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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

NIILO JÄÄSKINEN

presentate il 20 maggio 2010 1(1)

Causa C-582/08

Commissione europea

contro

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord

«Inadempimento di uno Stato – Direttiva 2006/112/CE – Artt. 169, 170 e 171 – Tredicesima direttiva 86/560/CEE – Art. 2 – Rimborso – Soggetti passivi non stabiliti nell’Unione europea – Operazioni assicurative – Operazioni finanziarie»





1.        Il presente ricorso per inadempimento riguarda il diritto di un soggetto di un paese terzo, stabilito fuori dell’Unione europea, che fornisce servizi finanziari e assicurativi a clienti anch’essi non stabiliti nell’Unione, alla detrazione o al rimborso dell’IVA versata a monte per beni e servizi ottenuti nell’Unione.

2.        La Commissione chiede alla Corte di dichiarare che il Regno Unito, negando il recupero dell’imposta a monte relativa a talune operazioni, è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti ai sensi degli artt. 169, 170 e 171 della direttiva IVA (2) e dell’art. 2, n. 1, della tredicesima direttiva IVA (3).

3.        A norma degli artt. 169 e 170 della direttiva IVA, tutti i soggetti passivi hanno diritto alla detrazione o al rimborso dell’imposta versata a monte nelle tre situazioni indicate all’art. 169 (4). L’art. 169, lett. c), della direttiva IVA (5) riguarda transazioni finanziarie e assicurative quando il cliente è stabilito fuori dell’Unione.

4.        Tuttavia, le modalità d’applicazione per i rimborsi a favore di soggetti di paesi terzi (6), come previste nella tredicesima direttiva IVA, non menzionano la possibilità di ottenere il rimborso nel caso delle operazioni assicurative e finanziarie. L’art. 2, n. 1, di tale direttiva stabilisce che gli Stati membri rimborsino l’IVA applicata nella misura in cui i beni o i servizi sono impiegati ai fini delle operazioni di cui all’art. 169, lett. a) e b), della direttiva IVA (7) ma non fa espressamente riferimento ai servizi finanziari e assicurativi di cui alla lett. c).

5.        La Commissione è dell’avviso che le operazioni finanziarie e assicurative siano contenute nell’art. 2, n. 1, della tredicesima direttiva IVA in quanto siffatto obbligo è inerente alla logica del regime dell’IVA.

6.        Il Regno Unito, d’altro lato, sostiene che la propria normativa è conforme all’espresso tenore testuale dell’art. 2, n. 1, della tredicesima direttiva IVA e, dunque, di non aver violato il diritto dell’Unione.

7.        La Corte si trova pertanto a compiere una scelta semplice ma al contempo difficile tra l’interpretazione letterale e quella teleologica di una disposizione normativa che potrebbe adattarsi meglio al sistema dell’IVA visto nel suo insieme.

I –    Contesto normativo

Diritto dell’Unione europea

–       Sesta direttiva IVA e direttiva IVA

8.        L’origine e la portata del diritto a detrazione trovano un primo riscontro nell’art. 17 della sesta direttiva IVA (8). La direttiva IVA, in vigore dal 1° gennaio 2007 (9), rifonde la sesta direttiva IVA senza volerne modificare la sostanza (10). Le corrispondenti disposizioni di cui all’art. 17 della sesta direttiva IVA sono ora contenute negli artt. 168-171 della direttiva IVA (11).

9.        In base agli artt. 169 e 170 della direttiva IVA (12), ogni soggetto passivo «ha il diritto di detrarre» o «ha il diritto al rimborso» per beni e servizi utilizzati ai fini delle operazioni seguenti (13):

«a) sue operazioni relative alle attività di cui all’articolo 9, paragrafo 1 (14), secondo comma, effettuate fuori dello Stato membro in cui l’imposta è dovuta o assolta, che darebbero diritto a detrazione se fossero effettuate in tale Stato membro;

b) (…) (15);

c) sue operazioni esenti conformemente all’articolo 135, paragrafo 1, lettere da a) a f) (16), quando il destinatario è stabilito fuori della [Unione] o quando tali operazioni sono direttamente connesse a beni destinati a essere esportati fuori della [Unione]».

10.      L’art. 171 della direttiva IVA (17) stabilisce che «[i]l rimborso dell’IVA (…) è effettuato secondo le modalità d’applicazione previste dalla» ottava direttiva IVA (riguardo ai soggetti stabiliti nell’Unione europea) e dalla tredicesima direttiva IVA (riguardo ai soggetti stabiliti fuori dell’Unione europea).

–       Ottava direttiva IVA

11.      L’art. 2 recita:

«Ciascuno Stato membro rimborsa ad ogni soggetto passivo non residente all’interno del paese, ma residente in un altro Stato membro, alle condizioni stabilite in appresso, l’imposta sul valore aggiunto applicata a servizi che gli sono resi o beni mobili che gli sono ceduti all’interno del paese da altri soggetti passivi, o applicata all’importazione di beni nel paese, nella misura in cui questi beni e servizi sono impiegati ai fini delle operazioni di cui all’articolo 17, paragrafo 3, lettere a) e b) della [sesta direttiva IVA] o delle prestazioni di servizi di cui all’articolo 1, lettera b)».

