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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PEDRO CRUZ VILLALÓN

presentate il 15 settembre 2011 ( 1 )

Causa C-280/10

Kopalnia Odkrywkowa Polski Trawertyn P. Granatowicz, M. Wąsiewicz, spółka jawna,

contro

Dyrektor Izby Skarbowej w Poznaniu

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Naczelny Sąd Administracyjny (Repubblica di Polonia)]

«Fiscalità — Imposta sul valore aggiunto — Recupero dell’imposta gravante sulle operazioni realizzate in vista di una futura attività economica — Operazione gravata prima della costituzione di una società in nome collettivo che esercita la detta attività economica — Emissione di fatture a nome della futura società in nome collettivo e dei “futuri soci” — Acquisto, con fattura a carico dei “futuri soci”, di terreni conferiti in natura alla società in nome collettivo all’atto di costituzione della stessa»

I — Introduzione

1.

Il Naczelny Sąd Administracyjny (supremo tribunale amministrativo) pone due questioni pregiudiziali che vertono sulla portata del diritto di recupero dell’imposta sul valore aggiunto assolta a monte, in un contesto in cui si realizza un cambiamento formale dei soggetti passivi. Più in particolare, si chiede se la direttiva 2006/112/CE, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, (in prosieguo: l’«IVA») ( 2 ), consenta ad una società di persone di esercitare il diritto di detrarre l’IVA assolta a monte per l’acquisto di un immobile, quando tale acquisto è stato realizzato non dalla società stessa, bensì dalle persone che l’hanno costituita in un momento successivo in qualità di soci.

2.

Sebbene la Corte di giustizia abbia già avuto occasione di pronunciarsi sui problemi interpretativi connessi al recupero dell’IVA assolta a monte nel contesto dell’avvio e della preparazione di un’attività economica, la presente causa ci pone di fronte alla problematica particolare che investe due persone fisiche, cui mi riferirò in prosieguo come ai «futuri soci». Tali persone promuovono ed effettuano gli investimenti necessari per iniziare un processo produttivo che essi realizzano non personalmente, ma attraverso una società di persone, di cui saranno gli unici soci. Tale particolarità, dei «futuri soci» che agiscono come tali prima dell’inizio dell’attività economica, ostacola il riconoscimento del diritto a detrazione della società, poiché non è questa che ha sopportato l’IVA; dall’altro, non è neppure possibile attribuire incondizionatamente ai «futuri soci» il diritto al rimborso dell’IVA assolta a monte, poiché non sono questi ultimi che hanno svolto un’attività economica reale e, pertanto, non possono nemmeno ripercuotere l’imposta sul seguente anello della catena di produzione.

3.

I due suddetti ostacoli ci impongono non solo di analizzare con una certa cautela la giurisprudenza della Corte di giustizia in materia, ma anche di evitare un’interpretazione della direttiva 2006/112 che, per ragioni di formalismo, finisca per contrastare con i principi che l’hanno ispirata.

II — Contesto normativo

A — Il diritto dell’Unione

4.

L’art. 9, n. 1, della direttiva 2006/112 definisce la nozione di soggetto passivo a fini IVA nei seguenti termini:

«Si considera “soggetto passivo” chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività.

Si considera “attività economica” ogni attività di produzione, di commercializzazione o di prestazione di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle di professione libera o assimilata. Si considera, in particolare, attività economica lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità».

5.

Il diritto alla detrazione dell’IVA a monte è contemplato agli artt. 167 e segg. della citata direttiva, tra i quali si evidenzia, ai fini del presente procedimento, l’art. 168, che così recita:

«Nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo ha il diritto, nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore gli importi seguenti:

a)

l’IVA dovuta o assolta in tale Stato membro per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno resi da un altro soggetto passivo;

b)

l’IVA dovuta per le operazioni assimilate alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi conformemente all’articolo 18, lettera a), e all’articolo 27;

c)

l’IVA dovuta per gli acquisti intracomunitari di beni conformemente all’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), punto i);

d)

l’IVA dovuta per le operazioni assimilate agli acquisti intracomunitari conformemente agli articoli 21 e 22;

e)

l’IVA dovuta o assolta per i beni importati in tale Stato membro».

6.

L’art. 178 della direttiva 2006/112 definisce le condizioni formali per applicare la detrazione, tra le quali, in particolare, quella enunciata alla lett. a):

«[P]er la detrazione di cui all’articolo 168, lettera a), relativa alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi, essere in possesso di una fattura redatta conformemente agli articoli da 220 a 236 e agli articoli 238, 239 e 240».

B — Il diritto nazionale

7.

L’art. 15, n. 1, della legge 11 marzo 2004, relativa all’imposta sulla cifra di affari (Dz. U. n. 54, poz. 535 e successive modifiche; in prosieguo: la «LIVN»), così dispone:

«Soggetti passivi sono persone giuridiche, enti organizzati senza personalità giuridica nonché persone fisiche che esercitano in modo indipendente un’attività economica di cui all’art. 2, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività».

8.

L’art. 15, n. 2, della LIVN definisce la nozione di attività economica ai fini IVA nei seguenti termini:

«Si considera attività economica ogni attività esercitata in qualità di produttori, commercianti o prestatori di servizi, ivi compresi i soggetti che estraggono risorse naturali ed agricoltori, nonché le libere professioni, anche quando tale attività sia stata intrapresa in una sola occasione in circostanze tali da far presumere l’intenzione di un suo esercizio frequente. Per attività economiche si intendono parimenti le operazioni consistenti nello sfruttamento di beni materiali o immateriali con carattere di stabilità e a fini di lucro».

9.

L’art. 86, n. 1, della LIVN, concernente il diritto alla detrazione, così dispone:

«Nella misura in cui i beni e i servizi siano usati per l’esercizio delle attività corrispondenti, ai soggetti passivi di cui all’art. 15 spetta il diritto alla riduzione dell’importo dell’imposta dovuta in misura pari all’importo dell’imposta a monte, fatti salvi gli artt. 114, 119, n. 4, 120, nn. 17 e 19, e l’art. 124».

10.

L’art. 86, n. 10, punto 10, della LIVN riguarda l’origine del diritto a detrazione:

«Il diritto a detrarre l’imposta a monte sorge:

1.   Al momento della dichiarazione IVA relativa al periodo in cui al soggetto passivo sia stata rilasciata la fattura o il documento doganale, fatti salvi i punti 2-4 e i nn. 11, 12, 16 e 18».

11.

L’art. 106, n. 1, della LIVN è del seguente tenore:

«I soggetti passivi di cui all’art. 15 sono tenuti ad emettere fatture comprovanti, in particolare, le cessioni, la data delle cessioni, il prezzo unitario al netto d’imposta, la base imponibile, l’aliquota e l’importo dell’imposta, l’importo dovuto, nonché i dati riguardanti il soggetto passivo e l’acquirente, fatti salvi i nn. 2, 4 e 5, e gli artt. 119, n. 10 e 120, n. 16».

12.

L’art. 8, n. 1, punto 6, del regolamento del Ministro delle Finanze polacco 27 aprile 2004, sull’attuazione di talune disposizioni della legge relativa all’imposta sulla cifra di affari (Dz. U. n. 97, poz. 970, e successive modifiche: in prosieguo: il «regolamento di esecuzione»), così dispone:

«Sono esenti da imposta:

6.

i conferimenti in natura alle società civili o commerciali».

