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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JÁN MAZÁK

presentate il 30 settembre 2010 (1)

Causa C-277/09

Commissioners for Her Majesty’s Revenue and Customs

contro

RBS Deutschland Holdings GmbH

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Court of Session of Scotland (First Division, Inner House) (Regno Unito)]

«Interpretazione dell’art. 17, n. 3, lett. a), della sesta direttiva IVA – Operazioni eseguite con l’unico scopo di ottenere un vantaggio fiscale – Fornitura di servizi di leasing di autovetture nel Regno Unito da parte della controllata tedesca di una banca stabilita nel Regno Unito»





I –    Introduzione

1.        Con ordinanza 10 luglio 2009, pervenuta alla Corte il 21 luglio 2009, la Court of Session of Scotland (Magistratura civile di Edimburgo, Regno Unito) ha proposto alla Corte di giustizia, ai sensi dell’art. 234 CE, una domanda di pronuncia pregiudiziale concernente l’interpretazione della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (2) (in prosieguo: la «sesta direttiva»).

2.        La domanda è stata proposta nell’ambito di un procedimento tra i Commissioners for Her Majesty’s Revenue & Customs (in prosieguo: i «Commissioners») – l’organismo governativo britannico cui è attribuita la riscossione dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) e di altre imposte – e la RBS Deutschland Holdings GmbH (in prosieguo: la «RBSD») riguardo al rifiuto dei Commissioners di accordare la detrazione dell’IVA sull’acquisto di autoveicoli utilizzati per un leasing transfrontaliero all’interno della Comunità.

3.        Con le sue questioni il giudice del rinvio essenzialmente chiede, in primo luogo, se l’art. 17, n. 3, lett. a), della sesta direttiva debba essere interpretato nel senso che consente alle autorità fiscali di uno Stato membro di rifiutare la detrazione dell’IVA (a monte) sull’acquisto di autoveicoli a scopo di leasing in circostanze come quelle di specie, in cui non c’è stato pagamento di IVA (a valle) sulle operazioni di leasing degli autoveicoli in nessuno dei due Stati membri interessati.

4.        In secondo luogo, l’autorità giurisdizionale remittente chiede se le operazioni in causa possano essere considerate «comportamenti abusivi» nel senso indicato dalla Corte nella sentenza Halifax e a. (3).

II – Contesto normativo

A –    La sesta direttiva

5.        L’art. 5 della sesta direttiva prevede, per quanto qui rileva, quanto segue:

«1. Si considera “cessione di un bene” il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario.

(…)

4. Sono parimenti considerate cessioni ai sensi del paragrafo 1:

(…)

b)      la consegna materiale di un bene in base ad un contratto che prevede la locazione di un bene per un dato periodo, o la vendita a rate di un bene, accompagnate dalla clausola secondo la quale la proprietà è normalmente acquistata al più tardi all’atto del pagamento dell’ultima rata;

(…)».

6.        L’art. 6 della sesta direttiva così recita:

«1.      Si considera “prestazione di servizi” ogni operazione che non costituisce cessione di un bene ai sensi dell’articolo 5.

(...)».

7.        Ai termini dell’art. 8, n. 1, della sesta direttiva:

«Si considera come luogo di cessione di un bene:

a)      se il bene viene spedito o trasportato dal fornitore o dall’acquirente o da un terzo: il luogo in cui il bene si trova al momento iniziale della spedizione o del trasporto a destinazione dell’acquirente. (...)

b)      se il bene non viene spedito o trasportato: il luogo dove il bene si trova al momento della cessione.

(…)».

8.        L’art. 9 della sesta direttiva dispone quanto segue:

«1. Si considera luogo di una prestazione di servizi il luogo in cui il prestatore ha fissato la sede della propria attività economica o ha costituito un centro di attività stabile, a partire dal quale la prestazione di servizi viene resa o, in mancanza di tale sede o di tale centro di attività stabile, il luogo del suo domicilio o della sua residenza abituale.

(…)».

9.        L’art. 17 della sesta direttiva, rubricato «Origine e portata del diritto a de[tra]zione», dispone, per quanto qui rileva, quanto segue:

«(…)

2. Nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a de[tra]rre dall’imposta di cui è debitore:

a)      l’[IVA] dovuta o assolta all’interno del paese per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo;

(…)

3. Gli Stati membri accordano altresì ad ogni soggetto passivo la de[tra]zione o il rimborso dell’imposta sul valore aggiunto di cui al paragrafo 2 nella misura in cui i beni e i servizi sono utilizzati ai fini:

a)      di sue operazioni relative ad attività economiche di cui all’articolo 4, paragrafo 2, effettuate all’estero che darebbero diritto a de[tra]zione se fossero effettuate all’interno del paese;

(…)».

B –    La pertinente normativa nazionale

10.      L’allegato 4, punto 1, n. 2, del Value Added Tax Act 1994 (legge del 1994 relativa all’imposta sul valore aggiunto; in prosieguo: il «VAT Act»), che contiene una definizione della locuzione «cessione di beni», prevede quanto segue:

«Se il possesso dei beni è stato trasferito:

(a)      con un contratto di compravendita di beni oppure

(b)      con contratti che prevedono espressamente che anche la proprietà sia trasferita in un momento futuro (stabilito nei contratti o determinabile attraverso i medesimi, ma in ogni caso non più tardi di quando è avvenuto l’integrale pagamento dei beni),

in entrambi i casi si tratta di una cessione dei beni».

11.      Conformemente a tale disposizione, la normativa nazionale considera il leasing come cessione di beni solo qualora venga effettuato in condizioni in cui, a contratto scaduto, il titolo ai beni messi a disposizione passi all’utilizzatore o a terzi. Negli altri casi, il leasing è ritenuto una prestazione di servizi ai sensi dell’art. 5, n. 2, lett. b), del VAT Act, in forza del quale ogni operazione che non costituisce una cessione di beni, ma è effettuata «in cambio di una controprestazione» è una prestazione di servizi.

III – Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

12.      La RBSD è una società di diritto tedesco che esercita un’attività di prestazione di servizi bancari e di leasing. Essa è membro del gruppo Royal Bank of Scotland ed è registrata nel Regno Unito, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, come soggetto passivo non residente, in quanto non è stabilita in tale Stato.

13.      Nel gennaio 2000 la Lombard North Central plc presentava alla RBSD la Vinci plc (in prosieguo: la «Vinci»), una società indipendente costituita nel Regno Unito, affinché la RBSD le fornisse servizi di leasing. Dopodiché, il 28 marzo 2001, la RBSD concludeva una serie di contratti con il gruppo Vinci.

14.      In un primo momento, la RBSD acquistava automobili nel Regno Unito dalla Vinci Fleet Services (in prosieguo: la «VFS»), una controllata della Vinci. La VFS acquistava a sua volta le automobili da rivenditori stabiliti nel Regno Unito.

15.      In un secondo momento, la RBSD e la VFS concludevano rispetto ai medesimi veicoli un patto di retrovendita («Put Option Agreement»). A termini di tale contratto la VFS s’impegnava con la RBSD a riacquistare le automobili che erano state oggetto di un contratto di leasing tra la RBSD e una società del gruppo Vinci.

16.      In un terzo momento, la RBSD concludeva un contratto base di leasing («Master Lease Agreement»), della durata di due anni prorogabili, in base al quale la RBSD locava e la Vinci prendeva in locazione un’attrezzatura che dagli allegati al contratto risultava costituita da autoveicoli. Alla scadenza del leasing la Vinci era tenuta a pagare alla RBSD un importo pari all’intero valore residuale delle automobili. Tuttavia, se (come previsto dalle parti) la RBSD avesse venduto le automobili a terzi, la Vinci avrebbe potuto richiedere la differenza, o rispondere della differenza, tra il prezzo di vendita delle vetture e il loro valore residuale, a seconda della situazione.

17.      Tra il 28 marzo 2001 e il 29 agosto 2002 la RBSD riscuoteva dalla Vinci canoni dell’importo di GBP 335 977, senza applicare l’IVA alle operazioni.

18.      Il 29 agosto 2002 la RBSD cedeva i contratti in questione ad una controllata tedesca del gruppo Royal Bank of Scotland, la Lombard Leasing GmbH (in prosieguo: la «LL»), che tra il 29 agosto 2002 e il 27 giugno 2004 riscuoteva dalla Vinci canoni per l’importo di GBP 1 682 876, senza applicare l’IVA alle operazioni.

19.      Successivamente, e fino al 15 dicembre 2004, la LL esercitava nei confronti della VFS l’opzione di retrovendita delle automobili oggetto dei contratti di leasing. La VFS riacquistava le automobili per l’importo di GBP 663 158 e la LL le applicava un’imposta a valle pari a complessivi GBP 116 052. L’imposta veniva indi pagata ai Commissioners.

20.      I canoni di leasing, riscossi prima dalla RBSD e poi dalla LL, non erano soggetti a IVA nel Regno Unito poiché, ai sensi della normativa britannica, le operazioni corrispondenti erano considerate prestazioni di servizi effettuate in Germania, cioè nel luogo in cui il prestatore aveva stabilito la sede della sua impresa. I pagamenti non erano soggetti ad IVA nemmeno in Germania in quanto, ai sensi della normativa tedesca, dette operazioni erano considerate cessioni di beni realizzate nel Regno Unito, cioè nel luogo in cui si trovavano i beni al momento in cui erano avvenute.

21.      Pertanto, sui canoni pagati in esecuzione dei contratti di leasing non veniva pagata IVA in nessuno dei due Stati membri. Tuttavia, come si è visto (4), l’IVA veniva applicata nel Regno Unito sulla retrovendita delle automobili effettuata dalla LL.

22.      Dinanzi alle autorità fiscali nazionali la RBSD chiedeva la detrazione completa dell’IVA che le era stata applicata a monte dalla VFS allorché aveva acquistato automobili da detta società, per un totale di GBP 314 056 (5). La RBSD sosteneva, tra l’altro, che l’art. 17, n. 3, lett. a), della sesta direttiva la legittimasse a chiedere la detrazione dell’imposta a monte sull’acquisto di tali beni e che, poi, siccome le operazioni di leasing erano intercorse tra tre contraenti indipendenti in condizioni di mercato, il divieto di abuso del diritto non sarebbe stato pertinente nel caso di specie.

23.      I Commissioners rifiutavano alla RBSD la detrazione dell’IVA e chiedevano a loro volta il rimborso dell’imposta a monte che era stata accreditata alla RBSD, argomentando – in sostanza – che l’art. 17, n. 3, lett. a), della sesta direttiva non consentiva la detrazione dell’IVA assolta a monte per l’acquisto di beni successivamente utilizzati per operazioni non assoggettate ad IVA a valle. I Commissioners erano inoltre dell’avviso che la RBSD avesse tenuto un comportamento abusivo, poiché il vero motivo della regolamentazione escogitata sarebbe stato l’ottenimento di un vantaggio fiscale contrario ai fini della direttiva ed i termini dei contratti di leasing sarebbero stati congegnati per consentirle di sfruttare le differenze nel modo in cui la direttiva era stata trasposta nel Regno Unito e in Germania.

24.      Contro la decisione dei Commissioners la RBSD ricorreva al VAT and Duties Tribunal in Edinburgh (Commissione competente in materia di IVA di Edimburgo). Con decisione 24 luglio 2007 quest’ultimo affermava che il principio di neutralità fiscale non richiedeva che fosse negata la detrazione dell’IVA solo perché non era stata corrispondentemente applicata IVA a valle. Il VAT and Duties Tribunal dichiarava altresì che i contratti controversi non integravano una pratica abusiva.

25.      Spetta alla giurisdizione remittente decidere in merito all’appello proposto dai Commissioners contro tale decisione.

