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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MAZÀK

presentate il 25 ottobre 2007 1(1)

Causa C-271/06

Netto Supermarkt GmbH & Co. OHG

contro

Finanzamt Malchin

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof (Germania)]

«Sesta direttiva IVA – Art. 15, punto 2 – Esenzione per esportazioni –Diligenza commerciale del fornitore – Comportamento fraudolento di un terzo – Prova contraffatta dell’esportazione»





I –     Introduzione

1.     Con ordinanza 2 marzo 2006, il Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale tedesca) ha proposto alla Corte una questione relativa all’interpretazione della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (2), come modificata dalla direttiva del Consiglio 95/7/CE (3) (in prosieguo: la «sesta direttiva»), e in particolare dell’art. 15 della stessa.

2.     Il giudice del rinvio chiede essenzialmente di sapere se le norme sull’esenzione fiscale per le esportazioni verso un paese terzo, come fissate dall’art. 15, punto 2, della sesta direttiva, debbano essere interpretate nel senso che esse impediscono ad uno Stato membro di concedere, per ragioni di equità, un’esenzione fiscale nel caso in cui non sussistano le condizioni per l’esenzione ma il soggetto passivo, a causa del comportamento fraudolento dei presunti acquirenti, non fosse in grado, neppure con la diligenza commerciale, di rendersi conto della mancata sussistenza di tali condizioni.

3.     La questione è stata sollevata in un contesto in cui, per svariati anni, taluni cittadini polacchi hanno fraudolentemente chiesto ed ottenuto da parte del supermercato tedesco «Netto» («Netto Supermarkt») la restituzione dell’imposta sulla cifra d’affari su beni asseritamente esportati dalla Comunità, raccogliendo scontrini fiscali lasciati cadere nei parcheggi, nei carrelli e nei cestini del supermercato, falsificando la prova dell’esportazione attraverso moduli e timbri doganali contraffatti.

II – Contesto normativo

A –    La sesta direttiva

4.     L’art. 15 della sesta direttiva, intitolato «Esenzione delle operazioni all’esportazione al di fuori della Comunità, delle operazioni assimilate e dei trasporti internazionali», prevede, nella parte che qui interessa, quanto segue:

«Fatte salve le altre disposizioni comunitarie, gli Stati membri esentano, a condizioni da essi fissate per assicurare una corretta e semplice applicazione delle esenzioni stesse e prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso:

(…)

2.      le cessioni di beni spediti o trasportati, da un acquirente che non risieda nel territorio del paese o per conto del medesimo, fuori della Comunità, ad eccezione dei beni trasportati dallo stesso acquirente e destinati all’attrezzatura, al rifornimento e al vettovagliamento di navi da diporto, aerei da turismo o qualsiasi altro mezzo di trasporto ad uso privato.

Per le cessioni di beni destinati ad essere trasportati nel bagaglio personale dei viaggiatori questa esenzione si applica a condizione che:

–       il viaggiatore non sia stabilito all’interno della Comunità;

–       i beni siano trasportati fuori dalla Comunità entro il terzo mese successivo a quello in cui è avvenuta la cessione;

–       il valore complessivo della cessione, compresa l’imposta sul valore aggiunto, superi il controvalore in moneta nazionale di 175 ECU, determinato a norma dell’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 69/169/CEE; tuttavia gli Stati membri hanno facoltà di esentare dall’imposta le cessioni il cui valore complessivo non superi detto importo.

         Ai fini del secondo comma:

–       per “viaggiatore non stabilito all’interno della Comunità” si intende il viaggiatore il cui domicilio o residenza abituale non si trova all’interno della Comunità. Ai fini della presente disposizione, per “domicilio o residenza abituale” si intende il luogo indicato come tale sul passaporto, sulla carta d’identità o su altro documento riconosciuto come valido documento di identità dallo Stato membro nel quale avviene la cessione;

–       la prova dell’esportazione è fornita per mezzo della fattura, o di un documento sostitutivo, su cui sia apposto il visto dell’ufficio doganale di uscita dalla Comunità.

