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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

J. MAZÁK

presentate il 26 aprile 2007 1(1)

Causa C-451/05

Européenne et Luxembourgeoise d’investissements SA (Elisa)

contro

Directeur général des impôts

e

Ministère public

[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Cour de Cassation (Francia)]

«Fiscalità diretta – Imposta sul valore commerciale degli immobili posseduti in Francia – Libera circolazione dei capitali – Giustificazione – Efficacia dei controlli fiscali – Lotta all’evasione e alla frode fiscale»






1.     L’obiettivo principale del presente procedimento pregiudiziale è stabilire se una normativa nazionale quale quella francese, che prevede un’imposta del 3% sul valore commerciale degli immobili (in prosieguo: l’«imposta controversa») sia compatibile con il diritto comunitario, in particolare con le disposizioni del Trattato CE sulla libertà di stabilimento e sulla libera circolazione dei capitali. Vanno inoltre chiarite talune altre questioni interpretative che emergono in questo contesto.

2.     Per le persone giuridiche straniere, la legislazione nazionale subordina la facoltà di beneficiare di un’esenzione dalla detta imposta del 3% all’esistenza di una convenzione di assistenza amministrativa o di non discriminazione su questioni fiscali con lo Stato membro dove la persona giuridica ha la sede della direzione effettiva (2). Lo scopo dichiarato della legislazione nazionale è quello di garantire l’efficacia dei controlli fiscali e di combattere l’evasione e la frode fiscale con riferimento all’imposta sul patrimonio applicata in Francia («impôt de solidarité sur la fortune»).

I –    Contesto normativo

A –    Normativa comunitaria

3.      L’art. 1 della direttiva del Consiglio 19 dicembre 1977, 77/799/CEE, relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati Membri nel settore delle imposte dirette (3) (in prosieguo: la «direttiva 77/799» o la «direttiva») prevede quanto segue:

«Disposizioni generali

1.      Le competenti autorità degli Stati membri scambiano, conformemente alla presente direttiva, ogni informazione atta a permettere loro una corretta determinazione delle imposte sul reddito e sul patrimonio.

2. Sono considerate come imposte sul reddito e sul patrimonio, qualunque sia il sistema di riscossione, le imposte applicate sul reddito complessivo, sul patrimonio complessivo o su elementi del reddito o del patrimonio, ivi comprese le imposte sui proventi derivanti dall’alienazione di beni mobili o immobili, le imposte sui salari e stipendi corrisposti dalle imprese, nonché le imposte sui plusvalori.

3.      Le imposte attuali di cui al paragrafo 2 sono in particolare le seguenti: (…) Francia: Impôt sur le revenue, Impôt sur les sociétés, Taxe professionnelle, Taxe foncière sur les propriétés bâties, Taxe foncière sur les propriétés non bâties. (…)

4. Il paragrafo 1 si applicherà anche ai tributi di natura identica o analoga che verranno istituiti in aggiunta ai tributi di cui al paragrafo 3 o che li sostituiranno. Le competenti autorità degli Stati membri si comunicano reciprocamente e segnalano alla Commissione le date alle quali i suddetti tributi entreranno in vigore.

(…)».

4.     L’art. 8 della direttiva 77/799 così dispone:

«Limite allo scambio di informazioni

1. La presente direttiva non impone l’obbligo di fare effettuare richieste o di trasmettere informazioni quando la legislazione o la pratica amministrativa non autorizza l’autorità competente dello Stato che dovrebbe fornire le informazioni né a effettuare tali ricerche, né a raccogliere o a utilizzare dette informazioni per le necessità di tale Stato.

2. La trasmissione delle informazioni può essere rifiutata quando porterebbe a divulgare un segreto commerciale, industriale o professionale o un processo commerciale, o un’informazione la cui divulgazione contrasti con l’ordine pubblico.

3. L’autorità competente di uno Stato membro può rifiutare di fornire informazioni allorché, per motivi di fatto o di diritto, lo Stato interessato non è in grado di fornire informazioni equipollenti».

5.     L’art. 11 della direttiva 77/799 così dispone:

«Applicabilità di norme più favorevoli in materia di assistenza reciproca

Le disposizioni precedenti non incidono sulle norme che prevedono degli obblighi più estesi risultanti da altri atti giuridici circa lo scambio di informazioni».

B –    Disciplina nazionale

1.      L’imposta del 3% sui beni immobili posseduti da persone giuridiche

6.      Ai sensi dell’art. 990 D, n. 1, del Code général des impôts (Codice generale delle imposte francese; in prosieguo: il «CGI»), le persone giuridiche che, direttamente o per interposta persona, possiedono uno o più immobili situati in Francia o sono titolari di diritti reali su tali beni sono tenute al versamento di un’imposta annuale pari al 3% del valore commerciale di tali immobili o diritti.

7.     A questa imposta sono soggetti tutti i tipi di persone giuridiche, ivi comprese le società, le fondazioni e le associazioni; sono tuttavia esenti le società le cui azioni sono negoziate nell’ambito di un mercato regolamentato (4).

8.     L’imposta è dovuta sui beni immobili posseduti al 1° gennaio di ciascun anno fiscale.

9.     L’art. 990 E del CGI prevede talune esenzioni dall’imposta in questione. Esso così dispone:

«(…) (2) L’imposta prevista all’art. 990 D non è applicabile alle persone giuridiche che, avendo la loro sede in un paese o un territorio che ha concluso con la Francia una convenzione di assistenza amministrativa con l’obiettivo di combattere la frode e l’evasione fiscale, dichiarano ogni anno, entro e non oltre il 15 maggio, nel luogo stabilito dal decreto previsto all’art. 990 F, la posizione, la descrizione ed il valore degli immobili posseduti al 1º gennaio, l’identità e l’indirizzo dei loro soci alla medesima data nonché il numero di azioni o quote detenuto da ciascuno di essi;

(3) L’imposta prevista all’art. 990 D non è applicabile alle persone giuridiche la cui sede della direzione effettiva si trovi in Francia e alle altre persone giuridiche che, in virtù di un trattato, non devono essere assoggettate ad un’imposizione maggiormente onerosa, quando comunicano ogni anno, o assumono e rispettano l’impegno di comunicare all’amministrazione fiscale, su istanza di quest’ultima, la posizione e la descrizione degli immobili posseduti al 1º gennaio, l’identità e l’indirizzo dei loro azionisti, soci o altri membri, il numero delle azioni, quote o altri diritti detenuti da ciascuno di essi e la prova del loro domicilio fiscale (…)».

10.   Ai sensi dell’art. 990 E, n. 1, sono altresì esentate le persone giuridiche il cui patrimonio immobiliare ubicato sul territorio francese rappresenti meno del 50% del loro patrimonio complessivo in Francia (cioè società che non siano le cosiddette «sociétés à prépondérance immobilière») (5).

2.      Imposta sul patrimonio («impôt de solidarité sur la fortune») (6)

11.   Alla luce dei documenti di causa e secondo le osservazioni del governo francese, l’imposta prevista dalla normativa nazionale di cui trattasi è diretta a garantire l’efficacia dei controlli fiscali e a prevenire la frode e l’evasione fiscale con riferimento all’imposta sul patrimonio («impôt de solidarité sur la fortune»).

12.   La nozione di imposta sul patrimonio è nota alla Corte, che l’ha definita, al pari dell’imposta sul reddito, come un’imposta diretta stabilita in funzione della capacità contributiva del contribuente, e ha precisato che l’imposta sul patrimonio è spesso considerata come un’imposta complementare a quella sul reddito, avente ad oggetto in particolare il capitale (7).

13.   Le disposizioni qui rilevanti dell’«impôt de solidarité sur la fortune» (in prosieguo, anche «imposta sul patrimonio») sono gli artt. 885 A e seguenti del CGI. Si tratta di un’imposta annuale, cui sono soggette le persone fisiche con domicilio fiscale in Francia (alla data del 1° gennaio di un anno determinato), purché il loro patrimonio abbia un valore superiore ad una soglia determinata (EUR 750 000 nel 2006). Essa è applicata, in conformità a una tabella impositiva crescente, alla parte di capitale che risulta superiore alla soglia minima.

14.   Quanto all’applicazione territoriale dell’imposta, essa è dovuta sull’intero patrimonio dei soggetti interessati, ivi compresi i beni situati all’estero (in mancanza di una convenzione fiscale che disponga altrimenti). I soggetti che abbiano il proprio domicilio fiscale al di fuori della Francia (ossia i non residenti) sono tenuti al versamento dell’imposta solo per quella parte di patrimonio che si trova in Francia, sempre che il valore di questa parte superi la soglia minima (8). Qui, di nuovo, è possibile che una convenzione fiscale disponga altrimenti, segnatamente suddividendo il diritto alla riscossione dell’imposta tra i due Stati interessati. Inoltre, gli investimenti effettuati dai non residenti sono esenti, ma non quando tali investimenti riguardino beni immobili [ad esempio azioni in società attive in prevalenza nel settore immobiliare («sociétés à prépondérance immobilière»)].

15.   Se non espressamente esentato da disposizioni normative, l’intero patrimonio appartenente a un soggetto è passibile di imposta, ivi inclusi gli immobili (terreni, case, appartamenti), le aziende non costituite in forma societaria, le azioni e le obbligazioni, i crediti, le automobili, l’oro e la valuta. La proprietà immobiliare deve essere valutata al prezzo di mercato, cioè al prezzo per il quale essa avrebbe potuto normalmente essere alienata all’inizio dell’anno.

C –    Diritto internazionale

16.   L’art. 21, n. 1, della convenzione stipulata il 1° aprile 1958 tra la Francia e il Granducato di Lussemburgo, diretta ad evitare le doppie imposizioni e ad istituire norme per la reciproca assistenza amministrativa in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio (in prosieguo: la «convenzione»), dispone che i cittadini, le società o altri gruppi di uno degli Stati contraenti non saranno sottoposti, nell’altro Stato, ad imposte diverse o più elevate rispetto a quelle gravanti sui cittadini, sulle società o su altri gruppi di quest’ultimo Stato.

17.   Ai sensi dell’art. 22, n. 1, della convenzione, le autorità competenti dei due Stati possono, ai fini della corretta applicazione della convenzione, scambiare, su richiesta, le informazioni che le legislazioni fiscali dei due Stati consentono di ottenere nell’ambito della normale prassi amministrativa.

18.   I due Stati, mediante lo scambio di corrispondenza dell’8 settembre 1970, hanno escluso dall’ambito di applicazione di tale convenzione le società holding, come definite dalla normativa lussemburghese relativa a tali società (ai fini del presente procedimento, la legge 31 luglio 1929 e il decreto legge 27 dicembre 1937), come anche qualsiasi utile che un soggetto avente domicilio fiscale in Francia ricavi da società di tal genere, o anche qualsiasi partecipazione di un tale soggetto alle holding di cui trattasi.

II – Fatti, procedimento e domande pregiudiziali

19.    La Société Européenne et Luxembourgeoise d’Investissements SA (in prosieguo: la «Elisa») è una holding di diritto lussemburghese soggetta alla legge 31 luglio 1929 sul regime fiscale applicabile alle holding.