–       Tredicesima direttiva IVA

12.      L’art. 2, n. 1, della tredicesima direttiva IVA è formulato in maniera analoga:

«1. Fatti salvi gli articoli 3 e 4, ciascuno Stato membro rimborsa ad ogni soggetto passivo non residente nel territorio della Comunità, alle condizioni stabilite in appresso, l’imposta sul valore aggiunto applicata a servizi che gli sono resi o beni mobili che gli sono ceduti all’interno del paese da altri soggetti passivi, o applicata all’importazione di beni nel paese, nella misura in cui questi beni e servizi sono impiegati ai fini delle operazioni di cui all’articolo 17, paragrafo 3, lettere a) e b), della [sesta direttiva IVA] o delle prestazioni di servizi di cui all’articolo 1, punto 1, lettera b), della presente direttiva».

13.      Il testo della tredicesima direttiva continua a richiamare le disposizioni della sesta direttiva, vale a dire il relativo art. 17, n. 3, lett. a) e b), nonostante l’entrata in vigore della direttiva IVA.

Diritto nazionale

14.      Ai sensi degli artt. 26 e 39 della legge del 1994 sull’imposta sul valore aggiunto (Value Added Tax Act 1994), dell’art. 3 del decreto del 1999 sull’IVA (imposta a monte) (forniture specifiche) [Value Added Tax (Input Tax) (Specified Supplies) Order 1999] e dell’art. 190 del regolamento del 2004 (modifica) (n. 4) relativo all’imposta sul valore aggiunto [Value Added Tax (amendment) (No. 4) Regulations 2004], gli operatori non stabiliti nell’Unione non possono recuperare l’imposta a monte versata sulle operazioni di cui all’art. 169, lett. c), della direttiva IVA.

II – Procedimento precontenzioso

15.      Il Regno Unito ha modificato la propria normativa nel 2004 a seguito di una sentenza della Court of Appeal of England and Wales, che ha ritenuto che, poiché le operazioni di cui all’art. 17, n. 3, lett. c), della sesta direttiva IVA non erano indicate nell’art. 2, n. 1, della tredicesima direttiva IVA, non sussisteva alcun diritto di detrarre l’imposta a monte (18).

16.      A motivo di tale modifica, la Commissione inviava una lettera di diffida al Regno Unito, contestando la conformità della nuova normativa con il diritto dell’Unione europea. Non avendo considerato soddisfacenti le risposte fornite dal Regno Unito alla propria lettera di diffida, nonché al successivo parere motivato, essa proponeva il presente ricorso ai sensi dell’art. 226 CE (19).

III – Analisi

A –    Ambito di applicazione temporale

17.      Il Regno Unito sostiene che la presentazione da parte della Commissione di un ricorso per inadempimento degli obblighi ad esso incombenti riguarderebbe il periodo che decorre dal 1° gennaio 2007, data di entrata in vigore della direttiva IVA, in quanto il parere motivato menziona soltanto gli artt. 169, 170 e 171 della direttiva IVA e non l’art. 17, nn. 3 e 4, della sesta direttiva IVA. Di tale ultimo articolo si fa menzione soltanto nella lettera di diffida, che è stata inviata al Regno Unito prima dell’entrata in vigore della direttiva IVA.

18.      La Commissione, d’altro lato, osserva che ciò non influisce sul presente ricorso in quanto il testo degli articoli delle due direttive non è molto diverso.

19.      Secondo la costante giurisprudenza della Corte, il ricorso per inadempimento può essere basato solo su motivi e mezzi già enunciati nel parere motivato (20).

20.      Tuttavia, a mio avviso, ciò non riguarda situazioni come quelle del caso di specie. Lo scopo di tale norma è di garantire che il diritto alla difesa dello Stato membro sia rispettato e che quest’ultimo conosca gli addebiti formulati contro di esso (21).

21.      Nel caso di specie non esiste alcun rischio di violazione di tali diritti. Gli argomenti e i motivi di ricorso sono riportati negli stessi termini sia nella lettera di diffida, sia nel parere motivato. Il tentativo del Regno Unito di limitare il ricorso non può, a mio parere, andare a buon fine in quanto lo scopo della direttiva IVA era la rifusione della sesta direttiva IVA senza modificarne la sostanza (22). Inoltre, l’articolo indicato dalla Commissione nella lettera di diffida è espressamente equiparato agli articoli di cui si fa menzione nel parere motivato (23). Se il Consiglio avesse voluto modificare il regime normativo che ha preceduto la direttiva IVA, avrebbe identificato gli artt. 169-171 come disposizioni introduttive di modifiche nel regime preesistente (24), ma non lo ha fatto.

22.      Il ricorso non deve pertanto essere limitato al periodo fatto valere dal Regno Unito.

B –    Se gli Stati membri siano tenuti a rimborsare i soggetti di paesi terzi che svolgono operazioni finanziarie ed assicurative

23.      Nell’ambito di un ricorso per inadempimento, spetta alla Commissione dimostrare che lo Stato membro non ha adempiuto gli obblighi ad esso incombenti secondo il Trattato.

