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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

VERICA TRSTENJAK

presentate il 2 aprile 2009 1(1)

Causa C-37/08

RCI Europe

contro

Her Majesty’s Commissioners of Revenue and Customs

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal VAT and Duties Tribunal (Regno Unito)]

«Normativa tributaria – Armonizzazione – Imposte sulla cifra di affari – Interpretazione dell’art. 9 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977 in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Regole per determinare il luogo delle operazioni imponibili – Prestazioni di servizi relative a un bene immobile – Prestazioni intese ad agevolare i titolari di diritti di godimento turnario su determinate dimore di villeggiatura nello scambio di tali diritti – Circuito di scambio»






Indice


I – Introduzione

II – Contesto normativo

III – Fatti

A – Sull’attività economica di RCI Europe

B – Il procedimento dinnanzi alle autorità tributarie nazionali

1. La posizione dell’amministrazione tributaria del Regno Unito

2. La posizione dell’amministrazione tributaria spagnola

IV – Procedimento principale e questioni pregiudiziali

V – Procedimento dinanzi alla Corte

VI – Argomenti sostanziali delle parti

A – Sulla prima e sulla seconda questione

B – Sulla terza questione

C – Sulla quarta questione

VII – Valutazione giuridica

A – Osservazioni preliminari

1. Necessità di una determinazione uniforme del luogo della prestazione

2. I principi fondamentali delle disposizioni concernenti il luogo della prestazione

B – Esame delle questioni pregiudiziali

1. Considerazioni generali

a) Distinzione fra cessione e prestazione di servizi

b) Precisazione delle questioni pregiudiziali

2. Valutazione delle singole prestazioni sotto il profilo dell’IVA

a) Quote di iscrizione

i) Classificazione quale corrispettivo

ii) Determinazione del luogo della prestazione

b) Le quote associative

i) Classificazione come corrispettivo

ii) Determinazione del luogo della prestazione

c) Commissioni di scambio

i) Classificazione come corrispettivo

ii) Determinazione del luogo della prestazione

– Applicabilità del regime speciale previsto per le agenzie di viaggi

– Applicabilità dell’art. 9, n. 2, della sesta direttiva

VIII – Conclusioni

IX – Conclusione

I –    Introduzione

1.        Con la sua domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’art. 234 CE, il London VAT Tribunal Centre (in prosieguo: il «giudice del rinvio») sottopone alla Corte di giustizia delle Comunità europee una serie di questioni concernenti l’interpretazione dell’art. 9, n. 2, della direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (sesta direttiva) (2).

2.        Questo rinvio si colloca nell’ambito di un’impugnazione promossa dalla RCI Europe (in prosieguo: la «ricorrente») dinnanzi ai Value Added Tax Tribunals nel Regno Unito (in prosieguo: il «VAT Tribunal») avverso tre decisioni dell’amministrazione finanziaria nazionale (Commissioners for Her Majesty’s Revenue and Customs; in prosieguo: i «Commissioners»). Con essa la ricorrente si oppone in via giudiziaria al recupero a posteriori dell’IVA sul fatturato da essa realizzato, dichiarata, secondo i Commissioners, per un valore troppo basso.

3.        Le parti del procedimento principale controvertono in sostanza sulla qualificazione, sotto il profilo dell’IVA, di prestazioni di servizi transfrontaliere, e in particolare sul criterio di collegamento rilevante per determinare il luogo della prestazione. Da ciò dipende la soluzione della questione della sussistenza o meno della competenza tributaria del Regno Unito, paese in cui la ricorrente ha la propria sede, in relazione alle operazioni di cui trattasi.

II – Contesto normativo

4.        La sesta direttiva prevede disposizioni concernenti la determinazione del luogo delle operazioni imponibili. Questa direttiva è stata modificata dalla direttiva del Consiglio 28 novembre 2006, 2006/112/CE (3), entrata in vigore il 1° gennaio 2007; le disposizioni rilevanti per il procedimento a quo sono state in buona misura riprese senza subire modifiche.

5.        L’art. 9, n. 1, della sesta direttiva (4) stabilisce la seguente regola generale:

«Si considera luogo di una prestazione di servizi il luogo in cui il prestatore ha fissato la sede della propria attività economica o ha costituito un centro di attività stabile, a partire dal quale la prestazione di servizi viene resa o, in mancanza di tale sede o di tale centro di attività stabile, il luogo del suo domicilio o della sua residenza abituale».

6.        L’art. 9, n. 2, della sesta direttiva (5) contiene alcune regole speciali. Così, ai sensi della lett. a) di tale disposizione, «il luogo delle prestazioni di servizi relative a un bene immobile, incluse le prestazioni di agente immobiliare e di perito, nonché le prestazioni tendenti a preparare o a coordinare l’esecuzione di lavori immobiliari come, ad esempio, le prestazioni fornite dagli architetti e dagli uffici di sorveglianza, è quello dove il bene è situato».

7.        L’art. 26 della sesta direttiva (6) contiene una regola speciale per le agenzie di viaggi. Tale disposizione così recita:

«1.       Gli Stati membri applicano l’imposta sul valore aggiunto alle operazioni dell[e] agenzie di viaggi conformemente al presente articolo, nella misura in cui tali agenzie agiscano in nome proprio nei confronti del viaggiatore o utilizzino per l’esecuzione del viaggio, cessioni e prestazioni di servizi di altri soggetti passivi. Il presente articolo non è applicabile alle agenzie di viaggi che agiscono unicamente quali intermediari e alle quali è applicabile l’articolo 11, parte A, paragrafo 3, lettera c). Ai sensi del presente articolo sono considerati come agenzie di viaggi anche gli organizzatori di giri turistici.

2.       Le operazioni effettuate dall’agenzia di viaggi per la realizzazione del viaggio sono considerate come una prestazione di servizio unica fornita dall’agenzia di viaggi al viaggiatore. Essa è assoggettata all’imposta nello Stato membro in cui l’agenzia di viaggi ha la sede della sua attività economica o uno stabilimento permanente a partire dal quale essa ha fornito la prestazione di servizi. Per questa prestazione di servizio è considerata come base imponibile e come prezzo al netto dell’imposta, ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 3, lettera b), il margine dell’agenzia di viaggi, cioè la differenza tra l’importo totale a carico del viaggiatore, al netto dell’imposta sul valore aggiunto, ed il costo effettivo sostenuto dall’agenzia di viaggi per le cessioni e le prestazioni di servizi di altri soggetti passivi, nella misura in cui da tali operazioni il viaggiatore tragga direttamente vantaggio».

III – Fatti

A –    Sull’attività economica di RCI Europe

8.        La ricorrente nel procedimento principale è stata fondata il 29 novembre 1973 nel Regno Unito. L’attività economica da essa esercitata è intesa a consentire ed organizzare lo scambio di diritti di godimento turnario dei suoi associati, diritti insistenti su dimore di villeggiatura situate all’estero (noto anche come cosiddetto modello multiproprietà).

9.        La natura giuridica del concreto diritto di godimento turnario dipende dalla legge del paese in cui l’immobile è situato. Il suo titolare ha tuttavia il diritto tipico di occupare una specifica residenza di villeggiatura, in una determinata località di soggiorno turistica, per un determinato periodo di tempo, in corrispondenza di una serie di date predefinite. Il diritto di godimento turnario di un associato su un immobile è denominato come suo «diritto di uso villeggiatura».

10.      La ricorrente gestisce un programma di scambio dei diritti di godimento turnario su base settimanale, denominato «RCI Weeks», il quale presenta specifiche caratteristiche che verranno illustrate in prosieguo.

11.      Nell’ambito di questo programma, i promotori di strutture ricettive vengono invitati a divenire «associati». I soggetti privati titolari di diritti di godimento turnario (acquistati presso un promotore) su un immobile appartenente ad un complesso ricettivo affiliato possono chiedere di associarsi al circuito RCI Weeks.

12.      L’affiliazione a RCI Weeks consente all’associato di conferire i propri diritti di uso villeggiatura dell’immobile su cui insiste il proprio diritto di godimento turnario in un pool di strutture ricettive utilizzate a tempo parziale (in prosieguo: il «monte settimane») e di godere della disponibilità dei diritti di uso villeggiatura conferiti nel monte settimane da altri associati. Gli associati sono in contatto solo con la ricorrente. Attraverso il conferimento dei diritti di uso villeggiatura nel monte settimane, la ricorrente non acquista diritti sull’immobile cui si riferisce il diritto di godimento turnario. Piuttosto, quest’ultimo viene conservato dal suo titolare originario per tutto il periodo rilevante.

13.      Gli associati di RCI Weeks versano una quota di iscrizione, la quale copre un periodo da 1 a 5 anni, nonché quote associative da corrispondere annualmente. A ciò si aggiunge una commissione di scambio da versare in anticipo, e segnatamente al momento della richiesta di scambio. Sotto il profilo della registrazione contabile, la ricorrente considera questa commissione di scambio un deposito cautelativo. Se la ricorrente non è in grado di individuare uno scambio accettabile per l’associato nell’ambito del monte settimane, essa trattiene la commissione di scambio quale credito sul conto dell’associato per future commissioni di scambio, oppure, se l’associato lo richiede, lo rimborsa.

14.      Il monte settimane può essere incrementato qualora la ricorrente acquisti strutture ricettive da terzi o qualora un promotore renda disponibili settimane extra. Un associato di RCI Weeks può anche chiedere uno scambio con tale ulteriore possibilità ricettiva pagando una commissione di scambio.

B –    Il procedimento dinnanzi alle autorità tributarie nazionali

15.      La ricorrente ha la propria sede nel Regno Unito. Una parte considerevole dei suoi associati è costituita da cittadini di tale Stato membro. Una parte considerevole degli immobili assoggettati al programma di scambio RCI Weeks si trova invece in Spagna.

16.      Le autorità tributarie britanniche e spagnole rispettivamente competenti pervenivano, a causa di tali circostanze, a conclusioni divergenti quanto alla posizione della ricorrente sotto il profilo dell’IVA. A loro avviso, le prestazioni di servizi rese dalla ricorrente sono assoggettate alle loro rispettive disposizioni nazionali in materia di IVA. Ciascuna di esse esigeva pertanto dalla ricorrente il versamento dell’IVA per i profitti realizzati, il che comporta in definitiva una doppia imposizione in due diversi Stati membri.

1.      La posizione dell’amministrazione tributaria del Regno Unito

17.      I Commissioners ritengono che il conferimento della qualità di associato in un circuito di scambio di diritti di godimento turnario costituirebbe una prestazione fornita nel luogo in cui la ricorrente ha stabilito la sede della propria attività economica, ossia nel Regno Unito. Di conseguenza, i profitti realizzati sotto forma di quote di iscrizione e di quote associative sarebbero assoggettati all’IVA nel Regno Unito. I Commissioners hanno ritenuto che i profitti realizzati sotto forma di commissione di scambio rientrassero nell’ambito di applicazione delle disposizioni nazionali che hanno attuato l’art. 26 della sesta direttiva. Il corrispettivo fornito per la commissione di scambio è stato qualificato dai Commissioners come una «prestazione di viaggio speciale», la quale dovrebbe pertanto essere assoggettata ad imposta nel Regno Unito.

18.      Dall’ordinanza di rinvio si evince che fino al 31 dicembre 2003 la ricorrente pagava l’IVA nel Regno Unito su tutte le quote di iscrizione versate dai nuovi associati nonché su tutte le quote associative degli associati già iscritti per il successivo anno di adesione. Essa pagava inoltre, fino al 31 dicembre 2005, l’IVA nel Regno Unito su tutte le commissioni di scambio degli associati che avevano acquistato il diritto di uso in regime di godimento turnario di un immobile situato in uno Stato membro dell’Unione europea. La ricorrente non pagava l’IVA nel Regno Unito sulle commissioni di scambio degli associati che avevano acquistato il diritto di uso in regime di godimento turnario di un immobile situato al di fuori dell’Unione europea.