26.      Pertanto, considerando necessaria un’indicazione su come interpretare l’art. 17, n. 3, della sesta direttiva e sulla possibile applicabilità nella fattispecie del principio del divieto di abuso del diritto, la Court of Session of Scotland ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

«In circostanze come quelle di specie, in cui:

a)       una controllata tedesca di una banca britannica ha acquistato automobili nel Regno Unito allo scopo di darle in leasing ad una società indipendente nel Regno Unito e ha pagato l’imposta sul valore aggiunto su tali acquisti;

b)      ai sensi della normativa britannica in materia, le operazioni di locazione di automobili erano considerate prestazioni di servizi effettuate in Germania e come tali non soggette all’imposta sul valore aggiunto nel Regno Unito, mentre ai sensi della legge tedesca erano considerate cessioni di beni effettuate nel Regno Unito e come tali non soggette all’imposta sul valore aggiunto in Germania. Di conseguenza, non veniva applicata imposta a valle su tali operazioni in nessuno dei due Stati membri;

c)      la banca britannica ha scelto la sua controllata tedesca come locatore e ha stabilito la durata dei contratti di leasing in modo da ottenere il vantaggio fiscale dell’inapplicabilità dell’IVA sul pagamento dei canoni:

1)      Se l’art. 17, n. 3, lett. a), della [sesta direttiva] debba essere interpretato nel senso che consente alle autorità fiscali del Regno Unito di rifiutare alla controllata tedesca la detrazione dell’IVA pagata nel Regno Unito sull’acquisto delle automobili.

2)      Se, nel rispondere alla prima questione, sia necessario che il giudice nazionale estenda la sua analisi, prendendo in considerazione la possibile applicazione del principio del divieto di abuso del diritto.

3)      In caso di risposta affermativa alla questione n. 2, se la detrazione dell’imposta a monte sull’acquisto delle automobili sia contraria allo scopo delle pertinenti disposizioni della sesta direttiva, risultando in tal modo soddisfatto il primo requisito di un comportamento abusivo, come definito al punto 74 della sentenza [Halifax], avuto riguardo, tra gli altri principi, al principio di neutralità fiscale.

4)      Sempre in caso di risposta affermativa alla questione n. 2, se il giudice debba considerare che la finalità essenziale delle operazioni è ottenere un vantaggio fiscale, risultando in tal modo soddisfatto il secondo requisito di un comportamento abusivo, come definito al punto 75 della summenzionata sentenza della Corte di giustizia, qualora, in una transazione commerciale tra parti che operano in condizioni di mercato, la scelta di una controllata tedesca per il leasing di automobili ad un cliente del Regno Unito, e delle stesse condizioni del leasing, sia dettata dall’obiettivo di conseguire il vantaggio fiscale della inapplicabilità dell’imposta a valle sul pagamento dei canoni».

IV – Valutazione

A –    Osservazioni preliminari

27.      Le quattro questioni surriportate sono intese sostanzialmente a determinare se, a norma della sesta direttiva, la RBSD abbia, nelle circostanze di specie, il diritto di detrarre o di avere rimborsata l’IVA pagata per l’acquisto di automobili destinate a servizi di leasing, nonostante il fatto che, a causa della difforme trasposizione della direttiva nei due Stati membri interessati, alle operazioni di leasing non sia stata applicata IVA a valle in nessuno di tali Stati.

28.      Tali questioni possono essere raggruppate, così, intorno a due temi principali, che andrò ad esaminare nel seguente ordine: primo, interpretazione dell’art. 17, n. 3, lett. a), della sesta direttiva (questione n. 1) e, secondo, rilevanza e portata nella fattispecie del divieto di abuso del diritto (questioni nn. 2-4).

29.      Contrariamente a quanto sembra suggerire la formulazione della questione n. 2, questi due temi sono concettualmente distinti e dovrebbero, perciò, essere affrontati l’uno dopo l’altro anziché congiuntamente.

30.      Infatti, come prima cosa è necessario stabilire se un soggetto passivo possa, in linea di principio, richiedere la detrazione dell’IVA assolta a monte conformemente alle disposizioni della sesta direttiva, in particolare al suo art. 17, n. 3, lett. a), nel caso di operazioni come quelle oggetto del procedimento principale.

31.      Solo qualora siano soddisfatte, almeno formalmente, le condizioni previste dalle pertinenti disposizioni della sesta direttiva per l’ottenimento della detrazione in questione, sarà necessario considerare, come seconda cosa, se il soggetto passivo interessato intenda, nelle circostanze del caso, avvalersi delle suddette disposizioni a fini fraudolenti o abusivi, cioè se le attività di cui trattasi siano, alla luce dei criteri soggettivi e oggettivi che la Corte ha formulato al riguardo nella sua giurisprudenza (6), da ritenere equivalenti a comportamenti abusivi (7).

32.      Occorre, infine, osservare – in limine – che le questioni sollevate nel presente procedimento sembrano basarsi sulla premessa che – primo – le operazioni a valle di leasing in causa sono prestazioni di servizi ai sensi dell’art. 6, n. 1, della sesta direttiva, ragion per cui – secondo – il luogo della prestazione ai fini dell’art. 9, n. 1, della sesta direttiva risulta essere la Germania, paese in cui è stabilita la RBSD in quanto fornitore dei servizi.

33.      Poiché questi due punti non sono stati affrontati nelle questioni pregiudiziali e, in ultima analisi, è il giudice remittente a decidere la qualificazione delle operazioni portate al suo esame sulla base delle risultanze processuali (8), esaminerò le questioni assumendo anch’io che le operazioni di leasing di cui trattasi sono servizi prestati in Germania.

