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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PEDRO CRUZ VILLALÓN

presentate il 26 aprile 2012 (1)

Causa C-511/10

Finanzamt Hildesheim

contro

BLC Baumarkt GmbH & Co. KG

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof (Germania)]

«Imposta sul valore aggiunto – Sesta direttiva – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Beni e servizi utilizzati contemporaneamente per operazioni imponibili e operazioni esenti – Locazione di un immobile adibito ad uso commerciale e ad uso abitativo – Calcolo del prorata di detrazione – Normativa nazionale che stabilisce il calcolo del prorata in base alla superficie dell’immobile destinata a ciascun tipo di locazione»





1.        Partendo da un’unica domanda, formulata dal Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale tedesca) in termini apparentemente molto precisi, la presente questione pregiudiziale offre alla Corte di giustizia l’opportunità di procedere con l’interpretazione, non priva di difficoltà, riguardante la concezione e la portata del sistema di cui all’articolo 17, paragrafo 5, della sesta direttiva (2) e, in particolare, al terzo comma, lettera c). In effetti, come vedremo, la questione verte sulla portata della norma contenuta nella detta lettera c), nella parte in cui, come è noto, consente agli Stati membri, nel quadro dei beni e dei servizi utilizzati indistintamente sia per operazioni che conferiscono il diritto a detrazione, sia per operazioni che non implicano tale diritto («uso promiscuo»), di autorizzare od obbligare il soggetto passivo a calcolare l’IVA detraibile con riferimento all’«utilizzazione» (3) di detti beni e servizi.

I –    Quadro giuridico

A –    Diritto dell’Unione. La sesta direttiva

2.        A termini del dodicesimo considerando della sesta direttiva, «il regime delle deduzioni deve essere armonizzato ove ha un’incidenza sul livello reale di percezione, e (…) il calcolo del prorata di [detrazione] deve essere effettuato in modo analogo in tutti gli Stati membri».

3.        L’articolo 17, paragrafo 5, della sesta direttiva così dispone:

«Per quanto riguarda i beni ed i servizi utilizzati da un soggetto passivo sia per operazioni che danno diritto a [detrazione] di cui ai paragrafi 2 e 3, sia per operazioni che non conferiscono tale diritto, la [detrazione] è ammessa soltanto per il prorata dell’imposta sul valore aggiunto relativo alla prima categoria di operazioni.

Detto prorata è determinato ai sensi dell’articolo 19 per il complesso delle operazioni compiute dal soggetto passivo.

Tuttavia, gli Stati membri possono:

a)      autorizzare il soggetto passivo a determinare un prorata per ogni settore della propria attività, se vengono tenute contabilità distinte per ciascun settore;

b)      obbligare il soggetto passivo a determinare un prorata per ogni settore della propria attività ed a tenere contabilità distinte per ciascuno di questi settori;

c)      autorizzare od obbligare il soggetto passivo ad operare la [detrazione] in base all’utilizzazione della totalità o di una parte dei beni e servizi;

d)      autorizzare od obbligare il soggetto passivo ad operare la [detrazione] secondo la norma di cui al primo comma relativamente a tutti i beni e servizi utilizzati per tutte le operazioni ivi contemplate;

e)      prevedere che non si tenga conto dell’imposta sul valore aggiunto che non può essere dedotta dal soggetto passivo quando essa sia insignificante».

4.        L’articolo 19, paragrafo 1, della sesta direttiva, prescrive quanto segue:

«Il prorata di [detrazione] previsto dall’articolo 17, paragrafo 5, primo comma, risulta da una frazione avente:

–        al numeratore l’importo totale della cifra d’affari annua, al netto dell’imposta valore aggiunto, relativo alle operazioni che danno diritto a [detrazione] ai sensi dell’articolo 17, paragrafi 2 e 3;

–        al denominatore l’importo totale della cifra d’affari annua, al netto dell’imposta sul valore aggiunto, relativo alle operazioni che figurano al numeratore e a quelle che non danno diritto a [detrazione]. Gli Stati membri possono includere anche nel denominatore l’importo di sovvenzioni diverse da quelle di cui all’articolo 11 A, paragrafo 1, lettera a).

Il prorata viene determinato su base annuale, in percentuale e viene arrotondato all’unità superiore».