2.      La posizione dell’amministrazione tributaria spagnola

19.      Le autorità tributarie spagnole partono invece dal presupposto che le prestazioni di servizi rese dalla ricorrente fossero relative ad un bene immobile e fossero pertanto soggette ad IVA nello Stato in cui si trova il bene immobile in regime di godimento turnario.

20.      Gli avvisi di accertamento emessi dalle autorità tributarie spagnole nei confronti della ricorrente, incluse le decisioni di rigetto pronunciate dalle corti tributarie sono attualmente oggetto di un ricorso per cassazione instaurato dinnanzi alla giurisdizione spagnola di ultimo grado.

IV – Procedimento principale e questioni pregiudiziali

21.      Sulla base della suddetta posizione delle autorità spagnole, la ricorrente, dal 1° gennaio 2004, non dichiarava più l’IVA nel Regno Unito sulle quote di iscrizione e sulle quote associative versate dagli associati titolari di diritti su immobili situati in Spagna. Essa non dichiarava più neanche l’IVA nel Regno Unito sulle commissioni di scambio versate dagli associati che scambiavano i loro diritti di uso villeggiatura con diritti analoghi relativi ad immobili situati in Spagna.

22.      Il 23 marzo 2005, i Commissioners decidevano di emettere un avviso di accertamento per recuperare l’IVA che, secondo loro, la ricorrente avrebbe dovuto dichiarare nel 2004 sulle quote di iscrizione e sulle quote associative versate da associati titolari di diritti di uso villeggiatura su immobili situati in Spagna e sulle commissioni di scambio percepite per diritti di uso villeggiatura relativi ad immobili situati in Spagna. L’avviso di accertamento veniva emesso il 5 aprile 2005 per un importo pari a 1 339 709 GBP.

23.      Il 5 maggio 2005, la ricorrente impugnava questo avviso dinnanzi al giudice del rinvio.

24.      Il giudice del rinvio sottolinea, nella sua ordinanza di rinvio, la continua incertezza giuridica circa la determinazione del luogo della prestazione nonché il pericolo che l’attività economica della ricorrente ne venga pregiudicata. Esso ha pertanto deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)   Quali siano, nel contesto delle prestazioni di servizi rese dalla ricorrente per:

–        le quote d’iscrizione,

–        le quote associative; e

–        le commissioni di scambio

pagate dagli associati del circuito settimane RCI, gli elementi da prendere in considerazione per determinare se le prestazioni di servizi siano «relative a un bene immobile» ai sensi dell’art. 9, n. 2, lett. a), della sesta direttiva IVA (ora art. 45 della direttiva di rifusione IVA).

2)         Nel caso in cui alcune o tutte le prestazioni di servizi rese dalla ricorrente siano «relative a un bene immobile» ai sensi dell’art. 9, n. 2, lett. a), della sesta direttiva IVA (ora art. 45 della direttiva di rifusione IVA), se il bene immobile cui le prestazioni di servizi si riferiscono debba intendersi come quello sul quale insistono i diritti di godimento turnario conferiti nel monte, o quello cui si riferiscono i diritti di godimento turnario richiesti in cambio di quelli conferiti, oppure se sia rappresentato da entrambi;

3)         Qualora alcune prestazioni di servizi siano «relative a» entrambi i beni immobili, come esse debbano essere classificate secondo la sesta direttiva IVA (ora direttiva di rifusione IVA);

4)         Alla luce delle divergenti soluzioni adottate da diversi Stati membri, come la sesta direttiva IVA (ora direttiva di rifusione IVA) qualifichi i profitti derivanti dalla “commissione di scambio” percepiti da un soggetto passivo per le seguenti prestazioni di servizi:

–        servizi diretti ad agevolare lo scambio di diritti di uso villeggiatura di un associato ad un circuito gestito dal soggetto passivo con i diritti di uso villeggiatura facenti capo ad un altro associato al medesimo circuito; e/o

–        servizi diretti ad attribuire diritti di uso relativi a strutture ricettive che il soggetto passivo ha acquistato da soggetti passivi terzi per incrementare il monte delle offerte ricettive disponibili per gli associati a tale circuito».

V –    Procedimento dinanzi alla Corte

25.      L’ordinanza di rinvio del 9 gennaio 2008 è pervenuta alla cancelleria della Corte il 31 gennaio 2008.

26.      Hanno presentato osservazioni scritte, nei termini previsti dall’art. 23 dello Statuto della Corte, la ricorrente nel procedimento principale, i governi del Regno Unito, del Regno di Spagna e della Repubblica ellenica nonché la Commissione.

27.      All’udienza del 19 febbraio 2009 hanno presentato osservazioni i rappresentanti della ricorrente nel procedimento principale, dei governi del Regno Unito, del Regno di Spagna e della Repubblica ellenica nonché della Commissione.

VI – Argomenti sostanziali delle parti

A –    Sulla prima e sulla seconda questione

28.      La ricorrente nel procedimento principale ritiene che le prestazioni di servizi che vengono rese in cambio del versamento delle quote di iscrizione e delle quote associative non presenterebbero un nesso sufficiente con un determinato bene immobile e non rientrerebbero pertanto nell’ambito di applicazione dell’art. 9, n. 2, della sesta direttiva. Piuttosto, risulterebbe applicabile la regola generale di cui all’art. 9, n. 1, di tale direttiva, con la conseguenza che il luogo di esecuzione delle prestazioni, ossia dell’iscrizione e dell’adesione di nuovi associati coinciderebbe con il luogo in cui il prestatore di servizi abbia stabilito la sede della propria attività economica. Esso sarebbe, nel caso in esame, il Regno Unito.

29.      Lo stesso dovrebbe valere per quelle prestazioni di servizi rese in cambio del versamento delle commissioni di scambio, tanto più che ciò sarebbe coerente con il trattamento fiscale del complesso delle prestazioni fornite. Non sarebbe ragionevole trattare in maniera difforme una prestazione di servizi sostanzialmente uniforme.

30.      Il governo del Regno Unito fa valere che le prestazioni di servizi che vengono rese in cambio del versamento delle quote di iscrizione e delle quote associative dovrebbero rientrare nell’ambito di applicazione dell’art. 9, n. 1, di questa direttiva. Come la ricorrente nel procedimento principale, esso nega l’esistenza di un nesso sufficientemente diretto fra le prestazioni di servizi che verrebbero rese in cambio delle quote in questione e un qualsiasi bene immobile. Esso fonda la sua tesi, inter alia, sulla circostanza che la ricorrente si limiterebbe a consentire l’accesso ad una specie di mercato, sul quale gli associati potrebbero scambiare i loro diritti di godimento. Quanto alle commissioni di scambio, il governo del Regno Unito dichiara che non esisterebbe alcun nesso con un qualsivoglia bene immobile, tanto più che l’associato potrebbe mettere a disposizione sia il suo diritto di godimento sia le commissioni di scambio entro i 24 mesi che precedono la restituzione del suo diritto di godimento.

31.      Il governo del Regno di Spagna ritiene, in relazione alla prima questione, che occorrerebbe sostanzialmente tenere conto di due fattori nel valutare la questione se sia applicabile la disposizione concernente le prestazioni di servizi relative ad un bene immobile o invece il regime speciale concernente le agenzie di viaggi. Da un lato, occorrerebbe fare riferimento al comportamento dell’intermediario e verificare se questi agisca in nome proprio o altrui. Dall’altro, occorrerebbe accertare se l’intermediario acquisti da altri soggetti passivi i beni e i servizi necessari alla propria attività economica.

32.      In relazione alla seconda questione, il governo del Regno di Spagna dichiara che, allorché si può correttamente presumere un nesso fra le prestazioni di servizi controverse e il rispettivo bene immobile, le quote di iscrizione e le quote associative si riferiscono direttamente ai beni immobili sui quali gli associati possiedono diritti di godimento turnario conferiti nel circuito di scambio. Si tratterebbe infatti di quote il cui versamento è dovuto a causa della mera appartenenza al sistema anche qualora esso non venga utilizzato dall’associato.

33.      Il governo della Repubblica ellenica sostiene la tesi che fra i fattori che occorrerebbe prendere in considerazione per poter valutare se si sia in presenza di prestazioni di servizi «relative a un bene immobile» ai sensi dell’art. 9, n. 2, lett. a), della sesta direttiva rientrano il tipo di attività economica esercitata dalla ricorrente nonché il legame fra le prestazioni di servizi controverse e il bene immobile. Occorrerebbe in particolare verificare se si tratti di prestazioni di servizi indipendenti che devono essere fornite dai titolari di diritti di godimento turnario sotto forma di prestazioni di viaggio o piuttosto di prestazioni di servizi reciproche che verrebbero fornite per il tramite della ricorrente fra i titolari di diritti di godimento turnario che partecipano al programma di scambio.

34.      Il governo della Repubblica ellenica suggerisce di risolvere la seconda questione nel senso che le quote di iscrizione e le quote associative si riferiscono direttamente al bene immobile sul quale l’associato sia titolare di un diritto di godimento turnario, mentre le commissioni di scambio si riferiscono direttamente a quel bene immobile per il quale verrebbe esercitato il diritto di scambio.

35.      La Commissione fa valere che la prestazione resa dalla ricorrente consisterebbe nel consentire lo scambio di diritti di godimento turnario. Le quote e le commissioni da versare dovrebbero pertanto essere considerate quale corrispettivo per la partecipazione a tale sistema. A suo avviso, i diritti di godimento turnario rappresentano dei diritti su beni immobili e la loro cessione in cambio dell’uso di diritti analoghi rappresenta a sua volta una prestazione di servizi relativa ad un bene immobile ai sensi dell’art. 9, n. 2, della sesta direttiva. Il luogo della prestazione per la quale verrebbero versate le quote di iscrizione e le quote associative coinciderebbe con il luogo in cui è situato il bene immobile sul quale l’associato sia titolare dei diritti di godimento turnario. Il luogo della prestazione per la quale sarebbero versate le commissioni di scambio coinciderebbe invece con il luogo in cui è situato il bene immobile sul quale insistono i diritti di godimento turnario che l’associato otterrebbe in cambio.

B –    Sulla terza questione

36.      Secondo la ricorrente, la terza questione non è assolutamente proponibile nella forma in cui sarebbe stata formulata alla Corte dal giudice del rinvio nella domanda di pronuncia pregiudiziale. Come hanno dimostrato le sue allegazioni in ordine alla prima e alla seconda questione pregiudiziale, le prestazioni di servizi da essa rese non presenterebbero un nesso sufficiente con un bene immobile.

37.      Essa ritiene inoltre che la conclusione secondo la quale la prestazione di servizi potrebbe essere relativa ad entrambi i beni immobili – ossia sia a quello conferito sia a quello richiesto in cambio di quello conferito –, violerebbe la ratio e l’obiettivo dell’art. 9 della sesta direttiva. Con l’art. 9 della direttiva, il legislatore comunitario avrebbe inteso evitare conflitti fra gli Stati membri in ordine alla loro competenza in materia di riscossione dell’IVA ovvero di doppia imposizione. Nell’ambito di applicazione dell’art. 9, n. 2, lett. a), potrebbe pertanto risultare rilevante solo un bene immobile, e segnatamente quello con il quale sussiste il nesso più stretto.

38.      Il governo del Regno Unito ritiene, per gli stessi motivi della ricorrente, che non occorrerebbe risolvere la terza questione, in quanto la prestazione di servizi fornita dalla ricorrente non sarebbe appunto relativa ad un bene immobile. Piuttosto, tale questione metterebbe in luce i problemi che la tesi opposta comporterebbe. Qualora infatti la prestazione della ricorrente fosse relativa sia al diritto di uso dell’immobile conferito sia a quello ottenuto attraverso lo scambio, la medesima prestazione verrebbe assoggettata a due diverse aliquote IVA nazionali.

