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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate l’8 febbraio 2007 1(1)

Causa C-321/05

Hans Markus Kofoed

contro

Skatteministeriet

[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dall’Østre Landsret (Danimarca)]

«Direttiva 90/434/CEE – Regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, ai conferimenti d’attivo ed agli scambi di quote concernenti società di Stati membri diversi – Scambio di quote – Trattamento come saldo in contanti riservato ad una distribuzione di utili effettuata in stretta connessione con uno scambio di quote – Evasione fiscale quale obiettivo principale»





I –    Introduzione

1.        Il presente caso solleva un interessante problema di diritto fiscale connesso alla ristrutturazione di imprese (2).

2.        Alla Corte viene posto un quesito relativo al trattamento fiscale da applicarsi, in base alla normativa comunitaria, ad una distribuzione di utili effettuata in stretta connessione con uno scambio transfrontaliero di quote societarie realizzato subito prima. Ci si chiede, infatti, se una siffatta distribuzione di utili possa essere considerata dall’amministrazione fiscale competente come parte del corrispettivo e, quindi, come saldo in contanti pagato dalla società acquirente a fronte delle quote sociali conferite nel suo patrimonio, ciò che comporterebbe conseguenze fiscali negative per i soggetti passivi interessati.

3.        La vicenda alla base del presente caso concerne una transazione con la quale due soggetti passivi danesi hanno conferito le quote da essi detenute in una società di capitali danese a una società di capitali irlandese in cambio dell’acquisto di azioni di quest’ultima. Pochi giorni dopo la società irlandese ha effettuato, come fin dall’inizio programmato, una distribuzione di utili a favore dei due predetti soggetti passivi danesi.

4.        Sia lo scambio delle quote sociali che la deliberazione relativa alla distribuzione degli utili hanno avuto luogo poco prima dell’entrata in vigore di una nuova convenzione danese-irlandese contro le doppie imposizioni, con la quale sono state introdotte regole in materia di tassazione dei dividendi meno favorevoli di quelle valevoli per i soggetti passivi danesi in base alla convenzione precedentemente applicabile.

II – Contesto normativo

A –    Normativa comunitaria

5.        Il contesto normativo comunitario del presente caso è costituito dalla direttiva del Consiglio 23 luglio 1990, 90/434/CEE, relativa al regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, ai conferimenti d’attivo ed agli scambi d’azioni concernenti società di Stati membri diversi (3).

6.        Tra le disposizioni generali di cui al titolo I della direttiva 90/434, l’art. 2 reca alcune definizioni, formulate, nella parte qui di interesse, come segue:

«Ai fini dell’applicazione della presente direttiva, si deve intendere per:

(…)

d)      scambio di azioni: l’operazione mediante la quale una società acquista nel capitale sociale di un’altra società una partecipazione il cui effetto sia quello di conferirle la maggioranza dei diritti di voto di questa società, mediante l’attribuzione ai soci dell’altra società, in cambio dei loro titoli, di titoli rappresentativi del capitale sociale della prima società e eventualmente di un saldo in contanti che non superi il 10% del valore nominale o, in mancanza di valore nominale, della parità contabile dei titoli consegnati in cambio;

(…)

g)      società acquistata: la società in cui un’altra società acquista una partecipazione mediante scambio di titoli;

h)      società acquirente: la società che acquista una partecipazione mediante scambio di titoli;

(…)».

7.        Nel titolo II della direttiva 90/434 l’art. 8 stabilisce, in particolare, quanto segue:

«1.      L’assegnazione, in occasione di una fusione, scissione o scambio di azioni, di titoli rappresentativi del capitale sociale della società beneficiaria o acquirente ad un socio della società conferente o acquistata, in cambio di titoli rappresentativi del capitale sociale di quest’ultima società, non deve di per se stessa comportare alcuna imposizione sul reddito, gli utili o le plusvalenze di questo socio.

(…)

4.      I paragrafi 1, 2 e 3 non ostano a che, per la tassazione del socio, venga preso in considerazione il saldo in contanti eventualmente versatogli in occasione della fusione, della scissione o dello scambio di azioni».

8.        Tra le disposizioni finali di cui al titolo V della direttiva 90/434 compare, tra le altre, la seguente disposizione di cui all’art. 11:

«1.      Uno Stato membro può rifiutare di applicare in tutto o in parte le disposizioni dei titoli II, III e IV o revocarne il beneficio qualora risulti che l’operazione di fusione, di scissione, di conferimento d’attivo o di scambio di azioni:

a)      ha come obiettivo principale o come uno degli obiettivi principali la frode o l’evasione fiscale; il fatto che una delle operazioni di cui all’articolo 1 non sia effettuata per valide ragioni economiche, quali la ristrutturazione o la razionalizzazione delle attività delle società partecipanti all’operazione, può costituire la presunzione che quest’ultima abbia come obiettivo principale o come uno degli obiettivi principali la frode o l’evasione fiscali;

(…)».

9.        Con la direttiva 2005/19 (4) sono stati modificati il titolo e varie disposizioni della direttiva 90/434. Tali modifiche, tuttavia, sono entrate in vigore solo il 24 marzo 2005 (5) e dovevano essere trasposte dagli Stati membri entro il 1° gennaio 2006, ovvero entro il 1° gennaio 2007 (6), sicché non vengono in rilievo nel presente caso.

B –    Normativa nazionale

1.      Trattamento fiscale dello scambio di quote

10.      All’epoca dei fatti in causa, per il trattamento fiscale dello scambio di quote dovevano applicarsi, in base al diritto danese, le disposizioni della legge sulla tassazione delle plusvalenze su azioni e della legge sull’imposta sulle fusioni (7).

11.      L’art. 13 della legge sulla tassazione delle plusvalenze su azioni (8) è stato riformulato nei suoi primi due commi (9), in occasione della trasposizione della direttiva 90/434 nel diritto danese, nei seguenti termini:

«1.      In caso di scambio di quote, i detentori delle quote della società acquistata possono chiedere di essere tassati ai sensi degli artt. 9 e 11 della legge sull’imposta sulle fusioni, qualora sia la società acquirente che la società acquistata rientrino nella nozione di “società di uno Stato membro” ai sensi dell’art. 3 della direttiva 90/434/CEE. In tal caso come data della fusione si considera la data dello scambio delle quote. A tal fine è necessario che lo scambio delle quote sia completato al massimo entro sei mesi dal giorno del primo scambio.

2.      Per scambio di quote ai sensi del precedente comma 1 si intende l’operazione mediante la quale una società acquista nel capitale sociale di un’altra società una partecipazione il cui effetto sia quello di conferirle la maggioranza dei diritti di voto nella società acquistata, mediante l’attribuzione ai soci di quest’ultima, in cambio delle loro partecipazioni, di quote del capitale sociale della società acquirente ed eventualmente di un saldo in contanti che non superi il 10% del valore nominale o, in mancanza di valore nominale, della parità contabile dei titoli consegnati in cambio».