B –    Diritto nazionale

5.        In virtù dell’articolo 1, paragrafo 1, dell’Umsatzsteuergesetz (legge tedesca relativa all’imposta sul volume d’affari; in prosieguo: l’«UStG») (4), nel testo novellato dallo Steueränderungsgesetz 2003 (legge fiscale tedesca di modifica del 2003) (5), «[s]ono soggette all’imposta sul valore aggiunto (…): 1. le cessioni e le altre prestazioni effettuate a titolo oneroso da un imprenditore all’interno del paese, nell’ambito della sua impresa (…)».

6.        A termini dell’articolo 4 dell’UStG, «[n]ell’ambito delle operazioni disciplinate dall’articolo 1, paragrafo 1, punto 1, sono esenti: (…) 12. a) la locazione e l’affitto di beni immobili (…)».

7.        In conformità dell’articolo 9, paragrafo 1, dell’UStG, «[l]’imprenditore può considerare come imponibile un’operazione esente ai sensi dell’articolo 4, punto (...) 12 (…), se l’operazione viene eseguita nei confronti di un altro imprenditore per l’impresa di questi (...)».

8.        L’articolo 15 dell’UStG dispone quanto segue:

«1)      L’imprenditore può detrarre i seguenti importi di imposta assolta a monte:

1.      L’imposta dovuta per legge per cessioni di beni o prestazioni di servizi che gli sono state fornite da altri imprenditori per la sua attività imprenditoriale. (…)

(…)

2)      È esclusa dalla detrazione l’imposta assolta sulla cessione, l’importazione e l’acquisto intracomunitario di beni nonché sulle altre prestazioni di servizi utilizzati dall’imprenditore per svolgere le seguenti operazioni:

1.       operazioni esenti;

(…)

4)      Qualora l’imprenditore utilizzi un bene ceduto, importato o acquistato all’interno della Comunità per la sua impresa o un altro servizio prestatogli, soltanto in parte per lo svolgimento di operazioni per le quali sia esclusa la detrazione, è indetraibile la quota di imposta assolta a monte imputabile, da un punto di vista economico, alla conclusione di tali operazioni che non consentono la detrazione. L’imprenditore può determinare gli importi parzialmente non detraibili attraverso un’adeguata stima. La determinazione della quota indetraibile di imposta assolta a monte sulla base del rapporto fra le operazioni che escludono la detrazione e le operazioni che la consentono è ammissibile solo qualora non sia possibile nessun altro collegamento economico».

II – Fatti

9.        La BLC Baumarkt GmbH & Co. KG (in prosieguo: la «BLC») costruiva, negli anni 2003 e 2004, un edificio adibito sia ad uso abitativo sia ad uso commerciale. Nel 2004 destinava detto edificio a locazione soggetta ad IVA, relativamente ai locali ad uso commerciale, e a locazione esente quanto ai locali ad uso abitativo.

10.      Nella dichiarazione IVA presentata per il 2004, la BLC procedeva a una detrazione parziale dell’imposta relativa al suddetto immobile. A tal fine applicava un prorata stabilito in base ai volumi d’affari realizzati, rispettivamente, dalla locazione di locali ad uso commerciale e di appartamenti ad uso abitativo (in prosieguo: il «metodo del volume d’affari»).

11.      A seguito di un controllo, il Finanzamt Hildesheim (Ufficio delle imposte di Hildesheim; in prosieguo: il «Finanzamt») riteneva che, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 4, terzo periodo, dell’UStG, nel testo novellato del 2003, l’importo detraibile dovesse essere determinato in base alla rispettiva superficie dei locali ad uso commerciale e degli appartamenti destinati ad uso abitativo (in prosieguo: il «metodo della superficie»), con conseguente riduzione dell’importo detraibile e un nuovo avviso di liquidazione d’imposta.

12.      La BLC proponeva ricorso avverso il nuovo avviso di liquidazione d’imposta dinanzi al Finanzgericht (Sezione tributaria del Tribunale), che pronunciava una sentenza di accoglimento dello stesso, ritenendo che l’articolo 15, paragrafo 4, terzo periodo, dell’UStG, fosse contrario al diritto dell’Unione. Secondo il Finanzgericht, l’articolo 17, paragrafo 5, lettera c), della sesta direttiva osta a che uno Stato membro stabilisca, in via principale, un metodo di calcolo diverso da quello del volume d’affari.