B –    La prima questione

34.      Con la prima questione il giudice remittente chiede, in sostanza, se l’art. 17, n. 3, lett. a), della sesta direttiva debba essere interpretato nel senso che uno Stato membro può rifiutare ad un soggetto passivo la detrazione o il rimborso dell’IVA pagata a monte per l’acquisto di automobili in quello stesso Stato (in prosieguo anche: lo «Stato membro del rimborso»), qualora dette automobili vengano utilizzate per operazioni di leasing eseguite in un altro Stato membro (in prosieguo: lo «Stato membro dell’operazione a valle») e su di esse, a causa di una trasposizione non uniforme [della sesta direttiva], non sia stata applicata IVA a valle né nello Stato membro dell’operazione a monte né nello Stato membro dell’operazione a valle.

1.      Principali posizioni delle parti

35.      Nel presente procedimento sono state presentate osservazioni scritte dalla RBSD, dai governi di Danimarca, Italia e Regno Unito, dall’Irlanda e dalla Commissione. Ad eccezione del governo danese, le suddette parti hanno partecipato tutte all’udienza del 17 giugno 2010, come pure il governo tedesco.

36.      I governi di Danimarca, Italia e Regno Unito nonché l’Irlanda sono dell’avviso che, a rigor di costruzione dell’art. 17, n. 3, lett. a), della sesta direttiva, un soggetto passivo in una situazione analoga a quella di specie non abbia il diritto di detrarre l’IVA e che la risposta alla prima questione pregiudiziale debba essere, pertanto, affermativa.

37.      Secondo il loro ragionamento, senza entrare ora nei dettagli, permettere ad un soggetto passivo di detrarre l’IVA a monte su una transazione che non abbia originato corrispondente imposta sul valore aggiunto a valle risulterebbe contrario al sistema IVA e soprattutto allo scopo del diritto di detrazione sancito all’art. 17 della sesta direttiva, che è quello di assicurare la perfetta neutralità fiscale. Conformemente tanto al testo dell’art. 17 quanto alle condizioni del principio di neutralità fiscale come illustrate dalla giurisprudenza della Corte, solo le operazioni tassabili possono, di norma, dar diritto a detrazione. Così, nel caso di specie, la RBSD potrebbe reclamare la detrazione dell’IVA assolta sull’acquisto delle autovetture solo qualora avesse effettivamente contabilizzato IVA in Germania sulle operazioni di leasing.

38.      Il governo tedesco, che non risponde specificamente alla prima questione sollevata, obietta di non aver applicato o trasposto erroneamente la sesta direttiva, in particolar modo l’art. 5, n. 4, lett. b), contrariamente a quanto affermato dalla Commissione. Conviene, tuttavia, che nella fattispecie le autorità fiscali del Regno Unito possano rifiutare la detrazione in questione.

39.      Al contrario, secondo la RBSD e la Commissione, l’art. 17, n. 3, lett. a), della sesta direttiva non legittima le autorità fiscali di uno Stato membro a rifiutare la detrazione in una situazione come quella di specie. La prima domanda pregiudiziale dovrebbe quindi ricevere una risposta di senso negativo.

40.      La Commissione fa notare, più in particolare, che, a rigor di costruzione dell’art. 5 della sesta direttiva, le operazioni di leasing eseguite dalla RBSD avrebbero dovuto essere qualificate, dalle autorità fiscali tedesche, come forniture di servizi e, di conseguenza, essere tassate in Germania. Tuttavia, né l’errato inquadramento in Germania né il fatto che il risultato appaia dichiaratamente insoddisfacente e contrario al sistema della normativa IVA e al principio di neutralità fiscale potrebbero far dimenticare che l’art. 17, n. 3, lett. a), della sesta direttiva non permette, per genesi e per tenore letterale, un’interpretazione che legittimi le autorità fiscali a rifiutare la detrazione in circostanze come quelle in esame.

41.      Condividendo l’opinione della Commissione la RBSD insiste sul fatto che, se la Germania ha scorrettamente attuato la sesta direttiva e, in ogni caso, se l’attuazione di tale direttiva è difforme tra Regno Unito e Germania, un contribuente ha diritto di beneficiarne e le autorità del Regno Unito non possono rifiutare la detrazione solo perché all’interno dell’Unione l’armonizzazione dell’IVA non è ancora completa. A suo parere, il principio di neutralità fiscale non è assoluto e non richiede necessariamente l’effettivo pagamento della tassa a valle come precondizione per la detrazione dell’imposta a monte.

2.      Valutazione

42.      Ai termini dell’art. 17, n. 3, lett. a), della sesta direttiva, qualsiasi soggetto passivo, ai sensi dell’art. 4, n. 1, della medesima direttiva, ha il diritto di detrarre l’IVA o di ottenerne il rimborso nella misura in cui i beni e i servizi per cui tale imposta è stata versata a monte sono utilizzati per le attività economiche di cui al n. 2 di detto art. 4, effettuate all’estero, che darebbero diritto a detrazione se fossero effettuate all’interno del paese (9).

43.      Occorre quindi sottolineare che, come emerge chiaramente dal testo della suddetta disposizione, il diritto di detrazione dell’IVA pagata a monte su forniture finalizzate a permettere operazioni commerciali in un altro Stato membro deve esser determinato con riferimento allo Stato membro delle operazioni a monte e non con riferimento a quello delle operazioni a valle.

44.      Il diritto di detrarre l’IVA assolta a monte relativamente ad operazioni effettuate all’estero sussiste, perciò, ai sensi dell’art. 17, n. 3, lett. a), della sesta direttiva, solo se analogo diritto sarebbe riconosciuto nel caso in cui le operazioni a valle fossero eseguite all’interno dello Stato membro del rimborso (10).

45.      Nel caso presente è pacifico che i servizi di leasing in questione vanno considerati attività economiche che darebbero diritto a detrarre l’IVA a monte, nel Regno Unito, qualora fossero rese nel territorio di tale paese.

46.      Sono, pertanto, del parere che l’art. 17, n. 3, lett. a), della sesta direttiva dia titolo a detrarre l’IVA a monte nelle circostanze di specie.

