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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

SHARPSTON

presentate il 14 giugno 2007 1(1)

Causa C-355/06

J.A. van der Steen

contro

Inspecteur van de Belastingdienst

«Art. 4 della sesta direttiva IVA – Nozione di attività economica esercitata in modo indipendente – Dipendente di una società che è anche unico azionista e unico amministratore»





1.     Una società a responsabilità limitata e la persona che ne è unico azionista, unico amministratore e unico dipendente, sono considerate dalle autorità fiscali come un unico soggetto passivo ai fini dell’IVA. Ciò è possibile solo se tale persona può anzitutto essere considerata soggetto passivo in relazione al suo lavoro per la società. Il Gerechtshof te Amsterdam (Corte d’appello di Amsterdam) vuole quindi sapere se tale lavoro costituisca un’«attività economica» esercitata in modo indipendente ai sensi della sesta direttiva IVA (2).

 Disposizioni sull’IVA pertinenti

 La legislazione comunitaria

2.     All’epoca dei fatti del procedimento principale, l’art. 2 della sesta direttiva prevedeva che fossero soggette all’imposta le «cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale» (3).

3.     L’art. 4 disponeva, per quanto rileva nella fattispecie:

«1.   Si considera soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente e in qualsiasi luogo una delle attività economiche di cui al paragrafo 2, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività.

2.     Le attività economiche di cui al paragrafo 1 sono tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle delle professioni liberali o assimilate. Si considera in particolare attività economica un’operazione che comporti lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità.

(…)

4.     L’espressione “in modo indipendente” di cui al paragrafo 1 esclude dall’imposizione i lavoratori dipendenti ed altre persone se essi sono vincolati al rispettivo datore di lavoro da un contratto di lavoro subordinato o da qualsiasi altro rapporto giuridico che introduca vincoli di subordinazione in relazione alle condizioni di lavoro e di retribuzione ed alla responsabilità del datore di lavoro.

(…) ogni Stato membro ha la facoltà di considerare come unico soggetto passivo le persone residenti all’interno del paese che siano giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi.

(…)» (4).

 La legislazione olandese

4.     Conformemente all’art. 7, n. 1, della Wet op de Omzetbelasting (legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari) del 1968, si intende per imprenditore «ogni persona che eserciti un’attività economica in modo indipendente». Ai sensi dell’art. 7, n. 2, un’«attività economica» può consistere sia nell’esercizio di un’attività commerciale o di una professione che nell’utilizzo di beni allo scopo di trarne redditi aventi carattere di stabilità.

5.     Ai sensi dell’art. 7, n. 4, della medesima legge, gli imprenditori così definiti, qualora siano collegati sotto il profilo finanziario, organizzativo ed economico in modo da costituire un’entità, devono essere considerati come un unico imprenditore. La decisione se considerarli tali spetta al competente ispettore delle imposte.

 La giurisprudenza comunitaria

6.     Nella causa Heerma (5), relativa a una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Hoge Raad (Corte di cassazione) olandese, un imprenditore agricolo aveva costituito con la moglie una società, cui aveva conferito i mezzi di produzione della sua azienda. Egli aveva successivamente costruito una stalla e l’aveva concessa in locazione alla società in cambio di un canone annuo. Il sig. Heerma e la società chiedevano di essere esclusi dall’esenzione dall’IVA prevista per tale locazione (6).

7.     La Corte ha dichiarato che «l’art. 4, n. 1, della [sesta direttiva] dev’essere interpretato nel senso che, qualora una persona abbia come unica attività economica, ai sensi della detta norma, la locazione di un bene materiale a una società – quale una società di persone di diritto olandese – della quale essa sia socia, tale locazione va considerata come attività esercitata in modo indipendente ai sensi della stessa norma».

8.     La Corte è pervenuta a tale conclusione dopo avere rilevato che «non esistono (…), tra la società e [l’azionista], vincoli di subordinazione analoghi a quelli menzionati all’art. 4, n. 4, primo comma, della direttiva che escludano il presupposto dell’indipendenza in capo [all’azionista]. Al contrario quest’ultimo, dando in locazione alla società un bene materiale, agisce a nome proprio, per proprio conto e sotto la propria responsabilità, quand’anche sia nel contempo amministratore della società conduttrice. La cessione del bene in locazione, infatti, non rientra nelle attività di gestione o di rappresentanza della società» (7).

