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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

VERICA TRSTENJAK

presentate il 9 dicembre 2008 (1)

Causa C-572/07

RLRE Tellmer Property sro

contro

Finanční ředitelství v Ústí nad Labem

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Krajský soud v Ústí nad Labem (Repubblica ceca)]

«Diritto tributario – Armonizzazione – Imposte sulla cifra di affari – Interpretazione degli artt. 6 e 13, parte B, lett. b), della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Principio della neutralità fiscale – Esenzioni a norma della sesta direttiva – Esenzione della locazione di beni immobili – Locazione di un appartamento o di un locale non destinato ad abitazione – Pulizia degli spazi comuni di una casa d’affitto offerta in uno con la locazione»





I –    Introduzione

1.        Con domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’art. 234 CE il Krajský soud v Ústi nad Labem (Tribunale regionale di Ústi nad Labem; in prosieguo: «il giudice del rinvio») sottopone alla Corte di giustizia delle Comunità europee due questioni pregiudiziali vertenti sull’interpretazione degli artt. 6 e 13, parte B, lett. b), della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari (in prosieguo: la «sesta direttiva») (2).

2.        La domanda è stata formulata nell’ambito di una controversia tra la società RLRE Tellmer Property sro (in prosieguo: «la ricorrente») e l’amministrazione tributaria nazionale (Finančni ředitelství; in prosieguo: la «convenuta») in merito alla portata dell’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto dei redditi derivanti dalla locazione di appartamenti. Più esattamente, le parti controvertono sulla questione se la pulizia degli spazi comuni di una casa d’affitto offerta in uno con la locazione costituisca un’attività economica soggetta ad imposta sul valore aggiunto.

II – Contesto normativo

A –     Diritto comunitario

3.        Ai sensi dell’art. 2, n. 1, della sesta direttiva, le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso all’interno degli Stati membri sono in linea di principio soggette all’imposta sul valore aggiunto.

4.        L’art. 6, n. 1, della sesta direttiva dispone quanto segue:

«Si considera “prestazione di servizi” ogni operazione che non costituisce cessione di un bene ai sensi dell’articolo 5.

Tale operazione può consistere tra l’altro:

–        in una cessione di beni immateriali, siano o no rappresentati da un titolo;

–        in un obbligo di non fare o di tollerare un atto o una situazione;

–        nell’esecuzione di un servizio in base ad una espropriazione fatta dalla pubblica amministrazione o in suo nome o a norma di legge».

5.        L’esenzione della locazione di appartamenti dall’imposta sul valore aggiunto è disciplinata all’art. 13, parte B, premessa e lett. b), della sesta direttiva nel modo seguente:

«Fatte salve altre disposizioni comunitarie, gli Stati membri esonerano, alle condizioni da essi stabilite per assicurare la corretta e semplice applicazione delle esenzioni sotto elencate e per prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso:

(…)

b) l’affitto e la locazione di beni immobili, ad eccezione:

1.     delle prestazioni di alloggio, quali sono definite dalla legislazione degli Stati membri, effettuate nel settore alberghiero o in settori aventi funzioni analoghe, comprese le locazioni di campi di vacanza o di terreni attrezzati per il campeggio;

2.     delle locazioni di aree destinate al parcheggio dei veicoli;

3.     delle locazioni di utensili e macchine fissati stabilmente;

4.     delle locazioni di casseforti.

Gli Stati membri possono stabilire ulteriori esclusioni al campo di applicazione di tale esenzione.

(…)».

B –    Diritto nazionale

6.        L’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto nella Repubblica ceca a partire dall’adesione all’Unione europea è regolamentata dalla legge n. 235/2004, relativa all’imposta sul valore aggiunto. L’art. 56, n. 4, di tale legge, rubricato «Cessione e locazione di terreni, edifici, appartamenti e locali non destinati ad abitazione, locazione di altre strutture», disciplina come segue l’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto in caso di locazione di beni immobili:

«La locazione di terreni, edifici, appartamenti e locali non destinati ad abitazione è esente dall’imposta sul valore aggiunto. L’esenzione non riguarda la locazione di breve durata di edifici, la locazione di locali o aree destinati al parcheggio dei veicoli, la locazione di casseforti e la locazione di utensili e macchinari fissati stabilmente. Per locazione di breve durata s’intende la locazione che comprende l’equipaggiamento interno mobile, eventualmente con fornitura di elettricità, riscaldamento, climatizzazione, gas o acqua, per non più di 48 ore di seguito».

III – Fatti, procedimento principale e questioni pregiudiziali

7.        La ricorrente è proprietaria di edifici ad uso abitativo suddivisi in appartamenti locati. Oltre al normale canone locativo, essa riceve dai locatari un compenso a titolo del servizio di pulizia – fatturato separatamente – degli spazi comuni, effettuato a cura dei suoi custodi.

8.        Avendo accertato da parte della ricorrente un eccesso di deduzione IVA, le competenti autorità tributarie decidevano di porre a carico della stessa un supplemento di IVA afferente al mese di maggio 2006, per un importo di CZK 155 911, a titolo dei compensi percepiti per l’attività di pulizia. La direzione delle finanze di Ústí nad Labem confermava in data 5 febbraio 2007 la decisione in tal senso adottata dall’Ufficio delle imposte di Litvínov il 20 settembre 2006, dopodiché la ricorrente decideva di proporre ricorso dinanzi al giudice del rinvio.

9.        La ricorrente sostiene che l’attività economica di cui trattasi è esente dall’imposta sul valore aggiunto. A suo parere la locazione e i servizi connessi all’uso degli appartamenti locati costituiscono un’unica, indissociabile prestazione di servizio. A tale riguardo essa fa riferimento al diritto comunitario, segnatamente alla giurisprudenza della Corte secondo cui prestazioni indivisibili vanno assoggettate ad un unico regime di imposta sul valore aggiunto – nella fattispecie, a quello della locazione esente da IVA.

10.      Il giudice del rinvio è incerto su come interpretare le pertinenti disposizioni di diritto interno e di diritto comunitario. Pertanto ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      (…) [S]e le disposizioni di cui all’art. 6 (…) e all’art. 13 (…) della sesta direttiva (…) possano essere interpretate nel senso che la locazione di un appartamento (o eventualmente di un locale non destinato ad abitazione), da un lato, e la pulizia degli spazi comuni ad essa connessa, d’altro lato, possano essere considerate prestazioni imponibili indipendenti, separabili l’una dall’altra.

2)      Laddove la soluzione alla prima questione fosse di senso negativo, (…) se le disposizioni di cui all’art. [13, parte B, lett. b), della sesta direttiva] esigano, escludano oppure rimettano alla decisione degli Stati membri l’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto al compenso per la pulizia degli spazi comuni di una casa d’affitto».

IV – Procedimento dinanzi alla Corte

11.      La decisione di rinvio pregiudiziale del 18 dicembre 2007 è pervenuta alla cancelleria della Corte il 24 dicembre successivo.

