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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ELEANOR SHARPSTON

presentate il 20 novembre 2008 1(1)

Causa C-302/07

J D Wetherspoon PLC

contro

The Commissioners for Her Majesty’s Revenue & Customs

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal VAT and Duties Tribunal, Londra)

«Arrotondamento di importi IVA»





1.        Qualunque sia l’aliquota IVA applicata alle transazioni, ci saranno casi in cui l’importo dovuto comprende una frazione dell’unità valutaria minima usata per il pagamento. In tali casi, occorrerà procedere ad un arrotondamento, e ciò può richiedere una regolamentazione.

2.        Nella causa Koninklijke Ahold (2), in risposta a due questioni sollevate dallo Hoge Raad olandese (Corte Suprema), la Corte ha in sostanza dichiarato che, a condizione che siano rispettati i principi di neutralità fiscale e di proporzionalità, spetta agli Stati membri disciplinare tale arrotondamento e che il diritto comunitario non impone di autorizzare i soggetti passivi ad arrotondare per difetto l’importo relativo a ciascun articolo fornito.

3.        Con la presente domanda di pronuncia pregiudiziale, il VAT and Duties Tribunal di Londra solleva due questioni simili a quelle cui è stata data recentemente risposta nella causa Koninklijke Ahold, insieme a due ulteriori questioni più specifiche. In queste ultime, chiede innanzitutto se il diritto comunitario imponga l’arrotondamento ad un particolare livello (vale a dire per ogni articolo fornito, per ogni operazione o a qualche altro livello). In secondo luogo, cerca un chiarimento sull’effetto dei principi di parità di trattamento e di neutralità fiscale, con riferimento ad una concessione nazionale che autorizza solo determinati operatori commerciali ad arrotondare per difetto gli importi dell’IVA.

 Normativa comunitaria applicabile

4.        Il periodo rilevante ai fini del procedimento principale va dal 2004 al 2006. Di conseguenza, il diritto comunitario applicabile deve rintracciarsi nella prima e nella sesta direttiva IVA (3). Ho citato le disposizioni rilevanti nei paragrafi 3-12 delle mie conclusioni nella causa Koninklijke Ahold, alla quale rinvio. Tuttavia, è utile ricordarle.

5.        A norma del primo e del secondo paragrafo dell’art. 2 della prima direttiva IVA, il principio del sistema di imposta sul valore aggiunto consiste nell’applicare ai beni ed ai servizi un’imposta generale sul consumo esattamente proporzionale al loro prezzo, qualunque sia il numero di transazioni intervenute nel processo di produzione e distribuzione. L’imposta sul valore aggiunto all’aliquota applicabile è esigibile su ogni transazione previa deduzione dell’ammontare dell’imposta sul valore aggiunto che ha gravato direttamente sul costo dei diversi elementi costitutivi del prezzo.

6.        L’art. 2, n. 1, della sesta direttiva IVA stabilisce che sono soggette all’IVA le cessioni di beni effettuate a titolo oneroso da un soggetto passivo che agisce in quanto tale.

7.        A norma dell’art. 10, nn. 1 e 2, per fatto generatore di imposta s’intende il fatto per il quale si realizzano le condizioni di legge necessarie per l’esigibilità dell’imposta, ovvero quando l’Erario è legittimato ad esigere il pagamento dell’imposta presso il debitore, nonostante il fatto che il termine per il pagamento può essere rinviato. In linea di principio ciò avviene all’atto della cessione dei beni o della prestazione dei servizi.

8.        L’art. 11 A sancisce il principio generale secondo cui la base imponibile è costituita essenzialmente dall’intero corrispettivo versato al fornitore per la cessione dei beni da parte dell’acquirente o da qualsiasi altra fonte.

9.        L’art. 12, n. 3, lett. a), stabilisce che l’aliquota normale dell’imposta sul valore aggiunto è fissata da ogni Stato membro in una percentuale della base imponibile, non inferiore al 15%, e che gli Stati membri possono anche applicare una o due aliquote ridotte.

10.      L’art. 17, nn. 1 e 2, conferisce ai soggetti passivi il diritto di detrarre dall’imposta a valle che devono dichiarare l’importo dell’IVA assolta a monte per cessioni di beni utilizzate ai fini delle loro successive operazioni soggette ad imposta. A norma dell’art. 18, n. 1, lett. a), per esercitare il diritto a deduzione il soggetto passivo deve essere in possesso di una fattura redatta in conformità all’art. 22, n. 3.

11.      L’art. 22, n. 3, lett. a), impone ai soggetti passivi di assicurare che sia emessa una fattura per ogni cessione di beni soggetta ad imposta effettuata nei confronti di un altro soggetto passivo o di una persona giuridica che non è un soggetto passivo (implicitamente, non sussiste un tale requisito per le cessioni di beni effettuate ai consumatori finali che sono persone fisiche), e l’art. 22, n. 3, lett. b), dispone che la fattura deve indicare, tra le altre informazioni, l’importo imponibile, l’aliquota IVA applicata, l’importo dell’IVA da versare, nonché il nome completo e l’indirizzo del cliente. Tuttavia, l’art. 22, n. 9, lett. d), autorizza gli Stati membri a prevedere che determinate fatture, in particolare quelle per gli importi minori, non debbano contenere tutte le informazioni generalmente richieste; nondimeno esse devono sempre indicare «l’imposta dovuta o i dati che permettono di calcolarla».

12.      L’art. 22, n. 5, impone a ciascun soggetto passivo di pagare l’importo netto dell’IVA (vale a dire, l’imposta a valle meno l’imposta pagata a monte) al momento della presentazione della dichiarazione periodica per ciascun periodo fiscale.