 La giurisprudenza olandese

9.     In una controversia successiva (8), lo Hoge Raad ha fatto riferimento alla sentenza Heerma per interpretare l’art. 7, n. 4, della Wet op de Omzetbelasting in un caso in cui un singolo, amministratore di una società di cui deteneva il 75% delle azioni, fatturava alla stessa società i propri servizi di gestione. Lo Hoge Raad aveva osservato che, secondo il diritto olandese, un direttore è un dipendente della società ma, a differenza di un normale dipendente, non si trova in posizione subordinata rispetto alla società stessa. Lo Hoge Raad aveva quindi considerato che la persona in questione aveva necessariamente agito in modo indipendente quando aveva fornito i servizi di gestione alla società. Esso era giunto a tale conclusione anche in base all’art. 4, n. 4, della sesta direttiva (9) e alla sentenza della Corte nella causa Asscher (10).

10.   La causa Asscher verteva sulle disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione delle persone e al loro effetto sulle disposizioni in materia di imposta sul reddito. Nella sentenza (11) la Corte ha dichiarato che il direttore di una società (olandese) di cui egli era unico azionista «non esercitava la sua attività nell’ambito di un rapporto di subordinazione», per cui non poteva essere considerato «come un “lavoratore” ai sensi dell’art. [39 CE], ma [andava] ritenuto una persona che esercita un’attività autonoma ai sensi dell’art. [43 CE]». La controversia non verteva sulla nozione di lavoro subordinato nel contesto dell’IVA.

 Procedimento e questione sottoposta alla Corte

11.   Il sig. van der Steen gestiva un’impresa che effettuava prestazioni di servizi di pulizia sotto forma di impresa individuale e, in quanto tale, era un imprenditore ai sensi della Wet op de Omzetbelasting.

12.   Successivamente, egli costituiva la società a responsabilità limitata J. A. van der Steen Schoonmaakdiensten BV (in prosieguo: la «società»), di cui era unico amministratore e unico azionista. La società, che agiva in qualità di imprenditore ai sensi della Wet op de Omzetbelasting, rilevava l’azienda del sig. van der Steen. Quest’ultimo continuava a svolgere tutte le attività dell’impresa, avendo stipulato oralmente un contratto di lavoro con la società (12). La società gli corrispondeva uno stipendio fisso mensile e una volta all’anno un importo per le ferie, sui quali venivano trattenuti l’imposta sul reddito da lavoro e i contributi previdenziali. La società non aveva altri dipendenti.

13.   Successivamente veniva dichiarato il fallimento della società. L’attività veniva rilevata da un’altra società (13). Il rapporto di lavoro tra il sig. van der Steen e la sua società veniva risolto ed egli veniva assunto dalla seconda società.

14.   In sede di accertamento degli obblighi fiscali del sig. van der Steen e della società fallita, l’ispettore delle imposte decideva che essi costituivano un’entità fiscale ai sensi dell’art. 7, n. 4, della Wet op de Omzetbelasting. Egli faceva riferimento alla sentenza dello Hoge Raad n. 35775 e a una decisione dello Staatssecretaris van Financiën (Segretario di Stato alle Finanze) (14) basata su tale sentenza. Quest’ultima decisione stabilisce, tra l’altro, che «il direttore di una società, la cui partecipazione al capitale della società sia superiore alla metà, è qualificato, per le attività svolte a favore della società dietro remunerazione, quale imprenditore ai sensi dell’art. 7 della Wet op de Omzetbelasting 1968. Al riguardo è irrilevante se le attività di cui trattasi siano svolte o meno in base a un contratto di lavoro stipulato con la società».

15.   Il ricorso proposto dal sig. van der Steen contro la decisione dell’ispettore è ora pendente dinanzi al Gerechtshof te Amsterdam, il quale osserva che tale decisione presuppone che il sig. van der Steen sia considerato come un imprenditore ai fini dell’IVA, ma ha riserve sulla compatibilità di tale inquadramento con il diritto comunitario.

16.   Il Gerechtshof ha quindi sottoposto alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’art. 4, n. 1, della sesta direttiva debba essere interpretato nel senso che, qualora una persona fisica svolga quale unica attività l’effettiva esecuzione di tutti i lavori derivanti dalle attività di una società a responsabilità limitata di cui sia unico amministratore, unico azionista e unico “membro del personale”, i detti lavori non costituiscono attività economica in quanto sono effettuati nell’ambito della gestione e della responsabilità della società a responsabilità limitata e quindi non nel circuito economico».