12.      Hanno presentato osservazioni scritte, nei termini previsti dall’art. 23 dello Statuto della Corte, la convenuta nel procedimento principale, i governi della Repubblica ceca e della Repubblica ellenica e la Commissione delle Comunità europee.

13.      Nella fase orale, svoltasi in data 6 novembre 2008, hanno presentato osservazioni i rappresentanti della ricorrente nel procedimento principale, della Repubblica ceca e della Repubblica ellenica nonché della Commissione.

V –    Argomenti delle parti

14.      La ricorrente nel giudizio a quo ha illustrato, all’udienza, l’attuale prassi in materia di fatturazione dei servizi di pulizia nella Repubblica ceca. Ha poi sostenuto che la locazione di locali e la pulizia degli spazi comuni costituiscono una prestazione indivisibile, non soggetta all’IVA. Infine, ha sottolineato la necessità che la Corte dia un’interpretazione unitaria della nozione di «locazione di beni immobili» onde evitare difformità tra gli Stati membri.

15.      La convenuta nel procedimento principale, rimandando alle disposizioni in tema di locazione contenute nel codice civile della Repubblica ceca, fa valere che, ai fini della locazione, un alloggio deve constare di un insieme di vani che adempiano tutti i requisiti per abitarvi per caratteristiche tecniche e funzionali e per arredamento. Sia in diritto che nella prassi, gli spazi comuni non potrebbero essere dati in locazione a scopi abitativi. Per questo motivo propone di risolvere affermativamente la prima questione pregiudiziale.

16.      In merito alla seconda questione la convenuta esprime dubbi circa la necessità di interpretare la sesta direttiva in questa sede, poiché la legislazione nazionale adottata in conformità del diritto comunitario conterrebbe una risposta chiara in tal senso, vale a dire che la locazione di beni immobili sarebbe esente da IVA, mentre i servizi prestati a parte no, anche se connessi con la prestazione esente.

17.      Il governo della Repubblica ceca ritiene che con le sue questioni il giudice del rinvio chieda in sostanza alla Corte se in una situazione in cui il locatore offre al locatario, oltre alla locazione stricto sensu, anche una prestazione consistente nella pulizia degli spazi comuni dell’immobile locato, tale attività di pulizia e la locazione costituiscano un’unica prestazione di servizi complessa e se a questa si applichi per ciò stesso l’esenzione dall’IVA disposta dall’art. 13, parte B, lett. b), della sesta direttiva.

18.      Il governo della Repubblica ceca rammenta, inoltre, che lo scopo primario della nozione di prestazione complessa è prevenire un inutile pregiudizio al funzionamento del regime dell’IVA, quale potrebbe verificarsi se fosse artificialmente scomposta una prestazione di servizi unitaria dal punto di vista economico. Partire dal presupposto che nel procedimento principale si tratti di una prestazione complessa nuocerebbe alla suddetta finalità.

19.      Pertanto il governo della Repubblica ceca propone di risolvere le questioni pregiudiziali nel senso che spetta al giudice nazionale valutare se una prestazione di servizi che consiste nell’esecuzione di un’attività di pulizia e una prestazione di servizi che consiste nella locazione di appartamenti soddisfino, globalmente, i requisiti di una prestazione complessa delineati dalla giurisprudenza della Corte di giustizia. Comunque sia, viste le circostanze di fatto, il governo della Repubblica ceca è del parere che nella presente fattispecie si possa rispondere solo in senso negativo.

20.      Nell’ipotesi, comunque, in cui il giudice nazionale giungesse ad una diversa conclusione, il governo ceco ritiene che l’applicazione al caso di specie della nozione di prestazione complessa sia in contrasto con i principi di neutralità fiscale e di interpretazione restrittiva delle deroghe contenute nella sesta direttiva.

21.      La Commissione sostiene in limine che le esenzioni di cui all’art. 13 della sesta direttiva sono concetti autonomi del diritto comunitario, da interpretarsi in maniera autonoma. Inoltre, avendo esse carattere eccezionale, la loro interpretazione dovrebbe essere anche restrittiva. La Commissione si domanda poi se, alla luce della sentenza Faalborg-Gelting Linien (3), la pulizia degli spazi comuni di un immobile locato non debba considerarsi come accessoria rispetto alla prestazione principale consistente nella locazione.

22.      Pertanto la Commissione propone alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali che l’esenzione dall’IVA per la locazione di appartamenti ai sensi dell’art. 13, parte B, lett. b), della sesta direttiva si applica unicamente all’attività economica del dare in locazione e che la prestazione di servizi di pulizia degli spazi comuni rientra, invece, nell’ambito della suddetta esenzione solamente se ed in quanto prevista dal contratto di locazione come prestazione accessoria. Spetterebbe al giudice nazionale, valutando tanto il tenore del contratto quanto la prassi consolidata in materia, accertare se la pulizia degli spazi comuni sia o meno parte integrante della locazione.

23.      Il governo della Repubblica ellenica nega che si possa interpretare estensivamente l’art. 13, parte B, lett. b), della sesta direttiva. A suo giudizio, propendere per la tesi della ricorrente equivarrebbe a far rientrare nell’ambito di applicazione della suddetta disposizione qualsiasi esborso volto a migliorare le condizioni di utilizzo del bene locato. Propone, pertanto, di rispondere alle questioni pregiudiziali che la locazione di un appartamento o di un locale non adibito ad uso abitativo deve essere considerata una prestazione di servizi diversa da quella consistente nella pulizia degli spazi comuni. Si tratterebbe di due prestazioni distinte: l’una – la locazione – esente dall’IVA, l’altra – la pulizia degli spazi comuni – soggetta, invece, a detta imposta.

VI – Valutazione giuridica

A –    Osservazioni introduttive

24.      Gli allargamenti dell’Unione europea a dieci nuovi Stati membri il 1° maggio 2004 e ad altri due il 1° gennaio 2007 costituiscono eventi importanti nella storia del meccanismo di integrazione con conseguenze geopolitiche profonde. Oltre al conseguimento dello status di Stato membro con i diritti che ne derivano, gli allargamenti hanno comportato per i nuovi Stati membri anche l’obbligo di accogliere nei propri ordinamenti il bagaglio della legislazione comunitaria («acquis communautaire»), compresa la normativa in materia di imposta sul valore aggiunto (4). L’adesione all’Unione europea ha così significato anche l’adesione al regime comune di imposta sul valore aggiunto, un sistema armonizzato di imposizione fiscale sulle cifre d’affari che persegue essenzialmente scopi tributari nonché politico-economici.

25.      Se la prima di tali finalità è connessa al finanziamento della Comunità attraverso risorse proprie (5), l’obiettivo di carattere politico-economico dell’armonizzazione consiste nell’eliminazione di tutti quei fattori atti a falsare la concorrenza, a livello tanto nazionale che comunitario, derivanti dalla diversità dei regimi di imposta sul valore aggiunto (6). Per garantire l’efficacia di tale sistema comune di imposta sul valore aggiunto sono pertanto necessarie una trasposizione e un’interpretazione unitarie delle direttive in materia di IVA, anche per quanto riguarda le esenzioni previste dalla sesta direttiva (7) oggetto della presente causa.