24.      Nel caso di specie, tale onere è difficile da soddisfare in quanto, alla luce della formulazione chiara e inequivoca di una disposizione, soltanto la presenza di motivi eccezionali giustificherebbe l’interpretazione della disposizione in maniera diversa (25).

1.      Tenore letterale dell’art. 2, n. 1, della tredicesima direttiva IVA

25.      Secondo l’interpretazione letterale dell’art. 2, n. 1, della tredicesima direttiva IVA, non sono concessi rimborsi a soggetti di paesi terzi che svolgono operazioni finanziarie e assicurative.

26.      L’interpretazione adottata dalla Corte non dovrebbe essere troppo distante dall’effettivo tenore letterale della disposizione. Se una disposizione stabilisce espressamente che essa si applica alle lett. a) e b), questa non può essere interpretata nel senso che si applica anche alla lett. c) senza discostarsi dal significato del testo di detta disposizione.

27.      Tuttavia, l’interpretazione letterale e il significato inequivoco possono non essere sinonimi (26), in quanto l’interpretazione letterale di una disposizione può essere ambigua.

28.      Ove l’esplicito tenore della disposizione sia ambiguo o contraddittorio, la Corte può respingere un’interpretazione letterale a favore di un’altra che sia più compatibile con gli obiettivi della normativa di cui trattasi.

29.      Da un lato, il significato dell’art. 2, n. 1, della tredicesima direttiva IVA non è ambiguo. Come ha osservato il Regno Unito, il testo si riferisce a due dei tre sottoparagrafi della sesta direttiva IVA impiegando numeri e lettere, vale a dire simboli e non parole. Detti simboli, a differenza delle parole, non possono essere ambigui, e, pertanto, non è necessario – prima facie – analizzarne il significato.

30.      Sussiste, tuttavia, un’incoerenza tra l’art. 2, n. 1, della tredicesima direttiva IVA e l’art. 169 della direttiva IVA.

31.      È pertanto necessario analizzare gli obiettivi dell’art. 169 della direttiva IVA e quelli dell’art. 2, n. 1, della tredicesima direttiva IVA. I ‘considerando’ di entrambe le direttive non fanno riferimento agli obiettivi di tali disposizioni. Pertanto, è utile analizzare i lavori preparatori che riguardano tali disposizioni.

2.      Sull’interpretazione dell’art. 2, n. 1, della tredicesima direttiva IVA

32.      I motivi sottesi all’adozione dell’art. 169, lett. c), della direttiva IVA o dell’art. 17, n. 3, della sesta direttiva IVA non sono stati esplicitati in nessun documento. Tuttavia, parte della dottrina ha suggerito che la possibilità di detrazione o rimborso fosse conferita al fine di garantire la neutralità competitiva dei fornitori di servizi finanziari e assicurativi dell’Unione sui mercati finanziari internazionali introducendo la possibilità di limitare l’imposizione a cascata, ossia l’IVA occulta versata a monte non recuperabile sull’acquisto di beni e servizi che grava sulla loro struttura di costo (27).

33.      Nell’Unione europea i servizi finanziari e assicurativi sono esenti dall’IVA (28), il che significa che non danno diritto alla detrazione dell’imposta a monte in quanto i servizi esenti non sono soggetti all’imposta a valle (29). Privati della possibilità di usufruire della detrazione o di ottenere un rimborso, i soggetti passivi stabiliti nell’Unione che eseguono operazioni finanziarie e assicurative sarebbero costretti ad assorbire l’imposta a monte non deducibile nelle loro operazioni con clienti non UE. Giacché essi farebbero gravare sui loro clienti l’impossibilità di detrarre l’IVA a monte, applicando costi più elevati, tali soggetti passivi UE si troverebbero in una situazione concorrenziale svantaggiosa rispetto a quella dei soggetti passivi di altri Stati la cui struttura di costo non contempla l’IVA occulta.

34.      Pertanto, la possibilità della detrazione o del rimborso è auspicabile al fine di mantenere la competitività internazionale del settore finanziario dell’Unione.

35.      Tuttavia, siffatta scelta politica non prevede che analoghe possibilità debbano essere attribuite a soggetti di paesi terzi che svolgono operazioni finanziarie ed assicurative.

36.      Se è vero che ogni soggetto passivo, compresi quelli stabiliti al di fuori dell’Unione, può ottenere rimborsi in quanto la definizione di «soggetto passivo» ai sensi del regime dell’IVA dell’Unione europea è globale (30), ai soggetti che non sono stabiliti nell’Unione non è stato attribuito un diritto incondizionato di chiedere il rimborso ai sensi dell’art. 17, n. 3, della sesta direttiva IVA. L’art. 17, n. 4, di quest’ultima consentiva in origine agli Stati membri di non concedere i rimborsi o di imporre ulteriori condizioni ai soggetti non stabiliti nell’Unione. L’art. 17, n. 4, della sesta direttiva IVA è stato in seguito sostituito perché contemplasse, in primo luogo, riferimenti all’ottava direttiva IVA e, in secondo luogo, anche alla tredicesima. Nella tredicesima direttiva IVA sono tuttora possibili talune limitazioni relative alla concessione di un rimborso: gli Stati membri possono subordinare il rimborso alla concessione da parte degli Stati terzi di vantaggi analoghi (31) e possono esigere la designazione di un rappresentante fiscale (32).