17.   Il governo olandese e la Commissione hanno presentato osservazioni scritte, in cui hanno entrambi rilevato che una persona nella situazione descritta non svolge un’attività economica in modo indipendente. Il sig. van der Steen non ha presentato osservazioni. Poiché nessuna delle parti ne ha fatto domanda, non si è tenuta udienza.

 Analisi

18.   Come osserva la Commissione, quando un imprenditore costituisce una società per svolgere la propria attività economica, generalmente lo scopo consiste nel costituire una persona giuridica separata, distinta dalla propria (15). Ciò è particolarmente utile per limitare la sua responsabilità personale rispetto all’attività economica (16).

19.   Qualora esistano due entità giuridiche separate, è chiaro che esse possono agire autonomamente l’una dall’altra e instaurare tra loro vari tipi di rapporti giuridici.

20.   Ad esempio, nella causa Heerma l’imprenditore agricolo e la società erano due entità separate e il primo poteva dare in locazione alla società un immobile di sua proprietà. Pertanto, secondo la Corte, egli esercitava un’attività economica in modo indipendente ai fini dell’IVA.

21.   Nel caso di specie, il sig. van der Steen e la società erano entità separate e il sig. van der Steen poteva stipulare un contratto di lavoro subordinato con la società, come ha effettivamente fatto.

22.   Poiché l’attività da lui prestata alla società rientrava nell’ambito di applicazione del contratto di lavoro, tale attività, secondo il chiaro tenore dell’art. 4, n. 4, della sesta direttiva, esula, in linea di massima, dal campo di applicazione dell’IVA.

23.   Sotto questo profilo, la sua situazione è diversa da quella del sig. Heerma, dato che la locazione e l’affitto di beni immobili sono attività soggette a IVA e infatti sono espressamente menzionate all’art. 13, parte B, lett. b), e parte C, lett. a), della sesta direttiva (17).

24.   Così stando le cose, sembrerebbe che la decisione dell’ispettore delle imposte contestata dal sig. van der Steen non si fondi su una corretta interpretazione del diritto comunitario. Poiché si basa su una decisione del Segretario di Stato alle Finanze e su una sentenza dello Hoge Raad, tale decisione potrebbe anche costituire il riflesso di un’interpretazione errata.

25.   I vantaggi connessi all’esclusione del lavoro subordinato dall’ambito di applicazione dell’IVA sono evidenti. Se non fossero esclusi, tutti i dipendenti dovrebbero registrarsi ai fini dell’IVA e l’imposta verrebbe riscossa su tutti gli stipendi. È vero che i datori di lavoro che forniscono prestazioni soggette ad imposta dovrebbero poter dedurre l’IVA, ma sussisterebbe un onere considerevole a carico di coloro che forniscono prestazioni esenti, a meno che sia stato introdotto un meccanismo di compensazione, e tale meccanismo sarebbe a sua volta oneroso. Per contro, se il rapporto di lavoro esula dall’ambito di applicazione dell’IVA, il costo di tale rapporto forma parte del valore aggiunto delle prestazioni a valle. Esso è quindi automaticamente incorporato nella base imponibile nel momento in cui tali prestazioni vengono tassate, ma non ha ripercussioni, in termini di IVA, sulle prestazioni a valle esenti. In tal modo, oltre a un notevole risparmio di oneri amministrativi, si garantiscono la neutralità dell’imposta e la sua applicazione generalizzata alle prestazioni tassabili.

26.   Di conseguenza, non è auspicabile che un’attività rientrante nell’ambito di un contratto di lavoro sia considerata alla stregua di un’attività autonoma soggetta ad imposta.

27.   I motivi che hanno indotto lo Hoge Raad e lo Staatssecretaris van Financiën ad accogliere la tesi soggiacente alla decisione controversa discendono da due pronunce della Corte – le sentenze Heerma e Asscher (18) – e dalla natura attribuita dal diritto olandese al rapporto tra una società e i suoi amministratori.

28.   Non ritengo che le due sentenze citate confermino la tesi in questione. La sentenza Heerma non riguardava un contratto di lavoro, bensì l’attività chiaramente autonoma e chiaramente soggetta ad imposta consistente nella locazione e nell’affitto di beni immobili. La sentenza Asscher ha formulato una distinzione tra lavoro subordinato e lavoro autonomo in base all’esistenza o meno di un rapporto di «subordinazione», ma ciò è avvenuto, come osserva la Commissione, nel contesto completamente diverso dell’individuazione della disposizione del Trattato applicabile al settore della libera circolazione.

