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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

SHARPSTON

presentate il 13 luglio 2006 1(1)

Causa C-290/05

Ákos Nádasdi

contro

Vám- és Pénzügyőrség Észak-Alföldi Regionális Parancsnoksága






1.     Con il presente rinvio pregiudiziale, l’Hajdú-Bihar Megyei Bíróság (Tribunale provinciale di Hajdú-Bihar) ungherese vuole sapere se un’imposta nazionale sull’immatricolazione degli autoveicoli sia compatibile con l’art. 90, primo comma, CE. L’imposta in questione viene riscossa su ogni veicolo all’atto della sua prima messa in circolazione nello Stato membro e il relativo importo viene determinato sulla base delle caratteristiche tecniche del veicolo e di una classificazione in funzione di considerazioni di tutela ambientale, a prescindere dal valore. La questione viene sollevata in particolare con riguardo all’applicazione di tale imposta ai veicoli usati importati da altri Stati membri.

 Disposizioni di diritto comunitario pertinenti

2.     L’art. 90 CE dispone quanto segue:

«Nessuno Stato membro applica direttamente o indirettamente ai prodotti degli altri Stati membri imposizioni interne, di qualsivoglia natura, superiori a quelle applicate direttamente o indirettamente ai prodotti nazionali similari.

Inoltre, nessuno Stato membro applica ai prodotti degli altri Stati membri imposizioni interne intese a proteggere indirettamente altre produzioni».

3.     Tale disposizione, in particolare il primo comma, è stata esaminata dalla Corte in varie occasioni con specifico riferimento ad imposte nazionali applicate agli autoveicoli usati importati da altri Stati membri (2). Tale giurisprudenza è consolidata e ben nota, ma può essere utile riassumerne gli elementi essenziali. Nel considerare tale giurisprudenza, si deve ricordare che se nel prezzo di vendita è incorporato un x% di imposta sul prodotto nuovo, il prezzo del prodotto usato include dopo il deprezzamento anche un x% di imposta residuale.

4.     Anzitutto, la causa Commissione/Danimarca (3) verteva su un’imposta riscossa all’atto della prima immatricolazione degli autoveicoli in Danimarca. Per gli autoveicoli nuovi (che erano tutti importati in quanto non esisteva una produzione danese), l’aliquota era superiore al 100% del valore imponibile. Per gli autoveicoli usati, l’aliquota era pari al 100% del prezzo del veicolo nuovo per gli autoveicoli con meno di sei mesi e al 90% di tale prezzo per quelli con più di sei mesi di vita. La vendita di autoveicoli usati già immatricolati in Danimarca non comportava la riscossione di una nuova tassa d’immatricolazione.

5.     La Corte ha rilevato che sebbene non esistesse una produzione danese di autoveicoli, la Danimarca aveva comunque un mercato dei veicoli usati. Un prodotto diviene nazionale quando è stato importato e posto sul mercato. Gli autoveicoli usati importati e quelli acquistati in loco costituiscono prodotti similari o concorrenti. L’art. 90 CE si applicava quindi alla tassa d’immatricolazione riscossa all’atto dell’importazione degli autoveicoli usati. A tal fine, occorreva prendere in considerazione non solo l’aliquota del tributo interno gravante sui prodotti nazionali e su quelli importati, ma anche la base imponibile e le modalità di riscossione del tributo stesso.

6.     La Corte ha ammesso che, a causa dell’ammontare assai elevato della tassa gravante sugli autoveicoli nuovi, la parte della tassa ancora incorporata nel valore del veicolo usato si ammortizzava più lentamente in Danimarca che in alcuni altri Stati membri. Tuttavia, la riscossione di una tassa la cui base imponibile era pari almeno al 90% del valore del veicolo nuovo costituiva comunque una tassazione evidentemente più gravosa dei veicoli usati importati rispetto al valore residuale della tassa d’immatricolazione per i veicoli d’occasione già immatricolati acquistati sul mercato danese. Di conseguenza, sussisteva una tassazione discriminatoria sui veicoli usati d’importazione.

7.     Nella causa Nunes Tadeu (4), era in discussione un’imposta monofase sulle autovetture leggere destinate al trasporto di passeggeri immatricolate in Portogallo, sia importate, nuove o usate, sia assemblate o fabbricate in Portogallo. L’ammontare dell’imposta era variabile in funzione della cilindrata e non del prezzo del veicolo, ma era prevista una riduzione per i veicoli d’occasione importati immatricolati più di due anni prima.

8.     La Corte ha rilevato che l’imposta controversa non gravava sulle operazioni interne di compravendita di vetture usate in quanto veniva riscossa una sola volta, all’atto della prima immatricolazione del veicolo in Portogallo, e parte dell’imposta rimaneva incorporata nel valore delle vetture usate già immatricolate e acquistate sul mercato portoghese.

9.     Tuttavia, l’ammontare dell’imposta gravante sui veicoli usati importati, indipendentemente dal loro grado di vetustà o dalle loro condizioni, non era mai inferiore al 90% dell’ammontare dell’imposta gravante su una vettura nuova, mentre il valore residuale dell’imposta incorporata nel valore di una vettura usata acquistata in Portogallo poteva essere inferiore all’ammontare suddetto, in quanto tale valore residuale diminuiva in proporzione al deprezzamento del veicolo. La detta imposta costituiva quindi una manifesta sopratassazione dei veicoli usati importati rispetto al valore residuale dell’imposta sulle vetture d’occasione già immatricolate e successivamente acquistate sul mercato portoghese. Di conseguenza, essa determinava un’imposizione discriminatoria delle vetture usate importate.

10.   Nella causa Commissione/Grecia (5) era in discussione un regime impositivo leggermente più complesso. In Grecia veniva riscossa un’imposta speciale di consumo in occasione del primo acquisto o all’atto dell’importazione di un’autovettura, ed era dovuta una tassa addizionale in occasione della prima immatricolazione. Entrambe le imposte corrispondevano a una percentuale (variabile in funzione della cilindrata) del prezzo. Per le autovetture usate d’importazione, il valore imponibile veniva determinato riducendo il prezzo delle corrispondenti autovetture nuove del 5% per ciascun anno di vetustà, fino a un massimo del 20%. Inoltre, le aliquote dell’imposta speciale di consumo venivano ridotte per le autovetture dotate di tecnologia antinquinamento che rispondevano a taluni criteri. Le autovetture usate d’importazione dotate di tale tecnologia non beneficiavano invece delle aliquote ridotte.

11.   Con riguardo all’imposta speciale di consumo e alla tassa addizionale, la Corte ha rilevato che l’imposta sulle autovetture usate d’importazione veniva ridotta per ciascun anno di vetustà solo del 5% del totale dell’imposta riscossa su un’autovettura nuova, fino a una riduzione massima del 20%, indipendentemente dalla vetustà del veicolo considerato. Per contro, la parte residuale dell’imposta incorporata nel valore di un’autovettura d’occasione acquistata in Grecia diminuiva in proporzione al deprezzamento del veicolo. La diminuzione annua del valore delle autovetture di solito è di gran lunga superiore al 5%, in particolare nei primi anni, e tale fenomeno continua per oltre quattro anni. Di conseguenza, l’imposta sui veicoli usati d’importazione era in genere superiore alla quota dell’imposta che rimaneva incorporata nel valore delle autovetture d’occasione previamente immatricolate e acquistate sul mercato greco.

