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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PAOLO MENGOZZI

presentate il 12 giugno 2013 (1)

Causa C-181/12

Yvon Welte

contro

Finanzamt Velbert

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Finanzgericht Düsseldorf (Germania)]

«Libera circolazione dei capitali – Articoli 56 CE, 57 CE e 58 CE – Imposta di successione – De cuius ed erede residenti in Svizzera – Investimenti diretti – Investimenti immobiliari – Clausola di «standstill» – Giustificazioni»





I –    Introduzione

1.        Gli articoli 56 CE e 58 CE devono essere interpretati nel senso che ostano alla normativa nazionale di uno Stato membro relativa all’imposta di successione che stabilisca, a favore del non residente, nel caso di trasmissione in via successoria di un bene immobile situato nel territorio di tale Stato da parte di persona anch’essa non residente, la sola deduzione di EUR 2 000, mentre per la stessa successione sarebbe stata concessa una deduzione di EUR 500 000 ove il de cuius o il beneficiario fossero stati residenti nel territorio dello Stato membro interessato al momento della successione?

2.        Tale è la questione sollevata dal Finanzgericht Düsseldorf nell’ambito di una controversia che oppone il sig. Welte, cittadino elvetico residente in Svizzera, al Finanzamt Velbert (amministrazione finanziaria tedesca; in prosieguo: il «Finanzamt») in merito alla successione della sig.ra Welte-Schenkel, deceduta nel 2009 in Svizzera, nata in Germania ma divenuta cittadina e residente elvetica in seguito al matrimonio con il sig. Welte.

3.        Più precisamente, il sig. Welte, in qualità di unico erede della moglie, ha acquisito per trasmissione in via successoria un terreno situato in Düsseldorf (2), il cui valore è stato fissato, alla data del decesso della de cuius, in EUR 329 200. Inoltre, la de cuius era titolare di conti presso due banche tedesche per depositi complessivi di EUR 33 689,72, nonché presso banche svizzere per depositi complessivi di EUR 169 508,04.

4.        In Svizzera il sig. Welte non è stato assoggettato all’imposta di successione.

5.        Con avviso di accertamento del 31 ottobre 2011, il Finanzamt determinava in EUR 41 450 l’imposta di successione dovuta dal sig. Welte. Tale importo era stato ottenuto applicando una deduzione di EUR 2 000 alla base imponibile, calcolata unicamente in base al valore del solo fondo sito in Düsseldorf e previa detrazione di una somma forfettaria per spese ereditarie (EUR 10 300).

6.        Infatti, da un lato, conformemente alla legge relativa all’imposta sulle successioni e donazioni (Erbschaftsteuer- und Schenkungsteuergesetz; in prosieguo: l’«ErbStG») (3), qualora né il de cuius né l’erede siano residenti in Germania, le imposte di trasferimento sulle successioni devono essere versate sui beni devoluti ricompresi nel «patrimonio nazionale» del de cuius ai sensi dell’articolo 121 della legge relativa alla valutazione dei beni (Bewertungsgesetz) (4), dei quali fanno parte gli immobili situati in Germania, ad esclusione dei crediti bancari (5). Dall’altro, ai sensi dell’articolo 16 dell’ErbStG, le trasmissioni di beni al coniuge sono esenti da imposta per un importo pari ad EUR 500 000, a meno che, come nella fattispecie, né il de cuius né l’erede siano residenti, nel qual caso detta deduzione è fissata in EUR 2 000, conformemente al paragrafo 2 del medesimo articolo. Tale differenza si spiegherebbe con il fatto che, qualora il de cuius e l’erede fossero entrambi residenti in Germania, l’obbligo tributario si applicherebbe all’intero patrimonio del de cuius in forza dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’ErbStG.

7.        Con decisione del 23 gennaio 2012 il Finanzamt ha respinto l’opposizione presentata dal sig. Welte per beneficiare di una deduzione di EUR 500 000.

8.        Il sig. Welte ha impugnato tale decisione dinanzi al Finanzgericht Düsseldorf, sostenendo che la disparità di trattamento tra soggetti d’imposta residenti e non residenti è in contrasto con la libera circolazione dei capitali sancita dal Trattato CE.

9.        Il giudice del rinvio dubita della conformità dell’articolo 16, paragrafo 2, dell’ErbStG agli articoli 56, paragrafo 1, CE e 58 CE. Infatti, a norma dell’articolo 16, paragrafo 2, dell’ErbStG, al sig. Welte spetterebbe, in quanto parzialmente assoggettato all’imposta, solo una deduzione di EUR 2 000 per la sua acquisizione mortis causa. Orbene, se, al momento del decesso, la de cuius o il sig. Welte fossero stati residenti in Germania, quest’ultimo avrebbe beneficiato di una deduzione di EUR 500 000 e, pertanto, non avrebbe dovuto versare alcuna imposta di successione.

10.      Il giudice del rinvio rileva che, nella sentenza Mattner (6), la Corte ha dichiarato che gli articoli 56 CE e 58 CE ostano alla disposizione dell’articolo 16, paragrafo 2, dell’ErbStG, la quale prevede, ai fini del calcolo dell’imposta sulle donazioni, che la deduzione dalla base imponibile in caso di donazione di un immobile situato nel territorio di tale Stato è inferiore qualora il donatore ed il donatario risiedessero, alla data in cui è avvenuta la donazione, in un altro Stato membro, rispetto alla deduzione che sarebbe stata applicata se almeno uno di essi fosse stato residente, alla stessa data, nel primo Stato membro.

