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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JÁN MAZÁK

presentate il 9 dicembre 2010 (1)

Causa C-253/09

Commissione europea

contro

Repubblica di Ungheria

«Inadempimento di uno Stato membro – Violazione degli artt. 18 CE, 39 CE e 43 CE nonché degli artt. 28 e 31 dell’Accordo SEE – Imposta sulle cessioni di beni immobili a titolo oneroso – Immobili ad uso abitativo – Normativa fiscale di uno Stato membro che concede all’acquirente di un immobile ad uso abitativo, ai fini della determinazione della base imponibile, la possibilità di dedurre il valore di mercato di un altro immobile ad uso abitativo alienato nell’anno precedente o successivo all’acquisto, se tale immobile è situato nel territorio del suddetto Stato membro – Assenza di discriminazione»





I –    Introduzione

1.        Con il presente ricorso per inadempimento presentato dalla Commissione in data 8 luglio 2009, la Commissione chiede che si dichiari l’inadempimento da parte della Repubblica di Ungheria degli obblighi imposti dagli artt. 18 CE, 39 CE e 43 CE, nonché dagli artt. 28 e 31 dell’Accordo SEE, avendo riservato all’acquisto di un immobile ad uso abitativo in Ungheria, a fronte della vendita di un immobile ad uso abitativo situato in un altro Stato membro, un trattamento meno favorevole rispetto a quello destinato all’acquisto di un immobile ad uso abitativo situato in Ungheria a fronte della vendita di un immobile ad uso abitativo situato in Ungheria.

II – Contesto normativo

2.        Secondo l’art. 63 della legge CXVII del 1995 relativa all’imposta sui redditi (in prosieguo: la «legge CXVII»), «l’aliquota applicabile ai redditi derivanti dalla vendita di beni immobili e di diritti su beni immobili è pari al 25%. (…) L’imposta versata è ridotta (o esclusa) in misura pari all’ammontare dell’imposta applicabile alla parte dei proventi derivanti dalla vendita di un bene immobile o di un diritto su un bene immobile (agevolazione per l’acquisto di abitazioni), utilizzata per l’acquisto di un immobile ad uso abitativo da parte di un privato individuo per se medesimo, un membro stretto della famiglia o un precedente coniuge, nei 12 mesi che precedono l’incasso del provento o nei 60 giorni successivi a tale data (base dell’agevolazione per l’acquisto di abitazioni)». La suddetta agevolazione per l’acquisto di abitazioni è concessa solo se l’investimento riguarda immobili ad uso abitativo situati in Ungheria.

3.        L’art. 1 della legge XCIII del 1990 sulle imposte (in prosieguo: la «legge XCIII») dispone:

«L’imposta sui beni immobili è dovuta in caso di successione, donazione o trasferimento a titolo oneroso di beni immobili».

4.        L’art. 2 della legge XCIII prevede:

«(…) Le disposizioni relative alle imposte sulle donazioni e sulle cessioni di beni immobili a titolo oneroso si applicano agli immobili situati nel territorio nazionale e ai relativi diritti di proprietà, salvo che convenzioni internazionali non stabiliscano altrimenti».

5.        Infine, l’art. 21, n. 5, della legge XCIII stabilisce:

«(…) Nel caso in cui un privato acquirente alieni un’altra sua abitazione nell’anno precedente o successivo all’acquisto, la base imponibile per il calcolo dell’imposta è rappresentata dalla differenza tra il valore di mercato – lordo – dell’immobile acquistato e quello dell’immobile alienato».

III – Procedimento precontenzioso e procedimento

6.        Con lettera del 23 marzo 2007 la Commissione ha richiamato l’attenzione del governo ungherese sul fatto che la normativa fiscale ungherese relativa alla cessione di beni immobili appare in contrasto con gli obblighi imposti alla Repubblica di Ungheria dagli artt. 18 CE, 39 CE e 43 CE e dai corrispondenti articoli dell’Accordo SEE.

7.        Essa ha avanzato la tesi che le disposizioni della legge CXVII e della legge XCIII siano in contrasto con i principi della libertà di circolazione delle persone e della libertà di stabilimento, in quanto pongono un più elevato onere di imposta sull’acquisto di immobili ad uso abitativo in Ungheria nell’ipotesi di una vendita collegata di un immobile situato in un altro Stato membro, rispetto all’ipotesi di una vendita collegata di un immobile sito nel territorio ungherese. A causa del loro carattere discriminatorio, tali disposizioni rappresentano perciò un ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori e dei capitali così come alla libertà di stabilimento.