III – La questione pregiudiziale

13.      Detta sentenza veniva impugnata dal Finanzamt dinanzi al Bundesfinanzhof, che ha sottoposto alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari debba essere interpretato nel senso che esso autorizzi gli Stati membri a prevedere, ai fini della ripartizione dell’imposta assolta a monte sulla costruzione di un edificio adibito ad uso promiscuo, un criterio di ripartizione diverso da quello basato sulla natura dell’operazione».

14.      Il giudice del rinvio si chiede se l’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, lettera c), della sesta direttiva autorizzi il legislatore nazionale a limitare il criterio di ripartizione basato sulla natura dell’operazione e, pertanto, a sostituire il metodo del volume d’affari con un altro metodo, come quello della superficie.

15.      Il Bundesfinanzhof rileva che il legislatore tedesco ha espressamente fondato la limitazione del criterio di ripartizione basato sulla natura dell’operazione ex articolo 15, paragrafo 4, terzo periodo, dell’UStG sull’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, lettera c), della sesta direttiva ritenendo che l’applicazione di tale criterio non sia vincolante per gli Stati membri, in quanto essi, ai sensi di detta disposizione, possono fissare, a tal riguardo, criteri di ripartizione differenti.

16.      Tuttavia, lo stesso Bundesfinanzhof ammette che contro tale tesi si potrebbe rilevare che il testo dell’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, lettera c), della sesta direttiva 77/388/CEE non è chiaro, poiché tanto la sistematica della legge quanto la finalità della disposizione depongono a favore di un mantenimento del criterio di ripartizione basato sulla natura dell’operazione.

IV – Procedimento dinanzi alla Corte

17.      La domanda di pronuncia pregiudiziale è stata registrata presso la cancelleria della Corte di giustizia il 27 ottobre 2010.

18.      I governi tedesco, britannico e greco, nonché la Commissione, hanno presentato osservazioni scritte. Non ha avuto luogo alcuna udienza.

19.      Tanto la Commissione quanto tutti i governi intervenuti nel presente procedimento ritengono che la domanda posta meriti una risposta affermativa. Ammettendo che, in linea di principio, il metodo applicabile sia quello del volume d’affari, essi sostengono che, conformemente alla sentenza 18 dicembre 2008, Royal Bank of Scotland (6), l’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, della sesta direttiva autorizza gli Stati membri a prevedere deroghe di maggiore o minore entità a questa norma, oltre a stabilire l’esclusione del diritto a detrazione. In tal senso deporrebbero tanto il tenore letterale quanto la sistematica dell’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, lettera c), della sesta direttiva, dai quali emergerebbe che il legislatore non impone agli Stati membri un criterio specifico per il calcolo della percentuale di detrazione. Lo stesso emergerebbe dalla relazione di accompagnamento della proposta di sesta direttiva. Le parti sottolineano infine come, a loro giudizio, il metodo della superficie, oltre ad essere più semplice da applicare, determini risultati più precisi, garantendo pertanto una migliore applicazione del principio di neutralità fiscale.

20.      Dal suo canto, il governo britannico sostiene che le deroghe non possono costituire la norma, di modo che il volume d’affari operi unicamente quale criterio residuo. A suo parere, le deroghe sono ammissibili in quanto tali solo quando il metodo del volume d’affari generi un risultato errato o impreciso.

V –    Analisi giuridica

21.      Prima di fornire una risposta adeguata, è opportuno esprimere un commento preliminare sulla domanda formulata dal Bundesfinanzhof. Si deve rilevare, in limine, che la domanda viene formulata sulla base di due elementi, l’uno riferito a un tipo specifico di beni che determina l’eventuale diritto a detrazione, l’altro relativo a una determinata modalità di calcolo di questo diritto, nella fattispecie, detto in modo semplificato di «uso promiscuo».

22.      Così, da un lato, come ho osservato ab initio, il Bundesfinanzhof sembra nutrire dubbi solo per quanto concerne il calcolo del diritto a detrazione delle imposte assolte a monte all’atto della costruzione di un tipo di bene del tutto specifico, vale a dire un «edificio», quando è oggetto di «uso promiscuo», ossia è destinato a usi che implicano tanto operazioni con diritto a detrazione quanto operazioni che non comportano tale diritto.