13.      Si deve menzionare anche la direttiva 98/6/CE (4), il cui scopo è di prevedere l’indicazione del prezzo di vendita e del prezzo per unità di misura dei prodotti offerti dai commercianti ai consumatori al fine di migliorare l’informazione dei consumatori e di agevolare il raffronto dei prezzi (art. 1). L’art. 2 definisce (a) «prezzo di vendita» il prezzo finale valido per un’unità o per una determinata quantità del prodotto, comprensivo dell’IVA e di ogni altra imposta, e (e) «consumatore» qualsiasi persona fisica che acquista un prodotto destinandolo a scopi che non rientrano nella sfera della sua attività commerciale o professionale. L’art. 3, n. 1, impone che il prezzo di vendita sia indicato per tutti i prodotti offerti dai commercianti ai consumatori.

 Normativa applicabile del Regno Unito

14.      A norma dei Value Added Tax Regulations (regolamenti del 1995 relativi all’imposta sul valore aggiunto; in prosieguo: i «Regolamenti IVA»), solo se il cliente è un altro soggetto passivo (5) gli operatori economici titolari di partita IVA devono emettere fattura IVA per cessioni di beni imponibili. Nondimeno, tutti gli operatori commerciali titolari di partita IVA, se lo vogliono, possono emettere una fattura IVA nei confronti di tutti i loro clienti. Una fattura IVA completa deve contenere una serie di dati, inclusi il nome completo e l’indirizzo del cliente (6). Una «fattura IVA meno dettagliata» può essere emessa per importi comprensivi di IVA non superiori a GBP 100; tali fatture non devono necessariamente indicare tutti i dati dei clienti, ma devono mostrare, per ciascuna aliquota applicabile, «l’importo lordo comprensivo di IVA da versare e l’aliquota IVA applicabile (7)».

15.      I Commissioners for Her Majesty’s Revenue & Customs (in prosieguo: l’«HMRC») hanno pubblicato una Guida IVA (nota 700) per i soggetti passivi. I paragrafi 17.5 e 17.6 riguardano l’arrotondamento e dispongono quanto segue:

«17.5 Calcolo dell’IVA sulle fatture – arrotondamento degli importi

N.B.: L’autorizzazione, prevista dal presente paragrafo, ad arrotondare per difetto gli importi dell’IVA è destinata agli operatori commerciali che emettono fattura e si applica solo nel caso in cui l’IVA addebitata ai clienti corrisponda a quella versata all’Ufficio IVA (Customs and Excise). Di regola l’autorizzazione all’arrotondamento per difetto non è applicabile ai rivenditori al dettaglio, per i quali si veda il paragrafo 17.6.

Si può arrotondare per difetto al penny intero l’IVA totale dovuta su tutti i prodotti e servizi indicati in una fattura. Si possono tralasciare le frazioni di penny.

17.5.1 Calcolo in base a serie di prodotti o servizi

Se si intende calcolare l’IVA separatamente per una determinata serie di prodotti o servizi, indicati insieme ad altri prodotti o servizi nella stessa fattura, gli importi dell’IVA devono essere calcolati separatamente e arrotondati:

–        per difetto allo 0,1 p più vicino – ad esempio, 86,76 p verrebbe arrotondato a 86,7 p; o

–        al penny o allo 0,5 p più vicino – ad esempio, 86,76 p verrebbe arrotondato per eccesso a 87 p.

Qualunque sia il criterio scelto, esso deve essere coerente.

L’importo totale finale dell’IVA dovuta può essere arrotondato per difetto al penny intero più vicino.

17.6 Calcolo dell’IVA da parte dei rivenditori al dettaglio

La maggior parte dei rivenditori al dettaglio dichiara l’IVA seguendo un regime per la vendita al dettaglio. Se si dichiara l’IVA conformemente a tale regime, il presente paragrafo non è pertinente.

I rivenditori al dettaglio fanno sempre più ricorso a una tecnologia sofisticata per registratori di cassa al fine di calcolare l’IVA dovuta su ciascuna transazione ed emettere fattura. Se non si utilizza un regime per la vendita al dettaglio, ma l’IVA viene invece calcolata a livello di serie [(8)] o di fattura, non si deve arrotondare l’IVA per difetto. Tuttavia si può procedere all’arrotondamento (per eccesso e per difetto) per ogni calcolo dell’IVA».

16.      Tale nota non definisce gli «operatori commerciali che emettono fattura». Tuttavia la sezione 12 del Manuale VI-24A dell’HMRC, «Registrazioni degli operatori commerciali» («Trader’s records») (che contiene le linee guida per il personale dell’HMRC ma è consultabile gratuitamente dal pubblico), fornisce indicazioni su quanto si è inteso mediante la distinzione tra operatori commerciali che emettono fattura e rivenditori al dettaglio.

17.      La sezione 12.1 del suddetto manuale stabilisce che, nell’interpretare il paragrafo 17.5 della nota 700, «è importante osservare che è nel contesto delle norme relative agli operatori commerciali che emettono fattura che l’arrotondamento è neutro sotto il profilo fiscale. Ciò in quanto esso avrà normalmente un impatto sia sull’imposta a valle del fornitore sia sull’imposta pagata a monte dal cliente. Questo significa che, quando un operatore commerciale che emette fattura calcola l’IVA sul valore netto, l’importo addebitato e che deve essere versato dal cliente può essere arrotondato per difetto».

18.      La Sezione 12.2 del manuale stabilisce, tra l’altro, quanto segue:

«Sofisticati pacchetti per la contabilità consentono ai rivenditori al dettaglio di identificare l’IVA a livello di serie e/o di emettere fatture per l’IVA (…).

Come regola generale, l’autorizzazione ad arrotondare per difetto non è adatta per i rivenditori al dettaglio. Ciò in quanto l’effetto di arrotondare per difetto l’IVA addebitata al consumatore finale non è di ridurre l’IVA da versare (pari alla frazione di IVA moltiplicata per il corrispettivo), ma solo di ridurre l’imposta dovuta all’HMRC.

La maggior parte dei rivenditori al dettaglio continua a conteggiare l’IVA utilizzando un regime per la vendita al dettaglio. Il problema dell’arrotondamento si presenta solo per i rivenditori al dettaglio i cui sistemi di contabilità consentono loro di identificare l’aliquota a livello di linea e di emettere fatture (…).

