Available languages

Taxonomy tags

Info

References in this case

References to this case

Share

Highlight in text

Go

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

YVES BOT

presentate il 13 dicembre 2007 1(1)

Causa C-98/07

Nordania Finans A/S,

BG Factoring A/S

contro

Skatteministeriet

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Højesteret (Danimarca)]

«IVA – Prorata di detrazione – Vendita di veicoli di una società di leasing alla scadenza del contratto di locazione – Nozione di “beni d’investimento che il soggetto passivo ha utilizzato nella sua impresa”»





1.        Il presente procedimento pregiudiziale verte sulla determinazione dei diritti a detrazione dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») di una società di leasing che esercita una duplice attività, e cioè, da un lato, il leasing di autovetture e, dall’altro, la prestazione di servizi finanziari.

2.        Poiché solo la prima di tali attività è soggetta all’IVA, la società in questione può detrarre l’imposta pagata al momento dell’acquisto dei beni e servizi necessari all’esercizio delle sue attività professionali solo proporzionalmente agli importi di fatturato delle sue attività imponibili rispetto al suo fatturato totale.

3.        Si tratta di determinare, nella causa principale, se il fatturato corrispondente alla vendita dei veicoli alla scadenza del contratto di leasing debba essere preso in considerazione nel calcolo del prorata di detrazione.

4.        Tale questione trae origine dal fatto che l’art. 19, n. 2, della sesta direttiva del Consiglio 77/388/CEE (2), che fissa le modalità di calcolo del prorata, stabilisce che la cifra d’affari relativa alle cessioni di beni d’investimento utilizzati dal soggetto passivo nella sua impresa non viene presa in considerazione ai fini di tale calcolo.

5.        Il giudice del rinvio chiede quindi alla Corte se la nozione di «beni d’investimento», di cui all’art. 19, n. 2, della sesta direttiva, debba essere interpretata nel senso che essa include i beni che un’impresa di leasing acquista per darli in locazione e successivamente rivenderli alla scadenza del contratto di leasing.

6.        Nelle presenti conclusioni sosterrò che tale nozione dev’essere interpretata, a mio parere, nel senso che essa non include i beni che un’impresa acquista al fine di darli in locazione e successivamente rivenderli, essendo la vendita di tali beni alla scadenza del contratto di leasing parte integrante dell’attività economica abituale di detta impresa.

I –    Contesto normativo

A –    La sesta direttiva

7.        L’IVA è un’imposta al consumo applicabile in modo generale sia ai beni che ai servizi. Il sistema comunitario dell’IVA consiste nell’applicare ai beni e ai servizi un’imposta esattamente proporzionale al loro prezzo, esigibile ad ogni transazione avvenuta nell’ambito del processo di produzione o di distribuzione, che deve gravare solo sul consumatore finale.

8.        Per consentire ai soggetti passivi, che provvedono alla sua riscossione, di non sopportare l’onere dell’imposta, la sesta direttiva prevede un meccanismo di detrazione destinato ad assicurare la «neutralità» dell’imposta nei loro confronti. I soggetti passivi sono quindi autorizzati a detrarre dall’imposta che hanno recuperato dai loro clienti e di cui sono debitori nei confronti dello Stato membro l’IVA che essi stessi hanno sopportato a monte all’atto dell’acquisto dei beni e dei servizi necessari all’esercizio della loro attività professionale.

9.        Il diritto a detrazione presuppone tuttavia che il soggetto passivo utilizzi tali beni o servizi per attività soggette anch’esse all’IVA. La sesta direttiva contiene diverse disposizioni dirette a garantire l’applicazione di tale sistema quando un soggetto passivo utilizzi lo stesso bene o servizio sia per attività imponibili che per attività esenti. Tali disposizioni perseguono l’obiettivo enunciato al dodicesimo ‘considerando’ della sesta direttiva, secondo cui il regime delle detrazioni dev’essere armonizzato ove ha un’incidenza sul livello reale di percezione e il calcolo del prorata di detrazione deve essere effettuato in modo analogo in tutti gli Stati membri.

10.      L’art. 17, n. 5, della sesta direttiva prevede che, quando un soggetto passivo utilizza beni e servizi per sue operazioni imponibili, per le quali ha diritto a detrazione, e per sue operazioni esenti dall’IVA, per le quali non ha tale diritto, la detrazione è ammessa solo per il prorata dell’IVA relativo alla prima categoria di operazioni. Secondo il medesimo articolo, tale prorata viene determinato per il complesso delle operazioni compiute dal soggetto passivo conformemente all’art. 19 della sesta direttiva.