12.   Il governo ellenico aveva sostenuto che il limite massimo di riduzione del 20% era giustificato dall’intento di scoraggiare l’immissione in circolazione di autoveicoli vecchi, pericolosi e inquinanti. La Corte ha tuttavia osservato che il perseguimento di tale obiettivo non esonera uno Stato membro dal rispetto del principio di non discriminazione di cui all’art. 90 CE. Un sistema di imposizione può essere considerato compatibile con il detto articolo solo se è congegnato in modo da escludere in ogni caso che i prodotti importati siano tassati maggiormente dei prodotti nazionali e, pertanto, se esso non comporta, in nessun caso, effetti discriminatori (6).

13.   Con riguardo alla riduzione delle aliquote per le autovetture dotate di tecnologia antinquinante, la Corte ha dichiarato che l’art. 90 CE osta a che uno Stato membro conferisca vantaggi fiscali alle autovetture nazionali meno inquinanti, negando questi benefici ad autovetture provenienti da altri Stati membri che rispondano agli stessi criteri. Su tale conclusione dovevano considerarsi ininfluenti sia una dichiarazione con cui la Commissione approvava tali misure sia le eventuali difficoltà tecniche volte ad accertare se le autovetture usate d’importazione rispondessero ai criteri in questione.

14.   La causa Gomes Valente (7) verteva sulla stessa imposta oggetto della causa Nunes Tadeu, ma aveva tratto origine da una modifica che aveva sostituito la riduzione unica del 10% per i veicoli usati d’importazione immatricolati per la prima volta più di due anni prima con un tabella di riduzioni comprese tra il 18% dopo un anno di utilizzazione e il 67% dopo 8 anni di utilizzazione.

15.   La Corte ha dichiarato che le sentenze Commissione/Danimarca e Nunes Tadeu non comportano che il deprezzamento reale possa essere preso in considerazione solo attraverso una valutazione o una perizia di ciascun autoveicolo. Anche mediante tariffe forfettarie calcolate sulla base di criteri quali la vetustà, il chilometraggio, lo stato generale, il modo di propulsione o il modello dell’autoveicolo, sarebbe possibile determinare un valore degli autoveicoli usati in linea di massima molto vicino al loro valore reale. Nell’elaborazione di tali tariffe, si potrebbe fare riferimento a un bollettino o a un listino in cui figurino i prezzi medi correnti degli autoveicoli usati sul mercato nazionale. Tuttavia, tale sistema, per essere compatibile con l’art. 90 CE, dovrebbe essere conformato in modo da escludere ogni effetto discriminatorio.

16.   La tabella delle riduzioni controversa non si basava su criteri quali quelli indicati. Essa non era tale da garantire che l’ammontare dell’imposta dovuta all’importazione di un autoveicolo proveniente da un altro Stato membro non superasse il valore residuale dell’imposta gravante su un autoveicolo equivalente già immatricolato in Portogallo. Essa, pertanto, non escludeva che i prodotti importati potessero essere gravati in maniera più onerosa rispetto ai prodotti nazionali.

17.   La causa Tulliasiamies e Siilin (8) riguardava un’imposta finlandese sui veicoli a motore che doveva essere versata prima dell’immatricolazione o della messa in circolazione dei veicoli. L’imposta da versare corrispondeva al valore imponibile del veicolo ridotto di un importo fisso, ma non poteva essere inferiore al 50% di tale valore imponibile. Per i veicoli usati d’importazione, il valore imponibile era uguale a quello per i veicoli nuovi equivalenti, ridotto – salvo eccezioni marginali – dello 0,5% per ogni mese di utilizzazione dopo i primi sei mesi, fino a un massimo di 150 mesi (e quindi del 75% dopo 12 anni e mezzo).

18.   La Corte ha rilevato che, nel caso di veicoli usati già immatricolati in Finlandia, l’imposta sui veicoli a motore poteva essere stata pagata allo stato nuovo sulla base del valore d’acquisto del veicolo nuovo per l’importatore ufficiale, il che escludeva margini di utile. Nel caso di veicoli usati importati da un privato, invece, l’imposta sui veicoli a motore dovuta era calcolata sulla base del prezzo d’acquisto, per il consumatore, di un veicolo nuovo equivalente, che era in generale più elevato di quello pagato dall’importatore ufficiale. Tale sistema non escludeva la possibilità che i veicoli usati importati fossero assoggettati, in certi casi, a un’imposta di ammontare più elevato di quello dell’imposta residuale incorporato nel valore di un veicolo usato equivalente già immatricolato sul territorio nazionale. Tale sistema era quindi incompatibile, entro tali limiti, con l’art. 90 CE.

19.   La Corte ha dichiarato che il calcolo del deprezzamento mensile allo 0,5% tra il 7° e il 150° mese non teneva conto del deprezzamento reale dei veicoli usati ed era quindi anch’esso incompatibile con l’art. 90 CE. Inoltre, se il deprezzamento reale è definito in modo generale e astratto in base a criteri determinati dal diritto nazionale, l’art. 90 CE impone che il sistema di imposizione sia conformato in modo da escludere ogni effetto discriminatorio. Ciò presuppone che siano portati a conoscenza del pubblico i criteri su cui si fonda il metodo di calcolo e che il proprietario di un veicolo usato importato abbia la possibilità di contestare l’applicazione di un metodo di calcolo forfettario a tale veicolo, il che può portare a dover esaminare le caratteristiche proprie di quest’ultimo per accertarsi che l’imposta che gli viene applicata non sia superiore all’imposta residuale incorporata nel valore di un veicolo usato equivalente già immatricolato nel territorio nazionale.

20.   La causa Weigel (9) riguardava un’imposta sul consumo normale di carburante cui erano assoggettati gli autoveicoli all’atto della loro prima immatricolazione in Austria. La base imponibile era costituita dal corrispettivo versato o, in alcuni casi, dal valore corrente di mercato del veicolo. L’aliquota d’imposta era sostanzialmente pari al 2% della base imponibile, moltiplicato per un numero prefissato relativo al consumo di carburante (10), fino a un massimo del 16%. Tuttavia, era prevista una maggiorazione del 20%, in particolare quando l’imposta veniva riscossa semplicemente per la prima immatricolazione del veicolo in Austria, in mancanza di un’operazione assoggettata ad IVA.

21.   La Corte ha esaminato, innanzi tutto, l’imposta base e ha concluso che non sussisteva alcuna violazione dell’art. 90 CE, se – come sembrava avvenire nel caso di specie – il metodo di calcolo del valore corrente di mercato rifletteva con precisione il reale deprezzamento dei veicoli usati e permetteva di conseguire l’obiettivo di una tassazione dei veicoli usati importati che non era in nessun caso superiore all’importo dell’imposta residuale incorporato nel valore degli autoveicoli usati equivalenti già immatricolati in Austria.