11.      Il giudice medesimo osserva, tuttavia, che la controversia in esame differisce sotto due aspetti dalla causa sfociata nella citata sentenza Mattner. Da un lato, la de cuius e il sig. Welte non erano residenti, al momento della successione, in uno Stato membro dell’Unione europea, ma in un paese terzo. Dall’altro, oggetto dell’acquisizione mortis causa del sig. Welte non era solo il terreno della de cuius, bensì anche depositi presso banche tedesche e svizzere. Potrebbe quindi risultare giustificato il diniego al sig. Welte dell’intera deduzione di EUR 500 000, laddove è stata assoggettata ad imposta solo una parte della massa ereditaria che si trova in Germania.

12.      Il giudice del rinvio dubita, tuttavia, che tali argomenti possano giustificare la disparità di trattamento controversa nel procedimento principale tra soggetti residenti e non residenti e richiama al riguardo le sentenze A (7) e Mattner, citata. In particolare, esso ritiene che concedere al sig. Welte solo una deduzione di EUR 2 000 andrebbe oltre quanto necessario ai fini di una parità di trattamento con i soggetti residenti. Infatti, nel caso di specie, il valore di EUR 329 200 dell’immobile situato a Düsseldorf, che è l’unico ad essere stato assoggettato ad imposta, corrisponderebbe a circa il 62% del valore dell’intero asse ereditario, ammontante ad EUR 532 397. Difficilmente, pertanto, il fatto che circa il 38% del valore dell’asse ereditario non sia stato assoggettato ad imposta potrebbe giustificare una deduzione di EUR 2 000 anziché di EUR 500 000.

13.      Ciò premesso, il giudice del rinvio ha sospeso il procedimento e ha sollevato la questione pregiudiziale riportata al punto 1 delle presenti conclusioni. Dinanzi alla Corte hanno presentato osservazioni scritte il ricorrente nel procedimento principale, il governo tedesco e la Commissione europea. Le parti medesime, nonché il governo belga, hanno formulato osservazioni orali all’udienza del 13 marzo 2013.

II – Analisi

A –    Sull’oggetto della questione pregiudiziale

14.      Nelle sue osservazioni il sig. Welte ha suggerito che, per rispondere alla questione pregiudiziale, occorrerebbe prendere in considerazione anche l’accordo concluso tra la Comunità europea ed i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione Svizzera, dall’altra, sulla libera circolazione delle persone, firmato a Lussemburgo il 21 giugno 1999 ed entrato in vigore il 1° giugno 2002 (8) (in prosieguo: l’«accordo sulla libera circolazione delle persone»).

15.      È pur vero che, sebbene il giudice del rinvio non abbia sollevato questioni concernenti l’interpretazione di detto accordo, la Corte, al fine di fornirgli una risposta utile, tenuto conto del contesto fattuale e normativo del procedimento principale e delle osservazioni presentate dagli interessati, può prendere in considerazione norme di diritto dell’Unione alle quali detto giudice non ha fatto riferimento nella sua questione pregiudiziale (9).

16.      Tuttavia, a mio avviso, il giudice del rinvio giustamente non interroga la Corte in merito all’interpretazione dell’accordo sulla libera circolazione delle persone tra l’Unione europea e i suoi Stati membri e la Confederazione svizzera, in quanto la situazione del sig. Welte non ricade nell’ambito di applicazione del medesimo.

17.      A tal riguardo occorre rammentare che l’accordo sulla libera circolazione delle persone è inteso, conformemente al suo articolo 1, lettere da a) a d), a conferire, a favore dei cittadini delle parti contraenti, un diritto di ingresso, di soggiorno e di accesso a un’attività economica dipendente, un diritto di stabilimento quale lavoratore autonomo e il diritto di rimanere sul territorio di dette parti contraenti, ad agevolare la prestazione di servizi sul territorio di tali parti, a conferire un diritto di ingresso e di soggiorno alle persone che non svolgono un’attività economica nel paese ospitante e a garantire le stesse condizioni di vita, di occupazione e di lavoro di cui godono i cittadini nazionali.

18.      Orbene, è pacifico che il sig. Welte, residente in Svizzera, non intende né lavorare né stabilirsi nel territorio di uno Stato membro dell’Unione, a nessun titolo, né beneficiare di una prestazione di servizi ai sensi dell’articolo 1, lettere da a) a c), dell’accordo sulla libera circolazione delle persone, bensì pretende che i vantaggi fiscali concessi in Germania alle trasmissioni successorie nel caso in cui il de cuius o l’erede risieda, al momento del decesso, in tale Stato membro vengano estesi alla sua successione nel patrimonio della coniuge.

19.      Quanto all’accesso alle medesime condizioni di vita di cui godono i cittadini nazionali, previsto all’articolo 1, lettera d), di detto accordo – e benché il sig. Welte non abbia precisato nelle sue osservazioni le disposizioni del medesimo che considera pertinenti ai fini della risposta alla questione pregiudiziale –, a mio parere solo l’articolo 25 dell’allegato I dell’accordo medesimo, intitolato «Acquisto di immobili», può presentare un nesso con l’oggetto del procedimento principale.

20.      Tale articolo contempla, tuttavia, quale titolare del diritto di acquistare immobili su un piano di parità con i cittadini dello Stato ospitante, il cittadino, persona fisica, di una parte contraente «che gode di un diritto di soggiorno» nel territorio dello Stato ospitante o che sia un «frontaliero» (10), vale a dire eserciti la sua attività economica sul territorio di detto Stato, ma senza soggiornarvi. Nella specie nulla sembra indicare che il sig. Welte soddisfi una di tali condizioni. Inoltre, per quanto riguarda la categoria dei cittadini che beneficiano di un diritto di soggiorno nello Stato ospitante, ma senza stabilirvi la propria residenza principale, come quella dei frontalieri, l’articolo 25 dell’allegato I dell’accordo sulla libera circolazione delle persone precisa che tale accordo «non incide sulle norme vigenti nello Stato ospitante in materia di investimento di capitali», principio che a fortiori dev’essere applicato, fatto salvo il rispetto delle disposizioni del Trattato CE, alle situazioni che non rientrano nell’ambito di applicazione di detto accordo.