(…)

Se un rivenditore al dettaglio stabilisce realmente i prezzi su una base non comprensiva di IVA – così che l’IVA addebitata al cliente e l’IVA dovuta all’HMRC coincidono – l’autorizzazione all’arrotondamento esistente può risultare appropriata. Nel considerare tale sistema, bisognerebbe esaminare in quale modo i prezzi siano effettivamente stabiliti. Se un rivenditore al dettaglio fissa realmente un prezzo di vendita comprensivo dell’aliquota a partire da un valore netto espresso in penny interi, allora l’autorizzazione esistente può risultare appropriata (…)».

19.       Secondo la domanda di pronuncia pregiudiziale, la maggior parte dei grandi rivenditori al dettaglio del Regno Unito stipulano un accordo individuale con l’HMRC per definire le modalità di calcolo dell’IVA («un regime per la rivendita al dettaglio» di cui alla Guida IVA e al Manuale V1-24A). In tali accordi, l’HMRC è disposta ad autorizzare arrotondamenti aritmetici (per eccesso o per difetto al penny più vicino) sia a livello di serie che di paniere. Tuttavia, la sezione 12.3 del Manuale V1-24A stabilisce che «se l’operatore commerciale propone un metodo di arrotondamento alternativo, esso va preso in considerazione e deve essere ammesso qualora produca un risultato accettabile e ragionevole».

 Fatti, procedimento e domande pregiudiziali

20.      La J D Wetherspoon PLC (nel prosieguo: la «J D Wetherspoon») gestisce oltre 670 pub in tutto il Regno Unito. La maggior parte delle sue vendite consiste in vendite al dettaglio di prodotti alimentari e bevande a consumatori finali.

21.      Essa presenta ai clienti un prezzo di vendita dei suoi prodotti al dettaglio comprensivo di IVA. Non rilascia ai clienti fatture IVA complete, ma consegna ricevute che costituiscono fatture IVA meno dettagliate per prodotti alimentari e bevande calde, nonché per altre bevande su richiesta del cliente.

22.      Fino al 2004, la J D Wetherspoon ha calcolato l’IVA individuando l’IVA esigibile su ciascuna operazione di vendita e calcolando l’IVA dovuta a livello di paniere. Calcolava l’IVA dovuta per ogni operazione di vendita soggetta all’aliquota normale in 7/47 (9) dell’importo totale dovuto e arrotondava per eccesso o per difetto, aritmeticamente, al penny più vicino. Tali importi di IVA venivano sommati per ciascun pub alla fine della giornata e diventavano l’IVA dovuta all’HMRC da indicare sulle dichiarazioni IVA periodiche.

23.      Da allora, la J D Wetherspoon ha calcolato e arrotondato l’IVA per difetto fino al decimo di penny più vicino a livello di serie per ciascun prodotto identificato separatamente. Successivamente, aggrega tali importi di IVA e arrotonda il totale per difetto al penny più vicino a livello di paniere.

24.      L’HMRC ha negato alla J D Wetherspoon di poter arrotondare per difetto l’IVA esigibile su ciascuna operazione. La J D Wetherspoon ha presentato un atto di impugnazione contro tale diniego e contro due avvisi di accertamento emessi in base ad esso.

25.      Il VAT and Duties Tribunal, nell’esaminare l’impugnazione, osserva che né la legislazione comunitaria né quella nazionale precisano quale metodo di arrotondamento si debba adottare quando l’applicazione dell’aliquota normale dia luogo ad un importo di IVA comprendente una frazione dell’unità valutaria minima. Le opzioni sono l’arrotondamento per difetto in ciascun caso o l’arrotondamento aritmetico. Né una qualche disposizione legislativa specifica in quale fase debba avere luogo l’arrotondamento. Qualora lo stesso cliente acquistasse più unità di prodotti contemporaneamente, l’arrotondamento potrebbe avvenire:

(a)      a «livello di unità di prodotto», per ciascuna unità di ciascun prodotto in ogni transazione;

(b)      a «livello di linea per ogni prodotto», nel caso di acquisto di più di un’unità di quel prodotto nella stessa transazione;

(c)      a «livello di fornitura», per ogni fornitura, quando una singola transazione comprende un numero di forniture separate ai fini dell’IVA;

(d)      a «livello di paniere», per la transazione complessiva conclusa con ciascun cliente;

(e)      al livello del «periodo di dichiarazione IVA», sommando insieme tutti gli importi IVA percepiti per i prodotti soggetti all’aliquota normale venduti in tale periodo, e successivamente arrotondando il totale, o

(f)      ad un livello diverso, come ad esempio a livello dell’incasso lordo giornaliero di ciascun punto vendita o di tutti i punti vendita dell’operatore commerciale.

26.      Il VAT and Duties Tribunal chiede quindi una pronuncia pregiudiziale sulle seguenti questioni:

1)      «Se l’arrotondamento degli importi dell’IVA sia disciplinato unicamente dal diritto nazionale oppure dal diritto comunitario. In particolare, se l’art. 2, nn. 1 e 2, della prima direttiva e gli artt. 11, parte A, n. 1, lett. a), e/o l’art. 12, n. 3, lett. a), e/o l’art. 22, n. 3, lett. b) (nella versione in vigore dal 1° gennaio 2004), della sesta direttiva confermino che l’arrotondamento è disciplinato dal diritto comunitario.

2)      In particolare:

a)      se il diritto comunitario osti all’applicazione di una norma nazionale o di una prassi di un’amministrazione tributaria nazionale che imponga l’arrotondamento per eccesso di un determinato importo di IVA nel caso in cui la frazione della unità valutaria minima interessata sia pari o superiore a 0,50 (ad esempio, 0,5 pence devono essere arrotondati per eccesso al penny intero più vicino);

b)      se il diritto comunitario imponga che ai soggetti passivi sia consentito arrotondare per difetto un importo di IVA comprensivo di una frazione dell’unità valutaria minima disponibile.