8.        Nella sua lettera datata 8 agosto 2007 il governo ungherese ha riconosciuto che le disposizioni dell’art. 63 della legge CXVII rappresentano una violazione della normativa della Comunità (ora Unione europea), ed ha annunciato l’intenzione di adottare una nuova normativa che garantisca ai soggetti passivi parità di trattamento. Tuttavia, per quel che concerne l’art. 21, n. 5, della legge XCIII, il governo ungherese ha confermato la propria opinione secondo cui le disposizioni ivi contenute sarebbero conformi alla normativa europea sulla libertà di circolazione.

9.        In data 27 giugno 2008 la Commissione ha emesso un parere motivato in cui ha ribadito le doglianze espresse nella sua lettera, precedente al ricorso, del 23 marzo 2007, relativamente all’art. 2 in combinato disposto con l’art. 21, n. 5, della legge XCIII, ed ha reiterato la tesi secondo cui le disposizioni della legge sulle imposte ungherese sono in contrasto con gli artt. 18 CE, 39 CE e 43 CE.

10.      Dal momento che, nella loro risposta al suddetto parere motivato, le autorità ungheresi hanno riaffermato essenzialmente la loro posizione secondo cui le disposizioni della normativa fiscale ungherese in questione non sarebbero in contrasto con la normativa europea, la Commissione ha deciso di presentare il presente ricorso.

IV – Analisi

A –    I principali argomenti delle parti

11.      La Commissione è dell’avviso che le disposizioni della normativa tributaria ungherese di cui trattasi, nel concedere, ai fini della determinazione della base imponibile per il calcolo dell’imposta sulla cessione di beni immobili, la possibilità di dedurre il valore di mercato dell’abitazione alienata dal valore dell’abitazione acquistata nel caso di una vendita collegata avente ad oggetto un’abitazione sita nel territorio ungherese, e nel negare tale deduzione se l’abitazione alienata si trova in un altro Stato membro, siano in contrasto con i principi della libertà di circolazione delle persone e della libertà di stabilimento enunciati agli artt. 18 CE, 39 CE e 43 CE, nonché agli artt. 28 e 31 dell’Accordo SEE, e che rappresentino un ostacolo all’esercizio di tali libertà.

12.      Essa sostiene, in sostanza, che, a motivo dell’esclusione del menzionato beneficio fiscale, cittadini stranieri o ungheresi che vivano in un altro Stato membro e che abbiano acquistato in quest’ultimo un bene immobile ad uso abitativo potrebbero essere dissuasi dall’esercitare il loro diritto alla libertà di circolazione e dallo stabilirsi in Ungheria.

13.      La Commissione ritiene che tali soggetti, che eventualmente abbiano già pagato imposte di un importo analogo nello Stato della loro precedente residenza al tempo dell’acquisto del proprio immobile, si trovino in una situazione oggettivamente paragonabile a quella di soggetti che abbiano acquistato la loro precedente abitazione in Ungheria. Di conseguenza, a tali soggetti deve essere riservato il medesimo trattamento con riguardo all’imposta ungherese sulla cessione di beni immobili. Tuttavia, posto che la normativa ungherese in questione colloca in una posizione meno favorevole coloro che acquistano un immobile ad uso abitativo volto a sostituirne un altro ubicato in un qualsiasi altro Stato membro – in quanto tenuti a pagare l’imposta sulle cessioni sull’intero ammontare del valore dell’immobile interessato – rispetto a coloro che abbiano a loro volta acquistato un’abitazione ma già fossero proprietari di un bene di tale natura nel territorio ungherese, esso tratta situazioni simili in modo differente e per questo motivo può dare luogo a discriminazioni.

14.      Secondo la Commissione, la differenza di trattamento non è oggettivamente giustificata.

15.      A tale riguardo, la Commissione respinge l’argomento secondo cui le disposizioni tributarie in discorso si giustificherebbero con la necessità di mantenere la coesione del sistema fiscale, dal momento che non esiste un nesso diretto tra il beneficio fiscale di cui trattasi e la compensazione di tale beneficio, come invece richiesto da giurisprudenza costante a tale riguardo. Più in particolare, non c’è una relazione diretta tra, da un lato, l’acquisto di un altro immobile ad uso abitativo, con il relativo obbligo di versare imposte, e, dall’altro, la vendita del primo immobile e le imposte corrisposte in detta fase, trattandosi di elementi che solo la legge ungherese considera collegati.

16.      Inoltre, a giudizio della Commissione, la violazione delle libertà fondamentali lamentata nel presente caso non può essere giustificata né con il riferimento al principio di territorialità invocato dal governo ungherese, né come uno strumento per prevenire gli abusi che si potrebbero verificare in rapporto con la gestione del beneficio fiscale in discorso o per effetto di serie difficoltà amministrative e complicazioni che, essa sostiene, le autorità ungheresi potrebbero incontrare in tale frangente.