29.   È più difficile per la Corte pronunciarsi in merito al rapporto tra una società e i suoi amministratori secondo il diritto olandese (19). Dalla sentenza n. 35775 dello Hoge Raad (20) risulta che si può considerare che i servizi prestati da un amministratore alla società, in qualità di direttore, sono forniti in forza di un rapporto di lavoro subordinato. In tal caso, la sentenza potrebbe legittimare la tesi secondo cui, ai fini dell’IVA, i menzionati servizi non devono essere automaticamente considerati come forniti nel modo sopra descritto. Questa tesi non è necessariamente incompatibile con l’esclusione di un rapporto di lavoro effettivo dall’ambito di applicazione dell’IVA. Essa potrebbe semplicemente comportare che, quand’anche un servizio fosse stato considerato come rientrante nel campo di applicazione di un contratto di lavoro subordinato, nondimeno, ai fini dell’IVA, occorrerebbe esaminare tale servizio per stabilire se sia stato o meno effettivamente prestato nell’esercizio di un’attività autonoma.

30.   Ciò detto, nel caso di specie la Commissione osserva che dagli atti non emerge che i servizi prestati dal sig. van der Steen alla società siano stati forniti al di fuori di un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato.

31.   Naturalmente è sempre possibile – a prescindere da qualsiasi altro aspetto del rapporto tra le parti – che ciò che appare come un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato si riveli essere, a un controllo più approfondito, un accordo di tipo diverso. Anche a tale riguardo, dagli atti non emerge che sia questo il caso del contratto del sig. van der Steen. Semmai, il fatto che egli abbia ricevuto uno stipendio fisso mensile soggetto all’imposta sui redditi da lavoro e agli obblighi previdenziali milita fortemente contro tale interpretazione.

32.   Ritengo pertanto che i servizi prestati a una società da una persona nella situazione del sig. van der Steen, quale descritta nell’ordinanza di rinvio, esulino dall’ambito di applicazione dell’IVA in virtù dell’art. 4, n. 4, della sesta direttiva e che tale persona non sia, rispetto a tali servizi, un soggetto passivo ai sensi dell’art. 4, n. 1.

33.   Il governo olandese e la Commissione hanno dedotto vari argomenti aggiuntivi.

34.   In primo luogo, l’interessato, se presta servizi in qualità di dipendente, non agisce «a nome proprio, per proprio conto e sotto la propria responsabilità» (21). Egli agisce a nome, per conto e sotto la responsabilità della società.

35.   In secondo luogo, l’interessato, in qualità di dipendente, non sopporta autonomamente alcun rischio economico (22). Tale rischio grava sulla società che stipula i contratti con i clienti e fornisce i servizi economici.

36.   In terzo luogo, non esiste – quanto meno al livello «per singole operazioni al quale opera l’IVA – uno scambio di reciproche prestazioni, in cui il compenso ricevuto dal prestatore costituisca il controvalore effettivo del servizio prestato all’utente (23). L’interessato percepisce uno stipendio mensile fisso e un importo per le ferie, a prescindere dai servizi effettivamente forniti (24).

37.   Ciò conferma quindi la mia tesi secondo cui, dato che una persona nella posizione del sig. van der Steen non è un soggetto passivo riguardo ai servizi prestati in forza del contratto di lavoro, sotto tale profilo non si può ritenere che tale persona costituisca con la società un «unico soggetto passivo» ai sensi dell’art. 4, n. 4, secondo comma, della sesta direttiva né, pertanto, un unico imprenditore ai sensi dell’art. 7, n. 4, della Wet op de Omzetbelasting.

38.   Naturalmente, nessuna delle suesposte considerazioni esclude che una persona che sia unico azionista, unico amministratore e unico dipendente di una società possa anche essere un soggetto passivo autonomo nel contesto di altre attività economiche estranee all’ambito di applicazione del contratto di lavoro subordinato. Se tali attività comportano rapporti con la società, quest’ultima e l’interessato possono essere considerati, a seconda delle circostanze, come un unico soggetto passivo. Tuttavia, non sono questi i fatti descritti nell’ordinanza di rinvio.