47.      Tuttavia, dalle questioni pregiudiziali sembra emergere che il problema è che alle operazioni di leasing in discorso non è stata applicata – ed è pacifico – imposta a valle in Germania, territorio in cui si considerano effettuate tali operazioni, motivo per il quale nella fattispecie non è stata di fatto corrisposta IVA a valle dal fornitore che ora chiede la detrazione.

48.      Ebbene, il presente procedimento pregiudiziale non costituisce la sede adatta per stabilire se, come sostiene la Commissione, la divergente individuazione del luogo di tassazione dei servizi di leasing in discorso sia la conseguenza dell’errata trasposizione o applicazione della sesta direttiva, in particolar modo dell’art. 5, che definisce la cessione di beni, o piuttosto, come è possibile, di un’errata applicazione della direttiva da parte delle autorità fiscali del Regno Unito. È sufficiente osservare che all’origine della presente controversia sta una difforme applicazione della sesta direttiva.

49.      Come ha giustamente osservato il governo tedesco, il problema di difformità posto dalla presente fattispecie rappresenta, ad ogni modo, una tematica più generale nel contesto delle transazioni intracomunitarie e non si limita al caso specifico in cui uno Stato membro applichi erroneamente la sesta direttiva. Anche in altre ipotesi una data operazione può essere soggetta ad IVA in uno Stato membro, ma non dare origine all’imposta se eseguita in uno Stato membro diverso.

50.      Tale situazione nasce dal fatto che la sesta direttiva e le direttive precedenti non hanno realizzato una completa armonizzazione dei diversi aspetti dell’IVA e che, proprio per questo, il sistema comunitario IVA consente espressamente agli Stati membri una certa discrezionalità riguardo a talune questioni di attuazione della direttiva, ad esempio offrendo opzioni di applicazione dell’IVA di cui gli Stati membri possono avvalersi autonomamente (11). Opzioni come quelle elencate agli artt. 13C e 28, n. 3, della sesta direttiva in merito all’esenzione fiscale (12).

51.      Ciò detto, in una situazione in cui l’operazione a valle non è ritenuta comportare imposta nello Stato membro dell’esecuzione può esservi comunque diritto a detrazione ai sensi dell’art. 17, n. 3, lett. a), della sesta direttiva, vale a dire nonostante la mancata imposizione a valle?

52.      A tal riguardo è necessario osservare che, da un lato, secondo il sistema di detrazione istituito dalla sesta direttiva e il sottostante principio di neutralità fiscale, il diritto di detrarre le imposte a monte è, di norma, legato alla riscossione di imposte a valle (13).

53.      Più in particolare, a questo proposito la Corte ha ripetutamente affermato che il diritto di detrazione di cui all’art. 17, n. 2, della sesta direttiva, relativo all’imposta applicata a monte sui beni o sui servizi impiegati dal soggetto passivo per le sue operazioni, è inteso a sgravare completamente l’imprenditore dall’onere dell’IVA dovuta o pagata nell’ambito di tutte le sue attività economiche. Il sistema comune dell’IVA garantisce, in tal modo, la perfetta neutralità di tassazione su tutte le attività economiche, purché di per sé tali attività siano, in linea di principio, assoggettate ad IVA (14).

54.      Secondo una giurisprudenza consolidata, inoltre, il principio di neutralità fiscale, in particolare il diritto di detrazione, costituisce, come parte integrante del meccanismo IVA, un principio fondamentale del sistema comune IVA istituito dalla pertinente normativa dell’Unione europea (15).

55.      È pertanto vero che, come hanno sostenuto quasi tutte le parti del presente procedimento, consentire la detrazione dell’imposta a monte ai sensi dell’art. 17, n. 3, lett. a), della sesta direttiva in assenza di un pagamento corrispondente a valle è a prima vista incoerente con il sistema IVA istituito dalla sesta direttiva, in particolar modo con il sistema di detrazione, e con il principio di neutralità fiscale ivi sotteso.

56.      D’altro lato, si deve ammettere, come ha fatto notare la RBSD, che la sesta direttiva prevede espressamente, all’art. 17, n. 3, cui appartiene la disposizione in esame, eccezioni alla regola secondo cui solo le operazioni tassabili possono dar diritto a detrarre l’IVA. Infatti, l’art. 17, n. 3, lett. b) e c), prevede la detrazione dell’IVA su beni o servizi impiegati per eseguire operazioni esenti (16).

57.      La sesta direttiva contiene, quindi, deroghe e limitazioni allo schema generale del sistema di detrazione e al principio di neutralità fiscale che tale sistema intende garantire (17).

58.      Su queste premesse mi sembra che, in primo luogo, l’art. 17, n. 3, lett. a), della sesta direttiva non possa esser interpretato nel senso che il diritto di detrazione è subordinato alla circostanza che l’operazione a valle generi effettivamente pagamento di IVA nello Stato membro in cui è stata realizzata, pena privare la disposizione del suo scopo. Una tale interpretazione contrasterebbe con la chiara formulazione dell’articolo, che fa dipendere la detrazione dalla detraibilità nello Stato membro del rimborso.

59.      In secondo luogo, è – a mio avviso – insita in quella norma, che determina il diritto di detrazione con riferimento ad un ipotetico trattamento fiscale (nello Stato membro del rimborso) anziché con riferimento all’attuale trattamento fiscale dell’operazione a valle (nello Stato membro dell’operazione), la possibilità, nella misura in cui il sistema IVA istituito dalla sesta direttiva consente ancora qualche differenza nella tassazione tra gli Stati membri, che si verifichino casi come quello di specie, in cui l’art. 17, n. 3, lett. a), della sesta direttiva dà titolo alla detrazione sebbene non sia stata pagata IVA a valle sull’operazione di cui trattasi.

60.      In altre parole, adottando la suddetta disposizione il legislatore comunitario ha accettato il rischio, nei limiti in cui l’art. 17, n. 3, lett. a), della sesta direttiva consente in queste particolari circostanze la detrazione dell’IVA a monte in assenza di imposta a valle, di una deroga al sistema di detrazione stabilito in particolare dall’art. 17, n. 2, della sesta direttiva e, di conseguenza, al principio di neutralità fiscale.