17.      La Commissione ammette, tuttavia, che la Repubblica di Ungheria possa imporre requisiti specifici a un soggetto passivo al fine di acquisire le necessarie informazioni, ma tali requisiti non possono in nessun caso essere sproporzionati rispetto all’obiettivo perseguito.

18.      Il governo ungherese contesta l’opinione della Commissione per cui le disposizioni tributarie in questione, che chiaramente riguardano la tassazione diretta, sarebbero contrarie alle disposizioni del Trattato e dell’Accordo SEE relative alla libera di circolazione delle persone e alla libertà di stabilimento.

19.      A tale proposito, essa mette in risalto, in particolar modo, che i soggetti che acquistano un immobile ad uso abitativo in Ungheria per la prima volta e possedevano precedentemente uno stesso tipo di immobile in un altro Stato membro non si trovano in una situazione paragonabile a quella dei soggetti che effettuano un secondo acquisto di un’abitazione in Ungheria per sostituirne un’altra situata in Ungheria.

20.      Piuttosto, sono tutti coloro che per la prima volta acquistano un’abitazione sul territorio ungherese che devono essere considerati in un’identica situazione, ai fini della legislazione fiscale de qua, rispetto a chiunque altro, mentre coloro che compiono un secondo acquisto di un’abitazione sul territorio ungherese per sostituirne un’altra già posseduta nello stesso territorio si trovano, per quanto li riguarda, in una situazione paragonabile. Infatti, ai membri di ciascuno di tali gruppi di soggetti la normativa fiscale ungherese riserva il medesimo trattamento, indipendentemente dalla cittadinanza o dalla residenza. Il beneficio fiscale in parola non equivale pertanto a un trattamento discriminatorio.

21.      In tale quadro, il governo ungherese evidenzia che tracciare una distinzione tra coloro che intendono acquistare un immobile ad uso abitativo per la prima volta in Ungheria e coloro che, alienando un immobile sul quale l’imposta sulle cessioni di beni immobili è stata già riscossa, acquistano una nuova abitazione in Ungheria è obiettivamente giustificato in virtù del fatto che la competenza fiscale dell’Ungheria in materia di cessioni di beni immobili è limitata al suo territorio. Inoltre, come risulta dal filone giurisprudenziale della Corte che ha avuto inizio con la sentenza Schumacker, il fatto per uno Stato membro di non far fruire un non residente di talune agevolazioni fiscali che concede ad un residente non è di regola discriminatorio, poiché queste due categorie di contribuenti non si trovano in una situazione analoga (2).

22.      Per quanto concerne la questione se la normativa ungherese di cui trattasi sia di ostacolo al diritto alla libertà di circolazione come riconosciuta dagli articoli del Trattato invocati dalla Commissione, il governo ungherese ricorda che, secondo la giurisprudenza della Corte, il Trattato non garantisce al cittadino dell’Unione che il trasferimento della sua attività in uno Stato membro diverso da quello in cui risiedeva precedentemente sia neutro sotto il profilo fiscale. Tenuto conto delle differenze tra le legislazioni degli Stati membri in materia, un simile trasferimento può, secondo i casi, essere favorevole o sfavorevole per un cittadino sul piano delle imposte indirette (3).

23.      In ogni caso, a parere del governo ungherese, anche se la legislazione in questione fosse da considerarsi come restrittiva della libertà di circolazione, essa troverebbe oggettiva giustificazione alla luce del principio fiscale della territorialità e si spiegherebbe altresì con la necessità di salvaguardare la coesione del sistema tributario nazionale. Per quanto riguarda questa seconda causa di giustificazione, la necessità che vi sia un «nesso diretto» tra il beneficio fiscale in discorso e la compensazione di suddetto beneficio non deve essere intesa in modo così restrittivo come affermato dalla Commissione, dal momento che non è necessario che la riduzione di imposta accordata sul secondo acquisto di un’abitazione corrisponda esattamente all’imposta riscossa sul primo acquisto di un’abitazione.

24.      Infine, il governo ungherese pone l’accento sul fatto che l’obbligo di tenere conto dell’imposta che potrebbe essere riscossa sulla cessione di beni immobili in un altro Stato membro condurrebbe ad un’eccessiva complessità del proprio sistema fiscale e genererebbe gravi difficoltà amministrative, dal momento che non è possibile nella pratica verificare se e in quale misura si sarebbe potuta riscuotere, sull’acquisto di una proprietà immobiliare in qualche luogo al di fuori dell’Ungheria, un’analoga imposta sulla cessione, e prevenire in modo efficace l’abuso del beneficio fiscale in discorso. D’altro canto, contrariamente a quanto dedotto dalla Commissione, non è obiettivo della normativa tributaria de qua quello di evitare una riduzione delle entrate fiscali.