Ciascuno Stato membro trasmette alla Commissione un modello dei timbri impiegati per l’apposizione del visto di cui al terzo comma, secondo trattino. La Commissione comunica a sua volta tale informazione alle autorità fiscali degli altri Stati membri».

B –    Normativa nazionale applicabile

5.     La sesta direttiva IVA è stata recepita in Germania dallo Umsatzsteuergesetz (legge sull’imposta sulla cifra d’affari) 1993 (in prosieguo: lo «UStG 1993»).

6.     Le disposizioni sull’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto per esportazioni e operazioni simili sono contenute nell’art. 4, n. 1, lett. a), e nell’art. 6 dello UStG 1993.

7.     Ai sensi dell’art. 4, n. 1, lett. a), dello UStG 1993, tra le operazioni di cui all’art. 1, primo comma, n. 1, dello UStG 1993 sono esenti da imposta, tra l’altro, le esportazioni (art. 6 dello UStG 1993).

8.     Si è in presenza di un’esportazione, ai sensi dell’art. 6, primo comma, n. 2, dello UStG 1993 qualora, nell’ambito di una cessione, l’acquirente abbia trasportato o inviato l’oggetto della cessione nel territorio di un paese terzo, con esclusione dei territori di cui all’art. 1, n. 3, dello UStG 1993, e sia un acquirente straniero.

9.     Ai sensi dell’art. 6, n. 4, dello UStG 1993, anche le condizioni di cui al n. 1 devono essere dimostrate dall’imprenditore. Il Ministero federale delle Finanze può, su parere conforme del Bundesrat, determinare con regolamento le modalità con cui l’imprenditore deve fornire la prova.

10.   Il Ministero ha utilizzato il potere riconosciutogli dall’art. 6, n. 4, dello UStG 1993 nell’art. 8, n. 1, della Umsatzsteuer-Durchführungsverordnung (regolamento applicativo dell’imposta sulla cifra d’affari; in prosieguo: la «UstDV»). In base a tale norma, nel caso di esportazioni un imprenditore che rientra nell’ambito applicativo del regolamento deve dimostrare in via documentale che l’imprenditore stesso oppure l’acquirente ha trasportato o inviato l’oggetto della cessione nel territorio di un paese terzo (prova dell’esportazione). La documentazione deve dimostrare il soddisfacimento dei requisiti in modo chiaro e facilmente verificabile.

11.   Per le cessioni intracomunitarie, l’art. 6 bis, n. 4, dello UStG 1993 fissa una norma per la tutela del legittimo affidamento, la quale prevede quanto segue:

«Qualora l’imprenditore abbia considerato esente da imposta una cessione benché non ricorressero i requisiti di cui al n. 1, la cessione va considerata comunque esente da imposta nel caso in cui l’esenzione sia stata fatta valere sulla base di informazioni errate fornite dall’acquirente e l’imprenditore non avrebbe potuto accorgersi della falsità di tali informazioni nemmeno usando la diligenza commerciale. In tal caso l’acquirente è debitore dell’imposta non pagata».

12.   La normativa nazionale non contiene una disposizione analoga per la tutela del legittimo affidamento nel caso di esportazioni verso paesi terzi.

13.   La Abgabenordung (Codice fiscale tedesco; in prosieguo: l’«AO») contiene tuttavia, all’art. 227, la seguente disposizione generale in materia di equità:

«Le autorità fiscali possono concedere un’esenzione totale o parziale da un debito fiscale se è iniquo in una data situazione riscuoterlo; alle stesse condizioni, gli importi già versati possono essere rimborsati o dedotti in compensazione».