37.      La tredicesima direttiva IVA è stata adottata soltanto dopo un lungo dibattito con il Consiglio, reso necessario, in particolare, dal fatto che non era possibile raggiungere alcun accordo sull’elenco delle spese per cui non è ammesso il rimborso (33).

38.      Nella parte introduttiva della tredicesima direttiva si afferma che essa mira allo sviluppo armonioso delle relazioni commerciali con gli Stati terzi (34).

39.      Secondo la relazione della proposta di tredicesima direttiva IVA, lo scopo di quest’ultima era anche di eliminare la differenza di trattamento di operatori non stabiliti nell’Unione da parte degli Stati membri, in quanto tali differenze stavano creando una flessione degli scambi all’interno del territorio dell’Unione (35).

40.      Inoltre, la relazione della proposta di tredicesima direttiva si è espressamente riferita al regime e ai dibattiti che hanno condotto all’adozione dell’ottava direttiva IVA (36). Dalla lettura combinata delle due relazioni si evince chiaramente che lo scopo della tredicesima direttiva era di estendere il trattamento accordato agli operatori UE a quelli stabiliti fuori dell’Unione.

41.      A tal fine, i lavori preparatori dell’ottava direttiva indicano che quest’ultima era considerata solo un primo strumento di applicazione del principio del rimborso dell’IVA a tutti i soggetti passivi non residenti, cui sarebbero infine seguite le proposte di soluzione del problema dei rimborsi ai soggetti passivi residenti in paesi terzi (37). Invero, anche il Parlamento europeo ha ritenuto che la distinzione tra soggetti passivi stabiliti nella Comunità e soggetti stabiliti al di fuori di essa fosse inadeguata giacché essa avrebbe introdotto un elemento di accumulo nell’imposizione fiscale contrario al principio del regime dell’IVA (38).

42.      Pertanto, la tredicesima direttiva IVA ha affrontato alcuni degli stessi problemi dell’ottava direttiva: evitare la deviazione di traffico nell’Unione come conseguenza della diversificazione delle norme sui rimborsi applicate dagli Stati membri.

43.      La Commissione ne deduce che queste due direttive devono essere interpretate nella stessa maniera. A suo avviso, non è possibile ritenere che i servizi finanziari e assicurativi siano contemplati in una direttiva ma non nell’altra.

44.      La questione se l’interpretazione di una disposizione di un’altra direttiva, formulata in termini analoghi, possa essere trasposta per analogia dev’essere risolta alla luce degli obiettivi di entrambe le direttive (39).

45.      Nel caso di specie, tuttavia, nonostante gli obiettivi in parte coincidenti dell’ottava e della tredicesima direttiva IVA, non ritengo che esse debbano essere interpretate nella stessa maniera, in quanto l’ottava direttiva IVA riguarda i soggetti passivi stabiliti nell’Unione, mentre la tredicesima direttiva IVA quelli stabiliti nei paesi terzi.

46.      Il Regno Unito giustifica il diverso trattamento dei soggetti che svolgono operazioni finanziarie e assicurative che rientrano nell’ottava direttiva IVA rispetto ai soggetti coperti dalla tredicesima direttiva IVA con il motivo che i principi generali di parità di trattamento e di non discriminazione contenuti nei Trattati si applicherebbero soltanto alla prima, e non alla seconda.

47.      Siffatto approccio è conforme alla giurisprudenza secondo cui ogni disposizione dev’essere interpretata alla luce delle norme giuridiche superiori e l’interpretazione conforme a tali norme giuridiche superiori dev’essere preferita (40). Pertanto, il trattamento di soggetti passivi stabiliti nell’Unione può condurre a risultati diversi rispetto al trattamento applicato a soggetti passivi non stabiliti nell’Unione.

48.      I lavori preparatori non contengono alcuna affermazione esplicita in merito al trattamento dei servizi finanziari e assicurativi. Tuttavia, a mio avviso, non è irrilevante il fatto che la proposta originale dell’ottava direttiva IVA faceva riferimento all’art. 17, n. 3, della sesta direttiva IVA nel suo impianto generale, mentre la direttiva infine adottata fa riferimento soltanto alle lett. a) e b) di tale articolo. Ciò dimostra che il legislatore ha deliberatamente scelto di non contemplare i servizi finanziari e assicurativi e ciò deve sicuramente essere stato notato in sede di emendamento della proposta originale della Commissione.

49.      La Commissione sostiene, nel caso di specie, che l’omissione rispetto alla lett. c) nell’ottava direttiva IVA sarebbe stata un errore. A sostegno di tale affermazione, essa richiama la relazione della proposta dell’ottava direttiva IVA, in cui la stessa Commissione chiarisce che le situazioni che rientrano nella lett. c) sarebbero state probabilmente coperte dal dettato della lett. a). La Commissione ammetterebbe ora che tale posizione è quasi certamente errata.

