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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JÁN MAZÁK

presentate il 19 luglio 2012 (1)

Causa C-174/11

Finanzamt Steglitz

contro

Ines Zimmermann

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof (Germania)]

«Sesta direttiva 77/388/CEE – IVA – Esenzioni – Articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g) – Prestazioni di servizi connesse con l’assistenza sociale e la sicurezza sociale effettuate da organismi di diritto pubblico o da altri organismi riconosciuti come aventi carattere sociale – Normativa nazionale che subordina l’esenzione dei servizi di assistenza domiciliare a talune condizioni che, tuttavia, non sono applicabili nel caso in cui i servizi in questione siano prestati da determinate associazioni approvate dallo Stato, o da membri di tali associazioni»





1.        L’imposta sul valore aggiunto (IVA) è stata inizialmente intesa ed introdotta come una semplice imposta sulla fornitura di beni e servizi. Tuttavia, si può affermare che il sistema dell’IVA e alcune delle sue norme si sono rivelati piuttosto complessi. Infatti, un giudice della Court of Appeal (England and Wales) ha osservato al riguardo che «al di là della vita quotidiana (…) sta il mondo dell’[IVA], una specie di parco a tema fiscale in cui la realtà fattuale e la realtà giuridica sono sospese o invertite» (2).

2.        In ogni caso, nella presente fattispecie, il Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale tedesca) chiede chiarimenti sull’interpretazione dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), e/o paragrafo 2, lettera a), della sesta direttiva (3). Il rinvio pregiudiziale è stato effettuato nell’ambito di una controversia tra la sig.ra Ines Zimmermann e il Finanzamt Steglitz (Ufficio delle imposte di Steglitz) (in prosieguo: il «Finanzamt») vertente sull’IVA dovuta per gli anni 1993 e 1994.

3.        Si chiede alla Corte di chiarire se uno Stato membro possa – nel contesto dell’applicazione dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva – subordinare l’esenzione fiscale relativa a servizi di assistenza a domicilio a persone malate e bisognose di cure alla circostanza che, per quanto riguarda gli enti che prestano detti servizi, «nell’anno civile precedente, in almeno due terzi dei casi, le spese assistenziali siano state sostenute in tutto o in gran parte da enti di previdenza o assistenza sociale legalmente istituiti» (4).

4.        In particolare, come illustrerò, sussistono seri dubbi sulla compatibilità di tale condizione con il principio della neutralità fiscale, in quanto essa non si applica nello stesso modo a tutti i prestatori di servizi di assistenza a domicilio.

I –    Contesto normativo

A –    Diritto dell’Unione europea

5.        L’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva stabilisce che gli Stati membri devono esentare, alle condizioni da essi stabilite per assicurare la corretta e semplice applicazione delle esenzioni previste e per prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso:

«le prestazioni di servizi e le cessioni di beni strettamente connesse con l’assistenza sociale e la sicurezza sociale, comprese quelle fornite dalle case di riposo, effettuate da organismi di diritto pubblico o da altri organismi riconosciuti come aventi carattere sociale dallo Stato membro interessato».

6.        Ai sensi dell’articolo 13, parte A, paragrafo 2, lettera a), della sesta direttiva, «[g]li Stati membri possono subordinare, caso per caso, la concessione, ad enti diversi da quelli di diritto pubblico, di ciascuna delle esenzioni previste al paragrafo 1, lettere b), g), h), i), l), m) e n) all’osservanza di una o più delle seguenti condizioni:

–        gli enti di cui trattasi non devono avere per fine la ricerca sistematica del profitto: gli eventuali profitti non dovranno mai essere distribuiti ma dovranno essere destinati al mantenimento o al miglioramento delle prestazioni fornite;

–        essi devono essere gestiti ed amministrati a titolo essenzialmente gratuito da persone che non hanno di per sé o per interposta persona alcun interesse diretto o indiretto ai risultati della gestione;

–        essi devono praticare prezzi approvati dalle autorità pubbliche o che non superino detti prezzi approvati, ovvero, per le operazioni i cui prezzi non sono sottoposti ad approvazione, praticare prezzi inferiori a quelli richiesti per servizi analoghi da imprese commerciali soggette all’[IVA];

–        le esenzioni non devono essere tali da provocare distorsioni di concorrenza a danno delle imprese commerciali soggette all’[IVA]».

B –    Diritto nazionale

7.        Ai sensi dell’articolo 4, punto 16, lettera e), dell’Umsatzsteuergesetz del 1993 (legge tedesca relativa all’imposta sulla cifra d’affari; in prosieguo: l’«UStG»), nella versione applicabile agli anni controversi (vale a dire il 1993 e il 1994), erano esenti le seguenti operazioni rientranti nell’ambito di applicazione dell’articolo 1, punto 1, numeri 1-3, dell’UStG: «la cifra d’affari strettamente connessa con la gestione di (…) organismi per l’assistenza a domicilio a persone malate e bisognose di cure, allorché:

(…)

e) nel caso di organismi per il ricovero temporaneo di persone bisognose di cure e di organismi per l’assistenza a domicilio a persone malate e bisognose di cure, nell’anno civile precedente in almeno due terzi dei casi le spese assistenziali sono state sostenute, in tutto o in gran parte, da enti di previdenza o assistenza sociale legalmente istituiti».

8.        A termini dell’articolo 4, punto 18, primo periodo, dell’UStG, sono esenti: «le prestazioni rese da associazioni di assistenza sociale volontaria ufficialmente riconosciute, nonché da enti, associazioni di persone e fondi patrimoniali con finalità di assistenza sociale volontaria, i quali siano membri di siffatte associazioni, qualora

a)      i fornitori di dette prestazioni perseguano esclusivamente e direttamente fini di interesse generale, di beneficenza o religiosi,

b)      le prestazioni siano direttamente dispensate ai beneficiari per statuto, atto costitutivo o altro atto dispositivo e

c)      i compensi per le relative prestazioni rimangano al di sotto di quelli corrisposti mediamente per analoghe prestazioni rese dalle imprese aventi fini di lucro».

9.        La quota dei due terzi, prevista dall’articolo 4, punto 16, lettera e), dell’UStG (in prosieguo: la «quota dei due terzi») è stata ridotta al 40% a decorrere dal 1º gennaio 1995.

10.      L’articolo 23 dell’Umsatzsteuer-Durchführungsverordnung 1993 (regolamento di applicazione dell’imposta sulla cifra d’affari; in prosieguo: l’«UStDV») elenca undici associazioni che sono considerate come associazioni di assistenza sociale ufficialmente riconosciute ai sensi dell’articolo 4, punto 18, dell’UStG.