III – Fatti, procedimento e questione pregiudiziale

14.   Nel procedimento principale, la Netto Supermarkt (ricorrente in primo grado e in cassazione) e il Finanzamt Malchin (Ufficio delle imposte di Malchin; in prosieguo: il «Finanzamt») (resistente in primo grado e in cassazione) controvertono circa l’esenzione dall’imposta sulla cifra d’affari rispetto alla quale il Finanzamt ha compiuto un accertamento nei confronti della Netto Supermarkt, ritenendo non soddisfatte le condizioni per l’esenzione per esportazione.

15.   La Netto Supermarkt gestisce vari supermercati discount nel Land tedesco Meclemburgo-Pomerania occidentale. Per quanto riguarda la restituzione dell’imposta sulla cifra d’affari, essa aveva internamente deciso di concederla ai viaggiatori non commerciali solo se il timbro era apposto per metà sul buono e per metà sul modulo doganale e se il cittadino straniero interessato esibiva il proprio passaporto. Essa ha introdotto tali regole prima dell’emanazione della circolare del Bundesministerium der Finanzen (Ministero federale delle Finanze) del 18 marzo 1999 relativa all’esenzione dall’imposta sulla cifra d’affari per esportazione per viaggiatori non commerciali, contenente raccomandazioni relative alla prova dell’esportazione nell’ambito di un viaggio non commerciale.

16.   Dal 1992 al 1998 la Netto Supermarkt ha rimborsato notevoli importi di imposta sul valore aggiunto a propri clienti, sulla base dell’errato presupposto che sussistessero i requisiti legali per un’esenzione per esportazione. Come ha in seguito confermato l’indagine svolta dal Finanzamt, taluni cittadini polacchi avevano fornito alla Netto Supermarkt moduli dell’autorità doganale contraffatti, utilizzando ricevute di altri clienti trovate nel parcheggio dei negozi della Netto. Essi erano arrivati fino a dotare i moduli contraffatti e le ricevute usate di un timbro che riproduceva quello originale dell’autorità doganale.

17.   Il comportamento fraudolento è stato scoperto nel 1998, quando la Netto Supermarkt ha contattato lo Hauptzollamt Neubrandenburg (Ufficio doganale principale di Neubrandenburg) al fine di verificare la possibile contraffazione del timbro spesso utilizzato e dei relativi moduli. Dopo che un dipendente dello Hauptzollamt aveva in un primo tempo ritenuto i moduli e il timbro autentici, il medesimo ufficio, dopo un ulteriore esame, ha rilevato la falsità dei documenti esibiti.

18.   Di conseguenza, il Finanzamt ha chiesto alla Netto Supermarkt il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto per gli anni 1993-1997 e per il mese di dicembre 1998.

19.   La domanda della Netto Supermarkt finalizzata ad ottenere l’abbuono dell’imposta sulla cifra d’affari richiesta retroattivamente per gli anni 1993-1998 è stata respinta con decisione del Finanzamt 14 febbraio 2000.

20.   Un reclamo proposto contro tale decisione ha ottenuto un successo solo parziale. Il resto è stato respinto con decisione 3 maggio 2000, nella quale il Finanzamt ha ritenuto, in particolare, che la riscossione dell’imposta non fosse concretamente iniqua e che, nelle circostanze del caso specifico, far valere il diritto derivante dall’obbligazione tributaria non contrastasse con i principi dell’ordinamento. Il Finanzamt ha ritenuto che la Netto Supermarkt dovesse accettare di essere ritenuta parzialmente responsabile per l’erronea restituzione dell’imposta sulla cifra d’affari, sebbene fosse stata proprio una volontaria azione di tale soggetto a prevenire ulteriori danni.

21.   La Netto Supermarkt ha impugnato senza successo tale decisione dinanzi al Finanzgericht (Sezione tributaria del Tribunale).

22.   Nel procedimento principale il Bundesfinanzhof deve pronunciarsi sul ricorso proposto dalla Netto Supermarkt contro la sentenza del Finanzgericht. A sostegno del proprio ricorso la Netto Supermarkt afferma in sostanza che il Finanzgericht avrebbe dovuto considerare le cessioni agli acquirenti polacchi come esenti dall’imposta in applicazione analogica dell’art. 6, lett. a), n. 4, dello UStG 1993, sostenendo inoltre che sussistono le condizioni per un accertamento fiscale orientato sulla base dell’eccezione per motivi di equità di cui all’AO.