22.   Con riguardo all’addizionale del 20%, invece, la Corte ha rilevato che un criterio di maggiorazione dell’imposta che, per definizione, in nessun caso può applicarsi ai prodotti nazionali simili non può essere compatibile con l’art. 90 CE, in quanto esclude a priori i prodotti nazionali dal regime di tassazione più oneroso (11). Del pari è incompatibile ove i prodotti maggiormente gravati da imposte siano, per loro natura, prodotti importati (12). L’imposta addizionale del 20% si applicava solo eccezionalmente all’imposta di base sulle operazioni puramente nazionali, ed era pertanto incompatibile con l’art. 90 CE.

23.   Da tale giurisprudenza si può desumere che, per essere compatibile con l’art. 90 CE, primo comma, un’imposta nazionale riscossa una sola volta su ogni veicolo, all’atto della sua prima immatricolazione in uno Stato membro, dev’essere calcolata, nella misura in cui grava sui veicoli usati, in modo da evitare ogni discriminazione contro tali veicoli provenienti da altri Stati membri. L’imposta in questione, pertanto, non deve imporre sui veicoli usati importati un onere superiore a quello dell’imposta residuale incorporata nel prezzo di un veicolo equivalente immatricolato per la prima volta nello stesso Stato membro in una fase precedente del suo ciclo di vita.

24.   La Corte ha inoltre precisato che per valutare la compatibilità con l’art. 90 CE occorre prendere in considerazione anche le modalità di riscossione dell’imposta; che il perseguimento di un obiettivo di tutela dell’ambiente non esonera uno Stato membro dall’obbligo di evitare le discriminazioni; che il deprezzamento non dev’essere valutato necessariamente caso per caso ma può basarsi su tariffe o tabelle che utilizzino criteri pertinenti tali da riflettere con buona approssimazione il valore deprezzato e che un proprietario deve potersi opporre all’applicazione di tali tariffe o tabelle qualora non tengano conto delle caratteristiche reali di uno determinato veicolo.

 Disposizioni nazionali pertinenti

25.   Un requisito indispensabile per l’immatricolazione delle vetture destinate al trasporto passeggeri e dei caravan (13) ai fini dell’immissione in circolazione in Ungheria consiste nel pagamento della tassa d’immatricolazione (regisztrációs adó).

26.   Prima del 1° febbraio 2004, su tali veicoli veniva riscossa l’imposta sui consumi (fogyasztási adó). Si trattava di un’imposta che veniva applicata una sola volta, calcolata in percentuale sul valore dichiarato, e tale percentuale veniva stabilita in funzione di determinate caratteristiche relative ai consumi del veicolo.

27.   A decorrere dalla suddetta data, l’imposta sui consumi è stata sostituita dalla tassa d’immatricolazione mediante legge n. CX del 2003 (legge sulla tassa d’immatricolazione). La tassa d’immatricolazione viene riscossa mediante prelievo di un importo fisso per ciascuna categoria di veicolo. I veicoli vengono classificati sostanzialmente in base al tipo di motore (14) e alla cilindrata, nonché in funzione di considerazioni di tutela ambientale (15). Esistono inoltre categorie comprendenti i veicoli «da museo» e «altri» veicoli. L’importo dell’imposta non è correlato al valore del veicolo. Essa si applica indistintamente ai veicoli importati (nuovi o usati) e ai veicoli prodotti in Ungheria.

28.   In udienza è emerso che, a decorrere dal 1° gennaio 2006 – e quindi successivamente ai fatti di causa – è stata introdotta una tabella di riduzioni dell’importo dell’imposta dovuta (16), basata sul numero di mesi trascorsi tra la data della prima messa in circolazione del veicolo e quella in cui è stata avviata la procedura amministrativa per il pagamento dell’imposta. La riduzione è compresa tra il 3% (nel caso in cui siano trascorsi meno di due mesi) e il 66% (nel caso in cui siano trascorsi più di 25 anni).

29.   Sugli autoveicoli vengono riscosse anche altre imposte (compresa un’imposta annuale), che tuttavia non sono in discussione nel caso di specie.

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

30.   Il 2 maggio 2004 il sig. Nádasdi acquistava in Germania una Volkswagen Passat usata per l’importo di EUR 6 000 e il 13 maggio presentava una domanda per la liquidazione della tassa d’immatricolazione per l’autoveicolo. Il 14 maggio l’imposta veniva fissata in HUF 150 000 (circa EUR 600) e immediatamente pagata.

31.   Tuttavia, sempre il 14 maggio 2004, entrava in vigore una modifica che comportava un notevole aumento dell’aliquota della tassa d’immatricolazione (17). Pertanto, l’11 novembre 2004, le autorità fiscali revocavano la decisione originale e la sostituivano con una nuova decisione che fissava l’imposta in HUF 390 000 (circa EUR 1 550), imponendo al sig. Nádasdi di versare la differenza di HUF 240 000 (circa EUR 950).

32.   Il sig. Nádasdi chiedeva la verifica giurisdizionale di tale nuova decisione dinanzi al giudice del rinvio. Il ricorso riguardava la data di entrata in vigore dell’aumento della tassa d’immatricolazione, in relazione al momento dell’acquisto e della domanda di immatricolazione del veicolo di cui trattasi. Nell’ambito del procedimento nazionale, egli non deduceva alcun argomento relativo all’incompatibilità con il diritto comunitario.

33.   Il giudice nazionale, tuttavia, si considera tenuto ad applicare d’ufficio il diritto comunitario e nutre dubbi circa la compatibilità della tassa d’immatricolazione ungherese con l’art. 90 CE. Esso rileva che i veicoli d’occasione acquistati all’estero e quelli precedentemente immatricolati in Ungheria prima del 1° febbraio 2004 sono prodotti «analoghi» e che l’importo della tassa d’immatricolazione dei veicoli usati può essere considerato superiore a quello dell’imposta residuale incorporato nel valore di veicoli usati nazionali equivalenti. Si pone il problema se la tassa d’immatricolazione renda più interessante l’acquisto degli autoveicoli d’occasione nazionali e determini quindi una discriminazione nel mercato dei veicoli usati acquistati in altri Stati membri. Il giudice nazionale afferma inoltre di essere una giurisdizione di (prima e) ultima istanza e di essere quindi tenuto a sottoporre i suoi dubbi alla Corte di giustizia.

34.   Le sue questioni sono del seguente tenore:

«1)      Se l’art. 90, primo comma, CE consenta agli Stati membri di mantenere un’imposta sugli autoveicoli d’occasione provenienti da un altro Stato membro, che non tiene assolutamente conto del veicolo e il cui importo viene stabilito esclusivamente sulla base delle caratteristiche tecniche degli autoveicoli (tipo di motore, cilindrata) e di una classificazione in funzione di considerazioni di tutela ambientale.

