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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JÁN MAZÁK

presentate il 26 ottobre 2010 (1)

Causa C-103/09

The Commissioners for Her Majesty’s Revenue & Customs

contro

Weald Leasing Limited

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Court of Appeal (England and Wales)]

«Imposta sul valore aggiunto (IVA) – Sesta direttiva del Consiglio 77/388/CEE – Nozioni di “pratica abusiva” e “normali operazioni commerciali” – Operazione avente il solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale – Operazioni di locazione e di sublocazione finanziaria intese a differire il pagamento dell’IVA – Ridefinizione di pratica abusiva»





I –    Introduzione

1.        La presente domanda di pronuncia pregiudiziale verte, inter alia, sull’interpretazione della nozione di «pratica abusiva» ai sensi della sentenza nella causa C-255/02, Halifax e a. (2), e sulla sua applicazione nelle cause C-425/06, Part Service (3) e C-162/07, Ampliscientifica e Amplifin (4). Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia tra i Commissioners for Her Majesty’s Revenue and Customs (in prosieguo: i «Commissioners») e la Weald Leasing Limited (in prosieguo: la «Weald Leasing»), riguardante la tassazione delle operazioni di leasing effettuate da quest’ultima.

II – La controversia nella causa principale e le questioni pregiudiziali

2.        Il gruppo di società Churchill (in prosieguo: il «gruppo Churchill») presta prevalentemente servizi di assicurazione esenti da imposta sul valore aggiunto (IVA) (5). La Churchill Management Limited (in prosieguo: la «CML») e le sue controllate, la Churchill Accident Repair Centre (in prosieguo: la «CARC») e la Weald Leasing (6), fanno parte del gruppo Churchill. La CML e la CARC hanno una percentuale di recupero dell’IVA assolta a monte pari approssimativamente all’1%, sicché, quando acquistano beni strumentali, possono detrarre solo l’1% dell’IVA pagata all’acquisto di tali beni (7). L’unica attività commerciale della Weald Leasing consiste nell’acquistare i beni strumentali in questione e nel concederli in leasing alla Suas Limited (in prosieguo: la «Suas»). La Weald Leasing è registrata indipendentemente ai fini IVA.

3.        La Suas è una società che appartiene interamente al consulente fiscale per l’IVA del gruppo Churchill ed a sua moglie, ma non fa parte del gruppo ed è registrata separatamente ai fini IVA. L’unica attività commerciale rilevante della Suas è quella di prendere in leasing i beni della Weald Leasing e sublocarli alla CML ed alla CARC.

4.        Quando la CML o la CARC necessitavano di nuove attrezzature, queste ultime venivano acquistate dalla Weald Leasing, che le concedeva in leasing alla Suas, la quale, a sua volta, le sublocava alla CML o alla CARC. Mettendo in pratica tale serie di operazioni, la CML e la CARC evitavano di acquistare direttamente le attrezzature necessarie o di pagare in una sola volta l’importo totale dell’IVA non detraibile dovuta su tali acquisti. Tali operazioni avevano lo scopo di suddividere il pagamento del detto importo e ripartirlo in più fasi, al fine di differire il pagamento dell’IVA da parte del Gruppo Churchill. La CML e la CARC dovevano pagare l’IVA non detraibile non già sul costo pieno dei beni acquistati, ma sull’importo del canone di locazione relativo a tali beni, ripartito su tutta la durata dei contratti di leasing.

5.        I Commissioners hanno disposto accertamenti IVA, a seguito dei quali non hanno autorizzato la Weald Leasing a detrarre l’IVA applicata a monte sui beni concessi in leasing nel periodo tra l’ottobre del 2000 e l’ottobre del 2004, con il motivo che le operazioni in questione non erano attività economiche e che costituivano un abuso di diritto. Contro tali accertamenti la Weald Leasing ha proposto appello, sostenendo che le operazioni controverse non erano state realizzate al solo fine di ottenere vantaggi fiscali e che effettuare forniture imponibili di beni attraverso operazioni di leasing non era contrario agli scopi della sesta direttiva. Dopo la pronuncia della sentenza Halifax (8), i Commissioners hanno abbandonato la tesi secondo cui le dette operazioni di leasing non erano attività economiche ed hanno sostenuto unicamente che le stesse costituivano una pratica abusiva.

6.        Nella decisione 7 febbraio 2007 il VAT and Duties Tribunal ha ritenuto che lo scopo essenziale delle operazioni controverse fosse di ottenere un vantaggio fiscale. Di conseguenza, le dette operazioni soddisfacevano la seconda condizione richiesta ai fini dell’applicazione della dottrina dell’abuso di diritto, ai sensi del punto 75 della sentenza resa dalla Corte di giustizia nella causa Halifax. In particolare, il VAT and Duties Tribunal ha dichiarato che «le operazioni non potevano spiegarsi altrimenti se non con il conseguimento di vantaggi fiscali per il gruppo IVA Churchill». Quest’ultimo giudice ha ritenuto che l’ottenimento di tale vantaggio fiscale non fosse contrario agli scopi delle rilevanti disposizioni della sesta direttiva e che, di conseguenza, la prima condizione di cui al punto 74 della sentenza della Corte nella causa Halifax non fosse soddisfatta. Esso non ha potuto riscontrare nella sesta direttiva alcun elemento atto a dimostrare che un operatore commerciale esentato non possa differire o scaglionare l’onere dell’imposta a monte attraverso operazioni di leasing, e neanche in situazioni come quella della Weald Leasing, che era una società collegata alla CML ed alla CARC. Il VAT and Duties Tribunal ha inoltre rilevato che un abuso di diritto sarebbe potuto sorgere non dai contratti di leasing di per sé stessi, ma unicamente dal livello dei canoni di leasing e dagli accordi diretti ad evitare l’emissione di un’ordinanza da parte dei Commissioners ai sensi dell’allegato 6 del Value Added Tax Act 1994 (in prosieguo: la «legge sull’IVA del 1994») (9).