26.      Le questioni pregiudiziali vertono sull’interpretazione delle disposizioni in materia di esenzione da IVA relativamente alla locazione di beni immobili di cui all’art. 13, parte B, lett. b). La prima di tali questioni è volta sostanzialmente a chiarire se la pulizia degli spazi comuni di una casa d’affitto sia compresa nel concetto di «locazione», con la conseguenza che il compenso pagato dal conduttore al locatore per la prestazione di siffatta attività sarebbe anch’esso, al pari del canone locativo, esente da IVA. La seconda questione è invece proposta unicamente nel caso in cui la Corte neghi tale nesso concettuale tra i due servizi citati e riguarda il problema di principio se un obbligo impositivo tragga origine dal diritto comunitario o da quello interno agli Stati membri.

B –    Sulla prima questione

1.      La nozione di «locazione» a norma dell’art. 13, parte B, lett. b), della sesta direttiva

27.      Per risolvere la questione se la pulizia di spazi comuni rientri nella nozione di «locazione» si deve innanzitutto procedere all’interpretazione della sesta direttiva, segnatamente del suo art. 13, parte B, lett. b), tenendo conto non solo dei metodi interpretativi elaborati nelle sentenze dei giudici comunitari, ma anche dei criteri ermeneutici propri dell’imposta sul valore aggiunto nella Comunità (8). Per accertare con precisione il carattere di un’operazione imponibile occorre prendere in considerazione tutte le circostanze in cui essa si svolge (9).

28.      Dall’economia generale della sesta direttiva emerge, da un lato, che l’ambito di applicazione dell’IVA è molto vasto, nella misura in cui l’art. 2, che concerne le operazioni imponibili, comprende, oltre alle importazioni di beni, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso all’interno del paese e l’art. 4, n. 1, definisce soggetto passivo chiunque eserciti in modo indipendente un’attività economica, a prescindere dalle finalità o dai risultati della stessa (10). La nozione di attività economica si applica, a sua volta, ai sensi del n. 2 del medesimo art. 4, a tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi.

29.      Dall’altro lato, per costante giurisprudenza della Corte, i termini con i quali sono enunciate le esenzioni di cui all’art. 13 della sesta direttiva devono essere interpretati restrittivamente, dato che costituiscono deroghe al principio generale secondo cui l’IVA è riscossa per ogni prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso da un soggetto passivo che agisce in quanto tale (11).

30.      Inoltre, sempre secondo una costante giurisprudenza della Corte, le esenzioni previste dall’art. 13 della sesta direttiva costituiscono nozioni autonome del diritto comunitario e richiedono pertanto una definizione comunitaria (12).

31.      L’art. 13, parte B, lett. b), della sesta direttiva non definisce la nozione di «locazione di beni immobili» e nemmeno rinvia alla rispettiva definizione adottata dalle normative degli Stati membri (13). La Corte, tuttavia, in numerose sentenze, alla luce del contesto in cui questa si inserisce nonché della finalità e della struttura della direttiva (14), ha definito tale nozione nel senso che «il proprietario di un immobile cede al locatario, per una durata convenuta e dietro corrispettivo, il diritto di occupare l’immobile (...) e di escludere qualsiasi altra persona dal beneficio di un tale diritto» (15). Nel contempo, però, la Corte ha sottolineato che l’espressione «affitto e locazione» di cui all’art. 13, parte B, lett. b), della sesta direttiva deve intendersi nel diritto comunitario in modo più ampio che nei singoli diritti nazionali (16).

32.      I servizi di pulizia forniti dalla ricorrente ai suoi locatari non corrispondono – stricto sensu e secondo i criteri interpretativi suaccennati – alla suddetta definizione di «locazione» ai sensi dell’art. 13, parte B, lett. b), della sesta direttiva. Attività come la pulizia a titolo oneroso di spazi comuni vanno chiaramente oltre la semplice cessione in uso a scopo abitativo di locali dietro corrispettivo. Esse implicano, infatti, un intervento attivo, nella fattispecie del locatore, che si distingue sostanzialmente da quello, qualificato come «passivo» dalla Corte nelle sentenze «Goed Wonen» (17) e Temco Europe (18), della mera locazione di immobili.

2.      Giurisprudenza in materia di prestazione di servizi connessi

33.      A prescindere dalle suesposte considerazioni, sotto il profilo del diritto comunitario sarebbe in linea di principio concepibile far rientrare anche siffatti servizi di pulizia nella «locazione» a norma dell’art. 13, parte B, lett. b), della sesta direttiva ove si tratti di una prestazione meramente accessoria ad un’altra, complessa, articolata in più prestazioni, in modo tale che il ricavato di entrambe le attività possa essere considerato unitario.

34.      Come la Corte ha più volte sottolineato, quando un’operazione è costituita da una serie di elementi, stabilire se ci trovi dinanzi ad un’unica prestazione o a più prestazioni autonome, da considerarsi separatamente, riveste una particolare importanza sotto il profilo dell’IVA, per l’applicazione dell’aliquota d’imposta, ma anche per l’applicazione delle esenzioni previste dalla sesta direttiva (19).

35.      La sesta direttiva non contiene alcuna specifica disposizione che chiarisca a quali condizioni più prestazioni connesse possano essere considerate come un’unica prestazione complessa. I criteri di valutazione in merito emergono, piuttosto, direttamente dalla giurisprudenza della Corte.

36.      Due obiettivi si contrappongono in sede di individuazione degli elementi caratteristici di una prestazione complessa. Da un lato, occorre valutare le singole prestazioni in modo distinto secondo la loro natura. Dall’altro lato, la prestazione costituita da un unico servizio sotto il profilo economico non dev’essere artificialmente divisa in più parti, affinché non sia alterata la funzionalità del sistema dell’IVA (20). Una parcellizzazione spinta di una prestazione complessa in più prestazioni separate e distinte rende, infatti, più difficile l’applicazione delle norme in materia di imposta sul valore aggiunto (21). Comunque sia, tale esame va effettuato sulla base di criteri oggettivi, escludendo il punto di vista soggettivo di chi effettua la prestazione o di chi la riceve.

37.      A questo riguardo, dall’art. 2 della sesta direttiva discende che ogni prestazione dev’essere considerata di regola come autonoma ed indipendente (22). Tuttavia, in talune circostanze, più prestazioni formalmente distinte, che potrebbero essere fornite separatamente e dar così luogo, individualmente, ad imposizione o ad esenzione, devono essere considerate come un’unica operazione quando non sono indipendenti (23).

38.      Ciò accade, per esempio, quando già un’analisi oggettiva riveli che una o più prestazioni costituiscono la prestazione principale, mentre l’altra o le altre prestazioni costituiscono una o più prestazioni accessorie cui si applica la stessa disciplina tributaria della prestazione principale (24). In particolare, una prestazione dev’essere considerata accessoria ad una principale quando non costituisce per la clientela un fine a sé stante, bensì il mezzo per fruire al meglio del servizio principale offerto dal prestatore (25). Si è in presenza di un’unica prestazione altresì quando due o più elementi o atti forniti dal soggetto passivo sono così strettamente connessi da formare oggettivamente una sola prestazione economica indivisibile la cui scomposizione avrebbe carattere artificiale (26).