III — Fatti e procedimento principale

13.

Il 22 dicembre 2006 i sigg. Pawel Józef Granatowicz e Marcin Michal Wasiewicz acquistavano in comproprietà una cava di pietra naturale a cielo aperto, operazione soggetta ad IVA, per la quale veniva emessa fattura con la stessa data, a nome di entrambi gli acquirenti.

14.

Il 26 aprile 2007 veniva firmato dinanzi al notaio il contratto per la costituzione della società in nome collettivo Kopalnia Odkrywkowa Polski Trawertyn P. Granatowicz, M. Wasiewicz, spólka jawna (in prosieguo: la «società»), alla quale i soci, i summenzionati sigg. Granatowicz e Wasiewicz, con il medesimo atto, conferivano la cava come bene in natura. Per la stipula del detto atto pubblico notarile, rilasciato in originale e sei copie, il notaio emetteva una fattura a nome della società.

15.

La società veniva iscritta nel registro delle imprese il 5 giugno 2007 e veniva costituita soggetto passivo a fini IVA il 14 giugno seguente.

16.

Nella dichiarazione relativa al mese di giugno 2007, la società portava in detrazione l’IVA versata per l’acquisto della cava e per la prestazione dei servizi notarili, per un importo pari a PLN 289, 718.

17.

In seguito a verifica, l’amministrazione finanziaria polacca rilevava due irregolarità nella dichiarazione presentata dalla società. In primo luogo, la fattura presentata per l’acquisto del bene immobile era stata emessa a carico dei «futuri soci» e non della società. In secondo luogo, la fattura afferente al rilascio dell’atto pubblico notarile in originale ed in sei copie conformi era stata emessa a nome della società, quando questa non si era ancora legalmente costituita.

18.

Il direttore Izby Skarbowej, investito del reclamo proposto dalla società avverso la detta decisione dell’amministrazione finanziaria polacca, confermava l’atto impugnato adducendo gli stessi argomenti.

19.

Successivamente, la società proponeva ricorso contenzioso amministrativo dinanzi al Wojewódzki Sąd Administracyjny w Poznaniu. Anche tale organo giurisdizionale accoglieva il ragionamento dell’amministrazione finanziaria, rispetto sia alla fattura relativa alla compravendita dell’immobile, sia alla fattura emessa per la stipula dell’atto notarile con rilascio delle relative copie.

20.

La società impugnava la sentenza di primo grado dinanzi al Naczelny Sąd Administracyjny, giudice del rinvio nel presente procedimento.

IV — Questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte di giustizia

21.

Il 4 giugno 2010 è pervenuta in cancelleria della Corte l’ordinanza di rinvio con cui il Naczelny Sąd Administracyjny solleva le seguenti due questioni pregiudiziali:

«1)

Se una società, in persona dei futuri soci, che sostenga spese di investimento prima della sua registrazione come società commerciale nonché prima della sua registrazione ai fini dell’IVA, sia legittimata, successivamente alla sua registrazione nel registro della società nonché ai fini dell’IVA, ad avvalersi, ai sensi dell’articolo 9 e degli articoli 168 e 169 della direttiva 2006/112 (…), della detraibilità dell’imposta versata a monte in relazione a spese di investimento sostenute in funzione dell’esercizio dell’attività imponibile;

2)

Se la fattura attinente alle spese d’investimento sostenute, intestata ai soci e non della società, osti al diritto alla detrazione dell’IVA relativa alle spese d’investimento medesime, di cui alla prima questione».

22.

Hanno presentato osservazioni, oltre alla ricorrente nella causa principale, i governi della Repubblica di Polonia, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica ellenica, nonché la Commissione.

23.

All’udienza, tenutasi il 22 giugno 2011 è intervenuto il rappresentante della ricorrente, così come gli agenti dei governi della Repubblica di Polonia, della Repubblica francese, della Repubblica ellenica e della Commissione.

V — Valutazione

A — Un’osservazione preliminare

24.

Sulla questione all’origine del presente procedimento la Corte di giustizia ha già avuto occasione di pronunciarsi. Quando un soggetto passivo compie atti preparatori finalizzati all’esercizio di un’attività economica, si può produrre una sfasatura temporale: da un lato, gli atti preparatori vengono adottati con l’obiettivo di svolgere un’attività soggetta ad IVA, ma, dall’altro, non esiste ancora una liquidazione dell’imposta che permetta al soggetto passivo di portare in detrazione l’IVA a monte. Al fine di risolvere tale situazione, la Corte di giustizia ha riconosciuto il diritto di detti soggetti passivi di recuperare l’IVA assolta a monte, anche quando non abbiano iniziato ad esercitare l’attività economica propriamente detta. In sostanza, la giurisprudenza garantisce al soggetto passivo un diritto al rimborso dell’IVA assolta durante la fase preparatoria di un’attività economica. Una volta recuperato l’importo versato, è evidente che il soggetto passivo non potrà operare alcuna detrazione nel momento in cui si produca la ripercussione dell’imposta, ma almeno si assicura che nelle fasi iniziali disporrà di un meccanismo che gli permetterà di recuperare l’IVA assolta a monte entro un lasso di tempo ragionevole.

25.

È opportuno sottolineare tale particolarità già ab initio, poiché la Corte di giustizia, anche quando ha preso in esame due contesti diversi, rispettivamente, quello del rimborso e quello della detrazione, non ha esplicitato tale differenza in maniera precisa. La giurisprudenza si riferisce ad entrambi i mezzi di recupero dell’imposta con il termine «detrazione», che appiana le differenze tra le due fattispecie e che, in definitiva, può indurre in confusione.

26.

Tenendo presente tale distinzione che è fondamentale al fine di fornire una risposta utile, dobbiamo ora analizzare le questioni pregiudiziali sollevate dal Naczelny Sąd Administracyjny.

B — Prima questione pregiudiziale

27.

Il Naczelny Sąd Administracyjny chiede, in primo luogo, se sussista il diritto alla detrazione nel caso in cui una società intenda esercitare tale diritto in relazione a beni e servizi di investimento per i quali l’IVA sia stata assolta dai «futuri soci» anteriormente alla costituzione della società.

28.

Pawel Józef Granatowicz e Marcin Michal Wasiewicz non erano soci al momento dell’acquisto dell’immobile, e non risulta neppure che abbiano agito in qualità di soci. Tuttavia, sarebbe difficile negare che i detti soggetti abbiano realizzato l’operazione in parola quali «futuri soci», ossia, con l’intenzione di costituire, poco tempo dopo, una società di persone, attraverso la quale avrebbero svolto l’attività imprenditoriale di sfruttamento del detto immobile. Per di più, la particolarità che abbiamo appena ricordato non sembra affatto straordinaria, ma appare riflettere una pratica comune e diffusa in ambito commerciale. Uno o più soggetti decidono di costituire un’impresa, cercano e apportano finanziamenti, acquistano beni e servizi e, una volta riunite le componenti essenziali per avviare l’attività, avviano le pratiche per la costituzione della società che avrà personalità giuridica e alla quale verranno imputati i rapporti giuridici connessi con l’attività dell’impresa ( 3 ). Il tempo intercorso tra l’acquisto dell’immobile e la costituzione della società Kopalnia Odkrywkowa Polski Trawertyn P. Granatowicz, M. Wasiewicz, spólka jawna è un fenomeno abituale nella pratica, che aumenta l’interesse rivestito dall’emananda decisione della Corte di giustizia.

