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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PEDRO CRUZ VILLALÓN

presentate il 7 novembre 2013 (1)

Causa C-47/12

Kronos International Inc.

contro

Finanzamt Leverkusen

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Finanzgericht Köln (Germania)]

«Libertà di stabilimento – Libera circolazione dei capitali – Normativa tributaria – Imposta sulle società – Tassazione dei dividendi – Rispettivo ambito di applicazione degli articoli 49 TFUE e 63 TFUE – Normativa interna applicabile indistintamente alle partecipazioni di controllo e alle partecipazioni di portafoglio – Meccanismi di prevenzione della doppia imposizione dei dividendi – Regime di esenzione dei dividendi di origine estera – Regime d’imputazione dei dividendi di origine nazionale – Differente trattamento delle perdite della società controllante – Restrizione – Giustificazioni – Ripartizione del potere impositivo degli Stati membri – Coerenza complessiva del sistema»





1.        Nella causa in esame la Corte è nuovamente chiamata a pronunciarsi su una domanda di pronuncia pregiudiziale vertente sulla compatibilità con il diritto dell’Unione, nella specie con le disposizioni del Trattato relative alla libertà di stabilimento e alla libera circolazione dei capitali, di una normativa nazionale in materia di imposta sulle società che assoggetta i dividendi distribuiti alle società madri residenti a regimi fiscali diversi a seconda che essi siano di origine nazionale o estera.

2.        La Corte dovrà anzitutto stabilire quale libertà trovi applicazione al procedimento principale, posto che la società residente di cui trattasi è stata costituita negli Stati Uniti d’America, che le partecipazioni da essa detenute nelle sue diverse controllate superano il 90% e che la normativa nazionale si applica a tutte le partecipazioni superiori al 10%. La Corte sarà così chiamata ad approfondire la propria copiosa giurisprudenza in materia di individuazione della libertà applicabile al trattamento fiscale dei dividendi.

3.        La Corte dovrà poi verificare la compatibilità con le disposizioni del Trattato della normativa nazionale controversa nel procedimento principale (2), volta ad evitare l’imposizione a catena o la doppia imposizione economica dei dividendi versati alle società residenti attraverso l’esenzione dei dividendi di origine estera, che sono peraltro oggetto di tassazione alla fonte, laddove i dividendi di origine nazionale sono assoggettati a un regime di imputazione.

4.        La Corte ha, in effetti, già avuto occasione di pronunciarsi su questioni di tale natura, ma in fattispecie in cui, al contrario di quella oggetto del procedimento principale, erano i dividendi di origine nazionale ad essere esenti da imposta e i dividendi di origine estera quelli che beneficiavano (3) o avrebbero dovuto beneficiare (4) di un regime di imputazione.

5.        La causa in esame presenta tuttavia un elemento di complessità che la distingue dalle cause esaminate sino ad oggi dalla Corte. Ciò che viene contestato nell’ambito del procedimento principale non è tanto la dualità dei regimi applicabili ai dividendi, quanto le conseguenze che la loro applicazione può comportare nell’ipotesi in cui la società residente beneficiaria registri delle perdite. La Corte è quindi chiamata a esaminare una problematica che si colloca a cavallo della propria giurisprudenza, già molto copiosa, in materia di trattamento fiscale dei dividendi e di quella relativa al trattamento delle perdite (5), ma in una configurazione del tutto inedita.

I –    Contesto normativo

A –    Convenzioni contro la doppia imposizione

6.        Le varie convenzioni bilaterali pertinenti in vigore nei periodi di imposta controversi nel procedimento principale e stipulate dalla Repubblica federale di Germania rispettivamente con il Regno del Belgio, il Regno di Danimarca, la Repubblica francese, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e il Canada, prevedevano tutte, in termini generali, l’imponibilità dei dividendi liquidati dalle controllate alla rispettiva società madre, stabilita in Germania, a partire da una partecipazione compresa tra il 10 e il 25%, non in Germania ma nello Stato di stabilimento di queste ultime.

B –    Normativa tedesca

7.        L’articolo 49, paragrafo 1, della legge tedesca relativa all’imposta sulle società (Körperschaftsteuergesetz (6)) rinvia alle disposizioni della legge relativa alle imposte sui redditi (Einkommensteuergesetz (7)) per quanto attiene all’attuazione della tassazione delle società, ivi compreso il regime di imputazione.

8.        L’articolo 36, paragrafo 2, punto 3, dell’EStG, che disciplina il regime denominato «dell’imputazione integrale», stabilisce quanto segue:

«(2)      (...) Sono imputate all’imposta sui redditi:

3.      l’imposta sulle società di una società o di un’associazione, integralmente soggetta all’imposta sulle società, per i 3/7 dei redditi ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, punto 1 o 2, nella misura in cui essi non provengano da distribuzioni di dividendi implicanti un utilizzo di capitali propri ai sensi dell’articolo 30, paragrafo 2, punto 1, della legge relativa all’imposta sulle società. Lo stesso vale per i redditi ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2, punto 2, lettera a), ottenuti in occasione della prima cessione, da parte del socio, di cedole o di altri diritti; in tali casi l’imposta sulle società è imputata nei limiti dei 3/7 dell’importo distribuito per i diritti ceduti. L’imposta sulle società non è imputata:

(...)

f)      quando i redditi non siano stati contabilizzati nella determinazione della base imponibile;

(...)».

9.        Il giudice del rinvio precisa peraltro che i dividendi di origine estera erano ugualmente esenti da imposta sulle società in Germania in forza dell’articolo 26, paragrafo 7, del KStG, nel testo in vigore fino al 1993, e dell’articolo 8b, paragrafo 5, del KStG, nel testo in vigore dal 1994 al 2000.

II – Fatti

10.      La Kronos International Inc. (8), ricorrente nel procedimento principale, è una holding costituita nel 1988 in base al diritto dello Stato del Delaware (Stati Uniti d’America), con sede sociale in quest’ultimo Stato e la direzione amministrativa in Germania, ove è iscritta nel registro delle imprese tramite una controllata.

11.      Essa è stata costituita per garantire una direzione unica a varie società europee e canadesi che doveva riacquistare dalla NL Industries Inc. (USA). Dal 1989 essa detiene il 99,95% delle partecipazioni della società tedesca Kronos Titan GmbH e partecipazioni dirette o indirette in numerose società, la cui entità è stata variabile tra il 1991 e il 2001, ossia gli anni di cui trattasi nel procedimento principale, oscillando tra il 90 e il 100%.

12.      Tra il 1991 e il 2001 la KII ha così detenuto il 100% del capitale della Kronos Canada Inc. e della Kronos UK Ltd. e una partecipazione compresa tra il 92,941% e il 93,771% nel capitale della Société Industrielle Titane (Francia).

13.      Tra il 1999 e il 2001, essa ha altresì detenuto il 100% del capitale della Kronos Denmark APS, attraverso la quale ha controllato, nel 2000 e nel 2001, il 99,99% del capitale della Kronos Europa SA/NV (Belgio) e il 100% del capitale della Kronos Norge (Norvegia).

14.      Il procedimento principale verte sull’imposta sulle società dovuta dalla KII in Germania per gli anni compresi tra il 1991 e il 2001 e, più precisamente, sull’impossibilità per la KII di imputare all’imposta sulle società dovuta in Germania l’imposta sulle società assolta dalle proprie controllate di primo e secondo livello stabilite in altri Stati membri o in Stati terzi, e di ottenerne eventualmente, in caso di perdite, il rimborso in Germania.

15.      Tra il 2004 e il 2010 venivano emessi nei confronti della KII avvisi di riscossione per l’imposta sulle società dovuta per gli anni dal 1991 al 2001. La KII versava, nella specie, EUR 4 190 788,57 a titolo di imposta sulle società per l’anno 1991 ed EUR 2 050 183,81 per l’anno 1992. Essa non versava, invece, imposte sulle società tra il 1993 e il 2001, per effetto delle perdite da essa registrate.

16.      In tale contesto, la KII chiedeva che le imposte versate tra il 1991 e il 2001 dalle proprie controllate di primo e secondo livello stabilite in altri Stati membri (Belgio, Francia e Regno Unito) o in Stati terzi (Canada, Norvegia) venissero imputate alle imposte sulle società da essa dovute in Germania e ne venisse disposto il rimborso.

17.      Con decisione del 15 dicembre 2005 il Finanzamt Leverkusen (l’amministrazione finanziaria di Leverkusen) respingeva la domanda. Tale decisione di diniego era fondata sul combinato disposto dell’articolo 36, paragrafo 2, punto 3, lettera f), dell’EStG e dell’articolo 49, paragrafo 1, del KStG, in forza dei quali l’imputazione dell’imposta sulle società gravante sui dividendi è ammessa soltanto quando tali dividendi siano contabilizzati come redditi imponibili. Orbene, i dividendi di origine estera, essendo esenti da imposta, non potrebbero essere presi in considerazione quali redditi imponibili.

18.      Con decisione del 10 gennaio 2007, il Finanzamt Leverkusen respingeva in quanto infondato il ricorso presentato dalla KII con riguardo all’avviso relativo al calcolo e all’imputazione del credito fiscale per l’imposta sulle società per l’esercizio 1994.

19.      Il 7 febbraio 2007 la KII presentava quindi dinanzi al Finanzgericht Köln (Tribunale tributario di Colonia) un ricorso di annullamento avverso la suddetta decisione e un ricorso in carenza vertente sul calcolo dell’imposta sulle società per gli esercizi compresi tra il 1991 ed il 1993 e tra il 1995 ed il 2001.

III – Questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte

20.      Alla luce di tali circostanze il Finanzgericht Köln (Germania) ha deciso di sospendere la pronuncia e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1.      Se il diniego dell’imputazione dell’imposta sulle società in considerazione dell’esenzione fiscale di cui godono i dividendi distribuiti da società di capitali [con sede in un] paese terzo a favore di società di capitali tedesche, esenzione che le disposizioni di legge nazionali subordinano soltanto al fatto che la partecipazione della società di capitali beneficiaria dei dividendi nel capitale sociale della società distributrice sia pari almeno al 10%, rientri unicamente nella libertà di stabilimento ai sensi del combinato disposto degli articoli 49 e 54 TFUE, o anche, quando l’effettiva partecipazione della società di capitali beneficiaria dei dividendi è pari al 100%, nella libera circolazione dei capitali ai sensi degli articoli da 63 a 65 TFUE.

2.      Se le disposizioni in materia di libertà di stabilimento (attualmente articolo 49 TFUE) e, eventualmente, anche di libera circolazione dei capitali (fino al 1993 articolo 67 CEE/CE, attualmente articoli da 63 a 65 TFUE) vadano interpretate nel senso che ostano a una disciplina che, in caso di esenzione da imposta dei dividendi delle società controllate estere, esclude l’imputazione e il rimborso dell’imposta sulle società gravante su dette distribuzioni di dividendi anche in presenza di perdite in capo alla società controllante, laddove, con riguardo ai dividendi distribuiti da società controllate nazionali, accordi uno sgravio mediante imputazione dell’imposta sulle società.

3.      Se le disposizioni in materia di libertà di stabilimento (attualmente articolo 49 TFUE) e, eventualmente, anche di libera circolazione dei capitali (fino al 1993 articolo 67 CEE/CE, attualmente articoli da 63 a 65 TFUE) vadano interpretate nel senso che ostano a una disciplina che nega l’imputazione e il rimborso dell’imposta sulle società gravante sui dividendi delle controllate di secondo o di terzo livello quando detti dividendi siano esenti da imposta nel paese della controllata, vengano (ri)distribuiti alla società controllante nazionale e siano parimenti esenti da imposta in Germania, ma che, nel contesto di situazioni puramente nazionali, consenta eventualmente il rimborso mediante l’imputazione, quanto alla controllata, dell’imposta sulle società gravante sui dividendi della controllata di secondo livello e, quanto alla controllante, dell’imposta sulle società gravante sui dividendi della controllata, in caso di perdite in capo alla controllante.

4.      Ove trovino applicazione anche le disposizioni in materia di libera circolazione dei capitali, si pone, con riguardo ai dividendi canadesi, in funzione della risposta data alla seconda questione, un’ulteriore questione:

      Se l’attuale articolo 64, paragrafo 1, TFUE vada interpretato nel senso che consente alla Repubblica federale di Germania di applicare disposizioni nazionali e disposizioni della convenzione in materia di doppia imposizione rimaste sostanzialmente invariate dal 31 dicembre 1993 e, quindi, di continuare a negare l’imputazione dell’imposta canadese sulle società gravante su dividendi esenti da imposta in Germania».

21.      Hanno depositato osservazioni scritte la ricorrente e il resistente nel procedimento principale, i governi tedesco e del Regno Unito, nonché la Commissione europea.

22.      La ricorrente e il resistente nel procedimento principale, il governo tedesco e la Commissione hanno anche svolto osservazioni orali all’udienza del 16 maggio 2013.

IV – Osservazione preliminare

23.      Le quattro questioni pregiudiziali poste dal giudice del rinvio sollevano, in termini generali, due problemi nettamente distinti, che saranno esaminati in ordine successivo, il primo vertente sulla libertà applicabile alla controversia, corrispondente alla prima questione, e il secondo relativo alla compatibilità della normativa tedesca con la libertà da applicare, corrispondente alla seconda, terza e quarta questione.

V –    Sulle libertà invocabili e applicabili nel procedimento principale (prima questione)

24.      Con la prima questione il giudice del rinvio chiede alla Corte, essenzialmente, se la normativa di uno Stato membro (la Repubblica federale di Germania), applicabile alla tassazione dei dividendi versati a società di tale Stato membro («società di capitali tedesche») dalle controllate stabilite in uno Stato terzo («società di capitali di uno Stato terzo»), rientri unicamente negli articoli 49 TFUE e 54 TFUE, relativi alla libertà di stabilimento, o se essa ricada parimenti negli articoli da 63 a 65 TFUE, in materia di libera circolazione dei capitali, posto che, da una parte, la suddetta normativa riguarda tutte le partecipazioni superiori al 10%, e, dall’altra, che la partecipazione in esame è in effetti del 100%.

25.      Anticipando le considerazioni che verranno svolte nel prosieguo, posso precisare fin da subito che, così com’è formulata, la prima questione del giudice del rinvio deve essere risolta alla luce della giurisprudenza della Corte, nel caso di specie, più precisamente, della sentenza del 13 novembre 2012, Test Claimants in the FII Group Litigation II (9).

26.      Infatti, in parole molto semplici e come vedremo nel prosieguo, nella suddetta sentenza la Corte ha statuito che, nella misura in cui la libertà di stabilimento non trovasse applicazione ratione loci a una normativa nazionale relativa al trattamento fiscale dei dividendi versati a una società residente di uno Stato membro da parte di una controllata stabilita in uno Stato terzo (10), doveva applicarsi, salvo abusi, la libera circolazione dei capitali, a condizione che la suddetta normativa si riferisse indistintamente alle partecipazioni che consentono di esercitare una sicura influenza sulle decisioni di una società e di determinare le attività di quest’ultima (in prosieguo: le «partecipazioni di controllo») e alle partecipazioni effettuate al solo scopo di realizzare un investimento finanziario, senza intenzione di influire sulla gestione e sul controllo dell’impresa (in prosieguo: le «partecipazioni di portafoglio»).

27.      Orbene, benché la questione della libertà applicabile nel procedimento principale sia posta con riguardo ai dividendi versati alla KII dalla sua controllata stabilita in uno Stato terzo, quella che per comodità di linguaggio chiameremo la «dimensione extracomunitaria» del procedimento principale, essa si pone tuttavia anche in relazione ai dividendi versati alla KII dalle proprie controllate stabilite in altri Stati membri o in Stati parte dell’Accordo sullo Spazio economico europeo del 2 maggio 1992 (11), vale a dire la «dimensione intracomunitaria» del procedimento principale, pur non avendo il giudice del rinvio ritenuto di dover interrogare la Corte a tal proposito, e ciò per la ragione che segue.

28.      In applicazione di consolidata giurisprudenza della Corte, la libertà di stabilimento è la sola applicabile, in linea di principio, alla dimensione intracomunitaria del procedimento principale. Orbene, diversamente da quanto sembrano presupporre le questioni formulate dal giudice del rinvio, la KII non può, in ragione della sua «nazionalità», avvalersi della libertà di stabilimento, né riguardo alle sue controllate stabilite negli Stati terzi, né riguardo a quelle stabilite in altri Stati membri o in Stati parte dell’Accordo SEE.

29.      La Corte deve così stabilire se, nel solco della sua sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation II e tenuto conto della ratio legis della soluzione da essa ivi adottata, la libera circolazione dei capitali debba trovare applicazione non soltanto alla dimensione extracomunitaria del procedimento principale, ma anche alla sua dimensione intracomunitaria.

30.      Come cercherò di dimostrare, occorre rispondere in senso affermativo alla questione in parola. Nella misura in cui la libertà di stabilimento non si applica ratione personae a una normativa nazionale disciplinante il trattamento fiscale dei dividendi versati a una società residente di uno Stato membro da una controllata residente in un altro Stato membro, deve trovare applicazione, salvo abusi, la libera circolazione dei capitali, a condizione che la suddetta normativa si applichi indistintamente alle partecipazioni di controllo e alle partecipazioni di portafoglio.

31.      Esaminiamo tali questioni in dettaglio.

1.      Sulla libertà applicabile alla dimensione extracomunitaria del procedimento principale

32.      Nella sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation II (12), che, va sottolineato, è stata pronunciata successivamente alla data in cui la presente domanda di pronuncia pregiudiziale è pervenuta alla Corte, quest’ultima ha risposto in senso affermativo a una questione molto simile alla prima questione del giudice del rinvio che era stata sollevata in un contesto analogo (13), ferma restando l’ipotesi dell’abuso di diritto (14).

33.      La Corte ha, infatti, dichiarato che una società residente di uno Stato membro titolare di una partecipazione in una società residente di un paese terzo può invocare l’articolo 63 TFUE per contestare la conformità a tale disposizione di una normativa del citato Stato membro che disciplina il trattamento fiscale dei dividendi provenienti dal suddetto Stato terzo ed è applicabile sia alle partecipazioni di controllo che alle partecipazioni di portafoglio (15).

34.      Occorre sottolineare che la sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation II modifica l’approccio, elaborato da consolidata giurisprudenza della Corte, ai fini dell’individuazione della libertà applicabile alle normative nazionali in materia di trattamento fiscale dei dividendi, e ciò in modo esplicito per quanto attiene alle fattispecie extracomunitarie.

a)      La modifica apportata alla giurisprudenza dalla sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation II nelle fattispecie extracomunitarie

35.      Prima dell’intervento della sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation II, come indicato del resto dalla Corte ai punti da 89 a 92, la libertà applicabile al trattamento fiscale dei dividendi doveva infatti essere stabilita sulla base o dell’oggetto della normativa nazionale controversa (criterio giuridico) o della fattispecie controversa (criterio di fatto).