20.   Da quanto emerge dalla decisione di rinvio, la Elisa possiede indirettamente immobili sul territorio francese ed è pertanto soggetta alle disposizioni dell’art. 990 D del CGI, che prevede un’imposta sul valore commerciale degli immobili posseduti in Francia dalle persone giuridiche.

21.   La decisione di rinvio continua precisando che la Elisa ha presentato le dichiarazioni fiscali previste dalla legge, senza tuttavia versare le corrispondenti imposte. Dopo aver notificato sanzioni fiscali il 18 dicembre 1997, l’amministrazione delle imposte ha proceduto alla riscossione delle stesse il 10 giugno 1998. A seguito del rigetto del suo reclamo, la Elisa ha citato il direttore generale delle imposte dinanzi al Tribunal de grande instance (Tribunale regionale) di Parigi per ottenere l’esenzione dall’imposta controversa.

22.   Dopo due sentenze di rigetto, una pronunciata dal Tribunal de grande instance e l’altra dalla Cour d’Appel (Corte d’appello) di Parigi, secondo le quali la Elisa non presentava i requisiti di cui all’art. 990 E, nn. 2 e 3 del CGI, sull’esenzione dall’imposta in questione, la Elisa ha presentato ricorso dinanzi alla Cour de Cassation (Corte di cassazione).

23.   Con sentenza 13 dicembre 2005, pervenuta in cancelleria il 19 dicembre 2005, la Cour de Cassation ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia delle Comunità europee le seguenti questioni pregiudiziali:

«1.      Se gli artt. 52 e segg. e 73 B e segg. del Trattato CE ostino ad una normativa come quella prevista dagli artt. 990 D e segg. del Code général des impôts che accorda alle persone giuridiche la cui sede della direzione effettiva si trovi in Francia la facoltà di beneficiare dell’esenzione dall’imposta sul valore commerciale degli immobili posseduti in Francia e che subordina tale facoltà, per quanto riguarda le persone giuridiche la cui sede della direzione effettiva si trovi sul territorio di un altro paese, anche qualora si tratti di uno Stato membro dell’Unione europea, all’esistenza di una convenzione di assistenza amministrativa conclusa tra la Francia e tale Stato con l’obiettivo di combattere la frode e l’evasione fiscale o alla circostanza che, applicando un trattato contenente una clausola di non discriminazione in base alla nazionalità, tali persone giuridiche non devono essere assoggettate ad un’imposizione maggiormente onerosa rispetto a quella a cui sono assoggettate le persone giuridiche la cui sede della direzione effettiva si trovi in Francia.

2.      Se un’imposta come quella controversa costituisca un’imposta sul patrimonio ai sensi dell’art. 1 della direttiva del Consiglio 17 dicembre 1977, 77/799/CEE, relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati Membri nel settore delle imposte dirette e indirette.

3.      Se, in caso di soluzione affermativa, gli obblighi posti a carico degli Stati membri in materia di reciproca assistenza fiscale dalla direttiva 77/799/CEE, citata, ostino all’applicazione da parte degli Stati membri, in virtù di una convenzione bilaterale di assistenza amministrativa fiscale, di obblighi aventi la medesima natura che escludano una categoria di contribuenti quali le holding lussemburghesi.

4.      Se gli artt. 52 e segg. e 73 B e segg. del Trattato CE impongano ad uno Stato membro che abbia concluso con un altro paese, membro oppure no dell’Unione europea, una convenzione contenente una clausola di non discriminazione in materia fiscale di accordare alla persona giuridica la cui sede della direzione effettiva si trovi sul territorio di un altro Stato membro, quando tale persona giuridica possieda uno o diversi immobili sul territorio del primo Stato membro e il secondo Stato membro non sia vincolato al primo da una clausola equivalente, i medesimi vantaggi di quelli previsti da tale clausola».

III – Procedimento dinanzi alla Corte

24.   Ai sensi dell’art. 20 dello Statuto della Corte, sono state presentate osservazioni scritte dalla Elisa, dalla Commissione, nonché dai governi olandese, francese, ellenico e italiano.

25.   Il 24 gennaio 2007 si è tenuta un’udienza in cui hanno presentato le loro osservazioni orali i rappresentanti della Elisa, nonché gli agenti dei governi francese, ellenico, olandese e del Regno Unito.

IV – Osservazioni preliminari

A –    Ordine nella soluzione delle questioni pregiudiziali

26.   Per comprendere il contenuto e l’ordine delle questioni proposte dalla Cour de Cassation, può essere utile notare che l’amministrazione fiscale francese, nonché le giurisdizioni inferiori, ritenevano che le condizioni stabilite dagli artt. 990 D e 990 E non risultassero soddisfatte. In tal senso, si affermava che la direttiva 77/799 non era applicabile, in particolare in ragione dell’esistenza di una convenzione di assistenza amministrativa tra la Francia e il Lussemburgo, che escludeva esplicitamente dal suo ambito applicativo le cosiddette holding 1929.

27.   In questo contesto, la Cour de Cassation chiede se le disposizioni del Trattato relative al diritto di stabilimento (art. 43 e segg. CE) e alla libera circolazione dei capitali (art. 56 e segg. CE) ostino a che uno Stato membro mantenga un’imposta sul valore commerciale degli immobili da cui sono esenti le persone giuridiche aventi il loro domicilio fiscale in Francia, mentre l’esenzione in favore di persone giuridiche con domicilio fiscale in un altro Stato membro è subordinata all’esistenza di una convenzione bilaterale che contenga una clausola di assistenza amministrativa per combattere la frode e l’evasione fiscale, ovvero una clausola di non discriminazione in base alla nazionalità, secondo cui le persone giuridiche non aventi domicilio fiscale in Francia non devono essere assoggettate ad un’imposizione maggiormente onerosa rispetto a quella a cui sono assoggettate le persone giuridiche la cui sede della direzione effettiva si trovi in Francia.

28.   La seconda e la terza questione mirano a chiarire se alla presente fattispecie sia applicabile una clausola che prevede l’assistenza amministrativa ai fini della lotta alla frode e all’evasione fiscale. Sia la direttiva 77/799 sia la convenzione tra la Francia e il Lussemburgo prevedono assistenza amministrativa.

29.    Poiché, al fine di giustificare l’imposta controversa, il governo francese invoca l’assenza di un’adeguata assistenza amministrativa tra la Francia e il Lussemburgo per quanto concerne le holding 1929, è utile chiarire se sia o meno applicabile un atto che prevede assistenza amministrativa – nella forma della direttiva 77/799, ovvero della convenzione tra il Lussemburgo e la Francia – prima di risolvere la questione, più generale, della compatibilità del sistema fiscale controverso con le libertà fondamentali. Pertanto, la seconda e la terza questione saranno affrontate anteriormente alla prima questione.

V –    La seconda questione

30.   Con la sua seconda questione, la Cour de Cassation chiede di accertare, in sostanza, se l’imposta controversa rientri nell’ambito applicativo della direttiva 77/799, come definito all’art. 1 della stessa.

A –    Principali argomenti delle parti

31.   Secondo la Elisa, il governo ellenico e la Commissione, l’imposta controversa rientra nell’ambito applicativo della direttiva 77/799.

32.   Il governo francese afferma il contrario. Esso rileva in particolare che l’imposta non è richiamata dall’art. 1, n. 3, della direttiva e non è quindi inclusa tra le imposte nazionali rientranti nell’ambito d’applicazione materiale della direttiva. Inoltre, ad essa sono sottoposte, in ragione degli immobili posseduti, le persone giuridiche e non le persone fisiche. Infine, il suo obiettivo è quello di contrastare la frode e l’evasione fiscale e non quello di assoggettare ad imposta il capitale per aumentare gli introiti fiscali dello Stato.

B –    Valutazione giuridica

33.   A titolo introduttivo, può essere utile rilevare che la direttiva 77/799, relativa alla reciproca assistenza nel settore delle imposte dirette, è stata adottata per combattere la frode e l’evasione fiscale (9). Essa introduce un meccanismo di collaborazione rafforzata tra le amministrazioni fiscali degli Stati membri e favorisce lo scambio di informazioni che possono essere rilevanti per permettere un corretto accertamento delle imposte sul reddito e sul patrimonio (10).

34.   Ai sensi dell’art. 1, n. 1, della direttiva, lo scambio di informazioni rilevante ai fini della direttiva riguarda le «imposte sul reddito e sul patrimonio». L’art. 1, n. 2, della direttiva stabilisce che sono considerate imposte sul reddito e sul patrimonio, «qualunque sia il sistema di riscossione, le imposte applicate sul reddito complessivo, sul patrimonio complessivo o su elementi del reddito o del patrimonio, ivi comprese le imposte sui proventi derivanti dall’alienazione di beni mobili o immobili, le imposte sui salari e stipendi corrisposti dalle imprese, nonché le imposte sui plusvalori». Dato l’utilizzo del termine «ivi comprese», risulta evidente che l’elencazione effettuata non ha carattere esaustivo.

35.   Dall’art. 1, n. 4, il quale dispone che «il paragrafo 1 si applicherà anche ai tributi di natura identica o analoga che verranno istituiti in aggiunta ai tributi di cui al paragrafo 3 o che li sostituiranno», discende che neppure l’elenco di cui all’art. 1, n. 3, relativo alle imposte rientranti nell’ambito applicativo della direttiva, intende essere esaustivo. A tal proposito, deve rilevarsi che l’imposta controversa non è annoverata tra le imposte francesi elencate, tuttavia, secondo quanto sostiene il governo francese, l’«impôt de solidarité sur la fortune», che non sembra esistesse all’epoca di adozione della direttiva, è stata aggiunta successivamente.

36.   Deve sottolinearsi in proposito che l’imposta controversa è strettamente collegata all’imposta francese sul patrimonio («impôt de solidarité sur la fortune»). L’imposta controversa è stata infatti introdotta allo scopo di contrastare l’evasione e la frode dell’imposta francese sul patrimonio, la quale, di per sé stessa, rientra nell’ambito applicativo della direttiva 77/799. L’obiettivo dell’imposta controversa, secondo quanto affermato dal governo francese, è di far sì che le persone giuridiche proprietarie di immobili in Francia o titolari di diritti reali su tali beni, ma che non hanno domicilio fiscale in Francia, forniscano informazioni sull’identità dei loro soci, disincentivando in tal modo le persone fisiche dal celarsi dietro siffatte persone giuridiche allo scopo di evadere l’imposta sul patrimonio. Ciò significa che l’esistenza dell’imposta sul patrimonio, unitamente alla volontà di garantire una piena e corretta riscossione di quest’ultima, rappresentano la raison d’être dell’imposta controversa.

37.   Inoltre, l’imposta può essere sostanzialmente vista come una sorta di risarcimento forfettario per le entrate relative all’imposta sul patrimonio che lo Stato francese perde in ragione dell’evasione e della frode fiscale. Così, ancorché, secondo quanto osservato dal governo francese, l’imposta non abbia lo scopo principale di aumentare il gettito fiscale per lo Stato, bensì quello di prevenire l’evasione e la frode fiscale, lo Stato francese, mediante l’applicazione dell’imposta controversa, compensa comunque, in qualche misura, la perdita di gettito dall’imposta sul patrimonio, sperando in tal modo di disincentivare le persone fisiche dal ricorrere a strategie di frode e di evasione fiscale.