B –    Valutazione

25.      A mio avviso, in merito alla questione preliminare, e contrariamente a quanto affermato dalla Commissione nel suo ricorso, non c’è ragione di discutere della qualificazione dell’imposta de qua ad opera del governo ungherese come una forma di tassazione diretta, nella misura in cui essa è, a quanto risulta, riscossa direttamente dalla persona che ne sopporta anche il peso economico (4).

26.      Per quanto riguarda la sentenza Comunità europea che la Commissione ha citato in tale ambito, è sufficiente notare, in primo luogo, che essa riguardava un’imposta differente, ossia gli oneri di registrazione e, in secondo luogo, che, al fine di risolvere le questioni che le erano state deferite, la Corte ha adottato essenzialmente la qualificazione quale imposta indiretta proposta dal giudice nazionale per l’imposta di cui si discuteva in quel caso (5).

27.      Detto ciò, si deve ricordare che, in base alla giurisprudenza costante della Corte, se è pur vero che la materia delle imposte dirette rientra nella competenza degli Stati membri, questi ultimi devono tuttavia esercitare tale competenza nel rispetto del diritto comunitario (6).

28.      È pertanto necessario valutare se, come affermato dalla Commissione, le disposizioni della normativa ungherese relative alla tassazione sulle cessioni di beni immobili a titolo oneroso, ed in particolare l’art. 2 in combinato disposto con l’art. 21, n. 5, della legge XCIII, costituiscano una restrizione alla libertà di circolazione delle persone e alla libertà di stabilimento enunciate agli artt. 18 CE, 39 CE e 43 CE, nonché agli artt. 28 e 31 dell’Accordo SEE.

29.      Per quanto riguarda, in primo luogo, la doglianza secondo cui la Repubblica di Ungheria sarebbe venuta meno agli obblighi imposti dagli artt. 18 CE, 39 CE e 43 CE, si deve notare che l’art. 18 CE, che enuncia in termini generali il diritto di ogni cittadino dell’Unione di circolare e risiedere liberamente all’interno del territorio degli Stati membri, trova specifica espressione all’art. 39 CE con riferimento alla libertà di circolazione dei lavoratori, e all’art. 43 CE relativamente alla libertà di stabilimento. È perciò corretto considerare, in primo luogo, se il regime fiscale in discorso sia contrario agli artt. 39 CE e 43 CE, per passare, in secondo luogo, ad esaminare tale regime alla luce dell’art. 18 CE (7).

30.      In tale contesto si deve rammentare, sin dall’inizio, che ogni cittadino di uno Stato membro – indipendentemente dal suo luogo di residenza e dalla sua cittadinanza – che usufruisca o abbia usufruito del diritto alla libera circolazione dei lavoratori o della libertà di stabilimento e che abbia esercitato un’attività lavorativa in uno Stato membro diverso da quello di residenza rientra, a seconda dei casi, nella sfera di applicazione dell’art. 39 CE o in quella dell’art. 43 CE (8).

31.      Ancora, si deve notare che le disposizioni del Trattato in materia di libertà di circolazione delle persone mirano a facilitare ai cittadini dell’Unione l’esercizio di attività lavorative di qualsivoglia natura nel territorio dell’Unione ed ostano ai provvedimenti che potrebbero sfavorirli qualora intendano svolgere un’attività economica nel territorio di un altro Stato membro (9).

32.      Pertanto, le disposizioni relative alla libertà di circolazione per i lavoratori e quelle riguardanti la libertà di stabilimento sono, in particolare, volte ad assicurare che cittadini e società stranieri ricevano, nello Stato membro ospitante, lo stesso trattamento riservato ai cittadini e alle società di tale Stato (10).

33.      Nel presente caso la normativa tributaria de qua, e più in particolare l’art. 21, n. 5, della legge XCIII, è criticata dalla Commissione in quanto, allo scopo di stabilire se, ai fini del calcolo della base imponibile per l’imposta sulle cessioni di beni immobili a titolo oneroso, l’acquirente di un immobile ad uso abitativo in Ungheria possa dedurre il valore commerciale di un altro immobile ad uso abitativo alienato nell’anno precedente o successivo all’acquisto dell’immobile in questione, effettua una distinzione a seconda che l’immobile precedentemente posseduto e alienato sia situato o meno in Ungheria. Secondo la Commissione, a motivo del differente trattamento fiscale tra soggetti passivi, siano essi cittadini stranieri o ungheresi, che alienano un immobile sito in Ungheria e soggetti passivi che alienano un immobile situato al di fuori del territorio ungherese, il regime fiscale de quo è discriminatorio e può dissuadere tali soggetti dall’esercitare il loro diritto alla libertà di circolazione e di stabilimento.