7.        Avverso tale decisione i Commissioners hanno proposto appello dinanzi alla Chancery Division of the High Court of Justice of England and Wales. La sola questione sollevata in appello è stata quella volta ad accertare se il vantaggio fiscale ottenuto dal gruppo Churchill fosse contrario agli scopi della sesta direttiva. Con decisione 16 gennaio 2008 la Chancery Division of the High Court of Justice of England and Wales ha respinto il ricorso in appello dei Commissioners, in quanto il fatto che le operazioni in questione non fossero avvenute nel contesto di normali operazioni commerciali non era sufficiente per concludere che si trattava di pratiche abusive, poiché il vantaggio fiscale ottenuto dal gruppo Churchill con le operazioni di leasing non era contrario al principio di neutralità fiscale o a qualsivoglia altra disposizione della sesta direttiva (10).

8.        In tale contesto, la Court of Appeal of England and Wales (Civil Division) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se, in circostanze come quelle del caso in esame, in cui un operatore commerciale ampiamente esentato adotta una struttura contrattuale per il leasing di beni che coinvolge un terzo intermediario, invece di acquistare tali beni in un’unica soluzione, tale struttura di leasing di beni o taluni suoi elementi diano origine a un vantaggio fiscale contrario agli scopi della sesta direttiva, secondo quanto evidenziato nel punto 74 della sentenza [Halifax e a., cit.].

2)      Se, avuto riguardo al fatto che la sesta direttiva IVA contempla il leasing di beni da parte di operatori commerciali esentati o parzialmente esentati, e considerato il riferimento della Corte alle “normali operazioni commerciali” nei punti 69 e 80 della sentenza Halifax [e a., cit.] nonché al punto 27 della sentenza [Ampliscientifica e Amplifin, cit.], come anche l’assenza di siffatto riferimento nella sentenza [Part Service, cit.,] tale leasing costituisca una pratica abusiva di un operatore commerciale esentato o parzialmente esentato sebbene, nell’ambito delle sue normali operazioni commerciali, questi non effettui operazioni di leasing.

3)      In caso di risposta affermativa alla questione sub 2:

(a)      quale sia la rilevanza dell’espressione “normali operazioni commerciali” nel contesto dei punti 74 e 75 della sentenza Halifax [e a., cit.]; se tale espressione sia rilevante per il punto 74, per il punto 75 o per entrambi;

(b)      se il riferimento alle “normali operazioni commerciali” sia un riferimento a:

(1)      operazioni che il soggetto passivo in questione effettua tipicamente;

(2)      operazioni in cui due o più parti si impegnano in normali condizioni di mercato;

(3)      operazioni che sono sostenibili sotto il profilo commerciale;

(4)      operazioni che danno luogo ad oneri commerciali e a rischi tipicamente associati ai vantaggi commerciali collegati;

(5)      operazioni che non sono artificiose in quanto hanno una portata commerciale;

(6)      qualsiasi altro tipo o categoria di operazioni.

4)      Se la struttura del contratto di leasing di beni o una parte di esso è ritenuta costituire una pratica abusiva, quale sia la ridefinizione appropriata. In particolare, se il tribunale nazionale o l’autorità tributaria debba:

(a)      ignorare l’esistenza del terzo intermediario e ordinare che l’IVA sia pagata sul valore di mercato dei canoni;

(b)      ridefinire la struttura del contratto di leasing come un acquisto in un’unica soluzione o

(c)      ridefinire le operazioni in qualsiasi altro modo che il giudice nazionale o l’autorità tributaria considerino appropriato per ristabilire la situazione che sarebbe prevalsa in assenza delle operazioni che costituiscono pratica abusiva».

III – Procedimento dinanzi alla Corte

9.        Hanno presentato osservazioni scritte la Weald Leasing, il governo greco, l’Irlanda, i governi italiano e del Regno Unito, nonché la Commissione. Tutti gli intervenienti, tranne il governo italiano, hanno svolto osservazioni orali all’udienza del 3 giugno 2010.

IV – Considerazioni preliminari

10.      A seguito della pronuncia della Corte nella causa Halifax, è evidente che il principio dell’abuso di diritto, come stabilito dalla giurisprudenza della Corte e che vieta agli interessati di avvalersi abusivamente o fraudolentemente del diritto dell’Unione europea, si applica anche ai casi riguardanti l’IVA. Tuttavia, l’estensione del principio dell’abuso di diritto al settore IVA non deve pregiudicare il principio della certezza del diritto né la libertà di un operatore commerciale di condurre i propri affari o di scegliere operazioni in forma tale da pagare importi di IVA minori (11).

11.      Dato che l’esistenza di un abuso di diritto nel settore IVA può essere accertata a prescindere dalla circostanza che un operatore abbia formalmente rispettato il tenore della normativa in materia di IVA, ritengo che il principio in questione debba essere applicato solo in casi eccezionali, laddove l’abuso sia manifesto e che eventuali rimedi debbano essere applicati con parsimonia limitatamente all’abuso di cui trattasi. Nella sentenza Halifax la Corte ha dichiarato che in mancanza di un fondamento normativo chiaro ed univoco la constatazione dell’esistenza di un comportamento abusivo non deve condurre a una sanzione (12). Anzi, le operazioni implicate in un comportamento abusivo devono essere ridefinite in maniera da ristabilire la situazione quale sarebbe esistita senza le operazioni che quel comportamento hanno fondato (13).