39.      Anche il governo del Regno di Spagna ritiene estremamente improbabile che una prestazione di servizi possa essere relativa ad entrambi i beni immobili. Ciò si evince dalle sue allegazioni in merito alla seconda questione pregiudiziale: la prestazione consistente nell’ammissione al monte settimane, fornita dietro il versamento della quota di iscrizione e delle quote associative, sarebbe esclusivamente relativa al bene immobile sul quale l’associato sia titolare del diritto di godimento turnario; invece, le prestazioni di servizi rese dietro il versamento della commissione di scambio – l’offerta all’associato, su richiesta del medesimo, in cambio del proprio diritto di godimento turnario, di un diritto di godimento turnario analogo di un altro associato – si riferirebbe direttamente al bene immobile in relazione al quale verrebbe esercitato il diritto di scambio. Qualora tuttavia il corrispettivo per la quota d’iscrizione/le quote associative da un lato, o la commissione di scambio dall’altro, siano effettivamente relative ad entrambi i beni immobili, occorrerebbe considerare, quale luogo della prestazione, la sede del prestatore di servizi, facendo applicazione dei principi enunciati nella sentenza della Corte nella causa C-429/97, Commissione/Francia (7).

40.      Il governo della Repubblica ellenica, sulla scorta delle sue allegazioni in merito alla seconda questione pregiudiziale, le quali coincidono, quanto al risultato, con quelle del governo spagnolo, perviene parimenti alla conclusione che la terza questione debba essere risolta nel senso che un’operazione non sarebbe mai relativa ad entrambi i beni immobili contemporaneamente.

41.      La Commissione, nelle sue osservazioni scritte, non affronta affatto la terza questione, in quanto anche a suo avviso – sostanzialmente coincidente con quello del Regno di Spagna e della Repubblica ellenica – tale questione non si pone. La prestazione della ricorrente sarebbe o relativa al bene immobile sul quale l’associato sia titolare del diritto di godimento turnario (così nel caso dell’ammissione al sistema di scambio dietro il pagamento della quota di iscrizione e delle quote associative), o invece al bene immobile che l’associato potrebbe utilizzare in cambio (così nel caso del corrispettivo per la commissione di scambio), ma mai ad entrambi i beni immobili contemporaneamente.

C –    Sulla quarta questione

42.      La ricorrente sostiene che non emergerebbe alcuna differenza quanto al luogo della prestazione di servizi, sia che i diritti di godimento turnario siano conferiti nel monte settimane da un altro associato sia che essi siano stati acquistati dalla ricorrente da soggetti passivi terzi per incrementare il monte delle offerte ricettive. La prestazione di servizi resa dalla ricorrente in cambio del versamento della commissione di scambio, infatti, a prescindere dalla provenienza del diritto di godimento turnario che verrebbe offerto all’associato in cambio del diritto di godimento turnario da questi conferito, sarebbe la stessa. Pertanto, la prestazione di servizi, in conformità delle allegazioni effettuate dalla ricorrente in relazione alla prima e alla seconda questione pregiudiziale, dovrebbe essere trattata, sotto il profilo dell’IVA, a prescindere dalla provenienza del diritto di godimento turnario ottenuto in cambio.

43.      Anche il governo del Regno Unito ritiene che la provenienza del diritto di godimento turnario non esplichi effetti sul luogo della prestazione. In entrambi i casi, che secondo la quarta questione pregiudiziale devono essere tenuti distinti, la ricorrente si limiterebbe a prestare un servizio di natura amministrativa, consistente nell’offrire all’associato più diritti di godimento turnario su altri immobili corrispondenti alle sue richieste di scambio. Non si verificherebbe un’effettiva cessione di un diritto di godimento turnario, in quanto la ricorrente non potrebbe garantire di trovarne uno analogo e l’associato non sarebbe tenuto ad accettare uno dei diritti di godimento turnario offerti. I profitti risultanti dalla prestazione resa dalla ricorrente dietro il versamento della commissione di scambio dovrebbero pertanto essere assoggettati ad imposta ai sensi dell’art. 9, n. 1, della direttiva 77/388, a prescindere dalla provenienza del diritto di godimento turnario.

44.      In subordine, per il caso in cui le sue allegazioni si rivelino errate e la commissione di scambio venga riscossa per l’effettiva cessione del diritto di godimento turnario su un altro immobile, il governo del Regno Unito afferma che tuttavia, nel secondo caso contemplato dalla quarta questione pregiudiziale, in cui la ricorrente ha acquistato i diritti di godimento turnario da un soggetto passivo terzo, tale commissione debba essere parimenti assoggettata ad imposta presso la sede della ricorrente. In questo caso sarebbe infatti applicabile il regime speciale previsto per le agenzie di viaggi.

45.      Il governo del Regno di Spagna rimanda, per la soluzione della quarta questione pregiudiziale, alle sue allegazioni inerenti la tassazione della commissione di scambio. Come già esposto in relazione alla seconda questione, la commissione di scambio sarebbe dovuta per la legittimazione ad utilizzare il diritto di godimento turnario su un altro immobile, essa sarebbe pertanto relativa a tale immobile e dovrebbe dunque essere assoggettata ad imposta nel luogo in cui è situato il medesimo.

46.      Il governo della Repubblica ellenica opera una distinzione fra i due casi contemplati dalla quarta questione pregiudiziale, e sembra partire dal presupposto che occorra pagare un importo supplementare per la cessione di diritti di godimento che la ricorrente acquista da soggetti passivi terzi. Nel primo caso – in cui la ricorrente offre all’associato il diritto di godimento turnario di un altro associato – la commissione di scambio dovrebbe essere assoggettata ad imposta nel luogo in cui è situato l’immobile sul quale insiste il diritto di godimento turnario di quest’altro associato. Nel secondo caso occorrerebbe procedere ad un’ulteriore distinzione: qualora la ricorrente metta a disposizione un diritto di godimento di un promotore di una struttura ricettiva di villeggiatura, tale caso dovrebbe essere trattato nel modo appena illustrato. Qualora la ricorrente acquisti il diritto di godimento per soddisfare la richiesta dell’associato e lo rivenda a quest’ultimo, tale prestazione rientrerebbe nel regime speciale per le agenzie di viaggi. Qualora infine la ricorrente ceda diritti di godimento di cui essa stessa sia titolare, essa svolgerebbe l’attività di un albergatore, la quale dovrebbe essere assoggettata al regime fiscale del luogo in cui è situato l’immobile al quale si riferirebbero tali diritti di godimento.

47.      La Commissione, infine, non affronta affatto, nelle sue osservazioni scritte, la quarta questione pregiudiziale. In questa sede non si può dunque che rinviare alla sua opinione, secondo la quale il corrispettivo per la commissione di scambio sarebbe relativo all’immobile suscettibile di essere utilizzato in cambio del diritto di godimento turnario conferito.

VII – Valutazione giuridica

A –    Osservazioni preliminari

1.      Necessità di una determinazione uniforme del luogo della prestazione

48.      La controversia fra la ricorrente e i Commissioners nasce in relazione alla questione del luogo delle operazioni imponibili. Dalla soluzione di tale questione dipende a sua volta la questione se il fatturato realizzato dalla ricorrente nell’ambito della propria attività economica sia assoggettato al potere impositivo delle autorità tributarie britanniche o spagnole.

49.      Nel valutare sotto il profilo dell’IVA le prestazioni di servizi transfrontaliere, una posizione centrale è occupata dalle disposizioni concernenti il luogo di altre prestazioni, in quanto è in relazione ad esse che viene risolta la questione dell’applicabilità del diritto nazionale in materia di IVA (8). Poiché l’ambito di applicazione del sistema di imposta sul valore aggiunto comprende cessioni e altre prestazioni diverse che un imprenditore effettua a titolo oneroso sul territorio nazionale nell’ambito dell’impresa, solo qualora il luogo della prestazione sia situato nel territorio nazionale è possibile applicare il diritto nazionale in materia di IVA.

50.      Qualora ciascuna autorità tributaria nazionale facesse riferimento a criteri diversi per determinare il luogo della prestazione, fenomeni di doppia o anche di mancata imposizione sarebbero scontati. Proprio in quest’ottica, risulta particolarmente importante fissare un criterio di collegamento uniforme per determinare il luogo della prestazione all’interno del mercato comune (9). Le previsioni della sesta direttiva concernenti il luogo della prestazione sono intese, secondo il suo settimo ‘considerando’, a delimitare la competenza impositiva dei singoli Stati membri in maniera tale da evitare tali conflitti di competenza (10). La fissazione uniforme a livello comunitario del luogo di collegamento fiscale è intesa ad introdurre una delimitazione adeguata del rispettivo ambito di validità del diritto nazionale in materia di IVA (11).

2.      I principi fondamentali delle disposizioni concernenti il luogo della prestazione

51.      Conflitti fra gli Stati membri inerenti la qualificazione sono evitabili attraverso disposizioni il più possibile semplici ed univoche, fermo restando che, dal punto di vista del legislatore, sono pensabili criteri di collegamento diversi a seconda che venga accordata la priorità al principio del luogo in cui è situata l’impresa o al principio del paese di destinazione. In base al primo principio, il collegamento si verifica con il luogo in cui il prestatore di servizi ha stabilito la sede di un’attività economica, mentre, in base al secondo principio, il luogo della prestazione viene fissato presso il luogo in cui avviene il probabile consumo ovvero lo sfruttamento economico dell’altra prestazione.

52.      Consapevole del fatto che entrambi i principi presentano sia vantaggi sia svantaggi per il funzionamento del mercato comune, il legislatore comunitario, con le disposizioni della sesta direttiva concernenti il luogo della prestazione, ha optato per un approccio misto (12), fissando all’art. 9, n. 1, quale luogo delle prestazioni di servizi, in linea di principio il luogo in cui è situata l’impresa del prestatore. A tale principio esso ha tuttavia previsto, al n. 2, numerose eccezioni obbligatorie, le quali limitano fortemente l’ambito di applicazione del n. 1, e fanno diventare addirittura un’eccezione il principio del luogo della sede previsto nella sesta direttiva (13). A ciò si aggiungono regole speciali che tengono conto delle peculiarità di talune attività economiche.

B –    Esame delle questioni pregiudiziali

1.      Considerazioni generali

a)      Distinzione fra cessione e prestazione di servizi

53.      Occorre innanzitutto constatare che né il giudice del rinvio né le parti nel presente procedimento contestano che l’attività economica della ricorrente consista esclusivamente nell’erogazione di prestazioni di servizi a titolo oneroso ai sensi dell’art. 6, n. 1, della sesta direttiva. Tale valutazione giuridica è, a mio avviso, corretta, e deve pertanto essere posta a fondamento dell’analisi che segue.

54.      A causa della chiara delimitazione cui procede la sesta direttiva in relazione alla qualificazione giuridica delle operazioni da assoggettare ad IVA (14), un ricorso alle disposizioni concernenti la cessione di beni ai sensi degli artt. 5 e 8 della sesta direttiva è escluso. Controversa è dunque solo ed esclusivamente l’applicabilità alle prestazioni in questione dell’art. 9, nn. 1 e 2, lett. a), nonché del regime speciale previsto per le agenzie di viaggi dall’art. 26, n. 1.

b)      Precisazione delle questioni pregiudiziali

55.      Si deve altresì rilevare che le questioni sollevate dal giudice del rinvio si sovrappongono considerevolmente sotto il profilo del contenuto, il che, a mio avviso, rende necessaria una loro precisazione.

56.      Da un lato, le questioni pregiudiziali, valutando la domanda di pronuncia pregiudiziale con cognizione di causa, sono intese a risolvere la questione della misura in cui i diversi tipi di quote e commissioni che devono essere versate dagli associati che partecipano al programma di scambio RCI Weeks siano ricollegabili a singole prestazioni della ricorrente.