23.   Facendo tra l’altro riferimento alla giurisprudenza della Corte di giustizia relativamente al principio della tutela del legittimo affidamento e della buona fede nell’ambito della normativa sull’imposta sul valore aggiunto, il Bundesfinanzhof ritiene dubbio che l’esenzione dall’imposta per esportazione possa essere in via di principio rifiutata nel caso in cui l’imprenditore che effettua la cessione sia stato impossibilitato, anche utilizzando la diligenza commerciale, a riconoscere la falsità della prova dell’esportazione fornitagli dall’acquirente.

24.   In tale contesto il Bundesfinanzhof ha proposto alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se le disposizioni comunitarie relative all’esenzione fiscale per le esportazioni in un paese terzo ostino alla concessione di un’esenzione fiscale secondo equità da parte dello Stato membro qualora non siano soddisfatti i requisiti per l’esenzione, ma il soggetto passivo non avrebbe potuto accorgersi della loro mancanza, nemmeno usando la diligenza di un commerciante avveduto».

IV – Esame della questione

 A – Principali argomenti delle parti

25.   Hanno presentato osservazioni scritte nel presente procedimento i governi tedesco e polacco, nonché la Commissione e la Netto Supermarkt.

26.   Il governo tedesco e quello polacco ritengono che alla questione debba essere data risposta affermativa.

27.   Il governo tedesco sottolinea che, a tenore dell’art. 15, punto 2, della sesta direttiva, è necessario evitare ogni possibile frode, evasione ed abuso. Poiché tale norma prevede un’esenzione, essa deve essere applicata restrittivamente. Gli Stati membri possono concedere l’esenzione fiscale solo nei casi in cui sono soddisfatte le condizioni previste da tale articolo, circostanza che deve essere dimostrata dal fornitore.

28.   Secondo il governo tedesco, l’interesse comune ad una tassazione uguale prevale, in linea di principio, sull’interesse del singolo imprenditore ad essere trattato in un determinato modo.

29.   Inoltre, l’esenzione prevista dall’art. 15, n. 2, della sesta direttiva è finalizzata alla creazione di un mercato interno uniforme. Pertanto, una norma di tutela del legittimo affidamento come quella prevista dall’art. 6 bis, n. 4, dello UStG 1993 per le cessioni intracomunitarie non può essere applicata per analogia alle esportazioni.

30.   Il governo tedesco sostiene inoltre che la giurisprudenza della Corte di giustizia sul principio della tutela del legittimo affidamento (buona fede) nell’ambito della disciplina dell’imposta sul valore aggiunto (4) non è qui rilevante, dal momento che in tali casi l’obiettivo della Corte era quello di evitare la doppia imposizione della medesima operazione, mentre nella presente vicenda si tratta di garantire che le operazioni in esame siano tassate (una sola volta). Invece la giurisprudenza della Corte citata dal giudice del rinvio relativamente alle condizioni per l’abbuono dei dazi all’importazione e all’esportazione (5) conforta l’opinione che una situazione come quella in esame qui non giustifica un’esenzione a favore del fornitore. Un simile rischio deve essere sopportato dall’imprenditore, non dal pubblico.

31.   Per il caso in cui la Corte non dovesse accogliere tale impostazione, il governo tedesco sostiene, in subordine, che un’esenzione fiscale per ragioni di tutela del legittimo affidamento e della buona fede può essere concessa soltanto al ricorrere di condizioni assai rigorose, non soddisfatte nel presente caso nel quale, se la Netto Supermarkt avesse prestato la necessaria attenzione, si sarebbe potuta evitare una frode protrattasi per sei anni.