39.      Considerando in fatto ed in diritto la fattispecie oggetto del procedimento a quo, ben poco – a mio parere – permette di qualificare la prestazione di servizi controversa come prestazione accessoria.

40.      È certamente vero che la pulizia di locali comuni è in genere importante per il normale uso del bene locato. Tale servizio, tuttavia, come opportunamente sostenuto dal governo ellenico e dalla convenuta, non concerne i locali dati in uso a specifico scopo abitativo, che costituiscono il vero oggetto di un contratto di locazione, bensì unicamente gli spazi comuni dell’immobile locato, accessibili a chiunque e non abitabili. Lo stesso vale per l’affitto di locali destinati ad altri usi, come ad esempio i locali ufficio, idonei ad essere utilizzati come uffici esclusivamente entro le propria mura. Conseguentemente, possiamo già individuare nella prestazione di servizi controversa limitazioni di ordine spaziale e funzionale.

41.      A prescindere da quanto sopra, non si rileva alcuna scomposizione di un’unica, inscindibile prestazione di carattere economico nella distinzione tra l’attività economica della locazione di appartamenti e quella della pulizia degli spazi comuni. Le due attività non sono così strettamente connesse da far apparire artificiale una loro distinzione, tanto più che spetta normalmente alle parti nell’ambito della loro autonomia contrattuale determinare chi, in concreto, debba occuparsi della pulizia. Come è stato sottolineato dal governo ceco sulla base dell’attuale prassi vigente in materia nel suo territorio (27), la pulizia degli spazi comuni è normalmente effettuata in tre modi: 1) vi provvede direttamente il locatario; 2) è svolta da terzi, che poi ne addebitano il costo al locatario; 3) viene assicurata dal locatore, per mezzo di personale proprio (ad esempio, i custodi) oppure di un’impresa di pulizie. La casistica in materia evidenzia che né il diritto all’uso né la concreta possibilità di godere dell’abitazione locata in base alla sua destinazione d’uso sono seriamente pregiudicati qualora la pulizia venga svolta, eccezionalmente, da persone diverse dal locatore.

3.      Sul principio di neutralità dell’IVA

42.      Tale nutrita casistica è rilevante anche sotto il profilo della neutralità fiscale e della coerente applicazione delle disposizioni contenute nella sesta direttiva. Rammento al riguardo che, secondo la giurisprudenza della Corte, il rispetto del principio della neutralità fiscale gioca un ruolo importante altresì ai fini dell’applicazione delle esenzioni di cui all’art. 13, parte B, lett. b), della sesta direttiva (28).

43.      Il principio della neutralità fiscale espresso all’art. 2 della prima direttiva (29), sul quale si basa il sistema comune di IVA, si oppone – come si ricava dal quarto e dal quinto ‘considerando’ della sesta direttiva – a che le attività economiche siano trattate tutte in maniera uguale (30). La Corte, nelle sentenze Cimber Air (31) e Jyske Finans (32), ha ulteriormente delineato tale principio precisando che esso si oppone a che operatori economici che effettuano le stesse operazioni siano trattati diversamente in materia di prelievo dell’IVA.

44.      Se si prende come riferimento il primo caso tra quelli menzionati al paragrafo 41 delle presenti conclusioni, si perviene al risultato che la pulizia di spazi comuni non potrebbe essere assoggettata all’IVA giacché non costituisce né una cessione di beni né una prestazione di servizi ai sensi dell’art. 2 della sesta direttiva.

45.      Se invece si guarda al secondo caso, è giocoforza constatare che tale attività economica, al pari di ogni altra prestazione di servizi, è soggetta all’IVA. Di per sé essa non ha alcun nesso con la locazione e pertanto, in ossequio al principio testé menzionato secondo cui ogni prestazione dev’essere considerata di regola come autonoma ed indipendente (33), andrà trattata in modo distinto dal punto di vista tributario, con la conseguenza che non le si applicherà l’esenzione disposta all’art. 13, parte B, lett. b), della sesta direttiva. È quanto sostengono giustamente sia il giudice del rinvio nella domanda pregiudiziale (34) che il governo della Repubblica ceca (35).

46.      Il terzo caso delineato nel procedimento principale si distingue dal secondo, ad un esame oggettivo, unicamente per il fatto che chi effettua il servizio di pulizia è anche il locatore del bene. Ci si chiede, pertanto, se il solo fatto dell’identità personale tra locatore e prestatore del servizio di pulizia possa far legittimamente presumere in via di principio la sussistenza di una prestazione di servizi accessoria e non autonoma rispetto alla locazione. Come la Corte ha rilevato nella sentenza Henriksen (36), ciò può indicare che ci si trova eventualmente in presenza di un’operazione economica unica, ma non è in sé e per sé determinante. La circostanza che la ricorrente nel procedimento principale contabilizzi a parte le pulizie, non fatturandole insieme al canone locativo, potrebbe, infatti, legittimamente indurre a concludere per la sussistenza di una prestazione autonoma. Come la Corte ha statuito nella sentenza CPP (37), il fatto che un servizio composto da più elementi sia fornito dietro versamento di un prezzo unico oppure emettendo fatture separate ha valore di indizio. Pertanto, logicamente, anche la fatturazione separata di servizi di pulizia nel giudizio a quo può deporre contro l’esistenza di una prestazione unica.

47.      Si deve convenire con il governo della Repubblica ceca che la terza variante esaminata può integrarsi in diverso modo con altri elementi, tanto da rendere sempre più difficile decidere nelle singole fattispecie. Ad esempio, si può ipotizzare una situazione nella quale il locatore effettui prestazioni di pulizia anche in immobili diversi da quelli da lui locati; la prestazione svolta sarebbe, ebbene, per sua natura la stessa di quella di cui trattasi nel procedimento a quo. A mio parere, trattare in modo diverso le varianti sopra descritte a seconda che i servizi di pulizia controversi siano effettuati dal locatore oppure da un terzo osterebbe sia al principio di neutralità fiscale (38) che alla coerenza d’insieme del regime dell’IVA. L’incertezza da cui sarebbe pervasa ogni singola fattispecie renderebbe inutilmente complicata l’applicazione delle disposizioni in materia di imposta sul valore aggiunto (39) e le decisioni dei competenti organismi tributari nazionali risulterebbero per ciò stesso meno prevedibili per i contribuenti.

4.       Interpretazioni storica e teleologica dell’esenzione da IVA

48.      I motivi di ordine socio-politico prospettati dal giudice del rinvio non sono per sé stessi atti ad inficiare le conclusioni sopra esposte. Essi non possono essere fatti valere sic et simpliciter come argomenti favorevoli all’esenzione dall’IVA dell’attività di pulizia di locali comuni. Si deve effettivamente concordare con il giudice del rinvio sul fatto che, non applicando l’IVA alla pulizia dei locali comuni, l’appartamento locato ha un costo minore e che la disposizione derogatoria di cui all’art. 13, parte B, lett. b), della sesta direttiva sembra essere stata basata ab initio su considerazioni anche di ordine socio-politico. Prima dell’armonizzazione realizzata con la sesta direttiva, infatti, nella maggior parte degli Stati membri la locazione di abitazioni non era soggetta ad imposta sul valore aggiunto per motivi di ordine sociale (40). La sesta direttiva non poteva discostarsi da tale posizione onde evitare un rincaro dei canoni di locazione delle abitazioni.