3)       Nel caso di una vendita IVA compresa, a quale livello, secondo il diritto comunitario, occorra procedere ad arrotondamento ai fini del calcolo dell’IVA dovuta: a livello di singola unità di prodotto, di singola serie di prodotti, di singola fornitura (nel caso in cui lo stesso paniere comprenda più forniture), di singola operazione complessiva o di singolo paniere complessivo, oppure di singolo periodo di dichiarazione IVA ovvero a un livello diverso.

4)      Se sulla soluzione di qualcuna delle questioni che precedono incidano i principi di diritto comunitario di parità di trattamento e di neutralità fiscale, tenuto conto in particolare dell’esistenza nel Regno Unito, solo nei confronti di taluni operatori commerciali, di un’autorizzazione, da parte dell’amministrazione tributaria competente, ad arrotondare per difetto gli importi di IVA da accreditare».

27.      Hanno presentato osservazioni scritte la J D Wetherspoon, i governi greco, olandese e del Regno Unito, nonché la Commissione. La J D Wetherspoon, il Regno Unito e la Commissione hanno esposto le rispettive tesi in udienza.

 Valutazione

 Sulla prima questione

28.      Alla prima questione – se l’arrotondamento degli importi di IVA sia disciplinato dal diritto nazionale o comunitario – ha dato fondamentalmente risposta la Corte nella causa Koninklijke Ahold.

29.      Ai punti 24-33 di detta sentenza, la Corte ha rilevato che le direttive IVA non contengono alcuna norma espressa riguardante l’arrotondamento degli importi dell’IVA; che gli artt. 11 A, n. 1, lett. a), e 22, n. 3, lett. b), della sesta direttiva, in particolare, non prevedono alcuna norma espressa o metodo di arrotondamento specifico; che, di conseguenza, in assenza di una normativa comunitaria, spetta ai sistemi giuridici degli Stati membri di determinare tali norme o metodi. Tuttavia, essa ha anche precisato che, quando gli Stati membri stabiliscono o ammettono un particolare metodo di arrotondamento, essi sono tenuti a rispettare i principi che presiedono al sistema comune dell’IVA, quali il principio di neutralità fiscale e il principio di proporzionalità (10).

30.      Nel caso di specie, oltre agli artt. 11 A, n. 1, lett. a), e 22, n. 3, lett. b), della sesta direttiva, il giudice del rinvio menziona i primi due paragrafi dell’art. 2 della prima direttiva, che dettano i principi del sistema dell’IVA, in particolare quello di un’imposta esattamente proporzionale al prezzo, e l’art. 12, n. 3, lett. a), della sesta direttiva, che richiede che l’aliquota IVA sia fissata quale percentuale dell’importo imponibile. È chiaro che nessuna delle suddette disposizioni fissa una regola o un metodo specifici per l’arrotondamento degli importi IVA, ma entrambe esprimono il principio di proporzionalità che gli Stati membri sono tenuti a rispettare, come dichiarato dalla Corte nella causa Koninklijke Ahold.

 Sulla seconda questione

31.      Il VAT and Duties Tribunal chiede essenzialmente se, quando l’importo dell’IVA comprende una frazione dell’unità valutaria minima interessata, il diritto comunitario (i) osti all’applicazione di una norma o prassi che imponga ai soggetti passivi di applicare l’arrotondamento aritmetico per eccesso o per difetto, o (ii) imponga che sia loro consentito di arrotondare sistematicamente per difetto.

32.      Nei punti 34-43 della sentenza resa nella causa Koninklijke Ahold, la Corte è giunta alla conclusione che il diritto comunitario, in particolare le disposizioni della prima e della sesta direttiva e i principi di neutralità fiscale e di proporzionalità, non contengono alcun obbligo specifico in base al quale gli Stati membri sono tenuti ad autorizzare i soggetti passivi ad arrotondare per difetto gli importi dell’IVA per articolo.

33.      In particolare, la Corte ha rilevato che la neutralità fiscale non impone alcun particolare metodo di arrotondamento, purché l’importo riscosso dall’amministrazione fiscale a titolo di IVA corrisponda precisamente all’importo dichiarato nella fattura e versato dal consumatore al soggetto passivo (11), e che, sebbene il principio di proporzionalità imponga che qualsiasi importo arrotondato corrisponda il più possibile all’importo determinato in base all’aliquota applicabile, ciò deve essere in armonia con la necessità pratica di un’efficace operatività di un sistema basato sulle dichiarazioni dei soggetti passivi (12). Era chiaro che più di un metodo – ed in particolare l’arrotondamento aritmetico – avrebbe potuto soddisfare tali requisiti (13).

34.      L’affermazione che agli Stati membri non è fatto obbligo di autorizzare i soggetti passivi ad arrotondare per difetto l’importo dell’IVA per unità di prodotto risponde in gran parte al punto (ii) della seconda questione sollevata dal giudice nazionale nel caso di specie, e una risposta al punto (i) della medesima questione si può far derivare dall’osservazione che il metodo aritmetico è coerente con i requisiti del diritto comunitario. È vero che la seconda questione nella causa Koninklijke Ahold riguardava solo l’arrotondamento a livello di unità di prodotto, mentre nel caso di specie l’arrotondamento non è limitato a tale livello. Tuttavia, la motivazione della Corte non precisa in alcun modo il livello al quale l’arrotondamento deve applicarsi.

 Sulla terza questione

35.      Il livello di arrotondamento imposto – qualora vi sia – è il punto controverso della terza questione pregiudiziale sollevata nel caso di specie.