II – Fatti e questioni pregiudiziali

11.      La sig.ra Zimmermann, ricorrente e resistente in cassazione nel procedimento principale, fornisce servizi di assistenza domiciliare a Berlino. È infermiera diplomata e nel 1992 lavorava come responsabile di un centro di assistenza sociale. Inoltre, dall’inizio del 1993 si occupava come lavoratrice autonoma di singoli pazienti, registrandosi il 1º giugno 1993 come prestatrice di servizi di assistenza a domicilio. Su sua richiesta, presentata il 27 agosto 1993, dal 1º ottobre 1993 veniva autorizzata a fornire, nell’ambito del sistema delle casse malattia, servizi di assistenza infermieristica (5) e assistenza domiciliare (6), nonché servizi domestici (7). Nelle dichiarazioni dei redditi ai fini IVA per gli anni controversi, la sig.ra Zimmermann considerava le proprie operazioni fiscalmente esenti in forza dell’articolo 4, punto 16, lettera e), dell’UStG.

12.      Nel 1999 il Finanzamt, convenuto e ricorrente in cassazione nel procedimento principale, accertava che la sig.ra Zimmermann (con il suo personale) aveva curato nel 1993 complessivamente 76 persone, di cui 52 (pari al 68%) erano pazienti privati. Pertanto, il Finanzamt negava l’esenzione fiscale per i servizi prestati dalla sig.ra Zimmermann nel 1993 ai sensi dell’articolo 4, punto 16, lettera e), dell’UStG, a motivo del fatto che, secondo detta norma, in almeno due terzi dei casi le spese avrebbero dovuto essere sostenute in tutto o in gran parte da enti di previdenza o assistenza sociale legalmente istituiti.

13.      Il Finanzamt negava l’esenzione per i servizi erogati dalla sig.ra Zimmermann nel 1994 ai sensi dell’articolo 4, punto 16, lettera e), dell’UStG, in quanto tale norma faceva riferimento alla situazione dell’anno precedente. Tuttavia, l’esenzione di cui all’articolo 4, punto 14, dell’UStG era applicabile nei limiti in cui la sig.ra Zimmermann aveva prestato servizi di trattamento terapeutico, la cui quota veniva stimata dal Finanzamt essere di un terzo (8).

14.      A seguito di un reclamo infruttuoso, la sig.ra Zimmermann proponeva ricorso contro il Finanzamt. Nel corso del procedimento produceva una lettera del 19 ottobre 2005 indirizzatale dall’autorità amministrativa di Berlino preposta agli affari sociali e sanitari e alla tutela dei consumatori, in cui si comunicava quanto segue: «(…) Posso confermarLe che, nel settore dell’assistenza a domicilio, ha prestato gli stessi servizi ovvero ha compiuto le medesime attività dei presidi assistenziali (centri di assistenza sociale) della Lega delle unioni di libero soccorso di Berlino. La descrizione dei compiti e il contenuto dell’attività dei prestatori privati di servizi erano identici a quelli dei centri di assistenza sociale volontaria. Tale identità dei contenuti dei servizi sussiste, in base alle informazioni in mio possesso, almeno a partire dal 1988. Faccio rilevare che, a partire dal 1º gennaio 1992, l’esenzione dall’imposta sulla cifra d’affari viene subordinata a determinate condizioni dall’articolo 4, punto 16, lettera e), dell’UStG. Non posso né intendo valutare se dette condizioni sussistano. A prescindere da detta norma, ritengo però che Lei, ovvero la Sua impresa, dal punto di vista del diritto previdenziale sia stata riconosciuta come un organismo avente carattere sociale».

15.      Il Finanzgericht (Tribunale tributario) ha sostanzialmente accolto il ricorso. Nella motivazione esso ha affermato che le operazioni effettuate dalla sig.ra Zimmermann nel 1993, anno controverso, fino al 1º ottobre, erano fiscalmente esenti, in forza dell’articolo 4, punto 14, primo periodo, dell’UStG, nella misura in cui si trattava della prestazione di trattamenti terapeutici; il Finanzgericht ha stimato che la quota di tali servizi corrispondesse al 75% sulla base dei calcoli che la sig.ra Zimmermann aveva prodotto nel procedimento di ricorso.

16.      Secondo il Finanzgericht, la sig.ra Zimmermann potrebbe pretendere l’esenzione ai sensi dell’articolo 4, punto 16, lettera e), dell’UStG per il periodo compreso tra il 1º ottobre 1993 e il 31 dicembre 1994. A partire da detto periodo, almeno due terzi di tali operazioni riguardavano persone per le quali le spese di assistenza erano state sostenute, in tutto o in gran parte, da enti di previdenza o assistenza sociale legalmente istituiti. L’articolo 4, punto 16, lettera e), dell’UStG doveva essere interpretato, conformemente alla sesta direttiva, nel senso che solo il periodo decorrente dall’ottobre del 1993 era da prendere in considerazione.

17.      Con il suo ricorso per cassazione, il Finanzamt lamenta la violazione dell’articolo 4, punto 16, lettera e), dell’UStG. Esso chiede al Bundesfinanzhof di annullare la decisione precedente e respingere il ricorso nei limiti in cui il Finanzgericht lo ha accolto per il periodo compreso tra il 1º ottobre 1993 e il 31 dicembre 1994 sulla base dell’articolo 4, punto 16, lettera e), dell’UStG. La sig.ra Zimmermann chiede al Bundesfinanzhof il rigetto del ricorso per cassazione.

18.      In tale contesto, il giudice del rinvio ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), e/o paragrafo 2, lettera a), della [sesta direttiva] consenta al legislatore nazionale di subordinare l’esenzione fiscale relativa a servizi di assistenza a domicilio a persone malate e bisognose di cure alla circostanza che, per quanto riguarda gli enti che prestano detti servizi, “nell’anno civile precedente in almeno due terzi dei casi le spese assistenziali siano state sostenute, in tutto o in gran parte, da enti di previdenza o assistenza sociale legalmente istituiti” (articolo 4, punto 16, lettera e), dell’[UStG]).

2)      Se, nel rispetto del principio della neutralità dell’imposta sul valore aggiunto, sia rilevante ai fini della soluzione della precedente questione il fatto che il legislatore nazionale assoggetti l’esenzione dei medesimi servizi ad altre condizioni, qualora essi siano prestati da associazioni di assistenza sociale volontaria ufficialmente riconosciute, nonché da enti, associazioni di persone e fondi patrimoniali con finalità di assistenza sociale volontaria, i quali siano membri di siffatte associazioni (articolo 4, punto 18, dell’[UStG])».

III – Valutazione

A –    Principali argomenti delle parti

19.      La sig.ra Zimmermann spiega che sul mercato dei servizi di assistenza domiciliare gli enti pubblici (organismi a carattere sociale) competono con le organizzazioni aventi fini di lucro. Sostiene che una disposizione come quella in discussione nel procedimento principale è idonea ad assicurare il controllo dei prezzi approvati dalle autorità pubbliche degli Stati membri se sussistono le seguenti condizioni: i) i costi sostenuti da enti di previdenza o assistenza sociale legalmente istituiti corrispondono alle tariffe concordate, e ii) i costi sostenuti dagli enti di previdenza sociale sono generalmente inferiori agli importi richiesti ai pazienti privati o alle compagnie di assicurazione private.