49.      Tuttavia, come rivela già un’interpretazione letterale (41) e sistematica (42) delle pertinenti disposizioni della sesta direttiva, che tenga altresì conto del principio della neutralità fiscale (43), il legislatore comunitario ha voluto expressis verbis limitare l’esenzione dall’IVA, di cui all’art. 13, parte B, lett. b), della stessa, alla «locazione» stricto sensu e a quelle sole prestazioni di servizi che oggettivamente appaiono parte integrante di un’unica e sola prestazione di «locazione». Questi presupposti peraltro non ricorrono sempre e, come si è visto, certo non nel caso in esame.

50.      Non si deve peraltro dimenticare che sussiste un ulteriore motivo per l’esenzione dall’IVA della locazione di immobili. Come ha rilevato l’avvocato generale Jacobs nelle conclusioni per la causa Blasi (44), un immobile già utilizzato non è il risultato di un processo produttivo. Una volta che un terreno è stato spianato o un edificio costruito, l’immobile è oggetto di regola di un uso passivo, in ordine alla quale non si genera alcun valore aggiunto. È per questo che l’assoggettamento ad IVA è limitato alla prima fornitura di un terreno edificabile o di un edificio di nuova costruzione, mentre i successivi passaggi di proprietà di un edificio già occupato, nonché la locazione del medesimo, sono esenti dall’IVA. Siffatta giustificazione dell’esenzione da IVA non può valere, però, in caso di prestazioni attive (45) come la pulizia degli spazi comuni.

5.       Conclusione

51.      Sulla base delle considerazioni che precedono ritengo in linea di principio necessario escludere dall’esenzione prevista all’art. 13, parte B, lett. b), della sesta direttiva la prestazione di servizi di pulizia di spazi comuni a cura del locatore, che va pertanto assoggettata all’IVA. Non posso però escludere a priori che un’espressa previsione del contratto di locazione, il regolamento interno del condominio o la consolidata prassi giuridica dello Stato membro consentano, eccezionalmente, un approccio diverso da quello teorizzato in questa sede. Spetta al giudice nazionale, cui compete mettere in pratica le soluzioni fornitegli in ordine alla fattispecie a quo, accertare, eventualmente tenendo conto delle suesposte considerazioni, in che misura questa valutazione si attagli al caso concreto.

52.      Pertanto la prima questione pregiudiziale va risolta dichiarando che gli artt. 6 e 13 della sesta direttiva sono da interpretarsi nel senso che la locazione di un appartamento (o eventualmente di un locale non destinato ad abitazione), da un lato, e la pulizia degli spazi comuni ad essa connessa, dall’altro, devono essere considerate in linea di principio prestazioni imponibili indipendenti, separabili l’una dall’altra. Spetta tuttavia al giudice nazionale verificare in che misura un’espressa previsione del contratto di locazione, il regolamento interno del condominio o la consolidata prassi giuridica dello Stato membro interessato consentano, eccezionalmente, un diverso approccio.

C –    Sulla seconda questione

53.      Vista la soluzione proposta alla prima questione pregiudiziale, occorrerà rispondere alla seconda unicamente qualora il giudice del rinvio, dopo aver valutato tutte le circostanze della fattispecie, ritenesse che la locazione di un appartamento e la pulizia degli spazi comuni ad essa connessa non possano eccezionalmente essere considerate prestazioni imponibili indipendenti, separabili l’una dall’altra.

54.      In tal caso dovrebbe presupporsi la sussistenza di una prestazione complessa corrispondente alla «locazione di beni immobili» di cui all’art. 13, parte B, lett. b), della sesta direttiva. Su questa base normativa l’applicazione dell’IVA ai compensi relativi alla pulizia degli spazi comuni di un immobile suddiviso in appartamenti locati sarebbe esclusa.

55.      Perciò la seconda questione pregiudiziale va risolta dichiarando che, qualora il giudice del rinvio concludesse che la locazione di appartamenti e la pulizia degli spazi comuni ad essa connessa non possono eccezionalmente essere considerate prestazioni imponibili indipendenti, separabili l’una dall’altra, la pulizia degli spazi comuni dovrà ritenersi parte della «locazione di beni immobili» ai sensi dell’art. 13, parte B, lett. b), della sesta direttiva, con conseguente esenzione dei relativi compensi dall’imposta sul valore aggiunto.

VII – Conclusione

56.      Alla luce delle considerazioni che precedono propongo alla Corte di risolvere nel modo seguente le questioni pregiudiziali:

«1)      Gli artt. 6 e 13 della sesta direttiva sono da interpretarsi nel senso che la locazione di un appartamento (o eventualmente di un locale non destinato ad abitazione), da un lato, e la pulizia degli spazi comuni ad essa connessa, dall’altro, devono essere considerate in linea di principio prestazioni imponibili indipendenti, separabili l’una dall’altra.

Spetta tuttavia al giudice nazionale verificare in che misura un’espressa previsione del contratto di locazione, il regolamento interno del condominio o la consolidata prassi giuridica dello Stato membro interessato consentano, eccezionalmente, un diverso approccio.

2)      Qualora il giudice del rinvio concludesse che le due attività economiche non possono essere considerate prestazioni imponibili indipendenti, separabili l’una dall’altra, la pulizia degli spazi comuni dovrà ritenersi parte della «locazione di beni immobili» ai sensi dell’art. 13, parte B, lett. b), della sesta direttiva, con conseguente esenzione dei relativi compensi dall’imposta sul valore aggiunto».


1 – Lingua originale: il tedesco.


2– GU L 145, pag. 1.


3– Sentenza 2 maggio 1996, causa C-231/94, Faalborg-Gelting Linien (Racc. pag. I-2395).


4– V. in proposito J.-L. Albert, L’IVA nella prospettiva dell’ampliamento dell’Unione Europea, Fiscalità e globalizzazione, Torino 2007, pag. 53 e seg., che illustra le difficoltà di adattamento dei nuovi Stati membri di fronte alla moltitudine di normative nazionali obsolete in tema di imposta sul valore aggiunto, cosa che ha richiesto l’introduzione di disposizioni transitorie in determinati settori del mercato delle prestazioni di servizi.