50.      Non mi persuade la tesi secondo cui l’omissione sarebbe stata un errore. Anche se fosse vero, a mio avviso ciò non avrebbe rilevanza giuridica. Ritengo inverosimile che l’errore non sia stato ancora corretto, trent’anni dopo la stesura dell’ottava direttiva IVA, in particolare in occasione della direttiva del Consiglio 12 febbraio 2008, 2008/9/CE che stabilisce norme dettagliate per il rimborso dell’imposta sul valore aggiunto, previsto dalla [direttiva IVA], ai soggetti passivi non stabiliti nello Stato membro di rimborso, ma in un altro Stato membro (in prosieguo: la «direttiva 2008/9») (41), che è entrata in vigore nel 2008 e che ha mantenuto l’asserito errore.

51.      Di conseguenza, non ritengo che si possa affermare con certezza, basandosi sullo scopo o sulla storia normativa dell’art. 2, n. 1, della tredicesima direttiva IVA, che l’art. 169, lett. c), della direttiva IVA debba essere interpretato nel contesto di tale disposizione.

3.      Se esistano motivi imperativi per discostarsi dal significato letterale

52.      Sono dell’avviso che l’unica possibilità di successo che ha la Commissione nel presente caso è dimostrare l’esistenza di motivi imperativi per poter interpretare l’art. 2 della tredicesima direttiva IVA in senso contrario al suo tenore letterale. A mio parere, ciò comporterebbe che la tredicesima direttiva IVA o l’art. 169, lett. c), della direttiva IVA diverrebbe priva di contenuto o di efficacia, salvo attribuire un implicito riferimento a detta disposizione all’art. 2 della tredicesima direttiva IVA.

53.      Un’interpretazione conforme al principio sotteso al testo da interpretare prevale su quella che renderebbe tale principio inefficace o inoperante (42).

54.      Tuttavia, nel caso di specie, né la tredicesima direttiva, né l’art. 169, lett. c), della direttiva IVA verrebbero private di contenuto o di efficacia se la Corte si pronunciasse a favore dell’esplicito tenore letterale dell’art. 2 della tredicesima direttiva IVA: l’art. 169, lett. c), della direttiva IVA continuerebbe ad applicarsi ai soggetti stabiliti nello Stato membro in questione e la tredicesima direttiva IVA sarebbe sempre applicabile con riferimento ai rimborsi a soggetti non stabiliti nell’Unione, a cui si applicano gli altri due commi dell’art. 169 della direttiva IVA.

55.      La Commissione sostiene, inoltre, che la tredicesima direttiva IVA è un mero provvedimento di applicazione e, pertanto, in caso di conflitto, il diritto alla detrazione e al rimborso previsti nella direttiva IVA dovrebbero prevalere.

56.      Il testo dell’art. 171 della direttiva IVA si riferisce espressamente all’ottava e alla tredicesima direttiva IVA come a «talune modalità d’applicazione». Su questa base, esse potrebbero essere considerate secondarie rispetto alla direttiva IVA.

57.      La sesta e la tredicesima direttiva IVA, nonché la direttiva IVA, occupano, ovviamente, la stessa posizione nella gerarchia delle fonti, essendo tutte direttive del Consiglio adottate ai sensi delle medesime disposizioni del Trattato. Pertanto, l’applicazione, tra di esse, del principio lex superior è qui esclusa. Esiste una differenza rispetto al relativo rango normativo di queste direttive tra di esse e tra esse e i Trattati.

58.      In linea di principio ciò significa che le modalità d’applicazione presenti nella tredicesima direttiva IVA possono discostarsi dalle disposizioni contenute nella sesta direttiva IVA. Non si può escludere che il legislatore, in sede di applicazione di un atto normativo anteriore, decida di lasciare inattuate alcune disposizioni di quest’ultimo, modificando in tal modo in maniera implicita l’atto, o almeno lasci che l’attuazione di tali disposizioni siano oggetto di una decisione successiva (43).

59.      Tuttavia, è ragionevole procedere in base al presupposto che ove vi sia spazio per l’interpretazione di una disposizione nello strumento di applicazione, l’interpretazione dovrebbe essere coerente con l’atto originale.

60.      Invero, la Corte ha sostenuto che l’ottava direttiva IVA non ha lo scopo di mettere in discussione la sesta direttiva IVA, bensì di armonizzare il diritto al rimborso di cui all’art. 17, n. 3, della sesta direttiva IVA (44). Seguendo questa logica, l’art. 2 dell’ottava direttiva dev’essere interpretato nel senso di rafforzare l’art. 17, n. 3, della sesta direttiva IVA e lo stesso vale per l’art. 2, n. 1, della tredicesima direttiva IVA.

4.      Conclusione sull’esistenza di un obbligo di rimborsare soggetti di paesi terzi che svolgono operazioni finanziarie ed assicurative

61.      Pertanto, in questa fase dello sviluppo del diritto dell’Unione, penso che non vi sia alcun obbligo per gli Stati membri di rimborsare i soggetti passivi di cui all’art. 169, lett. c), della direttiva IVA che non sono stabiliti nell’Unione.