11.      L’art. 19, n. 1, della sesta direttiva dispone:

«Il prorata di deduzione previsto dall’articolo 17, paragrafo 5, primo comma, risulta da una frazione avente:

–        al numeratore l’importo totale della cifra d’affari annua, al netto dell’imposta [sul] valore aggiunto, relativo alle operazioni che danno diritto a deduzione (…)

–        al denominatore l’importo totale della cifra d’affari annua, al netto dell’imposta sul valore aggiunto, relativo alle operazioni che figurano al numeratore e a quelle che non danno diritto a deduzione (…).

Il prorata viene determinato su base annuale, in percentuale e viene arrotondato all’unità superiore».

12.      L’art. 19, n. 2, della sesta direttiva, su cui verte il presente procedimento pregiudiziale, enuncia quanto segue:

«In deroga alle disposizioni del paragrafo 1, per il calcolo del prorata di deduzione, non si tiene conto dell’importo della cifra d’affari relativa alle cessioni di beni d’investimento che il soggetto passivo ha utilizzato nella sua impresa. Non si tiene neppure conto dell’importo della cifra d’affari relativa alle operazioni accessorie, immobiliari o finanziarie o a quelle di cui all’articolo 13, punto B, lettera d), anche quando si tratta di operazioni accessorie. Qualora gli Stati membri si avvalgano della possibilità prevista dall’articolo 20, paragrafo 5, di non richiedere la rettifica per i beni di investimento, possono includere i proventi della cessione di tali beni nel calcolo del prorata di deduzione».

13.      L’art. 20 della sesta direttiva stabilisce le regole relative alla rettifica delle detrazioni. Esso dispone:

«1.   La rettifica della deduzione iniziale è effettuata secondo le modalità fissate dagli Stati membri (…)

2.     Per quanto riguarda i beni d’investimento, la rettifica deve essere ripartita su cinque anni, compreso l’anno in cui i beni sono stati acquistati o fabbricati. Ogni anno tale rettifica è effettuata solo per un quinto dell’imposta che grava sui beni in questione. Essa è eseguita secondo [le] variazioni del diritto a deduzione che hanno avuto luogo negli anni successivi rispetto all’anno in cui i beni sono stati acquistati o fabbricati.

(…)

Per quanto riguarda i beni d’investimento immobiliari, la durata del periodo che funge da base al calcolo delle rettifiche può essere elevata sino a vent’anni.

3.     In caso di cessione durante il periodo di rettifica, il bene d’investimento è considerato come se fosse sempre stato adibito ad un’attività economica del soggetto passivo fino alla scadenza del periodo di rettifica (…).

4.     Ai fini dell’applicazione dei paragrafi 2 e 3, gli Stati membri possono:

–        definire il concetto di beni d’investimento;

(…)

5.     Qualora in uno Stato membro gli effetti pratici dell’applicazione dei paragrafi 2 e 3 siano irrilevanti, tenuto conto dell’incidenza globale dell’imposta nello Stato membro in questione e della necessità di semplificazioni a livello amministrativo, tale Stato può, previo espletamento della consultazione [del comitato dell’IVA], rinunciare all’applicazione di questi paragrafi purché non ne risultino distorsioni di concorrenza.

(…)».

B –    Diritto nazionale

14.      Gli artt. 17, n. 5, e 19, nn. 1 e 2, della sesta direttiva sono stati trasposti nel diritto danese mediante l’art. 38, n. 1, della legge 18 maggio 1994. Tale articolo è così redatto:

«Per quanto riguarda i beni e i servizi che un’impresa registrata utilizza sia per operazioni che danno diritto ad una detrazione ai sensi dell’art. 37, sia per altre operazioni nell’ambito della sua attività, l’impresa può effettuare una detrazione per quella parte dell’imposta che è proporzionale al fatturato corrispondente alla parte dell’attività soggetta a registrazione. Nel calcolo del fatturato non si deve tener conto dell’importo di esso che riguarda la fornitura di beni di investimento utilizzati nell’impresa. Per beni di investimento si intendono i macchinari, gli arredi e simili mezzi di produzione il cui prezzo di vendita (esclusa l’imposta prevista dalla presente legge) è superiore a DKK 50 000 [dal 1996: DKK 75 000] (…)».

II – I fatti della causa principale

15.      La società BG Erhvervsfinans A/S (3), cui sono succedute le società Nordania Finans A/S e BG Factoring A/S, ha esercitato, negli anni 1995-1998, un’importante attività di leasing, in forma di locazione finanziaria, principalmente di veicoli. Ha inoltre fornito servizi finanziari.

16.      L’attività di leasing consisteva nella locazione di veicoli per un periodo generalmente di 36 mesi, con successiva vendita degli stessi alla scadenza del periodo di locazione. Il fatturato previsto di tale vendita era considerato nella determinazione del canone di leasing e la compravendita dei detti veicoli era organizzata professionalmente e sistematicamente. Ad esempio, nel 1998 la BG Erhvervsfinans ha dato in locazione 4 500 automobili e ne ha vendute oltre 600.