12.      Nella sentenza Halifax la Corte ha stabilito due condizioni che devono essere soddisfatte al fine di accertare l’esistenza di pratiche abusive. In primo luogo, le operazioni controverse devono, nonostante l’applicazione formale delle condizioni previste dalle pertinenti disposizioni della sesta direttiva e della legislazione nazionale che la traspone, procurare un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria all’obiettivo perseguito da queste stesse disposizioni. In secondo luogo, deve altresì risultare da un insieme di elementi oggettivi che lo scopo delle operazioni controverse è essenzialmente l’ottenimento di un vantaggio fiscale (14).

13.      Come ha osservato il governo greco, le dette due condizioni sono cumulative. Al fine di accertare l’esistenza di pratiche abusive nel settore dell’IVA non è pertanto sufficiente dimostrare che una determinata operazione procura un vantaggio fiscale e neppure che la stessa ha essenzialmente lo scopo di ottenere tale vantaggio o non può essere spiegata altrimenti. Una conclusione in senso contrario pregiudicherebbe gravemente il diritto riconosciuto dell’operatore commerciale di limitare la sua contribuzione fiscale (15). È pertanto necessario approfondire l’esame e dimostrare che l’operazione in questione dà origine ad un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria all’obiettivo perseguito dalla sesta direttiva e dalla legislazione nazionale che la traspone.

14.      Dall’ordinanza di rinvio risulterebbe che le circostanze della causa principale soddisfano la seconda condizione stabilita dalla giurisprudenza Halifax in quanto il VAT and Duties Tribunal ha ritenuto che l’obiettivo essenziale dei contratti di leasing e di sublocazione controversi nella causa principale fosse quello di ottenere un vantaggio fiscale. Secondo quanto si apprende dall’ordinanza di rinvio, i detti contratti avrebbero altresì procurato un vantaggio di cassa alla CARC ed alla CML.

15.      Nell’ordinanza di rinvio si indica inoltre che, in tale contesto, l’importo dei canoni pattuiti nei contratti in questione veniva mantenuto basso perché più alto era il canone e più alto sarebbe stato l’importo dell’IVA non recuperabile a carico della CML e della CARC. Inoltre, dall’ordinanza di rinvio risulterebbe che nei contratti di leasing stipulati tra la Weald Leasing e la Suas, il canone era calcolato in modo da restituire alla Weald Leasing il 100% del costo in dieci anni, indipendentemente dalla durata prevista dei beni specifici in questione.

V –    La prima e la quarta questione pregiudiziale

16.      Con la prima questione il giudice del rinvio chiede essenzialmente se, in circostanze come quelle in esame, i contratti di leasing o parti di essi, diano origine a un vantaggio fiscale contrario agli scopi della sesta direttiva e delle disposizioni nazionali che l’hanno trasposta.

17.      La Weald Leasing sostiene che, nel settore dell’IVA, uno dei vantaggi fiscali del leasing per gli operatori esentati o parzialmente esentati consiste nella possibilità di ripartire l’onere dell’imposta a monte non recuperabile sulla durata del leasing. Tuttavia, tale vantaggio fiscale non è di per sé sufficiente a rendere l’operazione abusiva poiché si tratta del mero effetto fiscale della scelta degli operatori che è espressamente contemplato dalla sesta direttiva. Non si configura una pratica abusiva poiché il detto vantaggio non è stato ottenuto indebitamente. In particolare, non vi sono stati tentativi da parte della CML o della CARC di recuperare importi dell’imposta a monte maggiori rispetto a quelli cui avevano diritto. Se è pur vero che la Weald Leasing ha ottenuto un vantaggio di cassa, tuttavia essa non ha ottenuto una riduzione assoluta d’imposta né ha mai avuto intenzione di ottenerla. Secondo la Weald Leasing tale circostanza costituisce un elemento distintivo fondamentale rispetto alla causa University of Huddersfield (16), in quanto l’unico elemento dei contratti di leasing che, semmai, potrebbe essere considerato abusivo è l’importo dei canoni. Secondo l’opinione della Weald Leasing, l’unica disposizione legislativa che sarebbe stata eventualmente violata è l’art. 1 dell’allegato 6 alla legge sull’IVA del 1994, che è una disposizione di diritto interno e che non recepisce una disposizione della sesta direttiva. Anzi, si tratterebbe di una deroga alla regola generale di cui all’art. 11 A, n. 1, della sesta direttiva, applicata in forza dell’autorizzazione concessa al Regno Unito su fondamento dell’art. 27, n. 2, di tale direttiva. Siffatte deroghe non fanno sorgere diritti o obblighi ai sensi del diritto comunitario (e adesso, dell’Unione) (17). Di conseguenza, la dottrina di diritto dell’Unione sull’abuso di diritto non si applica alle violazioni dell’art. 1 dell’allegato 6, poiché tale questione riguarda unicamente il diritto nazionale.

