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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ELEANOR SHARPSTON

presentate il 13 marzo 2008 1(1)

Cause riunite C-95/07 e C-96/07

Ecotrade SpA

contro

Agenzia Entrate Ufficio Genova 3

«IVA – Meccanismo di inversione contabile – Operazioni soggette ad imposta erroneamente ritenute esenti – Riqualificazione – Riscossione e detrazione dell’imposta non dichiarata – Termini prescrizionali diversi nel diritto nazionale»





1.        Una società con sede in Italia ha beneficiato di servizi di trasporto marittimo effettuati da operatori stabiliti altrove, i quali non hanno applicato l’IVA nelle loro fatture. Tale società ha erroneamente ritenuto che detti servizi fossero esenti e non li ha pertanto inclusi nella propria contabilità IVA. Secondo il meccanismo dell’inversione contabile, infatti, essa avrebbe dovuto dichiararsi debitrice dell’IVA a monte sulle prestazioni di servizi, che avrebbe dovuto poi detrarre dalla propria imposta a valle. Ciò avrebbe comportato due annotazioni contabili che si annullavano a vicenda, in modo tale che non sarebbe sorto alcun debito nei confronti dell’amministrazione fiscale.

2.        Essa ha tuttavia ottenuto lo stesso risultato omettendo di dichiarare o detrarre l’imposta a monte, ma versando integralmente l’imposta a valle.

3.        Scoperto l’errore, l’amministrazione fiscale si è attivata per riscuotere l’imposta a monte non dichiarata, in base al diritto attribuitole dalla normativa nazionale di rettificare a fini IVA le dichiarazioni d’imposta dei quattro anni precedenti, rifiutando tuttavia di concedere qualsiasi detrazione che non fosse stata esercitata con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione era sorto, e ciò ancora una volta in forza di un termine di prescrizione stabilito dal diritto nazionale.

4.        La questione sollevata in via pregiudiziale dalla Commissione Tributaria Provinciale di Genova è pertanto intesa a stabilire se sia compatibile con la normativa comunitaria in materia di IVA la situazione generata dalla discrepanza tra i due termini prescrizionali, la quale fa sì che l’amministrazione fiscale possa esigere il versamento dell’IVA che non sarebbe stata dovuta qualora fosse stata debitamente rispettata la procedura.

 Normativa comunitaria rilevante

5.        La normativa comunitaria in materia di IVA è ora contenuta nella direttiva 2006/112/CE (2), la quale ha abrogato e sostituito la legislazione esistente con efficacia dal 1° gennaio 2007, allo scopo di presentare tutte le disposizioni applicabili in modo chiaro e razionale procedendo alla rifusione della struttura e del testo della direttiva, senza apportare, in linea di principio, modifiche sostanziali (3).

6.        La fattispecie in esame riguarda gli anni 2000 e 2001, quando le disposizioni maggiormente rilevanti erano contenute nella prima e nella sesta direttiva (4). Nel prosieguo farò riferimento alle disposizioni di tali direttive e, per ragioni di leggibilità del testo, detti riferimenti saranno effettuati utilizzando il tempo presente, ancorché esse non siano più in vigore. Il loro contenuto sostanziale e, in gran parte, il loro testo rimangono invariati nella direttiva 2006/122, e a titolo di riferimento indicherò altresì le equivalenti disposizioni di quest’ultima.

7.        Le caratteristiche fondamentali del sistema comune d’IVA sono descritte dall’art. 2 della prima direttiva (5): 

«Il principio del sistema comune di imposta sul valore aggiunto consiste nell’applicare ai beni ed ai servizi un’imposta generale sul consumo esattamente proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi, qualunque sia il numero di transazioni intervenute nel processo di produzione e di distribuzione antecedente alla fase dell’imposizione.

A ciascuna transazione, l’imposta sul valore aggiunto, calcolata sul prezzo del bene o del servizio all’aliquota applicabile al suddetto bene o servizio, è esigibile, previa deduzione dell’ammontare dell’imposta sul valore aggiunto che ha gravato direttamente sul costo dei diversi elementi costitutivi del prezzo.

Il sistema comune d’imposta sul valore aggiunto è applicato fino allo stadio del commercio al minuto incluso.

(…)».

8.        Il meccanismo di detrazione è disciplinato, per le operazioni interne ad uno Stato membro, dall’art. 17, nn. 1 e 2, lett. a), della sesta direttiva (6):

«1.      Il diritto a deduzione nasce quando l’imposta deducibile diventa esigibile.

2.      Nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a dedurre dall’imposta di cui è debitore:

a)       l’imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta all’interno del paese per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo;

(…)».

9.        Di conseguenza, i soggetti passivi in una qualsiasi fase intermedia di una sequenza di forniture devono normalmente pagare l’IVA (imposta a monte) ai loro fornitori, e addebitano l’IVA (imposta a valle) ai loro clienti. Essi versano quindi all’amministrazione fiscale l’importo della detta imposta a valle, dopo aver detratto l’importo dell’imposta a monte rilevante.