5– B. Terra/J. Kajus, A guide to the European VAT Directives – Introduction to European VAT 2008, tomo. 1, capitolo 3, punto 3.1.1, pag. 87, e J.-M. Communier, Droit fiscal communautaire, Bruxelles 2001, pag. 194 e seg., individuano il motivo principale per un’ulteriore armonizzazione nel settore dell’IVA nella decisione del Consiglio 21 aprile 1970, 70/243/CECA, CEE, Euratom, relativa alla sostituzione dei contributi finanziari degli Stati membri con risorse proprie delle Comunità (GU L 94, pag. 19). Tale decisione prevedeva che a partire dal 1975 il bilancio della Comunità avrebbe dovuto finanziarsi, oltre che con i dazi doganali e i prelievi agricoli, anche con una quota di IVA. La decisione sulle risorse proprie stabilisce le disposizioni di base circa il finanziamento del bilancio comunitario. Tale decisione, da ultimo nella versione di cui alla decisione del Consiglio 7 giugno 2007, 2007/436/CE, Euratom, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee (GU L 163, pag.. 17), viene di norma adottata all’unanimità dal Consiglio e ratificata da tutti gli Stati membri. La decisione del 7 giugno 2007 dispone, all’art. 2, n. 1, lett. b), che costituiscono risorse proprie iscritte nel bilancio generale dell’Unione europea le entrate provenienti dall’applicazione di un’aliquota uniforme, valida per tutti gli Stati membri, agli imponibili IVA armonizzati, determinati secondo regole comunitarie. L’imponibile da prendere in considerazione a tal fine è limitato al 50% del reddito nazionale lordo di ciascuno Stato membro, definito al n. 7 dello stesso art. 2. In merito al funzionamento del meccanismo delle risorse proprie si veda la relazione della Commissione 6 settembre 2004, COM(2004)505 def., «Il finanziamento dell’Unione europea».


6– In tal senso, v. R. Voß, «Steuerrecht», in: Dauses (a cura di), Handbuch des EU-Wirtschaftsrechts, tomo 2, sezione J, paragrafi 184 e 185; J.-M. Communier (cit. alla nota 5), pag. 192, e G. Pinheira, A fiscalidade directa na União Europeia, Coimbra 1998, pag. 22, che individua la finalità politico-economica dell’armonizzazione, da un lato, nella realizzazione del mercato interno attraverso l’eliminazione di discriminazioni e di distorsioni della concorrenza nell’applicazione dei regimi fiscali interni e, dall’altro lato, nell’integrazione delle economie nazionali. M. Reich/B. König,, Europäisches Steuerrecht, Zurigo 2006, pag. 16, rilevano che il concetto di armonizzazione fissato all’art. 93 CE è principalmente rivolto all’eliminazione dei fattori che ostacolano la concorrenza nella circolazione delle merci.


7– Più volte la Corte ha sottolineato la necessità di un’applicazione uniforme delle esenzioni da IVA riferendosi all’undicesimo ‘considerando’ della sesta direttiva, dal quale emerge che «è opportuno redigere un elenco comune di esenzioni, per una percezione paragonabile delle risorse proprie in tutti gli Stati membri». La Corte ne deduce che, anche se l’art. 13, parte B, della detta direttiva rinvia alle condizioni di esenzione stabilite dagli Stati membri, le esenzioni previste da tale disposizione devono corrispondere a nozioni autonome di diritto comunitario, affinché sia possibile determinare la base imponibile dell’IVA in maniera uniforme e secondo regole comunitarie (v. sentenze 4 ottobre 2001, causa C-326/99, «Goed Wonen», Racc. pag. I-6831, punto 47; 12 settembre 2000, causa C-358/97, Commissione/Irlanda, Racc. pag. I-6301, punto 51, e 8 marzo 2001, causa C-240/99, Försäkringaktiebolaget Skandia, Racc. pag. I-1951, punto 23). C. Cornia, «Le locazioni di immobili ai fini Iva tra interpretazione della norma e riqualificazione della fattispecie», Rassegna tributaria, 2005, fascicolo 2, pag. 647, sottolinea del pari la necessità di un’applicazione uniforme delle esenzioni da IVA.


8– V. conclusioni dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer 4 maggio 2004 per la causa C-284/03, Temco Europe (Racc. pag. I-11237, paragrafo 1), e dell’avvocato generale Kokott 14 ottobre 2004 per la causa C-428/02, Fonden Marselisborg Lystbådehavn (Racc. pag. I-1527, paragrafo 16). P. Haunold, Mehrwertsteuer bei sonstigen Leistungen – Die Besteuerung grenzüberschreitender Dienstleistungen, Vienna 1997, pagg. 47 e 49, rileva che nell’interpretare il diritto comunitario la Corte si serve di tutti i tradizionali metodi ermeneutici (interpretazione letterale, sistematica, teleologica e storica). Una peculiarità dell’interpretazione offerta dalla Corte per le direttive in materia di IVA consisterebbe nel fatto che le eccezioni vanno interpretate in linea di principio restrittivamente appunto perché eccezioni alla generale imposizione fiscale sui consumi e come tali idonee a provocare distorsioni della concorrenza. Ciò varrebbe segnatamente per l’applicazione delle esenzioni contemplate dalla sesta direttiva sull’IVA, ma anche in sede di interpretazione di altre norme aventi ad oggetto l’imposta sul valore aggiunto che prevedono eccezioni a determinati principi. A parere dell’autore, l’interpretazione fondamentalmente restrittiva delle disposizioni derogatorie non costituisce peraltro che una sottospecie dell’interpretazione sistematica e teleologica.


9– V. sentenze Faaborg-Gelting Linien (cit. alla nota 3, punto 12); 18 gennaio 2001, causa C-150/99, Stockholm Lindöpark (Racc. pag. I-493, punto 26), e 12 giugno 2003, causa C-275/01, Sinclair Collins (Racc. pag. I-5965, punto 26).


10– V. sentenze 26 marzo 1987, causa 235/85, Commissione/Paesi Bassi (Racc. pag. 1471, punto 6); 15 giugno 1989, causa 348/87, Stichting Uitvœöring Financiële Acties/Staatssecretaris van Financiën (Racc. pag. 1737, punto 10); 4 dicembre 1990, causa C-186/89, van Tiem (Racc. pag. I-4363, punto17); 12 settembre 2000, Commissione/Irlanda (cit. alla nota 7, punto 27), e 16 settembre 2008, causa C-288/07, Isle of Wight Council e a. (Racc. pag. I-7203, punto 28). Nelle conclusioni presentate il 15 marzo 1988 per la causa 122/87, Commissione/Italia (Racc. pag  2685), l’avvocato generale Vilaça ha fatto riferimento all’ampio ambito di applicazione della sesta direttiva. Come egli ha a buon diritto rilevato, gli artt. 2 e 4 della sesta direttiva sono espressione del principio generale che informa la struttura del diritto comunitario in materia di IVA, quale risulta dal preambolo della prima direttiva [del Consiglio 11 aprile 1967, 67/227/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari (GU L 71, pag. 1301)] e della sesta. A tenore del quinto ‘considerando’ della prima direttiva, «un sistema di imposta sul valore aggiunto raggiunge la maggior semplicità e neutralità se l’imposta è riscossa nel modo più generale possibile e se il suo campo d’applicazione abbraccia tutte le fasi della produzione e della distribuzione, nonché il settore delle prestazioni di servizi».