29.

In definitiva, il rinvio pregiudiziale del Naczelny Sąd Administracyjny ci fornisce l’opportunità di definire con maggiore precisione lo status dei «futuri soci» e della società agli effetti del recupero dell’IVA versata a monte e, al contempo, ci permette di delimitare i margini discrezionali di cui dispongono gli Stati membri per articolare i rapporti che sorgono tra i detti soggetti passivi. Al fine di dare una risposta utile a tale interrogativo, è necessario esaminare brevemente, a titolo introduttivo, la giurisprudenza della Corte, cominciando, in particolare, dai casi riguardanti la definizione di soggetto passivo ai sensi dell’art. 9, n. 1, della direttiva 2006/112/CE.

1. La giurisprudenza della Corte di giustizia applicabile nella specie

30.

Per risolvere le questioni pregiudiziali sollevate nel presente procedimento, dobbiamo analizzare due problemi distinti sui quali la Corte di giustizia ha avuto occasione di pronunciarsi. Il primo riguarda il diritto al rimborso dell’IVA a monte, facoltà, questa, conferita ad ogni soggetto passivo che effettui spese di investimento a titolo di atti preparatori di un’attività economica che lo stesso eserciterà in seguito. Il secondo verte su questo stesso diritto, ma riguarda i casi in cui l’attività economica continua ad essere svolta o viene avviata formalmente attraverso un altro soggetto. Come vedremo di seguito, nessuno dei detti due problemi combacia esattamente con il caso di specie; tuttavia, la soluzione che ne deriva risulterà interessante al fine di fornire una risposta utile.

31.

In primo luogo, la Corte di giustizia si è già pronunciata sulla titolarità del diritto al rimborso delle spese di investimento effettuate in una fase preparatoria dell’attività economica. Nella sentenza Rompelman ( 4 ), la Corte di giustizia ha affrontato tale problema con un approccio anti-formalistico e ha ammesso che un soggetto passivo che non abbia ancora iniziato ad esercitare un’attività economica, nei limiti in cui effettui spese di investimento, ha il diritto di chiedere il rimborso dell’IVA assolta a monte per gli atti preparatori ( 5 ). Si trattava, quindi, di un caso in cui non si era verificato un cambiamento del soggetto passivo, poiché il sig. e la sig.ra Rompelman avevano effettuato spese di investimento al fine di sfruttare personalmente, in epoca successiva, un bene immobile.

32.

Analogamente, sebbene la sentenza Rompelman impieghi ripetutamente il termine «detrazione», ci troviamo piuttosto dinanzi ad un diritto al rimborso dell’IVA a monte, giacché non si tratta di applicare una detrazione all’IVA dovuta in virtù di un’operazione all’interno della catena di produzione. Al contrario, come ho esposto nei precedenti paragrafi 24 e 25, la Corte di giustizia ha chiaramente riconosciuto ai sigg. Rompelman il diritto al rimborso dell’IVA assolta a monte, alla condizione che in un momento successivo, quando fosse stata avviata l’attività economica, non venisse applicata alcuna detrazione sulla base di tale imposta. Siffatta soluzione è coerente con lo spirito della direttiva 2006/112, poiché permette al soggetto passivo di recuperare «immediatamente» l’IVA a monte, senza penalizzare il fatto che gli atti preparatori di un’attività economica si protraggano nel tempo.

33.

Il rischio che l’attività economica non si realizzi non costituirebbe un ostacolo all’applicazione di tale soluzione, come ha riconosciuto la Corte di giustizia nella causa INZO ( 6 ). La sentenza pronunciata in tale causa ha confermato che il diritto al rimborso sussiste «anche se, successivamente, si è deciso, (…) di non passare alla fase operativa e di mettere la società in liquidazione, di modo che l’attività economica prevista non ha dato luogo ad operazioni soggette ad imposta» ( 7 ). Poiché il soggetto passivo non agisce in qualità di consumatore finale, se l’attività economica non si realizza per ragioni ad esso estranee, il diritto al rimborso dell’IVA pagata a monte continuerà a sussistere.

34.

La Corte di giustizia ha statuito che nelle fattispecie di frode l’amministrazione finanziaria dispone delle azioni e dei mezzi necessari per stabilire se un’operazione fosse finalizzata all’avvio reale o fittizio di un’attività economica. La giurisprudenza ha inoltre affermato che, in tali casi, la direttiva 2006/112 autorizza gli Stati membri a «chiedere, con effetto retroattivo, il rimborso delle somme detratte poiché queste detrazioni sono state concesse sulla base di false dichiarazioni» ( 8 ).

35.

A questa stessa conclusione sono pervenute sentenze successive, in cui è stato affermato che gli atti preparatori realizzati da un soggetto passivo consentono a quest’ultimo, in relazione alle spese di investimento per la futura attività economica, di recuperare l’IVA assolta a monte. Le sentenze pronunciate nelle cause Galbafrisa e a. ( 9 ), Ghent Coal Terminal ( 10 ), Breitsohl ( 11 ) e Fini H ( 12 ), hanno esplicitamente chiarito tale aspetto.

36.

La seconda questione esaminata dalla giurisprudenza si riferisce alle fattispecie di cessione universale di beni ai sensi dell’art. 19 della direttiva 2006/112, in cui si realizza una surrogazione del cedente a favore del cessionario. In tale contesto, la Corte di giustizia ha applicato nuovamente un approccio anti-formalistico e casistico, che l’ha portata a riconoscere che un ente con personalità giuridica, costituito con lo scopo specifico di realizzare gli atti preparatori di una società di capitali, ha il diritto di recuperare l’IVA pagata per le spese che ha effettuato. Questa è la soluzione cui è pervenuta la Corte di giustizia nella causa Faxworld ( 13 ), un risultato che consentiva alla persona giuridica incaricata degli atti preparatori (Vorgründungsgesellschaft) di reclamare il rimborso dell’imposta a monte, a prescindere dalla circostanza che i beni e servizi acquistati venissero integralmente utilizzati dalla società di capitali cui erano destinati.

37.

Le sentenze Rompelman, INZO e le altre citate riguardavano soggetti caratterizzati dal fatto che avrebbero svolto direttamente le attività economiche programmate, diversamente da quanto avvenuto nella specie, poiché, come ha esposto il giudice del rinvio, nel presente procedimento il soggetto passivo è cambiato. Allo stesso modo, il ragionamento della sentenza Faxworld non risulta necessariamente applicabile al caso in esame, poiché, mentre in tale causa si era verificato un trasferimento dell’universalità dei beni, nel caso di specie i «futuri soci» hanno realizzato un’unica operazione che riguardava un solo bene. Pertanto, come ha osservato il governo della Repubblica francese, il caso in esame rimane escluso dall’ambito di applicazione dell’art. 19 della direttiva 2006/112.

38.