10.      Ciò, tuttavia, non avviene sempre.

11.      Innanzi tutto, l’art. 17 della sesta direttiva prevede, ai suoi nn. 6 e 7, talune eccezioni al diritto alla detrazione. Il n. 6 prevede che – mentre l’IVA non è in alcun caso detraibile per le spese non aventi un carattere strettamente professionale, quali le spese suntuarie, di divertimento o di rappresentanza –, fino a quando il Consiglio non abbia stabilito le spese che non danno diritto a detrazione, gli Stati membri possono mantenere tutte le esclusioni previste dalla loro legislazione nazionale al momento dell’entrata in vigore della direttiva. Il n. 7 autorizza gli Stati membri, per motivi congiunturali e fatta salva una procedura di consultazione, ad escludere totalmente o in parte dal regime di detrazioni la totalità o parte dei beni di investimento o altri beni, ovvero a tassare i beni fabbricati dallo stesso soggetto passivo o acquistati dal medesimo all’interno del paese, oppure importati, in modo che questa imposizione non superi l’ammontare dell’IVA che graverebbe sull’acquisto di beni analoghi.

12.      In secondo luogo, talune operazioni sono esenti da IVA, nel qual caso nulla può essere detratto dal cliente, anche qualora egli utilizzi le forniture ai fini delle proprie operazioni imponibili a valle.

13.      Tra tali operazioni esenti figurano anche i noleggi e le locazioni delle navi adibite alla navigazione in alto mare nell’esercizio di attività commerciali (7).

14.      In terzo luogo, per talune categorie di forniture, non è il fornitore ad essere debitore dell’IVA, bensì il cliente. In simili casi, il fornitore detrae l’imposta a monte come di norma, ma non addebita al cliente alcuna imposta a valle. Il cliente deve egli stesso liquidare l’IVA sull’operazione, tuttavia, laddove la fornitura sia utilizzata ai fini delle proprie operazioni imponibili, l’importo diviene immediatamente detraibile ai sensi dell’art. 17, nn. 1 e 2.

15.      Perciò, ai sensi dell’art. 21, n. 1, lett. b), della sesta direttiva (8), i destinatari, titolari di numero di partita IVA nel territorio nazionale, di un servizio di cui all’art. 28 ter, punto C, prestato da un soggetto passivo residente all’estero, sono tenuti al pagamento dell’imposta sui servizi di tal genere da essi ricevuti (9). L’art. 28 ter, punto C) (10), disciplina i servizi di «trasporto intracomunitario di beni», trasporto definito al n. 1 come «trasporto di beni il cui luogo di partenza e il cui luogo di arrivo sono situati nei territori di due Stati membri diversi» e per il quale, ai sensi del n. 2, il luogo delle prestazioni è il luogo di partenza.

16.      Ai fini dell’esercizio del diritto a detrazione in simili circostanze, l’art. 18, n. 1, lett. d) (11), così dispone: «Per poter esercitare il diritto a deduzione, il soggetto passivo deve (…), quando è tenuto al pagamento dell’imposta quale acquirente o destinatario, in caso d’applicazione dell’articolo 21, paragrafo 1, assolvere le formalità fissate da ogni Stato membro (…)».

17.      Ai sensi dell’art. 18, nn. 2 e 3(12):

«2.    Il soggetto passivo opera la deduzione sottraendo dall’importo totale dell’imposta sul valore aggiunto dovuta per un dato periodo fiscale l’ammontare dell’imposta per la quale, nello stesso periodo, è sorto e può essere esercitato in virtù delle disposizioni del paragrafo 1 il diritto a deduzione.

(…)

3.      Gli Stati membri fissano le condizioni e le modalità secondo le quali un soggetto passivo può essere autorizzato ad operare una deduzione cui non ha proceduto conformemente alle disposizioni dei paragrafi 1 e 2».

18.      L’art. 22 della sesta direttiva (13) stabilisce un’ampia serie di obblighi per i debitori dell’IVA, tra i quali, tuttavia, solo i seguenti sembrano essere potenzialmente rilevanti nel caso di specie:

«2.      (a) Ogni soggetto passivo deve tenere una contabilità che sia sufficientemente particolareggiata da consentire l’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto ed i relativi controlli da parte dell’amministrazione fiscale.

(…)

4.      (a) Ogni soggetto passivo deve presentare una dichiarazione entro un termine che dovrà essere stabilito dagli Stati membri. Tale termine non dovrà superare di due mesi la scadenza di ogni periodo fiscale. Il periodo fiscale può essere fissato dagli Stati membri in un mese, due mesi ovvero un trimestre. Tuttavia gli Stati membri possono stabilire periodi diversi, comunque non superiori ad un anno.

         (b) Nella dichiarazione devono figurare tutti i dati necessari ad accertare l’importo dell’imposta esigibile e quello delle deduzioni da operare, compresi, se del caso, qualora risulti necessario per fissare la base imponibile, l’importo complessivo delle operazioni relative a tale imposta e a tali deduzioni, nonché l’importo delle operazioni esenti.

(…)

7.     Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché i soggetti che, in conformità dell’articolo 21, punto 1, lett. b), sono considerati debitori dell’imposta in luogo di un soggetto passivo residente all’estero (…) assolvano agli obblighi di dichiarazione e di pagamento summenzionati.

8.     Gli Stati membri hanno la facoltà di stabilire, subordinatamente al rispetto del principio della parità di trattamento delle operazioni interne e delle operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi, altri obblighi che essi ritengano necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’imposta e ad evitare le frodi, a condizione che questi obblighi non diano luogo, negli scambi tra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera».

 Disciplina nazionale rilevante

19.      Le direttive comunitarie in materia di IVA sono attualmente trasposte nel diritto italiano dal decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (in prosieguo: il «DPR n. 633/72»), come modificato.