57.      La presenza di un rapporto giuridico sinallagmatico nel cui ambito le parti contraenti si obbligano reciprocamente a scambiarsi prestazioni corrispondenti sotto forma di una prestazione di un servizio e di un corrispettivo, è rilevante se si considera che, ai sensi dell’art. 2, n. 1, della sesta direttiva, sono assoggettate ad IVA solo le prestazioni di servizi rese a titolo oneroso (15). Occorre pertanto, nel caso presente, identificare esattamente i singoli obblighi contrattuali della ricorrente.

58.      Dall’altro lato, le questioni pregiudiziali sono intese a stabilire a quali fra le summenzionate disposizioni concernenti il luogo della prestazione debbano essere ricondotte le prestazioni controverse. Sulla scorta di tali disposizioni sarà possibile accertare se e in che misura sussista la competenza impositiva del Regno Unito.

59.      A fini di chiarezza nonché nell’interesse di una soluzione utile delle questioni pregiudiziali, concentrerò la mia analisi giuridica su entrambi questi aspetti principali.

2.      Valutazione delle singole prestazioni sotto il profilo dell’IVA

60.      Il metodo più efficace sembra essere quello di esaminare le prestazioni della ricorrente procedendo per cosi dire a contrario, sulla scorta dei diversi corrispettivi che la stessa percepisce dai clienti. I corrispettivi percepiti dalla ricorrente riguardano, da un lato, le quote di iscrizione, sotto forma di una tassa di ammissione che l’associato è tenuto a versare una tantum all’atto di iscrizione, nonché la quota associativa annuale, ed infine una cosiddetta commissione di scambio nel caso in cui abbia effettivamente luogo uno scambio di diritti di uso di immobili nell’ambito del programma RCI Weeks. In prosieguo distinguerò, sulla scorta di tali corrispettivi, quali prestazioni della ricorrente siano ad essi legate. Al riguardo verificherò se tali prestazioni rappresentino una prestazione unitaria oppure prestazioni che devono essere considerate separatamente, e se esse costituiscano l’equivalente adeguato del corrispettivo. Dalle conoscenze acquisite sarà poi possibile accertare in quale fattispecie, sotto il profilo dell’IVA, rientri la prestazione, e ricavarne quindi il luogo in cui deve essere fornita.

61.      La determinazione delle prestazioni rese è, nel caso dei cosiddetti contratti di multiproprietà, difficile. Sotto il profilo civilistico, non esiste, per tali prestazioni, un tipo di contratto uniforme (16). Sono ravvisabili diritti di uso permanente sotto forma di contratti d’affitto, modelli fiduciari caratterizzati dall’intermediazione di diritti reali di godimento, modelli azionari, modelli di club per vacanze e numerose altre varianti. Tale confusione è stata anche il motivo alla base dell’adozione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 26 ottobre 1994, 94/47/CE, concernente la tutela dell’acquirente per taluni aspetti dei contratti relativi all’acquisizione di un diritto di godimento a tempo parziale di beni immobili (17). Poiché subito dopo l’entrata in vigore di questa direttiva erano già disponibili sul mercato alcuni nuovi modelli di contratti di multiproprietà, la Commissione, per colmare lacune normative, ha presentato, nel 2007, proposte di modifica a favore di una maggiore tutela dei consumatori, le quali sono state accolte dal Parlamento europeo il 22 ottobre 2008 in una versione leggermente modificata.

62.      Nella causa in esame, ciò che tuttavia rileva non è tanto la conclusione dei contratti di multiproprietà stessi, bensì piuttosto lo scambio di diritti di uso villeggiatura fra gli associati ad un circuito di scambio.

a)      Quote di iscrizione

i)      Classificazione quale corrispettivo

63.      Dalla giurisprudenza della Corte emerge che si deve assumere un rapporto giuridico sinallagmatico qualora sussista un nesso diretto tra il servizio reso e il controvalore ricevuto, ove le somme versate costituiscano l’effettivo corrispettivo di una prestazione individuabile fornita nell’ambito di un rapporto giuridico caratterizzato da prestazioni sinallagmatiche (18).

64.      In relazione alle quote di iscrizione dovrebbe dunque essere possibile ravvisare un nesso diretto con una prestazione sufficientemente individuabile.

65.      Da un esame approfondito del modello commerciale della ricorrente, come illustrato dettagliatamente dalla stessa e dal governo del Regno Unito nelle loro memorie, si evince che un associato riceve in un primo momento, in cambio del versamento delle quote d’iscrizione, solo l’accesso al programma di scambio RCI Weeks.

66.      La semplice adesione non conferisce tuttavia ancora il diritto ad avvalersi dei diritti di godimento turnario di altri associati. A tal fine è necessario, oltre all’affiliazione a RCI Weeks, il conferimento nel circuito di scambio dei propri diritti di godimento turnario. Ciò esige, in concreto, che il titolare di un diritto di godimento turnario richieda alla ricorrente l’esecuzione di uno scambio; in primo luogo egli deve mettere a disposizione un suo determinato diritto di godimento turnario e, in secondo luogo, deve scegliere un diritto di godimento turnario analogo.

67.      Oltre alla possibilità di partecipare al programma di scambio, l’associato ottiene l’accesso ad una serie di informazioni concernenti gli immobili di villeggiatura in offerta, per esempio sotto forma di un catalogo cartaceo aggiornato regolarmente nonché di una rassegna su internet. All’associato viene inoltre comunicato un numero di telefono attraverso il quale egli può contattare, se del caso, il personale della ricorrente ed informarsi sia in ordine alle esatte modalità di scambio sia in ordine ai servizi supplementari, disponibili su richiesta, forniti dalla ricorrente.

68.      L’accesso a RCI Weeks si configura pertanto in un certo senso, dal punto di vista di un nuovo associato, quale fase che precede la partecipazione al programma di scambio; per l’associato, in cambio del versamento della quota di iscrizione, tutte le alternative sono potenzialmente praticabili. Le informazioni che vengono messe a disposizione del nuovo associato sono intese a prepararlo al programma di scambio vero e proprio. All’adesione non è tuttavia ancora connessa la cessione di diritti, bensì solamente il conferimento dell’accesso ad una specie di mercato sul quale gli associati possono scambiare i loro diritti di godimento turnario con l’aiuto della ricorrente. La qualità di associato in sé non obbliga tuttavia alla partecipazione a tale programma di scambio.

69.      Di conseguenza, un nesso diretto nel senso della giurisprudenza sussiste solo fra l’attività di conferimento dell’accesso al programma di scambio in questione e il pagamento delle quote d’iscrizione.

70.      Non è invece possibile instaurare automaticamente un nesso diretto fra l’adesione e l’effettiva esecuzione del programma di scambio, in quanto, a tal fine, è necessaria un’attività ulteriore delle parti contraenti, e segnatamente la richiesta da parte dell’associato nonché la conferma da parte della ricorrente dell’eseguibilità dello scambio e, non da ultimo, il versamento della commissione di scambio.

ii)    Determinazione del luogo della prestazione

71.      Occorre inoltre verificare come tale prestazione debba essere classificata all’interno del sistema globale delle disposizioni concernenti il luogo della prestazione della sesta direttiva. In considerazione viene un’applicazione delle disposizioni contenute nell’art. 9, nn. 1 e 2, della sesta direttiva. Al riguardo sono necessarie alcune osservazioni preliminari concernenti l’interpretazione di tali disposizioni.

72.      L’art. 9, n. 1, della sesta direttiva contiene una regola generale per determinare il luogo di collegamento fiscale, mentre il n. 2 del medesimo articolo indica una serie di collegamenti specifici (19).

73.      È vero che la sesta direttiva non disciplina espressamente il rapporto fra la regola di base contenuta all’art. 9, n. 1, e le regole speciali di cui all’art. 9, n. 2. La Corte ha tuttavia dichiarato che non esiste alcuna preminenza del n. 1 sul n. 2. Piuttosto, la questione che si pone in ciascun caso di specie è se una delle disposizioni di cui all’art. 9, n. 2, di detta direttiva sia pertinente; altrimenti si applica l’art. 9, n. 1 (20). Da ciò la Corte ha dedotto che il regime speciale di cui all’art. 9, n. 2, lett. a), della sesta direttiva non può essere considerato un’eccezione ad un principio generale, da interpretare in senso restrittivo (21).

74.      La Corte parte pertanto manifestamente dal presupposto che l’art. 9, n. 2, della sesta direttiva, contiene disposizioni speciali che, in conformità del principio lex specialis derogat legi generali, devono essere esaminate in via prioritaria ed applicate in caso di concretizzazione dei loro elementi costitutivi (22).

75.      Occorre dunque verificare innanzitutto se un’operazione come quella già descritta rientri nell’ambito di applicazione del regime speciale previsto dall’art. 9, n. 2, lett. a), della sesta direttiva. Ciò esige che le prestazioni di servizi di cui trattasi siano «relative a un bene immobile».

76.      In questa sede si pone tuttavia la questione di quale sia il bene immobile al quale si riferisce esattamente la prestazione di cui trattasi. In linea di principio è pensabile un collegamento con il bene immobile sul quale l’associato sia già titolare di un diritto di godimento turnario, come sostengono i governi spagnolo e greco nonché la Commissione.

77.      A prescindere dagli esatti requisiti di fatto imposti ad un siffatto nesso, dei quali mi occuperò più dettagliatamente in seguito (23), nel caso presente non mi sembra sussistere, già ad un primo esame, un nesso diretto fra la prestazione di servizi effettiva e il bene immobile controverso.

78.      Come già esposto, l’accesso a RCI Weeks si configura, dal punto di vista di un nuovo associato, quale fase che precede la partecipazione effettiva al programma di scambio (24). Le prestazioni di servizi fornite dalla ricorrente sotto forma di conferimento dell’accesso e delle informazioni sono in realtà intese a preparare l’associato al programma di scambio, senza che da ciò risulti un obbligo di partecipazione. In questa fase iniziale che caratterizza la qualità di associato non ha pertanto ancora luogo uno scambio di diritti di uso villeggiatura.

79.      È vero che, a seguito dell’adesione a RCI Weeks, l’associato può conferire nel circuito di scambio i propri diritti di godimento turnario; la concessione di tale facoltà è tuttavia priva di valore per l’associato, fintantoché non vengano soddisfatti i presupposti per l’effettiva esecuzione di uno scambio.

80.      La concessione della semplice possibilità di conferire nel circuito di scambio i propri diritti di godimento turnario su un bene immobile non può di per sé essere considerata come una prestazione principale nel senso del diritto in materia di IVA. Considerata sotto il profilo oggettivo, essa costituisce tutt’al più una prestazione accessoria subordinata, la quale non costituisce per l’associato un fine a se stante, bensì il mezzo per fruire al meglio del servizio principale offerto dal prestatore (consentire lo scambio di diritti di uso villeggiatura).

81.      Il principio dell’«unità della prestazione» (25), proprio del diritto in materia di IVA, vieta di considerare una siffatta prestazione accessoria quale prestazione autonoma. È conforme alla giurisprudenza costante della Corte (26) che non si può suddividere l’operazione imponibile nelle sue varie componenti e sottoporle ad IVA separatamente. Nel qualificare un’operazione occorre piuttosto fare riferimento all’elemento prevalente all’interno di un complesso di prestazioni. A maggior ragione, una siffatta prestazione accessoria non può, quale prestazione rilevante, essere posta a fondamento dell’accertamento del luogo della prestazione, bensì deve cedere il passo all’effettiva prestazione principale. Solo quest’ultima viene considerata la prestazione imponibile ai sensi dell’art. 2, n. 1, della sesta direttiva.

82.      Un’applicazione dell’art. 9, n. 2, della sesta direttiva è in definitiva esclusa in quanto, nel caso presente, non è ravvisabile un nesso sufficientemente stretto fra la prestazione di servizi effettiva per la quale un associato versa in cambio quote di iscrizione e il bene immobile sul quale insistono i diritti di godimento turnario dell’associato.