17.      La locazione di veicoli e la loro cessione costituiscono operazioni soggette all’IVA. Per contro, i servizi finanziari sono esenti da tale imposta, conformemente all’art. 13, parte B, lett. d), della sesta direttiva.

18.      Negli anni 1995-1998, l’Erhvervsfinans sosteneva spese generali per i locali in cui esercita l’attività, gli arredi d’ufficio, le attrezzature informatiche, il telefono, la revisione contabile ecc., sulle quali versava l’IVA. Essa doveva quindi calcolare il prorata del suo diritto a detrazione di tale imposta, conformemente alle disposizioni degli artt. 17, n. 5, e 19, n. 2, della sesta direttiva.

19.      Nell’ambito di questo calcolo, l’Erhvervsfinans includeva il fatturato relativo alla vendita dei veicoli nel suo fatturato annuo, ritenendo che tale cessione dovesse essere considerata una normale vendita di prodotti.

20.      Con decisione 17 novembre 1999, le autorità fiscali danesi stabilivano che i veicoli ceduti alla scadenza del periodo di locazione dovevano essere considerati «beni d’investimento che il soggetto passivo ha utilizzato nella sua impresa» e che pertanto il fatturato prodotto dalla loro vendita avrebbe dovuto essere escluso dal calcolo del prorata di detrazione. Tale decisione comportava una riduzione di detto prorata.

21.      L’Erhvervsfinans contestava la decisione dinanzi al Landsskatteret, che accoglieva la sua domanda. Tale giudice considerava che i veicoli locati venivano acquistati allo scopo di essere dati in locazione e successivamente venduti alla fine del periodo di leasing a un terzo o eventualmente all’utilizzatore. Tale giudice deduceva che la vendita dei veicoli locati doveva essere considerata come una parte normale delle attività commerciali dell’Erhvervsfinans e che pertanto tali veicoli non potevano essere qualificati «beni d’investimento» ai sensi dell’art. 19, n. 2, della sesta direttiva.

22.      Lo Skatteministeriet (Ministero delle finanze) interponeva appello contro tale decisione dinanzi all’Østre Landsret, il quale dichiarava fondato il ricorso, ritenendo che i veicoli locati costituissero beni d’investimento ai sensi della citata disposizione.

23.      La Nordania Finans A/S e la BG Factoring A/S, succedute alla Erhvervsfinans, proponevano quindi ricorso contro la decisione dell’Østre Landsret dinanzi all’Højesteret.

24.      In tale contesto, l’Højesteret ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se la nozione di “beni d’investimento che il soggetto passivo ha utilizzato nella sua impresa” di cui all’art. 19, n. 2, della [sesta direttiva] debba essere interpretata nel senso che essa comprende i beni che un’impresa di leasing acquista, da un lato, per darli in locazione e, dall’altro, per rivenderli alla scadenza del contratto di leasing».

III – Analisi

25.      Con la sua questione pregiudiziale, il giudice del rinvio vuole sapere se il fatturato prodotto dalla vendita abituale di beni quali i veicoli dati in locazione dall’Erhvervsfinans debba essere incluso o meno nel calcolo del prorata di detrazione.

26.      Le implicazioni della risposta a tale questione sono molto chiare. Qualora la Corte ritenesse che tale fatturato debba essere incluso nel calcolo, esso verrebbe aggiunto al numeratore e al denominatore della frazione per il calcolo del prorata, il che determinerebbe un aumento del risultato della frazione e, pertanto, dei diritti a detrazione del soggetto passivo.

27.      Il governo danese, che contesta tale soluzione, ritiene che i beni che un’impresa di leasing acquista allo scopo di darli in locazione e successivamente rivenderli debbano essere considerati «beni d’investimento che il soggetto passivo ha utilizzato nella sua impresa» ai sensi dell’art. 19, n. 2, della sesta direttiva per i seguenti motivi.

28.      Secondo tale governo, la citata disposizione dev’essere interpretata in combinato disposto con l’art. 20, n. 4, della sesta direttiva, secondo cui gli Stati membri possono definire la nozione di «beni d’investimento». Tale nozione dovrebbe quindi avere lo stesso contenuto in tutta la direttiva, come confermerebbe il rinvio operato dall’art. 19, n. 2, ultimo periodo, all’art. 20, n. 5, della stessa. Gli Stati membri potrebbero quindi definire la nozione di «beni d’investimento» sia nell’ambito dell’art. 19 che in quello dell’art. 20 della medesima direttiva.

29.      Questa tesi sarebbe corroborata dalla sentenza 1° febbraio 1977, Verbond van Nederlandse Ondernemingen (4), in cui la Corte ha interpretato la nozione di «beni d’investimento» di cui all’art. 17 della seconda direttiva del Consiglio 67/228/CEE (5). Essa ha dichiarato che i criteri decisivi di tale nozione erano la durata dell’uso dei beni in questione e i metodi di ammortamento del loro costo di acquisto, e che gli Stati membri disponevano di una certa discrezionalità ai fini della definizione del contenuto di ciascuno di tali criteri.