20.      La sig.ra Zimmermann sostiene sostanzialmente che il giudice nazionale, per valutare se sussista un’illecita distorsione della concorrenza, dovrebbe accertare se i servizi prestati, che dal punto di vista del paziente o del consumatore finale sono identici o analoghi, siano assoggettati ad un diverso trattamento fiscale. A tal riguardo, la persona, la forma giuridica o la qualificazione del prestatore del servizio sarebbero irrilevanti ai fini dell’imposta sulla cifra di affari.

21.      Il governo tedesco afferma che il modo in cui la normativa disciplina il riconoscimento ufficiale delle organizzazioni a carattere sociale tiene in debita considerazione i seguenti aspetti, risultanti dalla giurisprudenza (9): i) l’eventuale esistenza di norme specifiche; ii) il carattere di interesse generale delle attività esercitate dal soggetto passivo; iii) la questione se altri soggetti passivi che svolgono la medesima attività abbiano già ottenuto un riconoscimento analogo; iv) la questione se, in definitiva, i costi dei servizi in questione siano sostenuti in gran parte da casse malattia o da altri enti di previdenza sociale, nonché v) il principio di neutralità nel senso di neutralità concorrenziale.

22.      Secondo il governo tedesco, i limiti al potere discrezionale con riguardo al principio di neutralità fiscale sono stati rispettati. In particolare, nel contesto dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva, si tratta di applicare il principio della parità di trattamento nell’ambito del riconoscimento degli organismi a carattere sociale ai fini della loro equiparazione agli organismi pubblici. Secondo questo punto di vista, il principio di neutralità non può essere interpretato nel senso comune secondo cui i contenuti dei servizi che risultano identici devono essere tassati allo stesso modo. Esso va inteso piuttosto nel senso che soggetti passivi identici devono soggiacere alle stesse condizioni per beneficiare dell’esenzione. Inoltre, secondo il governo tedesco, una disposizione relativa al riconoscimento di un’organizzazione da parte di uno Stato membro che determini una distorsione della concorrenza a scapito delle imprese private sarebbe legittima.

23.      Pertanto, secondo il governo tedesco, una volta ammesso che l’articolo 4, punto 18, dell’UStG – a differenza del punto 16 del medesimo articolo – è applicabile solo alle persone giuridiche che non perseguono fini di lucro e che sono state ufficialmente riconosciute come aventi carattere sociale, le norme tedesche non riservano a soggetti passivi identici un trattamento diverso, ma si limitano a stabilire condizioni diverse ai fini del riconoscimento come organismi a carattere sociale di soggetti passivi diversi che si trovano in condizioni di fatto e di diritto diverse.

B –    Analisi

1.      Sulla prima questione

24.      Anzitutto, per quanto concerne la situazione giuridica alla luce del diritto nazionale, il giudice del rinvio dichiara in termini univoci che, nel caso di specie, i requisiti di cui all’articolo 4, punto 16, lettera e), dell’UStG non sono soddisfatti.

25.      Tuttavia, esso nutre dubbi circa la conformità di tale risultato con la sesta direttiva.

26.      Pertanto, con la sua prima questione, esso chiede alla Corte se l’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva osti al fatto che l’esenzione dei servizi di assistenza domiciliare forniti da organizzazioni private sia subordinata ad una condizione come quella di cui al procedimento principale (10).

27.      Inizierò ricordando la pertinente giurisprudenza, già ampia, alla luce della quale occorrerà esaminare le questioni oggetto del rinvio.

28.      Come la Corte ha recentemente rammentato nella sentenza Future Health Technologies (11), «le esenzioni fiscali di cui all’[articolo 13, parte A, della sesta direttiva (12)] non sono volte ad escludere dall’IVA tutte le attività di interesse generale, ma solo quelle che sono ivi elencate e descritte in modo molto particolareggiato».

29.      Discende inoltre dalla giurisprudenza relativa alla sesta direttiva che i termini usati per designare le esenzioni previste dall’articolo 13 devono essere interpretati restrittivamente, dato che costituiscono deroghe al principio generale secondo cui l’IVA è riscossa per ogni cessione di beni o prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso da un soggetto passivo. Tuttavia, l’interpretazione di tali termini deve essere conforme agli obiettivi perseguiti da dette esenzioni e rispettare le prescrizioni derivanti dal principio di neutralità fiscale. Pertanto, questa regola d’interpretazione restrittiva non significa che i termini utilizzati per specificare le esenzioni di cui all’articolo 13 della sesta direttiva debbano essere interpretati in un modo che priverebbe tali esenzioni dei loro effetti (13).

30.      Va ricordato che le regole interpretative delle esenzioni di cui all’articolo 13 della sesta direttiva, enunciate al paragrafo 29 supra, si applicano ai requisiti specifici imposti per poter fruire di tali esenzioni, in particolare a quelli riguardanti la qualità o l’identità dell’operatore economico che effettua prestazioni coperte dall’esenzione (14).

31.      In tal senso, la Corte ha già statuito che l’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva relativo all’esenzione dall’IVA delle prestazioni connesse all’assistenza sociale e alla sicurezza sociale deve essere interpretato nel senso che l’espressione «organismi riconosciuti come aventi carattere sociale dallo Stato membro interessato» (15) non esclude enti privati che perseguono fini di lucro quali, ad esempio, le persone fisiche che gestiscono un’«impresa» (16).

32.      L’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva non specifica le condizioni e le procedure per il riconoscimento del carattere sociale degli organismi diversi da quelli disciplinati dal diritto pubblico. Spetta quindi, in via di principio, al diritto nazionale di ogni Stato membro fissare le norme in base alle quali siffatti organismi possono ottenere tale riconoscimento (17).

33.      Inoltre, l’adozione di disposizioni nazionali in materia è prevista all’articolo 13, parte A, paragrafo 2, lettera a), della sesta direttiva, in virtù del quale «[g]li Stati membri possono subordinare, caso per caso, la concessione, ad enti diversi da quelli di diritto pubblico, di ciascuna delle esenzioni previste al paragrafo 1, letter[a] (...) g) (…) all’osservanza di una (...) delle (...) condizioni» menzionate nel prosieguo di tale disposizione (18).

34.      La giurisprudenza ha altresì chiarito che, sebbene gli Stati membri, in forza dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, prima frase, della sesta direttiva, stabiliscano i presupposti delle esenzioni al fine di assicurarne la corretta e semplice applicazione e di prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso, tali presupposti non possono riguardare la definizione del contenuto delle esenzioni previste (19).

35.      Risulta dalla giurisprudenza (20) che l’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva conferisce agli Stati membri un potere discrezionale per riconoscere carattere sociale a determinati organismi che non siano di diritto pubblico.

36.      Tuttavia, ciò non toglie che, quando un soggetto passivo contesta il riconoscimento di un organismo come avente carattere sociale, spetta ai giudici nazionali valutare se le competenti autorità abbiano rispettato i limiti del potere discrezionale riconosciuto dall’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g) della sesta direttiva conformemente ai principi generali di diritto dell’Unione, segnatamente il principio di parità di trattamento (21).