21.      Suggerisco quindi alla Corte di non prendere in considerazione, nella sua risposta alla domanda di pronuncia pregiudiziale, l’accordo sulla libera circolazione delle persone.

22.      Per contro, mi sembra utile, in considerazione della residenza svizzera, e quindi di un paese terzo, del sig. Welte, nonché della giurisprudenza della Corte in materia di libera circolazione dei capitali, includere nella risposta anche considerazioni relative all’interpretazione dell’articolo 57, paragrafo 1, CE, che non è stato espressamente richiamato dal giudice del rinvio ma ha formato oggetto di osservazioni delle parti interessate.

23.      Come è noto, l’articolo 57, paragrafo 1, CE autorizza, alle condizioni ivi elencate e nonostante il divieto delle restrizioni alla libera circolazione dei capitali tra gli Stati membri e i paesi terzi sancito dall’articolo 56, paragrafo 1, CE, il mantenimento di quelle in vigore al 31 dicembre 1993 in virtù delle legislazioni nazionali e qualora i movimenti di capitali in questione implichino «investimenti diretti, inclusi gli investimenti in proprietà immobiliari, lo stabilimento, la prestazione di servizi finanziari o l’ammissione di valori mobiliari nei mercati finanziari».

24.      È vero che le successioni transfrontaliere, in quanto movimenti di capitali «a carattere personale», ai sensi della nomenclatura allegata alla direttiva 88/361/CEE (11) – che, secondo la giurisprudenza, mantiene il suo valore indicativo in assenza di definizione, nell’ambito del Trattato, della nozione di «movimenti di capitali» (12) – non rientrano tra le categorie figuranti nell’elenco di cui all’articolo 57, paragrafo 1, CE, e che gli Stati membri non possono estendere l’ambito di applicazione ratione materiae di tale disposizione oltre le operazioni ivi menzionate (13).

25.      Tuttavia, occorre interrogarsi, come ha fatto la Commissione nelle sue osservazioni, sulle eventuali implicazioni, ai fini della soluzione della causa in esame, del ragionamento seguito dalla Corte nella sentenza Scheunemann (14), in cui essa ha dichiarato, sostanzialmente, che l’inclusione del trattamento fiscale di una successione nell’ambito di applicazione dell’articolo 63, paragrafo 1, TFUE (già articolo 56, paragrafo 1, CE) non è automatica, bensì dipende dai beni oggetto della successione stessa. Orbene, se, come nella citata sentenza Scheunemann, l’oggetto della successione è un criterio decisivo per individuare la libertà di circolazione applicabile, è lecito pensare che, a fortiori, tale criterio assuma parimenti rilevanza ai fini dell’applicazione, nell’ambito della medesima libertà di circolazione, delle eccezioni apportate a tale libertà.

26.      In altri termini, se le successioni transfrontaliere costituiscono movimenti di capitali ai sensi dell’articolo 56, paragrafo 1, CE e, in linea di principio, non rientrano nell’ambito di applicazione ratione materiae dell’articolo 57, paragrafo 1, CE, tenere conto dell’oggetto della successione, nella fattispecie un immobile, potrebbe condurre ad attivare l’applicazione di quest’ultima disposizione.

27.      Ciò detto, mi sembra utile esaminare nella specie l’applicabilità dell’articolo 57, paragrafo 1, CE, dopo avere preliminarmente verificato se la misura nazionale controversa costituisca una restrizione alla libera circolazione ai sensi dell’articolo 56, paragrafo 1, CE.

B –    Sull’esistenza di una restrizione ai movimenti di capitali ai sensi dell’articolo 56, paragrafo 1, CE

28.      Le misure vietate dall’articolo 56, paragrafo 1, CE, in quanto restrizioni ai movimenti di capitali, comprendono in particolare quelle che sono idonee a dissuadere i non residenti dal fare investimenti in uno Stato membro e quelle che hanno l’effetto di diminuire il valore della successione di un residente di uno Stato – quindi anche di un paese terzo – diverso da quello in cui sono ubicati i beni di cui trattasi e che effettua la tassazione sulla successione dei detti beni (15).

29.      Nella specie, una normativa tributaria nazionale, come quella in discussione nel procedimento principale, che prevede una deduzione forfettaria di EUR 2 000 dalla base imponibile del patrimonio del de cuius qualora, al momento della successione, il de cuius e l’erede fossero residenti in uno Stato diverso dallo Stato membro in cui si trovano i beni assoggettati ad imposta, mentre tale deduzione sarebbe stata di EUR 500 000 qualora il de cuius o l’erede fossero stati domiciliati in detto Stato membro, produce l’effetto, come nel procedimento principale, di far gravare sulla successione dei non residenti un maggior onere fiscale complessivo (16).

30.      Di conseguenza, tale svantaggio fiscale è idoneo a dissuadere i soggetti non residenti dall’effettuare investimenti nello Stato membro in cui si trovano i beni tassati, in particolare, come nella causa a qua, dall’acquistare un immobile o dal mantenerlo nel loro patrimonio, e pertanto costituisce una restrizione alla circolazione dei capitali ai sensi dell’articolo 56, paragrafo 1, CE.