23.      D’altro canto, il giudice del rinvio ci rimanda a un metodo di calcolo più o meno preciso riguardante il diritto a detrazione e descritto attraverso la perifrasi «maggiore attenzione a un criterio diverso da quello basato sulla natura dell’operazione», in velata allusione alla corrispondente norma nazionale (articolo 15, paragrafo 4, dell’UStG). Com’è noto, a tal riguardo la sesta direttiva è molto più esplicita. L’articolo 17, paragrafo 5, offre una serie di norme vincolanti per gli Stati membri. Come già rilevato, la difficoltà consiste nel fissare il margine di discrezionalità degli Stati membri nell’assunzione del «criterio» da applicare in questi casi, al fine di determinare il diritto a detrazione.

24.      Formulata in questi termini, la domanda del Bundesfinanzhof ci induce immediatamente a porci la seguente questione: viene chiesto se il «criterio» descritto in questi termini sia valido in quanto tale e, pertanto, se sia genericamente valido per la quantificazione del diritto a detrazione nel caso di qualsiasi bene o servizio o, al contrario, si chiede unicamente di accertarne la legittimità nel caso unico ed esclusivo di questo tipo di beni?

25.      Stando al tenore letterale della domanda, così come formulata, potrebbe sembrare che il giudice del rinvio non necessiti di una risposta diversa da quella riferita al caso di edifici adibiti ad uso promiscuo. Tuttavia, basta considerare tanto l’iter logico dell’ordinanza di rinvio quanto le osservazioni scritte per poter rilevare il ruolo secondario del bene all’origine della controversia. Il dibattito verte, in particolare, sul margine di discrezionalità accordato agli Stati membri e menzionato all’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, della sesta direttiva, sempre nel quadro della scelta operata dal legislatore nazionale.

26.      In definitiva, ci si chiede in qual misura gli Stati membri possano optare per un metodo di «utilizzazione», discostandosi dalla regola del volume d’affari. In questo contesto non sarà di certo irrilevante la circostanza che si tratti del calcolo della detrazione dell’imposta assolta a monte all’atto della costruzione di un edificio adibito a uso promiscuo. Tuttavia, ritengo che sia determinante il riferimento al quadro giuridico più generale in cui si colloca la fattispecie in questione.

27.      Pertanto, così definita la questione, affronterò la risposta suggerita articolando l’esame su tre parti. Nell’ambito della prima cercherò di fornire un’interpretazione essenzialmente sistematica e teleologica della parte rilevante dell’articolo 17, paragrafo 5, della sesta direttiva che possa offrirci, nel contempo, un criterio per il metodo di calcolo descritto dal giudice del rinvio attraverso la menzionata perifrasi. Nell’ambito della seconda mi occuperò, in termini molto più sintetici, del caso specifico delle imposte assolte a monte all’atto della costruzione di un edificio adibito ad uso misto. Nell’ambito della terza, infine, mi esprimerò sui compiti del giudice nazionale nelle circostanze del caso di specie.

A –    L’articolo 17, paragrafo 5, della sesta direttiva: una norma «flessibilizzata»

28.      Avvio la trattazione di questa prima parte premettendo che l’articolo 17, paragrafo 5, della sesta direttiva presenta evidenti difficoltà di interpretazione, in particolare per quanto concerne il terzo comma, in cui la direttiva concede opportunità varie ed eterogenee agli Stati membri, tutte introdotte dalla particella avversativa «tuttavia» (7), che conferisce loro una certa virtualità di carattere derogatorio. Sostanzialmente, la causa in esame verte sulla portata di questa capacità o virtualità del terzo comma volta a svigorire le disposizioni contenute nei primi due commi.

29.      In effetti, il terzo comma di questa disposizione consente agli Stati membri (A) di effettuare la previsione, obbligatoria o facoltativa, di un calcolo specifico per ogni «settore di attività» [lettere a) e b) ]; (B) di stabilire il tipo di prorata principale come obbligatorio o facoltativo, il che implica la possibilità di prevedere altri prorata [lettera d)]; o, infine, aspetto particolarmente rilevante nel caso in questione, (C) di determinare la detrazione sulla base del criterio dell’«utilizzazione» della totalità o di una parte dei beni e servizi impiegati in operazioni non distinte [lettera c)] (8).

30.      Proseguendo la disamina al riguardo, ritengo che l’articolo 17, paragrafo 5, della sesta direttiva, abbia chiaramente stabilito una norma volta a determinare la quota detraibile nei casi di uso promiscuo ivi contemplati. Questa norma riguarda il prorata basato sul volume o sulla cifra d’affari, calcolato secondo le modalità definite all’articolo 19, paragrafo 1, della direttiva de qua.

31.      La Corte ha già avuto modo di pronunciarsi in tal senso nella citata sentenza RBS, ai cui principi si sono richiamate tutte le parti a sostegno delle rispettive posizioni. In questa sentenza la Corte ha rilevato, anzitutto, che «[l]’art. 17, n. 5, della sesta direttiva stabilisce il regime che si applica al diritto a detrazione dell’IVA, allorché questa si riferisce a beni o servizi che sono utilizzati dal soggetto passivo “sia per operazioni che danno a diritto a [detrazione] di cui ai paragrafi 2 e 3, sia per operazioni che non conferiscono tale diritto”. In un tale caso, conformemente all’art. 17, n. 5, primo comma, della sesta direttiva, la detrazione è ammessa solo per la parte dell’IVA che è proporzionale all’importo delle prime operazioni assoggettate ad imposta (sentenze Abbey National, cit., punto 37, e 27 settembre 2001, causa C-16/00, Cibo Participations, Racc. pag. I-6663, punto 34)» (punto 17).

32.      Come specificato in seguito, tale importo viene calcolato «in forza dell’art. 17, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva, secondo un prorata determinato ai sensi dell’art. 19 di questa stessa direttiva» (punto 18).

33.      Pertanto, come affermato dal governo britannico, la norma generale di cui all’articolo 19 della sesta direttiva, basata sulla correlazione tra gli importi dei volumi d’affari relativi alle operazioni che danno diritto a detrazione e a quelli per i quali tale diritto è escluso, opera sulla base di dati contabili facilmente disponibili per tutti i soggetti passivi e, in linea di principio, consente di effettuare un calcolo equo e ragionevolmente preciso dell’importo finale detraibile. Senza dubbio, si tratta della norma generale scelta principalmente dal legislatore dell’Unione, poiché, mentre si limita a menzionare altri metodi possibili a disposizione degli Stati membri, l’unica norma che definisce e disciplina dettagliatamente nei suoi aspetti procedurali è quella relativa al volume d’affari.

34.      Certamente il punto 19 della sentenza RBS contiene un’affermazione che, a mio avviso, ha generato un malinteso più o meno diffuso (9), sul quale si è basata l’idea che il regime di cui all’articolo 17, paragrafo 5, della sesta direttiva, preveda per gli Stati membri alcune eccezioni. A mio parere, queste non rientrano nella formulazione della disposizione, né in quella della stessa sentenza RBS.

35.      In effetti, al punto 19 della citata sentenza RBS, la Corte ha affermato che «[l’]art. 17, n. 5, terzo comma, autorizza (…) la deroga a tale norma [quella di cui al secondo comma] consentendo agli Stati membri di prevedere uno degli altri metodi di determinazione del diritto a detrazione elencati in tale comma, ossia la determinazione di un prorata diverso per ogni settore di attività o la detrazione a seconda della destinazione della totalità o di una parte dei beni e servizi ad un’attività precisa, o anche a prevedere l’esclusione del diritto a detrazione a talune condizioni». Partendo da questo presupposto, si potrebbe dedurre che, in definitiva, il metodo indicato nei primi due commi non vincoli gli Stati membri, nella misura in cui il terzo paragrafo consentirebbe loro di adottare «altri metodi», diversi da quello.

36.      Questa conclusione, tratta dal passo summenzionato, mi sembra avventata. In primo luogo occorre prendere in considerazione il suo contesto. In effetti, nell’economia di una risoluzione che sta affrontando la questione relativa alle possibilità di «arrotondare» le somme nel calcolo della detrazione e che viene disciplinata dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, della sesta direttiva, sembra possibile affermare che le frasi summenzionate costituiscono obiter dicta.

37.      In realtà, non si trattava di pronunciarsi a livello generale sulla formulazione dei vari commi dell’articolo 17, paragrafo 5, bensì di esprimersi solo su un aspetto ben preciso del sistema di calcolo del prorata di detrazione. Nel caso di specie, invece, a dispetto dell’apparente concretezza della questione sottoposta dal Bundesfinanzhof, secondo quanto ho esposto supra al paragrafo 25, si avverte certamente l’esigenza di una simile decisione.

38.      In secondo luogo, pur ammettendo che il terzo comma conceda agli Stati membri la possibilità di applicare «altri metodi», non viene affermata in alcun modo la possibilità generica e incondizionata di annullare la norma menzionata nei due commi precedenti precisata nell’articolo 19.

39.      In definitiva, ritengo che un’interpretazione sistematica della disposizione porti ad escludere che l’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, della sesta direttiva, possa convertire la disposizione di cui ai suoi primi due commi in una norma generica o suscettibile di continue deroghe.

40.      Anche un’interpretazione teleologica conduce, tuttavia, alla medesima conclusione. La relazione di accompagnamento della proposta di sesta direttiva (10) giustifica l’articolo 17, paragrafo 5, con la necessità di evitare le ineguaglianze nell’applicazione dell’imposta, ragion per cui si dispone che agli Stati membri «è data facoltà di autorizzare o di obbligare il soggetto passivo a determinare prorata speciali ed a operare la [detrazione] secondo la reale destinazione all’attività tassata di tutti o parte dei beni e servizi».

41.      Nello stesso senso, nel quadro di una direttiva che, conformemente al dodicesimo considerando, mira ad armonizzare il regime delle detrazioni «ove ha un’incidenza sul livello reale di percezione», disponendo a tal fine che «il calcolo del prorata di [detrazione] deve essere effettuato in modo analogo in tutti gli Stati membri», è evidente che la possibilità per gli Stati membri di optare in modo libero e generico per una delle varie alternative contemplate nel suddetto terzo comma pregiudicherebbe lo scopo perseguito dall’Unione. Non avrebbe senso ripristinare la diversità autorizzando gli Stati membri a derogare al metodo stabilito come norma generale, almeno in assenza di una giustificazione basata sulla pretesa di soddisfare in modo più corretto le esigenze inerenti alla filosofia e al sistema del regime dell’imposta, come illustrato in prosieguo.

42.      Tutto ciò mi induce a ritenere che, con il terzo comma, l’articolo 17, paragrafo 5, sia sostanzialmente volto ad evitare gli aspetti rigorosi della norma prevista nei commi precedenti, introducendo, a tal fine, una serie di strumenti a disposizione degli Stati membri che risultino flessibili tanto nella formulazione quanto nella portata, sempre in virtù della neutralità tipica dell’imposta (11).

43.      Tuttavia, questa «flessibilità» della norma, messa a disposizione degli Stati membri, può essere giustificata solo se le misure a suo favore consentono di raggiungere lo scopo perseguito dal legislatore dell’Unione, che consente agli Stati membri di sfruttare alcune delle possibilità illustrate nell’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, lettere a) - d), della sesta direttiva. Stando ai termini della citata sentenza RBS, punto 24, questo scopo è quello di consentire «tenendo conto delle caratteristiche specifiche proprie delle attività del soggetto passivo, (…) agli Stati membri di pervenire a risultati più precisi». In definitiva, come richiesto nell’ambito fiscale, il fine ultimo perseguito consiste nella precisione del calcolo della detrazione su cui il soggetto passivo vanta un diritto legittimo e nella garanzia di neutralità come principio informatore dell’imposta in oggetto (12).

44.      Alla luce di tutte le considerazioni sin qui svolte, una prima conclusione di carattere generale va già tratta. L’articolo 17, paragrafo 5, della sesta direttiva consente agli Stati membri di discostarsi dalla norma generale del prorata basato sul volume d’affari stabilita nei suoi primi due commi, nel combinato disposto con l’articolo 19, conformemente alle varie possibilità previste dal terzo comma del medesimo paragrafo 5. In particolare, la lettera c) di detto terzo comma consente indubbiamente agli Stati membri la possibilità di discostarsi dalla norma generale, permettendo di optare per un prorata basato sull’utilizzazione. Ciononostante, un’interpretazione sistematica e teleologica di questa disposizione specifica osta all’attribuzione di una portata secondo cui la norma fissata come punto di partenza possa essere praticamente «disapplicata» sotto un profilo generale, relegata a una posizione decisamente subordinata o essere applicata in modo palesemente problematico.

45.      In altri termini, l’articolo 17, paragrafo 5, non consente di «snaturare» la struttura di base del sistema di calcolo della detrazione stabilito dal legislatore dell’Unione con l’intento di armonizzare i regimi di detrazione vigenti negli Stati membri attraverso l’imposizione di un metodo di calcolo analogo per tutti loro. Senza dubbio, questo intento armonizzatore risulta compatibile con l’eventuale determinazione, da parte degli Stati membri, di un numero aperto di fattispecie, non necessariamente previsti dalla norma generale, giustificati dall’esigenza di soddisfare appieno il principio di neutralità dell’imposta procedendo, se del caso, ad un calcolo della detrazione più preciso (13). Ciò premesso, occorre accertare in questo contesto se le caratteristiche del caso concreto, che il giudice del rinvio ci propone di esaminare, consentano l’applicazione di un criterio di calcolo potenzialmente distinto da quello basato sulla natura dell’operazione.

B –    Il caso delle costruzioni adibite ad «uso promiscuo»

46.      In effetti, come già rilevato, il Bundesfinanzhof non cerca una risposta generale al problema fin qui sollevato, bensì una risposta specifica per quanto concerne il calcolo della detrazione dell’imposta assolta a monte all’atto della costruzione di un edificio adibito ad uso promiscuo. Le considerazioni sin qui svolte devono consentire risolvere la questione in modo relativamente semplice.

47.      Tutte le parti concordano nell’osservare che, in alcuni casi, il metodo del volume d’affari, stabilito come norma generale nella sesta direttiva, può rivelarsi meno equo e preciso rispetto ad altri possibili metodi. Al contrario, può verificarsi il caso in cui, alla luce delle peculiarità delle operazioni economiche in questione, risulti possibile ricorrere a metodi più precisi per determinare l’importo detraibile rispetto a quello principale previsto dal legislatore della sesta direttiva. Considerato che questa maggiore equità e precisione nella determinazione dell’importo deve rispondere appieno al principio di neutralità dell’IVA, occorre riconoscere che questa circostanza rappresenta una ragione sufficiente per giustificare la sostituzione della regola del volume d’affari con altra regola più idonea a garantire quel risultato.

48.      In termini più concreti, tutte le parti intervenute nel procedimento hanno concordato nel ritenere che, in casi come quello oggetto della causa principale, vale a dire nell’ipotesi della costruzione di un edificio adibito ad uso promiscuo, il metodo dell’utilizzazione basato sul criterio della superficie assicuri un risultato più preciso dell’importo detraibile sul quale il soggetto passivo vanta un diritto legittimo.

49.      Ragionando in questi termini, ritengo possibile muovere dall’ipotesi che il caso di edifici adibiti ad uso promiscuo sia considerato come un possibile «candidato» per l’applicazione di metodi di calcolo alternativi a quello del prorata basato sul volume d’affari.

50.      Orbene, essendo questo il caso in esame, il giudice del rinvio ha il compito di verificare che, conformemente al diritto dell’Unione, che il metodo applicato per il calcolo dell’importo di detrazione sia sempre quello dell’utilizzazione.

51.      Tuttavia, posta in questi termini, la questione consiste nello stabilire se lo Stato membro abbia operato una scelta specifica con l’intento di prevedere che questa categoria di beni sia trattata sulla base di un sistema di calcolo che, almeno principalmente, non si fondi sul volume d’affari. Occorre precisare, in ogni caso, che non si tratta di una scelta automatica, bensì di un’opzione che richiede una decisione dello Stato membro al riguardo. Ciò premesso, passerò all’esame dell’ultima parte indicata nell’introduzione della presente disamina.

C –    La scelta operata dallo Stato membro in base all’articolo 17, paragrafo 5

52.      Va rilevato, in limine, che l’adozione di una decisione specifica da parte del legislatore nazionale sul calcolo della detrazione, nel caso di questo tipo di beni, avrebbe certamente agevolato il compito del giudice nazionale. Come già osservato, il legislatore nazionale ha optato per una previsione che, in generale, consentendo al soggetto passivo la possibilità di determinare gli importi parzialmente non detraibili attraverso una stima adeguata, è sufficientemente estesa da poter ricomprendere il caso in esame. Nel contempo però, come emerge anche dalle considerazioni precedenti, proprio questa genericità potrebbe costituire un problema nella prospettiva del diritto dell’Unione, dal momento che il diritto nazionale finisce col rendere il criterio del volume d’affari l’ultima opzione sussidiaria, applicabile solo qualora non sia possibile un altro collegamento economico dei beni e dei servizi utilizzati in operazioni non distinte.

53.      In sintesi, la conseguenza di questo trattamento «omnicomprensivo» da parte del legislatore nazionale non consente di individuare la ragione specifica che può aver indotto lo Stato membro a discostarsi, in questo caso come in altri, dalla regola generale.

54.      Questa situazione della legislazione nazionale mi induce a ritenere che, in una fattispecie come quella in questione, per quanto il caso sottoposto alla mia attenzione sembra poter derogare, prima facie, alla norma generale, spetti al giudice nazionale confermare eventualmente la decisione dell’autorità nazionale che, nella causa principale, ha ritenuto inammissibile la detraibilità dell’imposta sulla base del criterio del volume d’affari.

VI – Conclusione

55.      Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, propongo alla Corte di rispondere alla questione sottoposta dal Bundesfinanzhof nei seguenti termini:

«L’articolo 17, paragrafo 5, della sesta direttiva in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari deve essere interpretato nel senso che, in linea di principio, non osta a che gli Stati membri, in un caso come quello della ripartizione dell’imposta assolta a monte nella costruzione di un edificio adibito ad uso promiscuo, prevedano un criterio di ripartizione diverso da quello basato sulla natura dell’operazione. Tuttavia, a fronte del tenore della normativa nazionale applicabile nella specie, spetta al giudice nazionale il compito di assicurarsi che questo criterio sia volto, nel caso specifico, a garantire l’ottenimento di un risultato più preciso rispetto a quello che deriverebbe dall’applicazione della regola generale».


1 – Lingua originale: lo spagnolo.


2       Direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1).


3       «Utilizzazione» è l’espressione impiegata nell’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, lettera c), nella versione spagnola della sesta direttiva. La versione tedesca utilizza il termine «Zuordnung», quella inglese la parola «use» e quella francese il vocabolo «affectation».


4       BGBl. 1999 I, pag. 1270.


5       BGBl. 2003 I, pag. 2645.


6      Causa C-488/07, Racc. pag. I-10409; in prosieguo: «RBS».


7      Particella avversativa attualmente eliminata nell’articolo 173 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU L 347, pag. 1).


8      La lettera e) è irrilevante ai fini del nostro caso, dal momento che si limita ad ammettere l’esclusione della detrazione nell’ipotesi di una somma insignificante.


99      Come si evince dalle posizioni assunte dalle parti comparse nel procedimento in questione.


10      Pubblicata nel Bollettino delle Comunità europee, supplemento 11/73.


11      È molto sintomatico il fatto che, senza modificare il contenuto dell’articolo 17, paragrafo 5, della sesta direttiva, l’articolo 173, paragrafo 2, della citata direttiva 112/2006 riproduca l’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, della sesta direttiva disponendo che «[g]li Stati membri possono adottare le misure seguenti», per poi ricalcare le lettere a) - e) del menzionato terzo comma. Pertanto, risulta più evidente il fatto che l’elemento concesso non è costituito tanto da «deroghe» reali alla norma generale, quanto piuttosto da «misure» volte a modificarla o flessibilizzarla, ovviamente senza snaturarla.


12      V., in tal senso, sentenza del 29 ottobre 2009, NCC Construction Danmark (C-174/08, Racc. pag. I-10567, punto 27).


13      In tal senso, ad esempio, la Corte si è pronunciata con chiarezza nella sentenza del 13 marzo 2008, Securenta Göttinger Immobilienanlagen und Vermögensmanagement (C-437/06, Racc. pag. I-1597, punti da 34 a 39).