83.      Qualora si ritenga, come sostenuto in questa sede, che la prestazione di servizi controversa per la quale un associato versa le quote di iscrizione consista esclusivamente nel consentire l’accesso al circuito di scambio nonché nel procurare informazioni concernenti le possibilità di scambio di diritti di godimento turnario, un’applicazione dell’art. 26 della sesta direttiva deve parimenti essere esclusa, in quanto la ricorrente, così facendo, non si avvale in ogni caso della cessione e della prestazione di servizi di altri soggetti passivi, destinati alla realizzazione di un viaggio.

84.      Poiché non risulta applicabile alcuna regola speciale, opera l’ambito di applicazione della regola di base di cui all’art. 9, n. 1, della sesta direttiva. Di conseguenza, in relazione alle quote di iscrizione, il luogo della prestazione coincide con il luogo in cui la ricorrente ha stabilito la sede della propria attività economica.

b)      Le quote associative

i)      Classificazione come corrispettivo

85.      Dall’argomento della ricorrente si evince che non sussiste alcuna differenza sostanziale fra le quote di iscrizione e le quote associative; esse costituiscono, considerate nel loro insieme, il corrispettivo per la partecipazione al programma di scambio RCI Weeks nonché per la facoltà di avvalersi dei vantaggi della qualità di associato (27).

86.      Al versamento delle quote associative sembra essere connesso esclusivamente il regolare pagamento di una somma forfettaria per l’uso dell’intera gamma di servizi della ricorrente. Esso è pertanto dovuto anche qualora l’associato non partecipi al programma di scambio, sia in quanto non ha conferito i propri diritti di godimento turnario nel circuito di scambio, sia in quanto non è stato trovato un diritto di godimento turnario analogo con il quale effettuare lo scambio.

87.      È innegabile che, nel caso presente, si sia in presenza di un rapporto giuridico nell’ambito del quale vengono scambiate prestazioni di servizi analoghe. Al riguardo, è del tutto irrilevante che le quote associative non possano essere riferite ad ogni utilizzazione personale del programma di scambio. Come constatato dalla Corte nella sentenza Kennemer Golf (28), sussiste un rapporto giuridico sinallagmatico anche qualora un’associazione offra in maniera permanente una pluralità di prestazioni e i suoi associati versino, quale corrispettivo, un importo forfettario sotto forma di contributo annuale. Le prestazioni rese dalla ricorrente integrano pertanto i requisiti di una prestazione di servizi a titolo oneroso ai sensi dell’art. 2, n. 1, della sesta direttiva e sono dunque, in linea di principio, assoggettate all’IVA.

ii)    Determinazione del luogo della prestazione

88.      Alla luce della circostanza che le quote associative sono pensate quale corrispettivo per una pluralità di prestazioni di servizi, le quali, in primo luogo, non presentano sempre un nesso con un bene immobile e, in secondo luogo, non vengono necessariamente rese nell’ambito dell’esecuzione dello scambio di diritti di godimento turnario, sarebbe tuttavia inesatto, a mio avviso, assumere l’esistenza di un nesso con un bene immobile ai sensi dell’art. 9, n. 2, lett. a), della sesta direttiva. Ciò non solo non corrisponderebbe ai fatti esposti, ma comporterebbe altresì un’estensione inaccettabile di tale fattispecie speciale.

89.      Analogamente alle quote di iscrizione, le quote associative si ricollegano alla qualità di associato e ai vantaggi ad essa connessi. Sembra pertanto logico trattarle, sotto il profilo dell’IVA, in maniera analoga alle quote di iscrizione.

90.      Il luogo della prestazione ai sensi dell’art. 9, n. 1, della sesta direttiva coincide pertanto, per quanto riguarda le quote associative, con il luogo in cui la ricorrente ha stabilito la sede della propria attività economica.

c)      Commissioni di scambio

i)      Classificazione come corrispettivo

91.      Diversamente che nel caso delle quote menzionate in precedenza, l’associato versa la commissione di scambio in relazione all’effettiva esecuzione del programma di scambio. Al più tardi al momento della regolare conclusione di un siffatto scambio di diritti di godimento turnario, la ricorrente, la quale svolge qui sostanzialmente una funzione di coordinamento (29), fattura la commissione di scambio all’associato.

92.      Entrambe le parti contraenti effettuano dunque la propria prestazione per ottenere un corrispettivo. È pertanto pacifico che i diritti di entrambe le parti contraenti si fondano su un rapporto giuridico sinallagmatico.

ii)    Determinazione del luogo della prestazione

93.      Controversa è invece la regola applicabile per determinare il luogo della prestazione.

–       Applicabilità del regime speciale previsto per le agenzie di viaggi

94.      In considerazione viene innanzitutto il regime speciale in materia di IVA previsto dall’art. 26 della sesta direttiva. Diversamente dalle altre parti intervenute nel procedimento, il governo del Regno Unito non ne esclude in maniera categorica l’applicabilità.

Ratio e scopo della disposizione

95.      L’art. 26 della sesta direttiva prevede una deroga al regime generale concernente la base imponibile per quanto riguarda talune operazioni delle agenzie di viaggi e degli organizzatori di giri turistici (30). Quale regime derogatorio, esso può essere applicato unicamente nei limiti di quanto necessario al raggiungimento dell’obiettivo della direttiva (31).

96.      Il regime speciale in materia di IVA introdotto dall’art. 26 della sesta direttiva è inteso ad adeguare la normativa applicabile alle peculiarità che caratterizzano l’attività delle agenzie di viaggi e degli organizzatori di giri turistici. Le prestazioni fornite da queste imprese sono caratterizzate dal fatto di essere il più delle volte composte da prestazioni plurime, in particolare in materia di trasporto e di alloggio, effettuate sia all’interno sia all’esterno del territorio del paese in cui l’agenzia di viaggi ha la sua sede o un centro di attività stabile. L’applicazione delle norme generali concernenti il luogo di imposizione, la base imponibile e la detrazione dell’imposta pagata a monte comporterebbero, a causa della pluralità delle prestazioni e del luogo in cui vengono fornite, difficoltà pratiche per dette imprese, che sarebbero atte ad ostacolare l’esercizio della loro attività (32).

97.      Al fine di evitare quanto esposto, l’art. 26, n. 2, prevede, inter alia, che le operazioni effettuate per la realizzazione del viaggio sono considerate come una prestazione di servizi unica fornita al viaggiatore. Essa è assoggettata all’imposta nello Stato membro in cui l’agenzia di viaggi ha la sede della sua attività economica o uno stabilimento permanente a partire dal quale essa ha fornito la prestazione di servizi.

Requisiti

–        Qualità di agenzia di viaggi o di organizzatore di giri turistici

98.      Occorre notare innanzitutto che il fatto che la ricorrente non è né un’agenzia di viaggi né un organizzatore di giri turistici nel senso generalmente attribuito a tali termini, non osta di per sé ad un’applicazione dell’art. 26 della sesta direttiva, fintantoché essa, in conformità della giurisprudenza della Corte, effettui operazioni identiche nell’ambito di un’altra attività (33).

99.      Siffatto requisito è soddisfatto nel caso presente. Offrendo prestazioni di servizi che consentono ai suoi associati di utilizzare a fini di villeggiatura immobili per vacanza situati all’estero, la ricorrente esercita un’attività economica analoga, per certi aspetti, a quella di un’agenzia di viaggi o di un organizzatore di giri turistici, senza coincidere completamente con la medesima. Inoltre, la ratio e lo scopo dell’art. 26 della sesta direttiva, giustificano un’inclusione nell’ambito di applicazione di tale disposizione. L’attività economica della ricorrente, a causa della pluralità delle prestazioni fornite e della frantumazione spaziale della sede dell’impresa e dell’oggetto della prestazione, è infatti esposta, parimenti ad un’agenzia di viaggi o ad un organizzatore di giri turistici, ai rischi della doppia imposizione.

–        Attività in nome proprio

100. Presupposto per l’applicabilità dell’art. 26 è, ai sensi del suo n. 1, che l’agenzia di viaggi agisca in nome proprio nei confronti del viaggiatore e utilizzi per l’esecuzione del viaggio cessioni e prestazioni di servizi di altri soggetti passivi. Un’agenzia di viaggi che si limita a fungere da intermediario di prestazioni di viaggio non rientra invece nell’ambito di applicazione dell’art. 26, bensì fornisce prestazioni di intermediazione presso la propria sede ai sensi della regola generale di cui all’art. 9, n. 1, della sesta direttiva (34).

101. Decisivo è dunque, innanzitutto, se la ricorrente, nel fornire le sue prestazioni, agisca in nome proprio o altrui.

102. Come osserva a ragione il governo spagnolo (35), nell’operare siffatta delimitazione risulta determinante se l’attività della ricorrente si limiti ad instaurare il contatto fra due associati affinché questi possano accordarsi contrattualmente su uno scambio di diritti di uso villeggiatura. In questo caso sussisterebbe un’attività di intermediazione, in quanto la ricorrente agirebbe in nome altrui. Si sarebbe invece in presenza di un’attività in nome proprio qualora gli associati portino a compimento tale scambio senza sapere chi rispettivamente ne benefici, in quanto la ricorrente procede essa stessa al coordinamento e ripartisce i diritti di uso villeggiatura.

103. Secondo le informazioni della ricorrente nel procedimento principale, nel verificare la disponibilità dell’immobile per vacanze scelto e nel cercare offerte alternative essa agisce ogni volta «per conto dei propri associati» (36). Essa sottolinea inoltre che gli associati sono in contatto solo con il suo personale e non comunicano in alcun modo fra loro (37). Sulla base di queste allegazioni occorre partire dal presupposto che l’unico partner contrattuale degli associati è la ricorrente nel procedimento principale.

104. Di conseguenza, non è ravvisabile alcuna attività di intermediazione della ricorrente. Piuttosto, essa agisce in nome proprio ai sensi dell’art. 26, n. 1, della sesta direttiva.

–        Utilizzazione di cessioni e prestazioni di servizi di altri soggetti passivi

105. Per contro, non è chiaro se, nel caso concreto, sia realizzato un ulteriore presupposto essenziale di tale disposizione, e segnatamente la necessità di avvalersi di cessioni e prestazioni di servizi di altri soggetti passivi. Fra tali prestazioni rientrerebbero, per esempio, le prestazioni di alloggio e di trasporto che devono essere fornite da terzi. Tuttavia, queste prestazioni acquistate presso terzi dovrebbero costituire più di un semplice mezzo per fruire nelle condizioni migliori della prestazione principale offerta da detto operatore economico. Tali prestazioni resterebbero altrimenti, in conformità della giurisprudenza della Corte (38), puramente accessorie rispetto alle prestazioni proprie, con conseguente esclusione di una tassazione ai sensi dell’art. 26 della sesta direttiva. Qualora la ricorrente, oltre alle prestazioni connesse allo scambio di diritti di uso di immobili, offrisse ai propri associati ulteriori prestazioni fornite normalmente da terzi, come per esempio il trasferimento in Spagna, sarebbe applicabile l’art. 26 della sesta direttiva.

106. Né dall’ordinanza di rinvio né dagli argomenti della ricorrente emergono indizi precisi sul fatto che la ricorrente, nel fornire le prestazioni di servizi ai propri associati, si avvalga di cessioni e prestazioni di servizi di altri soggetti passivi. Risulta solamente che il Weeks Pool può essere incrementato se la ricorrente acquista strutture ricettive presso terzi oppure un promotore renda disponibili settimane extra. Dietro il versamento di una commissione di scambio, un associato può richiedere anche uno scambio con una struttura ricettiva facente parte di questa offerta supplementare. I dettagli necessari per potere procedere ad una valutazione giuridica di queste transazioni mi sembrano tuttavia insufficienti.