2)      In caso di soluzione affermativa della prima questione, se la legge CX del 2003 sull’imposta di immatricolazione, oggetto del presente procedimento, sia compatibile con l’art. 90, primo comma, CE, nella misura in cui si riferisce agli autoveicoli d’occasione importati, tenuto conto che, prima della sua entrata in vigore, non era previsto il pagamento dell’imposta di immatricolazione per gli autoveicoli che già erano stati posti in circolazione in Ungheria».

35.   Hanno presentato osservazioni scritte i governi ungherese e polacco nonché la Commissione. Il sig. Nádasdi, il governo ungherese e la Commissione hanno svolto oralmente le loro tesi all’udienza svoltasi il 1° giugno 2006.

 Analisi

 Sulla ricevibilità

36.   Il governo ungherese sostiene che la domanda di pronuncia pregiudiziale è irricevibile in quanto non specifica i motivi per i quali il giudice nazionale necessita di un’interpretazione del diritto comunitario per risolvere la questione sollevata dinanzi ad esso, cioè il momento in cui è entrato in vigore l’aumento della tassa d’immatricolazione. Secondo il detto governo, inoltre, non occorrerebbe a tal fine alcuna interpretazione. Il momento in cui è entrato in vigore l’aumento e quello in cui esso è stato applicato in relazione ai veicoli acquistati a una certa data costituiscono una questione di mero diritto interno.

37.   È vero che la determinazione del momento in cui è entrato in vigore l’aumento della tassa d’immatricolazione ungherese e di quello in cui tale aumento è stato applicato in relazione ai veicoli acquistati o immatricolati a una certa data, che sembrano essere gli unici punti controversi tra il sig. Nádasdi e l’autorità fiscale, non dipende in alcun modo da un’interpretazione del diritto comunitario.

38.   Tuttavia, nel 1978, la Corte ha dichiarato nella causa Simmenthal (18), che verteva sull’applicazione di un’imposta nazionale già dichiarata incompatibile con il diritto comunitario, che «qualsiasi giudice nazionale, adito nell’ambito della sua competenza, ha l’obbligo di applicare integralmente il diritto comunitario e tutelare i diritti che questo attribuisce ai singoli, disapplicando le disposizioni eventualmente contrastanti della legge interna». Tale principio è stato frequentemente ribadito nel corso degli anni, da ultimo nella causa Mangold (19).

39.   Vietando l’imposizione fiscale discriminatoria, l’art. 90, primo comma, CE conferisce ai singoli il diritto di non essere assoggettati a siffatta imposizione, diritto che dev’essere tutelato dai giudici nazionali (20).

40.   Di conseguenza, se un aspetto della legge ungherese sulla tassa d’immatricolazione è vietato dalla suddetta disposizione, il giudice nazionale è tenuto a disapplicare tale aspetto (21) in qualsiasi procedimento rientri nella sua competenza.

41.   Non mi consta che la Corte si sia mai spinta fino ad imporre a un giudice nazionale di sollevare d’ufficio la questione della compatibilità di una disposizione interna con il diritto comunitario nell’ambito di procedimenti in cui non era stata posta alcuna questione del genere (22). Infatti, ciò significherebbe imporre un onere praticamente insostenibile ai giudici nazionali, i quali, pressoché in tutti i casi, dovrebbero esaminare alla luce del diritto comunitario nel suo complesso ogni singola disposizione che sono chiamati ad applicare.

42.   Nondimeno, è chiaro che il diritto comunitario non osta assolutamente a che un giudice nazionale sollevi d’ufficio una questione del genere. Sorgerebbero difficoltà solo qualora le norme nazionali lo vietassero, e in tal caso potrebbe essere necessario sottoporre alla Corte una questione relativa alla legittimità di tali norme nazionali (23). Tuttavia, nella fattispecie non sembrano esistere norme di questo tipo che possano impedire al giudice nazionale di esaminare la questione sollevata e sulla quale esso chiede chiarimenti alla Corte.

43.   Di conseguenza, a mio parere non vi è alcun motivo per rifiutarsi di risolvere le questioni deferite, che, oltre tutto, sono chiaramente non ipotetiche, bensì pertinenti alla controversia pendente dinanzi al giudice nazionale.

 Sul termine di confronto appropriato

44.   Per esaminare la tassa d’immatricolazione controversa alla luce dell’art. 90, primo comma, CE, occorre stabilire se essa, quando viene applicata ai veicoli usati importati da altri Stati membri, sia superiore all’imposizione interna sui «prodotti nazionali equivalenti».

45.   Il giudice nazionale osserva che vi è concorrenza sul mercato tra a) i veicoli usati importati da altri Stati membri da quando è stata introdotta la tassa d’immatricolazione, il 1° febbraio 2004, sui quali viene riscosso l’intero ammontare dell’imposta, e b) i veicoli usati immessi in circolazione in Ungheria prima della suddetta data, sui quali veniva riscossa la precedente imposta sui consumi e nel cui valore attuale è incorporata una quota residuale di tale imposta.

46.   La Commissione sostiene invece che le due categorie così definite non sono propriamente equiparabili ai fini dell’art. 90 CE. Il governo ungherese sottolinea la difficoltà del confronto, data la differenza di base imponibile tra le due imposte, ma concorda con il giudice del rinvio che qualsiasi confronto richiede comunque che si verifichi se, in un determinato periodo di tempo (che nella fattispecie, a suo parere, include sia il periodo in cui è stata riscossa l’imposta sui consumi prima dell’introduzione della tassa d’immatricolazione sia il periodo decorrente dall’introduzione di una riduzione progressiva in base alla vetustà dei veicoli usati), il sistema determini un’imposizione discriminatoria dei veicoli provenienti da altri Stati membri.

47.   Su questo punto concordo con la Commissione.

48.   Se uno Stato membro introduce un’imposta che viene riscossa all’atto della prima messa in circolazione dei veicoli, tale imposta colpisce solo i veicoli, nuovi o usati, immessi in circolazione per la prima volta dopo la data di introduzione dell’imposta. Con riguardo ai veicoli usati, essa, in linea di principio, si applica solo a quelli importati dall’estero. Questi ultimi sono necessariamente assoggettati a un’imposizione maggiore rispetto ai veicoli usati già circolanti nello Stato membro prima dell’introduzione dell’imposta, che, per definizione, non ne sono gravati (24). Se le due categorie fossero considerate equiparabili ai fini dell’art. 90 CE, uno Stato membro non potrebbe in alcun caso introdurre un’imposta di questo tipo. Del pari, sarebbe impossibile aumentare l’aliquota d’imposta o adottare altri provvedimenti aventi lo stesso effetto, ad esempio modificando la struttura dell’imposta.

49.   Tuttavia, l’art. 90 CE non è inteso ad impedire agli Stati membri di introdurre nuove imposte o di modificare l’aliquota o la struttura delle imposte esistenti, bensì a garantire che esse vengano applicate in modo non discriminatorio sia ai prodotti nazionali che a quelli importati da altri Stati membri. Ciò che si deve accertare è se l’imposta in questione produca sui veicoli usati già in circolazione nello Stato membro effetti diversi da quelli ch’essa determina sui veicoli usati importati da altri Stati membri. Per essere corretta, la valutazione va condotta a prescindere dalla base dell’aliquota o delle aliquote applicabili all’epoca dei fatti e non mediante confronto con altre imposte o con altre aliquote.