36.      La questione viene sollevata con specifico riferimento alle vendite a prezzi comprensivi dell’IVA. Tali prezzi sono fissati dal commerciante a un prezzo di vendita (che, per poter essere pagato, non può comprendere una frazione dell’unità valutaria minima disponibile), di cui una parte (nel Regno Unito, i 40/47) costituisce il prezzo al netto dell’IVA e una parte (nel Regno Unito, i 7/47) costituisce l’importo dell’IVA. In molti casi (nel Regno Unito, ogniqualvolta il prezzo non è un multiplo di GBP 0,47), tali parti comprenderanno una frazione dell’unità valutaria minima disponibile. Nel caso di commercianti che applicano tali prezzi, il diritto comunitario richiede che l’arrotondamento abbia luogo ad un particolare livello?

37.      Come ho messo in risalto nelle mie conclusioni nella causa Koninklijke Ahold (14), l’arrotondamento produrrà sempre una piccola distorsione e, tanto più è basso il livello al quale esso ha luogo (considerando l’arrotondamento per unità di prodotto come il livello più basso e l’arrotondamento per dichiarazione IVA come il più alto), tanto maggiore è la possibilità che la distorsione aggregata sia significativa. Ho anche sottolineato (15) che un arrotondamento sistematico per eccesso o per difetto produce una distorsione maggiore, mentre un arrotondamento aritmetico tenderà a ridurla (gli arrotondamenti per eccesso annulleranno gli arrotondamenti per difetto) e che altri accorgimenti possono mitigare la distorsione perfino ulteriormente.

38.      Il genere di distorsione implicata è una discrepanza tra l’esatta percentuale del prezzo al dettaglio che costituisce l’IVA e l’importo dell’IVA che l’operatore commerciale dichiara e consegna all’amministrazione tributaria. Tali discrepanze contrastano, per definizione, con il requisito dell’esatta proporzionalità. Esse comportano, nel caso dell’arrotondamento per eccesso, il versamento da parte dell’operatore commerciale all’amministrazione tributaria di una frazione del suo profitto in aggiunta all’importo strettamente dovuto o, nel caso dell’arrotondamento per difetto, il trattenere da parte dell’operatore commerciale una frazione dell’IVA che sarebbe strettamente dovuta – contravvenendo, perciò, anche al principio secondo il quale l’IVA deve essere neutrale nei confronti dei soggetti passivi.

39.      È chiaro che nessuna disposizione della sesta direttiva o di altra direttiva IVA stabilisce requisiti specifici riguardo al livello al quale l’arrotondamento deve avere luogo. Tuttavia, i principi di neutralità fiscale e di proporzionalità (come tali principi devono essere interpretati nel contesto dell’IVA) richiedono che la distorsione sia mantenuta al minimo. Ciò può essere ottenuto, da una parte, utilizzando un metodo di arrotondamento che non comporti sistematicamente una distorsione in una sola direzione, ma consenta alle distorsioni di annullarsi reciprocamente. Dall’altra parte, nello specifico contesto della terza questione sollevata dal giudice del rinvio, lo stesso può essere ottenuto applicando l’arrotondamento al livello che implica il pericolo minore di distorsione cumulativa in quanto comporta il minor numero di singole operazioni di arrotondamento.

40.      Il livello più elevato possibile è quello della dichiarazione IVA periodica (16). Finché gli operatori commerciali vendono a consumatori finali e non c’è l’obbligo di emettere una fattura che indichi uno specifico ammontare di IVA, suddetto livello di arrotondamento sembrerebbe non porre alcun problema pratico. Come ho suggerito nella causa Koninlijke Ahold (17), uno scontrino di cassa del tipo comunemente emesso in tali circostanze non deve indicare l’esatto importo dell’IVA contenuto nel prezzo finale, ma può semplicemente indicare l’aliquota applicabile e, anche quando vi sia un importo arrotondato, non occorre che sia vincolante come tra l’operatore commerciale e l’amministrazione tributaria. In virtù dell’art. 18, n. 1, lett. a), della sesta direttiva, un semplice scontrino di cassa che non sia né una fattura IVA completa né una fattura IVA meno dettagliata non può essere utilizzato per esercitare il diritto alla deduzione. Nel caso di una fattura IVA meno dettagliata (che può essere utilizzata per esercitare il diritto alla deduzione), ho evidenziato che né l’art. 22, n. 9, lett. d), della sesta direttiva, né il Regolamento 16, n. 1, dei Regolamenti IVA, impongono che sia dichiarato uno specifico importo di IVA – ma solo «le informazioni necessarie per calcolarlo» o «l’aliquota IVA applicabile» (18).

41.      La situazione cambia quando l’operatore commerciale, vendendo ad un prezzo arrotondato comprensivo di IVA, emette una fattura IVA completa (19)?

42.      Se una tale fattura viene emessa, essa deve indicare l’importo imponibile e l’importo dell’IVA da versare. Ovviamente, i due importi sommati insieme devono portare ad un totale che sia pagabile al fornitore e, pertanto, non comprenda una frazione dell’unità valutaria minima. Tuttavia, non trovo nella sesta direttiva alcun requisito specifico che imponga che ogni importo separato debba essere un multiplo arrotondato di tale unità minima. Né sembra di fatto esserci una ragione imperativa per cui l’arrotondamento non possa essere rinviato fino al momento della dichiarazione IVA periodica. Il fornitore potrebbe aggregare tutti gli importi frazionari prima di procedere all’arrotondamento nella sua dichiarazione periodica – così come potrebbe fare il cliente, qualora fosse un soggetto passivo. E se il cliente non è un soggetto passivo, non c’è alcun obbligo per lui di indicare l’IVA in importi arrotondati – deve solo poter pagare il prezzo comprensivo di IVA in tale forma.

43.      È vero che il diritto nazionale o un regolamento amministrativo potrebbero esigere che tutti gli importi sulle fatture IVA siano espressi in multipli dell’unità di valuta minima (20) o potrebbero autorizzare gli operatori commerciali ad arrotondare tali unità per facilitare la contabilità e l’amministrazione. Quando è richiesto o autorizzato un tale arrotondamento, l’importo indicato «cristallizza» l’effettivo importo dell’IVA versato dal cliente al fornitore e che il fornitore deve indicare all’amministrazione tributaria. In tale caso, il livello di arrotondamento che determina la distorsione minore sarà quello della fattura per la transazione complessiva, che può ovviamente includere una serie di articoli o di forniture separati (questo è il «livello di paniere» al quale fa riferimento il Tribunale nazionale).