Ciononostante, le summenzionate sentenze riflettono un «telos» della giurisprudenza della Corte, che è estensibile alla presente causa. L’obiettivo principale sottostante non è altro che la garanzia del principio di neutralità fiscale, obiettivo che è presente anche nella direttiva 2006/112 e il cui senso consiste unicamente nell’assicurare che l’IVA mantenga la propria natura, cioè quella di un’imposta indiretta gravante unicamente ed esclusivamente sul consumo e non sull’esercizio di attività economiche ( 14 ). Avendo presente tale obiettivo, tanto la direttiva quanto la giurisprudenza della Corte di giustizia vigilano affinché il soggetto che assolve l’IVA nel corso del processo di produzione sia in grado di recuperare l’imposta, possibilità che gli verrà offerta al momento di ripercuotere l’imposta sull’anello successivo della catena di produzione ( 15 ). La priorità acquisita dal principio di neutralità fiscale nell’ambito dell’IVA richiede talvolta di superare il formalismo, ciò che conferma una lettura dettagliata della direttiva 96/112, dalla quale risulta che il legislatore dell’Unione, quando pondera i due principi, privilegia il primo.

2. I «futuri soci» come soggetti passivi ai sensi dell’art. 9 della direttiva 2006/112

39.

Come punto di partenza dobbiamo porre in rilievo che i «futuri soci» e la società costituiscono un soggetto passivo ai sensi dell’art. 9 della direttiva. Nel caso della società non vi sono dubbi, poiché attraverso di essa viene realizzato lo sfruttamento della cava e, quindi, viene esercitata l’attività economica che giustifica l’applicazione dell’imposta. Più problematica può risultare la qualificazione dei «futuri soci» come soggetti passivi; tuttavia, come esporrò in prosieguo, questi possiedono parimenti tale status.

40.

Infatti, i soggetti che acquistano e ricevono servizi con l’obiettivo di conferirli ad una società di persone al momento della sua costituzione, non fanno parte della catena di produzione in senso proprio, poiché non sono essi che utilizzano i beni acquistati né, tantomeno, traggono un beneficio dall’operazione. La funzione del «futuro socio» è semplicemente quella di un tramite, di un soggetto«accidentale», se vogliamo, che diventa attore economico per il mero fatto che esiste un lasso di tempo in cui egli è l’unico soggetto capace di rappresentare la futura impresa. Se guardiamo il problema da tale angolatura, la giurisprudenza Rompelman non risulta applicabile al caso in esame, poiché la questione sollevata in tale causa riguardava la condizione di un soggetto che ancora non aveva avviato un’attività economica ma che l’avrebbe avviata personalmente in tempi brevi ( 16 ). Non si è verificato un cambiamento dei soggetti passivi, né nel caso della sentenza Rompelman né nella giurisprudenza posteriore, sicché, a rigor di termini, la condizione del soggetto passivo, nel caso ora in esame non è la stessa.

41.

Tuttavia, è evidente che l’obiettivo della menzionata giurisprudenza deve essere raggiunto anche quando un’attività economica è già in atto, o quando è in fase di avviamento, poiché, diversamente ragionando, si corre il rischio di applicare l’imposta in situazioni difficilmente compatibili con il principio di neutralità fiscale. Se il «futuro socio» sopporta l’IVA associata ad una fornitura di beni e servizi il cui destinatario reale ed effettivo è la società che ne fruirà, è necessario che, o il detto socio, o la società, abbia la facoltà di detrarre immediatamente l’imposta versata a monte, quando questa si ripercuote su un altro soggetto. È importante che la società o il «futuro socio» possano avvalersi di tale facoltà e ciò, in particolare, quando trascorre un lasso di tempo limitato tra il momento della fornitura e la costituzione della società.

42.

Tale soluzione è parimenti applicabile ai casi in cui eventualmente la società non si costituisca o non porti a termine l’attività, come accaduto nel caso della sentenza Rompelman. Ritengo che lo stesso ragionamento applicato dalla suddetta giurisprudenza sia trasferibile al caso in cui un «futuro socio» acquisti un bene o un servizio e, successivamente, non costituisca la società per motivi giustificabili. In tale ipotesi, la giurisprudenza Rompelman richiede agli Stati membri la predisposizione di un mezzo per l’esercizio del diritto di recuperare l’IVA a monte, di cui sia ovviamente titolare il «futuro socio» ( 17 ).

43.

Di conseguenza, ritengo che, alla luce della giurisprudenza citata, l’art. 9 della direttiva 2006/112 debba essere interpretato nel senso che un «futuro socio» che acquisisca beni e servizi sopportandone l’IVA è un soggetto passivo anche quando l’acquisto viene effettuato al mero scopo di conferire successivamente i detti beni ad una società, al momento della sua costituzione, e al fine di svolgere l’attività economica che ne ha giustificato l’acquisto.

3. La titolarità del diritto alla detrazione e le condizioni per il suo esercizio

44.

Ciò detto, la questione formulata dal Naczelny Sąd Administracyjny rimarrebbe irrisolta qualora ci limitassimo a confermare che i «futuri soci» possiedono lo status di soggetti passivi. Tale status costituisce solo la premessa in base alla quale possiamo offrire una risposta utile al giudice del rinvio, poiché non abbiamo ancora individuato con precisione il titolare del diritto di recuperare l’IVA a monte: se siano i «futuri soci», la società, o, alternativamente, uno qualsiasi dei due.

45.

Ad eccezione della Repubblica francese, gli Stati membri che hanno presentato osservazioni nel presente procedimento sostengono che il diritto di recuperare l’IVA assolta a monte spetta esclusivamente ai «futuri soci», in virtù dell’acquisto dei beni e dei servizi per i quali hanno sopportato l’imposta. Al contrario, il governo della Repubblica francese difende la tesi dell’alternativa, secondo cui l’esercizio di tale diritto spetta al «futuro socio» o alla società e, in quest’ultimo caso, solo qualora il «futuro socio» non possa esercitarlo in base al diritto nazionale. La ricorrente nella causa principale sostiene che l’esercizio del diritto alla detrazione deve spettare in ogni caso alla società.

46.

La giurisprudenza sviluppata fino ad oggi non appare sufficientemente chiara al riguardo. La fattispecie che maggiormente si avvicina a quella in esame è quella all’origine della citata causa Faxworld, in cui la Corte di giustizia ha riconosciuto il diritto al rimborso di una società contemplata dalla normativa tedesca (Vorgründungsgesellschaft), avente quale unico scopo la preparazione degli atti necessari per costituire immediatamente dopo una società di capitali ( 18 ). La risposta della Corte di giustizia si è limitata scrupolosamente alle particolarità del caso di specie, e ciò al fine di farlo ricadere nell’art. 19 della direttiva 2006/112, in forza del quale «[i]n caso di trasferimento a titolo oneroso o gratuito o sotto forma di conferimento a una società di una universalità totale o parziale di beni», gli Stati membri possono considerare «che non è avvenuta alcuna cessione di beni e che il beneficiario succede al cedente». Nella causa Faxworld, la Repubblica federale di Germania si era avvalsa di tale disposizione e, di conseguenza, esigeva che il soggetto passivo designato ai fini dell’esercizio del diritto di detrarre l’IVA assolta dalla «Vorgründungsgesellschaft» fosse la società ( 19 ). La Corte di giustizia non è stata dello stesso parere, e ha riconosciuto al citato ente, in quanto cedente di una universalità totale o parziale dei beni, il diritto di chiedere il rimborso dell’IVA ( 20 ).