50.   Di conseguenza, ai fini del caso in esame, l’effetto della tassa d’immatricolazione sui veicoli usati appena importati da un altro Stato membro dev’essere confrontato con l’effetto della tassa d’immatricolazione residuale sui veicoli d’occasione equivalenti già immatricolati in Ungheria e già precedentemente assoggettati alla stessa imposta. Non è pertinente il confronto con i veicoli usati già immatricolati in Ungheria nel cui valore è incorporata l’imposta sui consumi residuale. Inoltre, nel procedimento principale, il giudice nazionale deve valutare la tassa d’immatricolazione vigente nel momento in cui è stata applicata al veicolo del sig. Nádasdi. Pertanto, non può assumere rilevanza neanche l’introduzione successiva di una tabella di riduzioni.

51.   È vero che, per confrontare l’intero importo di un’imposta con l’importo residuale della stessa dopo un periodo di deprezzamento, si deve presumere che tale periodo sia trascorso. D’altro canto è altresì vero che, nel momento stesso in cui viene introdotta una nuova imposta o una nuova aliquota, di fatto non può essere trascorso tale periodo. Nella fattispecie, il giudice nazionale deve esaminare la tassa d’immatricolazione ungherese quale risultava il giorno in cui è stata introdotta una nuova aliquota. A tal fine, egli deve quindi ipotizzare una virtuale proiezione nel futuro e stabilire se, in tale prospettiva, sussista un’imposizione discriminatoria dei veicoli usati provenienti da altri Stati membri. La valutazione di un’imposta quale risulta in un determinato momento sarebbe distorta se si tenesse conto di successive modifiche del sistema impositivo (25).

 Sulle questioni pregiudiziali

52.   Il giudice nazionale, in primo luogo, chiede in sostanza se l’art. 90, primo comma, CE, osti a che sugli autoveicoli usati provenienti da altri Stati membri venga riscossa un’imposta il cui importo viene determinato esclusivamente sulla base delle caratteristiche tecniche dei veicoli e di una classificazione in funzione di considerazioni di tutela ambientale, a prescindere dal loro valore.

53.   Tuttavia, la suddetta disposizione non riguarda la base imponibile dell’imposta. Essa si applica solo se l’imposta nazionale può determinare un’imposizione sui prodotti provenienti da altri Stati membri più onerosa di quella gravante su prodotti nazionali equivalenti. Come la Corte ha dichiarato nella sentenza Outokumpu (26), «il diritto comunitario (…) non limita la libertà di ciascuno Stato membro di istituire un sistema impositivo differenziato per taluni prodotti, anche similari, ai sensi dell’art. [90], primo comma, [CE], in relazione a criteri oggettivi, come la natura delle materie prime utilizzate o i processi di produzione seguiti. Siffatte differenziazioni tuttavia sono compatibili col diritto comunitario solo se perseguono scopi compatibili anch’essi con quanto prescritto dal Trattato e dal diritto derivato e se le loro modalità sono tali da evitare qualsiasi forma di discriminazione, diretta o indiretta, nei confronti delle importazioni dagli altri Stati membri, o di protezione a favore di prodotti nazionali concorrenti».

54.   Con la seconda questione, il giudice nazionale chiede in sostanza se la tassa d’immatricolazione ungherese introdotta nel 2004 sia compatibile con l’art. 90, primo comma, CE, nella parte in cui grava sui veicoli usati importati ma non sui veicoli immessi in circolazione in Ungheria prima della sua introduzione.

55.   Tuttavia, come ho spiegato in precedenza, tale confronto non è pertinente ai fini della suddetta disposizione. L’effetto della tassa d’immatricolazione sui veicoli usati appena importati da un altro Stato membro va semmai confrontato con l’effetto della tassa d’immatricolazione residuale su veicoli d’occasione equivalenti già immatricolati in Ungheria e precedentemente assoggettati alla medesima imposta.

56.   Propongo pertanto di riformulare le questioni deferite al fine di fornire al giudice nazionale un’interpretazione del diritto comunitario che possa essergli utile.

57.   In primo luogo, se, in linea di principio, un’imposta come la tassa d’immatricolazione ungherese sia compatibile con l’art. 90 CE nella parte in cui si applica all’immatricolazione in Ungheria degli autoveicoli usati importati da altri Stati membri, ma è stata riscossa precedentemente sugli autoveicoli d’occasione già immatricolati in Ungheria.

58.   In secondo luogo, se la soluzione della prima questione sarebbe diversa qualora l’importo della tassa d’immatricolazione fosse stabilito esclusivamente sulla base delle caratteristiche tecniche degli autoveicoli e di una classificazione in funzione di considerazioni di tutela ambientale, a prescindere dal loro valore.

 Sulla compatibilità in generale

59.   Ritengo che l’impostazione finora adottata dalla Corte nella giurisprudenza pertinente (27) porti all’inevitabile conclusione che il metodo di calcolo dell’imposta, dal momento che non tiene conto del deprezzamento al fine di determinare l’importo della tassa d’immatricolazione applicabile ai veicoli usati importati da altri Stati membri, comporta una discriminazione tra tali veicoli e i veicoli d’occasione equivalenti già immatricolati in Ungheria e precedentemente assoggettati alla stessa imposta.

60.   Per svolgere tale analisi, occorre confrontare veicoli simili sotto tutti gli aspetti rilevanti diversi dalla data di messa in circolazione in Ungheria. La tassa d’immatricolazione viene applicata in base a taluni criteri fissi – in particolare tipo di motore e cilindrata e grado di compatibilità ambientale. Ad esempio, l’aliquota dell’imposta applicata al veicolo del sig. Nádasdi era applicabile sia ai motori a benzina di potenza compresa tra 1601 e 1800 cc sia ai motori diesel di potenza compresa tra 1701 e 2000 cc, con un grado di compatibilità ambientale pari o superiore a 5. Analogamente, il confronto deve avere per oggetto veicoli aventi le stesse caratteristiche in termini di deprezzamento – che variano in funzione del modello, della vetustà, del chilometraggio ecc.

61.   Tenendo conto di tali fattori, un veicolo nuovo sul quale sia stata pagata la tassa d’immatricolazione in Ungheria nel maggio 2004 avrà perduto una parte significativa del suo valore – diciamo il 30% – entro il dicembre 2005 (28), allorché avrebbe potuto essere venduto al 70% del suo prezzo originale, comprensivo di un 70% residuale dell’ammontare della tassa d’immatricolazione applicabile alla sua categoria, determinata in base al tipo di carburante, al tipo di motore e alla cilindrata, nonché al grado di compatibilità ambientale. A un veicolo dello stesso modello e di pari vetustà, chilometraggio e altre caratteristiche, acquistato d’occasione in un altro Stato membro e immatricolato in Ungheria nel dicembre 2005, si sarebbe invece applicato il 100% della tassa d’immatricolazione prevista per la sua categoria. L’imposta grava quindi in maniera più onerosa sui veicoli usati importati che sui veicoli usati equivalenti già immatricolati in Ungheria e precedentemente assoggettati alla stessa imposta.