18.      Il governo del Regno Unito sostiene che, nonostante l’apparenza formale del leasing, i contratti in questione non erano stati conclusi in condizioni paritarie e costituivano un tentativo fazioso ed artificioso di dissimulare i veri rapporti commerciali ed economici sottostanti, in virtù dei quali il gruppo Churchill, attraverso la CML e la CARC, sceglieva e acquistava beni da utilizzare per i suoi servizi di assicurazione esenti da imposta. La Weald Leasing ha in effetti cercato di ottenere i vantaggi fiscali connessi ad un’operazione di leasing senza sopportare gli oneri economici e commerciali associati. Il governo greco ritiene che il regime di leasing in questione avesse lo scopo e l’effetto di sottoporre gli acquisti effettuati dalla CARC e dalla CML ad un trattamento fiscale diverso rispetto agli acquisti effettuati dai loro concorrenti che prestavano servizi analoghi. L’applicazione di tale regime viola il principio di uguaglianza sul piano fiscale e, di conseguenza, anche il principio di neutralità fiscale. L’Irlanda sostiene che il 99% dei servizi prestati dal gruppo Churchill è esente da imposta e, poiché l’imposta a monte versata da quest’ultimo non è recuperabile, si deve interpretare la sesta direttiva nel senso che l’onere impositivo deve essere assolto nel momento in cui l’imposta diventa esigibile, per essere trasferito sul consumatore finale. La Weald Leasing e la Suas costituiscono prevalentemente, se non esclusivamente, meccanismi diretti ad evitare che ciò accada e, in quanto sono manifestamente artificiosi, configurano un abuso. L’Irlanda rileva che tutte o la maggior parte delle disposizioni dei contratti di leasing sono artificiose e quindi abusive e non solo quelle riguardanti l’importo dei canoni. Il governo italiano ritiene che una struttura di leasing il cui scopo sia di consentire ad un soggetto passivo prevalentemente esentato da imposta di detrarre l’intero importo dell’IVA pagata a monte sui beni e servizi acquistati per la propria attività economica sia contraria al principio di neutralità fiscale dell’IVA sancito dalla sesta direttiva.

19.      La Commissione sostiene che la locazione di beni non dà luogo ad un vantaggio fiscale contrario all’obiettivo della normativa sull’IVA. In termini economici non comporta alcuna differenza per lo Stato il fatto che i beni siano acquistati oppure concessi in leasing. Anche se il differimento dell’onere fiscale può essere considerato un vantaggio di cassa per il soggetto passivo, quest’ultimo sconta tale vantaggio nel lungo periodo. La Commissione ritiene inoltre che l’uso di una società di leasing vincolata non costituisca, di per sé, un abuso di diritto. Il reale rischio di abuso in tali circostanze è rappresentato dall’opportunità, per il soggetto passivo, di manipolare gli importi dei canoni di locazione al fine di ridurre l’importo dell’IVA dovuta. La Commissione osserva che l’intervento della Suas sembra aver avuto l’unico scopo di precludere all’amministrazione finanziaria la possibilità di accertare e di ricalcolare la base imponibile. Pertanto, l’operazione in questione sembra soddisfare la prima condizione della giurisprudenza Halifax. Un’operazione mirante ad impedire l’effettiva applicazione della regolamentazione IVA deve essere considerata equivalente ad un’operazione avente lo scopo di ottenere un vantaggio contrario all’obiettivo della regolamentazione medesima.

20.      Secondo la mia opinione, e come ha rilevato la Commissione nelle sue osservazioni, un operatore è, in linea di principio, libero di scegliere se acquistare o prendere in locazione finanziaria i beni strumentali (18) da utilizzare nell’ambito della propria attività economica. Inoltre, il fatto che un operatore esentato decida di concludere contratti di leasing di beni strumentali invece di acquistare tali beni in un’unica soluzione, al fine di beneficiare di un trattamento più favorevole ai sensi della normativa fiscale, potendo differire il pagamento dell’IVA (19), non è di per sé sufficiente a giustificare la conclusione secondo cui tale normativa sarebbe stata applicata abusivamente. Qualora opti per l’affitto delle attrezzature, l’operatore pagherà l’IVA sui canoni di locazione versati periodicamente per tutta la durata del leasing, invece di assolvere l’IVA in una sola volta al momento dell’acquisto delle attrezzature medesime. Ritengo che tale operazione di per sé stessa non sia contraria agli scopi della sesta direttiva o della normativa nazionale che ha trasposto quest’ultima. Secondo la mia opinione, l’operazione in questione non si pone necessariamente in contrasto con il principio di neutralità fiscale. Come hanno indicato la Weald Leasing e la Commissione, il leasing – piuttosto che l’acquisto – di attrezzature non implica di per sé la possibilità per l’operatore interessato di pagare importi minori di IVA o di detrarre importi di IVA maggiori rispetto a quelli cui ha diritto. Perciò, anche se l’operatore può ottenere un vantaggio di cassa, non esiste un risparmio in termini di IVA intrinseco nella locazione finanziaria delle attrezzature rispetto all’acquisto delle stesse.

21.      Ritengo che la costituzione e l’uso di una società interamente controllata o «vincolata», nel caso presente, la Weald Leasing, che ai fini dell’IVA rappresenta un soggetto passivo indipendente o separato (20), al solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale attraverso il differimento dell’IVA non configuri di per sé una pratica abusiva, in quanto lo stesso vantaggio potrebbe essere ottenuto stipulando un contratto di leasing in condizioni di mercato con un terzo indipendente (21). Perciò, il fatto che un operatore commerciale ampiamente esentato, invece di acquistare beni in un’unica soluzione, adotti una struttura contrattuale per il leasing di beni che coinvolge un terzo indipendente o una società interamente controllata ma registrata indipendentemente ai fini IVA, con l’obiettivo di differire il pagamento dell’imposta non recuperabile, non dà origine, di per sé, ad un vantaggio fiscale contrario agli scopi della sesta direttiva. Tuttavia, qualora i canoni di locazione pattuiti nei contratti di leasing siano mantenuti a livelli artificialmente bassi, che non riflettono le condizioni di mercato aperto, e che pertanto, a loro volta, riducono artificialmente l’importo dell’IVA dovuta, tale parte dell’operazione riguardante il livello dei canoni, piuttosto che la locazione di per sé, risulterebbe, secondo la mia opinione, contraria agli scopi della sesta direttiva e della normativa nazionale che la ha trasposta.