38.   Ne discende che l’imposta controversa può essere considerata come integrativa rispetto all’imposta francese sul patrimonio e, come tale, sarebbe illogico escluderla dall’ambito applicativo della direttiva, quando l’imposta sul patrimonio risulta soggetta alla direttiva stessa.

39.   Si deve aggiungere, inoltre, che l’imposta controversa è chiaramente applicata a un elemento costitutivo del patrimonio, ossia la proprietà immobiliare. Dalla sentenza resa nel caso Halliburton emerge che, nel definire l’ambito materiale di applicazione della direttiva 77/799, la Corte adotta un approccio relativamente ampio alla nozione di imposta sul patrimonio, almeno per quanto concerne le imposte sulla proprietà immobiliare (11).

40.   Oltretutto, il principio di interpretazione uniforme del diritto comunitario (12) implica che il nome attribuito ad una specifica imposta dalla normativa nazionale non può essere considerato rilevante al fine di determinare se una specifica imposta debba o meno essere considerata un’imposta sul patrimonio ai sensi dell’art. 1, n. 1, della direttiva.

41.   Infine, dall’art. 1, n. 2, discende che neppure il sistema di riscossione delle imposte può essere rilevante a tal fine. Pertanto, la circostanza che l’imposta controversa abbia come soggetto passivo una persona giuridica non rappresenta, dal mio punto di vista, un elemento di grande rilievo.

42.   Date queste premesse, la seconda questione deve essere risolta nel senso che un’imposta quale quella in oggetto rappresenta un’imposta sul patrimonio ai sensi dell’art. 1 della direttiva 77/799.

VI –  La terza questione

43.   Con la sua terza questione, la Cour de Cassation chiede, in sostanza, se gli obblighi posti a carico degli Stati membri in materia di reciproca assistenza fiscale dalla direttiva 77/799 ostino all’applicazione, da parte degli Stati membri, in virtù di una convenzione bilaterale di assistenza amministrativa fiscale, di obblighi aventi la medesima natura che escludano una categoria di contribuenti quali le holding lussemburghesi.

44.   Nel caso in esame, come risulta dalla soluzione data alla seconda questione, l’imposta controversa rientra nell’ambito applicativo della direttiva 77/799, che stabilisce procedure armonizzate di cooperazione amministrativa tra tutti gli Stati membri con riferimento alla corretta determinazione delle imposte sul reddito e sul patrimonio. Risultano pertanto applicabili le disposizioni relative alla cooperazione amministrativa di cui alla direttiva stessa.

45.   Allo stesso tempo, una convenzione bilaterale tra il Lussemburgo e la Francia prevede l’assistenza amministrativa, escludendo tuttavia talune categorie di contribuenti, segnatamente le holding 1929, dal suo ambito di applicazione, escludendo così per tali categorie l’applicazione della clausola sulla cooperazione amministrativa.

46.   Alla luce di quanto sopra, risolverò la terza questione definendo i rapporti tra la direttiva 77/799, applicabile al caso in esame, e le disposizioni di una convenzione bilaterale tra il Lussemburgo e la Francia, che prevede in linea di principio l’assistenza amministrativa escludendo tuttavia talune categorie di contribuenti, segnatamente le holding 1929.

A –    Principali argomenti delle parti

47.   La Commissione ritiene che, conformemente a una consolidata giurisprudenza della Corte, la direttiva 77/799 possa essere invocata da uno Stato membro per ottenere dalle autorità di un altro Stato membro tutte le informazioni ritenute necessarie al fine di determinare l’importo esatto dell’imposta sul reddito dovuta da un contribuente. Poiché tale direttiva è stata trasposta in tutti gli Stati membri, tra la Francia e il Lussemburgo è operativo un sistema finalizzato allo scambio di informazioni.

48.   In forza del principio della preminenza del diritto comunitario, l’applicazione delle disposizioni della direttiva 77/799 deve prevalere sulle disposizioni di una convenzione bilaterale conclusa con un altro Stato membro. Infatti, conformemente alla giurisprudenza della Corte, uno Stato membro non può violare le prescrizioni derivanti da una direttiva ovvero da qualsiasi altro atto comunitario vincolante, per la ragione che le disposizioni di un accordo o di una convenzione conclusi con un altro Stato dispongono altrimenti.

49.   La Elisa afferma che gli obblighi gravanti sugli Stati membri in forza della direttiva 77/799 impediscono a questi ultimi, nell’ambito di una convenzione bilaterale sull’assistenza amministrativa in materia fiscale, di dare esecuzione ad obblighi aventi la stessa natura che escludono una categoria di contribuenti quali le holding lussemburghesi. La direttiva consente l’attuazione della convenzione solo in quanto l’esecuzione della stessa non riduca l’efficacia della direttiva.

50.   Il governo francese ritiene che gli obblighi derivanti dalla direttiva 77/799 non impediscano a uno Stato membro di stipulare una convenzione avente il medesimo oggetto, la quale escluda una determinata categoria di contribuenti, quali le holding 1929, dal suo ambito applicativo. A sostegno della propria tesi, il governo francese richiama in particolare il fatto che, ai sensi dell’art. 8 della direttiva 77/799, in combinato disposto con la legge lussemburghese applicabile, il Lussemburgo è legittimato a rifiutare le richieste di informazioni di altre autorità fiscali, laddove tali informazioni siano necessarie ai fini della tassazione delle holding 1929. Di conseguenza, né la direttiva 77/799 né la convenzione tra la Francia e il Lussemburgo possono far sì che le autorità lussemburghesi siano obbligate a fornire informazioni sulle holding 1929 ad altri Stati membri. Il governo francese è pertanto legittimato a non riconoscere a tali società il beneficio dell’esenzione, beneficio subordinato all’esistenza di una convenzione sulla cooperazione amministrativa, posto che la normativa lussemburghese priva la direttiva 77/799 della sua efficacia con riferimento alle holding 1929.

B –    Valutazione giuridica

51.   La direttiva 77/799 rappresenta un atto efficace nell’intera Comunità che garantisce un livello minimo di armonizzazione dell’assistenza amministrativa e della cooperazione tra tutti gli Stati membri. Come tale, essa deve produrre pienamente i suoi effetti e deve essere interpretata ed applicata uniformemente in tutta la Comunità (13).

52.   L’art. 11 della direttiva 77/799 contiene un’esplicita disciplina riguardante i rapporti tra la direttiva e altri atti giuridici contenenti «obblighi più estesi (…) circa lo scambio di informazioni». Con tale norma, il legislatore comunitario intendeva chiarire gli effetti giuridici delle convenzioni bilaterali aventi lo stesso oggetto della direttiva che gli Stati membri avessero concluso o intendessero concludere. Ciò risultava essere di particolare importanza in quanto la direttiva si aggiungeva ad una rete già esistente di convenzioni bilaterali (e multilaterali) che prevedevano forme di cooperazione amministrativa in materia fiscale (14), e la ratio della direttiva non era quella di porre limiti a preesistenti obblighi o possibilità di mutua assistenza, bensì piuttosto di creare siffatti obblighi e possibilità (15).

53.   In questo contesto, una norma quale l’art. 11 della direttiva consente agli Stati membri di mantenere o stipulare, in particolare, accordi bilaterali che abbiano lo stesso oggetto della direttiva e conseguentemente mantenere o stabilire una forma di cooperazione che vada al di là di quanto previsto dalla direttiva. Alla luce dei principi di efficacia e di applicazione uniforme del diritto comunitario, dall’art. 11 della direttiva discende che un trattato bilaterale in materia fiscale può trovare applicazione solo in quanto preveda obbligazioni più ampie in materia di scambio di informazioni rispetto a quanto stabilito dalla direttiva.

54.   In tal senso, non può ragionevolmente sostenersi che una disposizione che esclude una determinata categoria di contribuenti — nella fattispecie, le holding 1929 — possa essere considerata, quantomeno per quanto concerne i contribuenti esclusi, come contenente obblighi più ampi rispetto a quanto previsto dalla direttiva, il cui ambito applicativo non contempla alcuna esclusione di tal genere. Pertanto, la disciplina contenuta in una convenzione bilaterale tra il Lussemburgo e la Francia, la quale prevede in linea di principio forme di assistenza amministrativa, escludendo tuttavia talune categorie di contribuenti, segnatamente le holding 1929, non è applicabile al caso in esame.

55.   La conclusione secondo cui la convenzione può essere messa in atto solo se non limita in alcun modo l’applicabilità della direttiva 77/799, ivi inclusa l’applicazione della stessa alle holding 1929, è confermata dalla giurisprudenza della Corte, secondo cui gli Stati membri non possono invocare una convenzione fiscale bilaterale per sfuggire agli obblighi su di essi incombenti in forza del Trattato (16). Così, ad esempio, non è possibile escludere taluni contribuenti dall’ambito di applicazione della direttiva invocando l’applicazione di un trattato fiscale bilaterale.

56.   Discende da quanto sopra che la terza questione deve essere risolta nel senso che gli obblighi posti a carico degli Stati membri in materia di reciproca assistenza fiscale dalla direttiva 77/799 ostano all’applicazione da parte degli Stati membri, in virtù di una convenzione bilaterale di assistenza amministrativa fiscale, di obblighi aventi la medesima natura che escludano una categoria di contribuenti quali le holding 1929 lussemburghesi, solo in quanto l’esecuzione della convenzione bilaterale determini l’inapplicabilità della direttiva a tali contribuenti.

VII – La prima questione

57.   Con la sua prima questione, la Cour de Cassation chiede in sostanza se le disposizioni del Trattato relative al diritto di stabilimento (artt. 43 e segg. CE) e alla libera circolazione dei capitali (artt. 56 e segg. CE) ostino a che uno Stato membro mantenga un’imposta sul valore commerciale degli immobili da cui sono esentate le persone giuridiche aventi il loro domicilio fiscale in Francia, mentre l’esenzione in favore di persone giuridiche con domicilio fiscale in un altro Stato membro è subordinata all’esistenza di una convenzione bilaterale che contenga una clausola di assistenza amministrativa per combattere la frode e l’evasione fiscale, ovvero una clausola di non discriminazione in base alla nazionalità, a fini fiscali, in base alla quale le società aventi domicilio fiscale in uno Stato membro diverso dalla Francia non devono essere assoggettate ad un’imposizione maggiormente onerosa rispetto a quella a cui sono assoggettate le persone giuridiche con domicilio fiscale in Francia.

A –    Principali argomenti delle parti

58.   Secondo i governi francese, ellenico, italiano e del Regno Unito, gli artt. 43 CE e 56 CE devono essere interpretati nel senso che non ostano all’esistenza di una normativa quale quella francese di cui trattasi.

59.   La Commissione e la Elisa sono di opinione contraria. In particolare, la Commissione ritiene che al caso in esame siano applicabili solo le disposizioni relative alla libera circolazione dei capitali (artt. 56 e segg. CE). Essa afferma che l’art. 56 CE osta ad una normativa nazionale quale quella di cui agli artt. 990 D e 990 E del CGI. La Elisa sostiene che sia l’art. 43 CE, sia l’art. 56 CE ostano all’esistenza di una normativa nazionale quale quella contenuta negli artt. 990 D e 990 E del CGI.