62.   Dalla giurisprudenza della Corte emerge che ciò, in linea di principio, è incompatibile con l’art. 90, primo comma, CE.

 Sulla base imponibile

63.   I governi ungherese e polacco sottolineano che la tassa d’immatricolazione ungherese costituisce in sostanza un’imposta ambientale, dato che il suo importo dipende interamente dal tipo di motore e dalla cilindrata, nonché dalla classificazione in base a considerazioni di tutela ambientale. Un «elevato livello di protezione dell’ambiente ed il miglioramento della qualità di quest’ultimo», osservano tali governi, è uno degli obiettivi fondamentali della Comunità europea indicati all’art. 2 CE.

64.   La Polonia fa anche riferimento alle iniziative comunitarie intese ad incentivare la tutela dell’ambiente nell’uso degli autoveicoli, quali la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 18 settembre 2000, 2000/53/CE, relativa ai veicoli fuori uso (29) e la proposta della Commissione di direttiva del Consiglio in materia di tasse relative alle autovetture (30), nonché a quanto dichiarato dalla Corte nella sentenza Outokumpu (31), secondo cui l’art. 90 CE non osta a che l’aliquota di un tributo interno (in quel caso sull’energia elettrica) vari a seconda delle modalità di produzione e delle materie prime utilizzate, qualora tale differenziazione sia fondata su considerazioni di politica ambientale.

65.   I suddetti governi sostengono quindi non solo che la tassa d’immatricolazione è compatibile con il diritto comunitario, ma altresì che una sentenza sfavorevole della Corte costituirebbe un ostacolo per uno Stato membro che voglia conseguire un obiettivo perseguito dal Trattato e dalle istituzioni comunitarie.

66.   Non sono d’accordo. Lo scopo dell’art. 90 CE consiste nel vietare qualsiasi tributo interno che, a parità di altre condizioni, imponga sui prodotti provenienti da altri Stati membri un onere maggiore di quello gravante sui prodotti nazionali equivalenti. Un’imposta non sfugge a tale divieto solo perché, oltre allo scopo fondamentale di generare gettito, persegue l’obiettivo di favorire prodotti o comportamenti rispettosi dell’ambiente. Al contrario, se persegue tale finalità, essa deve farlo in modo da non imporre sui prodotti nazionali un onere minore rispetto a quello gravante sui prodotti importati da altri Stati membri.

67.   Infatti, dalla giurisprudenza emerge che un’imposta quale quella in discussione nelle cause Nunes Tadeu e Gomes Valente (32), che presentava una chiara somiglianza con la tassa d’immatricolazione controversa nella presenta causa, è incompatibile con l’art. 90 CE, e che le considerazioni di politica ambientale, quali quelle addotte nella causa Commissione/Grecia (33), devono essere fatte valere in modo da non discriminare i prodotti provenienti da altri Stati membri.

68.   È vero che, in linea di massima, gli Stati membri sono liberi di tassare gli autoveicoli conformemente ai criteri ambientali che ritengono più appropriati e che, laddove gli scopi perseguiti attengano alla tutela dell’ambiente, l’entità di tale imposizione può essere indipendente dal prezzo dei veicoli. Perché, dunque, se lo scopo e la base dell’imposizione sono correlate alla tutela dell’ambiente e indipendenti dal valore, la Comunità dovrebbe imporre di tenere conto del deprezzamento ai fini della tassazione dei veicoli usati? Si potrebbe ritenere che tale obbligo contrasti con la libertà degli Stati membri in quanto collega necessariamente l’ammontare dell’imposta con il prezzo di ciascun veicolo.

69.   Tuttavia, tale obiezione non resiste a un esame più approfondito. Il tipo di imposta ora in discussione viene riscosso una sola volta, all’atto della prima immatricolazione del veicolo ai fini della sua utilizzazione nello Stato membro in questione e quindi, nella grande maggioranza dei casi, nel momento stesso, o quasi, in cui il veicolo viene acquistato da una persona residente nel detto Stato. Tale imposta diviene parte del valore capitale del veicolo ed è questo l’aspetto di cui occorre tenere conto nel valutare l’effetto dell’imposizione sui prodotti concorrenti provenienti da altri Stati membri. Altri tipi di imposte ambientali andrebbero valutate diversamente. Le imposte periodiche, ad esempio, rientrano nei costi di gestione di un veicolo più che nel suo valore capitale, per cui non occorre prendere in considerazione il deprezzamento di tale valore.

70.   Non spetta alla Corte stabilire come l’Ungheria debba organizzare il suo sistema di imposizione sui veicoli in modo da rispondere alle sue preoccupazioni in materia di tutela ambientale, garantendo al contempo la parità di trattamento tra i veicoli usati già immatricolati in Ungheria e quelli appena immessi in circolazione nel detto Stato a seguito dell’importazione da un altro Stato membro.

71.   Tuttavia, esistono sicuramente strumenti per conciliare le considerazioni di politica ambientale con quelle afferenti alla parità di trattamento. Ad esempio, l’Ungheria, se applica un’imposta monofase che viene riscossa su ogni veicolo all’atto della sua prima messa in circolazione, può adottare un meccanismo quale quello delle tariffe forfettarie di cui alla causa Gomes Valente (34) con la possibilità, se del caso, di contestare tale metodo e di ottenere una valutazione specifica, come indicato nella sentenza Tulliasiamies (35). In alternativa, gli Stati membri devono poter adottare un sistema basato esclusivamente su una tassa di circolazione annua, quale quella descritta nella proposta della Commissione di direttiva in materia di tasse relative alle autovetture (36) (a prescindere dalla circostanza che tale proposta, in definitiva, venga accolta o meno).

 Sulla limitazione dell’efficacia nel tempo della sentenza

72.   Infine, la Polonia chiede nelle sue osservazioni scritte che, qualora l’emananda sentenza dichiari che la tassa d’immatricolazione controversa è incompatibile con l’art. 90, primo comma, CE, la Corte voglia limitare nel tempo l’efficacia di tale sentenza. L’Ungheria ha avanzato la stessa richiesta in udienza.

73.   Secondo una giurisprudenza costante, l’interpretazione che la Corte dà di una norma di diritto comunitario chiarisce e precisa, se necessario, il significato e la portata della norma stessa, come deve o avrebbe dovuto essere intesa ed applicata dal momento della sua entrata in vigore. La norma così interpretata può e deve essere applicata dal giudice anche a rapporti giuridici sorti e costituiti prima della sentenza che statuisce sulla domanda d’interpretazione (37).