12.      Dai lavori preparatori della legge citata risulta che la nozione di scambio di quote di cui all’art. 13 della legge sulla tassazione delle plusvalenze su azioni deve coincidere con la definizione di cui all’art. 2, lett. d), della direttiva 90/434 (10).

13.      Negli artt. 9 e 11 della legge danese sull’imposta sulle fusioni (11), ai quali fa rinvio l’art. 13, n. 1, della legge sulla tassazione delle plusvalenze su azioni, si stabilisce, tra l’altro, quanto segue:

«Art. 9

(1)      Le quote della società conferente si considerano vendute dal socio ad un terzo qualora il corrispettivo per la cessione venga prestato in forma diversa dall’assegnazione di quote della società acquirente. La vendita si considera effettuata al valore posseduto dalle quote alla data della fusione determinata ai sensi dell’art. 5.

(…).

Art. 11

1.      Le quote della società acquirente, che i soci ricevono come controprestazione per le quote della società conferente, vengono considerate, in sede di calcolo del reddito imponibile, generale o speciale, come se fossero state acquistate alla stessa data e allo stesso prezzo delle quote cedute in cambio (…)».

14.      In base alle concordi dichiarazioni di tutti i soggetti che hanno presentato osservazioni alla Corte, in un primo tempo nel diritto danese non era stata introdotta una specifica norma di trasposizione dell’art. 11 della direttiva 90/434 in materia di scambio di quote. Infatti, una legge di tal contenuto, che prevede ora la necessità del rilascio di un’autorizzazione da parte del Ligningsråd, è stata proposta soltanto alla fine del 1994 ed emanata nel 1995 (12).

2.      Tassazione dei dividendi

a)      Diritto interno danese

15.      I dividendi distribuiti alle persone fisiche residenti in Danimarca sono ivi assoggettati a tassazione ai sensi dell’art. 16a, n. 1, della legge in materia di imposizione tributaria (13) e dell’art. 4a della legge sull’imposta sul reddito (14). Questa stessa disciplina viene applicata anche al saldo in contanti eventualmente assegnato in occasione di uno scambio di quote (15).

16.      L’art. 16a, n. 1, della legge in materia di imposizione tributaria dispone quanto segue:

«Ai fini del calcolo del reddito generale imponibile vengono presi in considerazione gli utili derivanti da azioni, quote e altri simili titoli. Rientrano negli utili tutte le somme distribuite dalla società ai propri azionisti o titolari di quote, ad esclusione delle azioni o quote gratuite e dei ricavi derivanti dalla liquidazione pagati nello stesso anno civile in cui la società è stata definitivamente liquidata».

17.      L’art. 4a della legge sull’imposta sul reddito dispone, tra l’altro, quanto segue:

«1.      Le rendite finanziarie risultano dalla somma complessiva

1.      dei dividendi di azioni ai sensi dell’art. 16a della legge in materia di imposizione tributaria, che sono stati pagati da società soggette ad imposta ai sensi (…),

(…).

2. Le rendite finanziarie non rientrano nel reddito imponibile».

18.      Occorre infine richiamare l’art. 8a della legge sull’imposta sul reddito, che dispone, tra l’altro, quanto segue:

«1.      L’imposta sui dividendi percepiti che non superino la soglia di DKK 26 400 viene fissata, quale imposta definitiva, nella misura del 30%. L’imposta sui dividendi, trattenuta ai sensi dell’art. 65 della legge sull’imposta alla fonte, relativa ai dividendi percepiti che non superino la predetta soglia, costituisce pagamento finale dell’imposta, e l’imposta sui dividendi non viene compensata con l’imposta dovuta in via definitiva ai sensi dell’art. 67 della legge sull’imposta alla fonte.

2.      L’imposta sui dividendi percepiti che superino la soglia di DKK 26 400 viene fissata nella misura del 45%. L’imposta sui dividendi percepiti che superino la predetta soglia viene computata nell’imposta dovuta in via definitiva, e l’imposta sui dividendi, trattenuta da questa parte dei dividendi ai sensi dell’art. 65 della legge sull’imposta alla fonte, viene compensata con l’imposta dovuta in via definitiva ai sensi dell’art. 67 della legge sull’imposta alla fonte.

(…)».

b)      Convenzione danese-irlandese contro le doppie imposizioni

19.      La convenzione tra il Regno di Danimarca e la Repubblica d’Irlanda contro le doppie imposizioni (16), applicabile ai fatti della causa principale, è stata ratificata in Danimarca il 15 aprile 1964.

20.      Ai sensi dell’art. 6, n. 1, lett. a) della citata convenzione, l’Irlanda aveva il diritto di tassare i dividendi pagati da una società irlandese a un soggetto residente in Danimarca; era tuttavia esclusa la riscossione di un’addizionale d’imposta.

21.      L’art. 23, n. 2, della convenzione contro le doppie imposizioni stabiliva quanto segue:

«Nei casi in cui una persona, che ai fini della tassazione in Danimarca debba essere considerata ivi residente o stabilita (indipendentemente dal fatto che la stessa, ai fini della tassazione in Irlanda, debba essere considerata anche ivi residente o stabilita), percepisca rendite in Irlanda o possegga valori patrimoniali in Irlanda e tali rendite o valori patrimoniali possano essere tassati in Irlanda ai sensi della presente convenzione, la Danimarca consente la detrazione dall’imposta danese sul reddito o sul patrimonio di un importo pari all’imposta sul reddito o sul patrimonio che viene riscossa sul reddito proveniente dall’Irlanda o sul patrimonio posseduto in Irlanda».

22.      In base a quanto riferito dall’Østre Landsret (in prosieguo anche: il «giudice a quo»), le citate disposizioni venivano interpretate nella costante giurisprudenza dei giudici danesi nel senso che i dividendi pagati da una società irlandese ad un soggetto residente in Danimarca godevano di agevolazioni in virtù del principio di esenzione (nuovo metodo).

23.      La convenzione danese-irlandese contro le doppie imposizioni venne rinegoziata nel corso degli anni 1992-1993, con il risultato che i dividendi pagati da una società irlandese ad un soggetto residente in Danimarca potevano ora essere tassati sia in Irlanda che in Danimarca, ma la Danimarca avrebbe ammesso la detrazione dell’imposta pagata in Irlanda. In base a quanto riferito dal giudice a quo, questa nuova convenzione contro le doppie imposizioni è entrata in vigore in Danimarca, per la parte relativa ai dividendi, il 7 novembre 1993.

III – Fatti e procedimento principale

24.      Il sig. Hans Markus Kofoed era originariamente socio al 50% della Cosmopolit Holding ApS, una società danese a responsabilità limitata. Il restante 50% del capitale della predetta società era detenuto dal sig. Niels Toft.

25.      Il 26 ottobre 1993 entrambi acquistavano al prezzo di IEP 1 un’azione a testa della Dooralong Ltd., una «società prestanome» («shell company») di diritto irlandese con un capitale versato di complessivi IEP 2.