36.      Così, se la normativa nazionale controversa era destinata ad applicarsi alle sole partecipazioni di controllo, essa doveva essere esaminata, in linea di principio in via esclusiva, alla luce della libertà di stabilimento (16).

37.      Se la normativa nazionale si applicava alle partecipazioni di portafoglio, essa doveva essere esaminata, in linea di principio in via esclusiva, alla luce della libera circolazione dei capitali.

38.      Per contro, se la normativa nazionale si applicava a prescindere dall’entità della partecipazione detenuta, vale a dire indifferentemente alle partecipazioni di controllo e alle partecipazioni di portafoglio, non era allora possibile stabilire, sulla sola base del suo oggetto, se essa rientrasse primariamente nell’una o nell’altra libertà ed era a tal punto necessario ricorrere al criterio di fatto.

39.      Così, se si discuteva di una partecipazione di controllo, trovava applicazione la libertà di stabilimento mentre, nel caso di una partecipazione di portafoglio, trovava applicazione la libera circolazione dei capitali, in entrambi i casi, in linea di principio, in via esclusiva. Se non era possibile stabilire la natura delle partecipazioni controverse, la normativa nazionale doveva essere esaminata alla luce di entrambe le libertà (17).

40.      Tale doppia verifica veniva compiuta per intero sia quando oggetto della causa erano dividendi versati a società residenti da controllate stabilite in altri Stati membri, ossia nelle fattispecie intracomunitarie, sia nel caso di dividendi versati da controllate stabilite in Stati terzi, ossia nelle fattispecie extracomunitarie.

41.      Attualmente, dopo la sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation II, in sede di trattamento fiscale dei dividendi provenienti da uno Stato terzo, vale a dire in una situazione extracomunitaria, è sufficiente l’esame del solo oggetto della disciplina nazionale per stabilire la libertà applicabile (18).

42.      Pertanto, posto che la normativa nazionale controversa è destinata ad applicarsi sia alle partecipazioni di controllo che alle partecipazioni di portafoglio (criterio giuridico), la libera circolazione dei capitali può essere invocata indipendentemente dalle partecipazioni di cui trattasi (criterio di fatto).

43.      Ridefinendo così il metodo e i criteri di determinazione della libertà applicabile al trattamento fiscale dei dividendi nelle fattispecie extracomunitarie, la sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation II permette di porre rimedio alle conseguenze talvolta radicali di una giurisprudenza che poteva indurre la Corte a dichiarare, in determinate situazioni, il diritto dell’Unione semplicemente inapplicabile (19).

44.      Pertanto, ciò che giustifica la soluzione innovatrice adottata con la sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation II è essenzialmente il fatto che la normativa de qua, applicata ai dividendi provenienti da paesi terzi, non può ricadere nella libertà di stabilimento, con la conseguenza che essa resta estranea alla sfera di applicazione del diritto dell’Unione.

b)      Applicazione della giurisprudenza Test Claimants in the FII Group Litigation II alla dimensione extracomunitaria del procedimento principale

45.      Nel caso di specie, la KII, una società considerata «residente» in Germania benché registrata negli Stati Uniti d’America, detiene una partecipazione del 100% nel capitale di una controllata stabilita in un paese terzo, il che le conferisce indubbiamente una sicura influenza sulle decisioni di quest’ultima. Essa è, d’altro canto, soggetta al regime di esenzione dei dividendi versati da tale controllata, il quale trova applicazione a tutte le partecipazioni superiori al 10% e non si applica pertanto solo nell’ipotesi in cui la società controllante eserciti un’influenza determinante sulla società che distribuisce i dividendi.

46.      La prima questione sollevata dal giudice del rinvio, presa alla lettera, riguarda quindi una situazione che può essere ritenuta corrispondente in toto a quella considerata dalla sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation II, cosicché è possibile darle risposta affermativa, negli stessi termini e per le stesse ragioni di cui alla succitata sentenza.

2.      Sulla libertà applicabile alla dimensione intracomunitaria del procedimento principale

47.      Tuttavia, come è stato già sottolineato, la prima questione del giudice del rinvio è riferita, nelle circostanze del procedimento principale, soltanto alla controllata della KII stabilita in uno Stato terzo rispetto all’Unione («Drittland») e non sembra quindi riguardare le controllate stabilite in Stati membri diversi dalla Germania o in Stati parte dell’Accordo SEE. Il giudice del rinvio sembra d’altronde presupporre, come risulta dalla sua seconda e terza questione, che la dimensione intracomunitaria del procedimento principale rientri nella libertà di stabilimento e, «eventualmente», nella libera circolazione dei capitali.

48.      Orbene, nelle circostanze del procedimento principale, la libertà di stabilimento non è applicabile né ratione loci, né ratione personae. Come ricordato, la KII non può infatti invocare la libertà di stabilimento riguardo ai dividendi versati dalle sue controllate stabilite in paesi terzi. Essa non può neppure, in ragione della sua «nazionalità», avvalersene in relazione ai dividendi versati dalle sue controllate stabilite in altri Stati membri.

a)      La KII non può avvalersi della libertà di stabilimento

49.      Il procedimento principale presenta peculiarità per il fatto che la KII non può avvalersi della libertà di stabilimento né riguardo alle sue controllate stabilite in Stati terzi, data la natura puramente intracomunitaria di tale libertà, né riguardo alle sue controllate stabilite in altri Stati membri o in Stati parte dell’Accordo SEE, in ragione della sua «nazionalità».

50.      D’altro canto, la Corte ha inoltre sottolineato, nel suo parere 1/94 del 15 novembre 1994 (20), che l’obiettivo del capo del Trattato relativo alla libertà di stabilimento è di garantire il diritto di stabilimento a favore dei soli cittadini degli Stati membri, che siano persone fisiche o giuridiche. Tale capo non contiene nessuna norma volta ad estendere la sfera d’applicazione delle sue disposizioni a situazioni esterne all’Unione europea. La libertà di stabilimento non può essere quindi invocata né ove una persona giuridica di un paese terzo detenga una partecipazione che le attribuisce un’influenza determinante sulle decisioni e sulle attività di una società di uno Stato membro (21), né in casi riguardanti lo stabilimento di una società di uno Stato membro in un paese terzo (22).

51.      In effetti, la KII è una società costituita ai sensi del diritto americano e avente la sede statutaria negli Stati Uniti d’America. La sua direzione amministrativa è tuttavia situata in territorio tedesco cosicché, come emerge dalle osservazioni scritte presentate dalla Repubblica federale di Germania, essa è integralmente assoggettata all’imposta sulle società in tale Stato membro, a norma dell’articolo 1, paragrafo 1, del KStG. È in tale qualità di società «residente» assoggettata all’imposta sulle società in Germania che la KII invoca sia la libertà di stabilimento sia la libera circolazione dei capitali per opporsi all’applicazione, nei suoi confronti, della normativa fiscale tedesca o, più precisamente, per ottenere il trattamento fiscale dei dividendi che essa rivendica.

52.      La KII non può quindi, alla luce delle disposizioni dell’articolo 54 TFUE, avvalersi della libertà di stabilimento, dal momento che essa non è costituita conformemente alla legislazione di uno Stato membro (23). La questione che si pone nell’immediato è quindi se essa possa eventualmente avvalersi della libera circolazione dei capitali.

53.      La controversia principale pone altresì la questione se la libera circolazione dei capitali sia, nelle circostanze di tale procedimento, applicabile alla sua dimensione intracomunitaria o, in altre parole, se la soluzione adottata dalla Corte nella sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation II riguardo alle fattispecie extracomunitarie possa essere trasposta alle fattispecie intracomunitarie e sia, dunque, applicabile al procedimento principale nel suo complesso.

b)      La risposta fornita nella sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation II deve poter trovare applicazione nelle circostanze del procedimento principale

54.      A mio avviso, dal momento che la libertà di stabilimento non può essere invocata rispetto a una normativa nazionale in materia di trattamento fiscale dei dividendi che, riferendosi sia alle partecipazioni di controllo che alle partecipazioni di portafoglio, abbia portata generale, la libera circolazione dei capitali deve poter trovare applicazione, salvo abusi, e ciò sebbene nella causa principale si discuta di partecipazioni di controllo.

55.      Come emerge dalla suesposta analisi, tale soluzione si inserisce perfettamente nel solco di quella accolta dalla Corte nella sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation II, non essendoci nelle motivazioni di quest’ultima nulla che osti alla sua trasposizione nel caso di specie.

56.      Infatti, dalla sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation II si evince agevolmente che la ragione fondamentale per cui la Corte ha ritenuto che la libera circolazione dei capitali dovesse, nelle fattispecie extracomunitarie, trovare applicazione alle normative nazionali di portata generale risiede unicamente nell’impossibilità di applicare ad esse la libertà di stabilimento.

57.      Orbene, come abbiamo visto e al pari delle società controllate stabilite in Stati terzi, la KII non può, quale società controllante, avvalersi della libertà di stabilimento e soddisfa pertanto la condizione cui la Corte subordina l’applicabilità della libera circolazione dei capitali. Inoltre, la normativa nazionale oggetto del procedimento principale è destinata ad applicarsi indistintamente alle partecipazioni di portafoglio e alle partecipazioni di controllo e, conseguentemente, soddisfa la condizione cui la Corte subordina l’applicazione della libera circolazione dei capitali.