32.   Sulla base di argomenti essenzialmente simili a quelli del governo tedesco, il governo polacco sostiene che non si può avere esenzione fiscale in un caso come quello in esame, in cui non sono soddisfatte le condizioni per concedere l’esenzione, in particolare quella relativa all’esportazione. Tale governo osserva che l’art. 15, punto 2, della sesta direttiva non prevede la possibilità di una deroga per ragioni di equità o in relazione al concetto di diligenza commerciale. Si deve anche tener conto della necessità di tutelare i bilanci nazionali, nonché le risorse proprie delle Comunità europee derivanti dall’IVA.

33.   La Commissione e la Netto Supermarkt, per contro, sostengono che la normativa comunitaria relativa all’esenzione fiscale per le esportazioni non osta alla concessione di un’esenzione per ragioni di equità in una situazione come quella in esame qui. Tali parti concordano sul fatto che la dichiarazione contenuta nel verbale della riunione del Consiglio del 16 dicembre 1991 in riferimento all’art. 28 quater, punto A, della direttiva 77/388/CEE, come modificata dalla direttiva «mercato interno» 16 dicembre 1991, 91/680/CEE, citata dal giudice del rinvio (6), sebbene essenzialmente dedicata alla creazione di un mercato interno uniforme, riflette principi generali del diritto comunitario e sostiene, piuttosto che contraddire, tale posizione.

34.   Sia la Commissione che la Netto Supermarkt sostengono (7) che, nel caso in cui il fornitore abbia fatto, per evitare l’evasione fiscale, tutto ciò che ci si può ragionevolmente attendere da un imprenditore che agisca con la diligenza commerciale, tale fornitore può confidare nella legalità delle proprie azioni e non deve essere ritenuto responsabile per atti fraudolenti di soggetti terzi. Alla luce delle circostanze e del contributo fornito dalla Netto Supermarkt per la scoperta delle azioni fraudolente in esame, sussistono le condizioni per esentare la Netto Supermarkt dall’imposta sulla base del principio della tutela del legittimo affidamento nonché, come aggiunge la Commissione, del principio di proporzionalità.

35.   Infine, la Netto Supermarkt sostiene che le norme comunitarie sui dazi all’importazione e all’esportazione sono per molti aspetti non comparabili con quelle istitutive del sistema IVA e che la giurisprudenza sulla restituzione o l’abbuono dei dazi all’importazione o all’esportazione non è pertanto direttamente applicabile nel presente caso.

 B – Valutazione

36.   Per rispondere alla questione proposta è necessario innanzi tutto osservare che è pacifico che, nella situazione in esame nella causa principale, non sono soddisfatte le condizioni per l’esenzione dall’imposta per l’esportazione di beni inviati o trasportati verso uno Stato terzo previste dall’art. 15 della sesta direttiva.

37.   È anche vero che, come hanno evidenziato nelle proprie osservazioni i governi tedesco e polacco, un’esenzione fiscale come quella in esame può essere concessa, in linea di principio, soltanto qualora sia dimostrato che sono soddisfatte le condizioni per l’esenzione.

38.   La specificità del presente caso risiede, tuttavia, nei suoi risvolti penali e nel fatto che talune azioni fraudolente di soggetti terzi, i (presunti) acquirenti ed esportatori, hanno ingenerato nel fornitore la falsa impressione che sussistessero le condizioni per l’esenzione dall’imposta per esportazione.

39.   Come risulta chiaramente dall’ordinanza di rinvio e dal testo della questione sollevata, il giudice a quo muove in proposito dal presupposto che il soggetto passivo, la Netto Supermarkt, abbia agito in buona fede: in altri termini, che lo stesso non potesse, neppure con la diligenza commerciale, rendersi conto della mancata sussistenza delle condizioni per l’esenzione. Tale accertamento del giudice del rinvio non può essere posto in discussione nell’ambito del presente procedimento.

40.   Pertanto, il punto fondamentale della questione sollevata è quello di determinare se in tali circostanze, sebbene non sussistessero le condizioni per l’esenzione, uno Stato membro possa comunque, per ragioni di equità, liberare un soggetto passivo dall’obbligazione tributaria.