26.      Il 29 ottobre 1993 aveva luogo uno scambio di quote, in virtù del quale i sigg. Kofoed e Toft cedevano le loro rispettive quote nella Cosmopolit Holding ApS per un valore nominale di DKK 120 000 in cambio di azioni di nuova emissione della Dooralong Ltd. per un valore nominale di IEP 10 500. A seguito di tale scambio i sigg. Kofoed e Toft entravano in possesso ciascuno di una partecipazione nella Dooralong Ltd. del valore nominale di IEP 10 501, pari al 50% del capitale, mentre la Dooralong Ltd. si trovava a quel punto a detenere tutto il capitale sociale della Cosmopolit Holding ApS. Da questo momento in poi, pertanto, i sigg. Kofoed e Toft non controllavano più direttamente la Cosmopolit Holding ApS, bensì per mezzo della società interposta Dooralong Ltd.

27.      In occasione dell’assemblea generale annuale della Dooralong Ltd., tenutasi il 3 novembre 1993, veniva presentato ed approvato il bilancio annuale della società alla data del 2 novembre 1993. Tale bilancio presentava un utile per un ammontare complessivo di IEP 2 742 616 (circa 26 milioni di DKK) derivante dall’attività della sua società controllata, la Cosmopolit Holding ApS, appena acquistata, la quale a sua volta aveva presentato il bilancio annuale in data 31 ottobre 1993. Il patrimonio attivo della Dooralong Ltd. consisteva nell’intero capitale sociale della Cosmopolit Holding ApS, la quale – in base al proprio bilancio alla data del 31 ottobre 1993 – disponeva ancora, dopo la distribuzione dei suoi utili alla Dooralong Ltd., di un patrimonio pari a DKK 1 709 806,00. Prima di questa distribuzione tale patrimonio ammontava a circa 28 milioni di DKK.

28.      Sempre in occasione dell’assemblea generale annuale della Dooralong Ltd. del 3 novembre 1993 veniva deliberata una distribuzione di utili per un ammontare di IEP 2 742 116 (17). Il 50% degli utili così distribuiti, pari a IEP 1 371 058, veniva assegnato al sig. Kofoed.

29.      Da quanto risulta dagli accertamenti effettuati nella causa principale, sui quali si fonda il giudice a quo, non vi era alcuna ragione economica alla base di tali transazioni; l’obiettivo era piuttosto quello di ottenere un risparmio d’imposta. I sigg. Kofoed e Toft, del resto, al momento dello scambio delle quote avevano solo vaghi progetti di svolgere un’attività commerciale attraverso la Dooralong Ltd..

30.      Benché non ci fosse mai stato alcun previo accordo vincolante concernente la distribuzione di utili effettuata dalla Dooralong Ltd., essa rientrava fin dall’inizio nella comune intenzione dei sigg. Kofoed e Toft di distribuire una parte consistente degli utili della Dooralong Ltd. in occasione della prima assemblea generale successiva all’operazione di scambio delle quote. I predetti soggetti, quando hanno compiuto tali operazioni, erano a conoscenza della convenzione contro le doppie imposizioni allora vigente e sapevano altresì che essa sarebbe stata modificata.

31.      Il sig. Kofoed, nella propria dichiarazione dei redditi relativa al 1993 presentata in Danimarca, ha fatto valere la convenzione contro le doppie imposizioni a suo tempo vigente, in base alla quale gli utili corrispostigli dalla Dooralong Ltd. sarebbero stati per lui esenti da imposta in Danimarca. In base alla normativa danese allora vigente sarebbe stato esente da imposta anche lo scambio delle sue quote nella Cosmopolit Holding ApS con quote della Dooralong Ltd.

32.      Le autorità fiscali danesi hanno invece considerato lo scambio delle quote della Cosmopolit Holding ApS detenute dal sig. Kofoed con le quote della Dooralong Ltd., nonché la successiva distribuzione di utili effettuata dalla Dooralong Ltd., come parti di un’unica operazione. In base a tale ricostruzione, la suddetta distribuzione di utili costituirebbe, in realtà, parte del corrispettivo per la cessione delle quote e rappresenterebbe quindi un saldo in contanti nell’ambito dell’operazione di scambio delle quote. Poiché tale saldo in contanti ammonterebbe a più del 10% del valore nominale delle quote cedute, non potrebbe trovare applicazione la disciplina relativa all’esenzione fiscale dello scambio di quote.

33.      Questa divergenza di opinioni sul trattamento fiscale della distribuzione degli utili e dello scambio di quote è alla base del procedimento principale, attualmente pendente dinanzi all’Østre Landsret.

IV – Domanda di pronuncia pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte

34.      Con ordinanza 3 agosto 2004, pervenuta nella cancelleria della Corte in data 23 agosto 2005, l’Østre Landsret ha sospeso il procedimento ed ha sottoposto alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’art. 2, lett. d), della direttiva 90/434 debba essere interpretato nel senso che non ha luogo alcuno scambio di quote ai sensi di tale direttiva qualora i partecipanti all’operazione di scambio, contemporaneamente all’accordo sullo scambio, manifestino, pur senza vincolarsi giuridicamente, la comune intenzione di deliberare, nella prima assemblea generale della società acquirente successiva allo scambio, una distribuzione di utili in misura superiore al 10% del valore nominale dei titoli ceduti in occasione di tale scambio, e tali utili vengano poi anche effettivamente distribuiti».

35.      Nel procedimento dinanzi alla Corte, oltre al sig. Kofoed hanno presentato osservazioni scritte e orali il governo danese, il governo del Regno Unito e la Commissione delle Comunità europee.

V –    Valutazione

A –    Considerazioni introduttive

36.      La direttiva 90/434, attraverso l’introduzione nella Comunità di un regime fiscale comune per determinate operazioni, come ad esempio le fusioni o lo scambio di azioni, persegue l’obiettivo di eliminare eventuali penalizzazioni di ordine fiscale gravanti sulla ristrutturazione transfrontaliera di imprese (18). Tale regime prevede alcune agevolazioni fiscali. In particolare, l’art. 8, n. 1, della direttiva 90/434 stabilisce che l’assegnazione, in occasione di uno scambio di quote, di quote della società acquirente non deve di per se stessa comportare alcuna imposizione sul reddito, gli utili o le plusvalenze. In tal modo si vuole, da un lato, assicurare la neutralità fiscale di una siffatta operazione di ristrutturazione e, dall’altro, impedire che eventuali riserve occulte o altri aumenti di valore delle quote sociali vengano tassati ancor prima della loro effettiva realizzazione.