20.      L’art. 17, terzo comma, prima frase, di tale decreto così dispone: «Gli obblighi relativi alle (…) prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato da soggetti non residenti (…) sono adempiuti dai cessionari o committenti, residenti nel territorio dello Stato, che acquistano i beni o utilizzano i servizi nell’esercizio di imprese, arti o professioni».

21.      L’art. 19, primo comma, dello stesso decreto prevede, tra l’altro, quanto segue: «Il diritto alla detrazione dell’imposta relativa ai beni e servizi acquistati o importati sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile e può essere esercitato, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo».

22.      Ai sensi dell’art. 23, primo e secondo comma, il contribuente deve annotare entro quindici giorni le fatture emesse in apposito registro, indicando il numero progressivo e la data di emissione, l’ammontare imponibile e l’ammontare dell’imposta, distinti secondo l’aliquota applicata, e nelle ipotesi di cui al terzo comma dell’art. 17, il nome del cedente o del prestatore.

23.      In forza dell’art. 25, primo comma, il contribuente deve numerare in ordine progressivo le fatture relative ai beni e ai servizi acquistati o importati, comprese quelle emesse a norma del terzo comma dell’art. 17, e deve annotarle in un apposito registro anteriormente alla liquidazione periodica, ovvero alla dichiarazione annuale, nella quale è esercitato il diritto alla detrazione della relativa imposta.

24.      L’art. 54, quinto comma, così recita: «Senza pregiudizio dell’ulteriore azione accertatrice nei termini stabiliti dall’art. 57, l’ufficio dell’imposta sul valore aggiunto, qualora (…) risultino elementi che consentono di stabilire l’esistenza di corrispettivi in tutto o in parte non dichiarati o di detrazioni in tutto o in parte non spettanti, può limitarsi ad accertare, in base agli elementi predetti, l’imposta o la maggiore imposta dovuta o il minor credito spettante».

25.      Infine, l’art. 57, primo comma, prima frase, prevede quanto segue: «Gli avvisi relativi alle rettifiche e agli accertamenti previsti nell’art. 54 e nel secondo comma dell’art. 55 devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione».

 Cause principali e questioni pregiudiziali

26.      La Ecotrade SpA (in prosieguo: la «Ecotrade») è una società italiana specializzata nel commercio internazionale di loppa granulata d’altoforno ed altri additivi per la produzione del cemento. Nel 2000 e nel 2001 (14) essa ha effettuato una serie di trasporti marittimi di tali materiali dall’Italia verso altri Stati membri, avvalendosi dei servizi di compagnie di navigazione non aventi sede in Italia. Dette compagnie hanno rilasciato alla Ecotrade fatture relative ai loro servizi, da esse descritti come «noleggio di una nave» ovvero come «trasporto marittimo». Nessuna delle fatture indicava l’IVA, mentre in talune si dichiarava espressamente che la fornitura di servizi ne era esente.

27.      La Ecotrade ha di conseguenza considerato tutti i servizi indicati come costitutivi di noleggio o locazione di navi marittime, esenti da IVA in forza delle disposizioni nazionali di attuazione dell’art. 15, n. 5, della sesta direttiva (15). Essa ha pertanto regolarmente annotato tali fatture nel registro degli acquisti, senza tuttavia inserirle nei propri registri o dichiarazioni IVA.

28.      A seguito di una verifica, l’amministrazione fiscale ha deciso che i servizi di trasporto marittimo erano in realtà servizi di trasporto intracomunitario di beni per i quali, in forza della normativa nazionale di esecuzione degli artt. 21, n. 1, lett. b), e 28 ter, punto C), della sesta direttiva, la Ecotrade era essa stessa tenuta al versamento dell’IVA. Salvo talune riserve di carattere marginale, la Ecotrade ha accettato detta riqualificazione. Non vi è alcun indizio di frode o malafede da parte di tale società.

29.      La Ecotrade avrebbe quindi dovuto dichiarare l’IVA sui servizi di trasporto marittimo registrandola come IVA a monte. Essa sarebbe stata tenuta ad assolvere tale imposta; tuttavia, nel contempo, avrebbe potuto detrarla dall’imposta a valle. Il suo debito d’imposta complessivo sarebbe pertanto rimasto invariato.

30.      Nel dicembre 2004, in conformità agli artt. 54, quinto comma, e 57, primo comma, del DPR n. 633/72 e nel rispetto del termine ultimo stabilito da quest’ultima disposizione, l’amministrazione fiscale ha richiesto il pagamento dell’IVA in questione, per un importo pari a circa EUR 320 000 per i due esercizi fiscali, che sembra rappresentare l’IVA all’aliquota standard del 20% su fatture recanti un importo pari a circa EUR 1 600 000 (16). Essa ha comunque negato alla Ecotrade la facoltà di detrarre gli stessi importi, in ragione del fatto che il termine ultimo per operare la detrazione, ai sensi dell’art. 19, primo comma, del DPR n. 633/72, era scaduto. Essa ha inoltre ingiunto alla Ecotrade il pagamento di sanzioni amministrative per un totale leggermente superiore a EUR 360 000.