61.      Sono pertanto d’accordo, nella sostanza, con la Commissione che spetterebbe al legislatore porre rimedio a tale situazione di diritto, la quale, come osservavo sopra, costituisce senza dubbio un’anomalia o una deroga all’interno del sistema comunitario IVA. Poiché tale deroga nel senso della detrazione è, al presente stato di armonizzazione del sistema IVA, inerente all’art. 17, n. 3, lett. a), della sesta direttiva quale attualmente in vigore, non è possibile disapplicarla con riferimento al normale schema del sistema di detrazione sancito dalla suddetta direttiva e al principio di neutralità fiscale (18).

62.      Infine, concordo con la Commissione che la sentenza Debouche non supporta in maniera decisiva l’interpretazione, contraria a quella seguita nelle presenti conclusioni, propugnata dai governi che hanno presentato osservazioni nel procedimento, per il semplice motivo che – a parte talune divergenze nei fatti tra quel caso e il presente, come quella relativa alla mancanza di attestazione di essere assoggettati ad imposta –, quella sentenza non riguardava l’art. 17, n. 3, lett. a), della sesta direttiva, il quale, nel determinare il diritto a detrazione, sposta il punto di osservazione verso lo Stato membro del rimborso finendo col creare la situazione di diritto ora in questione (19).

63.      Alla luce delle suesposte considerazioni propongo, quindi, di rispondere alla prima questione pregiudiziale nel senso che l’art. 17, n. 3, lett. a), della sesta direttiva non consente alle autorità fiscali di uno Stato membro di negare ad un soggetto passivo il diritto alla detrazione dell’IVA pagata a monte su beni usati per servizi di leasing prestati in un altro Stato membro per il solo motivo che tali operazioni non hanno comportato pagamento di IVA a valle nel secondo Stato.

C –    Le questioni dalla seconda alla quarta

64.      Con le questioni seconda, terza e quarta, che è opportuno esaminare in modo congiunto, la corte remittente vuol sapere se, in circostanze come quelle di specie, un soggetto passivo possa vedersi negare il diritto a detrazione in forza del principio del divieto di abuso del diritto quale stabilito dalla Corte nella sentenza Halifax (20).

1.      Principali posizioni delle parti

65.      Poiché, in risposta alla prima questione pregiudiziale, hanno sostenuto che, ai sensi dell’art. 17, n. 3, lett. a), della sesta direttiva, un soggetto passivo in una situazione come quella della RBSD non ha il diritto di detrarre l’IVA, quasi tutti i governi che hanno presentato osservazioni ritengono che non sia necessario considerare il caso di specie anche alla luce del principio del divieto di abuso del diritto.

66.      Ad ogni modo, se la Corte non dovesse accogliere la loro interpretazione, i governi di Danimarca, Germania, Italia e Regno Unito nonché l’Irlanda sono concordi sull’applicabilità alla fattispecie del principio del divieto di abuso del diritto. Essi convengono, in sostanza, che le operazioni in questione, data la loro artificiosità e l’interesse ad ottenere un vantaggio fiscale che le permea, rischiano di infrangere detto principio, fermo restando, come hanno sostenuto alcuni dei governi intervenienti, che spetta in ultima analisi al giudice del rinvio stabilire se siano soddisfatte tutte le condizioni per un «comportamento abusivo» come definito dalla Corte nella sentenza Halifax (21).

67.      La Commissione è del parere che, se un’operazione commerciale si svolge normalmente tra parti che operano in condizioni di mercato, il fatto che i servizi vengano forniti da una società stabilita in un altro Stato membro e che i termini dell’accordo siano congegnati in modo da permettere di beneficiare di un’interpretazione più favorevole, da parte delle autorità fiscali di uno Stato membro, della normativa comunitaria in materia di IVA non può esser considerato un abuso del diritto. In particolare, qualora il giudice nazionale dovesse constatare che la RBSD effettivamente presta i servizi in questione da uno stabilimento in Germania, l’attività economica resa sarebbe autentica e difficilmente si potrebbe concludere che l’obiettivo fondamentale delle operazioni è assicurarsi un vantaggio fiscale.

68.      Condividendo nella sostanza il parere della Commissione, la RBSD non ritiene necessario che la corte remittente consideri l’applicazione del principio del divieto di abuso del diritto. Essa nega, inoltre, che le operazioni in questione siano artificiose, bensì ribadisce che sono state realizzate nell’ambito di comuni attività commerciali e non al mero scopo di ottenere ingiustamente vantaggi fiscali. L’oggetto sostanziale delle operazioni era il leasing di automobili a fini commerciali e non il semplice ottenimento di un vantaggio fiscale.

2.       Valutazione

69.      Occorre innanzitutto osservare, con particolare riferimento alla seconda questione pregiudiziale, che spetta semmai al giudice nazionale valutare l’applicabilità nel presente procedimento del principio del divieto di abuso del diritto, il quale si applica anche al settore IVA e impedisce, in particolare, a un soggetto passivo di detrarre l’imposta a monte allorché le operazioni che fondano tale diritto integrano un comportamento abusivo (22).

70.      Si deve ricordare, poi, che il principio del divieto dell’abuso del diritto, secondo costante giurisprudenza, è volto, segnatamente nel settore dell’IVA, a che la normativa comunitaria non venga estesa sino a comprendere i comportamenti abusivi di operatori economici, vale a dire le operazioni realizzate non nell’ambito di transazioni commerciali normali, bensì al solo scopo di beneficiare illegittimamente dei vantaggi previsti dal diritto comunitario (23).

71.      Tale principio è quindi finalizzato a vietare le costruzioni di puro artificio, prive di effettività economica, messe in atto unicamente al fine di ottenere un vantaggio fiscale (24).