44.      Di conseguenza, anche se la legislazione comunitaria in materia di IVA non impone un arrotondamento ad uno specifico livello e quindi concede agli Stati membri un certo grado di discrezionalità, tale discrezionalità deve essere esercitata in armonia con i principi di proporzionalità e neutralità, ai quali meglio risponde l’arrotondamento nell’ultima fase che è coerente con i requisiti pratici del pagamento e della contabilità.

 Sulla quarta questione

45.      Il VAT and Duties Tribunal chiede essenzialmente se il fatto che il Regno Unito consenta agli operatori che devono emettere fattura di arrotondare sistematicamente per difetto abbia una qualche conseguenza sulla prassi che deve seguire nei confronti dei rivenditori al dettaglio (come la J D Wetherspoon), in particolare alla luce dei principi comunitari di non discriminazione e di neutralità fiscale.

46.      Le differenze, da una parte, tra cessioni a soggetti passivi e cessioni a consumatori finali e, dall’altra, tra prezzi non comprensivi e comprensivi di IVA sono rilevanti per valutare il metodo e il livello di arrotondamento appropriato nel commercio al dettaglio. Pertanto, ho esaminato le conseguenze di tali differenze nelle mie conclusioni nella causa Koninklijke Ahold, in particolare ai paragrafi 56-62, ai quali rinvio.

47.      Alla luce delle suddette considerazioni, e di quelle di cui ai paragrafi 37-42 delle stesse conclusioni, sono dell’opinione che non sia incompatibile con i principi di non discriminazione e di neutralità fiscale (a) consentire ai commercianti che fissano prezzi non comprensivi di IVA in cifre arrotondate, ai quali va aggiunta l’IVA, e che forniscono i soggetti passivi aventi un diritto alla deduzione, di arrotondare sistematicamente per difetto l’importo dell’IVA, pur, allo stesso tempo, (b) richiedendo ai commercianti che fissano prezzi comprensivi di IVA in cifre arrotondate, in base ai quali deve essere calcolato l’importo dell’IVA addebitato, e che riforniscono consumatori finali, di arrotondare in ogni caso aritmeticamente l’importo dell’IVA.

48.      Nel caso di cui alla lett. a), in virtù del meccanismo della deduzione, l’arrotondamento (in eccesso, per difetto o aritmetico) non ha effetto sugli oneri fiscali del fornitore o del cliente, né incide sull’importo complessivo dell’imposta alla fine riscossa dall’erario. Nel caso di cui alla lett. b), il sistematico arrotondamento in eccesso o per difetto determinerà che il commerciante sarà debitore di, e l’erario incasserà, rispettivamente, un importo di IVA maggiore o minore dell’esatta percentuale del prezzo che risulterebbe applicando l’aliquota corretta. Tale discrepanza è ridotta considerevolmente dall’arrotondamento aritmetico (in particolare dall’arrotondamento a numeri pari), assicurando quindi una maggiore eguaglianza di trattamento tra i casi di cui alle lett. a) e b), e una maggiore neutralità fiscale nel caso di cui alla lett. b).

49.      La J D Wetherspoon osserva, tuttavia, che consentire il sistematico arrotondamento per difetto ad alcuni operatori commerciali imponendo l’arrotondamento aritmetico ad altri, conduce ad una distorsione della concorrenza tra le due categorie di operatori commerciali – su una base totalmente arbitraria, in quanto la categoria di operatore commerciale che emette fattura e quella di rivenditore al dettaglio non sono definite da nessuna parte. Essa fornisce l’esempio di due operatori commerciali che vendono una latta di vernice a GBP 4,94, comprensivi di IVA. Per l’operatore commerciale tenuto ad emettere fattura, ciò porterà ad un prezzo netto di GBP 4,21, oltre a GBP 0,73675 di IVA, arrotondata per difetto a GBP 0,73. Il rivenditore al dettaglio, invece, dovrà arrotondare l’importo dell’IVA (che, in quanto 7/47 del prezzo comprensivo di IVA, stimo in GBP 0,73574) aritmeticamente a GBP 0,74 e riceverà un prezzo netto di soli GBP 4,20. Ciò, deduce la J D Wetherspoon, contrasta con la giurisprudenza della Corte in quanto forniture simili, in concorrenza tra loro, non devono essere trattate in modo diverso ai fini dell’IVA, indipendentemente dal fatto se la distorsione della concorrenza sia sostanziale (21).

50.      Prima di tutto, a questo proposito spetta unicamente al giudice nazionale determinare se la classificazione degli operatori commerciali come operatori che devono emettere fattura o rivenditori al dettaglio è in qualche modo incerta o arbitraria. Spetta al giudice nazionale determinare anche se, di fatto, alimenti e bevande simili ed in concorrenza con quelli forniti dalla J D Wetherspoon siano forniti anche da operatori commerciali che emettono fattura autorizzati ad arrotondare per difetto l’importo dell’IVA, mentre la J D Wetherspoon non è autorizzata a farlo (22).

51.      Assumendo che l’ultimo punto possa essere effettivamente accertato, sorge la questione se la differenza nel trattamento penalizzi di fatto un tipo di operatore commerciale e non l’altro e se ciò sia determinato dal metodo di arrotondamento o dal metodo di fissazione del prezzo (ovvero, se il prezzo di partenza in cifre tonde sia o no comprensivo di IVA). Di nuovo, la soluzione di dette questioni spetta in primis al giudice nazionale, ma le seguenti considerazioni possono essere d’aiuto.