47.

Orbene, la sentenza Faxworld ha risposto a specificità diverse da quelle che caratterizzano il presente caso. In primo luogo, i dubbi interpretativi sollevati nella causa Faxworld riguardavano un’operazione di cessione rientrante nell’art. 19 della direttiva 2006/112, mentre, nella specie, non ci troviamo di fronte al trasferimento di «un’universalità totale o parziale di beni». Tale differenza trova conferma nella sentenza Zita Modes ( 21 ), in cui la Corte di giustizia ha dichiarato che la cessione di un unico bene — come nel nostro caso, il conferimento di un immobile — non rientra nell’ambito di applicazione del citato art. 19 ( 22 ). Alla stessa conclusione è giunta la Repubblica francese, come ha avuto modo di esporre all’udienza.

48.

È parimenti opportuno segnalare un’altra differenza rispetto alla sentenza Faxworld: il fatto che l’ordinamento tedesco prevedesse un soggetto specifico al fine di facilitare il processo di costituzione di una società è un altro aspetto che condiziona la summenzionata soluzione. Il rischio di frode in un sistema in cui esiste una successione, per così dire, perfetta, tra un soggetto e chi gli succede, agevola l’attribuzione al primo soggetto di un diritto al recupero dell’IVA assolta a monte, benché non sia questo il soggetto chiamato a svolgere l’attività in questione ( 23 ).

49.

Nel caso ora in esame, le circostanze si differenziano notevolmente da quelle della causa Faxworld. Come ho già avuto modo di osservare nel precedente paragrafo 47, non ci troviamo di fronte ad una cessione universale ai sensi dell’art. 19 della direttiva, giacché i «futuri soci» realizzano non già la cessione di un negozio bensì il mero conferimento di un bene. Inoltre, il contesto abituale in cui si applica la citata disposizione si realizza con la presenza di due soggetti diversi, generalmente due entità economiche distinte, mentre nel presente caso esiste una chiara continuità rispetto all’attività nonché ai soggetti passivi.

50.

Pertanto, sebbene sia importante tenere in considerazione l’esistenza della sentenza Faxworld, è altrettanto importante evidenziare le differenze di fondo tra un caso e l’altro, per lo meno nel momento in cui si voglia estendere la soluzione di tale causa alla fattispecie in esame.

51.

Alla luce delle suesposte considerazioni, è evidente che un caso come quello di specie, non ricadendo nell’ambito dell’art. 19 della direttiva ed essendo, invece, caratterizzato dal conferimento di beni da parte dei «futuri soci» ad una società, ed esistendo, al contempo, un’identità de facto tra i due soggetti e una continuità nell’attività economica, presenta particolari sufficienti affinché il legislatore dell’Unione gli riservi un trattamento specifico. Tuttavia, abbiamo già osservato che le cose stanno diversamente, e che una risposta categorica al problema qui sollevato non si rinviene nella direttiva 2006/112 né è deducibile dal suo tenore letterale. Tale silenzio mi induce a concludere nel senso che la direttiva 2006/112 lasci un ampio margine discrezionale agli Stati membri affinché adottino le misure che ritengano più adeguate e coerenti rispetto alle finalità perseguite dalla detta disposizione. Di conseguenza, la vera questione che si pone nel presente caso consiste non tanto nello stabilire chi eserciti il diritto di recuperare l’IVA a monte, ma piuttosto a quali condizioni l’ordinamento giuridico nazionale garantisca l’esercizio del diritto in parola.

52.

Tale impostazione spiega perché gli Stati membri che hanno formulato osservazioni nel presente procedimento hanno sostenuto tesi contrapposte le quali, inoltre, riflettono la prassi seguita nei loro rispettivi ordinamenti. Non sorprende il fatto che la Repubblica francese difenda una tesi coincidente con quella sostenuta dalla società ricorrente, poiché l’ordinamento francese contempla tale soluzione, come ha segnalato l’agente di tale Stato membro all’udienza ( 24 ). Allo stesso modo, le riserve espresse dalla Repubblica federale di Germania quando ha posto in rilievo l’esigenza di stabilire se la società esercitasse un’attività prima della sua costituzione, sono caratteristiche di uno Stato che prevede una figura particolare, come è risultato nella causa Faxworld, il cui regime specifico condiziona il trattamento fiscale di un caso come quello in esame ( 25 ).

53.

Ritengo, pertanto, che l’art. 168 della direttiva 2006/112, in combinato disposto con l’art. 9 del medesimo testo normativo, debba essere interpretato nel senso che impedisce ad uno Stato membro, in un caso come quello di specie, in cui esista una identità de facto tra i soggetti e rispetto all’attività svolta, di attribuire il diritto alla detrazione dell’IVA alla società.

54.

Orbene, nel caso in cui l’ordinamento interno escluda tale possibilità, si deve garantire che i «futuri soci» abbiano il diritto di esigere immediatamente il rimborso dell’IVA a monte, alle stesse condizioni stabilite dalla Corte di giustizia per le situazioni come quelle oggetto, inter alia, delle citate cause Rompelman, INZO o Ghent Coal Terminal, tra le altre. Diversamente ragionando, introdurremmo una discriminazione ingiustificata per il semplice fatto che i soggetti che avviano un’attività intendano formalizzarla poco tempo dopo mediante la costituzione di una persona di natura societaria.

55.

Qualora gli Stati membri optino per l’attribuzione del diritto a detrazione alla società, tale possibilità deve essere subordinata, beninteso, alla condizione che i «futuri soci» abbiano ripercorso l’IVA assolta a monte sulla società al momento di effettuare il conferimento in natura e che tale operazione trovi riscontro sul piano contabile. Con tale soluzione mirante a evitare casi di frode, laddove esista un’identità praticamente totale tra i «futuri soci» e la società, identità che si rifletta anche sul regime di responsabilità personale che caratterizza una società come quella del caso in esame, e in presenza di una chiara continuità nell’attività economica, nulla impedisce agli Stati membri di riconoscere alla società il diritto a detrazione.

56.

Il discorso cambia se gli Stati membri scelgono, come sembra sia avvenuto nel caso della Repubblica di Polonia, di negare alla società il diritto a detrazione previsto dall’art. 168 della direttiva 2006/112 ( 26 ). In tale ipotesi, come ho accennato supra al paragrafo 53, occorre garantire che i «futuri soci» fruiscano del diritto di recuperare l’IVA assolta a monte, vuoi attraverso la detrazione, vuoi chiedendone il rimborso, a seconda che si verifichi l’una o l’altra delle seguenti situazioni.

57.

In primo luogo, può accadere che i «futuri soci» svolgano effettivamente l’attività economica soggetta ad imposta, prima che venga costituita la società. In tale caso, l’IVA si ripercuote automaticamente sul successivo anello della catena di produzione, e ciò può aver luogo sia al momento dell’acquisto dell’immobile, sia poco tempo dopo, in quanto esiste già un utilizzo delle risorse per fini economici. In tale ipotesi, i «futuri soci» agiscono come autentici soggetti economici e dispongono naturalmente di un diritto a detrazione, che potranno esercitare attraverso le periodiche liquidazioni corrispondenti, per la durata del processo di costituzione della società.

58.