58.      La situazione oggetto del procedimento principale soddisfa quindi, in sostanza, le condizioni poste dalla Corte nella sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation II senza rientrare tra le fattispecie che essa ha chiaramente escluso dal campo di applicazione della nuova giurisprudenza. La Corte si è, infatti, particolarmente premurata di sottolineare che la libera circolazione dei capitali e, quindi, il diritto dell’Unione, restavano inapplicabili alle fattispecie extracomunitarie quando la normativa nazionale in materia di trattamento fiscale dei dividendi riguarda soltanto le partecipazioni di controllo. In tale ipotesi, la libertà di stabilimento resta la sola libertà applicabile e la situazione extracomunitaria esula dal campo di applicazione del diritto dell’Unione (24).

59.      Infine, la trasposizione della giurisprudenza Test Claimants in the FII Group Litigation II consentirebbe soprattutto di evitare che il diritto dell’Unione trovi applicazione in relazione alla dimensione extracomunitaria del procedimento principale pur non potendosi applicare alla sua dimensione intracomunitaria, il che dev’essere necessariamente considerato come un’anomalia.

60.      Ritengo che, in circostanze come quelle oggetto del procedimento principale, si debba riconoscere l’applicabilità della libera circolazione dei capitali tanto più che essa non sarebbe né automatica né sistematica, al punto da contribuire alla creazione di situazioni di abuso, come osservato dalla Corte al punto 100 della sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation II.

61.      La Corte ha, infatti, precisato che occorreva evitare che l’interpretazione dell’articolo 63, paragrafo 1, TFUE consentisse agli operatori economici che beneficiano della libera circolazione dei capitali ma che non ricadono nella sfera di applicazione territoriale della libertà di stabilimento di avvalersi di quest’ultima. Essa ha tuttavia stabilito che, nella fattispecie, ciò non accadeva per il fatto che la normativa controversa dello Stato membro non riguardava «le condizioni di accesso al mercato» di una società di tale Stato membro in un paese terzo o di una società di un paese terzo in tale Stato membro.

62.      Tale criterio delle condizioni di accesso al mercato è lo stesso accolto dalla Corte nella sentenza Fidium Finanz (25), cosicché, mentre le giustificazioni fondamentali della riserva così prevista dalla Corte non emergono esplicitamente dai motivi della sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation II, esse sono perfettamente comprensibili alla luce della sentenza Fidium Finanz.

63.      Nella causa Fidium Finanz, la normativa tedesca prevedeva che gli enti finanziari stabiliti in paesi terzi potessero esercitare le loro attività, nel caso di specie la prestazione di servizi finanziari sul territorio tedesco, solo previo ottenimento di un’autorizzazione assimilabile in concreto a un obbligo di stabilimento. Essa aveva per effetto «di ostacolare l’accesso al mercato finanziario tedesco delle società aventi sede in Stati terzi» (26). Era difficile ammettere, in tali circostanze, che una società stabilita in uno Stato terzo potesse avvalersi della libera circolazione dei capitali per poter, in qualche modo, eludere, neutralizzare la normativa di uno Stato membro recante una disciplina molto specifica delle condizioni per la prestazione dei servizi finanziari, delle condizioni di accesso al mercato di tale Stato membro.

64.      Nel caso di specie, in linea con la normativa britannica controversa nella causa che ha dato origine alla sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation II, la normativa tedesca oggetto del procedimento principale non è destinata in alcun modo a pregiudicare le «condizioni di accesso al mercato» ai sensi della sentenza Fidium Finanz.

3.      Conclusione

65.      Dalle suesposte considerazioni risulta che, nelle circostanze del procedimento principale, una società residente di uno Stato membro che detenga partecipazioni di controllo in società residenti di altri Stati membri, di Stati parte dell’Accordo SEE o di Stati terzi può avvalersi delle disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei capitali al fine di contestare la compatibilità con tali norme della disciplina di uno Stato membro vertente sul trattamento fiscale dei dividendi, ove tale disciplina sia destinata a trovare applicazione sia alle partecipazioni che consentono di esercitare una sicura influenza sulle decisioni di una società e di determinare le attività di quest’ultima (partecipazioni di controllo) sia alle partecipazioni effettuate al solo scopo di realizzare un investimento finanziario, senza intenzione di influire sulla gestione e sul controllo dell’impresa (le partecipazioni di portafoglio) e sempreché essa non sia volta a disciplinare le condizioni di accesso al mercato delle società del suddetto Stato membro negli altri Stati membri o negli Stati terzi o delle società di altri Stati membri o degli Stati terzi all’interno dello Stato membro di cui trattasi.

66.      Propongo, pertanto, alla Corte di dichiarare, in risposta alla prima questione sottoposta dal giudice del rinvio, come riformulata, che il diritto dell’Unione deve essere interpretato nel senso che la compatibilità della normativa di uno Stato membro in materia di tassazione dei dividendi destinata ad applicarsi a tutte le partecipazioni superiori al 10% può essere esaminata alla luce della libera circolazione dei capitali quando le partecipazioni di cui trattasi consentano di esercitare una sicura influenza sulle decisioni di una società e di determinare le attività di quest’ultima, sempreché tale normativa non sia volta a disciplinare le condizioni di accesso al mercato delle società del suddetto Stato membro negli altri Stati membri o negli Stati terzi o delle società degli altri Stati membri e degli Stati terzi in tale Stato membro.

VI – Sulla compatibilità della normativa tedesca con la libera circolazione dei capitali

67.      Con la seconda, terza e quarta questione, che è opportuno esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede alla Corte, in sostanza, se le norme del Trattato relative alla libera circolazione dei capitali debbano essere interpretate nel senso che ostano ad una normativa di uno Stato membro, come quella controversa nel procedimento principale, la quale, nel caso in cui una controllante residente registri delle perdite, escluda l’imputazione e il rimborso dell’imposta sulle società assolta dalle controllate di primo e di secondo livello della controllante medesima stabilite in altri Stati membri o in Stati terzi, laddove tale imputazione e tale rimborso sono previsti per le controllate residenti.

A –    La normativa tedesca sulla tassazione dei dividendi (i meccanismi di imputazione dei dividendi nazionali e di esenzione dei dividendi esteri)

68.      Occorre ricordare, in limine, gli elementi essenziali della normativa fiscale tedesca sui dividendi che distingue tra quelli versati a una società residente da una controllata residente (dividendi di origine nazionale), che sono soggetti al regime di imputazione, e quelli che sono versati a una società residente da una controllata stabilita in un altro Stato membro o in Stati terzi (dividendi di origine estera) i quali beneficiano di un regime di esenzione.

1.      Il regime di imputazione dei dividendi di origine nazionale

69.      A termini dell’articolo 36, paragrafo 2, punto 3), dell’EStG, i dividendi di origine nazionale sono soggetti a un regime di imputazione nell’ambito del quale l’imposta sulle società pagata alla fonte dalla società controllata distributrice è imputata all’imposta dovuta dalla società controllante beneficiaria, in parte ove tale società non distribuisca i dividendi di cui trattasi agli azionisti finali e in toto ove essa li distribuisca integralmente.

2.      Il regime di esenzione dei dividendi di origine estera

70.      I dividendi di origine estera beneficiano, per contro, di un regime di esenzione, denominato «regime privilegiato convenzionale dei dividendi infragruppo». In forza di varie convenzioni bilaterali essi sono, infatti, esenti da imposta in Germania a partire da una partecipazione compresa tra il 10 e il 25%. Posto che tali dividendi di origine estera non costituiscono redditi imponibili, essi non sono presi in considerazione in sede di determinazione dell’imposta e non possono quindi essere imputati alle imposte dovute dalla società controllante. L’articolo 36, paragrafo 3, lettera f), dell’EStG escludeva, infatti, l’imputazione dell’imposta sulle società all’imposta sul reddito quando tali redditi non erano contabilizzati in sede di quantificazione della base imponibile.

3.      Il trattamento delle perdite nell’ambito del regime di imputazione dei dividendi di origine nazionale

71.      Dalla decisione di rinvio e dalle osservazioni scritte presentate alla Corte risulta che il regime di imputazione istituito dalla normativa tedesca permette a una società controllante beneficiaria di dividendi distribuiti da una controllata residente di ottenere, qualora essa registri o riporti delle perdite e la distribuzione di dividendi della controllata distributrice non ne consenta la compensazione, da una parte, di non pagare imposte sulle società e, dall’altra, di beneficiare di un rimborso corrispondente all’imposta sulle società pagata alla fonte dalla controllata distributrice.

72.      Un simile rimborso è invece sempre escluso in caso di dividendi di origine estera, dal momento che essi sono esenti da imposta e non possono essere, pertanto, ricompresi, ai sensi dell’articolo 36, paragrafo 2, punto 3, lettera f), dell’EStG, nella base imponibile della società controllante.