 Conclusione

39.   Alla luce delle considerazioni che precedono, ritengo che la Corte debba risolvere come segue la questione sollevata dal Gerechtshof te Amsterdam:

Una persona fisica che fornisca servizi a un soggetto passivo in virtù di un contratto di lavoro subordinato non è essa stessa, in tale contesto, un soggetto passivo ai sensi dell’art. 4, n. 1, della sesta direttiva del Consiglio 77/388/CEE, in quanto non esercita un’attività economica in modo indipendente. Al contrario, tali servizi sono esclusi dall’ambito di applicazione dell’IVA ai sensi dell’art. 4, n. 4, della medesima direttiva. A tale riguardo è irrilevante che il datore di lavoro sia una persona giuridica di cui il dipendente è anche azionista e/o amministratore, o persino unico azionista e/o unico amministratore, purché le due parti abbiano personalità giuridica distinta in modo da poter stipulare tra loro un contratto di lavoro subordinato e abbiano effettivamente stipulato tale contratto[ in base al quale vengono prestati i servizi.


1 – Lingua originale: l’inglese.


2 – Sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1, modificata a più riprese, ma non nelle disposizioni citate nelle presenti conclusioni). Dal 1° gennaio 2007 la sesta direttiva è stata abrogata e sostituita dalla direttiva del Consiglio 28 novembre 2006, 2006/112/CE, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU L 347, pag. 1).


3 – La stessa disposizione figura nell’art. 2, n. 1, lett. a), della direttiva 2006/112/CE.


4 –      Disposizioni sostanzialmente riprodotte negli artt. 9, n. 1, 10 e 11 della direttiva 2006/112/CE.


5 – Sentenza 27 gennaio 2000, causa C-23/98 (Racc. pag. I-419).


6 – Esenzione ed esclusione facoltativa dall’IVA ai sensi dell’art. 13, parte B, lett. b), e parte C, lett. a), della sesta direttiva.


7 – Punto 18.


8 – Sentenza 26 aprile 2002, n. 35 775; v. in particolare punti 3.6-3.10.


9 – In particolare con riferimento all’espressione «che introduca vincoli di subordinazione».


10 – Sentenza 27 giugno 1996, causa C-107/94 (Racc. pag. I-3089).


11 – Ibidem, punto 26.


12 – Se è proprio così, si può solo sperare che egli fosse solo al momento della stipula, perché i meccanismi della conclusione di tale contratto sarebbero sembrati alquanto bizzarri a un eventuale osservatore.


13 – L’ordinanza di rinvio non fornisce ulteriori dettagli, ma si desume che il sig. van der Steen non fosse né azionista né amministratore di questa seconda società. Si tratta comunque di una questione irrilevante ai fini della controversia in esame.


14 – Decisione 24 luglio 2002, DBG2002/3677M.


15 – Le norme che disciplinano tali società sono state parzialmente armonizzate con la dodicesima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1989, 89/667/CEE, in materia di diritto delle società relativa alle società a responsabilità limitata con un unico azionista (GU L 395, pag. 40).


16 – Cfr. art. 7 della medesima direttiva, secondo cui «[uno] Stato membro può non consentire la società unipersonale quando la sua legislazione preveda, a favore degli imprenditori unici, la possibilità di costituire imprese a responsabilità limitata ad un patrimonio destinato ad una determinata attività».


17 – Art. 135, nn. 1, lett. l), e 2, della direttiva 2006/112.


18 – V. supra, paragrafi 6-8 e note 5 e 10.


19 – V., tuttavia, nel contesto della sicurezza sociale, sentenze 10 luglio 1986, causa 79/85, Segers (Racc. pag. 2375), e 19 marzo 2002, cause riunite C-393/99 e C-394/99, Hervein e a. (Racc. pag. I-2829).


20 – In particolare punto 3.8.


21 – Sentenza Heerma, punto 18.


22 – Sentenze 25 luglio 1991, causa C-202/90, Recaudadores de Tributos (Racc. pag. I-4247, punto 13), e 23 marzo 2006, causa C-210/04, FCE Bank (Racc. pag. I-2803, punti 33 e segg).


23 – Sentenze 3 marzo 1994, causa C-16/93, Tolsma (Racc. pag. I-743, punto 14), e 21 marzo 2002, causa C-174/00, Kennemer Golf & Country Club (Racc. pag. I-3293, punto 39).


24 – Non vi sono indizi nel senso che tale fattore abbia concorso a causare il fallimento della società nel caso di specie, ma il fatto che ciò sarebbe potuto accadere sottolinea la differenza tra compenso ricevuto e controvalore fornito.