30.      Il governo danese sostiene che i veicoli dati in locazione su cui si controverte nella causa principale rispondono a tali criteri. Rileva inoltre che non occorrerebbe formulare un’altra distinzione, come chiedono la Nordania Finans A/S e la BG Factoring A/S, fra tali beni d’investimento e i prodotti.

31.      Infine, detto governo fa valere che la sua tesi è conforme allo scopo dell’art. 19, n. 2, della sesta direttiva e ai lavori preparatori sfociati nell’adozione della disposizione citata.

32.      Infatti, l’art. 19, n. 2, della sesta direttiva sarebbe inteso a garantire che la vendita di attivi aventi un valore elevato e carattere durevole non falsi il prorata di detrazione. Quand’anche si fosse già deciso, al momento dell’acquisto di tali attivi, che questi ultimi vengano ceduti dopo essere stati utilizzati, l’inclusione del prezzo di vendita nel calcolo del prorata di detrazione sarebbe atta a falsare detto prorata.

33.      Le vendite degli attivi in questione sarebbero operazioni isolate che graverebbero in misura limitata sulle risorse dell’impresa rispetto alla gestione corrente. Qualora si includesse un importo elevato, in quanto prezzo di vendita, nel calcolo del prorata di detrazione, dopo che l’elemento dell’attivo in questione sia stato utilizzato nell’impresa per diversi anni, ciò falserebbe il prorata di detrazione, dato che l’importo della vendita non riflette la reale imputazione di tale operazione alle risorse dell’impresa.

34.      Per quanto riguarda i lavori preparatori dell’art. 19, n. 2, della sesta direttiva, ne emergerebbe che lo scopo della Commissione delle Comunità europee era precisamente quello di non tenere conto di tutti gli importi di fatturato relativi ai beni d’investimento, a prescindere dalla questione se le vendite di beni d’investimento rientrino in un’attività professionale esercitata stabilmente dal soggetto passivo.

35.      Non condivido questa considerazione. Al pari delle ricorrenti nella causa principale e della Commissione, ritengo che la nozione di «beni d’investimento che il soggetto passivo ha utilizzato nella sua impresa», di cui all’art. 19, n. 2, della sesta direttiva, non riguardi i beni acquistati da un’impresa allo scopo di darli in locazione e successivamente rivenderli, quando la vendita alla scadenza del contratto di locazione sia parte integrante dell’abituale attività economica del soggetto passivo.

36.      La mia tesi si basa sull’economia del sistema di detrazione di cui tale disposizione fa parte, nonché sullo scopo di quest’ultima.

37.      In via preliminare, va rilevato che l’interpretazione dei termini «beni d’investimento che il soggetto passivo ha utilizzato nella sua impresa», impiegati all’art. 19, n. 2, della sesta direttiva, non consente di risolvere la questione posta dal giudice del rinvio.

38.      È altresì pacifico che la nozione di beni d’investimento non è definita né in tale articolo né in altre disposizioni della sesta direttiva.

39.      È vero che l’art. 20, n. 4, della medesima direttiva dispone che gli Stati membri possono definire la nozione di beni d’investimento ai fini dell’applicazione dei nn. 2 e 3 dello stesso articolo. Tuttavia, a differenza del governo danese, ritengo che il riferimento, contenuto nell’art. 19, n. 2, terzo periodo, della sesta direttiva, alle disposizioni dell’art. 20, n. 5, della stessa, non consenta di interpretare l’art. 20, n. 4, in senso contrario al suo tenore letterale.

40.      Infatti, è solo ai fini dell’applicazione dei nn. 2 e 3 dell’art. 20 della sesta direttiva, relativo alla rettifica delle detrazioni, che il n. 4 di tale articolo rimette a ciascuno Stato membro il compito di definire la nozione di beni d’investimento. Tale facoltà non può quindi essere estesa nell’ambito dell’art. 19 della sesta direttiva, che riguarda il calcolo del prorata di detrazione, se non si vuole travisare la chiara e precisa formulazione dell’art. 20, n. 4, della medesima direttiva.

41.      Siffatto ampliamento della portata di quest’ultima disposizione contrasterebbe peraltro con lo scopo perseguito dall’art. 19 della sesta direttiva, enunciato al dodicesimo ‘considerando’ della stessa, secondo cui il calcolo del prorata di detrazione dev’essere effettuato in modo analogo in tutti gli Stati membri.