B –    Quale o quali libertà fondamentali trovano applicazione?

60.   Occorre preliminarmente rilevare che, benché la materia delle imposte dirette rientri nella competenza degli Stati membri, questi ultimi devono tuttavia esercitare tale competenza nel rispetto del diritto comunitario (17), ivi incluse le disposizioni che sanciscono i principi di libertà di stabilimento e di libera circolazione dei capitali.

61.   Nel caso in esame, le questioni proposte dal giudice nazionale fanno riferimento sia alla libertà di stabilimento (art. 43 CE), sia alla libera circolazione dei capitali (artt. 56 e segg. CE). Nelle sue osservazioni scritte, la Commissione ha messo in discussione tale impostazione e ha sollevato il problema se la libertà di stabilimento sia effettivamente rilevante nell’attuale controversia. Questa posizione risulta essere sostenuta dal governo italiano. E’ pertanto necessario verificare se, alla luce delle circostanze di causa, la Elisa possa invocare le norme relative al diritto di stabilimento e/o le norme che disciplinano la libera circolazione dei capitali.

62.   La libertà di stabilimento, che l’art. 43 del Trattato CE attribuisce ai cittadini della Comunità e che implica per essi l’accesso alle attività non subordinate ed il loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese, alle stesse condizioni previste dalle leggi dello Stato membro di stabilimento per i cittadini del medesimo, comprende, ai sensi dell’art. 48 del Trattato CE, per le società costituite a norma delle leggi di uno Stato membro e che abbiano la sede sociale, l’amministrazione centrale o la sede principale nel territorio della Comunità, il diritto di svolgere la loro attività nello Stato membro di cui trattasi mediante una controllata, una succursale o un’agenzia (18).

63.   Secondo la giurisprudenza della Corte, la nozione di stabilimento ai sensi del Trattato è una nozione molto ampia e implica la possibilità, per un cittadino comunitario, di partecipare, in maniera stabile e continuativa, alla vita economica di uno Stato membro diverso dal proprio Stato di origine e di trarne vantaggio, favorendo così l’interpenetrazione economica e sociale nell’ambito della Comunità nel settore delle attività indipendenti (19). Tuttavia, affinché le disposizioni relative al diritto di stabilimento possano essere applicate, è in linea di principio necessario che sia assicurata una presenza permanente nello Stato membro ospitante e, in caso di acquisto e di possesso di beni immobili, che la gestione di tali beni sia attiva (20).

64.   Sembra che la Elisa, quale società holding, non abbia alcuna attività commerciale al di là della mera titolarità di diritti di proprietà su immobili in Francia; tuttavia, l’esposizione effettuata dal giudice del rinvio e le informazioni fornite dalle parti nel procedimento dinanzi alla Corte non risultano essere del tutto univoche al riguardo.

65.   Si deve in ogni caso sottolineare che la Corte, per giurisprudenza costante, ha considerato le disposizioni relative all’acquisizione e/o allo sfruttamento della proprietà immobiliare come rientranti nell’ambito della libera circolazione dei capitali, anche quando il giudice del rinvio — come, ad esempio, nelle cause Konle (21), Centro di Musicologia Stauffer (22) e Festersen (23) — ha fatto altresì riferimento alla libertà di stabilimento (24).

66.   In questo contesto, la Corte ha dichiarato che il diritto di acquistare, godere e alienare beni immobili nel territorio di un altro Stato membro costituisce il complemento necessario della libertà di stabilimento (25).

67.   Come risulta chiaramente dalla nomenclatura dei movimenti di capitali di cui all’allegato I della direttiva del Consiglio 24 giugno 1988, 88/361/CEE, per l’attuazione dell’articolo 67 del Trattato (articolo abrogato dal Trattato di Amsterdam) (26), tra i movimenti di capitali sono inclusi gli investimenti immobiliari effettuati sul territorio di uno Stato membro da non residenti. La citata nomenclatura mantiene tuttora lo stesso valore indicativo per quanto concerne la definizione della nozione dei movimenti di capitali (27).

68.   Ne discende che la libera circolazione dei capitali include sia la proprietà, sia l’amministrazione della proprietà immobiliare. È pacifico che la Elisa, che ha sede a Lussemburgo, possiede immobili in Francia. Perciò, la situazione in esame è disciplinata dalle disposizioni del Trattato che riguardano la libera circolazione dei capitali e la Elisa può in ogni caso richiamarsi a tali disposizioni ai fini del presente procedimento.

69.   Inoltre, il vero obiettivo della disposizione in esame, come sarà spiegato più oltre, è quello di prevenire l’evasione e la frode fiscale da parte delle persone fisiche residenti a fini fiscali in Francia, paese in cui queste ultime sarebbero normalmente tenute al versamento dell’imposta sul patrimonio con riferimento agli immobili di loro proprietà ubicati in tale paese, qualora esse fossero proprietarie di detti immobili a loro nome, ossia in qualità di persone fisiche. Di conseguenza, l’imposta controversa riguarda, segnatamente, gli investimenti immobiliari transfrontalieri, che non necessariamente implicano un insediamento sul territorio francese. E’ pertanto il carattere transnazionale dell’investimento che risulta interessato dalla legislazione nazionale in esame. Eventuali effetti restrittivi sulla libertà di stabilimento sono solo l’inevitabile conseguenza dell’ostacolo alla libera circolazione dei capitali (28).

70.   Ritengo pertanto che la libera circolazione dei capitali rappresenti il criterio fondamentale per la soluzione della presente controversia.

71.   Qualora il giudice del rinvio, alla luce delle circostanze fattuali della controversia dinanzi ad esso pendente, giunga alla conclusione che sono altresì applicabili le disposizioni relative alla libertà di stabilimento, si dovrà comunque tener conto del fatto che le considerazioni che seguono, e in particolare l’esame del principio di proporzionalità, risultano applicabili anche alla libertà di stabilimento (29).

C –    Il principio della libera circolazione dei capitali

72.   Prima di stabilire se una legislazione nazionale quale quella di cui trattasi sia o meno conforme al principio della libera circolazione dei capitali, è utile richiamare le caratteristiche di detta libertà fondamentale, che è forse la meno conosciuta tra le libertà fondamentali sancite dal Trattato CE.

73.   Per cominciare, deve rilevarsi che la libera circolazione dei capitali si distingue dalle altre libertà fondamentali quanto alla sua formulazione testuale, la quale richiede alcune precisazioni quanto alle sue eventuali conseguenze pratiche.

74.   Mentre l’art. 56 CE vieta in maniera generale le restrizioni ai movimenti di capitali, l’art. 58, n. 1, lett. a), CE chiarisce che tale divieto non pregiudica il diritto degli Stati membri di applicare le pertinenti disposizioni della loro legislazione tributaria in cui si opera una distinzione tra i contribuenti che non si trovano nella medesima situazione per quanto riguarda il loro luogo di residenza o il luogo di collocamento del loro capitale. Tale diritto è comunque limitato dall’art. 58, n. 3, CE, il quale precisa che le distinzioni operate dagli Stati membri tra i contribuenti che non si trovano nella medesima situazione per quanto riguarda il loro luogo di residenza o il luogo di collocamento del loro capitale non devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata alla libera circolazione dei capitali (30).

75.   È stata la causa Manninen a fornire per prima (31) alla Corte l’occasione di esaminare il potere normativo degli Stati membri nel settore dell’imposizione fiscale diretta alla luce del principio della libera circolazione dei capitali, ai sensi degli artt. 56 CE e 58 CE. Uno dei più rilevanti principi enucleati dalla Corte in detta sentenza è quello secondo cui, affinché una normativa tributaria nazionale che opera una distinzione tra i contribuenti che non si trovano nella medesima situazione per quanto riguarda il luogo di collocamento del loro capitale possa considerarsi compatibile con le disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei capitali, occorre che la differenza di trattamento riguardi situazioni non oggettivamente paragonabili o sia giustificata da motivi imperativi di interesse generale, quale quello di salvaguardare la coerenza del regime tributario o l’efficacia dei controlli fiscali (32).

76.   Inoltre, per essere giustificata, la differenza di trattamento tra persone giuridiche aventi sede in Francia e persone giuridiche aventi sede in altri Stati membri non deve eccedere quanto necessario per il conseguimento dello scopo perseguito dalla normativa considerata (33).

77.   Risulta da quanto sopra che il concetto di «restrizione» alla libera circolazione dei capitali corrisponde alla nozione di «restrizione» elaborata dalla Corte nel settore delle altre libertà fondamentali. Pertanto, ogni provvedimento che renda più oneroso o meno attraente il trasferimento transfrontaliero di capitali e sia pertanto tale da dissuadere l’investitore costituisce una restrizione della libera circolazione dei capitali (34).

78.   Inoltre, anche se è vero che il divieto di discriminazione non trova riscontro testuale nell’art. 56, n. 1, CE e può evincersi tutt’al più indirettamente dall’art. 58, n. 3, CE (35), anche la libera circolazione dei capitali implica un divieto di discriminazione, come tutte le libertà fondamentali. Ciò implica un divieto di disparità di trattamento tra gli operatori sui mercati finanziari in ragione della loro cittadinanza o residenza, oppure del luogo dove è operato l’investimento, se tali disparità non rispondono a giustificazioni oggettive.

D –    Qualificazione giuridica dell’imposta controversa

79.   Da quanto sopra emerge che, per risolvere la prima questione, è necessario preliminarmente stabilire se il sistema introdotto dall’imposta francese controversa rappresenti una restrizione alla circolazione dei capitali.

80.   Secondo la normativa controversa, la situazione da cui sorge l’obbligo di versamento dell’imposta è rappresentata dalla titolarità del diritto di proprietà o di taluni altri diritti reali su beni immobili situati in Francia alla data del 1° gennaio di un anno determinato.

81.   Le persone giuridiche che hanno la loro sede della direzione effettiva in Francia (in prosieguo dette anche «residenti») sono esentate dall’imposta controversa. Le persone giuridiche che non hanno la loro sede della direzione effettiva in Francia (in prosieguo dette anche «non residenti») sono assimilate alle persone giuridiche residenti se, in forza di un trattato, esse non possono essere assoggettate ad un’imposizione fiscale maggiormente onerosa. Dalla decisione di rinvio risulta che ciò accade quando la Francia abbia concluso con il paese nel quale la persona giuridica non residente ha la sede della direzione effettiva una convenzione contenente una clausola di non discriminazione in materia fiscale. Le persone giuridiche residenti, nonché le persone giuridiche non residenti, ma assimilate alle prime, sono esenti purché osservino taluni obblighi di comunicazione alle autorità fiscali. In particolare, esse sono tenute a comunicare ogni anno, o assumono e rispettano l’impegno di comunicare all’amministrazione fiscale, su istanza di quest’ultima, la posizione e la descrizione degli immobili posseduti al 1º gennaio di un anno determinato, l’identità e l’indirizzo dei loro azionisti, soci o altri membri, il numero delle azioni, quote o altri diritti detenuti da ciascuno di essi e la prova della loro residenza fiscale.