37.      A tal riguardo, il principio di neutralità fiscale osta, in particolare, a che prestazioni di servizi analoghe, che si trovino quindi in concorrenza tra di loro, siano trattate in maniera diversa sotto il profilo dell’IVA (22). Infatti, tale principio costituisce il fondamento logico dell’IVA. In proposito, risulta dall’ordinanza di rinvio, ed è pacifico tra le parti, che i servizi prestati dalla sig.ra Zimmermann, quanto meno quelli forniti a partire dal 1º ottobre 1993, erano sostanzialmente identici ai servizi automaticamente esenti in forza dell’articolo 4, punto 18, dell’UStG.

38.      Infine, dalla giurisprudenza deriva inoltre che, per determinare se gli enti di diritto privato possano essere riconosciuti ai fini dell’esenzione di cui all’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva, le autorità nazionali, in conformità del diritto dell’Unione e sotto il controllo dei giudici nazionali, possono tener conto, in particolare, oltre che del carattere di interesse generale delle attività del soggetto passivo in questione e del fatto che altri soggetti passivi che svolgono le stesse attività beneficiano già di un simile riconoscimento, anche del fatto che i costi dei trattamenti di cui trattasi siano eventualmente presi a carico in gran parte da casse malattia o da altri enti previdenziali (23).

39.      A tal proposito, l’articolo 4, punto 16, lettera e), dell’UStG è stato introdotto dal legislatore tedesco al fine di «migliorare le strutture assistenziali per le persone malate e bisognose di cure» (24). La quota dei due terzi stabilita da tale disposizione è volta ad assicurare che il vantaggio fiscale contribuisca in misura significativa ad alleviare gli oneri degli enti previdenziali (25).

40.      Pertanto, è evidente che l’articolo 4, punto 16, lettera e), possa essere letto congiuntamente al requisito di cui all’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva, secondo cui il prestatore dei servizi ivi elencati dev’essere un «organism[o] riconosciut[o] come avent[e] carattere sociale dallo Stato membro interessato».

41.      Oltre alla giurisprudenza citata supra al paragrafo 38, la Corte ha dichiarato nella sentenza L.u.P. (26) che l’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera b), della sesta direttiva osta ad una normativa nazionale che subordina l’esenzione di analisi mediche effettuate da un laboratorio privato esterno a una struttura sanitaria alla condizione che esse siano effettuate sotto controllo medico. Ha anche dichiarato, tuttavia, che l’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera b), non osta a che questa stessa normativa subordini l’esenzione di dette analisi alla condizione che esse siano, almeno per il 40%, destinate a persone assicurate presso un ente previdenziale.

42.      Ne consegue che criteri di questo tipo – basati su una determinata definizione del gruppo di beneficiari dei servizi – devono essere valutati, secondo la richiamata giurisprudenza, alla luce dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, della sesta direttiva.

43.      A mio parere, il punto cruciale della presente fattispecie consiste sostanzialmente nello stabilire se la Repubblica federale di Germania, subordinando l’esenzione di cui all’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva a condizioni come quelle previste dall’articolo 4, punto 16, dell’UStG, abbia ecceduto i limiti del potere discrezionale conferitole dalla sesta direttiva (27).

44.      Il giudice del rinvio ha osservato che una delle questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevate dinanzi ad esso consiste nel fatto che è dubbio se il limite dei due terzi di cui all’articolo 4, punto 16, lettera e), dell’UStG possa essere fondato sull’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), o sull’articolo 13, parte A, paragrafo 2, lettera a), della sesta direttiva.

45.      Il criterio in discussione nel caso di specie è leggermente diverso da quello di cui alla sentenza L.u.P. (28). Nella fattispecie, tale criterio non si basa solo sulla composizione del gruppo di beneficiari dei servizi, ma richiede altresì che, per una determinata quota minima di beneficiari per i quali il sistema di previdenza o di assistenza sociale contribuisce alla copertura delle spese mediche e farmaceutiche, l’organismo in questione sostenga tali costi interamente o «in gran parte».

46.      La disposizione tedesca controversa potrebbe essere interpretata, almeno teoricamente, nel senso che prevede anche un criterio relativo ai prezzi, che andrebbe valutato separatamente ai sensi dell’articolo 13, parte A, paragrafo 2, lettera a), terzo trattino, della sesta direttiva. Tuttavia, a differenza della sig.ra Zimmermann e del governo tedesco, ritengo che ai fini della soluzione della controversia principale non sia utile fondarsi su tale disposizione. La Commissione osserva giustamente che, considerato che il giudice del rinvio non ha reputato necessario fornire una valutazione più approfondita su questo punto, un’analisi separata dell’articolo 13, parte A, paragrafo 2, lettera a), sembrerebbe artificiosa e, in ogni caso, non necessaria ai fini della risoluzione della controversia in esame. Inoltre, in ogni caso, la controversia principale non è imperniata su questioni concernenti la fissazione dei prezzi.

a)      Sul rispetto dei limiti del potere discrezionale dello Stato membro – la quota dei due terzi

47.      Come ho rilevato al paragrafo 41 supra, la Corte ha già riconosciuto nella sentenza L.u.P. (29) che l’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera b), della sesta direttiva non osta a che la normativa nazionale subordini l’esenzione delle analisi mediche in questione alla condizione che esse siano, almeno per il 40%, destinate a persone assicurate presso un ente previdenziale. La Corte ha considerato che tale scelta rientrava nell’ambito del potere discrezionale riconosciuto agli Stati membri ai fini del riconoscimento degli organismi a carattere sociale (30).

48.      A mio parere, la Corte ha già riconosciuto, di fatto, che le disposizioni che fissano una determinata quota (ad esempio i due terzi), in linea di massima, sono legittime in tale contesto. Concordo con la Commissione che, per quanto rileva nel caso di specie e a prescindere dalla circostanza che esso si applichi ad un sistema previdenziale diverso (l’assistenza sociale), il criterio dei due terzi non è diverso da quello esaminato dalla Corte nella causa L.u.P., salvo per un unico punto, ossia la quota richiesta di beneficiari dei servizi per i quali le spese vengono sostenute, interamente o in gran parte, dai sistemi previdenziali.

49.      Pertanto, ritengo che la determinazione di una quota dei due terzi rientri nei limiti di ciò che gli Stati membri possono esigere ai fini del riconoscimento di determinati organismi come aventi carattere sociale (31).

50.      A mio parere, fissando la quota a due terzi, il legislatore tedesco ha scelto una percentuale che garantisce un livello sufficiente di integrazione del prestatore del servizio nel sistema di previdenza sociale. Ciò consente a sua volta di tutelare il carattere sociale del prestatore e di considerare i servizi da esso forniti come (sufficientemente) connessi con il sistema di previdenza e assistenza sociale.