34.      A tale riguardo, si deve osservare che le deduzioni della Commissione, alla quale nell’ambito di un ricorso per inadempimento spetta provare l’asserita violazione della normativa della Comunità/Unione (11), sono state ambigue sotto il profilo se essa abbia considerato la lamentata differenziazione prevista dalla normativa tributaria ungherese come una discriminazione fondata sulla residenza. Così, per un verso la Commissione ha dedotto che la normativa contestata dissuade, in particolare, i soggetti che abbiano la propria residenza in un altro Stato membro dallo stabilirsi in Ungheria, ad esempio accettando un impiego in tale Stato. Per altro verso, essa ha espressamente respinto il riferimento da parte del governo ungherese alla giurisprudenza successiva alla sentenza Schumacker (12), dichiarando in tale frangente che la distinzione tracciata dal regime fiscale in oggetto non è basata sulla residenza, posto che il presente ricorso riguarda contribuenti che sono residenti, o stanno per divenire residenti, in Ungheria.

35.      In ogni caso, in base alla linea argomentativa della Commissione, sembra che la discriminazione sia considerata come avente origine, in via generale, dal trattamento fiscale meno favorevole riservato ai trasferimenti di domicilio da un altro Stato membro all’Ungheria rispetto ai trasferimenti di domicilio all’interno del territorio ungherese. La Commissione reputa essenzialmente che, in base al principio di uguaglianza (fiscale), questa prima situazione transnazionale dovrebbe ricevere lo stesso trattamento della seconda situazione puramente domestica, vale a dire dovrebbe dare titolo al beneficio fiscale di cui si discute nel presente ricorso.

36.      Come riconosciuto, in effetti, da entrambe le parti del presente procedimento in questo contesto, la questione della fondatezza della posizione della Commissione, e conseguentemente del presente ricorso per inadempimento, si risolve nella questione se le situazioni sopra menzionate – quella di un contribuente che alieni un’abitazione sita in Ungheria, da un lato, e quello di un contribuente che alieni un’abitazione al di fuori del territorio ungherese, dall’altro – siano oggettivamente comparabili sotto il profilo del vantaggio fiscale de quo (la possibilità di dedurre dalla base imponibile per il calcolo dell’imposta sulle cessioni di beni immobili il valore di mercato dell’immobile alienato).

37.      Ciò è, di fatto, una conseguenza della circostanza che, in base a giurisprudenza costante, una discriminazione può consistere solo nell’applicazione di norme diverse a situazioni analoghe ovvero nell’applicazione della stessa norma a situazioni diverse (13).

38.      Di conseguenza, si può lamentare una discriminazione ai danni di una categoria di soggetti passivi rispetto ad un’altra categoria di soggetti passivi solo se la situazione di questi gruppi è comparabile in relazione alla normativa tributaria interessata (14).

39.      Per quel che riguarda il presente caso, si richiede pertanto all’Ungheria di rendere il beneficio fiscale de quo disponibile ai soggetti passivi che alienino un immobile ad uso abitativo al di fuori del territorio ungherese solo se la loro situazione è da considerarsi, nel quadro dell’imposta sulla cessione dell’immobile in discorso, come oggettivamente paragonabile alla situazione di un soggetto passivo che alieni un immobile sito nel territorio ungherese (15).

40.      A tale riguardo si deve osservare che, sia nelle sue deduzioni scritte che in udienza, la Commissione si è sostanzialmente limitata, per quel concerne la scelta del corretto approccio da seguire per risolvere la questione dell’oggettiva comparabilità nel caso di specie, ad affermare che, a suo giudizio, non esiste un’obiettiva differenza tra un soggetto passivo che acquisti una prima abitazione in Ungheria ed uno che acquisti una prima abitazione in qualsiasi altro luogo dell’Unione.

41.      A parte il fatto che tale argomento è, in quanto tale, difficilmente risolutivo, ritengo che nel caso presente l’analisi della Commissione si basi su una premessa che non tiene sufficientemente conto del fatto che, allo stato attuale dello sviluppo del diritto dell’Unione e dell’armonizzazione dei diritti nazionali nel campo delle imposte dirette, non possiamo percepire la Comunità/Unione come un’unica «area di tassazione» o un’autorità fiscale, il che renderebbe irrilevanti, sotto il profilo del loro obbligo al pagamento di imposte dirette, la localizzazione dei soggetti o della proprietà, o i loro spostamenti all’interno di tale area.

42.      In realtà, tuttavia, dal punto di vista della tassazione diretta, la Comunità/Unione si presenta come un mosaico di coesistenti sistemi tributari nazionali e di sovranità fiscali, dove, in via di principio, ciascuno Stato membro determina l’organizzazione e il modo di concepire il proprio sistema fiscale ed esercita la propria competenza fiscale, secondo il principio tributario della territorialità, relativamente alle attività condotte sul proprio territorio (16).