37.      Tuttavia, dall’art. 2, lett. d), della direttiva 90/434 risulta che un’operazione può essere considerata come scambio di quote ai sensi della menzionata direttiva solo se l’eventuale saldo in contanti, corrisposto dalla società acquirente, non superi il 10% del valore nominale o, in mancanza di valore nominale, della parità contabile dei titoli da essa assegnati. In tal modo si vuole evitare che attraverso una ristrutturazione che beneficia delle agevolazioni fiscali per essa previste, vengano in realtà realizzati aumenti di valore in misura superiore, come se i titoli della società venduta fossero stati ceduti sul mercato. Gli utili che sarebbero di per sé tassabili in caso di vendita dei titoli sul mercato, non devono poter essere sottratti arbitrariamente alla tassazione solo perché vengono ottenuti nel contesto di una ristrutturazione. Attraverso la soglia del 10%, tuttavia, ai partecipanti alla ristrutturazione viene concesso un certo margine di manovra per eventuali saldi in contanti che potrebbero risultare necessari per riequilibrare il valore delle quote scambiate.

38.      Il giudice a quo con la sua questione prende di mira, in definitiva, la nozione di saldo in contanti di cui all’art. 2, lett. d), della direttiva 90/434. In sostanza esso desidera sapere se possa essere considerata come saldo in contanti ai sensi della citata norma anche una distribuzione di utili effettuata dalla società acquirente subito dopo l’acquisto da parte di questa di una partecipazione nella società acquistata, qualora tale distribuzione rientrasse fin dall’inizio, pur in assenza di un patto vincolante, nell’intenzione dei soggetti partecipanti all’operazione.

39.      La soluzione di tale questione risulta determinante per stabilire se nel presente caso la transazione effettuata il 29 ottobre 1993 – con la quale i sigg. Kofoed e Toft hanno ceduto alla Dooralong Ltd. quale società acquirente le quote da essi detenute nella Cosmopolit Holding ApS (società acquistata), ricevendone in cambio azioni della Dooralong Ltd. – possa essere ancora considerata come uno scambio di quote ai sensi della direttiva 90/434, con la conseguenza che i partecipanti a tale scambio potrebbero beneficiare dell’esenzione fiscale ivi prevista.

40.      Se, infatti, la distribuzione degli utili della Dooralong Ltd. venisse valutata – alla luce di una considerazione complessiva delle operazioni effettuate tra il 29 ottobre 1993 e il 3 novembre 1993 – come saldo in contanti ai sensi dell’art. 2, lett. d), della direttiva 90/434, ne conseguirebbe che, a causa del superamento della soglia del 10% ivi prevista, non si sarebbe perfezionato alcuno scambio di quote ai sensi della predetta norma, sicché nel presente caso sarebbe in partenza esclusa anche l’applicabilità del divieto di tassazione del reddito, degli utili o delle plusvalenze, risultante dall’art. 8, n. 1, della direttiva 90/434. La distribuzione di utili del 3 novembre 1993, infatti, era di entità superiore al 10% del valore nominale delle azioni della Dooralong Ltd. che furono assegnate il 29 ottobre 1993 ai sigg. Kofoed e Toft.

41.      Nei suoi effetti pratici, tuttavia, il presente caso va ben oltre il mero chiarimento della nozione di saldo in contanti. Invero, dietro l’interpretazione di tale nozione si profila in definitiva un’altra questione, e cioè in che modo il diritto comunitario applicabile consenta alle autorità nazionali di tener conto di un eventuale intento di evadere il fisco in occasione di una ristrutturazione di società di capitali.

42.      In un caso come quello presente, per reagire adeguatamente ad un’eventuale evasione fiscale sono ipotizzabili, nel contesto della direttiva 90/434, sostanzialmente due alternative, che verranno qui di seguito illustrate. La prima consiste in un’interpretazione relativamente ampia del concetto di saldo in contanti di cui all’art. 2, lett. d), della direttiva 90/434 (19); la seconda in un ricorso alla possibilità, riconosciuta dall’art. 11, n. 1, lett. a), della direttiva citata, di rifiutare, in tutto o in parte, l’applicazione ad un caso concreto delle agevolazioni fiscali previste o di revocarne il beneficio (20). La preferenza accordata dalle autorità danesi alla prima di queste due alternative risulta non da ultimo dovuta alla circostanza che all’epoca dei fatti in causa il diritto danese non conteneva alcuna specifica norma di trasposizione dell’art. 11 della direttiva 90/434.

B –    La nozione di saldo in contanti

43.      Tra i soggetti che hanno presentato osservazioni alla Corte è dibattuta la questione se nella nozione di saldo in contanti di cui all’art. 2, lett. d), della direttiva 90/434 possa rientrare anche una distribuzione di utili della società acquirente, del tipo di quella effettuata nel presente caso. Il governo danese e il governo del Regno Unito sostengono la tesi affermativa, mentre il sig. Kofoed e la Commissione si schierano per la tesi contraria.

44.      La nozione di saldo in contanti non viene definita più in dettaglio dal legislatore comunitario. Il senso e la portata di tale nozione vanno dunque determinati tenendo presente il contesto normativo in cui essa è inserita e gli obiettivi perseguiti con la direttiva 90/434 (21).

45.      Per quanto riguarda, in primo luogo, il contesto normativo, occorre considerare che il saldo in contanti e l’acquisto di una partecipazione nella società acquistata che assicuri la maggioranza dei diritti di voto in tale società (22) costituiscono, ai sensi dell’art. 2, lett. d), della direttiva 90/434, parti di una medesima operazione. Benché ciò non comporti che il saldo in contanti e l’acquisto della partecipazione di maggioranza debbano necessariamente costituire l’oggetto del medesimo negozio giuridico (23), il legame tra di essi esistente è comunque molto stretto: il saldo in contanti è parte integrante della controprestazione che la società acquirente paga per ottenere la partecipazione di maggioranza nella società acquistata (24).

46.      Ne deriva che non può essere considerata come saldo in contanti qualsiasi prestazione pecuniaria che la società acquirente eroghi ai titolari delle quote della società acquistata, anche qualora essa sia stata concordata fin dall’inizio dai soggetti partecipanti all’operazione e sia intervenuta subito dopo l’acquisto della partecipazione di maggioranza. Piuttosto, appare decisivo stabilire se una siffatta prestazione pecuniaria abbia davvero anche la natura di controprestazione per l’acquisto della partecipazione di maggioranza e, in quanto tale, sia stata oggetto – assieme all’effettiva controprestazione, consistente nella cessione di quote della società acquirente – di un patto vincolante. A tal fine è necessario procedere ad una valutazione globale oggettiva di tutte le circostanze del caso di specie (25).

47.      Pertanto, anche nel caso di una successiva distribuzione di utili, come quella attualmente in esame, occorre verificare se sussistano concreti elementi dai quali risulti che tale pagamento fa parte anch’esso della controprestazione pattuita in termini vincolanti per l’acquisto della partecipazione di maggioranza. Siffatti elementi possono in particolare risultare dalle pattuizioni scritte degli interessati, ma anche da ogni altra circostanza del caso di specie. Se, invece, non è possibile dimostrare con sufficiente certezza – come sembra ritenere il giudice a quo nel presente caso – che la prestazione pecuniaria successivamente effettuata doveva anch’essa far parte della controprestazione pattuita in termini vincolanti, si deve in tal caso ritenere corretta la qualificazione attribuita a tale prestazione dagli stessi soggetti interessati. Una prestazione pecuniaria come quella qui in esame deve allora essere trattata come distribuzione di utili, e non può essere reinterpretata come saldo in contanti.