51.      Si può aggiungere che, nella giurisprudenza, quando la Corte fa riferimento all’assunzione dei costi da parte delle casse malattia in quanto criterio per stabilire se un organismo possa essere riconosciuto ufficialmente, essa fa altresì sempre riferimento alla questione se i costi siano presi a carico «in gran parte» dai sistemi di assicurazione malattia (32). Risulta pertanto che il legislatore tedesco, nell’ambito del suo potere discrezionale, ha optato per un criterio semplice ma adeguato.

b)      Sul rispetto dei limiti del potere discrezionale dello Stato membro – l’anno civile precedente

52.      Anzitutto, concordo con la Commissione sul fatto che il riferimento all’anno civile precedente crei una serie di difficoltà. La scelta dell’anno civile precedente comporta naturalmente un certo grado di imprecisione, dato che non si tratta dell’anno in cui sono state effettuate le operazioni in questione.

53.      Tuttavia, è sufficiente rilevare che il fatto che la quota dei due terzi sia riferita all’«anno civile precedente» non eccede i limiti del potere discrezionale degli Stati membri.

54.      Da un lato, si potrebbe sostenere che tale conclusione è confermata dal fatto che, nella sentenza L.u.P. (33), la Corte ha fatto riferimento al medesimo criterio e non ha contestato in nessun punto della sentenza il riferimento all’«anno civile precedente» contenuto nella disposizione che stabiliva la quota del 40% (34) oggetto di tale causa. Dall’altro, è altresì vero che nella sentenza L.u.P. (35) la Corte non ha espressamente commentato il requisito di cui all’articolo 4, punto 16, lettera c), dell’UStG, secondo cui il limite del 40% deve essere stato raggiunto nell’«anno civile precedente».

55.      In ogni caso, concordo con il governo tedesco e con la Commissione che il riferimento all’anno civile precedente contenuto nell’articolo 4, punto 16, lettera e), dell’UStG – a parte le ovvie ragioni pratiche – presenta il vantaggio di essere conforme al principio della certezza del diritto.

56.      Invero, risulterebbe difficile per i soggetti passivi fare costantemente riferimento all’anno corrente. Se così fosse, il soggetto passivo non saprebbe e non potrebbe sapere, al momento della prestazione del servizio, se questa costituisca o meno un’operazione esente, a meno che non conosca la quota dei costi da sostenere durante l’anno in corso.

57.      L’approccio da me proposto in questa sede è inoltre sostenuto dal giudice del rinvio, il quale osserva nell’ordinanza di rinvio che il fatto che l’articolo 4, punto 16, lettera e) (36), faccia riferimento alla situazione dell’anno civile precedente è diretto a garantire la certezza del diritto e potrebbe fondarsi, sul piano del diritto dell’Unione, sulla frase introduttiva dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, della sesta direttiva, secondo cui va presa in considerazione, inter alia, la «semplice applicazione delle esenzioni previste (…)».

58.      Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che l’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva consente, in linea di principio, al legislatore nazionale di subordinare l’esenzione fiscale relativa a servizi di assistenza a domicilio a persone malate e bisognose di cure alla circostanza che, per quanto riguarda le organizzazioni che prestano detti servizi, nell’anno civile precedente, in almeno due terzi dei casi le spese assistenziali siano state sostenute, in tutto o in gran parte, da enti di previdenza o assistenza sociale legalmente istituiti.

59.      Ciò non toglie, tuttavia, che tale criterio possa essere applicato solo nei limiti in cui sia compatibile con il principio di neutralità fiscale, tema che il giudice del rinvio ha espressamente affrontato nella seconda questione (37).

2.      Sulla seconda questione

60.      Con la seconda questione, il giudice del rinvio intende sapere se, ai fini della risposta alla prima questione, tenuto conto del principio della neutralità fiscale, sia rilevante il fatto che il legislatore nazionale subordini l’esenzione dei medesimi servizi a condizioni diverse nel caso in cui essi siano prestati da associazioni di assistenza sociale volontaria ufficialmente riconosciute, nonché da enti, associazioni di persone e fondi patrimoniali con finalità di assistenza sociale volontaria, i quali siano membri di siffatte associazioni (38).

61.      Anzitutto, è pacifico che il principio della neutralità fiscale è insito al sistema comune dell’IVA (39) e ne rappresenta addirittura un vero e proprio principio fondamentale (40).

62.      A tal riguardo va ricordato che il principio della neutralità fiscale era inteso a tradurre, in materia di IVA, il principio generale della parità di trattamento (41).

63.      A mio avviso, va rilevato in proposito che il principio della parità di trattamento è un principio generale di diritto dell’Unione – ed è attualmente anche sancito dall’articolo 20 della Carta dei diritti fondamentali – e che il principio della neutralità fiscale costituisce semplicemente una manifestazione di detto principio.

64.      Invero, la Corte ha già avuto occasione di dichiarare che, se una disposizione di diritto nazionale che recepisce un’esenzione prevista dalla sesta direttiva contiene una condizione contraria al principio della neutralità fiscale, tale condizione deve essere disapplicata (42).

65.      La giurisprudenza chiarisce inoltre che quando gli Stati membri si avvalgono, ai sensi dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della facoltà di fissare le condizioni dell’esenzione e, pertanto, di stabilire se un’operazione sia o meno soggetta all’IVA, devono rispettare il principio della neutralità fiscale (43).

66.      Nella sentenza Kügler la Corte ha sottolineato che il principio di neutralità fiscale osta, tra l’altro, a che operatori economici che effettuano le stesse operazioni subiscano un trattamento differenziato in materia di riscossione dell’IVA. Ne deriva che tale principio sarebbe disatteso ove la possibilità di invocare l’esenzione prevista per le prestazioni mediche fornite alle persone, menzionate all’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera c), dipendesse dalla forma giuridica mediante la quale il soggetto passivo svolge la propria attività (44).

67.      Inoltre, secondo la giurisprudenza, il principio della neutralità fiscale osta in particolare a che merci o prestazioni di servizi di uno stesso tipo, che si trovano quindi in concorrenza gli uni con gli altri, siano trattati in maniera diversa sotto il profilo dell’IVA, con la conseguenza che detti prodotti o prestazioni devono essere assoggettati ad un’aliquota uniforme (45).

68.      Da quanto dichiarato dalla Corte nella sentenza L.u.P. (46) può dedursi che il rispetto del principio di neutralità fiscale esige anzitutto che tutte le categorie di istituti privati di cui all’art. 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva siano sottoposte alle stesse condizioni ai fini del loro riconoscimento per l’erogazione di prestazioni analoghe.

69.      In definitiva spetterà ovviamente al giudice nazionale (47) verificare se la normativa nazionale rispetti tale requisito o, al contrario, limiti l’applicazione delle condizioni in questione a determinati tipi di istituti, escludendone altri.

70.      Tuttavia, già dall’ordinanza di rinvio risulta chiaramente che il giudice a quo è propenso a ritenere che nel caso di specie tale principio non sia stato rispettato.