82.   Inoltre, le persone giuridiche non residenti possono essere esentate qualora il paese o il territorio nel quale hanno sede abbia concluso con la Francia una convenzione di assistenza amministrativa con l’obiettivo di combattere la frode e l’evasione fiscale. Tali persone giuridiche devono dichiarare ogni anno, entro e non oltre il 15 maggio, la posizione, la descrizione ed il valore degli immobili posseduti al 1º gennaio, l’identità e l’indirizzo dei loro soci alla medesima data nonché il numero di azioni o quote detenuto da ciascuno di essi.

83.   Da quanto sopra emerge che, mentre una persona giuridica residente è in linea di principio esente dall’imposta, una persona giuridica non residente deve avere la sede della direzione effettiva in un paese che abbia concluso con la Francia una convenzione contenente una clausola di non discriminazione in materia fiscale, ovvero una convenzione di assistenza amministrativa con l’obiettivo di combattere la frode e l’evasione fiscale. Ciò rappresenta una disparità di trattamento tra persone giuridiche soggette all’imposta controversa in base al luogo in cui esse hanno la loro sede della direzione effettiva.

84.   Allo stesso tempo, il meccanismo fiscale controverso può avere l’effetto di rendere meno attraente, per le persone giuridiche non residenti, l’investimento immobiliare in Francia. Se una persona giuridica non residente ha la sede della direzione effettiva in uno Stato membro che non ha concluso con la Francia una convenzione contenente una clausola di non discriminazione in materia fiscale, o una convenzione di assistenza amministrativa con l’obiettivo di combattere la frode e l’evasione fiscale, la proprietà immobiliare direttamente o indirettamente posseduta in Francia da una siffatta persona giuridica può essere assoggettata all’imposta controversa. Lo stesso accade alle persone giuridiche escluse dall’applicazione di tali clausole, come avviene per le holding 1929, cui non è applicabile la convenzione conclusa tra la Francia e il Lussemburgo.

85.   L’imposta controversa rappresenta pertanto una restrizione alla libera circolazione dei capitali, la quale è, in linea di principio, vietata dall’art. 56 CE.

E –    La situazione dei residenti è oggettivamente paragonabile a quella dei non residenti?

86.   Come ricordato sopra, dalla giurisprudenza della Corte emerge che una disciplina tributaria nazionale quale quella di cui alla causa principale può considerarsi compatibile con le disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei capitali se la differenza di trattamento riguarda situazioni non oggettivamente paragonabili.

87.   La Commissione afferma che la situazione in cui si trovano i residenti e i non residenti può considerarsi diversa se, come avviene in taluni paesi, non vi sono mezzi per ottenere informazioni adeguate in ordine ai soggetti detentori di interessi in talune persone giuridiche proprietarie di beni immobili. Dal punto di vista della Commissione, nel caso degli Stati membri dell’Unione europea una tale divergenza non sussiste, in quanto vi sono misure intese a facilitare la cooperazione, come la direttiva 77/799, le quali garantiscono un livello minimo di scambio di informazioni.

88.   Sembra tuttavia che la Corte preferisca valutare l’obiettiva situazione dei contribuenti facendo riferimento alla presenza di una norma tributaria (36), anziché facendo riferimento agli obiettivi che una siffatta norma intende perseguire con le esenzioni da essa previste.

89.   Nel caso in esame risulta che, quanto alla situazione che dà origine all’obbligo fiscale, segnatamente la titolarità diretta o indiretta, da parte di persone giuridiche, del diritto di proprietà o di diritti reali su beni immobili situati in Francia alla data del 1° gennaio di un anno determinato, le persone giuridiche che hanno la sede della direzione effettiva in Francia e le persone giuridiche che hanno la sede della direzione effettiva al di fuori della Francia si trovano in una situazione di parità quanto alla tassazione della proprietà immobiliare.

90.   Tali norme non possono trattare diversamente detti soggetti giuridici, ai fini della concessione dell’esenzione dallo stesso tributo, senza creare una discriminazione. Trattando in modo identico le due forme di persone giuridiche sotto il profilo della tassazione della loro proprietà immobiliare, il legislatore francese ha infatti ammesso che non vi è, fra le due posizioni, alcuna obiettiva differenza per quel che riguarda le modalità ed i presupposti di detta imposta, che possa giustificare la differenza di trattamento (37).

91.   Di conseguenza, in circostanze quali quelle di cui alla causa principale, l’effetto della legislazione nazionale in esame è quello di trattare diversamente persone giuridiche che si trovano in situazioni oggettivamente paragonabili.

92.   Ne deriva che una misura fiscale di tal genere non può, in linea di principio, rappresentare una differenza di trattamento consentita dall’art. 58, n. 1, lett. a), CE, salvo non sia giustificata da motivi imperativi di interesse generale (38).

F –    Giustificazione in base a motivi imperativi di interesse generale

93.   Il governo francese, per giustificare l’imposta controversa, si richiama ad argomentazioni relative all’efficacia dei controlli fiscali e alla prevenzione dell’evasione e della frode fiscale.

94.   La Corte ha affermato, a più riprese, che la lotta all’evasione e alla frode fiscale (39) e l’efficacia dei controlli fiscali (40) possono essere invocate, quali motivi imperativi di interesse generale, per giustificare restrizioni dell’esercizio delle libertà fondamentali (41).

95.   Alla luce dell’obiettivo perseguito dalla disciplina nazionale di cui trattasi, tali giustificazioni in una certa misura si sovrappongono, in quanto la disposizione in esame mira ad ottenere le informazioni necessarie ai fini della riscossione dell’imposta sul patrimonio, prevenendo in tal modo l’evasione e la frode fiscale sull’imposta stessa.

96.   Si deve preliminarmente rilevare che, se è vero che la Corte ha più volte affermato che l’efficacia dei controlli fiscali costituisce un motivo imperativo d’interesse generale idoneo a giustificare una restrizione dell’esercizio delle libertà fondamentali garantite dal Trattato (42), essa ha tuttavia dimostrato una certa riluttanza nell’accettare una tale giustificazione nella prassi, poiché solo in un caso riguardante l’imposizione diretta, segnatamente nella causa Futura Participations e Singer (43), tale giustificazione è stata invocata con successo da uno Stato membro. Emerge dalla giurisprudenza della Corte che uno Stato membro è autorizzato ad applicare solamente quelle misure che consentono allo Stato stesso di verificare, in modo chiaro e preciso, l’identità dei contribuenti soggetti ad una determinata imposta nonché l’importo che questi ultimi sono tenuti a versare (44).

97.    La stessa limitazione può essere osservata con riferimento alle giustificazioni basate sulla lotta all’evasione e alla frode fiscale. Pur riconoscendo che la lotta all’evasione fiscale rappresenta un motivo imperativo di interesse generale, che può giustificare restrizioni all’esercizio delle libertà fondamentali (45), la Corte ha in pratica limitato ad un ambito relativamente ristretto la possibilità di accoglimento di una giustificazione basata sulla lotta all’evasione e alla frode fiscale (46).

98.   In effetti, secondo una formulazione comunemente usata nella giurisprudenza, la limitazione ad una libertà sancita dal Trattato può essere giustificata in base alla lotta all’evasione fiscale solo se la legislazione in questione ha l’obiettivo specifico di escludere da un vantaggio fiscale costruzioni puramente artificiose il cui scopo sia quello di eludere la normativa fiscale nazionale (47).

99.   Ne discende che, per essere proporzionato, l’effettivo ambito di applicazione di un provvedimento inteso a contrastare l’evasione e la frode fiscale dovrebbe essere limitato, nella misura del possibile, a quei soli casi che presentano un rischio concreto di evasione fiscale, con il ricorso a costruzioni puramente artificiose (48), e il provvedimento stesso dovrebbe essere elaborato in modo tale da risultare applicabile, con tutte le sue condizioni di applicazione e di esenzione, solo a condizioni ben precise, che corrispondono alle fattispecie in cui è maggiormente probabile il rischio di evasione fiscale (49).

100. Alla luce della giurisprudenza della Corte, le «costruzioni puramente artificiose» sono quelle prive di effettività economica (50). Nel caso della libertà di stabilimento, la Corte ha affermato che l’effettività economica implica un insediamento effettivo della società interessata nello Stato membro ospite e l’esercizio quivi di un’attività economica reale (51).

101. Se applichiamo questo ragionamento alla libera circolazione dei capitali, sembra potersi dire che una misura restrittiva non dovrebbe andare oltre l’effettiva tassazione della proprietà immobiliare di quelle persone giuridiche che sono formalmente stabilite in un altro Stato membro, ma per le quali l’insediamento in tale altro Stato membro non ha effettività economica.

102.  Per quanto concerne l’onere della prova, dalla giurisprudenza della Corte emerge che spetta in linea di principio all’amministrazione fiscale dello Stato membro interessato provare, caso per caso, che sussiste un rischio di evasione fiscale (52). Dal fatto che un contribuente faccia uso delle proprie libertà fondamentali per stabilire la sua residenza in un altro Stato membro non può dedursi che un tale contribuente persegua obiettivi fraudolenti (53). Una presunzione generale di evasione o di frode fiscale non può giustificare una misura fiscale che pregiudichi gli obiettivi del Trattato (54). La Corte è arrivata al punto di ritenere che l’istituzione di una norma di portata generale che escluda automaticamente talune categorie di operazioni da un’agevolazione fiscale, a prescindere da un’effettiva evasione o frode fiscale, non può considerarsi proporzionata (55).

103.  Più di recente, la Corte sembra aver rielaborato il suo approccio alle presunzioni generali di evasione o di frode fiscale nel settore della tassazione diretta. Nella causa Cadbury Schweppes, ha affermato che una siffatta presunzione è accettabile qualora, in forza delle precise condizioni in essa stabilite, sia applicabile solamente in circostanze ben determinate, che corrispondono ai casi in cui è maggiormente probabile il rischio di evasione fiscale. In tal caso, sarà il contribuente non residente, che vanta a tal fine la migliore posizione, a dover sopportare l’onere probatorio di dimostrare l’effettività delle proprie attività, per essere legittimato ad invocare il godimento delle libertà fondamentali (56).

104. Alla luce delle considerazioni che precedono, si dovrà verificare se la misura nazionale in questione sia idonea allo scopo di garantire i controlli fiscali e di contrastare la frode e l’evasione fiscale, e se essa non ecceda quanto necessario al conseguimento degli scopi perseguiti.

105. L’intenzione del legislatore, nell’introdurre l’imposta controversa, era quella di dissuadere i contribuenti sottoposti all’imposta francese sul patrimonio dall’eludere i loro obblighi mediante la creazione di società in Stati che non hanno stipulato con la Francia una convenzione fiscale che contenga una clausola di assistenza amministrativa al fine di combattere la frode e l’evasione fiscale, società poi destinate a divenire proprietarie degli immobili situati in Francia (57).

106. Così, il meccanismo fiscale controverso sembra avere in particolare ad oggetto quelle prassi intese a eludere l’imposta patrimoniale normalmente riscossa sulla proprietà immobiliare. Più precisamente, secondo le osservazioni scritte e orali del governo francese, la prassi da contrastare è quella consistente nella creazione, da parte di persone fisiche con domicilio fiscale in Francia, i cui immobili sarebbero di norma assoggettati all’imposta sul patrimonio, di persone giuridiche fiscalmente domiciliate al di fuori della Francia, al solo ed unico scopo di eludere il pagamento dell’imposta patrimoniale stessa. Le persone fisiche residenti in Francia trasferiscono quindi la proprietà o gli altri diritti reali sugli immobili siti in Francia a persone giuridiche che non sono, in quanto tali, soggette all’imposta patrimoniale francese.