B –    Sull’esistenza di una restrizione alla libera circolazione dei capitali

1.      Sintesi delle osservazioni presentate alla Corte

73.      Il giudice del rinvio ritiene che la regola di cui all’articolo 36, paragrafo 2, punto 3, lettera f), dell’EStG, che subordina l’imputazione alla condizione che i redditi corrispondenti siano contabilizzati nell’ambito della determinazione dell’imposta, non integri una restrizione, poiché non prevede nessuna distinzione fondata sull’origine dei redditi. Se dovesse essere accertata l’esistenza di una restrizione, essa potrebbe quindi derivare soltanto dall’effetto combinato delle norme in materia di determinazione dell’imposta e di quelle sull’imputazione dell’imposta.

74.      Il giudice a quo ritiene che il regime di esenzione di cui beneficiano i dividendi di origine estera, peraltro conforme alle prescrizioni dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 90/435/CEE del Consiglio, del 23 luglio 1990, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (27), sia sempre più vantaggioso del regime di imputazione cui sono soggetti i dividendi di origine nazionale.

75.      Una disparità di trattamento tra dividendi di origine nazionale e dividendi di origine estera potrà ravvisarsi soltanto qualora le controllate straniere distribuiscano dividendi e la società controllante registri o proceda al riporto di perdite. Il giudice del rinvio dubita, tuttavia, che una situazione siffatta sia incompatibile con il diritto dell’Unione.

76.      Il regime di esenzione dei dividendi di origine estera e il regime di imputazione applicabile ai dividendi di origine nazionale, esaminati nelle due fasi della procedura di determinazione e della procedura di imputazione dell’imposta, sarebbero infatti equivalenti, presentando il primo addirittura un vantaggio rispetto al secondo, posto che esso non impone nessun obbligo di prova e, quindi, nessun onere procedurale.

77.      Il giudice del rinvio ben riconosce, richiamandosi alla giurisprudenza della Corte (28), che una normativa tributaria che accordi un trattamento svantaggioso ai dividendi di origine estera integra una restrizione anche se la sua applicazione può avere, in determinate situazioni, effetti vantaggiosi. Il giudice medesimo non condivide, tuttavia, la tesi sostenuta dalla KII, a detta della quale sussisterebbe una restrizione già per il solo fatto che il regime di esenzione comporti un vantaggio a livello di determinazione dell’importo dell’imposta e uno svantaggio di cassa nel quadro della procedura di imputazione dell’imposta.

78.      Posto che i dividendi di origine estera sono esenti, essi esulerebbero sempre dalla determinazione dell’importo dell’imposta e sarebbero, quindi, sempre privilegiati. Essi non possono pertanto essere oggetto di imputazione. I dividendi di origine nazionale sono, invece, sempre presi in considerazione nell’ambito della determinazione dell’importo dell’imposta, ma tale presa in considerazione è compensata dall’imputazione, sulle imposte pagate dalla società madre beneficiaria, dell’imposta sulle società gravante sui dividendi assolta dalla controllata distributrice, imputazione che è totale quando la controllante ridistribuisce immediatamente i dividendi, o parziale quando essa non li ridistribuisce.

79.      Orbene, quando la società madre residente registra delle perdite, la distribuzione di dividendi da parte delle controllate residenti ha anch’essa un effetto negativo, sia nella procedura di determinazione dell’importo dell’imposta che nella procedura di imputazione della stessa. In sede di procedura di determinazione dell’importo dell’imposta tale distribuzione compensa in tutto o in parte le perdite e concorre a ridurre o impedire il loro riporto, sia per gli anni anteriori sia per quelli successivi. In sede di procedura di imputazione dell’imposta la riduzione del riporto delle perdite per gli anni anteriori riduce il rimborso dell’imposta assolta negli anni precedenti.

80.      Il vantaggio di cassa che deriverebbe, in caso di perdite, dal regime di imputazione si concretizzerebbe soltanto nell’ambito della procedura di imputazione. A livello di procedura di determinazione dell’imposta, l’imposta dovuta dalla società controllante è, malgrado i dividendi distribuiti dalla controllata residente, contenuta o inesistente. A livello di procedura di imputazione, l’imposta sui dividendi assolta dalla controllata è imputata all’imposta della società controllante e può, di conseguenza, comportare un rimborso, parziale o totale.

81.      Tali effetti vantaggiosi e svantaggiosi, da un esercizio fiscale a un altro, costituirebbero tuttavia soltanto la logica conseguenza dell’applicazione di due regimi diversi.

82.      Nelle proprie osservazioni scritte la KII afferma essenzialmente che la normativa fiscale tedesca applicabile ai dividendi versati a una società madre residente integra una restrizione alla libera circolazione dei capitali nella misura in cui il regime di esenzione dei dividendi di origine estera è meno vantaggioso del regime di imputazione dei dividendi di origine nazionale nel caso in cui la società controllante registri delle perdite.

83.      Posto che una società controllante tedesca, quando registra delle perdite, può ottenere, in applicazione del meccanismo dell’imputazione, il rimborso dell’imposta assolta dalla sua controllata tedesca, la KII chiede di avvalersi dello stesso beneficio, vale a dire di ottenere in Germania il rimborso delle imposte sulle società assolte dalle sue controllate nel loro Stato di stabilimento. Il diniego dell’imputazione e del rimborso dell’imposta sulle società versata a monte dalle controllate straniere sui dividendi distribuiti alla società madre, qualora quest’ultima registri delle perdite, sarebbe contrario alla libera circolazione dei capitali.

84.      La KII precisa che il regime di esenzione e il regime di imputazione sono equivalenti solo laddove non si tenga conto della tassazione dei suoi azionisti. Se si considera la tassazione degli azionisti finali, solo per i dividendi di origine nazionale la doppia imposizione è evitata contemporaneamente a livello della società controllante e dei suoi azionisti. Richiamandosi alla sentenza Accor (29), la KII afferma in particolare che, per stabilire se i dividendi di origine estera siano trattati in modo equivalente ai dividendi di origine nazionale, occorre valutare il carico d’imposta tenendo conto della ridistribuzione dei dividendi percepiti.

85.      La Repubblica federale di Germania e il Finanzamt Leverkusen ritengono essenzialmente che il meccanismo di imputazione e quello di esenzione, volti entrambi ad evitare la doppia imposizione economica, siano nell’insieme equivalenti e che i dividendi di origine estera e di origine nazionale siano soggetti a trattamenti equivalenti, diversi soltanto nelle modalità. Essi affermano altresì che, anche ammesso che la normativa tedesca debba considerarsi restrittiva, essa è tuttavia giustificata dalla necessità di garantire la coerenza del sistema fiscale, di preservare la ripartizione equilibrata dell’imposizione tra gli Stati membri e di evitare la doppia utilizzazione delle perdite.

86.      La Commissione ritiene, infine, che la situazione delle controllate nazionali e delle controllate straniere non sia equiparabile, poiché i dividendi di origine estera sono esenti da imposta sulle società in Germania in forza di convenzioni bilaterali, mentre i dividendi di origine nazionale sono soggetti all’imposta sulle società in Germania. Il rimborso alla società madre residente dell’imposta sulle società assolta dalla controllata residente distributrice dei dividendi rappresenterebbe un elemento del meccanismo volto a evitare o attenuare la doppia imposizione economica in capo alla società madre. Il diverso trattamento fiscale dei dividendi di origine estera e di quelli di origine nazionale sarebbe, quindi, obiettivamente giustificato dalla diversità della situazione. Esso sarebbe in ogni caso giustificato da ragioni imperative di interesse generale legate alla coerenza del regime fiscale nazionale.

2.      Analisi

87.      È anzitutto opportuno ricordare che, secondo costante giurisprudenza, anche se la materia delle imposte dirette rientra nella competenza degli Stati membri, questi ultimi devono tuttavia esercitare tale competenza nel rispetto del diritto dell’Unione e in particolare delle disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei capitali (30).

88.      Spetta, quindi, a ciascuno Stato membro organizzare, nel rispetto del diritto dell’Unione, il proprio sistema di imposizione dei dividendi definendo, in tale contesto, la base imponibile nonché l’aliquota d’imposta (31).

89.      La Corte ha altresì precisato che, in mancanza di disposizioni di unificazione o di armonizzazione di diritto dell’Unione, gli Stati membri rimangono altresì competenti a definire, in via convenzionale o unilaterale, i criteri per ripartire il loro potere impositivo, in particolare al fine di eliminare la doppia imposizione (32). Essi restano così liberi, nell’ambito delle convenzioni bilaterali concluse al fine di evitare la doppia imposizione, di stabilire gli elementi di collegamento per la ripartizione della loro competenza fiscale (33).

90.      Tuttavia, benché gli Stati membri siano liberi di strutturare il proprio sistema fiscale e, in particolare, di scegliere il meccanismo di cui intendono servirsi per prevenire o attenuare l’imposizione a catena o la doppia imposizione economica (34) dei dividendi versati a una società residente, essi devono, nell’avvalersi di tale facoltà, rispettare le condizioni derivanti dal diritto dell’Unione (35).

91.      Quando uno Stato membro istituisce un sistema di prevenzione o attenuazione dell’imposizione a catena o della doppia imposizione economica dei dividendi versati a società residenti da altre società residenti esso deve di conseguenza, a norma dell’articolo 63 TFUE, accordare un trattamento equivalente ai dividendi versati a società residenti dalle società non residenti (36). Esso non potrà in particolare riservare ai dividendi di origine estera un trattamento meno favorevole rispetto a quello riconosciuto ai dividendi di origine nazionale, salvo che questa differenza di trattamento sia giustificata da motivi imperativi di interesse generale o riguardi situazioni non oggettivamente comparabili (37).