71.      Come dimostrerò oltre, non posso che concordare con il giudice del rinvio sul fatto che, tenuto conto del requisito della neutralità dell’IVA – nella fattispecie sotto forma di neutralità in relazione alla concorrenza –, nella presente causa, in linea di principio, alla sig.ra Zimmermann non dovrebbe essere negata l’esenzione ai sensi dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva in quanto, a decorrere dal 1º gennaio 1992, il legislatore nazionale ha richiesto, mediante l’articolo 4, punto 16, lettera e), dell’UStG, nella versione applicabile agli anni controversi, che nell’anno civile precedente in almeno due terzi dei casi le spese per cure mediche siano state sostenute, in tutto o in gran parte, da enti di previdenza o assistenza sociale legalmente istituiti.

72.      L’ordinanza di rinvio chiarisce che, secondo la relazione esplicativa, sia l’articolo 4, punto 16, lettera e), che l’articolo 4, punto 18, dell’UStG sono diretti ad attuare le disposizioni dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva.

73.      L’articolo 4, punto 16, lettera e), dell’UStG stabilisce tuttavia condizioni di esenzione per i servizi assistenziali che concorrenti che prestano servizi analoghi non sono tenuti a soddisfare ai fini dell’esenzione di cui all’articolo 4, punto 18.

74.      Infatti, nel caso delle prestazioni assistenziali fornite dalla Lega delle organizzazioni dell’assistenza sociale volontaria è irrilevante, ai fini dell’esenzione ai sensi dell’articolo 4, punto 18, dell’UStG, che le spese di assistenza siano state sostenute per una determinata quota dagli enti di previdenza o di assistenza sociale legalmente istituiti; a tale riguardo non è rilevante nemmeno la situazione dell’anno precedente.

75.      In altri termini, gli organismi rientranti nell’ambito di applicazione dell’articolo 4, punto 18, dell’UStG, a differenza di quelli disciplinati dall’articolo 4, punto 16, sono esenti dall’IVA a prescindere dalla composizione del gruppo di beneficiari dei loro servizi.

76.      Ci troviamo pertanto di fronte a una situazione in cui, tenuto conto della concorrenza esistente tra prestatori analoghi, il riconoscimento di determinati organismi ai sensi dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva (quelli di cui all’articolo 4, punto 16, dell’UStG) non è subordinato alle medesime condizioni previste per servizi analoghi (quelli di cui all’articolo 4, punto 18).

77.      A tale proposito si può osservare che il 15 marzo 2007 (48), dopo aver ricevuto la risposta della Corte alla sua questione pregiudiziale, la Quinta Sezione del Bundesfinanzhof è giustamente pervenuta alla conclusione, nella causa L.u.P., che le norme nazionali di cui all’articolo 4, punto 14, e all’articolo 4, punto 16, lettere b) e c), dell’UStG non erano compatibili con il principio di diritto dell’Unione della neutralità fiscale, in quanto, ai sensi di tali disposizioni, non tutte le categorie di enti di diritto privato ai sensi dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera b), della sesta direttiva erano soggette alle medesime condizioni ai fini del loro riconoscimento per la prestazione di servizi analoghi.

78.      Ritengo che nulla nel fascicolo presentato alla Corte indichi che la distinzione di cui sopra possa comunque essere considerata compatibile con il principio della neutralità fiscale e, a tal riguardo, gli argomenti del governo tedesco non sono convincenti.

79.      Il governo tedesco sostiene essenzialmente che dovrebbe essere consentito applicare norme diverse a soggetti passivi diversi. Infatti, in una decisione amministrativa del 13 maggio 2003, intitolata «Nota sintetica sull’imposta sulla cifra d’affari n. 10» (49), l’Oberfinanzdirektion Düsseldorf (Direzione generale delle finanze di Düsseldorf) ha ritenuto che alle prestazioni di assistenza domiciliare si applicassero condizioni di esenzione diverse. Essa ha dichiarato che l’esenzione di cui all’articolo 4, punto 18, dell’UStG poteva essere concessa anche quando non risultassero soddisfatti i requisiti di cui all’articolo 4, punto 16, lettera e), dell’UStG.

80.      Tuttavia, a mio avviso, tale argomento è in contrasto con il principio della neutralità fiscale e con la sentenza della Corte nella causa L.u.P. (50). Da tale principio e da tale giurisprudenza discende che, di regola, gli Stati membri non possono applicare regole diverse a soggetti passivi diversi.

81.      Il governo tedesco ha sostenuto che gli istituti di diritto pubblico possono essere trattati in maniera diversa rispetto agli enti privati. Tuttavia, occorre rilevare – punto che è stato necessario chiarire in udienza e che è stato poi confermato dal governo tedesco – che le associazioni di assistenza sociale volontaria ufficialmente riconosciute (51) di cui all’articolo 4, punto 18, dell’UStG, sono di natura privata, e non pubblica, e pertanto non beneficiano di un’esenzione distinta ai sensi dell’articolo 4, punto 16, lettera a), che riguarda gli enti di diritto pubblico.

82.      Va rilevato che lo scopo dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva è ridurre il costo dei servizi sanitari (52). Invero, per quanto riguarda gli obiettivi perseguiti dalle esenzioni di cui all’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva, da tale disposizione emerge chiaramente che dette esenzioni, garantendo un trattamento più favorevole, in materia di IVA, ad alcune prestazioni di servizi di interesse generale dispensate nel settore sociale, mirano a ridurre il costo di tali servizi e a rendere pertanto questi ultimi maggiormente accessibili ai singoli in grado di beneficiarne (53).

83.      Ritengo (al pari della Commissione) che, se è pur vero che tale obiettivo di riduzione dei costi dell’assistenza sanitaria giustifica, in linea di principio, il ricorso ad un criterio come quello dei due terzi stabilito dall’articolo 4, punto 16, lettera e), dell’UStG, resta il fatto che detto obiettivo non spiega perché tale criterio si applichi alle persone che si trovano nella situazione della sig.ra Zimmermann, ma non agli enti menzionati all’articolo 4, punto 18, dell’UStG.

84.      Il governo tedesco sostiene che la condizione di cui all’articolo 4, punto 16, dell’UStG è diretta a garantire che il prestatore sia effettivamente un organismo a carattere sociale e serve a collocarlo sullo stesso piano degli enti pubblici. Esso afferma che lo scopo delle norme in questione è utilizzare l’esenzione fiscale per attirare persone nel sistema di assicurazione malattia.

85.      Sebbene ritenga che ciò sia comprensibile, resta il fatto che i due gruppi di soggetti passivi [ai sensi dell’articolo 4, punto 16, lettera e), e dell’articolo 4, punto 18] dovrebbero essere soggetti alle medesime regole.

86.      Infatti, come la Corte ha dichiarato nella sentenza Rank Group, «[i]l principio della neutralità fiscale deve essere interpretato nel senso che una differenza di trattamento ai fini dell’imposta sul valore aggiunto di due prestazioni di servizi identiche o simili dal punto di vista del consumatore e che soddisfano le medesime esigenze di quest’ultimo è sufficiente a dimostrare una violazione di tale principio. Una violazione siffatta non esige che sia dimostrata anche l’effettiva esistenza di una concorrenza tra i servizi di cui trattasi o una distorsione della concorrenza a causa di tale differenza di trattamento» (54).