22.      Con riferimento agli accordi relativi alla Suas, l’ordinanza di rinvio dichiara che l’interposizione di tale società tra la Weald Leasing e la CARC e la CML ha avuto quale conseguenza che i Commissioners non hanno potuto emanare un’ordinanza ai sensi dell’allegato 6 (legge sull’IVA del 1994). Sembrerebbe che, salvo verifica da parte del giudice nazionale, per poter emanare un provvedimento ai sensi del citato allegato 6, e quindi ordinare che il valore di una fornitura sia portato al suo valore di mercato, i Commissioners debbano dimostrare, tra le altre condizioni, che il soggetto che effettua la fornitura ed il soggetto destinatario della stessa sono collegati (22) e che la fornitura è stata effettuata per un valore inferiore a quello di mercato.

23.      Dall’ordinanza di rinvio sembrerebbe che la Weald Leasing stessa abbia dichiarato dinanzi al giudice del rinvio che «[i]l reale vantaggio fiscale ottenuto dai partecipanti era nato dall’interposizione della Suas, che ha impedito l’emanazione dell’ordinanza di cui all’allegato 6». Nelle sue osservazioni dinanzi al giudice a quo la Weald Leasing sostiene che il principio dell’abuso di diritto si applica soltanto ai vantaggi fiscali che sono contrari alle disposizioni del diritto comunitario e non ai tentativi di aggirare la normativa nazionale.

24.      Ritengo che la tesi della Weald Leasing non possa essere accolta. Dagli atti presentati alla Corte risulterebbe, salvo verifica da parte del giudice nazionale, che l’art. 1 dell’allegato 6 alla legge sull’IVA del 1994 è stato adottato in base ad una disposizione derogatoria contenuta nell’art. 27 della sesta direttiva (23). Secondo la mia opinione, le disposizioni nazionali adottate in forza della deroga di cui all’art. 27 della sesta direttiva formano parte integrante del sistema nazionale IVA, sono vincolanti per il soggetto passivo in forza del diritto nazionale (24) e possono essere fatte valere dall’amministrazione tributaria di uno Stato membro nei confronti del soggetto passivo, in un procedimento dinanzi ai giudici nazionali (25). Ai fini dell’applicazione, da parte dei giudici nazionali, del principio dell’abuso di diritto come elaborato dalla giurisprudenza Halifax, qualsiasi distinzione tra le disposizioni nazionali di attuazione della sesta direttiva e le disposizioni adottate in conformità di una deroga ammessa dalla direttiva stessa appare, a mio avviso, forzata e tende a minare l’integrità del sistema dell’IVA nazionale e, indirettamente, intacca anche il sistema dell’IVA dell’Unione.

25.      Ritengo pertanto che la dottrina dell’abuso di diritto esposta nella sentenza Halifax (26) si applichi ai comportamenti abusivi nei confronti delle disposizioni nazionali che siano state adottate nel pieno rispetto del disposto di cui all’art. 27 della sesta direttiva. Per quanto riguarda l’applicazione di tale principio nella causa principale, compito questo, che spetta al giudice nazionale, ritengo che costituisca una pratica abusiva l’uso di una struttura puramente artificiosa, destinata essenzialmente ad ottenere un vantaggio fiscale, impedendo all’amministrazione tributaria di emanare, a norma delle disposizioni nazionali adottate nel pieno rispetto della sesta direttiva, un provvedimento il quale disponga che il valore dei contratti di leasing stipulati tra soggetti collegati sia portato al valore di mercato.

26.      Con la sua quarta questione, il giudice del rinvio vuole indicazioni su come ridefinire i contratti in questione qualora venisse accertato che la struttura per il leasing di beni di cui è causa, o una parte di essa, costituisce una pratica abusiva.

27.      Al punto 94 della sentenza Halifax la Corte ha dichiarato che operazioni implicate in un comportamento abusivo devono essere ridefinite in maniera da ristabilire la situazione quale sarebbe esistita senza le operazioni che quel comportamento hanno fondato. Dalla mia analisi della prima questione, relativamente all’esistenza ed alla portata di un comportamento abusivo nella causa principale, discende che, qualora il giudice nazionale dovesse pervenire alla conclusione che l’interposizione della Suas negli accordi controversi sia stata introdotta essenzialmente allo scopo di evitare l’emanazione di un’ordinanza ai sensi dell’art. 1 dell’allegato 6 (legge sull’IVA del 1994), e quindi di ottenere un vantaggio fiscale, l’amministrazione tributaria del Regno Unito dovrebbe essere autorizzata, come rileva la Commissione nelle sue osservazioni, a trattare le operazioni di cui alla causa principale come operazioni di concessione in leasing tra, da un lato, la Weald Leasing e, dall’altro, la CML e la CARC, assicurando in tal modo il pagamento di un importo dell’IVA corrispondente al valore di mercato (27) delle dette operazioni di leasing.

28.      Perciò, nel caso in cui venga adottata una struttura dei contratti di leasing puramente artificiosa, al fine di impedire all’amministrazione tributaria di ordinare, conformemente alle disposizioni nazionali adottate nel pieno rispetto di una deroga ammessa dalla sesta direttiva, che il valore di tali contratti stipulati tra soggetti collegati sia portato ad un valore di mercato, i detti contratti dovrebbero essere ridefiniti ignorando l’esistenza di siffatta struttura.

VI – Seconda e terza questione

29.      Con la sua seconda questione il giudice del rinvio chiede se configuri un comportamento abusivo da parte di un operatore commerciale esentato o parzialmente esentato il fatto di impegnarsi in operazioni di leasing, anche se nell’ambito delle sue «normali operazioni commerciali» il detto operatore non compia tali operazioni. Con la terza questione il giudice a quo pone una serie di interrogativi circa l’interpretazione e l’applicazione dell’espressione «normali operazioni commerciali».