62.      A mio avviso, le diverse norme sulle detrazioni e sui rimborsi nel meccanismo dell’IVA riflettono scelte di politica fiscale e non necessità di ordine logico o giuridico. Gli esempi storici indicano che il legislatore può talvolta optare a favore di scelte normative nel settore dell’IVA che risultano incoerenti o perfino non funzionali sotto il profilo della politica economica o fiscale (45).

63.      Anche se l’interpretazione dell’art. 2 della tredicesima direttiva IVA proposta dalla Commissione può adattarsi meglio all’attuale meccanismo dell’IVA sotto il profilo della politica fiscale, essa non rifletterebbe il testo di quella disposizione, soprattutto perché il legislatore ha consapevolmente deciso di tacere in proposito (46). Spetta quindi al legislatore rimediare all’omissione (47).

64.      La posizione del Regno Unito si fonda sul testo chiaro e inequivoco di una disposizione della direttiva IVA che dev’essere trasposta e applicata. Il principio della certezza del diritto osta all’interpretazione dell’art. 169, lett. c), della direttiva IVA nel contesto dell’art. 2, n. 1, della tredicesima direttiva IVA, se tale interpretazione non consegue dal testo della disposizione (48). Il Regno Unito può invocare tale principio, che riveste un’importanza particolare nel campo del diritto tributario, ove sia i soggetti passivi, sia l’amministrazione fiscale devono potersi basare sul testo della normativa dell’Unione quale fondamento della propria posizione.

65.      Ritengo inoltre che la posizione della Commissione sia problematica sotto il profilo costituzionale e istituzionale. Se la Commissione ritenesse davvero che vi sia stata un’erronea omissione nel testo dell’ottava e della tredicesima direttiva IVA, sarebbe incomprensibile che non facesse uso del proprio diritto di iniziativa normativa per porre rimedio a tale situazione. Al contrario, essa ripete l’asserito errore nella sua proposta della nuova direttiva 2008/9 e avvia al contempo il procedimento d’infrazione contro uno Stato membro che si basa sul significato letterale del testo della disposizione pertinente.

66.      Infine, la Commissione fa valere altresì due problemi di ordine pratico che emergerebbero non interpretando l’art. 169, lett. c), della direttiva IVA nel contesto dell’art. 2, n. 1, della tredicesima direttiva IVA. In primo luogo, il fatto che l’interpretazione dell’ottava direttiva IVA diverrebbe incerta a causa dell’analoga formulazione dell’art. 2 nell’ottava e nella tredicesima direttiva IVA e, in secondo luogo, che la maggioranza degli Stati membri violerebbe la tredicesima direttiva IVA in quanto essi concedono attualmente i rimborsi a soggetti non stabiliti nell’Unione che eseguono le operazioni di cui all’art. 169, lett. c), della direttiva IVA.

67.      A mio avviso, nessuna di queste osservazioni di ordine pratico costituisce un motivo giuridicamente valido per interpretare l’art. 169, lett. c), della direttiva IVA nel contesto dell’art. 2, n. 1, della tredicesima direttiva IVA.

68.      Inoltre, tali difficoltà possono essere risolte con l’adozione di idonei strumenti normativi per chiarire lo scopo del diritto ai rimborsi dei soggetti non stabiliti nell’Unione e che eseguono operazioni finanziarie e assicurative se ciò sarà ritenuto necessario in seguito all’esito della presente controversia.

IV – Conclusione

69.      Alla luce di quanto precede, ritengo che la Commissione non sia riuscita a dimostrare la violazione da parte del Regno Unito degli artt. 169-171 della direttiva del Consiglio 28 novembre 2006, 2006/112/CE, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, o dell’art. 2, n. 1, della tredicesima direttiva del Consiglio 17 novembre 1986, 86/560/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relativa alle imposte sulla cifra di affari - Modalità di rimborso dell’imposta sul valore aggiunto ai soggetti passivi non residenti nel territorio della Comunità. Suggerisco pertanto alla Corte di giustizia di respingere il ricorso.


1 – Lingua originale: l’inglese.


2 – Direttiva del Consiglio 28 novembre 2006, 2006/112/CE, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: la «direttiva IVA») (GU L 347, pag. 1), che sostituisce l’art. 17, nn. 3 e 4, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (in prosieguo: la «sesta direttiva IVA»), GU L 145, pag. 1.


3 – Tredicesima direttiva del Consiglio 17 novembre 1986, 86/560/CEE in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relativa alle imposte sulla cifra di affari - Modalità di rimborso dell’imposta sul valore aggiunto ai soggetti passivi non residenti nel territorio della Comunità (GU L 326, pag. 40; in prosieguo: la «tredicesima direttiva IVA»).


4 – Artt. 169 e 170 della direttiva IVA (già art. 17, n. 3, della sesta direttiva IVA).


5 – Già art. 17, n. 3, lett. c), della sesta direttiva IVA.