42.      Inoltre, la facoltà degli Stati membri di definire la nozione di beni d’investimento nel sistema di rettifica delle detrazioni, prevista all’art. 20 della sesta direttiva, non viene privata di effetto utile né rimessa in discussione dal fatto che la nozione di «beni d’investimento» di cui all’art. 19 della stessa direttiva deve avere un contenuto autonomo e uniforme in tutta la Comunità europea.

43.      Infatti, l’art. 20 della sesta direttiva ha lo scopo di consentire di correggere le inesattezze nel calcolo delle detrazioni di cui il soggetto passivo abbia beneficiato. Tale disposizione si applica quando, in particolare, i mutamenti degli elementi inizialmente presi in considerazione per determinare l’importo delle detrazioni intervengono successivamente alla dichiarazione fatta dal soggetto passivo (6). Ciò può verificarsi, ad esempio, quando il soggetto passivo, che abbia acquistato un bene per l’esercizio di un’attività imponibile e abbia dedotto interamente l’IVA applicata all’acquisto di tale bene, lo utilizzi successivamente, in tutto o in parte, per un’attività esente.

44.      La probabilità che la destinazione di un bene venga così modificata è maggiore nel caso dei beni d’investimento, dato che essi vengono utilizzati dal soggetto passivo per più anni. È per tale motivo che l’art. 20 della sesta direttiva istituisce uno specifico sistema di rettifica per i beni in questione.

45.      Tale disposizione prevede infatti, al n. 2, che la detrazione inizialmente effettuata può essere rettificata su un periodo di cinque anni per i beni mobili e di venti anni per i beni immobili. Essa definisce inoltre le modalità di calcolo della rettifica. Disciplina altresì, al n. 3, il caso in cui il bene d’investimento di cui trattasi esca dal patrimonio del soggetto passivo prima della fine del periodo applicabile, sostituendo la rettifica annuale con un’unica rettifica, basata sul presunto utilizzo di tale bene nel periodo rimanente.

46.      Per quanto riguarda l’argomento del governo danese, si può presumere che, nelle disposizioni di diritto nazionale relative alla rettifica delle deduzioni, adottate al fine di recepire l’art. 20 della sesta direttiva, beni quali i veicoli acquistati dal soggetto passivo siano considerati beni d’investimento. Tale qualifica, applicabile quando si tratti di procedere a una rettifica delle deduzioni, non viene rimessa in discussione per il fatto che, nel calcolo del prorata di detrazione previsto dall’art. 19 della medesima direttiva, si tiene conto del fatturato relativo alla vendita abituale di veicoli alla scadenza del periodo di locazione.

47.      Infatti, la circostanza che veicoli acquistati per essere dati in locazione e successivamente venduti nell’ambito dell’attività abituale del soggetto passivo siano esclusi dalla nozione di «beni d’investimento» di cui all’art. 19 della sesta direttiva non osta a che le autorità fiscali danesi possano procedere alla rettifica della detrazione dell’IVA applicata agli acquisti di veicoli effettuati dal soggetto passivo qualora risulti che detti veicoli, durante la loro permanenza nell’impresa e contrariamente a quanto era stato previsto al momento del loro acquisto, non vengano più adibiti nella loro totalità all’attività di leasing, soggetta all’imposta, bensì a un’attività esente.

48.      In altre parole, il fatto che veicoli acquistati per essere dati in locazione e successivamente venduti nell’ambito dell’attività abituale del soggetto passivo vengano esclusi dalla nozione di «beni d’investimento» di cui all’art. 19 della sesta direttiva è priva di incidenza sulla qualifica come «beni d’investimento» ai sensi dell’art. 20 della medesima direttiva per quanto riguarda i veicoli la cui destinazione sia stata modificata.

49.      Infine, la questione dell’applicazione della rettifica delle detrazioni ai veicoli acquistati dal soggetto passivo per essere dati in locazione e successivamente venduti alla scadenza del periodo di locazione non si pone, a priori, in quanto tali veicoli sono stati utilizzati dal soggetto passivo solo per l’esercizio di un’attività imponibile.

50.      Ne consegue che il sistema di rettifica delle detrazioni previsto dall’art. 20 della sesta direttiva e il diritto degli Stati membri di definire la nozione di beni d’investimento nell’ambito di tale sistema non sono compromessi dal fatto che la nozione di «beni d’investimento» di cui all’art. 19 della sesta direttiva dev’essere interpretata in modo autonomo e uniforme all’interno della Comunità.

51.      Inoltre, non mi sembra contraddire la mia analisi neppure la facoltà attribuita agli Stati membri dall’art. 19, n. 2, ultimo periodo, della sesta direttiva, di includere i proventi della cessione dei beni d’investimento nel calcolo del prorata di detrazione, qualora si avvalgano della possibilità prevista all’art. 20, n. 5, della medesima direttiva.