In secondo luogo, e questo sembra essere il caso di specie, i «futuri soci» potrebbero essere in attesa di consolidare la costituzione della società con l’intenzione di avviare in forma effettiva un’attività economica. In tale caso non si è in presenza né di un’attività lucrativa né di una ripercussione dell’IVA, ma di atti preparatori finalizzati alla realizzazione di un’attività produttiva che, secondo la Corte di giustizia, equivalgono ad un’attività economica ai sensi della direttiva 2006/112 ( 27 ). Tale situazione emerge chiaramente nella sentenza INZO, laddove viene affermato che, quando una società ha dichiarato la sua intenzione di avviare un’attività economica che dà luogo ad operazioni soggette ad IVA, la realizzazione di un atto preparatorio, come era, in tale caso, uno studio sulla redditività dell’attività programmata «può essere pertanto considerata come un’attività economica ai sensi dell[a] direttiva, anche se questo studio ha come fine di esaminare in quale misura l’attività prevista sia redditizia» ( 28 ). Secondo la Corte, l’IVA versata per uno studio di redditività deve essere recuperata dal soggetto passivo «anche se, successivamente, si è deciso, in considerazione dei risultati di questo studio, di non passare alla fase operativa e di mettere la società in liquidazione, di modo che l’attività economica prevista non ha dato luogo ad operazioni soggette ad imposta» ( 29 ).

59.

Ne deriva che esiste, anche se in circostanze eccezionali, un diritto al rimborso dell’IVA nei casi in cui non sia stata svolta un’attività produttiva e in cui, di conseguenza, non si verifichi neppure una ripercussione dell’IVA assolta a monte. Tecnicamente, come ho già segnalato supra al paragrafo 32, si tratterebbe di un diritto al rimborso e non alla detrazione, però l’interpretazione degli artt. 9 e 168 della direttiva 2006/112 accolta dalla Corte di giustizia utilizza la tecnica della detrazione, in mancanza di un’altra disposizione esplicita nel testo della direttiva e al fine di salvaguardare il principio di neutralità fiscale.

60.

La ragione ultima che giustifica tale soluzione è un argomento relativo alla ragionevolezza, esposto ancora una volta nella sentenza INZO. In tale causa la Corte di giustizia ha precisato che, con l’applicazione di un trattamento fiscale diverso alle stesse attività di investimento, operando una distinzione tra imprese che realizzino già operazioni soggette ad IVA ed altre che cerchino, mediante investimenti, di avviare attività che daranno luogo in futuro ad operazioni imponibili, si creerebbero disparità arbitrarie tra queste ultime imprese, in quanto l’accettazione definitiva delle detrazioni dipenderebbe dal fatto che tali investimenti diano luogo o meno ad operazioni soggette ad imposta» ( 30 ).

61.

Detto questo, è indispensabile che chiunque avvii attività preparatorie e di investimento, come nel caso dei «futuri soci» nel presente procedimento, disponga di un mezzo materiale e procedurale adeguato che gli garantisca il diritto di detrarre l’IVA assolta a monte.

62.

All’udienza, tanto il governo della Polonia quanto la società hanno ammesso che, in base al diritto polacco, i «futuri soci» non avevano diritto al rimborso, nei limiti in cui il conferimento dell’immobile alla società costituiva un’operazione esente da imposta. Spetta al giudice a quo stabilire se, in tali circostanze, il carattere esente dell’operazione ponga i «futuri soci» e la società in una situazione che ostacoli o impedisca il rimborso dell’IVA a monte.

63.

Come hanno riconosciuto alcuni degli Stati intervenuti nel presente procedimento, è vero che l’attribuzione ai «futuri soci» del diritto di recuperare l’IVA assolta a monte in un contesto come quello appena descritto comporta un rischio di frode, poiché rende eccessivamente flessibili le condizioni di esercizio del diritto al rimborso. Tuttavia, stiamo parlando di un caso estremamente specifico, in cui i «futuri soci» conferiscono un bene immobile in natura ad una società di persone ( 31 ), formata esclusivamente dagli stessi soci, e che, inoltre, realizzerà l’attività per cui i soci hanno acquistato i beni gravati da IVA. Tale situazione è talmente circostanziale e verificabile nell’ottica della lotta contro la frode, che difficilmente a uno Stato membro sfuggirebbe un comportamento abusivo dei «futuri soci» o della società. Come è accaduto nei casi oggetto delle sentenze Rompelman, INZO e delle altre decisioni citate, la Corte di giustizia ritiene che, in tali circostanze, qualora siano soddisfatte le condizioni formali che permettono di constatare l’avviamento di un’attività economica, l’onere di dimostrare che il comportamento del soggetto passivo è legittimo non deve gravare su quest’ultimo ma, al contrario, sull’amministrazione finanziaria nazionale, che dispone dei mezzi per individuare l’esistenza di frode, in circostanze come quelle del caso di specie ( 32 ).

64.

Per tutte le suesposte ragioni, sono del parere che gli artt. 9 e 168 della direttiva 2006/112 debbano essere interpretati nel senso che non impediscono ad uno Stato membro, in circostanze specifiche come quelle del caso in esame, in cui due persone fisiche, in qualità di «futuri soci», acquistino un bene immobile che venga conferito in natura ad una società di persone costituita successivamente all’acquisto del bene e composta dagli stessi soci, di riconoscere alla società il diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte.

65.

Orbene, nel caso in cui lo Stato membro interessato escluda tale possibilità, la direttiva 2006/112 osta a che i «futuri soci» non possano reclamare il rimborso dell’IVA assolta a monte. In tali circostanze, le autorità nazionali debbono garantire ai «futuri soci» le misure necessarie affinché essi possano esercitare il diritto al rimborso in condizioni sostanziali e procedurali che non rendano eccessivamente difficile tale rimborso, e in conformità al principio di neutralità fiscale.

C — Seconda questione pregiudiziale

66.

Una volta chiarita la questione della titolarità del diritto al rimborso dell’IVA a monte, dobbiamo ora esaminare la seconda questione sottoposta dal Naczelny Sąd Administracyjny, vertente sulle fatture emesse per i beni e i servizi oggetto della controversia. Come emerge dagli atti, la fattura relativa all’acquisto dell’immobile è stata emessa a nome dei «futuri soci», mentre la fattura relativa ai servizi notarili è stata emessa a nome della società, ma in data anteriore alla costituzione di quest’ultima.

67.

Come è noto, l’esercizio del diritto a detrazione contemplato all’art. 168 della direttiva 2006/112 è subordinato alla condizione che il soggetto passivo sia in possesso di una fattura. Tale condizione è stabilita dall’art. 178, lett. a), della citata direttiva e confermata dal successivo art. 220, punto 1, che esige il rilascio di una fattura per tutte le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate da un soggetto passivo a favore di un altro soggetto passivo. Tra gli altri dati che la fattura deve necessariamente contenere, figurano, in forza dell’art. 226, punto 5, della direttiva 2006/112, «il nome e l’indirizzo completo del soggetto passivo e dell’acquirente o del destinatario».

68.