52.      L’autorizzazione all’arrotondamento che nel Regno Unito si applica agli operatori commerciali tenuti ad emettere fattura e il metodo che la J D Wetherspoon cerca di utilizzare si basano sull’arrotondamento per difetto a livello di paniere fino all’unità valutaria minima, dopo aver proceduto all’arrotondamento per difetto a livello di serie fino ad 1/10 di tale unità. È utile, quindi, confrontare il trattamento non di singoli articoli (per esempio, la singola latta di vernice menzionata dalla J D Wetherspoon), ma di un paniere dello stesso articolo (per esempio, due, cinque, dieci o più lattine di vernice).

53.      Se, nell’esempio della J D Wetherspoon, l’operatore commerciale vende più di una singola latta di vernice, il quadro cambia. Il prezzo di vendita dell’operatore commerciale tenuto ad emettere fattura, essendo basato su un prezzo non comprensivo di IVA più elevato, è superiore a quello del rivenditore al dettaglio non appena, insieme alla prima latta, viene venduta anche la seconda, e il differenziale cresce con il numero di latte. Se si superano le 10 latte vendute insieme, l’importo dell’IVA nel prezzo dell’operatore commerciale tenuto ad emettere fattura è più alto dell’importo nel prezzo del rivenditore al dettaglio e, di nuovo, il differenziale cresce con il numero di latte.

54.      Sarebbe noioso esporre i calcoli per tutti i possibili diversi numeri di latte. Tuttavia, in base alle cifre della J D Wetherspoon, un operatore commerciale tenuto ad emettere fattura, arrotondando sistematicamente per difetto, venderebbe 20 latte di vernice a GBP 98,93, compresa un’IVA di GBP 14,73, mentre un rivenditore al dettaglio, operando l’arrotondamento aritmetico, le venderebbe a GBP 98,80, compresa un’IVA di GBP 14,71 (indubbiamente, in questo esempio le cifre del rivenditore al dettaglio sarebbero le stesse anche se fosse autorizzato ad arrotondare per difetto – come accadrebbe qualora l’arrotondamento aritmetico tendesse verso il basso). Il prezzo al netto dell’IVA per il cliente del settore sarebbe quindi pari a GBP 84,20 nel caso dell’operatore commerciale tenuto ad emettere fattura e pari a GBP 84,09 nel caso del rivenditore al dettaglio.

55.      Di conseguenza, il prezzo comprensivo di IVA del rivenditore al dettaglio potrebbe risultare più attraente per i consumatori finali, mentre il prezzo al netto dell’IVA potrebbe essere più attraente per i soggetti passivi in quanto ciascun prezzo è inferiore a quello corrispondente nella struttura di prezzo dell’operatore commerciale tenuto ad emettere fattura. Tuttavia, all’interno del normale ambito di spesa del consumatore, le differenze sono sufficientemente lievi da rendere forse improbabile che influenzino di per sé stesse la scelta – considerazioni quali la vicinanza o la disponibilità della consegna gratuita possono avere un peso uguale o maggiore. I rivenditori al dettaglio possono quindi avere la possibilità di aggiustare i loro prezzi in modo da compensare qualsiasi (ugualmente lieve) svantaggio in termini di entrata netta senza mettersi in una posizione di totale svantaggio concorrenziale.

56.      Sembra quindi che gli effetti delle differenze nel trattamento tra operatori commerciali tenuti ad emettere fattura e rivenditori al dettaglio nel Regno Unito (a) non sono necessariamente tali da operare sistematicamente a svantaggio dei rivenditori al dettaglio e (b) possono derivare più dalla differenza tra il ricorso, quale base di calcolo, a prezzi al netto dell’IVA e comprensivi di IVA, ciascuno in cifre arrotondate, che dal metodo di arrotondamento applicato.

57.      A tale ultimo riguardo, deve ricordarsi che la direttiva n. 98/6/CE impone di indicare un prezzo di vendita comprensivo di IVA – che è l’unico prezzo che conti per il consumatore finale – per ogni prodotto offerto dagli operatori commerciali a persone fisiche che li acquistano per scopi che non ricadono nella sfera della loro attività commerciale o professionale, mentre, nei rapporti commerciali tra soggetti passivi autorizzati a dedurre l’imposta a monte, il solo prezzo che conti è quello al netto dell’IVA. Pertanto il fatto che differenti categorie di operatori commerciali stabiliscano i loro prezzi in base a metodi diversi non costituisce o non comporta una manifesta violazione del principio di neutralità fiscale o di non discriminazione.

58.      A condizione che i differenti metodi di arrotondamento siano effettivamente applicati in base ad una distinzione tra i modi in cui gli operatori commerciali fissano i loro prezzi, mi sembra che l’autorizzazione da parte dell’HMRC agli operatori commerciali tenuti ad emettere fattura ad arrotondare per difetto non abbia conseguenze sostanziali sulle modalità dell’arrotondamento per i rivenditori al dettaglio come la J D Wetherspoon.

59.      A tale riguardo, è irrilevante che la J D Wetherspoon, fissando prezzi comprensivi di IVA, dovrebbe dichiarare un’IVA significativamente inferiore con un arrotondamento sistematico per difetto piuttosto che con un arrotondamento sistematico aritmetico. Il confronto rilevante è tra operatori commerciali tenuti ad emettere fattura e rivenditori al dettaglio, non tra differenti metodi di arrotondamento applicati dai rivenditori al dettaglio. Tuttavia, sarebbe chiaramente in contrasto con il principio di non discriminazione se, in un gruppo di operatori economici che effettuano cessioni simili e in concorrenza tra loro basate su prezzi arrotondati comprensivi di IVA, alcuni fossero autorizzati ad arrotondare sistematicamente per difetto l’importo dell’IVA ed altri no. In tale caso, gli operatori commerciali autorizzati ad arrotondare per difetto tratterrebbero una frazione dell’esatto importo di IVA dovuto, il che sarebbe contrario al principio di neutralità fiscale.

 Conclusione

60.      Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali sollevate dal VAT and Duties Tribunal di Londra nei seguenti termini:

1)      In mancanza di una specifica normativa comunitaria, spetta agli Stati membri stabilire le regole e i metodi di arrotondamento degli importi dell’IVA, a condizione che nel fare ciò essi rispettino i principi che presiedono al sistema comune dell’IVA, in particolare quelli di neutralità fiscale e di proporzionalità.