107. Incombe pertanto al giudice nazionale verificare in dettaglio se, nel procedimento a quo, si sia in presenza di un’utilizzazione di cessioni e di prestazioni di servizi. In caso di soluzione negativa, l’art. 26 della sesta direttiva non sarebbe applicabile.

–       Applicabilità dell’art. 9, n. 2, della sesta direttiva

108. Nel caso di inapplicabilità dell’art. 26 della sesta direttiva occorre poi esaminare se una prestazione di servizi consistente nell’agevolare lo scambio di diritti di godimento turnario su taluni immobili di villeggiatura fra i titolari di tali diritti, sia relativa ad un determinato bene immobile ai sensi dell’art. 9, n. 2, lett. a).

109. A mio avviso, un nesso del genere deve considerarsi esistente procedendo ad un’interpretazione letterale di tale disposizione, in quanto le prestazioni fornite dalla ricorrente sono intese a consentire all’associato un diritto di godimento su un determinato immobile altrui per un periodo di tempo ben delimitato.

110. L’avvocato generale Sharpston, nelle sue conclusioni nella causa Heger (39), ha tuttavia espresso perplessità nei confronti di un’interpretazione meramente letterale di tale disposizione. Essa ha correttamente sottolineato, al riguardo, che un’interpretazione della nozione «relative a» troppo lata sarebbe inappropriata, in quanto ogni prestazione può, in ultima analisi, essere in un modo o in un altro relativa ad un bene immobile, inteso come spazio delimitato. Effettivamente, il grado e il tipo di un siffatto nesso con un bene immobile possono variare a seconda della prestazione.

111. La Corte ha finora evitato di specificare i requisiti che devono essere posti in relazione al tipo e all’immediatezza di tale nesso. Nella sentenza Heger (40) essa si è limitata a constatare che solo le prestazioni di servizi che presentano un «nesso sufficientemente diretto» con un bene immobile rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 9, n. 2, lett. a), della sesta direttiva, tanto più che un nesso del genere caratterizza tutte le prestazioni di servizi elencate in tale disposizione.

112. Tenuto conto di questi elementi, ci si chiede se l’interpretazione dell’art. 9, n. 2, lett. a), della sesta direttiva sostenuta in questa sede possa essere supportata anche dalla collocazione sistematica di tale disposizione nel complesso delle disposizioni concernenti il luogo della prestazione, nonché dalla sua ratio e dal suo scopo.

113. Significativo risulta l’elenco di esempi ivi contenuto, il quale, a causa della formulazione univoca dell’art. 9, lett. 2, lett. a) («incluse», «ad esempio»), non deve essere in alcun modo considerato esaustivo, in quanto tali esempi forniscono, come accennato dalla Corte nella sentenza Heger, importanti elementi indicativi della specie e della qualità di un siffatto nesso.

114. Nell’interpretare l’art. 9, n. 2, lett. a), della sesta direttiva, occorre tuttavia tenere conto della giurisprudenza della Corte secondo la quale le nozioni contenute nella sesta direttiva, in assenza di un’espressa definizione o di un rinvio agli ordinamenti giuridici degli Stati membri, costituiscono nozioni autonome di diritto comunitario e devono pertanto ricevere una definizione comunitaria (41).

115. Gli esempi di prestazioni di servizi relative ad un bene immobile elencati all’art. 9, n. 2, lett. a), della sesta direttiva, suggeriscono, in ogni caso, che il contatto fisico non può costituire un criterio imperativo, tanto più che sia un agente immobiliare sia un architetto possono fornire le loro prestazioni anche qualora non abbiano mai ispezionato o messo piede nell’immobile. L’agente è tenuto solamente a conoscere l’oggetto per il quale funge da intermediario, e l’architetto deve disporre della pianta dell’immobile.

116. Né tantomeno sembra essere necessario che la prestazione venga fornita esclusivamente da chi è legalmente abilitato a disporre del bene immobile, e quindi per esempio, sotto il profilo reale, a trasferire o a gravare la proprietà o addirittura ad affittarla a terzi in senso obbligatorio, tanto più che il legittimato e l’agente immobiliare sono di regola persone diverse.

117. Piuttosto, determinante dovrebbe risultare la circostanza che l’elemento economico preponderante della prestazione non sarebbe tipicamente possibile ovvero sensato in assenza di un bene immobile concreto. Al riguardo, qualsiasi nesso materiale con un bene immobile o con parti di un bene immobile dovrebbe essere sufficiente (42). Questa definizione vale per esempio per quelle prestazioni di servizi intese all’utilizzazione, all’impiego, alla costruzione e alla manutenzione di un bene immobile, incluse le prestazioni di servizi intese a supportare in maniera diretta tali operazioni, senza che in primo piano vi sia un’altra operazione economica (43).

118. Tali condizioni sono senza dubbio soddisfatte nel caso di un agente immobiliare e di un architetto, in quanto un’attività di entrambe le categorie professionali non è pensabile senza l’esistenza di beni immobili. Lo stesso dicasi per il modello commerciale della ricorrente, il quale non sarebbe attuabile senza l’esistenza di beni immobili sui quali insistono diritti di godimento turnario.

119. Qualora d’altra parte si paragoni il tipo di prestazioni della ricorrente a quelle proprie dei tipi di professioni elencate dal legislatore a titolo esemplificativo, è ravvisabile una somiglianza estremamente forte con l’attività di un agente immobiliare. La prestazione di quest’ultimo si caratterizza in maniera tipica per l’attività di intermediazione della conclusione o di un’occasione di conclusione di contratti relativi a beni immobili; l’oggetto di tali contratti può essere costituito dalla vendita e dall’acquisto nonché dall’affitto di beni immobili o di parti di beni immobili. La prestazione fornita dalla ricorrente ha in comune con quella di un agente immobiliare il fatto che essa ha ad oggetto la cessione di un bene immobile finalizzata al suo godimento, e la ricorrente, analogamente ad un agente immobiliare, opera in certo qual modo quale intermediaria fra le parti di volta in volta interessate, ricevendo un corrispettivo nel caso in cui esse pervengano ad un accordo sulla cessione del godimento.

120. Dalla suddetta descrizione del tipo di professione dell’agente immobiliare si evince che la cessione del godimento che egli rende possibile con la sua prestazione consisterà, di regola, nella vendita o nell’affitto di un bene immobile. Quest’ultima attività, dato lo stretto legame con un determinato bene immobile, potrà essere classificata, a fini dell’IVA, come prestazione di servizi ai sensi dell’art. 9, n. 2, lett. a), della sesta direttiva (44).

121. La circostanza che il caso presente abbia esclusivamente ad oggetto lo scambio di diritti di godimento turnario non osta tuttavia, a mio avviso, ad un’applicazione dell’art. 9, n. 2, lett. a), della sesta direttiva.

122. In primo luogo, come già menzionato, l’elenco ivi contenuto riveste carattere esemplificativo piuttosto che esaustivo, e non osta pertanto ad un’estensione a nuovi tipi di prestazioni di servizi per mezzo di un’interpretazione giurisprudenziale.

123. In secondo luogo, un diritto di godimento turnario, a prescindere dalla sua natura giuridica, da fissarsi di volta in volta sulla base del diritto degli Stati membri (45), conferisce al titolare un diritto di godimento analogo in ogni caso all’affitto dello spazio abitativo (46). È vero che allo scambio di diritti di godimento turnario, nella forma professionale in cui viene gestito dalla ricorrente, non è legato alcun trasferimento di diritti da un associato all’altro. Poiché tuttavia i contratti di multiproprietà prevedono di regola la possibilità di cedere diritti di godimento a terzi gratuitamente o a titolo oneroso, anche l’altro associato che partecipa allo scambio può invocare tali diritti (47).

124. In terzo luogo, tassare i profitti realizzati presso il luogo in cui è situato il bene immobile sarebbe conforme al principio del paese di destinazione. Ciò terrebbe conto della circostanza che l’associato può utilizzare gli immobili di villeggiatura da lui scelti solo nel luogo in cui essi sono situati, e solo in tale luogo può avvalersi della prestazione ricevuta sotto il profilo del diritto in materia di IVA.

125. Dall’insieme delle considerazioni sin qui svolte si evince che sussiste un nesso sufficientemente diretto fra la prestazione consistente nell’agevolare i titolari di diritti di godimento turnario su determinati immobili di villeggiatura nello scambio di tali diritti e il bene immobile in relazione al quale viene esercitato il diritto di scambio. Il luogo della prestazione ai sensi dell’art. 9, n. 2, lett. a), della sesta direttiva coincide pertanto con il luogo in cui tale bene immobile è situato.

VIII – Conclusioni

126. Alla luce di quanto precede pervengo alla conclusione che le prestazioni di servizi rese dalla ricorrente in cambio del versamento delle quote di iscrizione e delle quote associative non sono direttamente relative ad un bene immobile ai sensi dell’art. 9, n. 2, lett. a), della sesta direttiva (ovvero art. 45 della direttiva 2006/112/CE) e rientrano pertanto nell’ambito di applicazione della regola generale di cui all’art. 9, n. 1, della sesta direttiva (ovvero art. 43 della direttiva 2006/112/CE).

127. La determinazione del luogo della prestazione in relazione alle prestazioni di servizi rese dalla ricorrente in cambio del versamento delle commissioni di scambio dipende invece da se la ricorrente si avvalga di cessioni e prestazioni di servizi di altri soggetti passivi. Poiché la Corte non dispone di elementi concreti che depongano a favore del fatto che la ricorrente, nel fornire le prestazioni ai propri associati, si avvalga di cessioni e prestazioni di servizi di altri soggetti passivi, incombe al giudice nazionale verificare in che misura ciò avvenga nel caso concreto. In caso di soluzione affermativa, è applicabile il regime speciale di cui all’art. 26, n. 1, della sesta direttiva (ovvero art. 307, secondo comma, della direttiva 2006/112/CE). Qualora siffatto presupposto non dovesse tuttavia risultare soddisfatto, occorre applicare l’art. 9, n. 2, lett. a), della sesta direttiva (ovvero art. 45 della direttiva 2006/112/CE).

IX – Conclusione

128. Sulla base delle considerazioni sopra svolte, propongo alla Corte di risolvere come segue le questioni sottoposte dal VAT and Duties Tribunal:

1)      Le prestazioni di servizi rese dalla ricorrente in cambio del versamento delle quote di iscrizione e delle quote associative non sono direttamente relative ad un immobile ai sensi dell’art. 9, n. 2, lett. a), della sesta direttiva (ovvero art. 45 della direttiva 2006/112/CE) e rientrano pertanto nell’ambito di applicazione della regola generale di cui all’art. 9, n. 1, della sesta direttiva (ovvero art. 43 della direttiva 2006/112/CE). Di conseguenza, il luogo della prestazione coincide con il luogo in cui la ricorrente ha stabilito la sede della propria attività economica o ha costituito un centro di attività stabile, a partire dal quale la prestazione di servizi viene resa.

2)      Quanto alle prestazioni di servizi rese dalla ricorrente in cambio del versamento delle commissioni di scambio, incombe al giudice nazionale verificare se la ricorrente si avvalga di cessioni e prestazioni di servizi di altri soggetti passivi. In caso affermativo, è applicabile il regime speciale di cui all’art. 26, n. 1, della sesta direttiva (ovvero art. 307, secondo comma, della direttiva 2006/112/CE). Il luogo della prestazione coincide allora con il luogo in cui la ricorrente ha stabilito la sede della propria attività economica o ha costituito un centro di attività stabile, a partire dal quale la prestazione di servizi viene resa.

Qualora tuttavia tale requisito non sia soddisfatto, occorre applicare l’art. 9, n. 2, lett. a), della sesta direttiva (ovvero art. 45 della direttiva 2006/112/CE), con la conseguenza che il luogo della prestazione si considera il luogo in cui è situato l’immobile di cui trattasi.


1 – Lingua originale: il tedesco.