31.      Tale restrizione potrebbe tuttavia essere ammessa nel diritto dell’Unione qualora fosse basata su una disparità di trattamento concernente situazioni non oggettivamente comparabili (17), come hanno peraltro rilevato nella specie i governi tedesco e belga. Detti governi sostengono, infatti, che solo lo Stato di residenza del de cuius in cui viene aperta la successione è in grado di prendere in considerazione l’intero asse ereditario. In altre parole, poiché la Germania, diversamente da quanto accade per i suoi stessi cittadini, esercita solo una giurisdizione fiscale limitata sulle successioni per le quali, al momento del decesso, né il de cuius né l’erede erano residenti nel suo territorio, in tali circostanze detto Stato potrebbe logicamente concedere soltanto una deduzione limitata.

32.      Va rilevato che un argomento analogo è già stato respinto dalla Corte nelle citate sentenze Eckelkamp e a., Arens-Sikken e Mattner, vertenti, le prime due, sulla compatibilità con la libera circolazione dei capitali di norme nazionali in materia di imposta sulle successioni applicabili ad un immobile, norme che stabilivano una disparità di trattamento in funzione della residenza del de cuius, e la terza sulla normativa tributaria tedesca in esame nella specie, nell’ambito di una donazione inter vivos di un immobile.

33.      A prescindere dalle particolarità di ciascuna di tali cause, la Corte ha adottato un ragionamento sostanzialmente analogo nel dichiarare il carattere oggettivamente comparabile delle situazioni dei residenti e dei non residenti nelle tre cause, basato sulla coerenza della normativa nazionale e che può essere così riassunto: poiché, in linea di principio, lo Stato membro applica le medesime modalità e condizioni di imposizione al bene oggetto della successione o della donazione, indipendentemente dal criterio della residenza nel suo territorio degli interessati (18), questo stesso criterio non può giustificare l’introduzione di una disparità di trattamento tra residenti e non residenti solo nella fase della determinazione e della concessione di un vantaggio fiscale, a prescindere dalla circostanza che quest’ultimo assuma la forma di una deducibilità degli oneri gravanti sull’immobile (come nella cause Eckelkamp e a. e Arens-Sikken) o quella di una deduzione fiscale (sentenza Mattner) (19).

34.      È pur vero che, nella causa in esame, il giudice del rinvio ha evidenziato che l’asse ereditario della sig.ra Welte-Schenkel include sia un bene immobile sia beni mobili, circostanza che potrebbe apparentemente comportare una distinzione rispetto alle tre cause sopra citate, tutte riguardanti controversie relative alla devoluzione patrimoniale di un unico bene immobile.

35.      Tuttavia, non credo che da tale elemento debba desumersi la mancanza di comparabilità oggettiva nel caso di specie tra la situazione dei soggetti non residenti e quella dei residenti tedeschi.

36.      Mi sembra, infatti, che questo tipo di considerazione dipenda da circostanze procedurali o dalla delimitazione della controversia principale operata dal giudice nazionale. Infatti, se è vero che nella menzionata causa Arens-Sikken le questioni pregiudiziali vertevano esclusivamente sul trattamento fiscale delle quote di un immobile appartenenti al de cuius, non residente nello Stato membro in cui era situato l’immobile (Paesi Bassi), la successione tuttavia includeva altri beni, il cui trattamento fiscale non costituiva oggetto del rinvio pregiudiziale (20). Peraltro, la giurisdizione fiscale del Regno dei Paesi Bassi era altrettanto limitata quanto quella della Repubblica federale di Germania in discussione nella specie. Invero, riguardo alla successione di un de cuius non residente nei Paesi Bassi al momento del decesso, come il coniuge della sig.ra Arens-Sikken, la giurisdizione fiscale di detto Stato membro era limitata ai «beni posseduti all’interno del paese», vale a dire ai beni immobili situati nel suo territorio o ai diritti ad essi afferenti (21). Tuttavia, tale circostanza non ha impedito alla Corte di rilevare, ai fini della soluzione della menzionata causa Arens-Sikken, che i contribuenti non residenti, parzialmente assoggettati ad imposta nei Paesi Bassi, si trovavano in una posizione oggettivamente comparabile a quella dei contribuenti residenti, integralmente assoggettati ad imposta in detto Stato membro.

37.      È pacifico che nel procedimento principale i beni mobili inclusi nella successione della sig.ra Welte-Schenkel non sono stati presi in considerazione ai fini della determinazione della base imponibile in Germania, in virtù della normativa tedesca, e che pertanto la controversia è circoscritta al trattamento fiscale dell’immobile ereditato dal coniuge.

38.      A mio avviso, tale situazione non è sostanzialmente diversa da quella della tassazione di una successione alla quale partecipi un residente tedesco, integralmente assoggettato ad imposta in Germania in qualità di coniuge o di erede del de cuius, e che riguardi un unico bene immobile situato in Germania. Orbene, benché in questo caso l’asse ereditario sia limitato, al residente tedesco viene comunque concessa la deduzione controversa di EUR 500 000.

39.      In ogni caso, quand’anche la Corte ritenesse che occorra tenere conto del fatto che il patrimonio ereditato dal sig. Welte include vari beni di natura diversa, resta il fatto che, come ha evidenziato il giudice del rinvio, l’immobile in questione rappresenta circa il 62% del valore totale della successione e le altre componenti della stessa non sono state assoggettate ad imposta. Orbene, anche ammettendo che, contrariamente al ragionamento sviluppato dalla Corte nelle citate sentenze Eckelkamp e a., Arens-Sikken e Mattner, venga accolto l’argomento del governo tedesco secondo cui la presente causa potrebbe rientrare, per analogia, nel contesto della giurisprudenza Schumacker (22) e D. (23), ai sensi della quale, in materia di imposta sul reddito e sul patrimonio, di regola la situazione del residente e quella del non residente non sono comparabili (24), resta il fatto che nel procedimento principale la parte essenziale, se non la quasi totalità, del patrimonio assoggettato ad imposta si trova nello Stato membro in cui è situato il terreno oggetto della successione e che tale Stato si trova, a mio avviso, nella posizione migliore per tenere conto della situazione personale e familiare del contribuente ai fini dell’applicazione della deduzione fiscale controversa (25). Infatti, la circostanza, menzionata dal giudice del rinvio, che la successione non sia stata tassata in virtù della normativa tributaria dello Stato in cui risiede il sig. Welte dovrebbe essere equiparata, per analogia con la giurisprudenza elaborata in materia di imposta sul reddito (26), ad una situazione di assenza di «reddito» ereditario in detto Stato, il che comporta che sia lo Stato membro in cui è situato l’immobile – il quale rappresenta dunque la quasi totalità del valore della successione tassata – a dover tenere conto della situazione personale e familiare del contribuente e che, in difetto, tale situazione non verrebbe presa in considerazione in nessuno dei due Stati (27).