43.      Anche qualora la sovranità fiscale fosse soggetta al rispetto dei requisiti imposti dal diritto della Comunità/Unione, e in particolare delle libertà fondamentali, e anche qualora il riparto delle competenze fiscali nazionali fosse in qualche misura coordinato da convenzioni in materia, rimarrebbe comunque il fatto che aspetti territoriali, come il luogo di residenza o il luogo in cui si trova la proprietà, potrebbero essere di oggettiva rilevanza nell’esercizio della competenza fiscale ad opera degli Stati membri.

44.      Bisogna riconoscere, tuttavia, che il problema è quello di identificare se in un caso specifico la normativa fiscale possa basarsi su un simile criterio o, in altre parole, se le situazioni di due contribuenti siano, nonostante una differenza fondata sulla residenza del contribuente o sul luogo dell’immobile, oggettivamente paragonabili. Ad ogni modo, tale questione deve essere determinata e valutata facendo riferimento allo scopo e al contenuto dello specifico regime fiscale nazionale che stabilisce la distinzione in oggetto (17).

45.      A questo proposito, si dovrebbe tenere a mente che l’imposta che qui interessa costituisce un’imposta riscossa sulla cessione della proprietà a titolo oneroso. Con riferimento alla proprietà immobiliare, non è una cosa insolita ed, infatti, come ha dedotto il governo ungherese, è coerente con il principio tributario della territorialità che una simile imposta dipenda, quale elemento di collegamento, dal luogo in cui si trova il bene immobile. Tale criterio è pertanto, in quanto tale, obiettivamente coerente con la tipologia di imposta di cui trattasi.

46.      Ancora, si deve notare che, adottando il discusso art. 21, n. 5, della legge XCIII, l’Ungheria ha scelto di esercitare la propria competenza fiscale in materia di cessioni di beni immobili in modo tale che, nel rispetto delle condizioni indicate nella disposizione sopra menzionata, un secondo acquisto di un’abitazione venga tassato esclusivamente in base alla differenza tra il valore di mercato dell’immobile acquistato e quello dell’immobile alienato. Non è stato oggetto di contestazione che tale scelta sia legittima e ricada nell’ambito della sovranità dell’Ungheria in materia fiscale, posto che sarebbe legittimo sia non tassare in alcun modo le cessioni di beni immobili ad uso abitativo sia, al contrario, assumere quale base imponibile il valore di mercato dell’immobile acquistato senza effettuare deduzioni su ogni acquisizione di un tale tipo di bene.

47.      Anche se, come ha dimostrato la Commissione, la deduzione accordata in base a tale meccanismo non corrisponde necessariamente all’imposta riscossa sul primo acquisto di un’abitazione, resta il fatto che, secondo la legislazione tributaria qui rilevante, il soggetto passivo interessato è già stato tenuto a versare, in relazione a tale abitazione, l’imposta ungherese sulle cessioni.

48.      In questa luce, richiedere all’Ungheria di tenere conto del valore di mercato dell’abitazione acquistata e alienata in un altro Stato membro e, conseguentemente, di una cessione di proprietà immobiliare che non ha dato luogo ad alcuna imposta sulle cessioni a favore dell’Ungheria si concretizzerebbe in una grave interferenza circa il livello e la misura dell’imposta legittimamente (18) scelti dall’Ungheria per le cessioni di immobili ad uso abitativo.

49.      A mio giudizio, pertanto, il governo ungherese ha correttamente dedotto che la situazione di un soggetto passivo che abbia acquistato ed alienato un immobile ad uso abitativo sul territorio ungherese sia, con riguardo al contenuto e allo scopo della normativa tributaria de qua, oggettivamente differente da quella di un soggetto passivo che abbia acquistato ed alienato un immobile ad uso abitativo in un altro Stato membro, in base al fatto che nella prima situazione l’acquisto della proprietà è stato soggetto al pagamento dell’imposta sulle cessioni in Ungheria, mentre nella seconda situazione il trasferimento dell’immobile interessato, in accordo con il principio tributario della territorialità, è esentato dalla tassazione ungherese.

50.      In altre parole, dal punto di vista della competenza fiscale dell’Ungheria, che, in base al principio tributario della territorialità, è limitata, per quel che concerne l’imposta sulle cessioni, alle attività svolte nell’ambito del proprio territorio, i soggetti passivi in una situazione puramente domestica e i soggetti passivi in una situazione transfrontaliera ricevono il medesimo trattamento in quanto chiunque acquisti per la prima volta un immobile ad uso abitativo situato in Ungheria è tenuto a pagare l’imposta sul valore di mercato pieno dell’immobile in questione, mentre chi successivamente effettui un secondo acquisto di un immobile situato in Ungheria ha diritto, nel rispetto delle ulteriori condizioni stabilite dall’art. 21, n. 5, della legge XCIII, di essere assoggettato a imposta in base alla differenza tra il valore di mercato dell’immobile acquistato e il valore del (primo) immobile alienato.