11– V. sentenze Stichting Uitvoering Financiële Acties (cit. alla nota 10, punto 13); 11 agosto 1995, causa C-453/93, Bulthuis-Griffioen (Racc. pag. I-2341, punto 19); 5 giugno 1997, causa C-2/95, SDC (Racc. pag. I-3017, punto 20); 7 settembre 1999, causa C-216/97, Gregg (Racc. pag. I-4947, punto 12); Commissione/Irlanda (cit. alla nota 7, punto 52); Stockholm Lindöpark (cit. alla nota 9, punto 25); «Goed Wonen» (cit. alla nota 7, punto 46) e 8 dicembre 2005, causa C-280/04, Jyske Finans (Racc. pag. I-10683, punto 21).


12– V. sentenze Stichting Uitvoering Financiële Acties (cit. alla nota 10, punto 11); Bulthuis-Griffioen (cit. alla nota 11 punto 18); SDC (cit. alla nota 11, punto 21); Commissione/Irlanda (cit. alla nota 7, punto 51); 16 gennaio 2003, causa C-315/00, Maierhofer (Racc. pag. I-563, punto 25); Sinclair Collins (cit. alla nota 9, punto 22); 18 novembre 2004, causa C-284/03, Temco Europe (Racc. pag. I-11237, punto 16), e 3 marzo 2005, causa C-428/02, Fonden Marselisborg Lystbådehavn (Racc. pag. I-1527, punto 27).


13– V. sentenze «Goed Wonen» (cit. alla nota 7, punto 44) e Sinclair Collins (cit. alla nota 9, punto 24).


14– V., in tal senso, sentenze (citate alla nota 12) Temco Europe (punto 18) e Fonden Marselisborg Lystbådehavn (punto 28).


15– V. sentenze Commissione/Irlanda (cit. alla nota 7, punti 52-57); 9 ottobre 2001, causa C-409/98, Mirror Group (Racc. pag. I-7175, punto 31); «Goed Wonen» (cit. alla nota 7, punto 55); 9 ottobre 2001, causa C-108/99, Cantor Fitzgerald International (Racc. pag. I-7257, punto 21), e Temco Europe (cit. alla nota 12, punto 19). Ai paragrafi 20 e 21 delle conclusioni presentate il 4 maggio 2004 per la causa Temco Europe (cit. alla nota 12), l’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer ha così sintetizzato la giurisprudenza della Corte riguardo alla definizione di locazioni di immobili esenti da IVA: «rimane esente dall’IVA (1) la cessione che il proprietario di un immobile fa ad un’altra persona, (2) con esclusione dei terzi, (3) del suo uso e del suo gradimento, (4) per un periodo di tempo convenuto, (5) dietro pagamento di un corrispettivo. Per stabilire se un particolare accordo corrisponda a questa definizione, occorre prendere in considerazione tutte le componenti dell’operazione e le circostanze in cui essa si svolge, rivelandosi decisivo il suo contenuto obiettivo, quale che sia la qualifica che le parti le hanno dato».


16– Per questo motivo, nella sentenza «Goed Wonen» (cit. alla nota 7, punto 59), la Corte ha dichiarato che l’art. 13, parte B, lett. b), e parte C, lett. a), della sesta direttiva deve essere interpretato nel senso che non osta ad una disposizione nazionale che, ai fini dell’applicazione dell’esenzione dall’IVA, consente di equiparare all’affitto e alla locazione di beni immobili la costituzione, per una durata convenuta e dietro corrispettivo, di un diritto reale che conferisce al suo titolare un potere d’uso su un bene immobile (nel giudizio a quo si trattava di un diritto di usufrutto).


17– Cit. alla nota 7 (punto 52), in cui la Corte ha statuito che la locazione di beni immobili, sebbene rientri in via di principio nella nozione di attività economica ai sensi dell’art. 4 della sesta direttiva, costituisce di norma un’attività relativamente passiva, che non produce un valore aggiunto significativo.


18– Cit. alla nota 14 (punto 27). L’avvocato generale Jacobs, nelle conclusioni presentate il 25 settembre 1997 per la causa C-346/95, Blasi (Racc. pag. I-481, paragrafo 15), ha del pari definito la locazione di immobili come un’attività «relativamente passiva».


19– V. sentenze 25 febbraio 1999, causa C-349/96, CPP (Racc. pag. I-973, punto 27); 27 ottobre 2005, causa C-41/04, Levob Verzekeringen e OV Bank (Racc. pag. I-9433, punto 18), e 21 febbraio 2008, causa C-425/06, Part Service (Racc. pag. I-897, punto 49).


20– V. sentenza CPP (cit. alla nota 19, punto 29).


21– L’aspetto della praticabilità ha un ruolo fondamentale nel valutare se nelle singole fattispecie ci si trovi di fronte ad una prestazione complessa o a due prestazioni autonome. Come ha giustamente rilevato l’avvocato generale Kokott alla nota 23 delle conclusioni 12 maggio 2005 per la causa Levob Verzekeringen e OV Bank (cit. alla nota 19), in alcune conclusioni di avvocati generali emerge addirittura la tendenza a dare la precedenza, in siffatte ipotesi, a considerazioni di opportunità pratica anziché alla precisione. V. conclusioni dell’avvocato generale Cosmas del 1° febbraio 1996 per la causa C-231/94, Faaborg Gelting Linien (paragrafo 14), nonché conclusioni dell’avvocato generale Fennelly del 25 aprile 1996 per la causa C-327/94, Dudda (Racc. pag. I-4595, paragrafo 35), e dell’11 giugno 1998 per la causa CPP (cit. alla nota 19, paragrafi 47 e segg.).


22– V. sentenze (citate alla nota 19) CPP (punto 29), Levob Verzekeringen e OV Bank (punto 20) e Part Service (punto 50).


23– V. sentenza Part Service (cit. alla nota 19, punto 51).


24– V., in tal senso, sentenze (citate alla nota 19) CPP (punto 30), Levob Verzekeringen e OV Bank (punto 21) e Part Service (punto 52), nonché sentenza 15 maggio 2001, causa C-34/99, Primback (Racc. pag. I-3833, punto 45).


25– V. sentenze (citate alla nota 19) CPP (punto 29) e Part Service (punto 52).


26– V. sentenze (citate alla nota 19) Levob Verzekeringen e OV Bank (punto 22) e Part Service (punto 53).


27– V. pag. 5 delle osservazioni scritte presentate dal governo della Repubblica ceca.