40.      Ne consegue, a mio parere, che la Corte, a prescindere dal modo in cui esamini la questione della comparabilità oggettiva delle situazioni tra residenti e non residenti nella presente causa, dovrebbe pervenire al medesimo risultato e dichiarare, pertanto, che la misura controversa nel procedimento principale costituisce una restrizione alla libera circolazione dei capitali, che può essere tollerata solo qualora ricada nell’ambito di applicazione della clausola di «standstill» di cui all’articolo 57, paragrafo 1, CE o possa essere giustificata da motivi imperativi di interesse generale.

C –    Sull’applicabilità dell’articolo 57, paragrafo 1, CE

41.      Come si è già rilevato, l’articolo 57, paragrafo 1, CE consente agli Stati membri di mantenere nei confronti dei paesi terzi restrizioni, in vigore al 31 dicembre 1993, ai movimenti di capitali che implichino «investimenti diretti, inclusi gli investimenti in proprietà immobiliari».

42.      Mentre non vi è alcun dubbio che la Confederazione svizzera debba essere considerata un paese terzo ai sensi della menzionata disposizione (28), è meno agevole stabilire se la normativa tedesca controversa nel procedimento principale rientri nell’ambito di applicazione ratione temporis e ratione materiae di tale clausola di «standstill».

43.      Per quanto riguarda l’ambito di applicazione ratione temporis dell’articolo 57, paragrafo 1, CE, occorre rilevare che la versione dell’ErbStG in discussione nella presente causa è successiva al 31 dicembre 1993.

44.      Tuttavia, la Corte ha già dichiarato che ogni misura nazionale adottata posteriormente a tale data non è, per questo solo fatto, automaticamente esclusa dal regime derogatorio istituito dal diritto dell’Unione. Pertanto, una disposizione che sia sostanzialmente identica alla legislazione anteriore, o che si limiti a ridurre o ad eliminare ostacoli all’esercizio dei diritti e delle libertà dell’Unione esistenti nella legislazione precedente, beneficerà della deroga. Per contro, ne è esclusa una legislazione che si basi su una logica diversa da quella del diritto precedente in vigore al 31 dicembre 1993 e istituisca nuove procedure. In tal caso, detta normativa non può essere equiparata ad una normativa vigente alla suddetta data (29).

45.      Nella specie, dalla risposta del giudice del rinvio alla richiesta di chiarimenti della Corte risulta che, a prescindere dall’entità delle deduzioni concesse in forza dell’ErbStG, la disparità di trattamento in discussione nella presente causa sussisteva già nella versione della legge stessa pubblicata il 19 febbraio 1991 e modificata il 21 dicembre 1993.

46.      Di conseguenza, la versione dell’ErbStG posteriore al 31 dicembre 1993 era sostanzialmente e logicamente identica, tranne che per l’importo delle deduzioni, a quella vigente prima di tale data. La circostanza che l’entità delle deduzioni sia stato modificato e che, come rilevato dalla Commissione, la differenza tra le deduzioni concesse sia aumentata non significa, tuttavia, che la ratio di detta legge sia stata modificata dopo il 31 dicembre 1993 o che, a decorrere da tale data, siano state introdotte nuove procedure per i cittadini di paesi terzi, nel senso della giurisprudenza precedentemente menzionata.

47.      Alla luce degli elementi forniti dal giudice del rinvio, la condizione ratione temporis di cui all’articolo 57, paragrafo 1, CE mi sembra quindi soddisfatta.

48.      Per contro, ritengo che detta normativa non rientri nell’ambito di applicazione ratione materiae del medesimo articolo. Questa conclusione è motivata dalle seguenti considerazioni.

49.      Anzitutto, si possono sollevare fondati dubbi sul fatto che movimenti di capitali quali le successioni di cittadini di paesi terzi disciplinate dalla normativa tributaria di uno Stato membro implichino «investimenti diretti, inclusi gli investimenti in proprietà immobiliari» ai sensi dell’articolo 57, paragrafo 1, CE.

50.      Infatti, come già osservato, in mancanza di definizione della nozione di movimenti di capitali, finora la Corte si è sistematicamente basata, sia per l’interpretazione dell’articolo 56 CE che per quella dell’articolo 57 CE, sulle definizioni contenute nella nomenclatura dell’allegato I alla direttiva 88/361 e sulle note esplicative ad esse afferenti (30). Orbene, mentre le successioni rientrano nella categoria XI, intitolata «Movimenti di capitali a carattere personale», di tale nomenclatura, gli investimenti diretti, che vanno intesi, secondo le note esplicative, come «gli investimenti di qualsiasi tipo (…) aventi lo scopo di stabilire o mantenere legami durevoli e diretti fra il finanziatore e l’imprenditore o l’impresa a cui tali fondi sono destinati per l’esercizio di un’attività economica», rientrano nella categoria I della medesima nomenclatura.