92.      È alla luce di questi principi che occorre verificare se la normativa fiscale tedesca applicabile al procedimento principale integri una restrizione alla libera circolazione dei capitali e se, in caso affermativo, tale restrizione possa ritenersi giustificata.

a)      Sull’esistenza di una restrizione

93.      Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale del giudice del rinvio si evince che, in applicazione delle varie convenzioni bilaterali concluse in materia dalla Repubblica federale di Germania con gli Stati membri o con gli Stati terzi di stabilimento delle controllate della KII oggetto del procedimento principale, i dividendi distribuiti alla KII da tali controllate sono imponibili all’interno dei suddetti Stati ed esenti in Germania.

94.      Si deve sottolineare, a questo proposito, che il regime di esenzione dei dividendi di origine estera di cui trattasi, che deriva contemporaneamente dalle convenzioni contro la doppia imposizione e dal diritto interno tedesco, è di per sé conforme alle prescrizioni dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 90/435.

95.      Posto che i dividendi di origine estera sono esenti da imposta in Germania e non rientrano nella base imponibile della società controllante beneficiaria, essi non possono, quindi, essere oggetto di un’imposizione a catena in capo alla suddetta società. Come la Corte ha avuto occasione di osservare, un sistema di esenzione dei dividendi distribuiti elimina, per ipotesi, il rischio di un’imposizione a catena di questi ultimi (38).

96.      Ne consegue che, dal punto di vista dell’obiettivo perseguito dalla normativa tedesca, consistente nell’evitare l’imposizione a catena o la doppia imposizione economica dei dividendi versati alle società residenti, il regime di esenzione dei dividendi di origine estera è in sé del tutto legittimo, dal momento che esso permette di giungere a un risultato equivalente a quello del regime d’imputazione applicabile ai dividendi di origine nazionale. Di conseguenza, e a condizione che i dividendi di origine estera siano effettivamente esenti da imposta, circostanza questa che spetta al giudice del rinvio verificare, non si può contestare alla Germania di assoggettare i dividendi versati alle società residenti a regimi diversi a seconda della loro origine.

97.      L’argomento che la KII trae dalla sentenza Accor, secondo cui l’equivalenza del regime di esenzione e del regime di imputazione dovrebbe essere valutata tenendo conto dell’imposizione a carico degli azionisti finali, deve, in tale prospettiva, essere respinto.

98.      Infatti, oggetto del procedimento principale è la tassazione della KII in Germania e non quella dei suoi azionisti ed è, quindi, la società stessa, e non i suoi azionisti, all’origine del procedimento principale (39). Nelle sue osservazioni scritte la KII precisa, del resto, che i suoi azionisti diretti risiedono negli Stati Uniti senza dare alcuna indicazione circa il loro eventuale assoggettamento a imposta in Germania.

99.      Lo svantaggio censurato dalla KII non consiste tuttavia, come correttamente osservato dalla Commissione, nell’esistenza di una doppia imposizione economica dei dividendi di origine estera, ma nel diverso risultato cui conduce l’applicazione, rispettivamente, del regime di esenzione e del regime di imputazione nel caso in cui la società madre beneficiaria dei dividendi registri delle perdite.

100. La KII lamenta, più in particolare, il fatto che, a causa dell’applicazione del regime di esenzione ai dividendi di origine estera, essa non può beneficiare del vantaggio che deriverebbe, in caso di perdite, dall’applicazione del meccanismo dell’imputazione, vantaggio costituito dal rimborso di un importo corrispondente all’imposta sulle società gravante sui dividendi distribuiti che è stata pagata dalla controllata residente. Essa rivendica, di conseguenza, l’applicazione del regime di imputazione ai dividendi di origine estera, così da poter beneficiare del suddetto rimborso.

101. Si deve, a questo proposito, osservare che la Corte dispone di scarsi elementi in merito al fondamento in base al quale e in merito alle condizioni alle quali una società residente che registri o riporti perdite possa ottenere, nel quadro del regime di imputazione applicabile ai dividendi di origine nazionale, il rimborso dell’imposta sulle società gravante sugli utili distribuiti dalla sua controllata residente.

102. Ciò detto, è pacifico che la possibilità di un tale rimborso è esclusa nell’ambito del regime di esenzione applicabile ai dividendi di origine estera, poiché questi ultimi non sono, per definizione, ricompresi nella base imponibile della società controllante residente in ragione della loro esenzione.

103. Il Finanzamt Leverkusen, al pari della Repubblica federale di Germania, confermando le informazioni fornite a tal proposito dal giudice del rinvio, riconosce che, ove la società controllante residente registri o riporti delle perdite, il regime di esenzione può determinare uno svantaggio di cassa rispetto al regime di imputazione, dal momento che la sua applicazione può comportare un carico di imposta superiore in relazione all’anno di distribuzione dei dividendi.

104. Essi ritengono tuttavia, sostanzialmente, che si tratti soltanto di uno svantaggio di cassa temporaneo che si verifica solo nel caso particolare in cui la società controllante registri o riporti perdite superiori ai dividendi percepiti, il che non permetterebbe di rimettere in discussione l’equivalenza dei due regimi. Tale svantaggio sarebbe, peraltro e in sostanza, relativizzato in virtù del fatto che il regime di esenzione non comporta, a differenza di un regime di imputazione, nessun obbligo di prova dell’onere tributario gravante sui dividendi distribuiti e, quindi, nessuna spesa di attuazione a carico della società madre beneficiaria.

105. Ciononostante, dalle spiegazioni fornite alla Corte emerge che la posizione di una società madre residente appare effettivamente più vantaggiosa quando essa percepisca dividendi di origine nazionale rispetto a quando percepisca dividendi di origine estera, posto che, nel caso in cui registri o riporti delle perdite, essa può ottenere il rimborso dell’imposta gravante sui dividendi distribuiti dalla sua controllata residente, quantomeno nel caso in cui i dividendi non compensino le perdite registrate.

106. Non si può pertanto escludere che la distinzione così operata dalla normativa tedesca possa essere idonea a dissuadere le società residenti dal fare degli investimenti in altri Stati membri o in Stati terzi (40), e che occorra, quindi, qualificarla come restrizione alla libera circolazione dei capitali.

107. Tuttavia, come risulta da una costante giurisprudenza, una restrizione alla libera circolazione dei capitali è vietata solo se non può essere giustificata ai sensi dell’articolo 64, paragrafo 1, TFUE o dell’articolo 65, paragrafo 1, TFUE o per ragioni imperative di interesse generale.

b)      Sulle giustificazioni

108. Come emerge dalla sintesi delle osservazioni presentate alla Corte, il giudice del rinvio, sostenuto dal Finanzamt Leverkusen, dalla Repubblica federale di Germania nonché dalla Commissione, ritiene che, anche supponendo che la normativa tedesca possa essere considerata come restrittiva, essa risulterebbe tuttavia giustificata alla luce della necessità di garantire la coerenza del sistema fiscale tedesco, di mantenere l’equilibrio nella ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri e di impedire una doppia considerazione delle perdite.

109. Ritengo da parte mia che, allo stato attuale dello sviluppo del diritto dell’Unione e considerate le circostanze del tutto peculiari, per non dire del tutto inedite, del procedimento principale, la richiesta della KII non possa essere accolta, anche se per motivi che si discostano in parte dalle giustificazioni tradizionalmente ammesse dalla Corte.

110. Qualora risultasse, infatti, accertato che il meccanismo di tassazione dei dividendi in Germania, come risulta dalle convenzioni contro la doppia imposizione e dalle disposizioni interne tedesche, è incompatibile con le norme del Trattato relative alla circolazione dei capitali, e qualora il suddetto Stato membro dovesse, di conseguenza, rimborsare a una società residente le imposte sui dividendi assolte dalle sue controllate negli Stati membri e negli Stati terzi in cui esse siano stabilite, ciò comprometterebbe gravemente sia la coerenza del suddetto sistema nel suo complesso, sia la ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri e tra gli Stati membri e gli Stati terzi.

111. A questo proposito occorre anzitutto ricordare che la Germania, dove la KII è considerata come residente, nonché i diversi Stati membri e Stati terzi nei quali sono stabilite le sue controllate si sono accordati del tutto legittimamente sulla ripartizione dei loro rispettivi poteri impositivi stipulando convenzioni volte, in particolare, ad eliminare la doppia imposizione economica dei dividendi, il che corrisponde a quanto prescritto dalla direttiva 90/435/CEE, come osservato dal giudice del rinvio, nonché ai principi fondamentali del diritto tributario internazionale (41).

112. Tali convenzioni prevedono, da una parte, la tassazione dei dividendi da parte dello Stato membro o dello Stato terzo in cui essi hanno origine, vale a dire lo Stato di stabilimento delle controllate distributrici, e, dall’altra e correlativamente, la loro esenzione nello Stato membro in cui sono distribuiti, vale a dire lo Stato in cui ha sede la società controllante beneficiaria. Esse garantiscono così il diritto sia degli Stati membri che degli Stati terzi ad esercitare la loro competenza fiscale in relazione alle attività svolte sui loro territori (42).

113. Non viene del resto affatto sostenuto, come già osservato supra, che nell’ambito dell’applicazione del regime di esenzione non sia garantita la mancata imposizione a catena dei dividendi di origine estera (43).