2 – GU L 145, pag. 1.


3 – GU L 347, pag. 1.


4 – Corrisponde all’art. 43 della direttiva 2006/112/CE.


5 – Corrisponde all’art. 45 della direttiva 2006/112/CE.


6 – Corrisponde agli artt. 306 e segg. della direttiva 2006/112/CE.


7 – Sentenza 25 gennaio 2001, causa C-429/97, Commissione/Francia (Racc. pag. I-637).


8 – In tal senso anche Haunold, P., Mehrwertsteuer bei sonstigen Leistungen – Die Besteuerung grenzüberschreitender Dienstleistungen, Vienna, 1997, pag. 121. V. anche Terra, B./Kajus, J., A guide to the European VAT Directives – Introduction to the European VAT 2008, vol. 1, pag. 497, secondo i quali la dottrina della determinazione del luogo della prestazione non rileverebbe nei casi in cui i profitti siano assoggettati alla medesima competenza impositiva nazionale. Non appena sussista la competenza di più autorità tributarie nazionali, per esempio in quanto i beni vengono spostati nel territorio di un altro Stato membro o vengono rese prestazioni nei confronti di una persona domiciliata in un altro Stato membro, non sarebbe possibile stabilire in maniera univoca se un’attività economica sia stata svolta all’interno o all’esterno di un determinato territorio nazionale. La determinazione del luogo della prestazione sarebbe decisiva per stabilire se e quale IVA debba essere riscossa.


9 – Weiermayer, R., «Der Leistungsort im Blicke der Rechtsprechung des EuGH», in: EuGH-Rechtsprechung und Umsatzsteuerpraxis (a cura di M. Achatz/M. Tumpel), Vienna, 2001, pag. 125.


10 – V., in tal senso, sentenze 4 luglio 1985, causa 168/84, Berkholz (Racc. pag. 2251, punto 14); 26 settembre 1996, causa C-327/94, Dudda (Racc. pag. I-4595, punto 20); 6 marzo 1997, causa C-167/95, Linthorst e a. (Racc. pag. I-1195, punto 10), nonché 12 maggio 2005, causa C-452/03, RAL (Racc. pag. I-3947, punto 23). In tali sentenze la Corte ha dichiarato, in relazione alle disposizioni sul luogo della prestazione di cui all’art. 9 della sesta direttiva, che attraverso tali disposizioni si mira ad evitare conflitti di competenza che potrebbero portare ad una doppia imposizione, come pure alla mancata tassazione di cespiti.


11 – Secondo Menner, S., Die Umsatzsteuer-Harmonisierung in der Europäischen Gemeinschaft – Entwicklung und Zukunft unter besonderer Berücksichtigung der freien Berufe, Colonia, 1992, pag. 81, l’obiettivo principale di tale normativa è quello di delimitare in maniera univoca le competenze tributarie fra gli Stati membri, al fine di evitare doppie imposizioni nonché un consumo non gravato.


12 – Nelle sue conclusioni 7 marzo 2006, causa C-166/05, Heger (Racc. pag. I-7749, paragrafo 27) l’avvocato generale Sharpston afferma che il legislatore comunitario avrebbe creato un grado di tensione interna nella sesta direttiva, in quanto le regole relative al luogo della prestazione dei servizi vengono a fondarsi sul principio del paese d’origine piuttosto che su quello del paese di destinazione, nonostante il principio base che sottostà all’IVA, che è un’imposta sui consumi, è che tale imposta dovrebbe essere riscossa nel luogo del consumo.


13 – Communier, J.-M., Droit fiscal communautaire, Bruxelles, 2001, pag. 293, spiega tale circostanza alla luce della genesi legislativa della sesta direttiva. Nell’elaborazione della proposta di direttiva si sarebbe partiti dal presupposto che un riferimento alla sede dell’impresa fosse la soluzione più praticabile; questa proposta prevedeva relativamente poche eccezioni. Il loro numero sarebbe tuttavia aumentato nel corso della fase finale dei successivi negoziati in seno al Consiglio, con la conseguenza che il testo normativo approvato dal Consiglio nel maggio 1977 sarebbe da allora difficile da gestire.


14 – Le cessioni e le prestazioni di servizi si escludono concettualmente a vicenda. L’art. 6, n. 1, della direttiva 77/388/CEE stabilisce che si considera «prestazioni di servizi» ogni operazione che non costituisce cessione di un bene ai sensi dell’art. 5. Ai sensi dell’art. 5, n. 1, della medesima direttiva, si considera «cessione di bene» il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario. Difficoltà di delimitazione sorgono per quelle operazioni che sono composte da un insieme di prestazioni ma che, in forza del principio dell’unità della prestazione, possono costituire solo o una cessione o una prestazione di servizi [v. conclusioni dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer 23 novembre 2004, causa C-412/03, Hotel Scandic, Racc. 2005, pag. I-743, paragrafo 21; Haunold, P., «Der Steuergegenstand», in: EuGH-Rechtsprechung und Umsatzsteuerpraxis (a cura di Markus Achatz/Michael Tumpel), Vienna, 2001, pag. 110]. La Corte ha affrontato più volte la questione se nei casi ad essa sottoposti un’operazione integrasse di volta in volta i requisiti di una cessione di beni o della prestazione di servizi (v., per esempio, sentenze 14 luglio 1998, causa C-172/96, First National Bank of Chicago, Racc. pag. I-4387; 2 maggio 1996, causa C-231/94, Faaborg-Gelting Linien, Racc. pag. I-2395; 17 novembre 1993, causa C-68/92, Commissione/Francia, Racc. pag. I-5881, nonché 14 maggio 1985, causa 139/84, Van Dijk’s Boeckhuis, Racc. 1985, pag. 1405).


15 – In merito all’onerosità di una prestazione di servizi la Corte ha già stabilito che una prestazione è effettuata «a titolo oneroso» ai sensi dell’art. 2, n. 1, della direttiva 77/388/CEE e configura pertanto un'operazione imponibile soltanto quando tra il prestatore e l'utente intercorra un rapporto giuridico nell'ambito del quale avvenga uno scambio di reciproche prestazioni, nel quale il compenso ricevuto dal prestatore costituisca il controvalore effettivo del servizio prestato all'utente (v. per esempio sentenze 3 marzo 1994, causa C-16/93, Tolsma, Racc. pag. I-743, punto 14; First National Bank of Chicago, cit. alla nota 14, punti 26-29, nonché 21 marzo 2002, causa C-174/00, Kennemer Golf, Racc. pag. I-3293, punto 39).


16 – Kelp, U., Time-Sharing-Verträge, Baden-Baden, 2005, pag. 45, sottolinea per esempio che i contratti di multiproprietà, essendo redatti in modo notevolmente diverso fra loro, non hanno costituito un tipo di contratto omogeneo. Una classificazione dei contratti di multiproprietà in uno dei classici tipi di contratto del diritto privato tedesco non sarebbe pertanto possibile, neanche operando una sottodistinzione in contratti di multiproprietà obbligatori, reali e societari ovvero associativi. Per questo motivo i contratti di multiproprietà, a seguito della loro comparsa nello spazio giuridico tedesco, sono stati annoverati in un primo momento fra i contratti atipici ovvero fra i contratti connessi ai trasporti, i quali si distinguevano per la mancanza di una regolamentazione legislativa, nonostante la loro frequenza crescente nei rapporti giuridici nonché l’identità degli interessi in gioco e dell’oggetto contrattuale. Vanbrabant, B., Time-Sharing, Bruxelles 2006, pag. 29 e seg. e Mostin C./Feron, B., «Le timesharing: une nouvelle forme de propriété? Analyse en droit belge et en droit comparé», Annales de droit de Louvain (1994), pag. 33 e seg., menzionano una serie di possibili costruzioni giuridiche per applicare ai contratti di multiproprietà le categorie del diritto civile belga e francese. A loro avviso, vengono in considerazione costruzioni proprie del diritto delle obbligazioni, dei diritti reali, del diritto societario e delle associazioni. Vanbrabant sottolinea che in Portogallo e in Spagna i diritti di godimento turnario verrebbero concepiti come diritti reali. In Portogallo sarebbe stato creato, già negli anni ’80, il cosiddetto «direito de habitaçao periodica», mentre in Spagna sarebbe stata emanata la legge 15 dicembre 1988, 42/1998 (Ley 42/1998, de 15 diciembre de 1998, sobre derechos de aprovechamiento por turno de bienes inmuebles de uso turístico y normas tributarias). Papp, T., «Timesharing Contract», Tanulmányok Dr. Besenyei Lajos, Egytemi Tanár, 70. Születésnapjára, Szeged 2007, pag. 573, sottolinea che i contratti di multiproprietà sarebbero classificabili nel gruppo dei contratti atipici.


17 – GU L 280, pag. 83.


18 – V. sentenze 8 marzo 1988, causa 102/86, Apple and Pear Development Council (Racc. pag. 1443, punti 11, 12 e 16); 23 novembre 1988, causa 230/87, Naturally Yours Cosmetics (Racc. pag. 6365, punto 11); Tolsma (cit. alla nota 15, punto 14); 16 ottobre 1997, causa C-258/95, Fillibeck (Racc. pag. I-5577, punto 12); Kennemer Golf (cit. alla nota 15, punto 39); 19 giugno 2003, causa C-149/01, First Choice Holidays (Racc. pag. I-6289, punto 30); 23 marzo 2006, causa C-210/04, FCE Bank (Racc. pag. I-2803, punto 34), nonché 18 luglio 2007, causa C-277/05, Société thermale d’Eugénie-les-Bains (Racc. pag. I-6415, punto 19).


19 – Sentenza 7 settembre 2006, causa C-166/05, Heger (Racc. pag. I-7749, punto 15).


20 – V., in tal senso, sentenze Dudda (cit. alla nota 10, punto 21); RAL (cit. alla nota 10, punto 24); 27 ottobre 2005, causa C-41/04, Levob Verzekeringen e OV Bank (Racc. pag. I-9433, punto 33), nonché Heger (cit. alla nota 19, punto 15). Questa giurisprudenza costituisce pertanto un’inversione rispetto alla giurisprudenza fondata con la sentenza Berkholz (cit. alla nota 10, punto 17), secondo la quale, ai sensi dell’art. 9, n. 1, della sesta direttiva, il luogo in cui il prestatore ha stabilito la sede dalla propria attività economica costituisce di regola il criterio di collegamento preferenziale.


21 – V., in tal senso, sentenza 15 marzo 2001, causa C-108/00, SPI (Racc. pag. I-2361, punto 17).


22 – In tal senso anche Weiermayer, R., op. cit. (nota 9), pag. 134.


23 – V. paragrafi 108 e segg. delle presenti conclusioni.


24 – V. paragrafo 68 delle presenti conclusioni.


25 – L’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer ha utilizzato quest’espressione («principio dell’unità della prestazione») per la prima volta nelle sue conclusioni nella causa Hotel Scandic (cit. alla nota 14, paragrafo 21). Egli si rifà a Haunold, P., «Der Steuergegenstand», op. cit. (nota 14), pag. 111.