51.      Oltre a ciò, in quanto deroga ad un regime di libertà previsto dal diritto dell’Unione, peraltro particolarmente ampio, l’articolo 57, paragrafo 1, CE deve essere interpretato restrittivamente (31). Pertanto, non credo che tale disposizione possa estendersi alle successioni transfrontaliere riguardanti cittadini di paesi terzi.

52.      Inoltre, quand’anche si accogliesse la tesi della Commissione, sviluppata per analogia sulla base della citata sentenza Scheunemann, secondo la quale il regime giuridico di una successione transfrontaliera dipende dall’oggetto della medesima, ossia, nella fattispecie, un bene immobile (32), tale argomento non comporterebbe, secondo me, l’applicazione dell’articolo 57, paragrafo 1, CE in una situazione come quella di cui al procedimento principale.

53.      A tale proposito occorre fare nuovamente riferimento alla nomenclatura ed alle note esplicative che l’accompagnano.

54.      Secondo la nomenclatura, gli investimenti immobiliari di cui alla categoria II, definiti nelle note esplicative come «[g]li acquisti di terreni con immobili e senza, nonché la costruzione di immobili da parte di privati a scopo di lucro o personale», sono investimenti «non compresi nella categoria I», ossia quella degli investimenti diretti.

55.      Conseguentemente, atteso che l’articolo 57, paragrafo 1, CE menziona «investimenti diretti, inclusi gli investimenti in proprietà immobiliari»(33), tale passo deve essere interpretato nel senso che riguardi gli investimenti in proprietà immobiliari costituenti investimenti diretti, vale a dire, per parafrasare le note esplicative, investimenti immobiliari idonei a stabilire o mantenere legami diretti con un imprenditore ai fini dell’esercizio di un’attività economica.

56.      Per contro, gli investimenti in proprietà immobiliari di tipo patrimoniale, slegati dall’esercizio di un’attività economica, non rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 57, paragrafo 1, CE.

57.      Ritengo che tale interpretazione sia corroborata da tre considerazioni ulteriori.

58.      In primo luogo, essa è giustificata dalla necessità di interpretare restrittivamente la deroga di cui all’articolo 57, paragrafo 1, CE in modo da non privare di gran parte del suo effetto utile il regime di libertà molto ampio previsto dall’articolo 56, paragrafo 1, CE.

59.      In secondo luogo, essa si spiega con l’esigenza di interpretare l’articolo 57, paragrafo 1, CE (già articolo 73 C del Trattato CE) in modo coerente con altre disposizioni di diritto primario, in particolare il protocollo sull’acquisto di beni immobili in Danimarca, allegato al Trattato sull’Unione europea, firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992 (34), e l’atto di adesione all’Unione europea dell’Austria, della Finlandia e della Svezia (35). Da tali atti risulta, in effetti, che tali Stati membri sono stati autorizzati, nonostante le disposizioni dei trattati, a mantenere, in via transitoria per gli ultimi tre Stati, le loro normative nazionali vigenti in materia di acquisto di residenze secondarie (36). Orbene, è evidente che la negoziazione e l’adozione di tali atti sarebbe stata superflua ove l’articolo 73 C del Trattato CE fosse stato applicabile agli investimenti immobiliari di natura patrimoniale, slegati dall’esercizio di un’attività economica.

60.      Infine, in terzo luogo, l’interpretazione restrittiva della nozione di investimenti in proprietà immobiliari proposta in questa sede, pur non essendo basata sulla giurisprudenza della Corte (37), tuttavia non è con essa incompatibile.

61.      Infatti, la sentenza Fokus Invest e la sentenza Prunus e Polonium, già citate, che pure riguardavano entrambe l’acquisto di beni immobili da parte di cittadini di paesi terzi, a mio avviso non sono decisive al fine di delimitare il campo di applicazione ratione materiae dell’articolo 57, paragrafo 1, CE o, quanto meno, non hanno risolto la questione dell’esclusione degli investimenti immobiliari patrimoniali, slegati dall’esercizio di un’attività economica, dall’ambito di tale disposizione.

62.      Così, per quanto riguarda la causa all’origine della prima sentenza citata supra, occorre rammentare che essa verteva sull’acquisto, da parte di una società austriaca di investimenti immobiliari, di quote di un bene immobile che le conferivano la proprietà di un certo numero di appartamenti ad uso abitativo e di posti destinati a parcheggio, che erano stati dati in locazione, e tutte le quote di tale società erano detenute, all’epoca dei fatti del procedimento principale, da società per azioni svizzere (38). Sebbene il regime di autorizzazione preventiva di questo tipo di acquisto immobiliare, istituito in Austria, sia stato considerato dalla Corte incluso nell’ambito di applicazione dell’articolo 64, paragrafo 1, TFUE (già articolo 57, paragrafo 1, CE) e, pertanto, ammissibile nei confronti di tali società stabilite nel territorio della Confederazione elvetica, il procedimento principale era innegabilmente connesso all’esercizio di un’attività economica nel territorio di uno Stato membro da parte di persone giuridiche stabilite in un paese terzo.

63.      È vero che alcuni passaggi della sentenza Fokus Invest potrebbero far pensare che la Corte avrebbe confermato la validità del regime di autorizzazione preventiva indipendentemente dalla situazione all’origine della controversia principale. Tuttavia, tali passaggi non mi sembrano decisivi e la precisione con cui la Corte ha illustrato le circostanze all’origine di detta causa mi induce a ritenere che essa non sarebbe giunta alla medesima conclusione qualora l’investimento immobiliare di cui trattasi non avesse riguardato l’acquisto di un unico bene a scopi puramente patrimoniali.