Come hanno osservato le parti nel procedimento principale nonché vari Stati membri intervenuti nel procedimento dinanzi alla Corte di giustizia, la giurisprudenza di quest’ultima ha interpretato le disposizioni appena ricordate della direttiva 2006/112 con una certa flessibilità. Orbene, l’obiettivo di tale approccio è unicamente quello di garantire il diritto a detrazione di tutti i soggetti passivi che abbiano assolto l’imposta. Uno Stato membro, qualora ponga difficoltà eccessive in ordine all’emissione e alla presentazione di una fattura, corre il rischio di ostacolare, se non addirittura di rendere impossibile, l’esercizio del diritto a detrazione, una conseguenza, questa, che si porrebbe in netto contrasto con gli obiettivi perseguiti dalla direttiva 2006/112. Pertanto, la giurisprudenza della Corte di giustizia ha elaborato una variante del principio di proporzionalità per tale genere di casi e, in svariate occasioni, ha affermato che le «formalità da assolvere al fine di poter esercitare il diritto a deduzione non dovrebbero oltrepassare quanto è strettamente necessario per controllare la corretta applicazione della procedura di autofatturazione in questione» ( 33 ).

69.

È proprio questa impostazione che ha portato la Corte di giustizia a limitare i margini del potere discrezionale degli Stati membri e a restringere la possibilità di imporre condizioni supplementari rispetto a quelle previste dalla direttiva ( 34 ). Allo stesso modo, la Corte ha considerato che le fatture contenenti errori o difetti rettificabili devono poter essere corrette dal soggetto passivo prima che gli venga negato l’esercizio del diritto a detrazione ( 35 ). In definitiva, gli Stati membri non possono giustificarsi invocando le formalità inerenti al processo di fatturazione, per ostacolare l’esercizio del diritto a detrazione e, quindi, per mettere in discussione il principio di neutralità fiscale, facendo gravare l’imposta sull’attività economica e non sul consumo finale.

70.

Alla luce di tale contesto normativo e giurisprudenziale, possiamo procedere all’esame della seconda questione formulata dal Naczelny Sąd Administracyjny, la cui soluzione deve seguire lo stesso schema appena tracciato in relazione alla prima questione. Di conseguenza, occorre ragionare distinguendo due situazioni diverse: quella in cui lo Stato membro opti per l’attribuzione alla società del diritto a detrazione, e la situazione in cui venga riconosciuto il diritto dei futuri soci al rimborso dell’IVA assolta a monte.

71.

In primo luogo, qualora un ordinamento nazionale ammetta l’attribuzione del diritto a detrazione alla società, è evidente che si è scelto di agevolare la realizzazione di un’operazione e non di oberarla di oneri e che, al contempo, lo Stato ritiene che, dal punto di vista della lotta contro la frode, qualsiasi comportamento irregolare sarà individuato attraverso i normali mezzi di ispezione e di sorveglianza fiscale. La surrogazione opera automaticamente in tutti i rapporti giuridici ed in relazione agli atti che si collegano all’oggetto dell’alterazione del soggetto passivo, comprese, logicamente, le fatture.

72.

Nel contesto della surrogazione, richiedere al soggetto passivo surrogato di presentare una fattura in suo nome ovvero, il che è lo stesso, respingere una fattura in quanto emessa a carico del soggetto passivo cedente, equivale ad introdurre una condizione che è difficile, se non impossibile, da soddisfare. Un simile risultato si rivelerebbe incompatibile con la giurisprudenza della Corte di giustizia la quale, in svariate occasioni, ha dichiarato che «[p]oiché l’amministrazione [finanziaria] dispone delle informazioni necessarie per dimostrare che il soggetto passivo, in quanto destinatario della prestazione di cui trattasi, è debitore dell’IVA, essa non può imporre, riguardo al diritto di tale soggetto passivo di dedurre la stessa IVA, condizioni supplementari che possono avere l’effetto di vanificare l’esercizio dello stesso» ( 36 ). Sarebbe proprio questa la situazione che si verifica nella specie, poiché una surrogazione a favore della società che non si estenda alla fattura emessa per l’acquisto dell’immobile a favore dei «futuri soci» comporterebbe indirettamente la negazione del diritto a detrazione.

73.

A fortiori, è evidente che una fattura emessa a carico della società prima che questa fosse costituita deve essere rettificabile, per poter figurare a nome dei soci, senza che tale circostanza possa essere invocata allo scopo di negare il diritto a detrazione della società.

74.

In secondo luogo, se l’ordinamento dello Stato membro interessato non attribuisce alla società il diritto a detrazione, ma tutela il diritto al rimborso dei «futuri soci», la prima fattura relativa all’acquisto della cava non solleverebbe alcun problema dal punto di vista della direttiva 2006/112, poiché si tratta di una fattura emessa a nome di questi ultimi. Con riferimento alla fattura emessa per la costituzione della società, in linea con l’argomento esposto dalla Commissione, la risposta consiste, come ho già avuto modo di esporre nel paragrafo precedente, nella rettifica del documento, poiché è evidente che l’emissione a nome di una società non ancora costituita è una circostanza che giustifica una correzione e, quindi, l’esercizio del diritto al recupero dell’IVA assolta a monte.

75.

Di conseguenza, se l’ordinamento nazionale esige, in talune circostanze specifiche come quelle del caso in esame, vuoi la detrazione da parte della società, vuoi il rimborso a favore dei «futuri soci», lo Stato membro non può imporre condizioni che rendano impossibile il recupero dell’IVA assolta a monte, comprese quelle riguardanti l’emissione e la presentazione di fatture. Le autorità nazionali possono applicare misure proporzionate e necessarie per conseguire gli obiettivi della direttiva 2006/112, tra le quali, come ha recentemente riconosciuto la Corte di giustizia, la rettifica delle fatture ( 37 ).

76.

Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, propongo alla Corte di giustizia di rispondere alla seconda questione pregiudiziale che l’art. 178, lett. a), della direttiva 2006/112, in combinato disposto con l’art. 168, della direttiva medesima, deve essere interpretato nel senso che osta ad una normativa o prassi nazionale che, in circostanze specifiche come quelle del caso presente, impedisca il recupero dell’IVA assolta a monte,

a)

quando, nel caso in cui sia prevista la detrazione dell’IVA da parte della società, una fattura sia stata emessa a nome dei «futuri soci» ovvero a nome della società, sebbene in data anteriore alla costituzione di quest’ultima; oppure

b)

quando, nel caso in cui sia previsto un rimborso dell’IVA a favore dei «futuri soci», una fattura sia stata emessa a nome della società in data anteriore alla sua costituzione.

VI — Conclusione

77.

Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere come segue al Naczelny Sąd Administracyjny:

«1)

Gli artt. 9 e 168 della direttiva del Consiglio 28 novembre 2006, 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che non impediscono ad uno Stato membro, in circostanze specifiche come quelle del caso in esame, in cui due persone fisiche, in qualità di «futuri soci», acquistino un bene immobile che venga conferito in natura ad una società di persone costituita successivamente all’acquisto del bene e composta dagli stessi soci, di riconoscere alla società il diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte.

Nel caso in cui lo Stato membro interessato escluda tale possibilità, la direttiva 2006/112 osta a che i «futuri soci» non possano chiedere il rimborso dell’IVA assolta a monte. In tali circostanze, le autorità nazionali debbono garantire ai “futuri soci” le misure necessarie affinché essi possano esercitare il diritto al rimborso in condizioni sostanziali e procedurali che non rendano eccessivamente difficile tale rimborso, e ciò in conformità al principio di neutralità fiscale.