74.   Recentemente, la Corte ha definito nei termini seguenti la propria prassi per quanto riguarda la limitazione nel tempo dell’efficacia di tali sentenze:

«Solo in via eccezionale, applicando il principio della certezza del diritto inerente all’ordinamento giuridico comunitario, la Corte può essere indotta a limitare la possibilità per gli interessati di far valere una disposizione da essa interpretata onde rimettere in discussione rapporti giuridici costituiti in buona fede (…)

Inoltre, secondo costante giurisprudenza, le conseguenze finanziarie che potrebbero derivare per uno Stato membro da una sentenza pronunciata in via pregiudiziale non giustificano, di per sé, la limitazione dell’efficacia nel tempo di tale sentenza (...)

La Corte ha fatto ricorso a tale soluzione soltanto in presenza di circostanze ben precise, quando, da un lato, vi era un rischio di gravi ripercussioni economiche dovute, in particolare, all’elevato numero di rapporti giuridici costituiti in buona fede sulla base della normativa ritenuta validamente vigente, e quando, dall’altro, risultava che i singoli e le autorità nazionali erano stati indotti ad un comportamento non conforme alla normativa comunitaria in ragione di una obiettiva e rilevante incertezza circa la portata delle disposizioni comunitarie, incertezza alla quale avevano eventualmente contribuito gli stessi comportamenti tenuti da altri Stati membri o dalla Commissione (…)» (38).

75.   Pertanto, nella fattispecie la domanda può essere accolta solo se è soddisfatto il criterio della «buona fede».

76.   In udienza, l’Ungheria ha dichiarato che tra il 1° maggio 2004 e il 31 dicembre 2005, la tassa d’immatricolazione era stata pagata in buona fede su oltre 80 000 veicoli usati importati da altri Stati membri. Tale Stato, tuttavia, non ha dedotto alcun argomento relativo all’esistenza di una obiettiva e rilevante incertezza (39) circa le implicazioni dell’art. 90 CE o al comportamento di altri Stati membri o della Commissione che potrebbero averlo indotto a ritenere che sussistesse un’incertezza del genere. Pertanto, non sono convinto che il primo criterio sia soddisfatto.

77.   Per quanto riguarda il secondo criterio – l’esistenza di un rischio di gravi ripercussioni economiche per lo Stato membro interessato –, il governo ungherese, in udienza, ha prodotto dati secondo cui il gettito complessivo generato dalla tassa d’immatricolazione sui veicoli usati importati da altri Stati membri ammonterebbe a circa HUF 29 miliardi (EUR 116 milioni), che, secondo quanto ha affermato il detto governo, rappresentavano lo 0,6% delle entrate statali annue. Esso ha ammesso che andrebbe rimborsata non l’intera somma, ma solo la parte che sarebbe risultata pagata in eccesso se si fosse tenuto conto del deprezzamento. Il governo ungherese ha tuttavia evidenziato i costi amministrativi che comporterebbe l’esame di un numero così elevato di singoli casi e in particolare l’individuazione di tutti i soggetti aventi diritto al rimborso.

78.   L’obbligo di rimborsare l’imposta costituirebbe una conseguenza finanziaria della sentenza che propongo di emettere. Di regola, esso non giustificherebbe di per sé la limitazione dell’efficacia nel tempo di tale sentenza. Inoltre non ritengo che l’obbligo in questione possa essere considerato una grave ripercussione economica atta a giustificare una siffatta limitazione. Infatti, l’importo di cui trattasi è presumibilmente molto inferiore rispetto all’asserito 0,6% delle entrate statali. Il rimborso può avere per oggetto solo la quota pagata in eccesso e, contrariamente a quanto paventato dal governo ungherese, il diritto comunitario non può imporre a uno Stato membro di individuare tutti coloro che abbiano sopportato l’onere dell’imposizione indebita, ma solo di rimborsarlo a coloro che ne facciano domanda.

79.   Né si può ritenere sproporzionato l’onere amministrativo di stabilire l’importo dovuto in ogni singolo caso. In linea di principio, sarebbe sufficiente istituire un sistema di tariffe forfettarie basate su criteri pertinenti, fatta salva la possibilità di contestare tale sistema e di ottenere una valutazione specifica (40).

80.   Di conseguenza, non ritengo che sia stata dimostrata l’esistenza di un rischio di gravi ripercussioni economiche per l’Ungheria e non vedo motivi per limitare nel tempo l’efficacia della sentenza nel caso di specie.

81.   Osservo infine come sia sorprendente che sia stato il governo polacco, anziché quello ungherese, a sollevare per primo tale questione nel presente procedimento. Dato che qualsiasi limitazione nel tempo deve fondarsi su un’analisi della situazione – esistenza della buona fede e rischio di gravi difficoltà – nello specifico Stato membro interessato, ritengo che, in linea di principio, sarebbe indesiderabile che tale limitazione venisse concessa esclusivamente in base alla richiesta di uno Stato membro diverso.

 Conclusione

82.   Alla luce delle considerazioni che precedono, ritengo che la Corte debba risolvere come segue le questioni pregiudiziali sottopostele dall’Hajdú-Bihar Megyei Bíróság ungherese:

1)      Per stabilire se un’imposta riscossa sugli autoveicoli all’atto della loro prima messa in circolazione in uno Stato membro sia compatibile con l’art. 90, primo comma, CE nella parte in cui essa si applica ai veicoli usati, occorre confrontare l’effetto di tale imposta sul prezzo dei veicoli appena importati da un altro Stato membro con l’effetto dell’importo residuale dell’imposta sui veicoli usati equivalenti già immessi in circolazione nel primo Stato membro e precedentemente già assoggettati alla medesima imposta. È irrilevante il confronto con i veicoli usati già immessi in circolazione nello Stato membro prima dell’introduzione dell’imposta.

2)      Un’imposta riscossa sugli autoveicoli usati all’atto della loro prima messa in circolazione in uno Stato membro, il cui importo venga calcolato senza tenere conto del reale deprezzamento del veicolo, di modo che, quando viene applicata a veicoli del genere importati da altri Stati membri, essa eccede l’importo dell’imposta residuale incorporato nel valore di veicoli usati equivalenti già immatricolati nel territorio nazionale, è incompatibile con l’art. 90, primo comma, CE, nella parte in cui eccede il suddetto importo.

3)      Tale incompatibilità non viene meno per il fatto che l’imposta di cui trattasi persegue obiettivi inerenti alla tutela dell’ambiente o viene riscossa esclusivamente in base a criteri obiettivi afferenti alla suddetta tutela.


1 – Lingua originale: l’inglese.


2 – I divieti di cui all’art. 90 CE erano sanciti in precedenza dall’art. 95 del Trattato CE, cui fa riferimento la giurisprudenza meno recente. Per motivi di coerenza, tuttavia, in prosieguo utilizzerò la numerazione attuale.


3 – Sentenza 11 dicembre 1990, causa C-47/88 (Racc. pag. I-4509, in particolare punti 17-21).


4 – Sentenza 9 marzo 1995, causa C-345/93 (Racc. pag. I-479, in particolare punti 4, 10 e 13-15).