64.      Analogamente, per quanto concerne la menzionata sentenza Prunus e Polonium, in cui la questione principale verteva sull’ambito di applicazione ratione personae dell’articolo 64, paragrafo 1, CE, vale a dire se un paese e territorio d’oltremare di uno Stato membro dovesse essere considerato, nei confronti di un altro Stato membro, come un paese terzo ai sensi di detta disposizione, la causa riguardava la riscossione di una tassa sulla proprietà di immobili che, nella fattispecie, formavano oggetto di un’attività economica esercitata tramite la società di diritto francese Prunus, la quale costituiva uno strumento per la realizzazione di un investimento diretto immobiliare da parte delle sue società controllanti, aventi sede nelle Isole Vergini britanniche (39). A mio avviso, è alla luce di tali circostanze che la Corte ha potuto concludere, senza peraltro fornire nella sentenza una specifica motivazione quanto alla sfera di applicazione ratione materiae dell’articolo 64, paragrafo 1, TFUE, che le restrizioni risultanti dalla tassa controversa erano ammesse nei confronti dei paesi e territori d’oltremare in virtù di detta disposizione (40).

65.      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, ritengo che la normativa tedesca in discussione nel procedimento principale, che disciplina il trattamento fiscale di una successione tra cittadini di paesi terzi avente ad oggetto un bene immobile situato nel territorio tedesco, non soddisfi la condizione sostanziale di cui all’articolo 57, paragrafo 1, CE.

66.      Occorre quindi verificare se tale normativa possa nondimeno essere giustificata in base a motivi imperativi di interesse generale.

D –    Sulla giustificazione della restrizione per motivi imperativi di interesse generale

67.      Il governo tedesco sostiene che la normativa in discussione nel procedimento principale è intesa sia a garantire la coerenza fiscale che ad assicurare l’efficacia dei controlli fiscali.

68.      Per quanto riguarda il primo motivo di giustificazione dedotto dal governo tedesco, esso rammenta che, mentre nel regime dell’assoggettamento parziale il vantaggio connesso alla base imponibile ristretta sarebbe compensato dall’inconveniente di una deduzione inferiore, nel regime dell’assoggettamento integrale il vantaggio di una deduzione superiore sarebbe compensato dall’inconveniente di una base imponibile più ampia. La citata sentenza Mattner non direbbe null’altro. Invero, i fatti che hanno dato luogo a tale sentenza erano diversi, dato che, nel caso del trasferimento per donazione, che di regola riguarda un unico bene, le differenze tra i regimi dell’assoggettamento parziale e integrale sono prive di conseguenze.

69.      Tale argomento non è persuasivo.

70.      Se pure è vero che la Corte ha riconosciuto che la salvaguardia della coerenza fiscale può giustificare una restrizione alla libera circolazione dei capitali (41), l’ammissibilità di un simile motivo di giustificazione è subordinata all’esistenza di un nesso diretto tra il vantaggio fiscale di cui trattasi e la compensazione del vantaggio medesimo con un determinato prelievo fiscale (42).

71.      Orbene, a mio avviso tale condizione non è soddisfatta. Infatti, come si è già rilevato, la deduzione di EUR 500 000 viene concessa ai residenti tedeschi indipendentemente dal valore della massa ereditaria. Non esiste quindi alcun nesso diretto tra tale deduzione e un determinato prelievo fiscale. Inoltre, la deduzione di EUR 500 000 verrebbe accordata ad un residente tedesco che ereditasse un unico bene immobile anche qualora, in ragione della residenza del de cuius al momento del decesso, la massa ereditaria fosse situata all’estero, senza che, per diversi motivi, la Repubblica federale di Germania potesse tassarla. In tal caso non sussisterebbe dunque alcun nesso diretto e logico di simmetria tra il vantaggio fiscale ed un preteso determinato prelievo fiscale.

72.      Occorre quindi respingere la giustificazione relativa all’esigenza di salvaguardare la coerenza fiscale del regime in discussione nel procedimento principale.

73.      Quanto al secondo motivo dedotto dal governo tedesco, vale a dire l’esigenza di assicurare l’efficacia dei controlli fiscali (43), ritengo che esso vada parimenti respinto.

74.      È vero che, come ha rilevato detto governo, la direttiva 77/799/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1977, relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette (44), non è applicabile nei rapporti tra gli Stati membri e le autorità competenti dei paesi terzi.

75.      Tuttavia, anche nell’ambito dei rapporti tra le amministrazioni finanziarie degli Stati membri, la cooperazione istituita dalla menzionata direttiva non riguarda le informazioni relative al pagamento delle imposte sulle successioni e sui trasferimenti di proprietà, ma solo le imposte sul reddito ed il patrimonio nonché, a partire dal 2004, le imposte sui premi assicurativi.

76.      Si deve, inoltre, rilevare che le informazioni alle quali fa riferimento il governo tedesco, che a suo parere dovrebbero essere chieste anzitutto al beneficiario di una successione, verificandone l’attendibilità con la cooperazione delle autorità fiscali dello Stato in cui è stata aperta la successione, riguardano essenzialmente i certificati di morte e altri documenti rilasciati dagli ufficiali di stato civile dello Stato di residenza del de cuius, documenti che, nonostante i legittimi dubbi sulla possibilità che rientrino effettivamente nell’ambito della cooperazione fra autorità fiscali, possono comunque essere ottenuti, come fa giustamente valere la Commissione, nel quadro dell’applicazione dell’articolo 13 della convenzione tra la Repubblica federale di Germania e la Confederazione elvetica, del 30 novembre 1978, contro le doppie imposizioni in materia di imposte sul patrimonio e sulla successione.