52.      Tale disposizione, infatti, prevede la possibilità di derogare alla regola secondo cui il fatturato relativo alla vendita di beni d’investimento non viene preso in considerazione nel calcolo del prorata di detrazione. Essa non permette di ampliare l’ambito di applicazione dell’art. 19, n. 2, primo e secondo periodo, della sesta direttiva, che menziona le operazioni i cui proventi devono essere esclusi dal calcolo del prorata di detrazione.

53.      Infine, a differenza del governo danese, ritengo che l’interpretazione della nozione di «beni d’investimento», di cui all’art. 17 della seconda direttiva, data dalla Corte nella sentenza Verbond van Nederlandse Ondernemingen, citata, non sia pertinente ai fini della soluzione da fornire alla questione in esame.

54.      È vero che tale interpretazione può essere trasposta nell’ambito dell’art. 19 della sesta direttiva, tenuto conto dei punti comuni che collegano tale disposizione all’art. 17 della seconda direttiva. Detto art. 17 disponeva infatti che gli Stati membri avevano la facoltà di «escludere (…) i beni d’investimento» dal regime di detrazione di cui all’art. 11 della seconda direttiva, secondo cui ogni soggetto passivo aveva il diritto di detrarre l’imposta versata a monte sui beni e servizi acquistati per le necessità della sua impresa.

55.      L’art. 17 della seconda direttiva, al pari dell’art. 19 della sesta direttiva, prevedeva così le condizioni in cui i beni d’investimento dovevano essere presi in considerazione nel regime di detrazione destinato a garantire la neutralità del sistema dell’IVA per un soggetto passivo (7). Tuttavia, la portata della domanda di interpretazione della nozione di beni d’investimento sottoposta alla Corte nella causa sfociata nella sentenza Verbond van Nederlandse Ondernemingen, citata, era molto diversa da quella della controversia in esame.

56.      In quella causa, infatti, il giudice del rinvio si trovava confrontato con la normativa olandese adottata sul fondamento dell’art. 17 della seconda direttiva, con cui il Regno dei Paesi Bassi aveva stabilito che l’IVA versata sull’acquisto di «beni strumentali» poteva essere dedotta solo nella misura del 67%. Il governo olandese, come risulta dai ‘considerando’ di tale normativa, voleva così escludere dal diritto a detrazione, racchiudendoli nella nozione di «beni strumentali dell’impresa», tutti i beni utilizzati per il funzionamento di quest’ultima, comprese le piccole attrezzature.

57.      La Verbond van Nederlandse Ondernemingen, ritenendo che tale nozione di «beni strumentali dell’impresa» fosse più ampia di quella di «beni d’investimento», di cui all’art. 17 della seconda direttiva, aveva dedotto l’IVA versata all’atto dell’acquisto di una pinzatrice e di moduli di partecipazione per riunioni.

58.      Il giudice del rinvio si trovava quindi confrontato con la questione se tali beni dovessero essere considerati o meno beni d’investimento, che potevano essere esclusi dal diritto a detrazione. A tal fine, esso aveva chiesto alla Corte di dichiarare se tale nozione dovesse essere interpretata nel senso che comprendeva i beni il cui costo d’acquisto non veniva contabilizzato come spesa corrente, ma ripartito su più esercizi finanziari.

59.      In tale contesto, la Corte ha risposto che la nozione di beni d’investimento «si riferisce ai beni che, utilizzati ai fini di un’attività economica, si distinguono per il loro carattere durevole ed il loro valore, i quali fanno sì che i costi d’acquisto non siano normalmente contabilizzati come spese correnti, bensì ammortizzati in più esercizi finanziari» (8). Sempre in quest’ambito, la Corte ha inoltre dichiarato che gli Stati membri godono di un certo margine di discrezionalità relativamente alle condizioni che devono essere soddisfatte per quanto riguarda la durata di uso e il valore dei beni, nonché le norme da applicare in materia di ammortamento (9).

60.      Nella sentenza Verbond van Nederlandse Ondernemingen, citata, si trattava perciò di consentire al giudice del rinvio di stabilire se materiali di ufficio di modesto valore potessero essere considerati beni d’investimento suscettibili di essere esclusi dal diritto a detrazione dell’IVA sancito dalla seconda direttiva. In tale sentenza, la Corte non si è trovata confrontata con beni che, come nella causa principale, vengono acquistati al fine di essere dati in locazione per un certo periodo e in seguito, sistematicamente, venduti.

61.      In altre parole, se, in base ai criteri stabiliti dalla Corte nella sentenza Verbond van Nederlandse Ondernemingen, citata, veicoli acquistati da un’impresa ai fini dell’esercizio delle sue attività economiche costituiscono beni d’investimento ai sensi dell’art. 19 della sesta direttiva, da tali criteri non si può dedurre che i veicoli in questione rientrano in tale qualifica, quando la loro cessione, alla scadenza del contratto di locazione, è parte integrante dell’ordinaria attività del soggetto passivo.