48.      A favore di una nozione di saldo in contanti limitata alle vere e proprie controprestazioni per l’acquisto di una partecipazione di maggioranza depone anche l’insieme degli obiettivi perseguiti dalla direttiva 90/434. La direttiva in questione mira, infatti, ad eliminare le penalizzazioni di natura fiscale per le ristrutturazioni transfrontaliere di imprese – realizzate, ad esempio, attraverso una fusione o uno scambio di quote –, al fine di consentire alle imprese interessate di adeguarsi alle esigenze del mercato comune, di migliorare la loro produttività e di rafforzare la loro competitività (26). Per l’effettiva realizzazione di tale obiettivo della direttiva è di fondamentale importanza non solo che le ristrutturazioni transfrontaliere siano assoggettate ad un regime fiscale comune (27), ma anche che tale regime risulti prevedibile per gli operatori economici che partecipano alla ristrutturazione.

49.      La prevedibilità del regime fiscale applicabile è del resto imposta anche dal principio della certezza del diritto (28), che costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario e che, in quanto tale, deve essere rispettato tanto dalle istituzioni comunitarie quanto dagli Stati membri nell’esercizio dei poteri loro rispettivamente attribuiti nell’ambito d’applicazione del diritto comunitario (29). In base ad una costante giurisprudenza, l’imperativo della certezza del diritto si impone con particolare rigore in presenza di una normativa idonea a comportare conseguenze finanziarie (30); ciò vale segnatamente per la direttiva 90/434, dalle cui disposizioni dipende in modo decisivo il trattamento fiscale delle ristrutturazioni transfrontaliere di imprese.

50.      Se, pertanto, si intende procedere ad uno scambio di quote, i soggetti interessati devono poter prevedere con sufficiente certezza quali conseguenze sul piano fiscale può avere per loro tale transazione. Solo così essi potranno ragionevolmente valutare se una siffatta operazione è per loro economicamente vantaggiosa. Per contro, le conseguenze fiscali sarebbero non prevedibili qualora ci fosse il pericolo che nella valutazione ai fini fiscali di uno scambio di quote si dovessero prendere in considerazione, in un momento successivo, anche prestazioni pecuniarie che sono state semplicemente effettuate subito dopo tale scambio, ma che non erano state concordate in termini vincolanti dai soggetti partecipanti come controprestazione per la cessione di quote.

51.      Da un lato, infatti, i soggetti partecipanti dovrebbero temere che lo scambio delle loro quote non potrebbe beneficiare nel suo insieme dell’esenzione dall’imposizione sul reddito, gli utili o le plusvalenze, prevista dall’art. 8, n. 1, della direttiva 90/434. Dall’altro, occorre tener presente che anche l’onere fiscale imposto dal diritto nazionale su una distribuzione di utili intervenuta poco tempo dopo lo scambio, potrebbe essere più o meno elevato a seconda che tale distribuzione venga assoggettata alla tassazione dei dividendi, oppure venga valutata come saldo in contanti e, in quanto tale, tassata in base alle possibilità concesse dall’art. 8, n. 4, della direttiva.

52.      Un’interpretazione più ampia della nozione di saldo in contanti non può nemmeno essere giustificata con l’esigenza, posta dalla direttiva 90/434, di tutelare gli interessi finanziari degli Stati membri interessati e di consentire loro la lotta contro la frode o l’evasione fiscale (31). Da un lato, infatti, il legislatore comunitario proprio a tale scopo ha inserito una norma speciale nella direttiva 90/434, come risulta dalla lettura dell’11, n. 1, lett. a), di quest’ultima. Dall’altro, una generale estensione della nozione di saldo in contanti andrebbe oltre quanto è necessario per tutelare gli interessi finanziari degli Stati membri e per contrastare la frode e l’evasione fiscale in modo tale da non mettere nel contempo a rischio la necessaria prevedibilità del regime fiscale comune per le imprese interessate.

53.      In senso analogo, anche la Corte nella sentenza Leur-Bloem ha stabilito che il regime tributario comune previsto dalla direttiva 90/434 si applica a tutte le operazioni di scambio di quote, a prescindere dai motivi delle medesime, siano essi finanziari, economici o puramente fiscali (32). Ne deriva che i possibili motivi della transazione di volta in volta in questione non devono influire già in sede di interpretazione della nozione di saldo in contanti in quanto tale, bensì possono venire in rilievo soltanto in sede di controllo sugli eventuali abusi nel singolo caso di specie, ai sensi dell’art. 11 della direttiva 90/434 (33).

54.      Pertanto, considerazioni di ordine sia sistematico che teleologico depongono complessivamente in senso contrario ad un’interpretazione estensiva della nozione di saldo in contanti di cui all’art. 2, lett. d), della direttiva 90/434, e a favore di una limitazione di tale nozione alle vere e proprie controprestazioni per l’acquisto di una partecipazione di maggioranza. Ciò considerato, sul punto è possibile giungere alla seguente conclusione:

Le prestazioni pecuniarie della società acquirente (come ad esempio le distribuzioni di utili), che non siano state pattuite in termini vincolanti quale controprestazione per l’avvenuta acquisizione della partecipazione nella società acquistata che garantisce ad essa acquirente la maggioranza dei diritti di voto, non rientrano nella nozione di saldo in contanti di cui all’art. 2, lett. d), della direttiva 90/434, anche qualora siano state programmate fin dall’inizio dai soggetti partecipanti e siano state effettuate subito dopo l’acquisto della detta partecipazione (34).

C –    Possibilità di reagire dinanzi ad un’operazione ipoteticamente intesa a frodare il fisco

55.      Resta ora da verificare con quali mezzi le autorità nazionali possano reagire, in un caso come quello presente, dinanzi ad un’operazione ipoteticamente intesa a frodare il fisco mediante uno scambio di quote.

56.      Come già accennato, rientra tra gli obiettivi della direttiva 90/434 quello di tutelare gli interessi finanziari degli Stati membri e di consentire loro un’efficace lotta contro la frode e l’evasione fiscale (35). La proposta di interpretare restrittivamente la nozione di saldo in contanti (36) non contrasta affatto neppure con tale esigenza. Piuttosto, proprio questa esigenza viene soddisfatta attraverso la norma di cui all’art. 11, n. 1, lett. a), della direttiva 90/434.