41.   Per le ragioni che subito esporrò, condivido la posizione della Netto Supermarkt e della Commissione secondo cui a tale questione, la quale riguarda la distribuzione dei rischi nel caso di condotta fraudolenta da parte di un soggetto terzo e la tutela di un soggetto passivo che agisce in buona fede, va data risposta in senso affermativo.

42.   Poiché nella sesta direttiva non vi è alcuna norma relativa ad una situazione come quella in esame qui, si deve innanzi tutto ricordare che, secondo una consolidata giurisprudenza, quando esercitano i poteri ad essi conferiti da direttive comunitarie, gli Stati membri devono tenere conto dei principi generali del diritto che sono parte dell’ordinamento giuridico comunitario, quali i principi di proporzionalità, certezza del diritto e tutela del legittimo affidamento (8).

43.   Per quanto riguarda, più specificamente, il principio di proporzionalità, la Corte ha già affermato che, sebbene sia legittimo che i provvedimenti adottati dagli Stati membri tendano a preservare il più efficacemente possibile i diritti dell’erario, essi non devono eccedere quanto è necessario a tal fine (9).

44.   Si deve in proposito osservare che, sebbene il fornitore sia un soggetto passivo ai sensi del sistema comune dell’IVA, tenuto al pagamento dell’IVA, questa, quale imposta sui consumi, ricade da ultimo sul consumatore finale (10). Pertanto, essendo naturalmente privi di un guadagno o di un interesse connesso al pagamento dell’IVA, e non dovendo sostenere il pagamento di tale imposta, i soggetti passivi agiscono quali collettori di imposta per lo Stato (11), nell’interesse dell’erario.

45.   In tale ottica, mi sembrerebbe chiaramente sproporzionato, in una situazione come quella di cui alla causa principale, ritenere un soggetto passivo responsabile per i mancati introiti tributari causati dal comportamento fraudolento di soggetti terzi. Un soggetto passivo deve certamente svolgere i compiti ad esso attribuiti nell’ambito del sistema comune dell’IVA con ogni diligenza e cura, e sarà ritenuto responsabile per ogni mancanza commessa in proposito. Ma, per quanto riguarda le mancanze al di fuori della sfera di influenza del soggetto passivo, spetta agli Stati membri garantire, nell’interesse dell’erario, il funzionamento complessivo del sistema, prevenendo ogni possibile frode, evasione ed abuso. Di conseguenza, i relativi rischi dovranno essere a carico dello Stato membro.

46.   Tale posizione è sostenuta da svariate decisioni della Corte, dalle quali, nonostante talune differenze relative alle circostanze di fatto, risulta chiaramente che un soggetto passivo che agisce in buona fede, e più in particolare che non abbia preso parte alle irregolarità e abbia preso ogni precauzione ragionevolmente necessaria, non può essere responsabile per il comportamento fraudolento di altri (12).

47.   Pertanto, nella sentenza Optigen, la Corte ha affermato che il diritto di un soggetto passivo che effettua operazioni non viziate da frode all’IVA di detrarre l’IVA pagata a monte non può essere compromesso dalla circostanza che, nella catena di cessioni in cui si inscrivono le dette operazioni, senza che tale soggetto passivo lo sappia o possa saperlo, un’altra operazione, precedente o successiva a quella da esso realizzata, sia viziata da frode all’IVA (13).

48.   Nella stessa ottica, la Corte ha poi affermato, nella sentenza Kittel, che «gli operatori che adottano tutte le misure che si possono loro ragionevolmente richiedere al fine di assicurarsi che le loro operazioni non facciano parte di una frode, che si tratti di frode all’IVA o di altre frodi, devono poter fare affidamento sulla liceità di tali operazioni senza rischiare di perdere il proprio diritto alla deduzione dell’IVA pagata a monte» (14).