31.      La Ecotrade ha impugnato il diniego e le sanzioni in questione dinanzi al giudice del rinvio, il quale ha formulato le seguenti questioni pregiudiziali:

1)      Se la corretta interpretazione dell’art. 17, dell’art. 21 par. 1 e dell’art. 22 della sesta direttiva (…) n. 77/388/CEE (…) osti ad una normativa nazionale (in specie l’art. 19 D.P.R. (…) n. 633) che subordini l’esercizio del diritto a detrarre l’imposta sul valore aggiunto, dovuta da un soggetto passivo nell’esercizio della sua attività di impresa, al rispetto di un termine (biennale), sanzionandone l’omessa osservanza con la perenzione del diritto stesso; in modo particolare in riferimento ai casi in cui l’assoggettabilità ad IVA dell’acquisto del bene o del servizio avvenga in applicazione di un meccanismo del reverse charge, che consenta all’Amministrazione di esigere il pagamento del tributo usufruendo di un termine (quadriennale, di cui all’art. 57 D.P.R. 633/72) superiore a quello previsto a favore dell’imprenditore per la sua detrazione, che ne è invece decaduto per il suo trascorrere.

2)      Se la corretta interpretazione dell’art. 18, par. 1 lett. d) della sesta direttiva (…) 77/388/CEE (…) osti ad una normativa nazionale che nel regolamentare le “formalità” indicate da tale articolo attraverso il meccanismo del reverse charge, disciplinato dal combinato disposto dell’art. 17 terzo comma con gli artt. 23 e 25 D.P.R. 633/72, possa inserire (a danno del solo contribuente) il rispetto di un limite temporale – come previsto dall’art. 19 D.P.R. 633/72 – per l’esercizio del diritto alla detrazione sancito dall’art. 17 stessa direttiva».

32.      Osservazioni scritte sono state presentate dalla Ecotrade dai governi italiano e cipriota nonché dalla Commissione; essi erano tutti rappresentati all’udienza, fatta eccezione per il governo cipriota.

 Valutazione

 Osservazioni preliminari

33.      L’ordinanza di rinvio dev’essere interpretata, in linea di massima, nel senso che essa solleva innanzi tutto e principalmente la questione generale se un termine prescrizionale di due anni, relativo all’esercizio del diritto alla detrazione, sia compatibile con le disposizioni comunitarie in materia di IVA, e solo secondariamente si pone la questione della compatibilità col diritto comunitario di detto termine nel caso specifico, dove si applica il meccanismo dell’inversione contabile e dove l’amministrazione fiscale beneficia di un periodo più ampio ai fini della riscossione dell’IVA non regolarmente contabilizzata.

34.      Sono tuttavia d’accordo con il governo italiano e con la Commissione, secondo i quali non è necessario focalizzarsi eccessivamente sulla questione più generale, la quale non è, di per sé stessa, determinante ai fini della causa principale. La questione essenziale è quella della compatibilità con il diritto comunitario del risultato derivante dall’applicazione della normativa italiana in circostanze quali quelle che caratterizzano la situazione della Ecotrade.

35.      I fattori evidenziati dal giudice nazionale che, in combinazione tra loro, conducono a detto risultato sono: a) il termine prescrizionale biennale(17) per l’esercizio del diritto alla detrazione; b) il termine prescrizionale quadriennale (18) per il diritto dell’amministrazione fiscale alla riscossione dell’imposta, e c) il meccanismo dell’inversione contabile, secondo il quale l’obbligo del soggetto passivo di assolvere l’imposta a monte è, di norma, esattamente controbilanciato dal suo diritto a detrarre l’imposta stessa.

36.      Comunque, ancorché il contesto di tale meccanismo sia indubbiamente un elemento chiave della causa in esame, ritengo quantomeno altrettanto importante rilevare che il risultato contestato dalla Ecotrade è stato cagionato non dalla mera combinazione dei tre fattori in questione, bensì dal fatto che le sue operazioni a monte sono state riqualificate da esenti a soggette ad imposta.

37.      Infine, ancorché il giudice del rinvio ponga formalmente due questioni intese a valutare la compatibilità delle norme italiane con varie disposizioni della sesta direttiva, ritengo più utile affrontare le due questioni congiuntamente.

 Ammissibilità di un termine prescrizionale nell’esercizio del diritto alla detrazione

38.      Nell’ambito delle disposizioni citate dal giudice nazionale nelle sue questioni pregiudiziali, come, del resto, nella sesta direttiva, non vi è alcun elemento che imponga un termine prescrizionale specifico relativamente all’esercizio del diritto alla detrazione ovvero faccia espresso riferimento alla possibilità di imporre un simile termine nel diritto nazionale.

39.      Tra tali disposizioni, tuttavia, una può essere intesa nel senso che autorizza implicitamente l’applicazione di un termine prescrizionale: l’art. 18, n. 1, lett. d), fa riferimento alle formalità fissate da ogni Stato membro per l’esercizio del diritto alla detrazione. La possibilità di stabilire un termine prescrizionale sembra inoltre risultare chiaramente dal combinato disposto dei nn. 2 e 3 dell’art. 18. Il primo dispone che il diritto alla detrazione può essere esercitato in relazione ad importi dovuti per lo stesso periodo fiscale in cui il diritto è sorto, e l’ultimo autorizza gli Stati membri a fissare le condizioni secondo le quali un soggetto passivo può essere autorizzato ad operare una detrazione qualora non abbia rispettato, tra l’altro, la condizione suddetta. Considerati congiuntamente, essi implicano che uno Stato membro ha la possibilità di pretendere che il diritto alla detrazione sia esercitato nell’ambito del periodo fiscale in questione (19), ovvero di prevedere un periodo più ampio.