114. Resta il fatto, come già rilevato, che il regime di esenzione dei dividendi di origine estera comporta uno svantaggio rispetto al regime di imputazione applicabile ai dividendi di origine nazionale. Tale svantaggio, che può essere qualificato come inevitabile, deve essere tuttavia collocato nel contesto del tutto peculiare dal quale trae origine e che distingue il procedimento principale da tutti quelli di cui la Corte si è sino ad oggi occupata, che si trattasse di cause vertenti sul trattamento fiscale dei dividendi o di quelle riguardanti la compensazione delle perdite in seno ai gruppi di società (44).

115. Anzitutto, la dualità del regime di imposizione dei dividendi controversa nel procedimento principale è inversa rispetto a quella di cui la Corte si è occupata sino ad oggi. Sono infatti i dividendi di origine estera a beneficiare del regime di esenzione e i dividendi di origine nazionale ad essere soggetti a un regime di imputazione. Orbene, il fatto che, nella fattispecie in esame i dividendi di origine estera sfuggano a qualsiasi tassazione in Germania cambia radicalmente i termini del confronto che deve essere compiuto ai fini di stabilire se i due regimi siano o meno equivalenti.

116. D’altronde, occorre tener presente che il regime di imputazione oggetto del procedimento principale prevede un classico meccanismo di compensazione delle perdite di una società controllante con gli utili distribuiti dalla sua controllata il quale s’inserisce in un meccanismo, anch’esso tipico, di imputazione delle imposte sulle società assolte dalla controllata all’imposta sulle società dovuta dalla società madre volto ad evitare la doppia imposizione economica dei dividendi. Nell’interazione dei due meccanismi risiede, tuttavia, tutta la specificità e tutta la complessità della controversia principale.

117. A tal proposito si deve sottolineare che non sono le perdite di una controllata non residente ad essere imputate alla base imponibile di una società madre residente e a ridurre, in tal modo, gli utili di quest’ultima assoggettabili a tassazione (45). Nel caso in esame sono le perdite della società madre residente che, considerate nell’ambito della sua tassazione e dell’attuazione del meccanismo di imputazione, consentono di ottenere il rimborso dell’imposta sui dividendi assolta a monte dalla sua controllata residente.

118. È in questo contesto che occorre valutare lo svantaggio gravante sui dividendi di origine estera denunciato dalla KII, cui corrisponde il vantaggio di cui beneficiano i dividendi di origine nazionale.

119. Il rimborso alla società madre residente dell’importo delle imposte sui dividendi versate dalla sua controllata residente ha luogo quando i dividendi distribuiti dalla controllata non coprono le perdite della società madre. Il rimborso a favore della società madre, come sottolineato dalla Commissione, direttamente collegato alla tassazione della controllata, si verifica soltanto in ragione di detta tassazione. In mancanza di utili in capo all’insieme rappresentato dalla società controllante e dalla sua controllata sul suo territorio, la Repubblica federale di Germania rinuncia così, nella sua doppia veste di Stato membro di residenza della società madre e della controllata e di Stato membro in cui gli utili hanno origine (46), a ogni tassazione dei dividendi.

120. Nell’ambito del regime di esenzione la situazione è completamente diversa. I dividendi distribuiti a una società controllante residente dalle controllate non residenti non possono essere assoggettati a tassazione in Germania ma negli Stati nei quali queste ultime sono stabilite, e ciò in applicazione delle convenzioni contro la doppia imposizione e nel rispetto dei principi fondanti del diritto tributario internazionale. In tale contesto, non può sussistere nessun collegamento tra la tassazione a monte della società controllata e il rimborso a valle a favore della società controllante.

121. Di conseguenza, se la Germania dovesse, nella sua qualità di Stato residente della società controllante, rimborsare a quest’ultima le imposte sui dividendi incassate dagli Stati membri o dagli Stati terzi nei quali sono stabilite le sue controllate, i quali agiscono nella loro veste di Stato in cui hanno origine gli utili, ciò romperebbe la simmetria che deve esistere tra il diritto di tassare gli utili e la possibilità di dedurre le perdite (47), e lederebbe irrimediabilmente sia la coerenza complessiva del sistema di tassazione dei dividendi che la ripartizione del potere impositivo risultante dalla conclusione di convenzioni contro la doppia imposizione da parte degli Stati membri e degli Stati terzi considerati.

3.      Conclusione

122. Dalle suesposte considerazioni risulta che il diverso trattamento previsto dalla normativa fiscale tedesca per i dividendi di origine estera, che beneficiano di un regime di esenzione, e per i dividendi di origine nazionale, soggetti a un regime d’imputazione, è giustificato. Non vi è, conseguentemente, motivo di distinguere tra i dividendi provenienti dalle controllate di primo e di secondo livello, oggetto della terza questione. A fortiori (48), non vi è neppure ragione di distinguere tra i dividendi provenienti da altri Stati membri e quelli provenienti da Stati terzi, oggetto della quarta questione.

123. Ciò premesso, non è necessario rispondere alla terza e alla quarta questione pregiudiziale separatamente e in termini diversi rispetto alla seconda questione.

124. Propongo, quindi, alla Corte di rispondere alla seconda, alla terza e alla quarta questione pregiudiziale dichiarando che le disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei capitali devono essere interpretate nel senso che non ostano alla disciplina di uno Stato membro, come quella oggetto del procedimento principale, che, nel caso in cui una società madre residente registri delle perdite, escluda l’imputazione e il rimborso dell’imposta sulle società assolta dalle controllate di primo e secondo livello della società madre stabilite in altri Stati membri, in Stati parte dell’Accordo SEE o in Stati terzi, laddove per le controllate residenti l’imputazione sia prevista e sia possibile il rimborso in caso di perdite.

VII – Conclusione

125. Pertanto, suggerisco alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sottoposte dal Finanzgericht Köln (Germania) nei termini seguenti:

1)         Il diritto dell’Unione deve essere interpretato nel senso che la compatibilità della normativa di uno Stato membro in materia di tassazione dei dividendi, destinata ad applicarsi a tutte le partecipazioni superiori al 10%, può essere esaminata alla luce della libera circolazione dei capitali nel caso in cui dette partecipazioni consentano di esercitare una sicura influenza sulle decisioni di una società e di determinare le attività di quest’ultima, sempreché tale normativa non sia volta a disciplinare le condizioni di accesso al mercato delle società del suddetto Stato membro negli altri Stati membri o negli Stati terzi o delle società degli altri Stati membri e degli Stati terzi in tale Stato membro.

2)         Le disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei capitali devono essere interpretate nel senso che non ostano alla disciplina di uno Stato membro, come quella oggetto del procedimento principale, la quale, nel caso in cui una società madre residente registri delle perdite, escluda l’imputazione e il rimborso dell’imposta sulle società assolta dalle controllate di primo e secondo livello della società madre stabilite in altri Stati membri, in Stati parte dell’Accordo sullo Spazio economico europeo o in Stati terzi, laddove per le controllate residenti l’imputazione sia prevista e sia possibile il rimborso in caso di perdite.


1 –      Lingua originale: il francese.


2 –      Normativa di cui la Corte ha già avuto occasione di esaminare taluni aspetti; v. sentenze del 6 marzo 2007, Meilicke e a. (C-292/04, Racc. pag. I-1835), e del 30 giugno 2011, Meilicke e a. (C-262/09, Racc. pag. I-5669).


3 –      V. sentenza del 12 dicembre 2006, Test Claimants in the FII Group Litigation (C-446/04, Racc. pag. I-11753), in prosieguo: la «sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation I»; ordinanza del 23 aprile 2008, Test Claimants in the CFC and Dividend Group Litigation (C-201/05, Racc. pag. I-2875); sentenze del 23 aprile 2009, Commissione/Grecia (C-406/07, Racc. pag. I-62), nonché del 13 novembre 2012, Test Claimants in the FII Group Litigation (C-35/11, non ancora pubblicata nella Raccolta), in prosieguo: la «sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation II».


4 –      V. sentenza del 10 febbraio 2011, Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen (C-436/08 e C-437/08, Racc. pag. I-305).


5 –      V., in particolare, sentenze del 16 luglio 1998, ICI (C-264/96, Racc. pag. I-4695); dell’8 marzo 2001, Metallgesellschaft e a. (C-397/98 e C-410/98, Racc. pag. I-1727); del 13 dicembre 2005, Marks & Spencer (C-446/03, Racc. pag. I-10837); del 15 maggio 2008, Lidl Belgium (C-414/06, Racc. pag. I-3601); Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen, cit.; del 6 settembre 2012, Philips Electronics (C-18/11, non ancora pubblicata nella Raccolta), e del 21 febbraio 2013, A (C-123/11, non ancora pubblicata nella Raccolta).


6 –      In prosieguo: il «KStG».


7 –      In prosieguo: l’«EStG».


8 –      In prosieguo: la «KII».


9 –      Cit. (punti da 88 a 104).


10 –      Ricordo che la Corte ha sottolineato, nel proprio parere 1/94 del 15 novembre 1994 (Racc. pag. I-5267, punto 81), che l’obiettivo del capo del Trattato relativo alla libertà di stabilimento è di garantire il diritto di stabilimento a favore dei soli cittadini degli Stati membri, che siano persone fisiche o giuridiche. Tale capo non contiene nessuna norma volta a estendere il campo d’applicazione delle sue disposizioni a situazioni esterne all’Unione europea. La libertà di stabilimento non può essere quindi invocata né ove una persona giuridica di un paese terzo detenga una partecipazione che le attribuisce un’influenza determinante sulle decisioni e sulle attività di una società di uno Stato membro [v., in particolare, ordinanza del 10 maggio 2007, Lasertec (C-492/04, Racc. pag. I-3775, punti da 15 a 28)], né in situazioni riguardanti lo stabilimento di una società di uno Stato membro in un paese terzo [v., in particolare, ordinanza del 10 maggio 2007, A e B (C-102/05, Racc. pag. I-3871, punti da 19 a 30)].