72.      I criteri rilevanti ai fini dell’individuazione di un comportamento abusivo nel settore dell’IVA, nei quali non occorre addentrarsi ora, sono stati definiti dalla Corte nella sentenza Halifax come segue (25):

–        le operazioni controverse, nonostante l’applicazione formale delle condizioni previste dalle pertinenti disposizioni della sesta direttiva e della legislazione nazionale che la traspone, hanno il risultato di procurare un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria all’obiettivo perseguito da tali disposizioni;

–        da un insieme di elementi oggettivi risulta che lo scopo delle operazioni controverse è essenzialmente l’ottenimento di un vantaggio fiscale.

73.      A tale riguardo è importante notare, tenuto conto della formulazione della terza e della quarta questione pregiudiziale, che, in base alla ripartizione di competenze sancita all’art. 234 CE (divenuto art. 267 TFUE), spetta al giudice nazionale applicare tali criteri alle specifiche circostanze del caso al suo esame e verificare se un comportamento abusivo abbia avuto luogo in concreto (26).

74.      Ad ogni modo, le considerazioni seguenti, alla luce delle peculiarità delle fattispecie, possono fornire alla corte nazionale ulteriori indicazioni circa l’applicazione dei sopraccitati criteri (27).

75.      Per quanto riguarda il primo criterio, che costituisce l’oggetto della terza questione pregiudiziale, la circostanza che consentire la detrazione dell’imposta a monte in questo caso sembra, in linea di principio, incoerente con gli obiettivi della sesta direttiva, in particolare con il principio di neutralità fiscale, non è sufficiente, a mio avviso, a far concludere che la detrazione sarebbe contraria allo scopo dell’art. 17, n. 3, lett. a), della sesta direttiva, in quanto tale disposizione, come osservavo sopra (28), per come è formulata, comporta deroghe al sistema IVA istituito dalla suddetta direttiva, specialmente al sistema di detrazione, e al principio di neutralità fiscale.

76.      In altre parole, quando un soggetto passivo si avvale, come nel caso di specie, di un’«anomalia» o di un’incoerenza nel sistema IVA dovute, tuttavia, al sistema stesso o, più esattamente, a differenze nell’applicazione di tale sistema negli Stati membri interessati, tale «uso» da parte del soggetto passivo non costituisce necessariamente un «abuso».

77.      Per quanto riguarda, poi, il secondo criterio, al quale si allude nella quarta questione in esame, il giudice nazionale nel suo giudizio deve tenere presente che, come la Corte ha ripetutamente affermato, la scelta di un contribuente fra transazioni esenti e tassabili può esser basata su diversi fattori, comprese considerazioni di natura fiscale attinenti al sistema IVA. Quando un soggetto passivo ha la scelta tra due operazioni, la sesta direttiva non gli impone di scegliere quella che implica un maggiore pagamento di IVA. Al contrario, il soggetto passivo ha il diritto di scegliere la forma di conduzione degli affari che gli permette di limitare la sua contribuzione fiscale (29).

78.      Di conseguenza, a mio avviso, il fatto che, nel caso di specie, sia stata scelta una controllata estera per eseguire l’operazione anziché un fornitore locale, con il risultato di un maggior vantaggio fiscale, non è sufficiente per concludere che lo scopo principale delle operazioni di leasing in questione è il mero ottenimento di un vantaggio fiscale.

79.      Piuttosto, nello stabilire se l’obiettivo principale delle operazioni in questione sia ottenere un vantaggio fiscale, il giudice nazionale può valutare se gli accordi relativi alla fornitura dei detti servizi di leasing appaiano interamente artificiali, cioè se non possano spiegarsi altrimenti che con il mero conseguimento di vantaggi fiscali, per esempio con obiettivi economici ispirati da considerazioni organizzative, di marketing oppure di costi. Nel valutare l’artificiosità delle operazioni in esame la corte nazionale può prendere altresì in considerazione i rapporti giuridici, economici e/o personali tra gli operatori coinvolti (30).

80.      Alla luce di quanto precede propongo, pertanto, di risolvere le questioni pregiudiziali nn. 2-4 rispondendo che spetta al giudice nazionale stabilire, sulla base dei criteri formulati dalla Corte nella sentenza Halifax (31) e delle considerazioni che ho svolto sopra, se, ai fini dell’applicazione dell’art. 17, n. 3, lett. a), della sesta direttiva, operazioni come quelle oggetto del procedimento principale possano integrare un comportamento abusivo ai sensi della sesta direttiva, di modo che le autorità fiscali nazionali siano legittimate a rifiutare ad un soggetto passivo la detrazione dell’IVA pagata a monte su quelle operazioni.

V –    Conclusione

81.      Propongo, quindi, alla Corte di rispondere alle questioni in esame come segue:

1)      L’art. 17, n. 3, lett. a), della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, non consente alle autorità fiscali di uno Stato membro di negare ad un soggetto passivo il diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto pagata a monte su beni usati per servizi di leasing prestati in un altro Stato membro per il solo motivo che tali servizi non hanno comportato pagamento di imposta sul valore aggiunto a valle nel secondo Stato.

2)      Spetta al giudice nazionale stabilire, sulla base dei criteri formulati dalla Corte nella sentenza 21 febbraio 2006, causa C-255/02, Halifax e a. (Racc. pag. I-1609), se, ai fini dell’applicazione dell’art. 17, n. 3, lett. a), della sesta direttiva, operazioni come quelle oggetto del procedimento principale possano integrare un comportamento abusivo ai sensi della sesta direttiva, di modo che le autorità fiscali nazionali siano legittimate a rifiutare ad un soggetto passivo la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto pagata a monte su quelle operazioni.

A tal riguardo, sebbene consentire la detrazione dell’imposta a monte sul valore aggiunto in una situazione come quella di specie, in cui non è stata applicata alcuna imposta a valle, sia in linea di principio incoerente con il sistema di detrazione istituito dalla sesta direttiva, in particolare con il principio di neutralità fiscale, non per questo la detrazione sarebbe contraria ai fini dell’art. 17, n. 3, lett. a), della sesta direttiva. Inoltre, la circostanza che per effettuare un’operazione venga scelta una controllata estera anziché un fornitore locale, con il risultato di un maggior vantaggio fiscale, non è sufficiente per concludere che lo scopo principale di detta operazione è il mero ottenimento di un vantaggio fiscale.