28– V. sentenza «Goed Wonen» (cit. alla nota 7, punto 56), in cui la Corte ha motivato la sua decisione di equiparare l’affitto e la locazione alla costituzione di un diritto reale quale l’usufrutto ai fini dell’applicazione dell’art. 13, parte B, lett. b), e parte C, lett. a), della sesta direttiva facendo ricorso al «rispetto del principio di neutralità dell’IVA» e «all’esigenza dell’applicazione coerente delle disposizioni della sesta direttiva, in particolare l’applicazione corretta, semplice ed uniforme delle esenzioni previste». V., del pari, sentenza 11 giugno 1998, causa C-283/95, Fischer (Racc. pag. I-3369, punto 28). C. Cornia, op. cit. (nota 7), pag. 647, ritiene che l’applicazione uniforme del diritto comunitario nell’ambito delle esenzioni da IVA scaturisca dalla necessità di garantire la neutralità fiscale ai fini della concorrenza. Il principio di neutralità fiscale imporrebbe di trattare in modo uguale operazioni equiparabili dal punto di vista del consumatore finale. W. Birkenfeld, Mehrwertsteuer der EU, 4ª edizione, Bielefeld 2001, pagg. 32 e 33, spiega che la Corte, in ossequio al principio di neutralità fiscale, interpreterebbe estensivamente determinate nozioni funzionali alla determinazione della base imponibile (soggetto passivo, attività economica, cessione di beni, corrispettivo). Per la stessa ragione la Corte interpreterebbe restrittivamente le fattispecie di esenzione fiscale e le deroghe alla determinazione dell’imponibile. C. Lohse, «Der Neutralitätsgrundsatz im Mehrwertsteuerrecht», EuGH-Rechtsprechung und Umsatzsteuerpraxis (a cura di Achat/Tumpel), Vienna 2001, pagg. 58 e 59, sottolinea che il principio di neutralità è idoneo a delimitare l’ambito di applicazione delle esenzioni fiscali attraverso un’interpretazione restrittiva dei loro presupposti; viceversa, le condizioni di applicazione dell’IVA devono essere interpretate in senso lato.


29– L’art. 2, nn. 1 e 2, della prima direttiva dispone quanto segue: «1. Il principio del sistema comune di imposta sul valore aggiunto consiste nell’applicare ai beni ed ai servizi un’imposta generale sul consumo esattamente proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi, qualunque sia il numero di transazioni intervenute nel processo di produzione e di distribuzione antecedente alla fase dell’imposizione. 2. A ciascuna transazione, l’imposta sul valore aggiunto, calcolata sul prezzo del bene o del servizio all’aliquota applicabile al suddetto bene o servizio, è esigibile, previa deduzione dell’ammontare dell’imposta sul valore aggiunto che ha gravato direttamente sul costo dei diversi elementi costitutivi del prezzo».


30– V. sentenze 20 giugno 1996, causa C-155/94, Wellcome Trust (Racc. pag. I-3013, punto 38), e 3 dicembre 1998, causa C-381/97, Belgocodex (Racc. pag. I-8153, punto 18).


31– Sentenza 16 settembre 2004, causa C-382/02 (Racc. pag. I-8379, punti 23 e 24).


32– Cit. alla nota 11 (punto 39).


33– V. paragrafo 37 delle presenti conclusioni.


34– V. punto 6 dell’ordinanza di rinvio.


35– V. punto 13 delle osservazioni scritte del governo della Repubblica ceca.


36– Sentenza 13 luglio 1989, causa 173/88, Henriksen (Racc. pag. 2763, punto 16). Tale causa verteva essenzialmente sulla questione se la nozione di «locazioni di aree destinate al parcheggio dei veicoli» di cui all’art. 13, parte B, lett. b), n. 2, della sesta direttiva, che introduce un’eccezione all’esenzione fiscale generalizzata prevista all’art. 13, parte B, lett. b), per «l’affitto e la locazione di beni immobili», potesse comprendere la locazione di ogni tipo di area destinata al parcheggio di veicoli, incluse le autorimesse chiuse. La Corte ha statuito che tale locazione non può essere esclusa dall’esenzione così stabilita qualora essa sia strettamente connessa alla locazione, a sua volta esente, di immobili destinati ad altro uso. A suo giudizio, le due locazioni formano un’operazione economica unica «se, da un lato, il posto per il parcheggio dei veicoli e l’immobile destinato ad altro uso fanno parte di uno stesso complesso immobiliare e se, dall’altro, questi due beni sono affittati allo stesso locatario dallo stesso proprietario».


37– Cit. alla nota 19. Al punto 31 la Corte ha dichiarato che il fatto che sia fatturato un prezzo unico non riveste un’importanza decisiva, ma può militare a favore dell’esistenza di una prestazione unica quando un prestatore fornisce ai suoi clienti una prestazione di servizi composta da più elementi dietro versamento di un prezzo unico. Logicamente, dovrebbe conseguirne a contrario che la fatturazione separata relativa ad un solo segmento di una prestazione composta depone contro la sussistenza di una prestazione unica.


38– V. paragrafo 42 delle presenti conclusioni.


39– I. Ibáñez García, «Las exenciones en el IVA: Pecado original del impuesto comunitario», Noticias de la Unión Europea, 2003, n. 226, pag. 103 e seg.; lo stesso autore, in «El IVA en la actividad inmobiliaria: cuestiones pendientes», Gaceta jurídica de la Unión Europea y de la competencia, 2008, n. 4, pag. 43 e seg., stigmatizza l’incertezza del diritto causata dall’elenco di deroghe ed esenzioni dall’IVA sotto il profilo della loro complessa applicazione pratica. L’autore vi scorge una limitazione del principio della neutralità fiscale. Particolarmente interessanti per la fattispecie del procedimento principale sono le considerazioni teoriche di J.-C. Scholsem, La T.V.A. européenne face au phénomène immobilier, Liegi 1976, punto 55, pagg. 93 e 94. L’autore passa in rassegna diversi possibili modelli di imposizione fiscale sulle locazioni. Secondo un primo modello, l’IVA potrebbe gravare su tutte le prestazioni connesse con la locazione e sulla locazione medesima. A suo dire, tale soluzione sarebbe forse quella più rispondente al principio della neutralità fiscale. Un’altra soluzione, conforme alla sesta direttiva, consisterebbe nell’esentare la locazione di immobili da IVA per ragioni socio-politiche; soluzione, questa, che contrasterebbe con il principio di neutralità fiscale, ma che sarebbe nondimeno giustificata. Per l’autore resterebbero tuttavia escluse dall’esenzione le spese di manutenzione e di riparazione per ragioni di «semplificazione amministrativa».


40– V. la proposta della Commissione relativa alla sesta direttiva (Bollettino delleComunità europee, allegato 11/73, pag. 17). V. anche le conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Fonden Marselisborg Lystbådehavn (cit. alla nota 8, paragrafo 46). J.-M. Communier (cit. alla nota 5), pag. 230, rileva che le esenzioni di cui all’art. 13, parte B, lett. b), della sesta direttiva si giustificano sulla base di considerazioni di politica generale comuni agli Stati membri della Comunità europea. Secondo J.-C. Scholsem (cit. alla nota 39), punto 163, pag. 264, l’art. 13, parte B, lett. b), rispecchia la normativa in materia già esistente in tutti gli Stati membri, con talune varianti, prima dell’entrata in vigore della sesta direttiva.


41– V. paragrafo 32 delle presenti conclusioni.


42– V. paragrafi 28 e 29 delle presenti conclusioni.


43– V. paragrafi 42-47 delle presenti conclusioni.


44– Cit. alla nota 18, paragrafi 15 e 16.


45– V. paragrafo 32 delle presenti conclusioni.