30.      L’espressione «normali operazioni commerciali» è usata in due punti della sentenza Halifax. Al punto 69 di tale sentenza, la Corte ha enunciato il principio generale secondo cui le operazioni non realizzate nell’ambito di transazioni commerciali normali sono considerate pratiche abusive qualora abbiano l’unico scopo di beneficiare abusivamente dei vantaggi previsti dal diritto dell’Unione. Al punto 80 della sentenza medesima la Corte ha dichiarato che «permettere ad un soggetto passivo di detrarre la totalità dell’IVA assolta a monte laddove, nell’ambito delle sue normali operazioni commerciali, nessuna operazione conforme alle disposizioni del sistema delle detrazioni della sesta direttiva o della legislazione nazionale che le traspone glielo avrebbe consentito, o glielo avrebbe consentito solo in parte, sarebbe contrario al principio di neutralità fiscale e, pertanto, contrario allo scopo del detto sistema». La Corte ha poi proseguito, al punto 81 della sentenza Halifax, nel senso che: «[q]uanto al secondo [dei due criteri], in base al quale le operazioni controverse devono avere come scopo essenzialmente l’ottenimento di un vantaggio fiscale, si deve ricordare che spetta al giudice nazionale stabilire contenuto e significato reali delle operazioni. Egli può così prendere in considerazione il carattere puramente fittizio di queste ultime nonché i nessi giuridici, economici e/o personali tra gli operatori coinvolti nel piano di riduzione del carico fiscale».

31.      Tuttavia, il riferimento alle «normali operazioni commerciali» è assente nella sentenza Part Service (28), sebbene la Corte abbia applicato i due criteri stabiliti nei punti 74 e 75 della sentenza Halifax (29). Nella sentenza Ampliscientifica e Amplifin (30), ai punti 27 e 28, la Corte ha statuito che «il divieto dell’abuso del diritto (…) è volto, segnatamente nel settore dell’IVA, a che la normativa [dell’Unione] non venga estesa sino a comprendere i comportamenti abusivi di operatori economici, vale a dire le operazioni realizzate non nell’ambito di transazioni commerciali normali, bensì al solo scopo di beneficiare abusivamente dei vantaggi previsti dal diritto [dell’Unione]. Tale principio è quindi finalizzato a vietare le costruzioni di puro artificio, prive di effettività economica, effettuate unicamente al fine di ottenere un vantaggio fiscale».

32.      Ritengo che l’espressione «normali operazioni commerciali» non richieda un esame della «tipica attività commerciale di un determinato operatore» (31). Pertanto, la nozione di «normali operazioni commerciali» nel contesto dell’abuso di diritto riguardante l’IVA non è in rapporto con le operazioni nelle quali il soggetto passivo si impegna abitualmente. Tentare di discernere le attività commerciali tipiche o abituali di un determinato operatore è, secondo me, un esercizio che, per sua natura, conduce a risultati imprevedibili (32) e quindi non è applicabile nell’ambito della normativa fiscale in cui si richiede la certezza del diritto.

33.      La valutazione della circostanza se un’operazione sia o meno realizzata nel contesto di «normali operazioni commerciali» riguarda, a mio giudizio, il secondo (33) dei due criteri stabiliti dalla giurisprudenza Halifax e dunque la natura dell’operazione o del regime in questione, ed implica stabilire se si tratti di una struttura di puro artificio, costruita essenzialmente allo scopo di ottenere un vantaggio fiscale piuttosto che per altre ragioni commerciali (34). Al riguardo, sono rilevanti i nessi giuridici, economici e/o personali tra gli operatori coinvolti nel piano di riduzione del carico fiscale (35), e quindi è altresì importante stabilire se le parti interessate operino in condizioni di mercato (36). Inoltre, la questione se una determinata operazione comporti gli oneri e i rischi tipicamente associati alle operazioni dello stesso genere è rilevante al fine di valutare il carattere fittizio dell’operazione stessa e, quindi, per stabilire se essa abbia lo scopo essenziale di ottenere un vantaggio fiscale. Rilevo, infine, che è la natura oggettiva dell’operazione (37), piuttosto che la motivazione personale del soggetto passivo, l’elemento rilevante ai fini di tale valutazione.

VII – Conclusione

34.      Alla luce delle precedenti considerazioni, propongo alla Corte di risolvere le questioni sottoposte dalla Court of Appeal (England and Wales) nel seguente modo:

1)      L’adozione, da parte di un operatore commerciale ampiamente esentato, di una struttura contrattuale per il leasing di beni che coinvolge un terzo indipendente o una società interamente controllata e registrata indipendentemente ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, invece dell’acquisto di beni in una sola soluzione, al fine di differire il pagamento dell’imposta non recuperabile, non dà origine, di per sé, ad un vantaggio fiscale contrario agli scopi della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, relativa al sistema comune in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme.

2)      Costituisce una pratica abusiva l’uso di una struttura puramente artificiosa, costruita essenzialmente allo scopo di ottenere un vantaggio fiscale impedendo all’amministrazione tributaria di ordinare, conformemente a disposizioni nazionali adottate nel pieno rispetto della sesta direttiva 77/388, che il valore dei contratti di leasing stipulati tra soggetti collegati sia portato al suo valore di mercato.

3)      Qualora sia accertata l’esistenza di una pratica abusiva, le operazioni così realizzate devono essere ridefinite nell’ottica di ristabilire la situazione che sarebbe prevalsa in assenza delle operazioni che costituiscono pratica abusiva. Laddove sia adottata una struttura puramente artificiosa per i contratti di leasing, allo scopo essenzialmente di impedire all’amministrazione tributaria di ordinare che il valore dei detti contratti stipulati tra soggetti collegati sia portato al suo valore di mercato, tali contratti dovrebbero essere ridefiniti ignorando l’esistenza di tale struttura.