51.      Da tutto quanto precede consegue che, contrariamente alle deduzioni della Commissione, l’art. 2 in combinato disposto con l’art. 21, n. 5, della legge XCIII, nel consentire di tenere conto del valore di mercato dell’immobile a uso abitativo alienato ai fini della determinazione della base imponibile per il calcolo dell’imposta sulle cessioni di beni immobili esclusivamente a condizione che tale immobile si trovi in Ungheria, non è una norma discriminatoria.

52.      Relativamente all’affermazione della Commissione secondo cui un simile regime tributario, negando il beneficio fiscale in esso contenuto a soggetti passivi che trasferiscono la propria abitazione in Ungheria, potrebbe nondimeno rappresentare una restrizione alla libertà di circolazione delle persone, si deve notare che la Corte ha ritenuto che il Trattato non garantisce al cittadino dell’Unione che il trasferimento della sua attività in uno Stato membro diverso da quello in cui risiedeva precedentemente sia neutro sotto il profilo fiscale. Tenuto conto delle differenze tra le legislazioni degli Stati membri in materia, un simile trasferimento può, secondo i casi, essere favorevole o sfavorevole per un cittadino sul piano impositivo (19).

53.      A tale proposito, il possibile «effetto deterrente» del particolare regime fiscale in discorso sui soggetti che intendano avvalersi del loro diritto alla libertà di circolazione non è, in via di principio, differente da quello che può aversi semplicemente a motivo dell’esistenza di qualsiasi imposta diretta in un dato Stato membro o a causa di un’aliquota in proporzione elevata che uno Stato membro è, in ogni caso, libero di adottare nell’esercizio della propria sovranità fiscale. Il punto è che, in circostanze come quelle del caso presente, il suddetto effetto restrittivo è il risultato di una disparità tra i sistemi di tassazione degli Stati membri piuttosto che di un trattamento fiscale sfavorevole riservato a situazioni transfrontaliere inerenti alla legislazione fiscale dello Stato membro interessato, così che un simile effetto deve essere ammesso quale conseguenza della coesistenza di diversi sistemi tributari nazionali (20).

54.      Ne deriva, in primo luogo, e senza la necessità di valutare se la normativa tributaria in discorso sia giustificata anche dalla necessità di mantenere la coesione del sistema fiscale o di prevenire abusi fiscali, che le disposizioni dell’art. 2 in combinato disposto con l’art. 21, n. 5, della legge XCIII non sono contrarie agli artt. 39 CE e 43 CE.

55.      In secondo luogo, con riguardo ai soggetti che non sono economicamente attivi, la stessa conclusione si applica, per i medesimi motivi, alla doglianza relativa all’art. 18 CE.

56.      In terzo luogo, relativamente al fatto che la Commissione lamenta, altresì, che la Repubblica d’Ungheria è venuta meno ai propri obblighi in base agli artt. 21 e 38 dell’Accordo SEE, che sono sostanzialmente identici a quelli stabiliti dagli artt. 39 CE e 43 CE e rispetto ai quali la Commissione non ha proposto un’argomentazione separata, tale doglianza deve essere respinta per gli stessi motivi esposti supra.

57.      Alla luce di tutto quanto precede, sono giunto alla conclusione che il presente ricorso per inadempimento vada rigettato.

V –    Conclusioni

58.      Pertanto, propongo che la Corte:

1)      respinga il ricorso in quanto infondato;

2)      condanni la Commissione europea alle spese.


1 – Lingua originale: l’inglese.


2 – Sentenza 14 febbraio 1995, causa C-279/93, Schumacker (Racc. pag. I-225, punto 34).


3 – Facendo riferimento, inter alia, alla sentenza 12 luglio 2005, causa C-403/03, Schempp (Racc. pag. I-6421, punto 45).


4 – Per quanto riguarda la distinzione generalmente accettata tra tassazione diretta ed indiretta v. le conclusioni dell’avvocato generale Stix-Hackl connesse alla sentenza 3 ottobre 2006, causa C-475/03, Banca Popolare di Cremona (Racc. pag. I-9373, paragrafi 54 e 55).


5 – Sentenza 26 ottobre 2006, causa C-199/05 (Racc. I-10485, in particolare punto 17).


6 – V., ad esempio, sentenze 17 gennaio 2008, causa C-152/05, Commissione/Germania (Racc. pag. I-39, punto 16); 13 dicembre 2005, causa C-446/03, Marks & Spencer (Racc. pag. I-10837, punto 29); 26 ottobre 2006, causa C-345/05, Commissione/Portogallo (Racc. pag. I-10633, punto 10), e 18 gennaio 2007, causa C-104/06, Commissione/Svezia (Racc. pag. I-671, punto 12).