6 – Ai sensi dell’art. 171 della direttiva IVA (già art. 17, n. 4, della sesta direttiva IVA) che si riferisce all’ottava direttiva del Consiglio 6 dicembre 1979, 79/1072/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Modalità per il rimborso dell’imposta sul valore aggiunto ai soggetti passivi non residenti all’interno del paese (GU L 331, pag. 11; in prosieguo: l’«ottava direttiva IVA») e alla tredicesima direttiva IVA.


7 – Già art. 17, n. 3, lett. a) e b), della sesta direttiva IVA.


8 – L’art. 17, nn. 2-4, è stato modificato dall’art. 28 septies della sesta direttiva IVA, inserito da tre direttive: direttiva del Consiglio 16 dicembre 1991, 91/680/CEE, che completa il sistema comune di imposta sul valore aggiunto e modifica, in vista della soppressione delle frontiere fiscali, la direttiva 77/388/CEE (GU L 376, pag. 1); direttiva del Consiglio 10 aprile 1995, 95/7/CE, che modifica la direttiva 77/388/CEE e introduce nuove misure di semplificazione in materia di imposta sul valore aggiunto – Campo di applicazione delle esenzioni e relative modalità pratiche di applicazione (GU L 102, pag. 18) e direttiva del Consiglio 26 aprile 2004, 2004/66/CE, che adatta le direttive 1999/45/CE, 2002/83/CE, 2003/37/CE e 2003/59/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e le direttive del Consiglio 77/388/CEE, 91/414/CEE, 96/26/CE, 2003/48/CE e 2003/49/CE, in materia di libera circolazione delle merci, libera prestazione dei servizi, agricoltura, politica dei trasporti e fiscalità, in conseguenza dell’adesione della Repubblica ceca, dell’Estonia, di Cipro, della Lettonia, della Lituania, dell’Ungheria, di Malta, della Polonia, della Slovenia e della Slovacchia (GU L 168, pag. 35).


9 – Art. 413 della direttiva IVA.


10 – Primo e terzo ‘considerando’ della direttiva IVA.


11 – In base all’allegato XII della direttiva IVA, rubricato «Tavola di concordanza», l’art. 28 septies, n. 1, della sesta direttiva IVA, che sostituisce l’art. 17, n. 3, lett. a), b) e c), della sesta direttiva, corrisponde agli artt. 169, lett. a), b) e c), e all’art. 170, lett. a) e b), della direttiva IVA. L’art. 28 , n. 1, della sesta direttiva IVA, che sostituisce l’art. 17, n. 4, della sesta direttiva IVA corrisponde all’art. 171 della direttiva IVA.


12 – Già art. 17, n. 3, della sesta direttiva IVA.


13 – È interessante osservare che [nelle versioni in lingua inglese] mentre la sesta direttiva IVA si riferiva al diritto a detrazione o a rimborso con il termine «right», la direttiva IVA lo fa con il termine «entitlement». Tuttavia, non è mia intenzione servirmi di questo spunto per argomentare una differenza sostanziale del contenuto di tali disposizioni, giacché siffatta modifica non è stata espressamente indicata dal legislatore.


14 –      Tale disposizione definisce attività economica ogni attività di produzione, di commercializzazione o di prestazione di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle di professione libera o assimilate, tra cui lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti.


15 –      Questo comma non è rilevante ai presenti fini. Esso riguarda esenzioni connesse alla cessione di beni intracomunitaria, taluni servizi di trasporto e trasporto internazionale, l’importazione, talune operazioni assimilate alle esportazioni, la fornitura di servizi resi dagli intermediari e le operazioni connesse con il traffico internazionale di beni.


16 –      Già art. 13 B, lett. a) e d), della sesta direttiva IVA, vale a dire, le operazioni finanziarie e assicurative.


17 – Già art. 17, n. 4, della sesta direttiva.


18 – V. causa WHA Limited e a./HM Commissioners of Customs and Excise [2004] STC 1081, punti 123-125.


19 – Divenuto art. 258 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (GU 2008, C 115, pag. 47).


20 – V. sentenza 16 dicembre 1992, causa C-210/91, Commissione/Grecia (Racc. pag. I-6735, punto 10 e giurisprudenza ivi citata).


21 – V. sentenze 11 luglio 1984, causa 51/83, Commissione/Italia (Racc. pag. 2793, punto 4) e, più di recente, 11 settembre 2008, causa C-274/07, Commissione/Lituania (Racc. pag. I-7117, punto 20).


22 – Terzo ‘considerando’ della direttiva IVA.


23 – Allegato XII della direttiva IVA, nella parte sull’art. 28 septies, punto 1, che sostituisce l’art. 17, nn. 2, 3 e 4 della sesta direttiva.


24 – Ultima frase del terzo ‘considerando’ della direttiva IVA.


25 – V. sentenze 28 febbraio 2008, causa C-263/06, Carboni e derivati (Racc. pag. I-1077, punto 48) e 22 dicembre 2008, causa C-48/07, Les Vergers du Vieux Tauves (Racc. pag. I-10627, punto 44).


26 – Conclusioni dell’avvocato generale Mayras nella causa 67/79, Fellinger (Racc. pag. 535, 550).


27 – O. Henkow, Financial Activities in European VAT, Kluwer Law International, 2008, pag. 286.