4)      Il concetto di «normali operazioni commerciali» nel contesto delle pratiche abusive riguardanti l’imposta sul valore aggiunto non ha un rapporto con le operazioni in cui il soggetto passivo si impegna tipicamente o abitualmente. Una valutazione della circostanza se un’operazione sia o meno realizzata nell’ambito delle «normali operazioni commerciali» riguarda la natura dell’operazione o del regime in questione e implica stabilire se si tratti di una struttura puramente artificiosa, costruita essenzialmente allo scopo di ottenere un vantaggio fiscale piuttosto che per altre ragioni commerciali. I nessi giuridici, economici e/o personali tra gli operatori coinvolti nel piano di riduzione del carico fiscale, e quindi il fatto di stabilire se le parti di un’operazione agiscano in condizioni di mercato, nonché la questione se un’operazione comporti gli oneri e i rischi tipicamente associati ad operazioni dello stesso genere, sono tutti elementi rilevanti al fine di valutare la natura dell’operazione.


1 – Lingua originale: l’inglese.


2 – Sentenza 21 febbraio 2006 (Racc. pag. I-1609; in prosieguo: la «sentenza Halifax»).


3 – Sentenza 21 febbraio 2008 (Racc. pag. I-897).


4 – Sentenza 22 maggio 2008 (Racc. pag. I-4019).


5 – V. art. 13.B della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, relativa al sistema comune in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»), a tenore del quale, inter alia, gli Stati membri esentano da IVA le operazioni di assicurazione. V., attualmente, art. 135, n. 1, della direttiva del Consiglio 28 novembre 2006, 2006/112/CE, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU L 347, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva IVA»).


6 – La Weald Leasing è controllata al 100% dalla CML ed è registrata separatamente ai fini IVA.


7 – V. art. 17, nn. 2 e 5, della sesta direttiva; v. gli attuali artt. 168 e 173 della direttiva IVA.


8 – Cit. alla nota 2.


9 – All’art. 1, n. 1, dell’allegato 6 alla legge sull’IVA del 1994, si legge:


«Quando


(a) il valore di una fornitura effettuata da un soggetto passivo per un controvalore in denaro è (fatto salvo questo articolo) inferiore al suo valore di mercato, e


(b) il soggetto che effettua la fornitura e il soggetto destinatario di quest’ultima sono collegati, e


(c) se la fornitura è soggetta ad imposta, il destinatario della fornitura non ha, in base agli artt. 25 e 26, diritto al credito per l’intero importo IVA sulla fornitura,


i Commissioners possono ordinare che il valore della fornitura sia portato al suo valore di mercato».


10 – La High Court ha accolto l’argomentazione dei Commissioners secondo cui la CML, la CARC, la Weald Leasing e la Suas non avevano sopportato i normali rischi economici e commerciali che sono tipicamente associati al leasing di beni. Essa ha accolto la tesi secondo cui gli accordi di leasing erano «privi di valore commerciale» in quanto assai diversi da ciò che ci si potrebbe aspettare da parti che trattano su un piano di parità e che sono interessate a comportarsi come nel corso di normali operazioni commerciali. La High Court ha inoltre accolto l’argomento secondo cui, sebbene i contratti di leasing non fossero fittizi e nonostante i tentativi di conferire loro l’apparenza di accordi commerciali comuni, le operazioni erano artificiose nel senso che in un contesto commerciale non sarebbero mai state concluse se non allo scopo essenziale di ottenere un vantaggio fiscale. Di conseguenza, la High Court ha riconosciuto che tali operazioni ricadevano al di fuori delle normali operazioni commerciali delle parti. Tuttavia, dopo aver richiamato i punti 69-80 della sentenza della Corte nella causa Halifax (cit. alla nota 2), detto giudice ha concluso che il mero fatto che il progetto ricadesse al di fuori delle normali operazioni commerciali non significava che esso configurasse una pratica abusiva. In tale contesto, la High Court ha osservato che la Corte di giustizia, nello stabilire la prima condizione per l’applicazione del principio dell’abuso di diritto, non si è riferita alle «normali operazioni commerciali» né al punto 74 né al punto 86 della sua sentenza. La High Court ha pertanto dedotto che se la Corte di giustizia avesse ritenuto importanti i riferimenti alle «normali operazioni commerciali» di cui ai punti 69 e 80 della sua sentenza nella causa Halifax, avrebbe ulteriormente spiegato che cosa intendesse con tale espressione.


11 – V. sentenza Halifax, cit. alla nota 2 (punti 69-73).


12 – V. sentenza Halifax, cit. alla nota 2 (punto 93).


13 – V. sentenza Halifax, cit. alla nota 2 (punto 94).


14 – V. sentenza Halifax, cit. alla nota 2 (punti 74 e 75).


15 – V. sentenza Halifax, cit. alla nota 2 (punto 73).


16 – Sentenza 21 febbraio 2006, causa C-223/03 (Racc. pag. I-1751).


17 – Sentenza 10 aprile 2008, causa C-309/06, Marks & Spencer (Racc. pag. I-2283, punto 28).


18 – La locazione di attrezzature costituisce, in linea di principio, una fornitura di servizi ai sensi dell’art. 6, n. 1, della sesta direttiva e dell’art. 24, n. 1, della direttiva sull’IVA.


19 – Merita segnalare che, al contrario, nelle sue osservazioni scritte l’Irlanda afferma che, in base al principio di neutralità fiscale, una persona che non abbia diritto a detrarre l’imposta quando essa diventi esigibile dovrebbe assolvere l’onere relativo all’importo non detraibile pagando l’imposta in tale fase.