11 –      GU 1994, L 1, pag. 3, in prosieguo: l’«Accordo SEE».


12 –      Cit., punti da 88 a 104.


13 –      Si tratta, nella specie, della quarta questione pregiudiziale. V. punti 30 e 31 e da 88 a 104.


14 –      V. punto 100.


15 –      V. punto 104 e punto 4 del dispositivo.


16 –      Talvolta la Corte si limita a constatare che la normativa nazionale riguarda unicamente «relazioni nell’ambito di uno stesso gruppo societario», ma l’idea resta la stessa, vale a dire che la normativa in parola rientra nell’ambito di applicazione della libertà di stabilimento dal momento che, in ragione del suo stesso oggetto, essa incide in maniera preponderante su quest’ultima. In linea con tale orientamento, che trae origine dal punto 32 della sentenza del 12 settembre 2006, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas (C-196/04, Racc. pag. I-7995) e dal punto 118 della sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation I, cit., v. sentenze del 13 marzo 2007, Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation (C-524/04, Racc. pag. I-2107, punto 33); del 18 luglio 2007, Oy AA (C-231/05, Racc. pag. I-6373, punto 23), e del 26 giugno 2008, Burda (C-284/06, Racc. pag. I-4571, punto 68).


17 –      Ciò accade in particolare nell’ambito dei ricorsi di accertamento dell’inadempimento, per ragioni inerenti a tale mezzo di impugnazione; v., a tal riguardo, sentenze del 17 luglio 2008, Commissione/Spagna (C-207/07, Racc. pag. I-111, punto 37); del 23 aprile 2009, Commissione/Grecia, cit., punto 22; del 10 novembre 2011, Commissione/Portogallo (C-212/09, Racc. pag. I-889, punti da 41 a 45), e del 25 ottobre 2012, Commissione/Belgio (C-387/11, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 35). Può accadere anche nell’ambito di cause su rinvio pregiudiziale, quando le informazioni di cui dispone la Corte non le permettono di stabilire l’importanza della partecipazione controversa nel procedimento principale; v., a tal riguardo, sentenze Test Claimants in the FII Group Litigation I, cit., punto 38; del 12 dicembre 2006, Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation (C-374/04, Racc. pag. I-11673, punto 40), e del 15 settembre 2011, Accor (C-310/09, Racc. pag. I-8115, punti da 30 a 38).


18 –      Punto 96.


19 –      V. sentenza Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation, cit., punti da 26 a 35 e da 103 a 105; ordinanze Lasertec, cit., punto 27, A e B, cit., punto 29, e del 6 novembre 2007, Stahlwerk Ergste Westig (C-415/06, Racc. pag. I-151, punti 18 e 19), nonché sentenza del 19 luglio 2012, Scheunemann (C-31/11, non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 33 e 34).


20 –      Racc. pag. I-5267, punto 81.


21 –      V., in particolare, ordinanza Lasertec, cit., punti da 15 a 28.


22 –      V., in particolare, ordinanza A e B, cit., punti da 19 a 30.


23 –      V., in particolare, a contrario, sentenze del 27 settembre 1988, Daily Mail and General Trust (81/87, Racc. pag. 5483, punto 16); del 9 marzo 1999, Centros (C-212/97, Racc. pag. I-1459, punto 17); del 5 novembre 2002, Überseering (C-208/00, Racc. pag. I-9919, punti 56 e 57); del 16 dicembre 2008, Cartesio, (C-210/06, Racc.  pag. I-9641, punto 110), e del 20 giugno 2013, Impacto Azul (C-186/12, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 32).


24 –      Sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation II, cit., punto 98. V. anche sentenza del 28 febbraio 2013, Beker e Beker (C-168/11, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 30).


25 –      Sentenza del 3 ottobre 2006, Fidium Finanz (C-452/04, Racc. pag. I-9521).


26 –      Punti 46 e 48.


27 –      GU L 225, pag. 6.


28 –      Sentenze del 14 dicembre 2000, AMID (C-141/99, Racc. pag. I-11619, punto 27), e del 18 luglio 2007, Lakebrink e Peters-Lakebrink (C-182/06, Racc. pag. I-6705).


29 –      Sentenza cit., punti 45 e segg..


30 –      V., in particolare, sentenze dell’11 agosto 1995, Wielockx (C-80/94, Racc. pag. I-2493, punto 16); del 6 giugno 2000, Verkooijen (C-35/98, Racc. pag. I-4071, punto 32), e del 15 luglio 2004, Lenz (C-315/02, Racc. pag. I-7063, punto 19).


31 –      V. sentenze Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, cit., punto 50; Test Claimants in the FII Group Litigation I, cit., punto 47; del 20 maggio 2008, Orange European Smallcap Fund (C-194/06, Racc. pag. I-3747, punto 30), e del 16 luglio 2009, Damseaux (C-128/08, Racc. pag. I-6823, punto 25).


32 –      Sentenze del 12 maggio 1998, Gilly (C-336/96, Racc. pag. I-2793, punti 24 e 30); del 21 settembre 1999, Saint-Gobain ZN (C-307/97, Racc. pag. I-6161, punto 57), e Damseaux, cit., punto 30.


33 –      V., in particolare, sentenze Gilly, cit., punti 24 e 30; Saint-Gobain ZN, cit., punto 57, e del 14 dicembre 2006, Denkavit Internationaal e Denkavit France (C-170/05, Racc. pag. I-11949, punti 43 e 44).


34 –      Ricordo che per doppia imposizione giuridica si intende la situazione in cui uno stesso contribuente è soggetto a una doppia imposizione per lo stesso reddito, mentre la doppia imposizione economica indica la situazione in cui contribuenti diversi sono rispettivamente soggetti a un’imposizione per lo stesso reddito. V., a tale riguardo, il glossario fiscale dell’International Bureau of Fiscal Documentation (IBFD); v. altresì comunicazione della Commissione del 19 dicembre 2003, Tassazione dei dividendi delle persone fisiche nel mercato interno, COM (2003) 810 def.; paragrafi 2 e seguenti delle conclusioni dell’avvocato generale Geelhoed del 6 aprile 2006 nella causa Test Claimants in the FII Group Litigation I, e comunicazione della Commissione dell’11 novembre 2011, Doppia imposizione nel mercato unico, COM (2011) 712 def.


35 –      V. sentenze Test Claimants in the FII Group Litigation I, cit., punto 45, e Accor, cit., punto 43.


36 –      V. sentenze Test Claimants in the FII Group Litigation I, cit., punto 72, e Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen, cit., punto 156.


37 –      V., in particolare, sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation I, cit., punti 45 e 46 e la giurisprudenza ivi citata. V. altresì sentenza Accor, cit., punto 44.


38 –      V. sentenze Test Claimants in the FII Group Litigation I, cit., punto 63, e Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen, cit., punto 158.


39 –      È d’altronde logico che né il giudice del rinvio, né le diverse parti che hanno presentato osservazioni scritte e/o orali alla Corte, ad eccezione della KII, facciano menzione, di conseguenza, della doppia imposizione giuridica che colpirebbe i dividendi di origine estera paventata dalla KII.


40 –      V., in particolare, sentenze del 25 gennaio 2007, Festersen (C-370/05, Racc. pag. I-1129, punto 24), e Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen, cit., punti 50 e 80.


41 –      V., a tal riguardo, OCSE, Addressing Base Erosion and Profit Shifting, 2013, pag. 37.


42 –      V., in tal senso, sentenze Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas, cit., punto 56; Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation, cit., punto 75; del 17 settembre 2009, Glaxo Wellcome (C-182/08, Racc. pag. I-8591, punto 82); del 20 ottobre 2011, Commissione/Germania (C-284/09, Racc. pag. I-9879, punto 77), e del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C-371/10, Racc. pag. I-12273, punto 46).


43 –      Si tratta della differenza essenziale rispetto alla situazione di cui la Corte si è trovata a occuparsi nella causa che ha dato origine alla sentenza Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen (punti 158 e 163).


44 – V., a tal riguardo, comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale, del 19 dicembre 2006, Trattamento fiscale delle perdite in situazioni transfrontaliere, COM (2006) 824 def.


45 –      V., in particolare, sentenze del 13 dicembre 2005, Marks & Spencer (C-446/03, Racc. pag. I-10837); Lidl Belgium, cit., A, cit., e Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen, cit.


46 –      Su tale distinzione v. sentenza Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, cit., punti da 56 a 66.


47 –      V. sentenze Lidl Belgium, cit., punto 33; National Grid Indus, cit., punto 58, e Philips Electronics, cit., punto 24.


48 –      Sulla differenza tra il profilo intracomunitario e quello extracomunitario della libera circolazione dei capitali, v. sentenze Test Claimants in the FII Group Litigation I, cit., punto 170; A, cit., punti 60 e segg. Orange European Smallcap Fund, cit., punti 89 e 90; ordinanze Test Claimants in the CFC and Dividend Group Litigation, cit., punto 92, e del 4 giugno 2009, KBC Bank e Beleggen, Risicokapitaal, Beheer (C-439/07 e C-499/07, Racc. pag. I-4409, punti 71 e 72).