107. Le fattispecie problematiche sono quelle in cui le autorità fiscali francesi non riescono a verificare l’identità e le quote delle persone fisiche che possono essere azioniste di tali persone giuridiche. Secondo quanto riferito dal governo francese, questo avviene quando dette persone giuridiche hanno la loro sede della direzione effettiva in un paese con il quale la Francia non ha stipulato una convenzione contenente una clausola di cooperazione amministrativa. In tal caso, le autorità fiscali francesi incontrano difficoltà nel controllo incrociato delle dichiarazioni rese da persone giuridiche, in particolare per quanto riguarda l’identità e le quote detenute dai loro azionisti, nonché delle dichiarazioni fiscali concernenti l’imposta patrimoniale delle persone fisiche residenti in Francia, le quali hanno l’obbligo di dichiarare ogni loro quota in società con sede in Francia e all’estero, come le holding 1929. In questo contesto, le persone fisiche possono efficacemente mascherarsi dietro persone giuridiche al fine di eludere il pagamento dell’imposta patrimoniale sugli immobili, pagamento cui sarebbero invece tenute qualora possedessero tali immobili a loro nome.

108. Allo scopo di combattere tali prassi, l’imposta di cui agli artt. 990 D e 990 E del CGI ha ad oggetto in particolare quelle persone giuridiche che hanno la loro direzione principale in paesi dai quali la Francia non può ottenere informazioni adeguate quanto alle persone fisiche che detengono azioni di persone giuridiche. Così, la normativa francese in esame prevede un’esenzione dall’imposta stessa in favore delle persone giuridiche non residenti a condizione che vi sia un trattato che preveda la cooperazione amministrativa o la non discriminazione a fini fiscali. Con riferimento a quest’ultima clausola, il governo francese ha rilevato che qualsiasi trattato in materia fiscale che contenga una clausola di non discriminazione implica a fortiori l’esistenza di cooperazione amministrativa.

109. Risulta pertanto che il criterio fondamentale, ai fini dell’esenzione, è la garanzia, risultante da un trattato fiscale bilaterale, che l’amministrazione fiscale francese può richiedere direttamente alle autorità fiscali straniere tutte le informazioni necessarie ad effettuare controlli incrociati sulle dichiarazioni rese da persone giuridiche titolari della proprietà o di altri diritti reali su immobili siti in Francia, ai sensi dell’ art. 990 E del CGI, nonché sulle dichiarazioni rese da persone fisiche fiscalmente residenti in Francia in relazione alle loro proprietà immobiliari soggette all’imposta sul patrimonio.

110. Nell’assoggettare a imposta tutte le persone giuridiche che non rispondono a tale requisito, la normativa francese in esame produce l’effetto di assoggettare ad imposta la proprietà immobiliare detenuta da persone giuridiche utilizzate come «schermo» da persone fisiche che sarebbero altrimenti soggette all’imposta sul patrimonio. Così, l’imposta controversa consente di contrastare o, quanto meno, di rendere meno attraenti tali prassi, le quali non perseguono altro scopo che quello di eludere il pagamento dell’imposta sul patrimonio, altrimenti dovuta dalle persone fisiche in Francia. Essa risulta pertanto idonea allo scopo di garantire l’efficacia dei controlli fiscali e di contrastare l’evasione e la frode fiscale.

111. Rimane comunque da stabilire se l’imposta controversa ecceda quanto necessario al conseguimento dello scopo perseguito.

112. La disciplina nazionale di cui trattasi sembra muovere dal presupposto secondo cui è probabile che tutti i paesi con cui la Francia non ha concluso un trattato fiscale bilaterale contenente una clausola di assistenza amministrativa ovvero una clausola di non discriminazione in materia fiscale ospitino persone giuridiche utilizzate come strumento di elusione dell’imposta sul patrimonio da parte di persone fisiche. Lo stesso presupposto vale per quegli enti strutturati in forma societaria, quali le holding 1929, che sono stati esclusi dall’ambito di applicazione dei trattati bilaterali in materia fiscale.

113. Il governo francese sembra in particolare giustificare tale presupposto invocando genericamente il carattere dannoso delle holding 1929.

114. Si deve osservare in proposito che il carattere dannoso di tale regime giuridico è stato effettivamente riconosciuto dall’OCSE (58), nonché dal Consiglio «Affari economici e finanziari» (Consiglio «Ecofin») nel corso dell’adozione di un codice di condotta in materia di tassazione delle imprese (59). Il regime giuridico lussemburghese applicabile alle holding 1929 è stato citato nella relazione del gruppo «Codice di condotta», incaricato di valutare le misure nazionali cui il detto codice può essere applicato, come esempio di misura dannosa. È stata pertanto richiesta la progressiva abolizione di detto regime fiscale (60).

115. Tuttavia, questi elementi non possono influire sulla portata dei diritti conferiti agli operatori economici in forza delle libertà fondamentali. Come risulta dal suo preambolo, il Codice di condotta costituisce un impegno politico e non pregiudica pertanto i diritti e gli obblighi degli Stati membri, né le rispettive competenze degli Stati membri e della Comunità derivanti dal Trattato (61). La menzione delle holding 1929 fra le misure fiscali nazionali dannose per il mercato unico non può dunque limitare il diritto riconosciuto a un investitore dal Trattato, in particolare ai sensi dell’art. 56 CE, di effettuare investimenti in un particolare Stato membro pur mantenendo la propria sede della direzione effettiva in un altro Stato membro, anche se tale investitore abbia una struttura societaria soggetta ad un sistema fiscale reputato dannoso per il mercato unico.

116. La circostanza che le holding 1929 siano state qualificate come aiuto di Stato incompatibile con il mercato comune (62) non modifica quest’analisi. Infatti il Trattato, agli artt. 87 CE e 88 CE, contiene disposizioni specifiche volte ad assicurare la verifica della compatibilità di una tale misura con il mercato comune e ad annullarne gli effetti pregiudizievoli per quest’ultimo. La circostanza che una struttura societaria siffatta, ed il relativo sistema fiscale, non siano conformi alle regole del Trattato non può dunque autorizzare uno Stato membro a prendere misure unilaterali per combatterne gli effetti limitando la libertà di circolazione (63).

117. Di conseguenza, un argomento basato sul carattere dannoso di uno specifico regime fiscale nazionale o di una struttura societaria non può essere accettato, in quanto tale, per giustificare il generale diniego di un’agevolazione fiscale, in forma di esenzione, a un’intera categoria di persone giuridiche con domicilio in un altro Stato membro.

118. Per giustificare la disciplina nazionale in oggetto, il governo francese richiama altresì le difficoltà nell’ottenere informazioni da paesi con i quali non esista un’effettiva cooperazione amministrativa.

119.  In particolare, il governo francese, sostenuto in tal senso dai governi olandese, italiano, del Regno Unito ed ellenico, rileva che è necessario un approccio restrittivo all’esenzione dall’imposta controversa, data la difficoltà incontrata dalle autorità fiscali francesi nel dimostrare l’evasione o la frode fiscale, in mancanza di informazioni affidabili per sottoporre a verifica incrociata i dati forniti dai contribuenti nelle loro dichiarazioni fiscali. La difficoltà deriva dal fatto che normalmente grava sulle autorità fiscali l’onere di provare l’evasione fiscale. Laddove non sia possibile effettuare controlli incrociati con le informazioni che le autorità francesi sono in grado di raccogliere con i propri mezzi, ivi compreso il ricorso alla cooperazione amministrativa fornita da autorità fiscali straniere, la presunzione esistente di evasione fiscale risulta giustificata.

120. Tale argomento solleva il problema dell’efficacia della cooperazione amministrativa tra gli Stati membri ai sensi della direttiva 77/799.

121. Dalla soluzione fornita alla seconda e alla terza questione deriva che l’imposta controversa rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 77/79, la quale è applicabile alla situazione che ha dato origine alla controversia pendente dinanzi al giudice del rinvio.

122. Come sostengono la Commissione e la Elisa, la direttiva consente alle autorità fiscali francesi di ottenere tutte le informazioni necessarie ai fini della riscossione dell’imposta sul patrimonio.

123. Tuttavia, come osservato dal governo francese e da tutti gli altri Stati membri che hanno preso parte al procedimento, nel caso specifico delle holding 1929 l’efficacia della direttiva 77/799 è messa in discussione dal tenore letterale dell’art. 8, n. 1, della stessa. Ai sensi dell’art. 8 della direttiva, uno Stato membro cui viene chiesto di trasmettere informazioni non è obbligato a dar seguito a tale richiesta quando la legislazione o la pratica amministrativa non autorizzino l’autorità competente dello Stato che dovrebbe fornire le informazioni a raccogliere o a utilizzare dette informazioni per le necessità di tale Stato. In questo contesto, il governo francese fa riferimento alla legge applicabile lussemburghese (64), secondo cui le holding di cui trattasi sono tenute a fornire esclusivamente informazioni sul loro status giuridico, e alle stesse non possono essere richieste informazioni a fini fiscali.

124. In risposta a tale argomento, deve sottolinearsi che la Corte ha affermato a più riprese che la direttiva 77/799 può essere invocata da uno Stato membro per ottenere, da parte delle competenti autorità di un altro Stato membro, ogni informazione idonea a consentirgli di determinare correttamente l’ammontare delle imposte rientranti nell’ambito applicativo della direttiva (65).

125. Nel caso in esame, non può escludersi che, alla luce di quanto previsto dall’art. 8 della direttiva 77/799, la legislazione nazionale lussemburghese possa creare alle autorità francesi difficoltà nell’ottenere direttamente dalle autorità lussemburghesi talune informazioni necessarie al fine di contrastare l’evasione o la frode fiscale, con particolare riferimento alla struttura giuridica e all’identità degli azionisti delle holding 1929.

126.  Si deve comunque osservare che la Corte ha in passato respinto l’argomento, sollevato in casi analoghi dagli Stati membri, dell’inefficacia della direttiva nei confronti di quegli Stati membri che praticano il segreto bancario. Essa ha sostenuto che se l’art. 8, n. 1, della direttiva 77/799 non impone la cooperazione tra le amministrazioni finanziarie degli Stati membri, quando la legislazione o la pratica amministrativa non consentono alle autorità competenti di raccogliere o di utilizzare informazioni per le necessità di tali Stati, l’impossibilità di richiedere tale collaborazione non può giustificare il rifiuto di un’agevolazione fiscale. Nulla impedisce alle autorità fiscali interessate di esigere dall’interessato le prove da esse ritenute necessarie e, quando risulti congruo, di negare un’agevolazione fiscale, ivi inclusa un’esenzione, nel caso in cui tali prove non vengano fornite (66). Non si può infatti escludere a priori la possibilità che il contribuente sia in grado di produrre validi documenti probatori che consentano alle autorità tributarie dello Stato membro di imposizione di verificare, in modo chiaro e preciso, che egli non sta tentando di eludere o di aggirare il pagamento delle imposte (67).