49.   Un fornitore come quello al centro della causa principale, il quale non sia in grado, come ha accertato il giudice del rinvio, nemmeno con la diligenza commerciale, di rendersi conto della mancata sussistenza delle condizioni per l’esenzione, soddisfa senza dubbio i requisiti dell’azione in buona fede e della diligenza richiesti dalla giurisprudenza citata. Si può aggiungere in proposito che risulta dall’ordinanza di rinvio che neppure le autorità doganali contattate dalla Netto Supermarkt sono state in grado, all’inizio, di rilevare la falsità dei documenti presentati.

50.   Per quanto poi riguarda la dichiarazione contenuta nel verbale della seduta del Consiglio del 16 dicembre 1991, è vero che essa riguarda la tutela del legittimo affidamento e della buona fede del soggetto passivo nell’ambito delle cessioni intracomunitarie. Da ciò non si può tuttavia, come hanno giustamente osservato la Commissione e la Netto Supermarkt, inferire che il soggetto passivo non deve godere di un’equivalente tutela con riferimento alle esportazioni. Poiché le ragioni per concedere un’esenzione in un caso come quello in esame trovano il proprio fondamento, come risulta dalle considerazioni svolte, nella tutela del singolo fornitore che agisce in buona fede, non vedo in che modo l’obiettivo dell’armonizzazione della normativa in materia di imposte sulla cifra d’affari dovrebbe implicare l’impossibilità di concedere una simile tutela con riferimento alle esportazioni.

51.   Una simile distinzione nel diritto comunitario, invece, potrebbe porre i commercianti che, per il tipo di beni di cui si occupano, per la propria collocazione geografica o per altre ragioni, forniscono una notevole percentuale di beni destinati all’esportazione in una situazione di notevole svantaggio rispetto ai commercianti che si occupano principalmente di cessioni intracomunitarie.

52.   A mio parere, pertanto, ritenere i soggetti passivi che agiscono in buona fede in circostanze come quelle in esame nella presente controversia responsabili del pagamento di imposte legate ad esportazioni potrebbe anche contrastare con il principio di uguaglianza, se agli stessi, nelle medesime circostanze caratterizzate da una frode compiuta da terzi, fosse, nel caso di cessioni intracomunitarie, concessa l’esenzione.

53.   Per quanto riguarda infine il riferimento fatto dal governo tedesco alla giurisprudenza della Corte nell’ambito del diritto doganale, concordo con la Commissione e con la Netto Supermarkt sul fatto che, a causa delle differenze a livello di struttura, oggetto e scopo del sistema comunitario dei dazi doganali rispetto al sistema comune dell’IVA di cui alla sesta direttiva, non è possibile trasferire le affermazioni della Corte nel primo ambito alla specifica situazione di un soggetto passivo nel sistema IVA, così da mettere in dubbio le conclusioni sopra raggiunte (15).

54.   Risulta da quanto precede che le norme del diritto comunitario sull’esenzione fiscale per esportazioni verso un paese terzo non ostano alla concessione di un’esenzione fiscale da parte di uno Stato membro, per ragioni di equità, in una situazione come quella in esame, in cui non sussistono le condizioni per l’esenzione ma il soggetto passivo non era in grado, neppure con la diligenza commerciale, di riconoscere tale mancata sussistenza.

V –    Conclusione

55.   Propongo pertanto che la Corte risolva la questione sottoposta nei termini seguenti:

In una situazione come quella in esame nella causa principale, l’art. 15, punto 2, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari — Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, come modificata dalla direttiva del Consiglio 95/7/CE, deve essere interpretato nel senso che esso non osta alla concessione di un’esenzione fiscale da parte di uno Stato membro, per ragioni di equità, in una situazione in cui non sussistono le condizioni per l’esenzione ma il soggetto passivo non era in grado, neppure con la diligenza commerciale, di riconoscere tale mancata sussistenza.


1 – Lingua originale: l'inglese.


2 – GU L 145, pag. 1.