57.      Tale norma esprime in fondo quello che è riconosciuto anche dalla costante giurisprudenza: non è consentito avvalersi fraudolentemente o abusivamente del diritto comunitario. L’applicazione di una normativa comunitaria non può, infatti, estendersi fino a comprendere i comportamenti abusivi degli operatori economici, vale a dire operazioni realizzate non nell’ambito di normali transazioni commerciali, bensì al solo scopo di beneficiare abusivamente dei vantaggi previsti dal diritto comunitario (37).

58.      Ovviamente il semplice fatto di approfittare delle opportunità offerte dal diritto comunitario – nel caso di specie, dalla direttiva 90/434 – non può di per sé fondare il sospetto di un abuso (38). Tuttavia, ai sensi dell’art. 11, n. 1, lett. a), della direttiva 90/434, è consentito agli Stati membri rifiutare di applicare in tutto o in parte ad uno scambio di quote le agevolazioni fiscali previste dalla direttiva stessa, o revocarne il beneficio, qualora risulti che tale transazione ha come obiettivo principale o come uno degli obiettivi principali la frode o l’evasione fiscale.

59.      Quale esempio tipico della sussistenza di un siffatto obiettivo, la seconda parte dell’art. 11, n. 1, lett. a), della direttiva 90/434 menziona l’assenza di valide ragioni economiche che giustifichino la transazione in questione. Pertanto, in un caso come quello presente – in cui dagli accertamenti di fatto compiuti dal giudice a quo non risulta che vi fosse alcuna specifica ragione commerciale alla base dello scambio di quote, che era finalizzato piuttosto ad un risparmio d’imposta (39) – viene senz’altro in rilievo la possibilità di rifiutare l’applicazione dell’esenzione fiscale prevista dall’art. 8, n. 1, della direttiva 90/434. Infatti, uno scambio di quote col quale si mira ad ottenere un’agevolazione puramente fiscale non è rivolto ad un valido obiettivo economico ai sensi della direttiva (40). A parte ciò, anche l’estrema vicinanza temporale tra la distribuzione degli utili e lo scambio effettuato può far pensare ad un abuso delle opportunità offerte dalla direttiva 90/434. Lo stesso può dirsi con riferimento alla circostanza che i soggetti partecipanti all’operazione hanno agito sapendo dell’imminente modifica della convenzione danese-irlandese contro le doppie imposizioni.

60.      Se nel concreto caso di specie sia giusto rifiutare in tutto o in parte l’applicazione delle agevolazioni fiscali previste dalla direttiva 90/434 per lo scambio di quote, o revocarne il beneficio, dipende da una valutazione globale di tutte le circostanze del caso, che è compito delle autorità nazionali competenti effettuare e che deve poter essere oggetto di controllo giurisdizionale (41).

61.      La particolarità del presente caso consiste nel fatto che il diritto danese, all’epoca dei fatti di causa, non aveva una specifica disposizione di trasposizione dell’art. 11, n. 1, lett. a), della direttiva 90/434. Tale è il motivo per cui il sig. Kofoed in particolare è del parere che gli siano stati ingiustamente negati i benefici fiscali previsti dalla direttiva 90/434.

62.      Tuttavia, non è affatto sempre richiesta una formale riproduzione delle disposizioni di una direttiva in specifiche norme del diritto nazionale; invero, per la trasposizione di una direttiva può essere già sufficiente, a seconda del suo contenuto, un contesto normativo generale – compresi i principi generali del diritto costituzionale o amministrativo nazionale –, purché in tal modo sia garantita la piena applicazione della direttiva in termini sufficientemente chiari e precisi (42).

63.      Il giudice a quo dovrà, pertanto, verificare se non siano applicabili al presente caso anche disposizioni o principi generali del diritto interno, dai quali potrebbe ad esempio risultare l’irrilevanza, ai fini fiscali, dei negozi simulati o il divieto di un ricorso abusivo a determinate agevolazioni fiscali; sempre possibile è, altresì, l’applicazione di disposizioni generali di diritto interno in materia di frode o evasione fiscale (43). All’udienza dinanzi alla Corte i rappresentanti del sig. Kofoed e del governo danese hanno espresso differenti posizioni quanto alle possibilità offerte al riguardo dalla normativa danese.

64.      Naturalmente tutte queste disposizioni – siano esse state emanate, o meno, per trasporre la direttiva 90/434 – dovrebbero essere interpretate ed applicate in conformità con il diritto comunitario e, in particolare, con la lettera e con gli scopi della direttiva 90/434 e dell’art. 11, n. 1, lett. a), di quest’ultima (44).

65.      Non osta ad un’interpretazione del diritto nazionale in senso conforme al diritto comunitario il fatto che questa possa eventualmente risolversi a danno del singolo. Infatti, è consentita un’applicazione del diritto comunitario a danno del singolo effettuata per il tramite di disposizioni del diritto interno, ossia in forma indiretta (45).

66.      Alle autorità danesi sarebbe vietata soltanto un’applicazione diretta dell’art. 11, n. 1, lett. a), della direttiva 90/434 a danno dei sigg. Kofoed e Toft. Uno Stato membro, infatti, non può far valere contro un singolo una disposizione di una direttiva che esso stesso non ha trasposto (46). Risulta, infatti, da una costante giurisprudenza che una direttiva non può di per sé creare obblighi a carico di un singolo e non può quindi essere fatta valere in quanto tale nei suoi confronti (47).

67.      Le autorità competenti, d’altra parte, non potrebbero nemmeno invocare direttamente nei confronti del singolo un eventuale principio generale di diritto comunitario già esistente che vieti di abusare del diritto. Infatti, in relazione ai casi che rientrano nell’ambito d’applicazione della direttiva 90/434, un siffatto principio ha già trovato specifica espressione e realizzazione nell’art. 11, n. 1, lett. a), della direttiva (48). Se infatti, accanto a tale norma, si consentisse anche un ricorso diretto ad un principio generale del diritto dal contenuto decisamente meno chiaro e preciso, vi sarebbe il rischio di frustrare l’obiettivo di armonizzazione della direttiva 90/434 e di minare la certezza del diritto da essa perseguita in materia di ristrutturazione delle società di capitali (49). Peraltro, in tal modo verrebbe pregiudicato anche il già menzionato divieto di applicare direttamente a danno del singolo disposizioni di direttive non trasposte (50).

68.      In sintesi, pertanto, la conclusione sul punto è la seguente:

Per poter rifiutare in tutto o in parte l’applicazione del titolo II della direttiva 90/434 ad un concreto caso di specie o per revocarne il beneficio, non è assolutamente indispensabile una specifica norma di trasposizione dell’art. 11, n. 1, lett. a), della direttiva 90/434. Piuttosto, è a tal fine possibile anche invocare disposizioni generali del diritto interno – compresi i principi generali del diritto costituzionale o amministrativo nazionale –, a condizione che tali disposizioni siano interpretate ed applicate in conformità con il diritto comunitario e, in particolare, con la lettera e gli scopi della direttiva 90/434 e dell’art. 11, n. 1, lett. a), di quest’ultima. Per contro, non sono ammissibili né un’applicazione diretta a danno del singolo dell’art. 11, n. 1, lett. a), della direttiva 90/434, né il richiamo diretto ad un divieto generale di abuso del diritto sancito da norme comunitarie.