2)      Il diritto comunitario non vieta agli Stati membri di imporre ai soggetti passivi di arrotondare aritmeticamente l’importo dell’IVA in tutti i casi, né impone loro di autorizzare tali soggetti ad arrotondare l’importo per difetto in tutti i casi.

3)      Quando le vendite sono fatte a prezzi unitari comprensivi di IVA in cifre arrotondate e l’importo dell’IVA comprende una frazione dell’unità valutaria minima disponibile, il diritto comunitario non impone che tale importo debba essere arrotondato ad un’unità intera prima della fase nella quale deve essere espresso come cifra che non comprende tale frazione, in particolare per poter essere suscettibile di pagamento come somma indipendente.

4)      Se gli operatori economici che effettuano cessioni basate su unità di prezzo in cifre arrotondate al netto dell’IVA, alle quali va aggiunta l’IVA, sono autorizzati ad arrotondare l’importo dell’IVA per difetto su ciascuna fattura, i principi di non discriminazione e di neutralità fiscale non impediscono di richiedere agli operatori economici che effettuano cessioni basate su unità di prezzo in cifre arrotondate comprensive di IVA, in base alle quali deve essere calcolata la componente di IVA, di arrotondare l’importo dell’IVA aritmeticamente.


1 Lingua originale: l’inglese.


2 – Sentenza 10 luglio 2008, causa C-484/06 (Racc. pag. I-5097).


3– Prima direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, 67/227/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari; sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1, emendata in varie occasioni). Con effetto dal 1° gennaio 2007, entrambe le direttive sono state abrogate e sostituite dalla direttiva del Consiglio 28 novembre 2006, 2006/112/CE, relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto (GU L 347, pag. 1), il cui scopo è di presentare tutte le disposizioni comunitarie applicabili in materia di IVA in modo chiaro e razionale in una struttura e in una terminologia nuove, in linea di principio senza apportare modifiche sostanziali alla normativa vigente.


4– Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 16 febbraio 1998, 98/6/CE, relativa alla protezione dei consumatori in materia di indicazione dei prezzi dei prodotti offerti ai consumatori (GU L 80, pag. 27).


5 – E, qualora il fornitore sia un rivenditore al dettaglio, solo se il cliente richiede una fattura.


6 – Questi dati, fissati nel Regolamento 14, n. 1, sono essenzialmente gli stessi richiesti dall’art. 22, n. 3, lett. b), della sesta direttiva.


7 – Regolamento 16, n. 1.


8 –      Per una spiegazione dei termini «livello di serie», «paniere», ecc., vedi infra paragrafo 25.


9 – L’aliquota normale IVA nel Regno Unito ammonta al 17,5%, o a 7/40, del prezzo netto (IVA esclusa). L’importo dell’IVA in un prezzo al dettaglio (comprensivo di IVA) è quindi pari a 7/47.


10 – Deve tenersi a mente che, in questo contesto, «neutralità fiscale» si riferisce alla necessità che l’IVA sia neutrale negli effetti sia nei confronti dei soggetti passivi sia tra di essi e che il «principio di proporzionalità» ha lo specifico significato di richiedere che l’importo dell’imposta sia esattamente proporzionale ai prezzi di beni e servizi (vedi la sentenza nella causa Koninklijke Ahold, punti 36 e 38).


11 – Punto 37 della sentenza.


12 – Punto 39.


13 – Punti 40 e 41, che rinviano al paragrafo 47 delle mie conclusioni nella stessa causa. Ai paragrafi 47 e 48, ho esaminato l’arrotondamento aritmetico, indicando alla nota 29 che l’arrotondamento aritmetico semplice implica una lieve tendenza verso l’alto (abilmente sorvolata nei calcoli forniti dal governo del Regno Unito nelle osservazioni presentate in questa causa) che potrebbe essere mitigato da un «arrotondamento a numeri pari».


14 – In particolare ai paragrafi 37-42 e 49-51.


15 – Ai paragrafi 42, 47 e 48, e alla nota n. 29.


16 – Vedi i paragrafi 49-51 delle mie conclusioni nella causa Koninklijke Ahold.


17 – Vedi, in particolare, i paragrafi 34 e 55 delle mie conclusioni.


18 – Vedi supra i paragrafi 11 e 14.


19 – Può ricordarsi che le fatture IVA complete devono contenere un considerevole numero di informazioni (incluso il nome completo e l’indirizzo del cliente), che possono rendere la pratica meno attraente ai rivenditori al dettaglio con un alto volume di vendite di basso valore.


20 – L’art. 14, n. 1, del Regolamento IVA richiede che l’importo dell’imposta sia espresso in sterline, così come l’art. 22, n. 3, lett. b), della sesta direttiva, richiede che sia espresso nella valuta nazionale dello Stato membro interessato. Entrambe le disposizioni tacciono sulla questione se debbano essere utilizzate unità arrotondate.


21 – In particolare, cita la sentenza 28 giugno 2007, causa C 363/05, J P Morgan Fleming Claverhouse Investment Trust (Racc. pag. I-5517, punti 46 e 47, e la giurisprudenza ivi citata), insieme alla sentenza 10 settembre 2002, causa C 141/00, Kügler (Racc. pag. I-6833, punti 55-58), nonché la sentenza 6 novembre 2003, causa C 45/01, Christoph-Dornier-Stiftung (Racc. pag. I-12911, punti 69-74).


22 – In udienza, la J D Wetherspoon ha suggerito che una situazione simile potrebbe verificarsi tra lei stessa e le imprese di catering nel contesto di ricevimenti ed eventi analoghi che potrebbero essere organizzati sia per soggetti passivi che per singoli individui. Tali imprese, sostiene la J D Wetherspoon, sono autorizzate ad arrotondare per difetto, mentre essa ha l’obbligo di arrotondare aritmeticamente.