3 – Direttiva del Consiglio 10 aprile 1995, 95/7/CE, che modifica la direttiva 77/388/CEE e introduce nuove misure di semplificazione in materia di imposta sul valore aggiunto – Campo di applicazione delle esenzioni e relative modalità pratiche di applicazione (GU L 102, pag. 18).


4 – Sentenze 13 dicembre 1989, causa C-342/87, Genius Holding (Racc. pag. 4227), e 19 settembre 2000, causa C-454/98, Schmeink & Cofreth e Strobel (Racc. pag. I-6973).


5 – Sentenze 18 gennaio 1996, causa C-446/93, SEIM (Racc. pag. I-73); 13 novembre 1984, cause riunite 98/83 e 230/83, Van Gend & Loos/Commissione (Racc. pag. 3763); v. anche sentenza 11 luglio 2002, causa T-205/99, Hyper/Commissione (Racc. pag. II-3141).


6 – Direttiva del Consiglio 91/680, che completa il sistema comune di imposta sul valore aggiunto e modifica, in vista della soppressione delle frontiere fiscali, la direttiva 77/388/CEE (GU L 376, pag. 1); il passaggio richiamato è del seguente tenore: «Il Consiglio e la Commissione dichiarano che l’applicazione delle disposizioni del regime transitorio non può in ogni caso produrre l’effetto di un rifiuto dell’esenzione di cui all’articolo 28 quater, punto A, qualora risulti a posteriori che l’acquirente ha fornito dati inesatti in materia, pur avendo il soggetto passivo adottato i provvedimenti necessari per evitare un’errata applicazione delle norme in materia di IVA per cessioni riguardanti la sua impresa».


7 – Richiamando, tra le altre, le sentenze 12 gennaio 2006, cause riunite C-354/03, C-355/03 e C-484/03, Optigen e a. (Racc. pag. I-483); 6 luglio 2006, cause riunite C-439/04 e C-440/04, Kittel (Racc. pag. I-6161), e 11 maggio 2006, causa C-384/04, Federation of Technological Industries e a. (Racc. pag. I-4191).


8 – V. in tal senso, tra l’altro, sentenze Federation of Technological Industries e a. (cit. alla nota 7), punto 29, e 14 settembre 2006, cause riunite da C-181/04 a C-183/04, Elmeka (Racc. pag. I-8167, punto 31).


9 – V. in tal senso sentenze 18 dicembre 1997, cause riunite C-286/94, C-340/95, C-401/95 e C-47/96 Molenheide e a. (Racc. pag. I-7281, punto 47), e Federation of Technological Industries e a., cit. alla nota 7, punto 30.


10 – V. in tal senso, inter alia, sentenza 3 ottobre 2006, causa C-475/03, Banca popolare di Cremona (Racc. pag. I-9373, punti 22 e 28).


11 – V. sentenza 20 ottobre 1993, causa C-10/92, Maurizio Balocchi (Racc. pag. I-5105, punto 25).


12 – V. in tal senso anche le conclusioni presentate dall'avvocato generale Kokott nella causa C-409/04, Teleos e a. (sentenza 27 settembre 2007, non ancora pubblicata nella Raccolta, paragrafo 77 e nota 27).


13 – V., in tal senso, sentenza Optigen e a. (cit. alla nota 7), punti 51 e 52.


14 – Sentenza Kittel, cit. alla nota 7, con riferimento alla sentenza Federation of Technological Industry e a., cit. alla nota 7. Per contro, nella sentenza Genius Holding (cit. alla nota 4), in particolare al punto 18, e nella sentenza Schmeink & Cofreth e Strobel (cit. alla nota 4), punto 61, la Corte ha stabilito che, nel caso di erronea fatturazione dell’IVA, il soggetto che ha emesso la fattura può essere ritenuto responsabile per il mancato introito fiscale qualora non abbia agito in buona fede.


15 – V. anche, in tal senso, le conclusioni dell'avvocato generale Kokott nella causa Tedios e a. (cit. alla nota 12), in particolare paragrafo 80.