26 – V., sugli elementi caratteristici di prestazioni di servizi connesse ai sensi del diritto in materia di IVA, le mie conclusioni 9 dicembre 2008, per la causa C-572/07, Tellmer Property (non ancora pubblicata nella Raccolta, paragrafi 33 e seg.). Dall’art. 2 della direttiva discende che ogni prestazione dev’essere considerata di regola come autonoma ed indipendente (v. sentenze 25 febbraio 1999, causa C-349/96, CPP, Racc. pag. I-973, punto 29, Levob Verzekeringen e OV Bank, cit. alla nota 20, punto 20, nonché 21 febbraio 2008, causa C-425/06, Part Service, Racc. pag. I-897, punto 50). Tuttavia, in talune circostanze, più prestazioni formalmente distinte, che vengono fornite separatamente e che potrebbero così dar luogo, individualmente, ad imposizione o ad esenzione, devono essere considerate come un’unica operazione quando non sono indipendenti (v. sentenza Part Service, cit. supra, punto 51). Ciò accade, per esempio, quando già un’analisi effettuata sulla base di criteri oggettivi riveli che una o più prestazioni costituiscono la prestazione principale, mentre l’altra o le altre prestazioni costituiscono una o più prestazioni accessorie cui si applica la stessa disciplina tributaria della prestazione principale (v. sentenze CPP, cit. supra, punto 30; 15 maggio 2001, causa C-34/99, Primback, Racc. pag. I-3833, punto 45; Levob Verzekeringen e OV Bank, cit. alla nota 20, punto 21, nonché Part Service, cit. supra, punto 52). In particolare, una prestazione dev’essere considerata accessoria e non principale quando non costituisce per la clientela un fine a sé stante, bensì il mezzo per fruire al meglio del servizio principale offerto dal prestatore (v. sentenze cit. supra CPP, punto 29, e Part Service, punto 52). Si è in presenza di un’unica prestazione altresì quando due o più elementi o atti forniti dal soggetto passivo sono così strettamente connessi da formare oggettivamente una sola prestazione economica indivisibile la cui scomposizione avrebbe carattere artificiale (v. sentenze Levob Verzekeringen e OV Bank, cit. alla nota 20, punto 22, e Part Service, cit. supra, punto 53).


27 – V. punto 32 dell’atto introduttivo della ricorrente.


28 – Sentenza Kennemer Golf (cit. alla nota 15, punto 40). Tale causa verteva essenzialmente sulla qualificazione delle prestazioni di un’associazione sportiva come prestazione di servizi ai sensi dell’art. 2, n. 1, della sesta direttiva. Secondo la Corte, la circostanza che il contributo annuale dei soci di un’associazione sportiva fosse forfettario e non poteva essere riferito ad ogni utilizzazione personale del campo da golf, non avrebbe per nulla inciso sul fatto che prestazioni reciproche sono state scambiate tra i soci di un'associazione sportiva e l'associazione stessa. Infatti, le prestazioni dell'associazione consistevano nell'offerta ai suoi soci, in maniera permanente, degli impianti sportivi e dei vantaggi ad essi relativi e non in prestazioni occasionali effettuate su richiesta dei soci stessi. Vi era dunque un nesso diretto tra i contributi annuali dei soci di un'associazione sportiva come quella considerata nella causa principale e le prestazioni dalla stessa fornite.


29 – Secondo Kelp, U., op. cit. (nota 16), pag. 27, un’organizzazione di scambio coordina le richieste di scambio dei soggetti legittimati all’uso comunicando i diritti di alloggio di coloro che intendono effettuare uno scambio ad altri interessati, affinché essi possano utilizzare in cambio oggetti in multiproprietà «altrui» in altri luoghi di villeggiatura.


30 – Sentenze 22 ottobre 1998, cause riunite C-308/96 e C-94/97, Madgett e Baldwin (Racc. pag. I-6229, punto 5), nonché First Choice Holidays (cit. alla nota 18, punto 21).


31 – Sentenze Madgett e Baldwin (cit. alla nota 30, punto 34), nonché First Choice Holidays (cit. alla nota 18, punto 22).


32 – Sentenze 12 novembre 1992, causa C-163/91, Van Ginkel (Racc. pag. I-5723, punti 11 e seg.); 20 febbraio 1997, causa C-260/95, DFDS (Racc. pag. I-1005, punto 13); Madgett e Baldwin (cit. alla nota 30, punto 18); First Choice Holidays (cit. alla nota 18, punti 23-25), nonché 13 ottobre 2005, causa C-200/04, iSt internationale Sprach- und Studienreisen (Racc. pag. I-8691, punto 21).


33 – Nella sentenza Madgett e Baldwin (cit. alla nota 30, punto 20) la Corte ha constatato che le ragioni sottese al regime particolare applicabile alle agenzie di viaggi e agli organizzatori di giri turistici sono del pari valide nell'ipotesi in cui l'operatore economico non sia un'agenzia di viaggi o un organizzatore di giri turistici nel senso generalmente attribuito a detti termini, ma effettui operazioni identiche nell'ambito di un'altra attività, quale l'attività alberghiera. Infatti, un'interpretazione che limitasse l'applicabilità dell'art. 26 della sesta direttiva solo ad operatori economici quali agenzie di viaggi o organizzatori di giri turistici, nel senso generalmente attribuito a tali termini, avrebbe per effetto di far rientrare prestazioni identiche nell'ambito di disposizioni diverse secondo la qualifica formale dell'operatore economico. Confermata dalla sentenza iSt internationale Sprach- und Studienreisen (cit. alla nota 32, punto 22).


34 – In tal senso anche Birkenfeld, W./Forst, C., Das Umsatzsteuerrecht im Europäischen Binnenmarkt, 3a ed., Bielefeld, 1998, pag. 169.


35 – V. punto 20 della memoria del governo spagnolo.


36 – Al punto 11 dello suo ricorso, la ricorrente afferma quanto segue: «Once a member selects an available Exchange Property, the Appellant, acting on behalf of the member, seeks to confirm the exchange by checking the availability of the Exchange Property. If there is no availability, the Appellant, still acting on behalf of the member, will seek to identify alternative properties which may be suitable and offer them to the member who is free to accept them or not» (il corsivo è mio).


37 – V. punto 33 dell’atto introduttivo della ricorrente.


38 – V. sentenza Madgett e Baldwin (cit. alla nota 30, punti 24-27), e iSt internationale Sprach- und Studienreisen (cit. alla nota 32, punti 25-27). La Corte non ha considerato prestazioni meramente accessorie quelle prestazioni che esulano dai compiti tradizionalmente devoluti agli albergatori e la cui realizzazione non è priva di sensibili ripercussioni sul prezzo forfettario praticato, quali il viaggio fino all'albergo da distanti punti di raccolta. La Corte considera invece puramente accessorie quelle prestazioni di viaggio connesse abitualmente all’istruzione e alla formazione linguistica, quali per esempio il trasferimento dei clienti nel paese di destinazione e/o il soggiorno in tale paese.


39 – Conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella causa Heger (cit. alla nota 12, paragrafi 31 e 33).


40 – Sentenza Heger (cit. alla nota 19, punto 24).


41 – Questa giurisprudenza, la quale riguardava originariamente l’interpretazione delle esenzioni contenute nell’art. 13 della sesta direttiva (v. sentenze 12 settembre 2000, causa C-358/97, Commissione/Irlanda, Racc. pag. I-6301, punto 51; 16 gennaio 2003, causa C-315/00, Maierhofer, Racc. pag. I-563, punto 25, nonché 12 giugno 2003, causa C-275/01, Sinclair Collis, Racc. pag. I-5965, punto 22), deve corrispondentemente valere per la definizione delle nozioni contenute nell’art. 9, n. 2, lett. a), della sesta direttiva. In primo luogo, l’art. 9, n. 2, lett. a), non definisce espressamente le nozioni ivi menzionate, né rinvia agli ordinamenti giuridici nazionali ai fini della loro definizione. In secondo luogo, i conflitti fra i giudici e le amministrazioni tributarie nazionali, come menzionato al paragrafo 51 delle presenti conclusioni, possono essere evitati solo applicando criteri comuni e uniformi per determinare il luogo della prestazione, come quelli della sesta direttiva. Ciò può tuttavia essere realizzato solo dando una definizione comunitaria alle nozioni contenute nell’art. 9, n. 2, lett. a). In tal senso già l’avvocato generale Sharpston nelle sue conclusioni nella causa Heger (cit. alla nota 12, paragrafo 25).


42 – In tal senso anche Haunold, P., Mehrwertsteuer bei sonstigen Leistungen – Die Besteuerung grenzüberschreitender Dienstleistungen, op. cit. (nota 8), pag. 138; Martin, S., Umsatzsteuergesetz (a cura di Sölch/Ringleb), stato: 1° settembre 2005, Monaco di Baviera, § 3a, punto 74, pag. 14.


43 – Martin, S., op. cit. (nota 42), § 3a, punto 75, pag. 14 e seg.


44 – Un affitto di beni immobili potrebbe rappresentare in ogni caso una prestazione di servizi relativa ad un bene immobile ai sensi dell’art. 9, n. 2, lett. a), della sesta direttiva. V. la proposta della Commissione per la sesta direttiva (Bollettino delle Comunità europee, allegato 11/73, pag. 12), proposta che menziona espressamente questa fattispecie, accanto alla locazione di casseforti, come rientrante nell’ambito di applicazione di tale disposizione. V. anche Fuster Gómez, M., El IVA en las operaciones intracomunitarias – Entregas de bienes y prestaciones de servicios, Madrid, 2000, pag. 79, la quale rinvia alla disposizione di cui all’art. 70, n. 1, lett. A, della legge spagnola in materia di IVA (Ley 37/1992, de 28 de diciembre, del Impuesto sobre el Valor Añadido), ai sensi della quale vengono considerati direttamente relativi ad un immobile la locazione e la cessione dell’utilizzazione di beni immobili. Una disposizione analoga è contenuta nell’art. 3a, n. 2, punto 1, lett. a), in combinato disposto con l’art. 4, punto 12, della legge tedesca in materia di IVA in relazione alla locazione e all’affitto di beni immobili.


45 – L’art. 1 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 26 ottobre 1994, 94/47/CE, concernente la tutela dell'acquirente per taluni aspetti dei contratti relativi all'acquisizione di un diritto di godimento a tempo parziale di beni immobili, prevede che gli Stati membri «mantengono le loro competenze riguardo agli altri aspetti, tra l'altro per la determinazione della natura giuridica dei diritti che formano oggetto dei contratti contemplati dalla presente direttiva». L’art. 2 di tale direttiva definisce corrispondentemente il diritto di godimento a tempo parziale come un «diritto reale ovvero un altro diritto vertente sul godimento di uno o più beni immobili, per un periodo determinato o determinabile dell'anno non inferiore ad una settimana».


46 – Kelp, U., op. cit. (nota 16), pag. 118 e seg., sottolinea che al centro del contratto obbligatorio di multiproprietà si troverebbe la cessione dello spazio abitativo, poiché in sua assenza la multiproprietà in relazione ad appartamenti di villeggiatura sarebbe inimmaginabile. Per questo motivo la dottrina prevalente sostiene che gli elementi essenziali del rapporto contrattuale sarebbero riconducibili al diritto delle locazioni. Secondo l’autrice, così è nella misura in cui le prestazioni di servizi si limitino alla manutenzione, alla pulizia e all’amministrazione dell’oggetto del contratto di multiproprietà, tanto più che la manutenzione dell’oggetto locato farebbe parte, anche nei semplici contratti di locazione, degli obblighi del locatore. La pulizia e l’amministrazione dell’oggetto costituirebbero altresì prestazioni accessorie subordinate rispetto alla cessione dello spazio abitativo.


47 – V. Vanbrabant, B., op. cit. (nota 16), pag. 48, sottolinea che nell’ambito di uno scambio non avverrebbe alcun passaggio del diritto di godimento. Esso si limiterebbe a fondare diritti obbligatori fra gli utenti e/o l’impresa che gestisce il circuito di scambio. Kelp, U., op. cit. (nota 15), pag. 26, vede nella possibilità di cedere a terzi diritti di godimento la causa dell’attuale successo dei circuiti di scambio. I titolari di diritti di godimento turnario che non vogliano esercitare personalmente il proprio diritto dovrebbero infatti occuparsi in linea di principio da soli della cessione. Il contratto di multiproprietà diverrebbe definitivamente flessibile e dunque interessante per una cerchia più ampia di clienti solo attraverso il conferimento dell’oggetto ad un’organizzazione di scambio, la quale coordini le richieste di scambio dei soggetti legittimati all’uso.