87.      Infine, il giudice del rinvio ha osservato giustamente che la sesta direttiva non contiene alcuna disposizione che consenta agli Stati membri di subordinare l’esenzione dei medesimi servizi alla circostanza che il prestatore sia una determinata associazione o un membro della stessa.

88.      Come osservazione conclusiva rilevo che, se la Germania intende introdurre regole per il riconoscimento delle organizzazioni a carattere sociale – sebbene la giurisprudenza chiarisca che la sesta direttiva non impone che tale riconoscimento sia concesso conformemente ad una procedura formale, né che esso sia espressamente previsto da disposizioni nazionali in materia fiscale (55) –, ne ha facoltà. Tuttavia, tali regole devono rispettare il principio della neutralità fiscale.

89.      Dall’insieme delle considerazioni che precedono emerge che il principio della neutralità fiscale osta all’applicazione della condizione di cui trattasi nel procedimento principale (56) se, ai sensi delle disposizioni nazionali applicabili, l’esenzione dei medesimi servizi è subordinata ad altre condizioni qualora essi siano prestati da associazioni di assistenza sociale volontaria ufficialmente riconosciute, nonché da enti, associazioni di persone e fondi patrimoniali con finalità di assistenza sociale volontaria, i quali siano membri di siffatte associazioni.

IV – Conclusione

90.      Alla luce di quanto sopra, ritengo che si debba rispondere come segue alle questioni sollevate dal Bundesfinanzhof (Germania):

«1.      L’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, consente, in linea di principio, al legislatore nazionale di subordinare l’esenzione fiscale relativa a servizi di assistenza a domicilio a persone malate e bisognose di cure alla circostanza che, per quanto riguarda gli enti che prestano detti servizi, nell’anno civile precedente in almeno due terzi dei casi le spese assistenziali siano state sostenute, in tutto o in gran parte, da enti di previdenza o assistenza sociale legalmente istituiti.

      Tuttavia, tale criterio è applicabile solo nei limiti in cui sia compatibile con il principio della neutralità fiscale.

2.      Il principio della neutralità fiscale osta all’applicazione di tale criterio qualora, ai sensi della normativa nazionale applicabile, l’esenzione relativa a servizi identici o analoghi sia subordinata a condizioni diverse, come nel procedimento principale».


1 –      Lingua originale: l’inglese.


2 – Sentenza Royal & Sun Alliance Insurance Group plc c. Customs and Excise Commissioners [2001] STC 1476 (CA) [54] per Sedley LJ. A mio parere si dovrebbe aggiungere, tuttavia, che spesso le difficoltà inerenti alla sua applicazione ed interpretazione non sono dovute all’IVA in sé, bensì ai tentativi di aggirarla.


3 – Sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1).


4 – In prosieguo: la «condizione controversa nel procedimento principale».


5 – Articolo 37 del Libro quinto del Sozialgesetzbuch (Codice di previdenza sociale tedesco; in prosieguo: l’«SGB V»), nella versione applicabile all’epoca dei fatti (del 20 dicembre 1988, parte I, pag. 2477).


6 – Articoli 53-56 dell’SGB V.


7 – Articolo 38 dell’SGB V.


8 – Avvisi di accertamento IVA del 27 aprile 1999 relativi agli anni 1993 e 1994.


9 – Il governo tedesco richiama le sentenze del 26 maggio 2005, Kingscrest Associates e Montecello (C-498/03, Racc. pag. I-4427, punti 53 e 41 e segg.), e del 10 settembre 2002, Kügler (C-141/00, Racc. pag. I-6833, punti 57 e segg). Esso fa inoltre riferimento alla sentenza del 6 novembre 2003, Dornier (C-45/01, Racc. pag. I-12911, punti 72 e segg).


10 – Secondo cui, nell’anno civile precedente, in almeno due terzi dei casi le spese devono essere state sostenute, in tutto o in gran parte, da enti di previdenza o assistenza sociale legalmente istituiti.


11 – Sentenza del 10 giugno 2010 (C-86/09, Racc. pag. I-5215, punto 29). Per analogia v., in particolare, sentenze dell’11 luglio 1985, Commissione/Germania (107/84, Racc. pag. 2655, punto 17); del 20 novembre 2003, D’Ambrumenil e Dispute Resolution Services (C-307/01, Racc. pag. I-13989, punto 54), e del 28 gennaio 2010, Eulitz (C-473/08, Racc. pag. I-907, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).


12 – Divenuto articolo 132 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU L 347, pag. 1).


13 – V. sentenza Future Health Technologies, cit. alla nota 11, punto 30. Per analogia, v., in particolare, sentenze del 14 giugno 2007, Haderer (C-445/05, Racc. pag. I-4841, punto 18 e giurisprudenza ivi citata); del 19 novembre 2009, Don Bosco Onroerend Goed (C-461/08, Racc. pag. I-11079, punto 25 e giurisprudenza ivi citata), nonché Eulitz, cit. alla nota 11, punto 27 e giurisprudenza ivi citata. V. anche sentenza del 10 giugno 2010, CopyGene A/S (C-262/08, Racc. pag. I-5053, punti 25 e 26).


14–      V. sentenza Eulitz, cit. alla nota 11, punto 42. V., in tal senso, sentenza del 7 settembre 1999, Gregg (C-216/97, Racc. pag. I-4947, punti 16-20); Kingscrest Associates e Montecello, cit. alla nota 9, punto 23, e Haderer, cit. alla nota 13, punto 19.


15 – Si noti che, nella versione inglese, la disposizione corrispondente della direttiva 2006/112 – l’articolo 132, paragrafo 1, lettera g) – non utilizza più il termine «charitable», impiegando invece l’espressione «(…) bodies recognised by the Member State concerned as being devoted to social wellbeing» (il corsivo è mio).


16 – V. sentenze Kingscrest Associates e Montecello, cit. alla nota 9, punti 35 e segg., e Gregg, cit. alla nota 14, punti 17 e segg.


17 – V. sentenze Dornier, punti 64 e 81, e Kingscrest Associates e Montecello, punto 49, cit. alla nota 9; dell’8 giugno 2006, L.u.P. (C-106/05, Racc. pag. I-5123, punto 42), e CopyGene A/S, cit. alla nota 13, punto 63.


18 – V. sentenze Dornier, punto 65, e Kingscrest Associates e Montecello, punto 50, cit. alla nota 9.


19 – V., inter alia, sentenze Kingscrest Associates e Montecello, cit. alla nota 9, punti 22-24 e giurisprudenza ivi citata, e del 14 dicembre 2006, VDP Dental Laboratory (C-401/05, Racc. pag I-12121, punto 26).


20 – V. sentenze Kügler, punto 54, e Kingscrest Associates e Montecello, punto 51, cit. alla nota 9.