127. Nel contesto di cui alla presente causa, tali rilievi sembrano suggerire che, se è vero che un «ostacolo normativo» di tal genere, dal quale deriva l’impossibilità di richiedere direttamente la cooperazione delle autorità fiscali lussemburghesi, può rendere più difficile la verifica delle informazioni, esso non giustifica il definitivo rifiuto di riconoscere un’agevolazione fiscale sugli investimenti effettuati dagli investitori provenienti da detto Stato membro. Quando le holding 1929 chiedono l’esenzione dall’imposta controversa, infatti, le autorità fiscali francesi potrebbero richiedere alle stesse le prove ritenute necessarie al fine di garantire la piena trasparenza sul loro assetto proprietario e sulla loro struttura azionaria (68). Le autorità francesi potrebbero, ad esempio, richiedere la produzione di adeguati elementi probatori ufficiali allo scopo di superare il velo di anonimato dietro il quale talune persone fisiche tentano di nascondere il loro patrimonio.

128. Deve aggiungersi, in tal senso, che è necessario accertare che le richieste di prove documentali non eccedano quanto necessario per conseguire lo scopo informativo perseguito (69).

129. Nella causa in esame, tali requisiti non risultano essere soddisfatti, in quanto la normativa francese di cui trattasi non consente alle persone giuridiche che non rientrano nell’ambito applicativo di un trattato fiscale che contenga una clausola di assistenza amministrativa e che effettuano investimenti immobiliari in Francia di fornire elementi documentali atti a provare l’identità degli azionisti delle persone giuridiche stesse, nonché qualsiasi altra informazione ritenuta necessaria dalle autorità fiscali francesi. Di conseguenza, a tali persone giuridiche sembra essere in ogni caso preclusa la possibilità di provare che non stanno perseguendo obiettivi fraudolenti (70).

130. La normativa in oggetto può pertanto condurre a un rilevante danno «collaterale», in quanto, penalizzando quelle holding 1929 costituite da persone fisiche fiscalmente residenti in Francia allo scopo di eludere il pagamento dell’imposta francese sul patrimonio applicabile agli immobili siti in Francia, essa penalizzerà del pari altre holding 1929 che possiedono immobili in Francia.

131. Pertanto, il numero delle persone giuridiche che saranno tenute a versare l’imposta controversa andrà probabilmente al di là del gruppo di quelle persone fisiche che mirano ad eludere il pagamento dell’imposta sul patrimonio rimanendo anonimi azionisti di persone giuridiche con sede in un paese con il quale la Francia non ha concluso un trattato contenente una clausola sulla cooperazione amministrativa, o che sono state convenzionalmente escluse dal beneficio di una clausola siffatta, quali le holding 1929.

132. Ne discende che il governo francese avrebbe potuto adottare misure meno restrittive nel perseguire l’obiettivo di garantire l’efficacia dei controlli fiscali e di contrastare l’evasione e la frode fiscale. La disparità di trattamento derivante dalla legislazione nazionale in oggetto tra persone giuridiche residenti e non residenti risulta essere pertanto sproporzionata rispetto allo scopo perseguito.

133. Di conseguenza, la prima questione deve essere risolta nel senso che le disposizioni del Trattato concernenti la libera circolazione dei capitali (artt. 56 e segg. CE) ostano a che uno Stato membro mantenga un’imposta sul valore commerciale degli immobili da cui sono esenti le persone giuridiche fiscalmente residenti in Francia, mentre l’esenzione in favore di persone giuridiche non residenti è subordinata all’esistenza di una convenzione bilaterale che contenga una clausola di assistenza amministrativa per combattere la frode e l’evasione fiscale, ovvero una clausola di non discriminazione in base alla nazionalità, in forza della quale le persone giuridiche non residenti non devono essere assoggettate ad un’imposizione maggiormente onerosa rispetto a quella a cui sono assoggettate le persone giuridiche residenti.

VIII – Quarta questione

134. Con la sua quarta questione, il giudice nazionale chiede in sostanza se la Francia, avendo concluso con un altro Stato una convenzione contenente una clausola di non discriminazione che consente alle persone giuridiche con sede in tale Stato di godere del beneficio dell’esenzione prevista dall’art. 990 E, n. 3, del CGI, debba, in forza degli artt. 56 CE e 43 CE, estendere tale agevolazione fiscale in modo da includervi le persone giuridiche aventi sede in un altro Stato membro, quale il Lussemburgo, il quale non è vincolato alla Francia da una convenzione contenente una siffatta clausola di non discriminazione, qualora dette persone giuridiche possiedano immobili in Francia. In altre parole, la questione mira a stabilire se gli artt. 56 CE e 43 CE abbiano l’effetto di estendere alle persone giuridiche domiciliate a fini fiscali in qualsiasi altro Stato membro e proprietarie di immobili in Francia, i benefici derivanti da una clausola di non discriminazione stipulata tra la Francia e un altro Stato membro o un paese terzo.

135. In considerazione della soluzione fornita alla questione precedente, ritengo non sia necessario risolvere la quarta questione.

IX – Conclusioni

136. Alla luce di quanto sopra, propongo alla Corte di risolvere le questioni proposte nel modo seguente:

(1)      Le disposizioni del Trattato concernenti la libera circolazione dei capitali (artt. 56 e segg. CE) ostano a che uno Stato membro mantenga un’imposta sul valore commerciale degli immobili da cui sono esenti le persone giuridiche fiscalmente residenti in Francia, mentre l’esenzione in favore di società fiscalmente residenti in un altro Stato membro è subordinata all’esistenza di una convenzione bilaterale che contenga una clausola di assistenza amministrativa per combattere la frode e l’evasione fiscale ovvero una clausola di non discriminazione in base alla nazionalità, quando le società fiscalmente residenti in uno Stato membro diverso dalla Francia siano assoggettate ad un’imposizione maggiormente onerosa rispetto a quella a cui sono assoggettate le persone giuridiche aventi la sede della direzione effettiva in Francia.

(2)    Un’imposta come quella di cui trattasi costituisce un’imposta sul patrimonio ai sensi dell’art. 1 della direttiva del Consiglio 19 dicembre 1977, 77/799/CEE, relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati Membri nel settore delle imposte dirette e indirette.

(3)      Gli obblighi posti a carico degli Stati membri in materia di reciproca assistenza fiscale dalla direttiva 77/799 ostano all’esecuzione, da parte degli Stati membri, in virtù di una convenzione bilaterale di assistenza amministrativa fiscale, di obblighi aventi la medesima natura che escludano una categoria di contribuenti quali le holding lussemburghesi solo in quanto l’esecuzione della convenzione bilaterale determini l’inapplicabilità della direttiva a detti contribuenti.


1 – Lingua originale: l'inglese.


2 – Le disposizioni rilevanti utilizzano i termini «sede» e «sede della direzione effettiva». Risulta, in particolare, dalle spiegazioni fornite oralmente dal governo francese che questi termini possono essere utilizzati come sinonimi ai fini della presente causa.


3 – GU 1977, L 336, pag. 15.


4 – Per quest'ultima esenzione, v. art. 990 E, n. 4, del CGI.


5 – Qualsiasi immobile che la persona giuridica abbia destinato al proprio oggetto sociale, laddove l'oggetto sociale non sia relativo alla proprietà fondiaria, non è considerato ai fini del calcolo della soglia del 50%.


6 – Per ulteriori dettagli, v. Mémento pratique Francis Lefebvre, 2006, pag. 989 e segg., e Lamy fiscal, 2006, vol. 2, pag. 1255 e segg.


7 – V. sentenza 13 aprile 2000, causa C-251/98, Baars (Racc. pag. I-2787, punti 4 e segg.), e sentenza 5 luglio 2005, causa C-376/03, D. (Racc. pag. I-5821, punto 32).


8 – Per un sistema analogo si veda l'esempio dell’imposta patrimoniale olandese: la soggezione dei non residenti a tale imposta è limitata, poiché ne sono colpiti unicamente per la parte del loro patrimonio situato nei Paesi Bassi (sentenza D., cit. alla nota 7, punto 21).


9 – Conclusioni dell’avvocato generale Alber nella causa C-420/98, W.N. (Racc. 2000, pag. I-2847, paragrafo 7).


10 – In forza della direttiva del Consiglio 16 Novembre 2004, 2004/106/CE (GU L 359, pag. 30), la direttiva si applica anche ad ogni informazione relativa all'accertamento delle imposte sui premi assicurativi.


11 – V. sentenza 12 aprile 1994, causa C-1/93 (Racc. pag. I-1137, punto 22). In quell’occasione, la Corte chiarì che la Direttiva 77/799 si applicava alle imposte sull'alienazione dei beni immobili. Una simile imposta grava sull'acquirente in occasione dell'acquisto di un immobile. Essa non grava sul semplice possesso immobiliare ovvero sulla rendita che può derivarne al proprietario dell'immobile.


12 – In tal senso v., tra le altre, sentenze 22 ottobre 1987, causa 314/85, Foto-Frost (Racc. pag. 4199), 17 dicembre 1970, causa 11/70, Internationale Handelsgesellschaft (Racc. pag. 1125); più di recente, v. sentenza 15 settembre 2005, causa C-495/03, Intermodal Transports (Racc. pag. I-8151).


13 – In tal senso v., tra le altre, sentenze Foto-Frost, cit. alla nota 12; Internationale Handelsgesellschaft, cit. alla nota 12, e, più di recente, Intermodal Transports, cit. alla nota 12.


14 – V. in particolare il terzo ‘considerando’ della direttiva, secondo cui «la collaborazione fra amministrazioni, in base ad accordi bilaterali, è inadeguata a far fronte alle nuove forme di frode e di evasione fiscale, che hanno sempre più un carattere multinazionale». L'esigenza di una tale direttiva è emersa dal fatto che non tutte le relazioni bilaterali tra gli Stati membri erano e sono coperte da trattati bilaterali in materia di cooperazione amministrativa, con conseguente disparità quanto alla portata e alla forza degli obblighi nel settore della cooperazione amministrativa.


15 – V. Terra, B. e Wattel, P., European Tax Law, Kluwer, 2005, pag. 681.


16 – Sentenza 14 dicembre 2006, causa C-170/05, Denkavit (Racc. pag. I-11949, punto 53).


17 – V., tra le altre, sentenze 11 agosto 1995, causa C-80/94, Wielockx (Racc. pag. I-2493, punto 16), 10 marzo 2005, causa C-39/04, Laboratoires Fournier (Racc. pag. I-2057, punto 14); 23 febbraio 2006, causa C-513/03, van Hilten-van der Heijden (Racc. pag. I-1957, punto 36); 14 settembre 2006, causa C-386/04, Centro di Musicologia Stauffer (Racc. Pag. I-8203, punto 15).


18 – V. sentenze 21 settembre 1999, causa C-307/97, Saint-Gobain (Racc. pag. I–6161, punto 34); 13 dicembre 2005, causa C-446/03, Marks & Spencer (Racc. pag. I-10837, punto 30), e Centro di Musicologia Stauffer, cit. alla nota 17, punto 17.


19 – V. Centro di Musicologia Stauffer, cit. alla nota 17, punto 18, e giurisprudenza ivi citata.


20 – V. Centro di Musicologia Stauffer, cit. alla nota 17, punto 19.