40.      Non condivido pertanto l’affermazione della Ecotrade, secondo cui il diritto alla detrazione è così fondamentale da non poter essere sottoposto ad alcun limite prescrizionale quanto al suo esercizio. Il diritto in questione è effettivamente fondamentale, tuttavia, è altresì importante, per ragioni di certezza giuridica (e finanziaria) che le situazioni fiscali consolidate non possano essere indefinitamente messe in discussione.

41.      Se quindi la sesta direttiva consente ad uno Stato membro di pretendere che il diritto alla detrazione sia esercitato nel periodo fiscale in cui esso è sorto, non si pone la questione se un periodo più lungo, quale quello biennale sancito dalla legislazione italiana, rappresenti una norma generale indebitamente restrittiva.

42.      È sufficiente tener conto del fatto che un simile termine prescrizionale (che è per molti aspetti comparabile a quello previsto per avviare un procedimento di recupero degli oneri fiscali nazionali prelevati in violazione del diritto comunitario) deve comunque soddisfare i principi di equivalenza e di effettività (20). Esso non deve quindi essere meno favorevole di quelli che disciplinano situazioni analoghe di natura interna (21), né deve rendere virtualmente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario. Nelle osservazioni presentate alla Corte nella causa in esame non è stato effettuato alcun raffronto con altri termini prescrizionali applicabili a situazioni analoghe di natura interna, né è stato affermato che un termine prescrizionale di due anni completi renda in generale – più che nelle circostanze specifiche – virtualmente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio del diritto alla detrazione.

 Possibilità per l’amministrazione fiscale di effettuare una rettifica dopo la scadenza di un simile termine prescrizionale

 Osservazioni generali

43.       Sembra incontestabile il fatto che l’amministrazione fiscale debba disporre di un periodo entro il quale verificare le dichiarazioni a fini IVA dei soggetti passivi e, se del caso, rettificare l’entità dei loro obblighi di pagamento, e che tale periodo debba essere sottoposto a limiti ai fini della certezza del diritto.

44.      Neppure può contestarsi il fatto che il periodo concesso all’amministrazione fiscale ai fini della verifica e della rettifica debba estendersi al di là del periodo in cui il soggetto passivo è tenuto a dichiarare in via definitiva i propri obblighi fiscali e le proprie pretese a detrazione. Fin quando una dichiarazione di tal genere non è stata presentata, essa non può essere sottoposta a verifica (22).

45.      Qualora dette verifiche rivelino un debito IVA non dichiarato, evidentemente tale debito può – o meglio deve – essere riscosso coattivamente e la somma corrispondente dev’essere recuperata.

46.      Né la scoperta di un debito IVA lede un qualsivoglia diritto esistente alla detrazione dell’imposta a monte, che non dipende dal debito stesso. Il fatto che il soggetto passivo abbia o meno esercitato tale diritto entro un qualsivoglia termine perentorio nazionale del tipo che ho descritto è una questione nettamente distinta rispetto alla rettifica del suo debito relativo all’imposta a valle.

 Osservazioni relative alla fattispecie in esame

47.      Comunque, così non è qualora la verifica porti alla luce un debito IVA non dichiarato il quale, se dichiarato correttamente, avrebbe comportato un concomitante diritto alla detrazione, il quale a sua volta non avrebbe potuto sussistere in assenza del debito stesso. In simili casi, l’omesso esercizio del diritto alla detrazione è indissociabile dall’omessa dichiarazione del debito fiscale che l’amministrazione tenta ora di riscuotere coattivamente (23).

48.      Poiché la detrazione e il debito fiscale rappresentano, quindi, due facce della stessa medaglia, ogni rettifica operata dall’amministrazione fiscale deve logicamente prendere entrambi in considerazione. Il fatto di procedere alla riscossione coatta del debito senza consentire l’esercizio del concomitante diritto alla detrazione significherebbe, peraltro, andare in senso diametralmente opposto al principio di neutralità, il quale è posto a fondamento dell’intero sistema IVA.

49.      Come ripetutamente stabilito dalla Corte, il sistema delle detrazioni istituito dalla sesta direttiva è inteso a sgravare interamente l’imprenditore dall’onere dell’IVA dovuta o pagata nell’ambito di tutte le sue attività economiche. Il sistema dell’IVA garantisce la neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati delle dette attività, purché queste siano, in linea di principio, di per sé soggette all’IVA (24).

50.      Al contrario, l’applicazione delle norme italiane con le modalità richieste dall’amministrazione fiscale nella presente causa sostituirebbe la neutralità impositiva che era stata ottenuta (quantunque su base erronea) con un rilevante onere da cui, in linea di principio, l’operatore commerciale avrebbe dovuto essere esentato, e condurrebbe alla riscossione di imposte per un importo complessivamente superiore a quello che avrebbe dovuto essere riscosso.

 Possibili giustificazioni per la riscossione dell’imposta non dichiarata rifiutando, nel contempo, l’esercizio di un collegato diritto alla detrazione

51.      Si pone la questione se possa sussistere, in base a una qualche norma comunitaria, una giustificazione per eludere il fondamentale requisito di neutralità. Il giudice nazionale fa riferimento, nelle sue questioni pregiudiziali, agli artt. 17, 18, n. 1, lett. d), 21, n. 1, e 22 della sesta direttiva (25). Tra questi, gli artt 17, nn. 6 e 7, 18, n. 1, lett. d), e 22, nn. 7 e 8, sono stati citati in varie fasi del presente procedimento come idonei a giustificare l’applicazione delle norme italiane nel senso richiesto dall’amministrazione fiscale.