VI – Conclusione

69.      Sulla base delle considerazioni sopra svolte, propongo alla Corte di rispondere come segue all’Østre Landsret:

1)      Le prestazioni pecuniarie della società acquirente (come ad esempio le distribuzioni di utili), che non siano state pattuite in termini vincolanti quale controprestazione per l’avvenuta acquisizione della partecipazione nella società acquistata che garantisce ad essa acquirente la maggioranza dei diritti di voto, non rientrano nella nozione di saldo in contanti di cui all’art. 2, lett. d), della direttiva 90/434/CEE, anche qualora siano state programmate fin dall’inizio dai soggetti partecipanti e siano state effettuate subito dopo l’acquisto della detta partecipazione.

2)      Per poter rifiutare in tutto o in parte l’applicazione del titolo II della direttiva 90/434/CEE ad un concreto caso di specie o per revocarne il beneficio, non è assolutamente indispensabile una specifica norma di trasposizione dell’art. 11, n. 1, lett. a), della detta direttiva. Piuttosto, è a tal fine possibile anche invocare disposizioni generali del diritto interno – compresi i principi generali del diritto costituzionale o amministrativo nazionale –, a condizione che tali disposizioni siano interpretate ed applicate in conformità con il diritto comunitario e, in particolare, con la lettera e gli scopi della direttiva 90/434/CEE e dell’art. 11, n. 1, lett. a), di quest’ultima. Per contro, non sono ammissibili né un’applicazione diretta a danno del singolo dell’art. 11, n. 1, lett. a), della detta direttiva 90/434/CEE, né il richiamo diretto ad un divieto generale di abuso del diritto sancito da norme comunitarie.


1 – Lingua originale: il tedesco.


2 – In prosieguo il concetto di ristrutturazione verrà usato, per ragioni di semplificazione, come concetto generale comprensivo delle fusioni e delle scissioni di società di capitali, dei conferimenti di attivo in esse e dello scambio di quote tra loro.


3 – GU L 225, pag. 1.


4 – Direttiva del Consiglio 17 febbraio 2005, 2005/19/CE, che modifica la direttiva 90/434/CEE relativa al regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, ai conferimenti d’attivo ed agli scambi d’azioni concernenti società di Stati membri diversi (GU L 58, pag. 19).


5 – Il 24 marzo 2005 è il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione della direttiva 2005/19 nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea (v. art. 254, n. 1, CE).


6 – Art. 2 della direttiva 2005/19.


7 – La citazione delle seguenti disposizioni normative si basa sulle indicazioni fornite dal giudice a quo nella domanda di pronuncia pregiudiziale, nonché su alcune integrazioni apportate dal governo danese su richiesta della Corte.


8 – Aktieavancebeskatningsloven (Lovtidende 1993, pagg. 4171).


9 – L’art. 13, n. 3, della legge sulla tassazione delle plusvalenze su azioni, in combinato disposto con l’art. 4 della medesima legge, detta una disciplina speciale per lo scambio di azioni di società quotate in borsa, priva d’importanza nel presente caso di specie.


10 – Così riferisce l’Østre Landsret, rinviando alle relazioni illustrative del progetto di legge (Folketingstidende, allegato A, 1991/92, colonna 517).


11 – Fusionsskatteloven (Lovtidende 1992, pagg. 3374).


12 – In base alle indicazioni fornite dal giudice a quo, integrate da quanto riferito dal sig. Kofoed, si tratta di un disegno di legge del 2 novembre 1994, adottato il 25 aprile 1995.


13 – Ligningsloven (Lovtidende 1992, pagg. 5478).


14 – Personskatteloven (Lovtidende 1992, pagg. 3914).


15 – Come affermato, senza essere contraddetto sul punto, dal sig. Kofoed.


16 – Sottoscritta a Copenaghen il 4 febbraio 1964.


17 – Stando a quanto riferito dal giudice a quo, le parti del procedimento principale sono concordi nell’affermare che tale distribuzione di utili è stata effettuata in conformità delle pertinenti disposizioni normative irlandesi.


18 – Primo, secondo e terzo ‘considerando’ della direttiva 90/434.


19 – V. infra, paragrafi 43-54 delle presenti conclusioni.


20 – V. infra, paragrafi 55-68 delle presenti conclusioni.


21 – V. in tal senso sentenze 7 giugno 2005, causa C-17/03, VEMW e a. (Racc. pag. I-4983, punto 41); 4 luglio 2006, causa C-212/04, Adeneler (Racc. pag. I-0000, punto 60), e 26 ottobre 2006, causa C-36/05, Commissione/Spagna (Racc. pag. I-0000, punto 25).


22 – Per ragioni di semplificazione in prosieguo parlerò solo di (acquisto della) partecipazione di maggioranza.


23 – Tra le varie versioni linguistiche dell’art. 2, lett. d), della direttiva 90/434, solo quella olandese sembra utilizzare il concetto relativamente circoscritto di «rechtshandeling», mentre nelle versioni in lingua ceca («operace»), danese («transaktion»), greca («πράξη»), inglese («operation»), spagnola («operación»), estone («tehing»), finlandese («liiketoimi»), francese («opération»), ungherese («művelet»), italiana («operazione»), lituana («operacija»), lettone («operācija»), maltese («ħidma»), polacca («operacja»), portoghese («operação»), slovacca («operácia»), slovena («operacija») e svedese («förfarande»), si utilizzano formule assai più ampie, assimilabili al concetto tedesco di «Vorgang».


24 – Da quando è entrata in vigore la direttiva 2005/19, può essere assegnato un saldo in contanti ai sensi dell’art. 2, lett. d), della direttiva 90/434 anche quale controprestazione per l’acquisto di ulteriori quote con le quali venga rafforzato un controllo già esistente sulla società acquistata. Le seguenti considerazioni possono essere estese anche a tale ipotesi.


25 – La necessità di una valutazione globale di tutte le circostanze del caso di specie viene sottolineata anche nella sentenza 15 gennaio 2002, causa C-43/00, Andersen og Jensen (Racc. pag. I-379, punti 25, 26 e 37), la quale concerne anch’essa l’interpretazione della direttiva 90/434, sebbene con riferimento all’art. 2, lett. c) ed i).


26 – V. il primo e il secondo ‘considerando’ della direttiva 90/434.


27 – V. il quarto ‘considerando’ della direttiva 90/434.


28 – Così la giurisprudenza costante; v., tra le altre, sentenze 14 aprile 2005, causa C-110/03, Belgio/Commissione (Racc. pag. I-2801, punto 30); 26 ottobre 2006, causa C-248/04, Koninklijke Coöperatie Cosun (Racc. pag. I-0000, punto 79), e 21 febbraio 2006, causa C-255/02, Halifax e a. (Racc. pag. I-1609, punto 72).