2)

L’art. 178, lett. a), della direttiva 2006/112, in combinato disposto con l’art. 168, della direttiva medesima, deve essere interpretato nel senso che osta ad una normativa o prassi nazionale che, in circostanze specifiche come quelle del caso presente, impedisca il recupero dell’IVA assolta a monte,

a)

quando, nel caso in cui sia prevista la detrazione dell’IVA da parte della società, una fattura sia stata emessa a nome dei «futuri soci» ovvero a nome della società, sebbene in data anteriore alla costituzione di quest’ultima, ovvero

b)

quando, nel caso in cui sia previsto un rimborso dell’IVA a favore dei “futuri soci”, una fattura sia stata emessa a nome della società in data anteriore alla sua costituzione».


( 1 )   Lingua originale: lo spagnolo.

( 2 )   Direttiva del Consiglio 28 novembre 2006 (GU L 347, pag. 1).

( 3 )   V. Abella Poblet, E., Manual del IVA, 3a ed., La Ley, 2006, pagg. 150 e segg.

( 4 )   Sentenza 14 febbraio 1985, causa 268/83 (Racc. pag. 655).

( 5 )   Ibidem, punti 23 e 24.

( 6 )   Sentenza 29 febbraio 1996, causa C-110/94 (Racc. pag. I-857).

( 7 )   Ibidem, punto [20].

( 8 )   Ibidem, punto 24.

( 9 )   Sentenza 21 marzo 2000, cause riunite da C-110/98 a C-147/98 (Racc. pag. I-1577).

( 10 )   Sentenza 15 gennaio 1998, causa C-37/95 (Racc. pag. I-1).

( 11 )   Sentenza 8 giugno 2000, causa C-400/98 (Racc. pag. I-4321).

( 12 )   Sentenza 3 marzo 2005, causa C- 32/03 (Racc. pag. I-1599).

( 13 )   Sentenza 29 aprile 2004, causa C- 137/02 (Racc. pag. I-5547).

( 14 )   V. i «considerando» 5, 7, 13, e 30 della direttiva 2006/112.

( 15 )   La Corte di giustizia ha espresso tale concetto mediante una formula ben radicata nella giurisprudenza, secondo la quale la neutralità dell’IVA si riflette nel sistema delle detrazioni, che «è inteso ad esonerare interamente l’imprenditore dall’IVA dovuta o pagata nell’ambito di tutte le sue attività economiche. Il sistema comune di imposta sul valore aggiunto garantisce, di conseguenza, la perfetta neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di dette attività, purché queste siano di per sé soggette all’IVA». V., tra le altre, sentenze Rompelman, cit. (punto 19); Ghent Coal Terminal, cit. (punto 15); Gabralfisa e a., cit. (punto 44); 8 giugno 2000, causa C-98/98, Midland Bank (Racc. pag. I-4177, punto 19) e Fini H., cit. (punto 25).

( 16 )   Sentenza Rompelman, cit. (punti 23 e 24).

( 17 )   Nelle sue conclusioni relative alla causa Breitsohl, cit., l’avvocato generale Ruiz Jarabo Colomer ha dichiarato che «si può ritenere, a fortiori, che questo stesso principio vieti di esercitare una discriminazione nei confronti di queste ultime imprese in funzione del momento in cui esse hanno chiesto la deduzione dell’imposta — prima o dopo che sia stato dimostrato che l’attività economica prevista non avrebbe potuto concretizzarsi — o in funzione del fatto che, nel momento in cui esse chiedono questa deduzione, l’amministrazione fiscale abbia loro riconosciuto o meno, in maniera formale, la qualità di soggetti passivi IVA» (paragrafo 47).

( 18 )   In proposito, v. Klenk, F., in Sölch, O., e Ringleb, K., Umsatzsteuergesetz, Kommentar, Beck, 2003 (paragrafi 482 e segg.).

( 19 )   Sentenza Faxworld, cit. (punto 35).

( 20 )   Ibidem (punti 41 e 42).

( 21 )   Sentenza 27 novembre 2003, causa C-497/01 (Racc. pag. I-14393).

( 22 )   Ibidem (punto 40).

( 23 )   Va osservato che la soluzione cui è pervenuta la Corte di giustizia non coincide, prima facie, con la risposta fornita nell’ambito della sentenza 22 febbraio 2001, causa C-408/98, Abbey National (Racc. pag. I-1361), nonostante il fatto che entrambi i casi vertessero sull’art. 19 della direttiva. Come ha posto in rilievo l’avvocato generale Jacobs nelle conclusioni presentate il 23 ottobre 2003 nella causa Faxworld (sentenza citata nei precedenti paragrafi), la differenza tra le due fattispecie consisteva nel contesto giuridico nazionale di ciascun caso e nella natura delle rispettive operazioni realizzate. In tal senso si è espressa anche la Corte di giustizia, quando si è riferita con particolare enfasi alle «circostanze precise» della causa Faxworld (v. sentenza Faxworld, cit. punto 42).

( 24 )   Al riguardo, v. sentenza del Conseil d’État 30 aprile 1980, n. 15506.

( 25 )   Su questo punto, v. le citate conclusioni dell’avvocato generale Jacobs (paragrafi 19-24).

( 26 )   Il governo polacco e il rappresentante della società, del pari al giudice del rinvio, fanno notare che questa è la soluzione prevista dall’ordinamento giuridico polacco.

( 27 )   Sentenza Rompelman, cit..

( 28 )   Sentenza INZO, cit. (punto 18).

( 29 )   Sentenza INZO, cit. (punto 20; il corsivo è mio).

( 30 )   Sentenza INZO, cit. (punto 22).

( 31 )   In base alle informazioni prodotte dal governo polacco e dalla società, la società in nome collettivo prevista dall’ordinamento polacco è una società di persone la cui responsabilità patrimoniale è condivisa tra la società e i soci, anche se questi ultimi intervengono a titolo sussidiario.

( 32 )   «L’amministrazione fiscale, se dovesse constatare che il diritto a detrazione è stato esercitato in maniera fraudolenta o abusiva, avrebbe il diritto di chiedere, con effetto retroattivo, il rimborso delle somme detratte» (sentenza Fini H, cit. supra, punto 33, che cita, a sua volta, le sentenze Rompelman, cit., punto 24; INZO, cit., punto 24, e Gabalfrisa e a., cit., punto 46).

( 33 )   Sentenze 1o aprile 2004, causa C-90/02, Bockemühl (Racc. pag. I-3303, punto 50); 30 settembre 2010, causa C-392/09, Uszodaépítő (Racc. pag. I-8791, punto 38); 8 maggio 2008, cause riunite da C-95/07 a C-96/07, Ecotrade (Racc. pag. I-3457, punto 50), e 28 luglio 2011, causa C-274/10, Commissione/Ungheria (Racc. pag. I-7289, punto 43).

( 34 )   Sentenze Bockemühl, cit. (punto 51); 21 aprile 2005, causa C-25/03, HE (Racc. pag. I-3123, punti 78-82), e Ecotrade, cit. (punto 64).

( 35 )   Sentenza 15 luglio 2010, causa C-368/09, Pannon Gép Centrum (Racc. pag. I-7467, punti 43 e 44).

( 36 )   Sentenza Bockemühl, cit. (punto 51).

( 37 )   Sentenza Pannon, cit. (punto 44).