52.      Tuttavia, per quanto riguarda l’art. 17, nn. 6 e 7, come giustamente rilevato dal governo cipriota, il punto, nel caso in esame, non è quello dell’esclusione dell’imposta in questione dal diritto alla detrazione, bensì quello della limitazione all’esercizio di tale diritto in talune circostanze. Una siffatta limitazione non rientra nell’ambito d’applicazione dell’art. 17, nn. 6 o 7, che riguarda la completa esclusione di determinati tipi di operazioni.

53.      Tra le altre disposizioni citate, l’art. 18, n. 1, lett. d), autorizza gli Stati membri a fissare talune formalità ai fini dell’esercizio del diritto a detrazione; l’art. 22, n. 7, richiede ai medesimi di adottare le misure necessarie affinché gli operatori commerciali debitori dell’imposta a monte nell’ambito del meccanismo dell’inversione contabile assolvano i loro obblighi di dichiarazione e di pagamento, mentre l’art. 22, n. 8, attribuisce loro la facoltà di stabilire altri obblighi per assicurare l’esatta riscossione dell’imposta e per evitare le frodi.

54.      I governi italiano e cipriota hanno considerato tali norme idonee a giustificare l’applicazione delle norme italiane con le modalità richieste dall’amministrazione fiscale nel caso in esame, in particolare in quanto una tale applicazione è atta ad incoraggiare una dichiarazione corretta, puntuale e precisa e a impedire l’evasione o la frode.

55.      Non condivido tale opinione. Se è vero che le disposizioni in questione autorizzano, certamente, l’introduzione di formalità nonché di sanzioni in caso di mancata osservanza delle formalità stesse (ricordo come, nel caso in esame, siano state applicate alla Ecotrade sanzioni di considerevole importo, ancorché il giudice del rinvio non abbia sollevato il problema della loro compatibilità col diritto comunitario), esse non giustificano una distorsione del sistema IVA in quanto tale.

 La sentenza Collée

56.      Può essere utile, in tal senso, richiamare la recente sentenza della Corte nella causa Collée (26). Poiché essa rivela numerosi parallelismi con il caso in esame, provvederò a riassumerne il contenuto, fornendo taluni dettagli.

57.      Ad un commerciante di automobili era stato attribuito il diritto alla provvigione solo per le vendite stipulate con acquirenti del proprio distretto. Al fine di ottenere la provvigione per talune vendite ad un cliente avente sede in un altro Stato membro, egli faceva ricorso ad un intermediario, il quale acquistava e rivendeva pro forma le autovetture. Egli fatturava l’IVA a tale intermediario, il quale intendeva effettuarne la detrazione. L’amministrazione fiscale negava il diritto di detrarre l’IVA, perché la transazione aveva carattere fittizio. Il commerciante correggeva quindi la propria contabilità affinché ne risultasse la situazione reale. L’amministrazione fiscale aumentava il suo fatturato per il prezzo di vendita delle autovetture, ma negava l’esenzione (con detrazione dell’imposta a monte, come sarebbe normalmente avvenuto nel caso di una cessione intracomunitaria) con la motivazione che le sue registrazioni non erano state effettuate immediatamente e direttamente dopo la realizzazione dell’operazione in questione, in conformità alle norme stabilite dalla giurisprudenza nazionale (27).

58.      La Corte ha rilevato che l’esenzione di cessioni intracomunitarie nello Stato membro della spedizione, con tassazione (mediante il meccanismo dell’inversione contabile) del corrispondente acquisto intracomunitario nello Stato membro di destinazione, evita la doppia imposizione nonché la violazione del principio di neutralità fiscale (28).

59.      Invero, l’art. 22 della sesta direttiva impone alcuni obblighi di forma relativi alla contabilità, alla fatturazione, alla dichiarazione e all’elenco ricapitolativo; il n. 8 dello stesso articolo conferisce agli Stati membri la facoltà di stabilire altri obblighi ritenuti necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’imposta e ad evitare le frodi. Tuttavia, tali provvedimenti non devono eccedere quanto è necessario a tal fine, né possono mettere in discussione la neutralità dell’IVA (29).

60.      Un provvedimento nazionale che subordini il diritto all’esenzione al rispetto di obblighi di forma, senza porsi la questione se i requisiti sostanziali siano soddisfatti, eccede quanto è necessario per assicurare l’esatta riscossione dell’imposta (30).

61.      Le operazioni devono essere tassate prendendo in considerazione le loro caratteristiche oggettive. Se una cessione soddisfa le condizioni previste per l’esenzione, nessuna IVA è dovuta (31).

62.      Nella causa principale, poiché è stata incontestabilmente effettuata una cessione intracomunitaria, la neutralità fiscale esigeva che l’esenzione fosse accordata se ne ricorrevano i requisiti sostanziali, anche se taluni requisiti formali erano stati omessi da parte dei soggetti passivi. La situazione sarebbe diversa solo se la violazione di tali requisiti formali avesse avuto l’effetto di impedire la dimostrazione certa che i requisiti sostanziali erano stati soddisfatti (32).

63.      È importante consentire che modifiche della qualificazione di una cessione intracomunitaria apportate successivamente alla realizzazione di tale operazione possano essere prese in considerazione nella contabilità dei soggetti passivi. Il carattere intracomunitario di una cessione deve essere pertanto riconosciuto nel caso di una rettifica successiva della contabilità, purché siano soddisfatti i criteri oggettivi (33).