29 – Sentenze 26 aprile 2005, causa C-376/02, «Goed Wonen» (Racc. pag. I-3445, punto 32), e 14 settembre 2006, cause riunite da C-181/04 a C-183/04, Elmeka (Racc. pag. I-0000, punto 31); in senso analogo anche le sentenze 3 maggio 2005, cause riunite C-387/02, C-391/02 e C-403/02, Berlusconi e a. (Racc. pag. I-3565, punto 69), e 11 luglio 2006, causa C-13/05, Chacón Navas (Racc. pag. I-0000, punto 56).


30 – Sentenza Koninklijke Coöperatie Cosun, cit. alla nota 28 (punto 79); v. anche sentenze 15 dicembre 1987, causa 326/85, Paesi Bassi/Commissione (Racc. pag. 5091, punto 24); 12 febbraio 2004, causa C-236/02, Slob (Racc. pag. I-1861, punto 37), e 16 marzo 2006, causa C-94/05, Emsland-Stärke (Racc. pag. I-2619, punto 43).


31 – Quarto e nono ‘considerando’ della direttiva 90/434.


32 – Sentenza 17 luglio 1997, causa C-28/95, Leur-Bloem (Racc. pag. I-4161, punto 36).


33 – Del resto, anche la sentenza Leur-Bloem, cit. alla nota 32 (punti 41 e 44), sottolinea che la valutazione dei motivi che hanno spinto ad effettuare uno scambio di quote può essere effettuata soltanto nell'ambito di un esame complessivo del concreto caso di specie.


34 –      Solo per ragioni di completezza si tenga presente che lo stesso vale, da quando è entrata in vigore la direttiva 2005/19, anche in caso di acquisto di ulteriori quote con le quali venga rafforzato il controllo, già esistente, della società acquirente sulla società acquistata.


35 – V. supra, paragrafo 52 e nota 31 delle presenti conclusioni.


36 – V. in tal senso supra, paragrafi 43-54 delle presenti conclusioni.


37 – Sentenze 9 marzo 1999, causa C-212/97, Centros (Racc. pag. I-1459, punto 24, con ulteriori rinvii); 6 aprile 2006, causa C-456/04, Agip Petroli (Racc. pag. I-3395, punto 20); 12 settembre 2006, causa C-196/04, Cadbury Schweppes (Racc. pag. I-0000, punto 35), e Halifax, cit. alla nota 28 (punti 68 e 69).


38 – Nello stesso senso, con riferimento alla possibilità di avvalersi della libertà di stabilimento (art. 43 CE), v. sentenze Centros (punto 27) e Cadbury Schweppes (punti 36-38), entrambe cit. alla nota 37.


39 – A quanto pare i partecipanti allo scambio erano a conoscenza dell’imminente entrata in vigore di una nuova convenzione danese-irlandese contro le doppie imposizioni, per loro meno favorevole, e quindi all’epoca avevano interesse a realizzare lo scambio di quote con annessa distribuzione di utili per risparmiare sulle tasse attraverso la società irlandese (v. paragrafi 29 e 30 delle presenti conclusioni).


40 – Sentenza Leur-Bloem, cit. alla nota 32 (punto 47).


41 – Sentenza Leur-Bloem, cit. alla nota 32 (punto 41).


42 – Così la giurisprudenza costante: v., ad esempio, sentenze 16 giugno 2005, causa C-456/03, Commissione/Italia (Racc. pag. I-5335, punto 51), e 6 aprile 2006, causa C-428/04, Commissione/Austria (Racc. pag. I-3325, punto 99).


43 – Nello stesso senso, ad esempio, sentenza 19 gennaio 1982, causa 8/81, Becker (Racc. pag. 53, punto 34).


44 – Sull’obbligo dei giudici nazionali di interpretare il diritto interno in conformità con le direttive, v. la costante giurisprudenza e, in particolare, le sentenze 10 aprile 1984, causa 14/83, Von Colson e Kamann (Racc. pag. 1891, punto 26); 5 ottobre 2004, cause riunite da C-397/01 a C-403/01, Pfeiffer e a. (Racc. pag. I-8835, punti 113-119, con ulteriori rinvii), nonché sentenza Adeneler, cit. alla nota 21 (punti 108, 109 e 111).


45 – In effetti, l’obbligo di interpretare il diritto nazionale in conformità con le direttive vale, notoriamente, anche rispetto a rapporti giuridici nei quali è necessariamente un soggetto privato a subire indirettamente un danno: si tratta, da un lato, dei rapporti giuridici orizzontali, cioè quelli esistenti tra soggetti privati [v., tra le altre, sentenze 13 novembre 1990, causa C-106/89, Marleasing (Racc. pag. I-4135, punti 6 e 8), e 14 luglio 1994, causa C-91/92, Faccini Dori (Racc. pag. I-3325, punti 20, 25 e 26)], e, dall’altro, dei cosiddetti rapporti triangolari [v. sentenza 7 gennaio 2004, causa C-201/02, Wells (Racc. pag. I-723, punto 57, con ulteriori rinvii)]. Nello stesso senso v. anche le conclusioni da me presentate il 14 ottobre 2004 nelle cause riunite C-387/02, C-391/02 e C-403/02, Berlusconi e a. (Racc. pag. I-3565, paragrafo 153).


46 – Sentenze 19 novembre 1991, cause riunite C-6/90 e C-9/90, Francovich e a. (Racc. pag. I-5357, punto 21); 26 settembre 1996, causa C-168/95, Arcaro (Racc. pag. I-4705, punto 42); 29 aprile 2004, causa C-102/02, Beuttenmüller (Racc. pag. I-5405, punto 63), nonché sentenza 30 marzo 2006, causa C-184/04, Uudenkaupungin kaupunki (Racc. pag. I-3039, punto 28).


47 – V., tra le tante, sentenze Pfeiffer, cit. alla nota 44 (punto 108, con ulteriori rinvii), e Berlusconi, cit. alla nota 29 (punto 73); il corsivo è mio.


48 – In linea generale, del resto, quando un problema è disciplinato in modo definitivamente armonizzato a livello comunitario, qualunque provvedimento nazionale in materia deve essere valutato in rapporto alle disposizioni di tale misura di armonizzazione e non alle disposizioni del diritto primario [sentenze 13 dicembre 2001, causa C-324/99, DaimlerChrysler (Racc. pag. I-9897, punto 32), e 14 dicembre 2004, causa C-210/03, Swedish Match (Racc. pag. I-11893, punto 81)]. Resta, comunque, sempre salva la possibilità di verificare la legittimità del diritto derivato alla luce delle norme di diritto primario di rango superiore, nell’ambito della procedura di cui agli artt. 220 CE e segg.


49 – Sul punto, v. in particolare i paragrafi 48-51 delle presenti conclusioni.


50 – Non chiara in proposito la sentenza 22 novembre 2005, causa C-144/04, Mangold (Racc. pag. I-9981, punti 74-77).