28 – A norma dell’art. 135 della direttiva IVA (già art. 13 della sesta direttiva IVA).


29 – V. sentenze 6 aprile 1995, causa C-4/94, BLP (Racc. pag. I-983, punto 28) e 26 settembre 1996, causa C-302/93, Debouche (Racc. pag. I-4495, punto 16).


30 – Art. 9 della direttiva IVA.


31 – Art. 2, n. 2, della tredicesima direttiva IVA.


32 – Art. 2, n. 3, della tredicesima direttiva IVA.


33 – B. Terra e J. Kajus, A guide to the European VAT directives, IBFD, 2004, 11.6.4 «The Thirteenth VAT Directive».


34 – Secondo ‘considerando’ della tredicesima direttiva IVA.


35 – Terzo e quarto paragrafo della relazione della proposta di tredicesima direttiva del Consiglio in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Modalità di rimborso dell’imposta sul valore aggiuntivo ai soggetti passivi non residenti nel territorio della Comunità, COM(82) 443.


36 – Quarto paragrafo della relazione della tredicesima direttiva IVA, ibidem.


37 – Risoluzione del Parlamento europeo che esprime un parere sulla proposta della Commissione delle Comunità europee al Consiglio per l’ottava direttiva in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Modalità di rimborso dell’imposta sul valore aggiunto ai soggetti passivi non residenti nel territorio della Comunità (GU 1979 C 39, pag. 14, paragrafo n. 3).


38 – Risoluzione del Parlamento europeo, ibidem, punto 4.


39 – V. sentenze 9 febbraio 1982, causa 270/80, Polydor e RSO (Racc. pag. 329, punti 14-18) e, più di recente, 12 novembre 2009, causa C-351/08, Grimme (Racc. pag. I-10777, punto 29).


40 – V. sentenze 13 dicembre 1983, causa 218/82, Commissione/Consiglio (Racc. pag. 4063, punto 15) e, più di recente, 4 ottobre 2007, causa C-457/05, Schutzverband der Spirituosen-Industrie (Racc. pag. I-8075, punto 22).


41 – GU L 44, pag. 23.


42 – V. sentenze 4 febbraio 1988, causa 157/86 Murphy e a. (Racc. pag. 673, punto 10); 22 settembre 1988, causa 187/87 Land de Sarre e a. (Racc. pag. 5013, punto 19) e, più di recente, 9 marzo 2006, causa C-174/05, Zuid-Hollandse Milieufederatie et Natuur en Milieu (Racc. pag. I-2443, punto 20).


43 – Va aggiunto che questo è possibile soltanto per gli atti di pari rango normativo. Uno strumento d’applicazione dell’Unione di rango normativo inferiore o uno strumento d’applicazione o di trasposizione nazionale non possono modificare lo scopo o il significato delle disposizioni dell’atto che dev’essere applicato.


44 – V. sentenze Debouche, cit. alla nota 32, punto 18, e 15 marzo 2007, causa C-35/05, Reemtsma Cigarettenfabriken (Racc. pag. I-2425, punto 25).


45 – Dal punto di vista storico sussisteva una necessità di manipolare il sistema dell’IVA, in primo luogo nel settore delle detrazioni, così che potesse essere evitata l’imposizione di aliquote sostanzialmente più elevate rispetto a quelle applicate secondo il sistema fiscale del giro d’affari cumulativo. Tali interferenze con un sistema dell’IVA «puro» sono tutt’oggi presenti. Per esempio, è stato introdotto il «butoir» o la «buffer rule», che hanno limitato il diritto di detrarre l’importo dell’IVA dovuta in un dato periodo d’imposta dall’IVA restante riportata al periodo successivo. Questa norma è ancora consentita dall’art. 183 della direttiva IVA (già art. 18, n. 4, della sesta direttiva IVA). V. M. Terra, «Developments in VAT – the deduction of input tax», VAT monitor, vol. 7, n. 2, marzo/aprile 1996, pag. 52.


46 – Come osservato dal prof. Kaarle Makkonen: il legislatore può essere capriccioso. V. K. Makkonen, Zur Problematik der juridischen Entscheidung, Eine strukturanalytische Studie, Annales Universitatis Turkuensis Ser. B Humaniora 93, Turku 1965, pag. 203.


47 – V. sentenza 9 luglio 1981, causa 169/80, Gondrand et Garancini (Racc. pag. 1931, punti 16 e 17). V. anche l’ultimo paragrafo delle conclusioni dell’avvocato generale Slynn in detta causa (Racc. pag. 1949), e, più di recente, sentenza 11 giugno 2009, causa C-170/08, Nijemeisland (Racc. pag. I-5127, punto 44).


48 – V. sentenza 1° ottobre 2009, causa C-247/08, Gaz de France - Berliner Investissement (Racc. pag. I-9225, punto 38). È interessante osservare che, in tale fattispecie, anche se la previsione di cui si trattava era stata modificata dal legislatore in una successiva direttiva, la Corte ha respinto l’interpretazione basata sugli obiettivi e sullo schema della normativa a favore dell’espresso tenore testuale della disposizione.