64.      La questione se sia pertinente il fatto che il soggetto passivo abbia occultato, in un primo momento, una cessione intracomunitaria e se l’esenzione possa essere subordinata alla sua buona fede dipende dall’esistenza di un rischio di perdite di entrate fiscali per lo Stato membro in questione. Per garantire la neutralità dell’IVA, spetta agli Stati membri contemplare la possibilità di rettificare ogni imposta indebitamente fatturata, purché chi ha emesso la fattura dimostri la propria buona fede. Tuttavia, quando tale soggetto ha, in tempo utile, eliminato completamente il rischio di perdite di entrate fiscali, il principio di neutralità richiede che l’IVA indebitamente fatturata possa essere regolarizzata, senza che la regolarizzazione possa essere subordinata alla sua buona fede. Le stesse regole si applicano nel caso di regolarizzazione della contabilità al fine di ottenere l’esenzione di una cessione intracomunitaria (34).

65.      Non può essere considerata una perdita di entrate fiscali la mancata percezione dell’IVA relativa ad una cessione intracomunitaria che, in un primo momento, era stata erroneamente qualificata quale cessione effettuata all’interno del paese in via di principio soggetta a IVA. Entrate del genere appartengono allo Stato membro in cui ha luogo il consumo finale (35).

66.      Infine, il diritto comunitario non impedisce agli Stati membri di ritenere, a talune condizioni, l’occultamento dell’esistenza di un’operazione intracomunitaria come un tentativo di frode all’IVA e di applicare le sanzioni previste dal diritto interno. Tuttavia, sanzioni di tal genere devono sempre essere proporzionate alla gravità dell’abuso (36).

 Trasposizione al caso in esame

67.      A mio parere, il ragionamento sviluppato dalla Corte nella sentenza Collée può essere agevolmente trasposto al caso in esame. Detta trasposizione può essere effettuata nei seguenti termini.

68.       Il meccanismo dell’inversione fiscale mira ad evitare la doppia imposizione e a garantire la neutralità fiscale. I provvedimenti assunti ai sensi degli artt. 18, n. 1, lett. d), o 22, nn. 7 o 8, della sesta direttiva non devono eccedere quanto è necessario a raggiungere gli obiettivi per cui essi sono stati autorizzati, né possono mettere in discussione la neutralità. Un provvedimento che subordina il diritto alla detrazione al rispetto di obblighi di forma, a prescindere dalla questione se i requisiti sostanziali siano soddisfatti, eccede quanto è necessario a tal fine. Le operazioni devono essere tassate prendendo in considerazione le loro caratteristiche oggettive. Se una cessione soddisfa le condizioni previste per la detrazione, l’IVA è detraibile. Laddove risulti evidente che il debito fiscale nell’ambito del meccanismo dell’inversione contabile fa sorgere il diritto alla detrazione, la neutralità fiscale esige che la detrazione sia concessa se ne ricorrono i requisiti sostanziali, anche se taluni requisiti formali erano stati omessi dal soggetto passivo. È importante consentire che modifiche della qualificazione di una cessione apportate successivamente alla realizzazione di tale operazione possano essere prese in considerazione nella contabilità dei soggetti passivi. Il suo reale carattere deve essere pertanto riconosciuto nel caso di una rettifica successiva della contabilità, purché siano soddisfatti i criteri oggettivi. Se non vi è rischio di perdita di entrate fiscali, il principio di neutralità richiede che le dichiarazioni IVA erroneamente compilate possano essere regolarizzate. Non vi è un simile rischio qualora il debito fiscale e il diritto alla detrazione si annullino a vicenda. Possono tuttavia applicarsi sanzioni adeguate e proporzionate qualora sia stata omessa una corretta dichiarazione delle operazioni.

 Conclusioni

69.      Alla luce delle considerazioni che precedono, ritengo che la Corte debba risolvere la questione sollevata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Genova come segue:

1)      Le disposizioni delle direttive comunitarie in materia di IVA non ostano alla previsione, nel diritto nazionale, di un termine prescrizionale per l’esercizio del diritto di un soggetto passivo a detrarre l’imposta a monte sui beni e servizi che egli impiega ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, a condizione che il termine di cui trattasi non sia meno favorevole di quelli disciplinanti situazioni analoghe di natura interna e che non renda virtualmente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio del diritto.

2)      Le disposizioni delle direttive comunitarie in materia di IVA non ostano alla verifica delle dichiarazioni IVA dei soggetti passivi, da parte dell’amministrazione fiscale, anche dopo la scadenza di un siffatto termine prescrizionale, né ostano alla riscossione dell’imposta dovuta ma non assolta.

3)      Tuttavia, nella situazione in cui da una tale verifica emerga un debito IVA non dichiarato il quale, se fosse stato dichiarato, avrebbe dato origine ad un concomitante diritto alla detrazione, il debito non può essere riscosso coattivamente senza tener conto del diritto alla detrazione.


1 – Lingua originale: l'inglese.


2 – Direttiva del Consiglio 28 novembre 2006, 2006/112/CE, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1).


3 – V. terzo ‘considerando’.


4 – Prima direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, 67/227/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari (GU 71 del 14 aprile 1967, pagg. 1301 e 1303); sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1, più volte modificata).


5 – Art. 1, n. 2, della direttiva 2006/112.


6 – All'epoca dei fatti, il testo dell'art. 17, n. 2, era contenuto nell'art. 28 septies. Gli equivalenti dell'art. 17, nn. 1 e 2, sono ora contenuti negli art. 167 e 168, lett. a), della direttiva 2006/112.