77.      A prescindere da tale circostanza, questi tipi di informazioni e di documenti ufficiali, che di regola non richiedono valutazioni complesse, possono essere comunicati dall’erede senza bisogno di ricorrere, ai fini della deduzione fiscale, alla cooperazione sistematica delle autorità competenti del paese terzo interessato. Peraltro, ricordo che, secondo la normativa controversa nel procedimento principale, la deduzione fiscale di EUR 500 000 viene concessa all’erede, residente in Germania, che benefici della trasmissione ereditaria di beni situati in un paese terzo di una persona che al momento del decesso fosse residente nel territorio di tale paese. Orbene, è quantomeno paradossale che le autorità tedesche non ravvisino alcun ostacolo a concedere tale deduzione nella specie, considerato che per l’ottenimento delle informazioni relative al decesso e alla successione del coniuge non residente esse dipendono dalla cooperazione dell’erede, così come nel caso in cui, al pari della fattispecie oggetto del procedimento principale, negano la concessione della deduzione fiscale de qua.

78.      Ciò premesso, non può essere accolto, a mio avviso, nessuno dei due motivi di interesse generale addotti dal governo tedesco.

79.      Non occorre, quindi, esaminare la proporzionalità delle norme nazionali in discussione nel procedimento principale.

80.      Tuttavia, qualora la Corte ritenesse necessario pronunciarsi su tale questione, condivido le osservazioni della Commissione secondo cui le norme nazionali in discussione nel procedimento principale vanno oltre quanto necessario per raggiungere gli obiettivi di interesse generale invocati. In particolare, mentre nella causa a qua l’asse ereditario situato in Germania e tassato in tale Stato membro rappresenta oltre il 60% del valore della successione, la deduzione forfettaria di EUR 2 000 concessa al ricorrente nel procedimento principale corrisponde appena allo 0,4% della deduzione di cui egli avrebbe beneficiato qualora fosse stato residente in Germania al momento del decesso della coniuge. Siffatta disparità di trattamento è manifestamente sproporzionata rispetto a tutti i motivi di interesse generale invocati dal governo tedesco.

81.      La questione della determinazione del livello o dell’aliquota della deduzione fiscale nella situazione dei soggetti non residenti in Germania, al fine di garantire la proporzionalità delle norme nazionali in discussione nel procedimento principale, rientra, dal canto suo, nella competenza delle autorità dello Stato membro dell’imposizione.

82.      Per quanto riguarda la situazione del ricorrente nel procedimento principale, non è escluso che il giudice del rinvio, al quale spetta risolvere la controversia di cui è investito, debba escludere esso stesso, nell’esercizio di una competenza che si estenda oltre il mero annullamento della decisione impugnata, l’applicazione della deduzione forfettaria.

83.      Supponendo che esso disponga di tale competenza, la difficoltà da affrontare atterrebbe alla questione se la parità di trattamento tra residenti e non residenti gli imponga di concedere la deduzione integrale di EUR 500 000 anche qualora la quota ereditaria tassata in Germania e ereditata dal sig. Welte non rappresenti, a differenza, di regola, delle situazioni puramente interne dei contribuenti integralmente assoggettati ad imposta, il valore complessivo della successione.

84.      Tale questione, a mio avviso, deve essere risolta in senso affermativo. Infatti, come si è già rilevato, la situazione del sig. Welte non mi sembra sensibilmente diversa da quella di un residente tedesco che benefici della successione, aperta in Germania, del coniuge parimenti residente in detto Stato al momento del decesso, ove la successione abbia ad oggetto un unico bene immobile. Orbene, a parità di altre condizioni, a tale residente sarebbe stata concessa la deduzione integrale ed egli non avrebbe dovuto pagare l’imposta sul trasferimento di tale bene.

85.      Inoltre, alla luce delle circostanze del procedimento principale e, in particolare, dell’importanza del bene immobile ereditato dal sig. Welte rispetto al valore complessivo della successione aperta a seguito del decesso della coniuge, mi sembra che la Repubblica federale di Germania si trovi nella posizione migliore per prendere in considerazione la situazione personale e familiare del contribuente. In tal caso, e per analogia con la proposta da me formulata nelle conclusioni relative alla causa conclusasi con la sentenza Beker e Beker (45) e accolta dalla Corte al punto 60 di detta sentenza, la deduzione fiscale andrebbe applicata integralmente alla quota ereditaria percepita in tale Stato membro.

III – Conclusione

86.      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, suggerisco alla Corte di rispondere alla questione pregiudiziale posta dal Finanzgericht Düsseldorf nei seguenti termini:

«Gli articoli 56 CE, 57 CE e 58 CE devono essere interpretati nel senso che ostano alla normativa nazionale di uno Stato membro relativa all’imposta di successione che preveda, a favore del residente di un paese terzo, nel caso di trasmissione in via successoria di un bene immobile situato nel territorio di tale Stato membro da parte di una persona residente nel medesimo paese terzo, la sola deduzione di EUR 2 000, laddove per la stessa successione sarebbe stata concessa una deduzione di EUR 500 000 ove il de cuius o il beneficiario fossero stati residenti nel territorio di detto Stato membro al momento della successione.»


1 – Lingua originale: il francese.


2 – Va rilevato che, all’udienza dinanzi alla Corte, le parti del procedimento principale hanno affermato che sul terreno era stata edificata la casa familiare dei genitori della sig.ra Welte-Schenkel, che quest’ultima aveva ereditato dai medesimi alcuni mesi prima del suo decesso.


3 – Nella versione pubblicata il 27 febbraio 1997 (BGBl. 1997 I, pag. 378), come modificata dall’articolo 1 della legge di riforma delle norme in materia di imposta sulle successioni e di valutazione dei beni (Gesetz zur Reform des Erbschaftsteuer- und Bewertungsrechts), del 24 dicembre 2008 (BGBl. 2008 I, pag. 3018).


4 – