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I - 18      

            I - 19

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

VERICA TRSTENJAK

presentate il 12 gennaio 2012 (1)

Causa C-591/10

Littlewoods Retail Ltd e altri

contro

Her Majesty’s Commissioners of Revenue and Customs

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla High Court of Justice (England & Wales), Chancery Division (Regno Unito)]

«Rimborso dell’IVA riscossa in contrasto con la normativa dell’Unione – Corresponsione di interessi – Interessi semplici – Interessi composti – Autonomia procedurale degli Stati membri – Principio di effettività – Principio di equivalenza»






I –    Introduzione

1.        Con la presente domanda di pronuncia pregiudiziale, la High Court of Justice of England & Wales, Chancery Division, sottopone alla Corte di giustizia quattro questioni riguardanti l’obbligo, dettato dal diritto dell’Unione, di rimborso dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») riscossa in contrasto con la normativa dell’Unione. In particolare, il giudice del rinvio chiede di chiarire se e, in caso affermativo, in quale misura uno Stato membro che abbia riscosso l’IVA in violazione della normativa dell’Unione in materia di IVA sia tenuto, oltre al relativo rimborso, anche alla corresponsione di interessi sull’importo principale.

II – Contesto normativo

A –    La normativa nazionale

2.        Il Value Added Tax Act 1994 (Legge sull’IVA del 1994; in prosieguo: il «VATA 1994») contiene le disposizioni normative nazionali relative all’amministrazione, alla riscossione e all’applicazione dell’IVA nonché ai ricorsi ad un giudice (Tribunal) specializzato.

3.        Qualora un soggetto passivo versi un’eccedenza di IVA, l’articolo 80 del VATA 1994 gli consente di chiedere il rimborso dell’importo versato in eccesso. L’articolo 80 del VATA 1994 stabilisce quanto segue, per quanto pertinente nel caso di specie:

«80      Accredito o rimborso dell’IVA dichiarata o versata in eccesso

(1)      Colui che

(a)      abbia presentato una dichiarazione IVA ai Commissioners per un determinato periodo contabile (indipendentemente dalla relativa scadenza) e

(b)      nel provvedervi abbia contabilizzato come imposta a valle un importo non dovuto a tal titolo,

ha diritto all’accredito di tale importo.

(…)

(1B)      Colui che abbia versato ai Commissioners per un determinato periodo contabile (indipendentemente dalla sua scadenza) un importo a titolo di IVA che non era dovuto, per motivi diversi da

(a)      una contabilizzazione come imposta a valle di un importo non dovuto a tale titolo o

(…),

ha diritto all’accredito di tale importo.

(2)      I Commissioners sono tenuti ad accreditare o rimborsare un importo ai sensi del presente articolo solo su domanda presentata a tale scopo.

(2A)      Nel caso in cui

a)      a seguito di una domanda ai sensi del presente articolo, in virtù del paragrafo 1 o 1A, un determinato importo debba essere riaccreditato al contribuente e

b)      a seguito di eventuale compensazione con imposte previste dalla presente legge, tale importo rimanga in tutto o in parte a suo credito,

i Commissioners sono tenuti a versare (o a restituire) al contribuente la parte dell’importo che risulti dovuta.

(…)

(7)      Fatto salvo quanto previsto dal presente articolo, i Commissioners non sono tenuti ad accreditare o restituire le somme ad essi dichiarate o versate a titolo di IVA per il fatto che dette somme non erano loro dovute a tal titolo».

4.        In caso di accoglimento della domanda ex articolo 80 del VATA 1994, il contribuente può parimenti pretendere la corresponsione di interessi sull’importo versato in eccesso, calcolati in conformità delle disposizioni dell’articolo 78 del VATA 1994. L’articolo 78 è così formulato:

«78      Interessi in taluni casi di errore dell’amministrazione

(1)      Qualora, a seguito di un errore da parte dei Commissioners, un contribuente

a)      abbia contabilizzato a credito dei Commissioners un importo a titolo di imposta a valle, non dovuto a tal titolo, e, di conseguenza, questi siano tenuti, ai sensi dell’art. 80, paragrafo 2A), al versamento (o alla restituzione) di tale importo, o

b)      abbia omesso di chiedere l’accredito ai sensi dell’art. 25 per un importo del quale potesse legittimamente chiedere l’accredito, importo che, di conseguenza, i Commissioners sono tenuti a versare al contribuente stesso, ovvero

c)      [nei casi non ricompresi nella sfera di applicazione dei paragrafi a) o b)] abbia versato loro a titolo di IVA un importo non dovuto, importo che i Commissioners sono, di conseguenza, tenuti a restituirgli, ovvero

d)      abbia ricevuto in ritardo il versamento di un importo da parte dei Commissioners dovutogli a titolo di IVA,

i Commissioners medesimi, laddove non siano già tenuti a farlo in base ad altra disposizione, verseranno al contribuente gli interessi su tale importo per il periodo applicabile, conformemente alle seguenti disposizioni del presente articolo.

(…)

(3)      Gli interessi ai sensi del presente articolo si applicheranno al tasso previsto dall’art. 197 del Finance Act 1996 (Legge finanziaria del 1996).

(…)»

III – Fatti e domanda di pronuncia pregiudiziale

5.        Le ricorrenti nella causa principale hanno svolto ovvero svolgono nel Regno Unito un’attività di vendita per corrispondenza con consegna a domicilio, nell’ambito della quale esse provvedono alla distribuzione di cataloghi e alla vendita dei prodotti ivi illustrati tramite una rete di persone denominate «agenti». Gli agenti percepivano commissioni sulle vendite effettuate direttamente o indirettamente (in prosieguo: gli «acquisti effettuati per il tramite di terzi»), commissioni che potevano essere incassate in contanti, contabilizzate sugli acquisti effettuati in passato dagli agenti stessi o (ad un tasso maggiorato) contabilizzate su acquisti futuri.

6.        Nella causa principale è pacifico che nel periodo intercorso dal 1973 fino all’ottobre 2004, ai fini della determinazione dell’IVA, le commissioni versate sugli acquisti effettuati per il tramite di terzi siano state erroneamente inquadrate sotto il profilo sia del diritto dell’Unione sia del diritto nazionale. Infatti, in relazione a talune forniture la base imponibile è stata erroneamente determinata in misura eccessiva, con conseguente versamento di un’eccedenza di IVA.

7.        Dall’ottobre 2004 Her Majesty’s Commissioners for Revenue & Customs (in prosieguo: i «resistenti nella causa principale») hanno rimborsato alle ricorrenti nella causa principale l’IVA versata in eccesso, per un importo di circa GBP 204 774 763, in conformità dell’articolo 80 del VATA 1994. I resistenti nella causa principale hanno altresì corrisposto la somma di GBP 268 159 135 a titolo di interessi semplici, in conformità dell’articolo 78 del VATA 1994.

8.        Le ricorrenti nella causa principale chiedono il versamento di importi ulteriori complessivamente pari a circa 1 miliardo di GBP. Tali importi corrisponderebbero, a loro parere, al beneficio patrimoniale goduto dal Regno Unito per effetto della disponibilità degli importi principali di eccedenza d’imposta. Con sentenza 19 maggio 2010 il giudice del rinvio ha statuito che, in base al diritto nazionale e a prescindere dal diritto dell’Unione, la domanda doveva essere respinta.

9.        Poiché il giudice del rinvio nutre dubbi circa la compatibilità di questa conclusione con le prescrizioni del diritto dell’Unione, ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1.      Se, nel caso in cui un soggetto passivo abbia versato un’eccedenza di IVA riscossa dallo Stato membro in contrasto con la normativa dell’Unione (...) in materia di IVA, il sistema di rimedi previsto dallo Stato medesimo risulti conforme al diritto dell’Unione (...) qualora esso consenta solo a) il rimborso degli importi principali versati in eccesso e b) la corresponsione degli interessi semplici su tali importi conformemente alla normativa nazionale, quale l’articolo 78 della [VATA] 1994.

2.      In caso di soluzione negativa della questione sub 1), se il diritto dell’Unione (...) imponga che i rimedi offerti dallo Stato membro prevedano a) il rimborso degli importi principali versati in eccesso e b) la corresponsione di interessi composti in misura del valore d’uso delle eccedenze di cui lo Stato membro abbia goduto e/o della perdita del valore d’uso del denaro da parte del contribuente.

3.      In caso di soluzione negativa delle questioni sub 1) e 2), cosa debbano comprendere i rimedi che lo Stato membro deve prevedere a norma del diritto dell’Unione, oltre al rimborso degli importi principali versati in eccesso, in relazione al valore d’uso dell’eccedenza e/o agli interessi.

4.      In caso di soluzione negativa della questione sub 1), se il principio di effettività derivante dal diritto dell’Unione (...) imponga a uno Stato membro di disapplicare le restrizioni previste dalla normativa nazionale (come gli articoli 78 e 80 della [VATA] 1994) in relazione a qualsiasi azione o rimedio altrimenti esperibile dal soggetto passivo ai fini della realizzazione del diritto conferitogli dalla normativa dell’Unione (...) e definito nella risposta della Corte alle prime tre questioni, ovvero se sia sufficiente che il giudice nazionale disapplichi tali restrizioni rispetto ad una sola di tali azioni o uno solo di tali rimedi nazionali.

Quali altri principi debbano guidare il giudice nazionale nel dare esecuzione a tale diritto derivato dalla normativa dell’Unione (…) in modo conforme al principio di effettività di cui a tale normativa (...)».

IV – Procedimento dinanzi alla Corte

10.      La decisione di rinvio, datata 4 novembre 2010, è pervenuta alla cancelleria della Corte il 14 dicembre 2010. Hanno presentato osservazioni nel corso della fase scritta del procedimento le ricorrenti nella causa principale, il Regno Unito, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica di Cipro, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica francese, la Repubblica di Finlandia nonché la Commissione europea. Sono comparsi all’udienza del 22 novembre 2011 i rappresentanti delle ricorrenti nella causa principale, del Regno Unito nonché della Commissione.

V –    Argomenti delle parti

A –    La prima, la seconda e la terza questione pregiudiziale

11.      A parere della Commissione, la prima, la seconda e la terza questione pregiudiziale devono essere risolte nel senso che, ove un soggetto passivo abbia versato un’eccedenza di IVA riscossa da uno Stato membro in contrasto con la normativa dell’Unione europea in materia di IVA, rimedi che prevedano unicamente la restituzione degli importi principali versati in eccesso e degli interessi semplici su detti importi sono conformi al diritto dell’Unione, a condizione che tali rimedi consentano il corretto rimborso e la congrua compensazione a fronte del mancato utilizzo del denaro, e che i rimedi previsti dal diritto nazionale in relazione ad altre imposte non consentano rimborsi in misura superiore.

12.      I governi del Regno Unito, della Repubblica di Cipro, della Repubblica francese e della Repubblica federale di Germania propongono di risolvere la prima questione pregiudiziale nel senso che i rimedi offerti da uno Stato membro, i quali, nell’ipotesi di riscossione dell’IVA in contrasto con la normativa dell’Unione, prevedano il rimborso degli importi principali versati in eccesso e degli interessi semplici sugli importi medesimi secondo le disposizioni normative nazionali, devono ritenersi conformi al diritto dell’Unione. Anche il governo finlandese propone di risolvere la prima questione pregiudiziale in questo senso e, a tal proposito, sottolinea la necessità di rispettare i principi di equivalenza e di effettività. Il governo olandese sostiene, analogamente, che il diritto dell’Unione non impone agli Stati membri di versare interessi composti nell’ambito del rimborso dell’IVA riscossa in contrasto con quanto prescritto dal diritto dell’Unione. Alla luce delle suesposte considerazioni, ad avviso dei governi del Regno Unito, della Repubblica di Cipro, nonché dei governi olandese e finlandese, non occorre procedere alla soluzione della seconda, della terza e della quarta questione pregiudiziale.

13.      Ai fini della soluzione della prima, della seconda e della terza questione pregiudiziale, le ricorrenti nella causa principale muovono dalla considerazione che i rimedi previsti dagli Stati membri per il rimborso dell’IVA riscossa in contrasto con la normativa dell’Unione debbano consentire la compensazione del vantaggio ottenuto dallo Stato membro tramite l’uso dell’importo principale percepito in violazione del diritto dell’Unione. Spetta ai giudici nazionali accertare se la misura, oltre al rimborso dell’importo principale versato in eccesso, debba prevedere anche la corresponsione di interessi semplici, composti o un’altra formula per il calcolo degli interessi.

B –    La quarta questione pregiudiziale

14.      A parere delle ricorrenti nella causa principale, la quarta questione pregiudiziale deve essere risolta nel senso che una restrizione nazionale, contraria a quanto prescritto dal diritto dell’Unione, relativa all’esercizio di diritti derivanti dal diritto dell’Unione (come quella prevista dagli articoli 78 e 80 del VATA 1994), che preveda due rimedi nazionali distinti, deve essere disapplicata in relazione ai rimedi medesimi qualora, secondo il diritto nazionale, il soggetto avente diritto al rimborso possa decidersi liberamente per l’esperimento dell’uno o dell’altro rimedio.

15.      A parere della Commissione, non è necessario procedere alla soluzione della quarta questione. Se, tuttavia, la Corte dovesse decidersi per la risoluzione di tale questione, essa andrebbe risolta nel senso che l’articolo 78 del VATA 1994 va integralmente disapplicato qualora questa disposizione dovesse risultare incompatibile con il diritto dell’Unione.

VI – Analisi giuridica

A –    Prima, seconda e terza questione pregiudiziale

16.      Con la prima, la seconda e la terza questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente di chiarire in quale modo, in un’ipotesi come quella di cui alla causa principale, vadano applicati gli interessi sull’IVA riscossa in contrasto con la normativa dell’Unione a favore del contribuente IVA avente diritto al rimborso. A tal proposito, il giudice del rinvio chiede, in particolare, se il diritto nazionale debba prevedere, oltre al rimborso dell’importo principale versato in eccesso, la corresponsione di interessi «semplici» (prima questione pregiudiziale), «composti» (seconda questione pregiudiziale) o di altro tipo, che la Corte dovrà meglio definire, sull’importo medesimo.

17.      Per corresponsione di «interessi semplici» il giudice del rinvio intende la corresponsione di interessi senza capitalizzazione degli interessi relativi a periodi di calcolo precedenti. Una corresponsione di «interessi composti» significherebbe, invece, che gli interessi relativi ai periodi di calcolo precedenti vengono sommati al capitale, divenendo così parte della base di calcolo per i periodi successivi.

18.      Per risolvere la prima, la seconda e la terza questione pregiudiziale occorre anzitutto accertare se la problematica della corresponsione di interessi sull’IVA riscossa in violazione del diritto dell’Unione non sia stata espressamente disciplinata dalla seconda direttiva IVA (2) né dalla sesta direttiva (3).

19.      Va altresì sottolineato che le ricorrenti nella causa principale non hanno proposto alcuna domanda di risarcimento danni a seguito di una violazione del diritto dell’Unione da parte del Regno Unito (4). Secondo quanto esposto dal giudice del rinvio, è pacifico che, nella causa principale, non ricorrano i requisiti relativi alla proposizione di una domanda risarcitoria a carico dello Stato ai sensi del diritto dell’Unione. La causa principale verte, pertanto, su azioni di rimborso dell’IVA riscossa in contrasto con la normativa dell’Unione, che non sono da qualificarsi come domande di risarcimento del danno.

20.      Alla luce di tali precisazioni, ai fini della risoluzione delle prime tre questioni pregiudiziali occorre muovere dalla costante giurisprudenza della Corte secondo cui gli Stati membri sono tenuti, in linea di principio, a rimborsare le imposte riscosse in violazione del diritto dell’Unione (5). Il conseguente diritto, spettante al soggetto passivo, di ottenere il rimborso dei tributi riscossi in violazione del diritto dell’Unione costituisce la conseguenza e il complemento dei diritti attribuiti ai singoli dalle disposizioni del diritto dell’Unione che vietano tali tributi (6).

21.      Per esercitare giudizialmente siffatti diritti derivanti dal diritto dell’Unione, i soggetti aventi diritto al rimborso devono rivolgersi ai giudici nazionali (7).

22.      In mancanza di una disciplina dell’Unione in materia, spetta agli Stati membri stabilire anche le modalità procedurali concrete applicabili alle azioni giurisdizionali per il rimborso, purché in questo contesto si rispettino sempre i principi di equivalenza e di effettività (8). A tal proposito, spetta ai singoli Stati membri designare i giudici competenti e stabilire le modalità procedurali delle azioni giurisdizionali per il rimborso, purché dette modalità, da un lato, non siano meno favorevoli di quelle riguardanti ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza) né, dall’altro, rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività) (9).

23.      Il compito degli Stati membri di stabilire le modalità procedurali delle azioni giurisdizionali intese a garantire la tutela dei diritti spettanti alle persone fisiche e giuridiche in forza del diritto dell’Unione e la discrezionalità accordata agli Stati membri in merito vengono tradizionalmente ricompresi nella nozione di «autonomia procedurale degli Stati membri». Tale nozione risulta peraltro lievemente fuorviante e imprecisa. Mentre l’espressione «autonomia» sembra alludere ad un’ampia discrezionalità degli Stati membri nella determinazione delle norme procedurali, secondo la giurisprudenza della Corte una siffatta discrezionalità assoluta non esiste. Infatti, da un lato, in questo orientamento giurisprudenziale la Corte presuppone in capo agli Stati membri l’obbligo previsto dal diritto dell’Unione di rendere possibile con adeguate procedure l’esercizio dei diritti contemplati dal diritto dell’Unione (10). La decisione se siano previste o meno norme procedurali relative all’esercizio di diritti stabiliti dal diritto dell’Unione non è pertanto demandata alla discrezionalità degli Stati membri. D’altro lato, la discrezionalità accordata agli Stati membri nello stabilire le procedure e le modalità procedurali applicabili è limitata dai principi di effettività e di equivalenza.

24.      Conseguentemente, la massima dell’«autonomia procedurale» non concede agli Stati membri un’autonomia vera e propria, bensì piuttosto un certo margine di discrezionalità nello stabilire le modalità procedurali delle azioni intese a garantire la tutela di diritti derivanti dal diritto dell’Unione, il cui esercizio in giudizio non sia specificamente disciplinato dal diritto dell’Unione (11). Inoltre, nella giurisprudenza della Corte l’«autonomia procedurale» degli Stati membri non è rimasta circoscritta a questioni prettamente procedurali, ma si estende piuttosto, in parte, anche alla definizione sostanziale delle azioni volte a garantire l’esercizio dei diritti derivanti dal diritto dell’Unione(12), sicché l’autonomia procedurale comprende al contempo una sorta di remedial autonomy degli Stati membri (13).

25.      Benché la nozione dell’«autonomia procedurale degli Stati membri» sia doppiamente imprecisa, essa si è tuttavia affermata nella giurisprudenza della Corte come un concetto che rimane particolarmente impresso (14). Anch’io in prosieguo ne farò uso, fatti salvi i chiarimenti di cui sopra.

26.      Nel contesto della sua giurisprudenza sull’autonomia procedurale degli Stati membri, la Corte ha già avuto più volte modo di esprimersi sulla questione della corresponsione di interessi su importi riscossi in contrasto con la normativa dell’Unione, accogliendo, tuttavia, nelle singole sentenze sfumature differenti che consentono di distinguere due orientamenti giurisprudenziali.

27.      In un primo filone di sentenze – perlopiù meno recenti – la Corte ha deciso che la problematica del versamento di interessi su importi indebitamente riscossi secondo il diritto dell’Unione è una questione accessoria che deve essere disciplinata secondo la normativa nazionale. In particolare, spetta agli Stati membri disciplinare la questione del versamento di interessi, ivi compreso il dies a quo ai fini del loro calcolo e il relativo tasso. La Corte ha statuito in questo senso nelle sentenze Roquette Frères/Commissione (15) e Express Dairy Foods (16). Questo indirizzo giurisprudenziale è stato confermato, inter alia, nelle sentenze Ansaldo Energia (17) e N. (18).

28.      In un secondo filone di sentenze – perlopiù più recenti – la Corte ha invece affermato che, in forza del diritto dell’Unione, al soggetto passivo spetta il diritto al versamento di interessi su imposte riscosse in contrasto con la normativa dell’Unione. Questo indirizzo giurisprudenziale è sorto con la sentenza Metallgesellschaft e. a. (19), in cui la Corte si è occupata del caso di un anticipo d’imposta percepito in violazione del diritto dell’Unione. In questa sentenza, la Corte ha anzitutto confermato la propria precedente giurisprudenza secondo cui spetta al diritto nazionale disciplinare tutte le questioni accessorie relative alla restituzione di tributi indebitamente percepiti, come l’eventuale versamento di interessi, ivi compreso il dies a quo ai fini del calcolo ed il relativo tasso (20). Successivamente ha tuttavia chiarito che, nell’ipotesi di un’esazione anticipata di imposte in violazione del diritto dell’Unione, il riconoscimento di interessi è imposto dal diritto dell’Unione. A tal proposito, la Corte ha affermato, in particolare, che la norma dell’Unione che si oppone all’esazione anticipata concede al soggetto passivo il diritto di ottenere gli interessi maturati sull’anticipazione d’imposta durante il periodo intercorso tra il versamento anticipato – contrario al diritto dell’Unione – e la scadenza – conforme al diritto dell’Unione – di versamento dell’imposta (21).

29.      Questo nuovo orientamento giurisprudenziale ha trovato conferma nelle sentenze Test Claimants in the FII Group Litigation (22) e Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation (23). Entrambe le sentenze forniscono prova evidente del fatto che il ragionamento sviluppato nella sentenza Metallgesellschaft e. a. relativamente alle anticipazioni d’imposta in violazione del diritto dell’Unione è trasferibile ai casi in cui la riscossione d’imposte fosse avvenuta, nel suo complesso, in contrasto con il diritto dell’Unione. Ciò è anche logico. Infatti, per giustificare il riconoscimento degli interessi, fondato sul diritto dell’Unione, per effetto di anticipazioni d’imposta contrarie al diritto dell’Unione, la Corte muove dall’assunto che il soggetto passivo abbia subito una perdita consistente nell’indisponibilità di denaro derivante dall’anticipata esazione dell’imposta, laddove detta perdita va considerata quale somma indebitamente versata allo Stato membro o da esso trattenuta in violazione del diritto dell’Unione (24). Poiché anche la riscossione d’imposte in violazione del diritto dell’Unione comporta un’indisponibilità delle somme corrisposte fino al momento del relativo rimborso, non si ravvisa alcun motivo per operare una distinzione tra il diritto agli interessi, fondato sul diritto dell’Unione, spettante al soggetto passivo nel contesto di anticipazioni d’imposta contrarie al diritto dell’Unione e l’analogo diritto nel contesto di imposte versate in contrasto con il diritto dell’Unione.

30.      Da queste riflessioni si evince che, secondo la giurisprudenza più recente della Corte, gli Stati membri che abbiano riscosso imposte in contrasto con la normativa dell’Unione sono tenuti, in linea di principio, sia a restituire le imposte indebitamente riscosse sia a versare gli interessi per compensare l’indisponibilità delle somme versate. Pertanto, al soggetto passivo spetta il diritto sia al rimborso dell’imposta sia al versamento di interessi. Questi diritti del soggetto passivo trovano fondamento nelle disposizioni del diritto dell’Unione che sanciscono il divieto di riscossione delle imposte de quibus.

31.      In attuazione della giurisprudenza in tema di autonomia procedurale degli Stati membri, spetta agli Stati membri disciplinare concretamente, sotto il profilo sostanziale e procedurale, l’azione volta all’esercizio del diritto agli interessi derivante dal diritto dell’Unione e spettante ai soggetti passivi. Conseguentemente, è compito degli Stati membri stabilire le modalità della corresponsione di interessi, nel rispetto dei principi di effettività e di equivalenza. Tra queste modalità si annovera anche la decisione se la corresponsione di interessi debba avvenire secondo il regime degli «interessi semplici» o, piuttosto, secondo il regime degli «interessi composti».

32.      Alla luce di quanto esposto dal giudice del rinvio, risulta che il Regno Unito ha adempiuto l’obbligo, previsto dal diritto dell’Unione, di riconoscere ai contribuenti IVA aventi diritto al rimborso parimenti il diritto alla corresponsione di interessi. È controverso, invece, se il Regno Unito, nella definizione delle modalità di questo ricorso abbia violato il principio di effettività o il principio di equivalenza per il fatto di essersi limitato ad accordare una corresponsione di interessi semplici sull’importo principale.

33.      A mio avviso, la questione se sia stato rispettato il principio di effettività va senz’altro risolta positivamente.

34.      Secondo costante giurisprudenza, il principio di effettività vieta agli Stati membri di rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (25). Nel contesto della determinazione delle modalità di esercizio del diritto alla corresponsione di interessi, fondato sul diritto dell’Unione, una violazione del principio di effettività sussisterebbe solo nel caso in cui la corresponsione di interessi risultasse a tal punto ridotta da compromettere eccessivamente, sul piano sostanziale, tale diritto.

35.      In questo contesto, dalla decisione di rinvio risulta che il Regno Unito ha versato gli interessi ai sensi dell’articolo 78 del VATA 1994 sull’IVA prelevata alle ricorrenti nella causa principale in contrasto con la normativa dell’Unione.

36.      Gli interessi ai sensi dell’articolo 78 del VATA 1994 sono calcolati facendo riferimento all’articolo 197 (Legge finanziaria del 1996) e degli Air Passenger Duty and Other Indirect Taxes (Interest Rate) Regulations 1998 [regolamenti del 1998 sulla tassa sui passeggeri dei voli aerei e altre imposte indirette (tasso d’interesse)]. Per effetto di tali disposizioni, a decorrere dal 1998, i tassi sono fissati, ai fini dell’articolo 78, mediante una formula che rinvia al tasso attivo di base medio applicato da sei banche di compensazione (clearing banks), denominato «tasso di riferimento». Per i periodi compresi tra il 1973 e il 1998, i tassi sono specificati nella tabella 7 dei regolamenti del 1998. Il tasso d’interesse applicabile ai sensi dell’articolo 78 è il tasso di riferimento al netto dell’1 %. L’articolo 78 definisce anche il «periodo applicabile» per il quale gli interessi sono dovuti. Nella causa principale esso decorre dalla data in cui i Commissioners hanno percepito l’eccedenza e termina alla data in cui i Commissioners autorizzano il versamento della somma sulla quale sono dovuti gli interessi.

37.      In attuazione di queste disposizioni il Regno Unito ha rimborsato alle ricorrenti nella causa principale l’IVA percepita in violazione del diritto dell’Unione nel periodo compreso tra il 1973 e il 2004 in misura pari a circa GBP 204 774 763, ivi compresi gli interessi semplici pari a GBP 268 159 135. Conseguentemente, alle ricorrenti nella causa principale è stato concesso il diritto alla corresponsione di interessi semplici ai sensi dell’articolo 78 del VATA 1994, secondo cui la somma per interessi maturati nel corso di circa 30 anni (pari a GBP 268 159 135) supera di oltre il 25 % l’importo principale (pari a GBP 204 774 763). A mio avviso, tale corresponsione di interessi secondo l’articolo 78 del VATA 1994 è senz’altro conforme al principio di effettività.

38.      La questione se, in un procedimento come quello de quo, la corresponsione di interessi semplici di cui all’articolo 78 del VATA 1994 sia conforme anche al principio di equivalenza, non appare, invece, di così semplice soluzione.

39.      Secondo costante giurisprudenza, il principio di equivalenza richiede che la disciplina complessiva dei rimedi si applichi indistintamente a quelli fondati sulla violazione del diritto dell’Unione e a quelli analoghi fondati sulla violazione del diritto interno (26). Nella specie, ciò significa che le modalità dell’azione diretta alla corresponsione di interessi sull’IVA riscossa in contrasto con la normativa dell’Unione non devono risultare meno favorevoli di quelle riguardanti rimedi analoghi volti all’esercizio del diritto alla corresponsione di interessi risultante da una violazione del diritto interno (in prosieguo: «ricorsi analoghi di natura interna volti alla corresponsione di interessi»). In questo contesto, l’analogia dei ricorsi di natura interna volti alla corresponsione di interessi, ai quali fare riferimento come base di raffronto, presuppone che questi possano essere considerati simili con riferimento all’oggetto e agli elementi essenziali (27).

40.      Al fine di risolvere la questione se il principio di equivalenza sia rispettato, il giudice del rinvio, unico a disporre di conoscenza diretta delle modalità di calcolo degli interessi applicabili alle domande di risarcimento del danno nei confronti dello Stato, deve conseguentemente verificare se le modalità attinenti alla corresponsione d’interessi sull’IVA indebitamente riscossa ex articolo 78 del VATA 1994 siano conformi o meno a quelle applicabili ai ricorsi analoghi di natura interna diretti alla corresponsione di interessi.

41.      In questo contesto va precisato che le parti intervenute nel presente procedimento circoscrivono in maniera diversa i ricorsi analoghi di natura interna diretti alla corresponsione di interessi, ai quali fare riferimento come base di raffronto.

42.      Ad avviso della Commissione, nell’ambito della verifica del principio di equivalenza si devono porre a confronto la corresponsione di interessi sull’IVA percepita in contrasto con la normativa dell’Unione e la corresponsione di interessi in caso di riscossione indebita di altre imposte. Secondo questo approccio, la corresponsione di interessi sull’IVA percepita in contrasto con la normativa dell’Unione va posta a raffronto con la corresponsione di interessi secondo il diritto nazionale nell’ipotesi di indebita riscossione di imposte dirette o indirette, eccezion fatta per l’IVA.

43.      Il governo del Regno Unito sostiene, per contro, che la corresponsione di interessi sull’IVA percepita in contrasto con la normativa dell’Unione andrebbe posta a raffronto solamente con la corresponsione di interessi sulle imposte indirette, e non sulle imposte dirette indebitamente riscosse.

44.      Secondo il governo olandese (28), nel caso di specie il principio di equivalenza richiede, invece, che le azioni giurisdizionali per il rimborso dell’IVA indebitamente riscossa siano trattate in maniera uguale alle azioni di natura interna volte al rimborso di imposte o tasse analoghe. Secondo questo approccio, occorrerebbe anzitutto determinare quali imposte e tasse siano paragonabili all’IVA. Successivamente si dovrebbero porre a raffronto le modalità della corresponsione di interessi nel caso della riscossione indebita di tali analoghe tasse e imposte con le modalità di corresponsione di interessi nell’ambito dell’IVA.

45.      In questo contesto, il governo francese (29) rinvia alla giurisprudenza della Corte secondo cui le modalità di rimborso nazionale rispettano il principio di equivalenza qualora si applichino indifferentemente, per lo stesso tipo di tasse o imposte, ai ricorsi fondati sulla violazione del diritto dell’Unione e a quelli fondati sull’inosservanza del diritto interno.

46.      Le divergenti tesi della Commissione, del governo del Regno Unito, del governo olandese e del governo francese evidenziano palesemente che, in una fattispecie come quella in esame nella causa principale, la determinazione concreta dei ricorsi analoghi di natura interna volti alla corresponsione di interessi può rivelarsi particolarmente difficile.

47.      Ai fini della determinazione dei ricorsi analoghi di natura interna volti alla corresponsione di interessi, il giudice del rinvio deve muovere dagli elementi essenziali dell’azione volta a far valere il diritto, derivante dal diritto dell’Unione, alla corresponsione di interessi sull’IVA indebitamente riscossa. In tale contesto, analoghi sono, in ogni caso, i ricorsi aventi per oggetto la corresponsione di interessi su imposte indirette riscosse in violazione del diritto nazionale. La questione se, in un contesto come quello oggetto della causa principale, le azioni aventi per oggetto la corresponsione di interessi su tasse o imposte dirette riscosse in violazione del diritto nazionale siano da valutarsi alla stregua di ricorsi analoghi di natura interna volti alla corresponsione di interessi non può essere risolta in abstracto (30). Qualora nella causa principale si dovesse porre de facto questa domanda nel contesto della verifica del principio di equivalenza, il giudice del rinvio dovrebbe sottoporre alla Corte un nuovo rinvio pregiudiziale circostanziato per chiedere ulteriori chiarimenti sull’analogia dei ricorsi analoghi di natura interna volti alla corresponsione di interessi.

48.      Qualora il giudice del rinvio, in considerazione delle suesposte valutazioni, dovesse ritenere, in definitiva, che esistano più ricorsi analoghi di natura interna volti alla corresponsione di interessi le cui modalità siano articolate in modo diverso, non si configurerebbe tuttavia alcuna violazione del principio di equivalenza, qualora sull’IVA riscossa in contrasto con la normativa dell’Unione non si applicassero interessi secondo le modalità più favorevoli applicabili a uno o più ricorsi analoghi e comparabili di natura interna. Infatti, secondo costante giurisprudenza, il principio di equivalenza non può essere interpretato nel senso che esso obbliga uno Stato membro ad estendere il suo regime nazionale più favorevole a tutte le azioni proposte nell’ambito di una determinata materia giuridica (31).

49.      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, la prima, la seconda e la terza questione pregiudiziale devono essere risolte nel senso che, in forza del diritto dell’Unione, al soggetto passivo che abbia versato un’eccedenza di IVA, riscossa dallo Stato membro in contrasto con la normativa dell’Unione europea in materia di IVA, spetta il diritto al rimborso dell’IVA riscossa in violazione del diritto dell’Unione nonché alla corresponsione di interessi sull’importo principale da restituire. La questione se la corresponsione di interessi sull’importo principale da restituire debba avvenire secondo il regime degli «interessi semplici» o, piuttosto, secondo il regime degli «interessi composti» riguarda le modalità del ricorso volto alla corresponsione di interessi fondato sul diritto dell’Unione, modalità che devono essere fissate dagli Stati membri nel rispetto dei principi di equivalenza e di effettività.

B –    Quarta questione pregiudiziale

50.      Con la quarta questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede chiarimenti sulla procedura imposta dal diritto dell’Unione nel caso in cui la corresponsione di interessi semplici di cui all’articolo 78 del VATA 1994 sull’IVA riscossa in eccesso nel periodo tra il 1973 e il 2004 dovesse risultare al di sotto del livello imposto dal principio di effettività sancito dal diritto dell’Unione.

51.      Come ho già avuto modo di osservare, la corresponsione di interessi semplici ai sensi dell’articolo 78 del VATA 1994 sull’IVA riscossa in eccesso nel periodo tra il 1973 e il 2004 è senz’altro compatibile con il principio di effettività. Tale constatazione non significa, tuttavia, che la quarta questione pregiudiziale sia da considerarsi priva di oggetto. Infatti, alla luce di quanto esposto dal giudice del rinvio nel contesto della quarta questione pregiudiziale emerge che quest’ultima – nonostante il richiamo esplicito al principio di effettività – riguarda sostanzialmente l’efficacia del principio di equivalenza.

52.      Per una migliore comprensione della quarta questione pregiudiziale è necessario, anzitutto, soffermarsi sul fondamento (causae petendi) delle singole azioni esperibili ai fini del riconoscimento di interessi sull’IVA riscossa in contrasto con la normativa dell’Unione, che costituiscono oggetto della causa principale. Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale si evince che, oltre al ricorso volto al riconoscimento di interessi semplici secondo l’articolo 78 del VATA 1994, sono in esame anche altre due azioni o rimedi di natura interna. Si tratterebbe, in particolare, da un lato, del cosiddetto mistake-based claim (azione basata sull’errore) e, dall’altro, del cosiddetto Woolwich claim (azione Woolwich). Alla luce di quanto indicato dal giudice del rinvio, queste due causae petendi previste dal common law sono precluse per effetto dell’applicabilità dell’articolo 78 del VATA 1994.

53.      Per l’ipotesi in cui, nell’ambito della risoluzione della prima, della seconda e della terza questione pregiudiziale, l’esclusione di queste causae petendi previste dal common law per effetto dell’applicabilità dell’articolo 78 del VATA 1994 dovesse risultare contraria al diritto dell’Unione, il giudice del rinvio suggerisce che una soluzione conforme al diritto dell’Unione potrebbe essere raggiunta consentendo alle ricorrenti nella causa principale di esperire una Woolwich claim, continuando, invece, a restare preclusa l’esperibilità della mistake-based claim.

54.      Ciò premesso, con la sua quarta questione il giudice del rinvio chiede sostanzialmente di chiarire se, nel caso si accerti la contrarietà al diritto dell’Unione degli articoli 78 e 80 del VATA 1994, la disapplicazione della restrizione ivi prevista in relazione alla Woolwich claim nella causa principale possa implicare un’applicazione di interessi conforme al diritto dell’Unione, ovvero se si debba continuare a disapplicare la restrizione contenuta negli articoli 78 e 80 del VATA 1994 in relazione a qualsiasi azione o rimedio previsti dal common law.

55.      Nelle osservazioni scritte e orali, le ricorrenti nella causa principale hanno affermato (32) che le causae petendi rilevanti nel procedimento principale ai sensi del common law sono caratterizzate dal principio del libero reciproco concorso, ragion per cui il ricorrente – in presenza di tutti i relativi requisiti di applicazione – potrebbe optare, a sua discrezione, per una delle azioni a disposizione. Alle due azioni offerte dal common law (mistake-based claim e Woolwich claim) alle ricorrenti nella causa principale si applicherebbe un termine di prescrizione di sei anni. Per quanto riguarda la Woolwich claim, esso decorre già dalla data del versamento; per quanto riguarda la mistake-based claim, invece, dal momento in cui il soggetto avente diritto al rimborso è venuto o avrebbe potuto ragionevolmente venire a conoscenza dell’illegittimità del proprio versamento. Poiché le ricorrenti nella causa principale, stando a quanto dalle stesse esposto, avrebbero fatto valere i propri diritti entro il termine di sei anni dal momento in cui sarebbero venute a conoscenza del fatto, esse avrebbero particolare interesse ad avvalersi, quale causa petendi nella causa principale, della mistake-based claim.

56.      Per risolvere la quarta questione pregiudiziale occorre muovere dall’assunto secondo cui spetta agli Stati membri stabilire le modalità di applicazione di interessi su imposte riscosse in contrasto con la normativa dell’Unione, nel rispetto dei principi di effettività e di equivalenza. In questo contesto sono già pervenuta alla conclusione che la corresponsione, stabilita dal Regno Unito, di interessi semplici sull’IVA riscossa in contrasto con la normativa dell’Unione ai sensi dell’articolo 78 del VATA 1994 rispetta il principio di effettività (33).

57.      La questione se la corresponsione di interessi semplici di cui all’articolo 78 del VATA 1994 e la correlata esclusione di altre causae petendi previste dal common law rispettino anch’esse il principio di equivalenza, deve essere risolta dal giudice del rinvio secondo i criteri già illustrati (34). Nell’ambito della quarta questione pregiudiziale, detto giudice deve risolvere in particolare la questione se un soggetto passivo che chieda la restituzione di analoghe tasse o imposte riscosse in violazione del diritto nazionale, ivi compresi gli interessi, possa scegliere liberamente la causa petendi della richiesta di interessi secondo il common law o eventualmente secondo la legge, e conseguentemente – in presenza di tutti i requisiti di applicazione – optare per la Woolwich claim, la mistake-based claim o altra azione, determinando quindi autonomamente le modalità di applicazione degli interessi.

58.      Qualora il giudice del rinvio dovesse giungere alla conclusione che le modalità di applicazioni degli interessi sull’IVA riscossa in contrasto con la normativa dell’Unione siano meno favorevoli di quelle relative a rimedi analoghi di natura interna volti alla corresponsione di interessi, in quanto i soggetti passivi, optando per l’azione da esperire, possono definire il termine di prescrizione nonché le ulteriori caratteristiche dei rimedi analoghi di natura interna, laddove ciò non avviene nel caso dell’applicazione di interessi sull’IVA riscossa in contrasto con la normativa dell’Unione, le modalità più favorevoli valide per i ricorsi analoghi di natura interna devono trovare applicazione anche agli interessi sull’IVA riscossa in violazione del diritto dell’Unione e ai soggetti passivi deve essere consentita la libera scelta dell’azione da esperire.

59.      Per garantire la piena efficacia del diritto dell’Unione, in questo caso il giudice del rinvio sarebbe tenuto a disapplicare, se del caso, in considerazione delle più vantaggiose modalità applicabili agli analoghi ricorsi di natura interna volti alla corresponsione di interessi, le norme nazionali che si oppongono all’applicazione di interessi sull’IVA riscossa in contrasto con la normativa dell’Unione e ad applicare quelle norme nazionali che prevedono modalità più favorevoli per i ricorsi analoghi di natura interna ai ricorsi volti alla corresponsione degli interessi derivante dal diritto dell’Unione (35). Tale obbligo deriva direttamente dall’efficacia diretta e dal primato (36) delle disposizioni del diritto dell’Unione dalle quali discende il diritto agli interessi a favore del contribuente IVA avente diritto al rimborso.

60.      A questo punto va altresì nuovamente ricordato che il principio di equivalenza non può essere interpretato nel senso che esso obbliga uno Stato membro ad estendere il suo regime nazionale più favorevole a tutte le azioni analoghe relative alla corresponsione di interessi sull’IVA riscossa contrariamente alle disposizioni del diritto dell’Unione (37). Qualora dovesse risultare che i soggetti passivi aventi diritto al rimborso, scegliendo la causa petendi da far valere, possano decidere il termine di prescrizione e le ulteriori modalità di applicazione degli interessi solo in relazione a taluni rimedi analoghi di natura interna volti alla corresponsione di interessi, mentre ciò resta escluso per le altre azioni analoghe di natura interna, lo Stato membro può escludere la libera scelta dell’azione da esperire anche per la corresponsione di interessi sull’IVA riscossa in contrasto con la normativa dell’Unione.

61.      Pertanto, la quarta questione pregiudiziale deve essere risolta nel senso che il giudice del rinvio, qualora dovesse pervenire alla conclusione che le modalità, oggetto della causa principale, di applicazione degli interessi sull’IVA riscossa in contrasto con la normativa dell’Unione siano meno favorevoli di quelle riguardanti rimedi analoghi di natura interna volti alla corresponsione di interessi e che, pertanto, sussista una violazione del principio di equivalenza, è tenuto ad interpretare e applicare le norme nazionali nel senso che gli interessi sull’IVA riscossa in violazione del diritto dell’Unione vengono applicati secondo le modalità più favorevoli, valide per i rimedi analoghi di natura interna.

VII – Conclusione

62.      Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali nei termini seguenti:

1)         Al soggetto passivo che abbia versato un’eccedenza di IVA, riscossa dallo Stato membro in contrasto con la normativa dell’Unione europea in materia di IVA, spetta, in forza del diritto dell’Unione, il diritto al rimborso dell’IVA indebitamente riscossa nonché il diritto alla corresponsione di interessi sull’importo principale da restituire. La questione se la corresponsione di interessi sull’importo principale da restituire debba avvenire secondo il regime degli «interessi semplici» o, piuttosto, secondo il regime degli «interessi composti» riguarda le modalità del ricorso volto alla corresponsione degli interessi, fondato sul diritto dell’Unione, modalità che devono essere fissate dagli Stati membri nel rispetto dei principi di equivalenza e di effettività.

2)         Qualora il giudice del rinvio dovesse pervenire alla conclusione che le modalità, oggetto della causa principale, di applicazione degli interessi sull’IVA riscossa in contrasto con la normativa dell’Unione siano meno favorevoli di quelle riguardanti rimedi analoghi di natura interna volti alla corresponsione di interessi e che, pertanto, sussista una violazione del principio di equivalenza, è tenuto ad interpretare e applicare le norme nazionali nel senso che gli interessi sull’IVA riscossa in violazione del diritto dell’Unione vengono applicati secondo le modalità più favorevoli, valide per i rimedi analoghi di natura interna.


1 – Lingua originale delle conclusioni: il tedesco. Lingua processuale: l’inglese.


2 – Seconda direttiva 67/228/CEE del Consiglio, dell’11 aprile 1967, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari – Struttura e modalità di applicazione del sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU n. 71, pag. 1303).


3 – Sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sul fatturato - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1).


4 – Secondo costante giurisprudenza il diritto dell’Unione non osta a che una domanda di risarcimento danni a fronte di una violazione del diritto dell’Unione possa coesistere con una domanda di ripetizione dell’indebito; v. solo la sentenza del 20 ottobre 2011, Danfoss e Sauer-Danfoss (C-94/10, Racc. pag. I-9963, punto 32).


5 – Sentenze del 15 settembre 2011, Accor (C-310/09, Racc. pag. I-8115, punto 71); del 2 ottobre 2003, Weber’s Wine World e a. (C-147/01, Racc. pag. I-11365, punto 93), e dell’8 marzo 2001, Metallgesellschaft e a. (C-397/98 e C-410/98, Racc. pag. I-1727, punto 84).


6 – V. solo sentenze Danfoss e Sauer-Danfoss (citata supra, nota 4, punto 20); del 6 settembre 2011, Lady & Kid e a. (C-398/09, Racc. pag. I-7375, punto 17); del 28 gennaio 2010, Direct Parcel Distribution Belgium (C-264/08, Racc. pag. I-731, punto 45); del 14 gennaio 1997, Comateb e a. (da C-192/95 a C-218/95, Racc. pag. I-165, punto 20), e del 9 novembre 1983, San Giorgio (199/82, Racc. pag. 3595, punto 12).


7 – Il TFUE accorda ai privati un diritto al ricorso diretto dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea solo in alcuni procedimenti molto speciali, per esempio il diritto al ricorso delle persone fisiche e giuridiche di cui all’articolo 263, paragrafo 4, TFUE, articolo 268 TFUE o articolo 270 TFUE. V. in questo contesto anche Basedow, J., «Der Europäische Gerichtshof und das Privatrecht», Archiv für die civilistische Praxis, vol. 210 (2010), pagg. 157 e 192 e segg., che nell’impossibilità degli attori privati di portare le controversie relative a diritti derivanti dall’Unione dinanzi a un giudice dell’Unione ravvisa un’incoerenza insoddisfacente tra il diritto materiale e il diritto processuale dell’Unione.


8 – V. solo sentenze Danfoss e Sauer-Danfoss (citata supra, nota 4, punto 24); del 6 ottobre 2005, MyTravel (C-291/03, Racc. pag. I-8477, punto 17), e Weber’s Wine World e a. (citata supra, nota 5, punto 103).


9 – V. solo sentenze Accor (citata supra, nota 5, punto 79); dell’8 luglio 2010, Bulicke (C-246/09, Racc. pag. I-7003, punto 25); del 13 marzo 2007, Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation (C-524/04, Racc. pag. I-2107, punto 111), e del 12 dicembre 2006, Test Claimants in the FII Group Litigation (C-446/04, Racc. pag. I-11753, punto 203).


10 – V. in merito sentenza del 16 dicembre 1976, Rewe-Zentralfinanz e Rewe-Zentral (33/76, Racc. pag. 1989) che nella giurisprudenza della Corte vale quale sentenza di principio relativamente alla nozione di autonomia procedurale degli Stati membri. In questa sentenza, che riguardava la compatibilità con il diritto dell’Unione di termini previsti dal diritto nazionale per l’attuazione giudiziale di diritti stabiliti dall’Unione, la Corte ha ricollegato la nozione dell’autonomia procedurale degli Stati membri al principio, attualmente disciplinato dall’articolo 4, paragrafo 3, TFUE, della leale collaborazione tra l’Unione e gli Stati membri. Da questo principio la Corte ha concluso in particolare che è ai giudici nazionali che è affidato il compito di garantire la tutela giuridica spettante ai cittadini in forza delle norme del diritto dell’Unione aventi efficacia diretta. Questo compito degli Stati membri mira a garantire la piena efficacia del diritto dell’Unione ed è strettamente connesso al principio della tutela giurisdizionale effettiva ovvero al diritto fondamentale a un ricorso effettivo di cui all’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali. Relativamente all’interazione tra gli obblighi degli Stati membri di cui all’articolo 4 TUE, la garanzia della piena efficacia del diritto dell’Unione e il principio della tutela giurisdizionale effettiva ovvero il diritto fondamentale a un ricorso effettivo di cui all’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali, v. solo sentenza del 15 aprile 2008, Impact (C-268/06, Racc. pag. I-2483, punti 41 e segg.).


11 – V. a tal proposito, in particolare, Kakouris, C.N., «Do the Member States possess judicial procedural “autonomy”?», C.M.L.Rev. 1997, pagg. 1389 e segg. V. anche Van Gerven, W., «Of Rights, Remedies and Procedures», C.M.L.Rev. 2000, pag. 501, 502, il quale propone, tra l’altro, di sostituire la nozione dell’autonomia procedurale con quella della competenza procedurale degli Stati membri. In tal senso anche Delicostopoulos, J., «Towards European Procedural Primacy in National Legal Systems», ELJ 2003, pagg. 599 e segg., che in questo contesto muove dal presupposto di una miscela di competenza procedurale degli Stati membri e di primato del diritto procedurale dell’Unione.


12 – V. solo sentenza del 4 luglio 2006, Adeneler e a. (C-212/04, Racc. pag. I-6057, punti 90 e segg. ), dove la Corte si è appellata, tra l’altro, al principio dell’autonomia procedurale al fine di risolvere la questione di quali misure o sanzioni gli Stati membri debbano prevedere per far fronte all’abuso, di cui è questione nel presente procedimento, di diritti derivanti dal diritto dell’Unione. In tal senso anche sentenze del 7 settembre 2006, Marrosu e Sardino (C-53/04, Racc. pag. I-7213, punti 50 e segg.), e Vassallo (C-180/04, Racc. pag. I-7251, punti 35 e segg.).


13 – V: al proposito Trstenjak, V./Beysen, E., «European Consumer Protection Law: Curia semper dabit remedium?», C.M.L.Rev. 2011, pagg. 95 e 104 e segg.


14 – Sul ruolo dell’autonomia procedurale degli Stati membri nel sistema del diritto processuale civile europeo, v. anche Wagner, G., in Stein/Jonas, Kommentar zur Zivilprozessordnung, 22ª edizione, Tübingen, 2011, introduzione all’articolo 1, punti 68 e segg.


15 – Sentenza del 21 maggio 1976, Roquette Frères/Commissione (26/74, Racc. pag. 677, punti 11 e segg.).


16 – Sentenza del 12 giugno 1980, Express Dairy Foods (130/79, Racc. pag. 1887, punti 16 e segg.).


17 – Sentenza del 15 settembre 1998, Ansaldo Energia e a. (C-279/96, C-280/96 e C-281/96, Racc. pag. I-5025, punto 28).


18 – Sentenza del 7 settembre 2006, N C-470/04, Racc. pag. I-7409, punto 60).


19 – Sentenza dell’8 marzo 2001, Metallgesellschaft e a. (C-397/98 e C-410/98, Racc. pag. I-1727).


20 – Ibidem, punto 86.


21 – Ibidem, punti 87 e 89.


22 – Citata supra, nota 9, punti 202 e segg.


23 – Citata supra, nota 9, punto 112.


24 – V. in particolare sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation (citata supra, nota 9, punto 205).


25 – V. solo sentenze Accor (citata supra, nota 5, punto 79), e del 30 giugno 2011, Meilicke e a. (C-262/09, Racc. pag. I-5669, punto 55).


26 – V. sentenze del 15 aprile 2010, Barth (C-542/08, Racc. pag. I-3189, punto 19); del 26 gennaio 2010, Transportes Urbanos y Servicios Generales (C-118/08, Racc. pag. I-635, punto 33), e del 19 settembre 2006, i-21 Germany e Arcor (C-392/04 e C-422/04, Racc. pag. I-8559, punto 62).


27 – V. per tutte sentenze Transportes Urbanos y Servicios Generales (citata supra, nota 26, punto 35); Bulicke (citata supra, nota 9, punto 28), e del 16 maggio 2000, Preston e a. (C-78/98, Racc. pag. I-3201, punto 49).


28 – Osservazioni scritte del governo olandese, punto 21.


29 – Osservazioni scritte del governo francese, punto 55.


30 – V., in questo contesto, anche la sentenza del 15 marzo 2007, Reemtsma Cigarettenfabriken (C-35/05, Racc. pag. I-2425, punti 43 e segg.), in cui nell’ambito della comparabilità delle imposte dirette e indirette, la Corte è giunta alla conclusione che il sistema di tassazione diretta, nel suo complesso, non ha alcun rapporto con quello dell’IVA.


31 – Sentenze Bulicke (citata supra, nota 9, punto 27); Transportes Urbanos y Servicios Generales (citata supra, nota 26, punto 34); del 29 ottobre 2009, Pontin (C-63/08, Racc. pag.  I-10467, punto 45), e Ansaldo Energia e a. (citata supra, nota 17, punto 29).


32 – Osservazioni scritte, punti 34 e segg. e 112 e segg.


33 – V. supra, paragrafi 33 e segg.


34 – V. supra, paragrafi 38 e segg.


35 – V. per tutte sentenze del 15 luglio 2010, Purrucker (C-256/09, Racc. pag. I-7353, punto 99); del 14 gennaio 2010, Kyrian (C-233/08, Racc. pag. I-177, punto 61), e dell’8 novembre 2005, Leffler (C-443/03, Racc. pag. I-9611, punto 51).


36 – Sul primato nonché sull’efficacia diretta del diritto dell’Unione, v. ex multis parere dell’8 marzo 2011, 1/09 (Racc. pag. I-2099, punto 65), nonché parere del 14 dicembre 1991, 1/91 (Racc. pag. I-6079, punto 21).


37 – V. al riguardo la giurisprudenza citata supra, nota 31.