21 – Sentenza 1° giugno 1999, causa C-302/97, (Racc. pag. I-3099, punti 39 e segg.).


22 – Cit. alla nota 17, punti 16 e segg.


23 – Sentenza 25 gennaio 2007, causa C-370/05 (Racc. Pag. I-1135, punti 20 e segg.).


24 – Un diverso approccio era stato seguito nella più risalente sentenza 6 novembre 1984, causa 182/83, Fearon (Racc. pag. 3677), in cui tuttavia la fattispecie presentava un chiaro legame con la libertà di stabilimento.


25 – V. sentenze Konle, cit. alla nota 21, punto 22, e 5 marzo 2002, cause riunite C-515/99, da C-519/99 a C-524/99 e da C-526/99 a C-540/99, Reisch e a. (Racc. pag. I-2157, punti 29 e 30).


26 – GU 1988, L 178, pag. 5.


27 – V., più di recente, Centro di Musicologia Stauffer, cit. alla nota 17, punto 22, e giurisprudenza ivi citata, e Festersen, cit. alla nota 23, punto 23.


28 – In senso analogo, v. sentenze 3 ottobre 2006, causa C-452/04, Fidium Finanz (Racc. pag. I-9521, punto 49), e 12 settembre 2006, causa C-196/04, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas (Racc. Pag. I-7995, punto 33).


29 – V. le conclusioni dell’avvocato generale Stix-Hackl nella causa Festersen, cit. alla nota 23, paragrafo 30.


30 – In riferimento alla tassazione diretta siffatti principi sono stati affermati, inter alia, nelle sentenze 7 settembre 2004, causa C-319/02, Manninen (Racc. pag. I-7477, punto 28) e Centro di Musicologia Stauffer, cit. alla nota 17, punto 31.


31 – Nella sentenza 6 giugno 2000, causa C-35/98, Verkooijen (Racc. pag. I-4071, punti 43-45), la Corte ha già fornito talune indicazioni sul significato di tali norme, ma dette indicazioni riguardavano il loro immediato predecessore (l'art. 67 CE).


32 – V. in tal senso sentenze Verkooijen, cit. alla nota 31, punto 43; Manninen, cit. alla nota 30, punto 29; e Centro di Musicologia Stauffer, cit. alla nota 17, punto 32.


33 – V., in tal senso, Verkooijen, cit. alla nota 31, punto 43; Manninen, cit. alla nota 30, punto 29, e Centro di Musicologia Stauffer, cit. alla nota 17, punto 32.


34 – V., in tal senso, le conclusioni dell'avvocato generale Kokott presentate il 14 luglio 2005 nella causa C-265/04, Bouanich (Racc. 2006 pag. I-923, paragrafo 30).


35 – V., in tal senso, le conclusioni dell'avvocato generale Kokott nella causa Bouanich, cit. alla nota 34, paragrafo 31.


36 – V., al riguardo, Manninen, cit. alla nota 30, punto 36.


37 – V., in proposito, sentenza 28 gennaio 1986, causa 270/83, Commissione/Francia (Racc. pag. 273, punto 20). V. anche le conclusioni dell'avvocato generale Lenz presentate il 5 novembre 1996 nella causa C-250/95, Futura Participations e Singer (Racc. 1997 pag. I-2471, paragrafi 38 e 39).


38 – V., in tal senso, Verkooijen, cit. alla nota 31, punto 46; Manninen, cit. alla nota 30, punto 29; Bouanich, cit. alla nota 34, punto 38, e Centro di Musicologia Stauffer, cit. alla nota 17, punto 32.


39 – V., tra le altre, sentenze della Corte 16 luglio 1998, causa C-264/97, ICI (Racc. pag. I-4695, punto 26); 8 marzo 2001, cause riunite C-397/98 e C-410/98, Metallgesellschaft e a. (Racc. pag. I-1727, punto 57); 21 novembre 2002, causa C-436/00, X e Y (Racc. pag. I-10829, punto 61); 12 dicembre 2002, causa C-324/00, Lankhorst-Hohorst (Racc. pag. I-11779, punto 37), e Marks & Spencer, cit. alla nota 18, punto 57.


40 – V., in particolare, Futura Participations e Singer, cit. alla nota 37, punto 31.


41 – V., ad esempio, sentenza 4 marzo 2004, causa C-334/02, Commissione/Francia (Racc. pag. I-2229, punto 27). V. anche le conclusioni dell'avvocato generale Léger nella causa Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas, cit. alla nota 28, paragrafo 85.


42 – V., tra le altre, causa C-334/02, Commissione/Francia, cit. alla nota 41, punto 27.


43 – Cit. alla nota 37, punto 31.


44 – V., in tal senso, sentenza 8 luglio 1999, causa C-254/97, Baxter (Racc. pag. I-4809, punto 18), e Laboratoires Fournier, cit. alla nota 17, punto 24.


45 – V., tra le altre, ICI, cit. alla nota 39, punto 26; Metallgesellschaft e a., cit. alla nota 39, punto 57; X e Y, cit. alla nota 39, punto 61; Lankhorst-Hohorst, cit. alla nota 39, punto 37, e Marks & Spencer, cit. alla nota 18, punto 57.


46 – V. le conclusioni dell'avvocato generale Léger nella causa Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas, cit. alla nota 28, paragrafo 87.


47 – V., tra le altre, ICI, cit. alla nota 39, punto 26; X e Y, cit. alla nota 39, punto 61; Lankhorst-Hohorst, cit. alla nota 39, punto 37; sentenza della Corte 11 marzo 2004, causa C-9/02, de Lasteyrie du Saillant (Racc. pag. I-2409, punto 50), e Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas, cit. alla nota 28, punto 51.


48 – V. in tal senso, ICI, cit. alla nota 39, punto 26; Lankhorst-Hohorst, cit. alla nota 39, punto 37; de Lasteyrie du Saillant, cit. alla nota 47, punto 50; Marks & Spencer, cit. alla nota 18, punto 57, e Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas, cit. alla nota 28, punto 51.


49 – V., in proposito, le conclusioni dell'avvocato generale Léger nella causa Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas, cit. alla nota 28, paragrafo 137.


50 – V. in tal senso, sentenza Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas, cit. alla nota 28, punto 55.


51 – V. sentenza Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas, cit. alla nota 28, punto 54.


52 – V. le conclusioni dell'avvocato generale Mischo nella causa de Lasteyrie du Saillant, cit. alla nota 47, paragrafo 59.


53 – V., in proposito, ICI, cit. alla nota 39, punto 26; Metallgesellschaft, cit. alla nota 39, punto 57; X e Y, cit. alla nota 39, punti 61 e 62; Lankhorst-Hohorst, cit. alla nota 39, punto 37; de Lasteyrie du Saillant, cit. alla nota 47, punti 50 e 51.


54 – V., in tal senso, sentenze 26 settembre 2000, causa C-478/98, Commissione/Belgio (Racc. pag. I-7587, punto 45), e Commissione/Francia, cit. alla nota 41, punto 27.


55 – V., in tal senso, sentenza della Corte 17 luglio 1997, causa C-28/95, Leur-Bloem, (Racc. pag. I-4161, punto 44).


56 – V., in proposito, sentenza Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas, cit. alla nota 28, punto 70.


57 – Secondo le osservazioni del governo francese, ciò è stato affermato dal Conseil constitutionnel (Corte costituzionale francese) in una pronuncia del 29 dicembre 1989.


58 – Il regime giuridico delle holding 1929 è stato costantemente citato dall'OCSE come esempio di prassi fiscale dannosa. V. la relazione di aggiornamento del 2006 dell'OCSE sul progetto concernente le pratiche fiscali dannose, disponibile sul sito http://www.oecd.org/dataoecd/1/17/37446434.pdf.


59 – Risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio del 1° dicembre 1997, su un codice di condotta in materia di tassazione delle imprese (GU 1998, C 2, pag. 2). Essa si applica alle «misure che hanno o possono avere una sensibile incidenza sull'ubicazione di attività imprenditoriali nel territorio della Comunità» e prevede l'impegno degli Stati membri a non introdurre nuove misure di tal genere e ad eliminare quelle esistenti.


60 – Tale relazione è reperibile in internet al sito http://ec.europa.eu/taxation_customs/resources/documents/primarolo_en.pdf.


61 – V. le conclusioni dell'avvocato generale Léger nella causa Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas, cit. alla nota 28, paragrafo 57.


62 – Decisione della Commissione 19 luglio 2006, 2006/940/CE, relativa al regime di aiuto C 3/2006 a cui il Lussemburgo ha dato esecuzione a favore delle holding 1929 e delle holding miliardarie (GU L 366, pag. 47).


63 – V. le conclusioni dell'avvocato generale Léger nella causa Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas, cit. alla nota 28, paragrafo 58.


64 – V., segnatamente, Règlement grand-ducal du 24 mars 1989 précisant le secret bancaire en matière fiscale et délimitant le droit d’investigation des administrations fiscales (Regolamento Granducale 24 marzo 1989 che disciplina il segreto bancario in materia fiscale e delimita il diritto di investigazione delle amministrazioni fiscali) (Mém. A-15 28 marzo 1989). L'art. 4 dispone che non possono essere chieste alle società holding 1929 informazioni ai fini della tassazione del contribuente. L'art. 5 stabilisce che per quanto riguarda tali holding, il diritto di controllo e di investigazione spetta all'amministrazione del registro, ed è limitato alla ricerca e all'esame dei fatti e dei dati relativi allo status fiscale della società nonché delle informazioni necessarie a garantire e verificare la giusta e corretta riscossione delle imposte e dei diritti a carico delle società.


65 – V., tra le altre, sentenze della Corte 28 gennaio 1992, causa C-204/90, Bachmann (Racc. pag. I-249, punto 18); Halliburton, cit. alla nota 11, punto 22; 3 ottobre 2002, causa C-136/00, Danner (Racc. pag. I-8147, punto 49); 26 giugno 2003, causa C-422/01, Ramstedt (Racc. pag. I-6817, punto 42); causa C-334/02, Commissione/Francia, cit. alla nota 41, punto 31; Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas, cit. alla nota 28, punto 71, e 30 gennaio 2007, causa C-150/04, Commissione/Danimarca (Racc. Pag. I-1169, punto 52).


66 – V. sentenze Bachmann, cit. alla nota 65, punto 20; 28 gennaio 1992, causa C-300/90, Commissione/Belgio (Racc. pag. I-305, punto 13); Commissione/Francia, cit. alla nota 41, punto 32, e Commissione/Danimarca, cit. alla nota 65, punto 54.


67 – V., in proposito, Laboratoires Fournier, cit. alla nota 17, punto 25, e Baxter, cit. alla nota 44, punti 19 e 20.


68 – V. in tal senso, Centro di Musicologia Stauffer, cit. alla nota 17, punto 48.


69 – V., in questo senso, le conclusioni dell'avvocato generale Poiares Maduro nella causa Marks & Spencer, cit. alla nota 18, paragrafo 81.


70 – Risulta che, ai sensi dell'«Instruction administrative » del 13 ottobre 2000 (Bulletin official des impôts 7 Q-1-00), un soggetto è tenuto al pagamento dell'imposta controversa anche qualora l'identità dei suoi azionisti sia nota alle autorità fiscali francesi.