1 – Lingua originale: l’inglese.


2 – GU L 145, pag. 1. La versione della sesta direttiva applicabile alla fattispecie e presa in considerazione nelle presenti conclusioni è quella risultante dalle direttive del Consiglio 16 dicembre 1991, 91/680/CEE, che completa il sistema comune di imposta sul valore aggiunto e modifica, in vista della soppressione delle frontiere fiscali, la direttiva 77/388/CEE (GU L 376, pag. 1), e 10 aprile 1995, 95/7/CE (GU L 102, pag. 18).


3 – Sentenza 21 febbraio 2006, causa C-255/02 (Racc. pag. I-1609; in prosieguo: la «sentenza Halifax»).


4 – V. supra, paragrafo 19.


5 – V. supra, paragrafo 14.


6 – V., in particolare, infra, paragrafo 72.


7 – V., in tale contesto, sentenze 14 dicembre 2000, causa C-110/99, Emsland-Stärke (Racc. pag. I-11569, in particolare punto 46 unitamente ai punti 51 e 52), e Halifax, cit. alla nota 3 (punti 68, 69 e 74).


8 – V., al riguardo, sentenza 15 dicembre 2005, causa C-63/04, Centralan Property (Racc. pag. I-11087, punto 63).


9 – V. sentenza 2 luglio 2009, causa C-377/08, EGN (Racc. pag. I-5685, punto 23).


10 – V., in tal senso, sentenza EGN, cit. alla nota 9 (punto 34); v. anche le conclusioni dell’avvocato generale Kokott per la sentenza 14 dicembre 2006, causa C-401/05, VDP Dental Laboratory (Racc. pag. I-12121, paragrafo 32).


11 – V., in tal senso, sentenze 7 dicembre 2006, causa C-240/05, Eurodental (Racc. pag. I-11479, punto 51); 5 dicembre 1989, causa C-165/88, ORO Amsterdam Beheer e Concerto (Racc. pag. I-4081, punto 21); 14 settembre 2006, causa C-72/05, Wollny (Racc. pag. I-8297, punto 28), e 29 aprile 2004, cause riunite C-487/01 e C-7/02, Gemeente Leusden e Holin Groep (Racc. pag. I-5337, punto 48).


12 – V, in tal senso, inter alia, sentenza 26 settembre 1996, causa C-302/93, Debouche (Racc. pag. I-4495, punto 3).


13 – V., in tal senso, per esempio, sentenze Wollny, cit. alla nota 11 (punto 20), e 30 marzo 2006, causa C-184/04, Uudenkaupungin kaupunki (Racc. pag. I-3039, punto 24).


14 – V., inter alia, sentenze 29 ottobre 2009, causa C-174/08, NCC Construction Danmark (Racc. pag. I-10567, punto 27); 8 febbraio 2007, causa C-435/05, Investrand (Racc. pag. I-1315, punto 22), e 22 febbraio 2001, causa C-408/98, Abbey National (Racc. pag. I-1361, punto 24).


15 – V. sentenze 10 luglio 2008, causa C-25/07, Sosnowska (Racc. pag. I-5129, punti 14 e 15), e 23 aprile 2009, causa C-74/08, PARAT Automotive Cabrio (Racc. pag. I-3459, punto 15).


16 – V., in tal senso, inter alia, sentenze 6 aprile 1995, causa C-4/94, BLP (Racc. pag. I-983, punti 22 e 23), e Eurodental, cit. alla nota 11 (punti 33-36).


17 – V., in tal senso, altresì sentenza PARAT Automotive Cabrio, cit. alla nota 15 (punto 18).


18 – V., in proposito, il parere dell’avvocato generale Bot nella causa NCC Construction Danmark, cit. alla nota 14, paragrafo 86: «[Il diritto a detrazione] non ha un valore superiore alla legge. (...) Il principio di neutralità e il diritto a detrazione non possono quindi portare ad escludere o a dichiarare inapplicabile una disposizione del diritto nazionale che applichi una tale disposizione di deroga della sesta direttiva».


19 – Sentenza Debouche, cit. alla nota 12 (in particolare punti 12-17).


20 – Cit. alla nota 3.


21 – Cit. alla nota 3.


22 – V., in tal senso, sentenze Halifax, cit. alla nota 3 (punto 70), e 21 febbraio 2006, causa C-223/03, University of Huddersfield (Racc. pag. I-1751, punto 52).


23 – V. sentenze 22 maggio 2008, causa C-162/07, Ampliscientifica e Amplifin (Racc. pag. I-4019, punto 27), e Halifax, cit. alla nota 3 (punti 69 e 70).


24 – V., in tal senso, sentenze Ampliscientifica e Amplifin, cit. alla nota 23 (punto 28), e 12 settembre 2006, causa C-196/04, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas (Racc. pag. I-7995, punto 55).


25 – V. sentenze Halifax, cit. alla nota 3 (punti 74 e 75), nonché 21 febbraio 2008, C-425/06, Part Service (Racc. pag. I-897, punti 42 e 58).


26 – V., in tal senso, sentenze Halifax, cit. alla nota 3 (punto 76), e Part Service, cit. alla nota 25 (punto 63).


27 – V. sentenze Halifax, cit. alla nota 3 (punto 77), e Part Service, cit. alla nota 25 (punto 56).


28 – V. supra, punti 58-60.


29 – V., in tal senso, sentenze Halifax, cit. alla nota 3 (punto 73); BLP, cit. alla nota 16 (punto 26), e Part Service, cit. alla nota 25 (punto 47).


30 – V., in tal senso, sentenze Halifax, cit. alla nota 3 (punti 75 e 81), e Part Service, cit. alla nota 25 (punto 62).


31 – Cit. alla nota 3.