolta in senso affermativo. La circostanza che il prestatore ed il cliente abbiano convenuto, secondo il diritto civile applicabile, che un importo versato in anticipo sia destinato a risarcire forfetariamente il prestatore per gli eventuali danni che questi subirà in caso di disdetta da parte del cliente, anziché a remunerare la prestazione di un servizio da lui effettivamente fornito al cliente, non può essere decisiva per escludere tale prestazione di servizi dal sistema comune dell’IVA, ove non si constati l’esistenza di un danno reale, effettivamente subito dal prestatore in conseguenza della disdetta del cliente.

III – Conclusione

35.      Alla luce delle considerazioni che precedono, ritengo che la Corte debba risolvere la questione sottopostale dal Conseil d’État francese dichiarando che gli artt. 2, n. 1, e 6, n. 1, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari – sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, devono essere interpretati nel senso che le somme versate a titolo di caparra nell’ambito di contratti di compravendita aventi ad oggetto prestazioni di servizi alberghieri soggetti all’imposta sul valore aggiunto devono essere considerate, quando l’acquirente fa uso della facoltà di disdetta che gli è concessa e quando tali somme sono trattenute dal venditore, remunerazioni della prestazione di prenotazione e, come tali, assoggettate all’imposta sul valore aggiunto.


1 – Lingua originale: il portoghese.


2 – Direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1), come modificata dalla direttiva del Consiglio 16 dicembre 1991, 91/680/CEE (GU L 376, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»).


3 – JORF del 21 gennaio 1992, pag. 968.


4 – Sentenza 3 marzo 1994, causa C-16/93 (Racc. pag. I-743).


5 – Sentenza Tolsa, citata, punto 12. V. anche sentenza 1° aprile 1982, causa 89/81, Hong-Kong Trade Development Council (Racc. pag. 1277, punti 9 e 10).


6 – Sentenza Tolsma, citata, punto 13 e giurisprudenza ivi menzionata.


7 – Sentenza Tolsma, citata, punto 14. Per applicazioni più recenti di tale giurisprudenza v. sentenze 14 luglio 1998, causa C-172/96, First National Bank of Chicago (Racc. pag. I-4387, punto 26); 14 luglio 2005, causa C-435/03, British American Tobacco International (Racc. pag. I-7077, punto 32) e 23 marzo 2006, causa C-210/04, FCE Bank (Racc. pag. I-0000, punto 34).


8 – Sentenza 21 marzo 2002, causa C-174/00 (Racc. pag. I-3293, punto 39).


9 – Ibidem, punto 40.


10 – Ibidem, punto 42.


11 – V. sentenze 26 marzo 1987, causa 235/85, Commissione/Paesi Bassi (Racc. pag. 1471, punto 6), e 15 giugno 1989, causa 348/87, Stichting Uitvoering Financiële Acties (Racc. pag. 1737, punto 10).


12 – Sentenze 22 ottobre 1998, cause riunite C-308/96 e C-94/97, Madgett e Baldwin (Racc. pag. I-6229, punto 24), e 25 febbraio 1999, causa C-349/96, CPP (Racc. pag. I-973, punto 30).


13 – Sentenza 18 dicembre 1997, causa C-384/95 (Racc. pag. I-7387).


14 – Sentenza 29 febbraio 1996, causa C-215/94 (Racc. pag. I-959).


15 – Sentenze Mohr, punto 21, e Landboden-Agrardienste, citate, punti 24 e 25.


16 – Sentenza Mohr, citata, punto 21.


17 – Sentenza Landboden-Agrardienste, citata, punto 24.


18 – A tale proposito, la ricorrente sottolinea che, secondo il diritto civile francese, la caparra è una somma di denaro deducibile dal prezzo totale in caso di esecuzione del contratto, versata dal debitore all’atto della stipula e che tuttavia, in caso di rinuncia all’esecuzione del contratto da parte del debitore, rimane acquisita al creditore a titolo di risarcimento.


19 – V. sentenza 1° luglio 1982, causa 222/81, BAZ Bausystem (Racc. pag. 2527, punto 11), in cui la Corte ha dichiarato che non sono soggetti ad imposta gli interessi attribuiti con provvedimento del giudice a titolo di risarcimento per un ritardo nel versamento del saldo del corrispettivo di una prestazione di servizi. V. nello stesso senso, sentenza 27 ottobre 1993, causa C-281/91, Muys’ en De Winter’s Bouw- en Aannemingsbedrijf (Racc. pag. I-5405, punti 18 e 19), in cui la Corte ha invece dichiarato che sono soggetti ad imposta gli interessi pagati a un fornitore dal suo cliente in cambio di una dilazione di pagamento concessa dal primo fino alla consegna del bene.


20 – Sentenze 26 giugno 2003, causa C-305/01, MKG-Kraftfahrzeuge-Factoring (Racc. p. I-6729, punto 38), e 21 aprile 2005, causa C-25/03, HE (Racc. pag. I-3123, punto 36).


21 – Potrebbe ad esempio essere considerato di natura intrinsecamente sanzionatoria o punitiva.


22 – Sentenze 8 febbraio 1990, causa C-320/88, Shipping and Forwarding Enterprise Safe (Racc. pag. I-285, punti 7 e 8), 4 ottobre 1995, causa C-291/92, Armbrecht (Racc. pag. I-2775, punti 13 e 14), e 6 febbraio 2003, causa C-185/01, Auto Lease Holland (Racc. pag. I-1317, punti 32 e 33), nonché sentenza HE, citata, punto 64.


23 – L’art. 114 del codice del consumo prevede infatti che «salvo che il contratto disponga diversamente, gli importi versati in anticipo costituiscano una caparra».


24 – V., in questo senso, sentenze 6 aprile 1995, causa C-4/94 (Racc. pag. I-983, punto 24); 12 gennaio 2006, cause, riunite C-354/03, C-355/03 e C-484/03, Optigen (Racc. pag. I-0000, punto 45), 21 febbraio 2006, causa C-255/02, Halifax (Racc. pag. I-0000, punti 57 e 58), e 6 luglio 2006, cause riunite C-439/04 e C-440/04, Kittel (Racc. pag. I-0000, punto 43).