7 – V., in tal senso, sentenze Commissione/Portogallo, cit. alla nota 6 (punti 13 e 14), e Commissione/Germania, cit. alla nota 6 (punti 18 e 19).


8 – V. sentenze Commissione/Germania, cit. alla nota 6 (punto 20); 21 febbraio 2006, causa C-152/03, Ritter-Coulais (Racc. pag. I-1711, punto 31); 7 settembre 2006, causa C-470/04, N (Racc. pag. I-7409, punto 28), e 18 luglio 2007, causa C-212/05, Hartmann (Racc. pag. I-6303, punto 17).


9 – V. sentenze Commissione/Svezia, cit. alla nota 6 (punto 17); 15 dicembre 1995, causa C-415/93, Bosman (Racc. pag. I-4921, punto 94); 2 ottobre 2003, causa C-232/01, van Lent (Racc. pag.  I-11525, punto 15), nonché 29 aprile 2004, causa C-387/01, Weigel (Racc. pag.  I-4981, punto 52).


10 – V., ad esempio, sentenze 6 dicembre 2007, causa C-298/05, Columbus Container Services (Racc. pag. I-10451, punto 33), e Commissione/Svezia, cit. alla nota 6 (punto 19).


11 – V., inter alia, sentenze 29 aprile 2004, causa C-194/01, Commissione/Austria (Racc. pag. I-4579, punto 34), e 22 settembre 1988, causa C-272/86, Commissione/Grecia (Racc. pag. 4875, punto 17).


12 – Sentenza Schumacker, cit. alla nota 2 (punto 34).


13 – V. in tale senso, ad esempio, sentenze 22 marzo 2007, causa C-383/05, Talotta (Racc. pag. I-2555, punto 18), e causa 18 luglio 2007, causa C-182/06, Lakebrink e Peters-Lakebrink (Racc. pag. I-6705, punto 27).


14 – V. anche, in tale senso, sentenze Schempp, cit. alla nota 3 (punto 29), e causa 8 novembre 2007, causa C-379/05, Amurta (Racc. pag. I-9569, punto 33).


15 – Cfr. a contrario sentenza Schumacker, cit. alla nota 2 (punto 34).


16 – V., a tale riguardo, sentenze 12 febbraio 2009, causa C-67/08, Block (Racc. pag. I-883, punti 28-30); 28 gennaio 1992, causa C-204/90, Bachmann (Racc. pag. I-249, punto 23); con riferimento al principio fiscale della territorialità, v. le sentenze 13 marzo 2007, causa C-524/04, Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation (Racc. pag. I-2107, punto 75), e 15 maggio 1997, causa C-250/95, Futura Participations (Racc. pag. I-2471, punto 22).


17 – V., in tale senso, sentenze Amurta, cit. alla nota 14 (punto 33); 14 settembre 1999, causa C-391/97, Frans Gschwind (Racc. pag. I-5451, punto 26); v. anche 16 dicembre 2008, causa C-127/07, Arcelor Atlantique et Lorraine e a. (Racc. pag. I-9895, punto 26). Ne consegue che la giurisprudenza della Corte su questo aspetto del settore della tassazione diretta, come le sentenze Schumacker (cit. alla nota 2) invocata dal governo ungherese, o Manninen (7 settembre 2004, causa C-319/02, Racc. pag. I-7477), richiamata dalla Commissione, deve essere letta alla luce delle circostanze del singolo caso e, in particolare, alla luce della specifica imposta interessata e non può, senza aggiungere altro, essere trasposta alla normativa fiscale che qui interessa.


18 – V. punto 46 supra.


19 – V., in tale senso, sentenze Block, cit. alla nota 16 (punti 34 e 35); Schempp, cit. alla nota 3 (punto 45), nonché 15 luglio 2004, causa C-365/02, Lindfors (Racc. pag. I-7183, punto 34).


20 – V., in tale senso, sentenze Block, cit. alla nota 16 (punto 28); 14 novembre 2006, causa C-513/04, Kerckhaert e Morres (Racc. pag. I-10967, punto 20), nonché Columbus Container Services, cit. alla nota 10 (punto 43). Perciò nel caso di specie, ad esempio, se lo Stato membro in cui un soggetto ha acquistato una prima abitazione assoggetta ad imposta ogni acquisto di un’abitazione, ivi incluso un secondo acquisto, senza deduzioni ed applicando un’aliquota più elevata di quella applicabile in Ungheria, secondo la logica argomentativa della Commissione tale soggetto potrà persino essere incentivato, nonostante il regime fiscale de quo, a trasferirsi in Ungheria e ad acquistare lì una seconda abitazione, piuttosto che a spostarsi all’interno dello Stato membro interessato.