62.      Ritengo pertanto che l’interpretazione della nozione di beni d’investimento fornita dalla Corte nella sentenza Verbond van Nederlandse Ondernemingen, citata, non consenta di risolvere la questione posta dall’Højesteret.

63.      In mancanza di indicazioni decisive nel contenuto della sesta direttiva e nella giurisprudenza, è in base all’economia del sistema di detrazione di cui la nozione di beni d’investimento fa parte e allo scopo di quest’ultimo che, conformemente a una giurisprudenza costante, occorre stabilire il significato e la portata di tale nozione ai fini della soluzione della causa principale (10).

64.      Secondo una giurisprudenza costante, il sistema di detrazioni istituito dalla sesta direttiva è inteso a garantire la neutralità del sistema comune dell’IVA. Infatti, tale sistema mira ad esonerare interamente il soggetto passivo dall’IVA pagata nell’ambito delle sue attività, anch’esse soggette a tale imposta (11).

65.      Quando un soggetto passivo acquista beni e servizi per l’esercizio sia di attività imponibili che di attività esenti, gli artt. 17, n. 5, e 19 della sesta direttiva sono intesi a consentirgli di dedurre interamente la parte dell’IVA applicata all’acquisto di tali beni e servizi che si considera corrispondente alla proporzione in cui essi vengono utilizzati per le attività imponibili.

66.      Istituendo il sistema del prorata di detrazione agli artt. 17, n. 5, e 19 della sesta direttiva, il legislatore comunitario ha presunto che la parte in cui tali beni e servizi adibiti a un impiego misto vengono utilizzati, rispettivamente, per le attività imponibili e le attività esenti, sia proporzionale al fatturato di ciascuna di queste due categorie di attività.

67.      L’art. 19, n. 1, della sesta direttiva prevede quindi che il prorata di detrazione dell’IVA applicata all’acquisto di tali beni e servizi risulta da una frazione avente, al numeratore, il fatturato relativo alle operazioni imponibili e, al denominatore, il fatturato totale.

68.      L’esclusione, nell’ambito di tale calcolo, del fatturato relativo alla vendita di «beni d’investimento che il soggetto passivo ha utilizzato nella sua impresa», di cui all’art. 19, n. 2, della sesta direttiva, acquista allora un significato. I proventi della vendita di tali beni devono essere esclusi dal calcolo in quanto detta vendita, in linea di principio, ha carattere eccezionale, o quanto meno non è abituale e, di conseguenza, non richiede che i beni e servizi a uso misto vengano utilizzati in misura proporzionale al fatturato da essa prodotto. L’inclusione di tale fatturato nel calcolo del prorata di detrazione falserebbe quindi il risultato, nel senso che quest’ultimo non rifletterebbe più la rispettiva parte di impiego dei beni e servizi adibiti a un uso misto per le attività imponibili e le attività esenti.

69.      Questa valutazione è corroborata dalla sentenza 11 luglio 1996, Régie dauphinoise (12), in cui la Corte ha esposto le ragioni per le quali l’art. 19, n. 2, della sesta direttiva prevede anche che, ai fini del calcolo del prorata di detrazione, non si tenga conto dell’importo del fatturato relativo alle operazioni accessorie, immobiliari o finanziarie. Secondo la Corte, se tutti i risultati delle operazioni finanziarie del soggetto passivo aventi un nesso con un’attività imponibile dovessero essere inclusi nel denominatore della frazione usata per il calcolo del prorata, anche qualora il conseguimento di tali risultati non implichi l’impiego di beni o di servizi soggetti all’IVA o, almeno, ne implichi solo un impiego limitatissimo, il calcolo della detrazione sarebbe falsato.

70.      L’esclusione del fatturato relativo alla vendita di beni d’investimento, come quella del fatturato prodotto dalle operazioni accessorie, si giustifica quindi per il fatto che tali operazioni non corrispondono all’attività abituale del soggetto passivo.

71.      Tale giustificazione, come sottolineano le ricorrenti nella causa principale, era peraltro chiaramente espressa nella motivazione della proposta di sesta direttiva del Consiglio, presentata dalla Commissione il 29 giugno 1973 (13).

72.      Pertanto, la nozione di «beni d’investimento», di cui all’art. 19 della sesta direttiva, non deve includere beni il cui acquisto e la cui successiva vendita siano parte integrante dell’attività abituale del contribuente soggetta all’IVA. Infatti, l’acquisto e la cessione, quando fanno parte di tale attività abituale, richiedono l’utilizzo dei beni e servizi acquistati dal soggetto passivo per l’esercizio delle sue attività imponibili. Il fatturato relativo alla cessione di tali beni va quindi preso in considerazione nel calcolo del prorata di detrazione affinché quest’ultimo possa riflettere le attività ordinarie del soggetto passivo e, pertanto, la parte di impiego per le attività imponibili dei beni e servizi a uso misto. In mancanza, tale parte di impiego non consentirebbe al soggetto passivo di ottenere il rimborso dell’IVA che ha il diritto di pretendere e non si conseguirebbe l’obiettivo della neutralità del sistema comunitario dell’IVA.