5 – Sentenza 23 ottobre 1997, causa C-375/95 (Racc. pag. I-5981, in particolare punti 3-5, 21-23, 28, 29, 40 e 43-47).


6 – V. anche sentenza 17 luglio 1997, causa C-90/94, Haahr Petroleum (Racc. pag. I-4085, punto 34).


7 – Sentenza 22 febbraio 2001, causa C-393/98 (Racc. pag. I-1327, in particolare punti 7, 24-26, 28-30 e 37).


8 – Sentenza 19 settembre 2002, causa C-101/00 (Racc. pag. I-7487, in particolare punti 5, 6, 57, 60, 61, 78-80 e 85-89).


9 – Sentenza 29 aprile 2004, causa C-387/01 (Racc. pag. I-4981, in particolare, punti 23, 40, 65-81, 86 e 87).


10 – Vale a dire il «consumo di carburante in litri» – presumibilmente per 100 km – «diminuito di 3 litri (2 litri nel caso di autoveicoli diesel), ove il consumo complessivo viene determinato sulla base del ciclo MVEG [Motor Vehicles Emissions Group (gruppo di lavoro per le emissioni dei veicoli a motore)], conformemente alla direttiva 80/1268, nel testo di cui alla direttiva 93/116». Pertanto, non veniva riscossa alcuna imposta quando il consumo medio non superava, a seconda dei casi, 2 o 3 litri.


11 – V. anche sentenza 15 marzo 1983, causa 319/81, Commissione/Italia (Racc. pag. 601, punto 17).


12 – V. anche sentenza 4 marzo 1986, causa 106/84, Commissione/Danimarca (Racc. pag. 833, punto 21).


13 – Per altri tipi di veicoli sono applicabili disposizioni diverse, che non sono in discussione nel caso di specie. In prosieguo, tuttavia, utilizzerò il termine «veicolo» per indicare soltanto le «vetture destinate al trasporto di passeggeri o i caravan», cui si applica la tassa d’immatricolazione.


14 – Cioè a benzina o diesel.


15 – Quest’ultimo criterio comporta una classificazione in una scala da 1 a 10, apparentemente basata soprattutto sull’emissione di gas di scarico e rumori. A una migliore compatibilità ambientale corrisponde un numero più elevato della scala. La tassa d’immatricolazione tiene conto solo della circostanza se il valore sia inferiore a 5 (il che comporta l’applicazione di un’aliquota più elevata) oppure pari o superiore a 5 (il che determina l’applicazione di un’aliquota inferiore).


16 – Mediante l’art. 53 e l’allegato 13, Parte II, della legge n. CXIX del 2005.


17 – Legge n. XII del 2004.


18 – Sentenza 9 marzo 1978, causa 106/77 (Racc. pag. 629, punto 21).


19 – Sentenza 22 novembre 2005, causa C-144/04 (Racc. pag. I-9981, punto 77). Tale causa riguardava una discriminazione legata all’età, ma la sentenza Simmenthal è stata confermata in relazione al prelievo di imposte in contrasto con il diritto comunitario (v., ad eempio, sentenza 22 ottobre 1997, cause riunite da C-10/97 a C-22/97, IN.CO.GE. ’90 e a., Racc. pag. I-6307, punti 20 e 21).


20 – Come è stato ammesso per la prima volta 40 anni fa nella sentenza 16 giugno 1966, causa 57/65, Lütticke (Racc. pag. 219, in particolare pag. 228).


21 – Come la Corte ha dichiarato nella sentenza 16 luglio 1992, causa C-343/90, Lourenço Dias (Racc. pag. I-4673, punto 49 e punto 1 del dispositivo), qualora in un sistema di tributi interni constino elementi o modalità applicative che siano discriminatori e, conseguentemente, vietati ai sensi dell’art. 90 CE, non per questo il complessivo regime fiscale al quale ineriscono deve ritenersi incompatibile con il suddetto articolo. (Anche tale causa riguardava l’imposta portoghese in discussione nelle cause Nunes Tadeu e Gomes Valente, ma non è pertinente alla questione del trattamento applicato ai veicoli usati importati da altri Stati membri rispetto a quelli già immatricolati in Portogallo.)


22 – V. sentenza 14 dicembre 1995, cause riunite C-430/93 e C-431/93, Van Schijndel e van Veen (Racc. pag. I-4705, punto 27).


23 – V. sentenza 14 dicembre 1995, causa C-312/93, Peterbroeck (Racc. pag. I-4599, punto 21), da cui sembra emergere che il diritto comunitario può ostare, in taluni casi, all’applicazione di norme di questo tipo.


24 – Come osserva il governo ungherese, imporre una nuova tassa sui veicoli in circolazione e già colpiti da un’altra imposta comporterebbe una doppia imposizione retroattiva.


25 – Sotto il profilo della realtà economica, i veicoli d’occasione importati in Ungheria poco dopo la sostituzione dell’imposta sui consumi con la tassa d’immatricolazione erano in concorrenza con i veicoli usati già immatricolati in Ungheria nel cui valore era incorporata l’imposta sui consumi residuale. Una situazione analoga si verifica quando viene modificata l’aliquota d’imposta. In questi casi, può esistere temporaneamente una differenza di fatto tra l’aliquota d’imposta gravante su una vettura d’occasione già immatricolata in Ungheria e una appena immatricolata nello stesso Stato. Tuttavia, tali differenze sono inevitabili quando gli Stati membri esercitano la propria sovranità fiscale per modificare i loro sistemi impositivi in tali settori. Data tale sovranità, la compatibilità con il diritto comunitario si valuta esaminando se ciascuna (aliquota di) imposta successiva sia discriminatoria in sé, e non se essa possa determinare provvisorie disparità di trattamento a seguito di una modifica del sistema.


26 – Sentenza 2 aprile 1998, causa C-213/96 (Racc. pag. I-1777, punto 30).


27 – Riassunta ai precedenti paragrafi 4 e segg.


28 – Prendendo come esempio il periodo compreso tra l’introduzione della tassa d’immatricolazione e l’introduzione della tabella di riduzioni.


29 – GU L 269, pag. 34.


30 – COM(2005) 261 def., del 5 luglio 2005.


31 – Citata alla nota 26, punto 31.


32 – V. precedenti paragrafi 7 e segg. e 14 e segg.


33 – Citata alla nota 5; v., in particolare, precedenti paragrafi 12 e segg.


34 – V. precedente paragrafo 15.


35 – V. precedente paragrafo 19.


36 – Citata alla nota 30.


37 – V., ad esempio, sentenza 10 gennaio 2006, causa C-402/03, Skov (Racc. pag. I-199, punto 50).


38 –      Sentenza 27 aprile 2006, causa C-423/04, Richards (Racc. pag. I-3585, punti 40-42).


39 – V. mie conclusioni presentate il 22 giugno 2006 nella causa C-228/05, Stradasfalti, paragrafi 87-89, in cui ho espresso alcuni dubbi sul modo più appropriato di formulare tale criterio.


40 – V. i riferimenti alle sentenze Gomes Valente e Tulliasiamies contenuti al precedente paragrafo 71.