20 – Ai sensi dell’art. 4 della sesta direttiva si considera soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente e in qualsiasi luogo una delle attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività.


21 – V., per analogia, sentenza 27 gennaio 2000, causa C-23/98, Staatssecretaeis van Financiën (Racc. pag. I-419). In tale causa la Corte ha affermato che il membro di una società di persone che aveva dato in locazione un bene immobile alla società, avente la qualità di soggetto passivo, di cui faceva parte, agiva in modo indipendente ai sensi dell’art. 4, n. 1, della sesta direttiva. La Corte ha osservato che tra la società e il socio non sussistevano vincoli di subordinazione analoghi a quelli tra dipendente e datore di lavoro menzionati nella prima frase dell’art. 4, n. 4, della sesta direttiva, che escluderebbero il presupposto dell’indipendenza del socio. Quest’ultimo, dando in locazione alla società un bene materiale, aveva agito a nome proprio, per proprio conto e sotto la propria responsabilità, quand’anche fosse nel contempo amministratore della società conduttrice. Di conseguenza, a mio parere, da ciò si deduce che la mera esistenza di un vincolo stretto tra due soggetti passivi indipendenti non è sufficiente affinché l’amministrazione tributaria tratti tali soggetti passivi come se fossero una persona sola. V., per contro, sentenza 18 ottobre 2007, causa C-355/06, van der Steen (Racc. pag. I-8863). In tale causa la Corte ha stabilito che esisteva tra una società ed il suo direttore un rapporto di subordinazione analogo a quello tra dipendente e datore di lavoro. La Corte ha rilevato, in primo luogo, che la società versava al direttore uno stipendio mensile ed un assegno per le vacanze. La società tratteneva dallo stipendio del direttore l’imposta sul reddito ed i contributi previdenziali. La Corte ha osservato, in secondo luogo, che al momento di fornire i suoi servizi come impiegato, il direttore non agiva a nome proprio, per proprio conto e sotto la propria responsabilità, bensì per conto e sotto la responsabilità della società e, in terzo luogo, che il direttore non sopportava alcun rischio economico intervenendo in qualità di amministratore della società e svolgendo le sue attività nell’ambito delle operazioni realizzate dalla società nei confronti di terzi.


22 – Dal fascicolo emergerebbe che, se i contratti di leasing in questione non avessero coinvolto la Suas, che non fa parte del gruppo Churchill e non è formalmente collegata alla Weald Leasing, né alla CARC o alla CML, l’amministrazione tributaria nazionale sarebbe stata in grado di ordinare che il valore delle forniture in questione venisse portato al valore di mercato.


23 – L’art. 27, n. 1, della sesta direttiva si legge: «[i]l Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione, può autorizzare ogni Stato membro a mantenere o introdurre misure particolari di deroga alla presente direttiva, allo scopo di semplificare la riscossione dell’imposta o di evitare talune frodi o evasioni fiscali. (…)». La procedura per il rilascio di tale autorizzazione è definita all’art. 27, nn. 2-4, della sesta direttiva. A termini dell’art. 27, n. 5, «[g]li Stati membri che il 1° gennaio 1977 applicano misure particolari del tipo di quelle di cui al paragrafo 1 possono mantenerle purché le notifichino alla Commissione anteriormente al 1° gennaio 1978 e purché tali misure siano conformi, se si tratta di misure destinate a semplificare la riscossione dell’imposta, al criterio definito al paragrafo 1».


24 – V., per analogia, la sentenza Marks & Spencer, cit. alla nota 17 (punti 20-28). A mio giudizio, tale sentenza ha stabilito che il soggetto passivo non può avvalersi di un diritto, derivato dal diritto dell’Unione e direttamente rivendicabile, rispetto ad esenzioni o deroghe adottate da uno Stato membro conformemente alla sesta direttiva. V., tuttavia, le conclusioni dell’avvocato generale Kokott in tale causa, secondo cui, invece, il soggetto passivo può avvalersi di un diritto, derivato tanto ai sensi della normativa nazionale quanto ai sensi del diritto dell’Unione (paragrafo 43 di tali conclusioni).


25 – V., per analogia, sentenza 13 febbraio 1985, causa 5/84, Direct Cosmetics (Racc. pag. 617, punto 37).


26 – Cit. alla nota 2.


27 – Sentenza Halifax, cit. alla nota 2. Il calcolo del valore di mercato di un contratto di leasing deve necessariamente tenere conto della durata della locazione alla luce della natura dei beni strumentali che ne formano oggetto.


28 – Cit. alla nota 3.


29 – Cit. alla nota 2.


30 – Cit. alla nota 4.


31 – Nonostante l’uso dei termini «sue normali operazioni commerciali» (il corsivo è mio) al punto 80 della sentenza Halifax (cit. alla nota 2).


32 – Anche perché le attività di un operatore commerciale possono cambiare ed evolversi nel tempo.


33 – V., in proposito, punto 75 della sentenza Halifax (cit. alla nota 2).


34 – Il giudice del rinvio ha usato i termini «operazioni sostenibili sotto il profilo commerciale» nella questione 3), (b), (3). Poiché tale espressione potrebbe essere interpretata nel senso che si riferisce a operazioni di natura lucrativa, sono costretto ad evitarla.


35 – V. sentenza Halifax, cit. alla nota 2 (punto 81).


36 – A mio giudizio, il giudice del rinvio deve esaminare e ponderare tutte le condizioni contrattuali applicabili nonché le circostanze rilevanti.


37 – V. sentenza Halifax, cit. alla nota 2 (punto 75).