73.      Nella causa principale, risulta dalle indicazioni fornite dal giudice del rinvio che l’acquisto e la vendita dei veicoli dati in locazione erano organizzati in modo professionale e sistematico e che i proventi attesi dalla vendita venivano presi in considerazione nella determinazione dell’importo del canone di leasing. Ne consegue che la vendita di tali veicoli non presentava il carattere di un’attività accessoria, bensì costituiva un’attività abituale e regolare. Il numero di veicoli venduti dall’Erhvervsfinans nel 1998, come rileva la Commissione, conferma questa valutazione.

74.      Non si può quindi contestare che le spese generali sostenute da tale impresa per i locali professionali, gli arredi d’ufficio, le attrezzature informatiche, il telefono, la revisione contabile ecc., siano servite anche per realizzare tali vendite. Appare quindi giustificato che il fatturato relativo a queste ultime venga preso in considerazione nel calcolo del prorata di detrazione affinché il soggetto passivo sia effettivamente tenuto esente dalla parte di IVA applicata alle spese generali necessarie per l’esercizio di tale attività imponibile.

75.      Propendo pertanto per risolvere la questione esaminata nel senso che l’espressione «beni d’investimento che il soggetto passivo ha utilizzato nella sua impresa», di cui all’art. 19, n. 2, della sesta direttiva, deve essere interpretata nel senso che essa non include i beni che un’impresa di leasing acquista, da un lato, per darli in locazione, e, dall’altro, per rivenderli alla scadenza del contratto di leasing, essendo la vendita di tali beni alla scadenza del periodo di locazione parte integrante delle attività economiche abituali di detta impresa.

IV – Conclusione

76.      In base alle considerazioni che precedono, propongo di risolvere come segue la questione pregiudiziale posta dall’ Højesteret:

«L’espressione “beni d’investimento che il soggetto passivo ha utilizzato nella sua impresa” di cui all’art. 19, n. 2, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, dev’essere interpretata nel senso che essa non include i beni che un’impresa di leasing acquista, da un lato, per darli in locazione, e, dall’altro, per rivenderli alla scadenza del contratto di leasing, essendo la vendita di tali beni alla scadenza del periodo di locazione parte integrante delle attività economiche abituali di detta impresa».


1 – Lingua originale: il francese.


2 – Direttiva 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»).


3 – In prosieguo: l’«Erhvervsfinans».


4 – Causa 51/76 (Racc. pag. 113).


5 – Direttiva 11 aprile 1967, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra d’affari – Struttura e modalità d'applicazione del sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 1967, 71, pag. 1303; in prosieguo: la «seconda direttiva»). Ai sensi dell’art. 17 di tale direttiva, gli Stati membri avevano facoltà di escludere, per un periodo transitorio, in tutto o in parte, i beni d’investimento dal regime di detrazione.


6 – Sentenza 30 marzo 2006, causa C-184/04, Uudenkaupungin Kaupunki (Racc. pag. I-3039, punto 25).


7 – V. anche, in tal senso, sentenza 15 dicembre 2005, causa C-63/04, Centralan Property (Racc. pag. I-11087, punto 55).


8 – Punto 12.


9 – Punto 17.


10 – V., in particolare, sentenza 15 luglio 2004, causa C-321/02, Harbs (Racc. pag. I-7101, punto 28 e giurisprudenza ivi citata). V., per un’applicazione recente, sentenza 25 ottobre 2007, causa C-174/06, CO.GE.P (Racc. pag. I-9359, punto 30).


11 – Sentenza 22 giugno 1993, causa C-333/91, Sofitam (Racc. pag. I-3513, punto 10).


12 – Causa C-306/94 (Racc. pag. I-3695, punto 21).


13 – Proposta di sesta direttiva del Consiglio in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (Bollettino delle Comunità europee, supplemento 11/73). Secondo tale proposta, l’art. 19, n. 2, si giustificava così:


«Gli elementi esaminati nel presente paragrafo debbono essere esclusi dal calcolo del prorata, onde evitare che possano falsarne il significato reale nella misura in cui essi non riflettano l’attività professionale del soggetto passivo. È il caso delle vendite di beni di investimento e delle operazioni immobiliari o finanziarie effettuate solo a titolo accessorio, cioè di importanza soltanto secondaria o accidentale rispetto alla cifra d’affari globale dell’impresa. Tali operazioni sono d’altronde escluse solo se non rientrano nell’attività professionale abituale del soggetto passivo» (pag. 20).