7 – Art. 15, n. 5, letto in combinato disposto con l'art. 15, n. 4, lett. a), della sesta direttiva; art. 148, lett. a) e c), della direttiva 2006/112.


8 – All'epoca dei fatti, art. 28 octies; v. art. 196 della direttiva 2006/112.


9 – Tale meccanismo è generalmente noto come procedimento di «inversione contabile». Secondo altre disposizioni dell'art. 21, n. 1, esso si applica anche ad altri tipi di fornitura di beni o di servizi qualora il fornitore non sia stabilito nello Stato membro del cliente (o nello Stato membro in cui ha luogo la fornitura), a prescindere dal fatto che esso sia o meno stabilito all'interno della Comunità.


10 – V. artt. 47 e 48 della direttiva 2006/112.


11 – Art. 28 septies, n. 2; art. 178, lett. f), della direttiva 2006/112.


12 – Artt. 179 e 180 della direttiva 2006/112.


13 – All'epoca dei fatti, art. 28 nonies; v. artt. 213-271 della direttiva 2006/112.


14 – La causa C-95/07 riguarda l'esercizio fiscale 2001, mentre la causa C-96/07 riguarda il 2000.


15 – V. precedente paragrafo 13.


16 – Le cifre fornite nell'ordinanza di rinvio nella causa C-95/07 sembrano riflettere l'applicazione di un'aliquota IVA leggermente superiore al 20%. Non è stata fornita alcuna spiegazione, tuttavia tale discrepanza non sembra rilevante ai fini della soluzione del problema.


17 – Più precisamente, il termine ultimo corrisponde al momento della presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto.


18 – Si tratta, infatti, della fine del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione. La Ecotrade ha dichiarato in udienza, senza essere contraddetta, che tale periodo è stato regolarmente esteso, in forza di norme transitorie, a cinque, sei o sette anni.


19 – Nel rispetto dei requisiti di equivalenza e di effettività (v. successivo paragrafo 42).


20 – V., ad esempio, la sentenza 11 luglio 2002, causa C-62/00, Marks and Spencer (Racc. pag. I-6325), punto 34 e segg.


21 – Mi sembra che la Commissione sbagli nel sostenere (se ho ben capito) che il principio di equivalenza trova applicazione con riferimento ai periodi rispettivamente concessi al soggetto passivo e all'amministrazione fiscale.


22 – V. sentenza 19 novembre 1998, causa C-85/97, SFI (Racc. pag. I-7447), punto 32.


23 – Nella presente causa, la Ecotrade si trova in una situazione di tal genere in ragione del meccanismo di inversione contabile, ma una situazione analoga potrebbe prodursi nel caso di un soggetto passivo che abbia classificato come esenti le proprie operazioni a valle (invece assoggettabili ad imposta) e non sia stato quindi in grado di detrarre alcuna imposta a monte su beni o servizi utilizzati ai fini di tali operazioni.


24 – V., più di recente, la sentenza 8 febbraio 2007, causa C-435/05, Investrand (Racc. pag. I-1315, punto 22).


25 – V. precedenti paragrafi 8, 11 e 15-18.


26 – Sentenza 27 settembre 2007, causa C-146/05 (Racc. pag. I-7861).


27 – V. punti 12-18 della sentenza.


28 – Punti 21-23 (dove si citano le sentenze 6 luglio 1995, causa C-62/93, BP Soupergaz, Racc. pag. I-1883, punto 16; 12 gennaio 2006, cause riunite C-354/03, C-355/03 e C-484/03, Optigen e a., Racc. pag. I-483, punto 54; 6 luglio 2006, cause riunite C-439/04 e C-440/04, Kittel e Recolta Recycling, Racc. pag. I-6161, punto 49, e 27 settembre 2007, causa C-184/05, Twoh International, Racc. pag. I-7897, punto 22).


29 – Punti 25 e 26 (dove si citano le sentenze 21 marzo 2000, cause riunite da C-110/98 a C-147/98, Gabalfrisa e a., Racc. pag. I-1577, punto 52; 3 marzo 2004, causa C-395/02, Transport Service, Racc. pag. I-1991, punto 29; 19 settembre 2000, causa C-454/98, Schmeink & Cofreth, Racc. pag. I-6973, punto 59, e 21 febbraio 2006, causa C-255/02, Halifax e a., Racc. pag. I-1609, punto 92).


30 – Punto 29.


31 – Punto 30 (dove si citano le sentenze Optigen, punto 44, Kittel e Recolta Recycling, punto 41, e Transport Service, punti 18 e 19).


32 – Punto 31.


33 – Punto 33.


34 – Punti 34 e 35 (dove si citano le sentenze Schmeink & Cofreth, punti 60 e 63, e 6 novembre 2003, cause riunite da C-78/02 a C-80/02, Karageorgou e a., Racc. pag. I-13295, punto 50). L'apparente discrepanza tra le due affermazioni riguardanti la necessità della buona fede deriva dal fatto che nella sentenza Schmeink & Cofreth la Corte ha rilevato che il requisito di buona fede sancito nella sentenza 13 dicembre 1989, causa C-342/87, Genius Holding (Racc. pag. 4227), non era essenziale (v. sentenza Schmeink & Cofreth, in particolare punti 50-58).


35 – Punto 37.


36 – Punto 40 (che cita la sentenza Schmeink & Cofreth, punto 62).