21 – V., in tal senso, sentenze Kügler, punto 56; Dornier, punto 69, e Kingscrest Associates e Montecello, punto 52, cit. alla nota 9, nonché L.u.P., cit. alla nota 17, punto 48.


22 – V., inter alia, sentenze Kügler, cit. alla nota 9, punto 30; del 3 maggio 2001, Commissione/Francia (C-481/98, Racc. pag. I-3369, punto 22); del 23 ottobre 2003, Commissione/Germania (C-109/02, Racc. pag. I-12691, punto 20); Kingscrest Associates e Montecello, cit. alla nota 9, punti 41 e 54; del 10 aprile 2008, Marks & Spencer (C-309/06, Racc. pag. I-2283, punto 47), e del 3 marzo 2011, Commissione/Paesi Bassi (C-41/09, Racc; pag; I-831, punto 66).


23 – V. sentenze Kügler, punti 57 e 58, Dornier, punti 72 e 73, e Kingscrest Associates e Montecello, punto 53, cit. alla nota 9 [relativamente all’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva], nonché L.u.P., cit. alla nota 17, punto 53 [relativamente all’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera b), della sesta direttiva].


24 – In originale: «[um] die bestehenden Versorgungsstrukturen bei der Pflege kranker und pflegebedürftiger Personen zu verbessern». V. Bundestags-Drucksache 12/1506, pag. 178, unitamente alla pag. 65.


25 – Nella fattispecie si fa riferimento alla sentenza del Bundesfinanzhof del 24 gennaio 2008, V R 54/06, Bundessteuerblatt 2008, parte II, pag. 643, sub II. l.c., che richiama la sentenza del Bundesverfassungsgericht del 31 maggio 2007, 1 BvR 1316/04, Neue Juristische Wochenschrift 2007, pag. 3628.


26 – Cit. alla nota 17, punto 55.


27 – Cfr., ad esempio, sentenza del 7 maggio 1998, Commissione/Spagna (C-124/96, Racc. pag. I-2501), in cui la Corte ha sostanzialmente dichiarato che dall’articolo 13, parte A, paragrafo 2, lettera a), terzo trattino, non risulta che uno Stato membro, subordinando l’esenzione di cui all’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera m), ad una o più condizioni previste nel paragrafo 2, lettera a), della medesima disposizione, possa modificarne il campo d’applicazione. Inoltre, l’articolo 13, parte A, paragrafo 2, lettera a), esclude una limitazione dell’esenzione agli organismi o stabilimenti sportivi privati a carattere sociale che percepiscano quote di ingresso o canoni periodici pari o inferiori ad un determinato importo, senza tener conto delle caratteristiche e delle circostanze specifiche di ciascuna attività sportiva.


28 – Cit. alla nota 17.


29 – Ibid.


30 – V. sentenze Kügler, punto 54, e Kingscrest Associates e Montecello, punto 51, cit. alla nota 9.


31 – Giova ricordare che tale quota dei due terzi è stata nel frattempo ridotta al 40%.


32 – V. sentenza Kügler, punti 57 e segg., Dornier, punti 72 e segg., e Kingscrest Associates e Montecello, punti 53, 41 e segg., cit. alla nota 9.


33 – Cit. alla nota 17.


34 – Disposta dall’articolo 4, punto 16, lettera c), dell’UStG 1980/1991/1993.


35 – In particolare, ai punti 41 e segg.


36 – E, di fatto, l’articolo 4, punto 16, lettere b)-d), dell’UStG.


37 – V. sentenza L.u.P., cit. alla nota 17, punto 50.


38 – Articolo 4, punto 18, dell’UStG.


39 – V., inter alia, sentenze dell’11 giugno 1998, Fischer (C-283/95, Racc. pag. I-3369, punto 27), e Gregg, cit. alla nota 14, punto 19.


40 – V. sentenza del 29 ottobre 2009, SKF (C-29/08, Racc. pag. I-10413), punto 67 e giurisprudenza ivi citata.


41 – V., inter alia, sentenze del 29 ottobre 2009, NCC Construction Danmark (C-174/08, Racc. pag. I-10567, punto 41); CopyGene A/S, cit. alla nota 13, punto 64, e del 10 novembre 2011, Rank Group (C-259/10 e C-260/10, Racc. pag. I-10947, punto 61). V. altresì sentenza del 7 dicembre 2006, Eurodental (C-240/05, Racc. pag. I-11479, punto 55).


42 – V. sentenza del 17 febbraio 2005, Linneweber e Akritidis (C-453/02 e C-462/02, Racc. pag. I-1131, punto 37).


43 – V., per analogia, sentenze Fischer, cit. alla nota 39, punto 27, e Linneweber e Akritidis, cit. alla nota 42, punto 24.


44 – Cit. alla nota 9, punto 30. V. anche, nel medesimo senso, sentenza Gregg, cit. alla nota 14, punto 20.


45 – V. sentenze dell’11 ottobre 2001, Adam (C-267/99, Racc. pag. I-7467, punto 36), e Commissione/Germania (C-109/02, cit. alla nota 22, punto 20).


46 – Cit. alla nota 17, punto 50.


47 – V. sentenze Kügler, punto 57, e Dornier, punto 74, cit. alla nota 9, nonché CopyGene A/S, cit. alla nota 13, punto 65.


48 – V R 55/03 (BFHE 217, 48, BStBl II 2008, 31). Cfr., tuttavia, sentenza del Bundesfinanzhof del 24 gennaio 2008 nella causa Czukas, V R 54/06.


49 – Kurzinformation Umsatzsteuer Nr. 10 (Umsatzsteuer-Rundschau 2005, 516).


50 – Cit. alla nota 17.


51 – Nonché gli enti, le associazioni di persone e i fondi patrimoniali con finalità di assistenza sociale volontaria, i quali siano membri di siffatte associazioni.


52 – V., inter alia, sentenza L.u.P., cit. alla nota 17, punto 31.


53 – Sentenza Kingscrest Associates e Montecello, cit. alla nota 9, punto 30. V. anche sentenze Dornier, cit. alla nota 9, punto 43 [relativamente all’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettere b) e c), della sesta direttiva]; D’Ambrumenil e Dispute Resolution Services, cit. alla nota 11, punto 58 [articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera b)], e L.u.P., cit. alla nota 17, punto 25 [articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettere b) e c)].


54 – Cit. alla nota 41, punto 36.


55 – V. sentenza Dornier, cit. alla nota 9, punto 67.


56 – Vale a dire, qualora uno Stato membro, nel contesto dell’applicazione dell’esenzione di cui all’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva, subordini l’esenzione relativa a servizi di assistenza a domicilio a persone malate e bisognose di cure alla circostanza che, per quanto riguarda gli enti che prestano detti servizi, nell’anno civile precedente in almeno due terzi dei casi le spese assistenziali siano state sostenute, in tutto o in gran parte, da enti di previdenza o assistenza sociale legalmente istituiti.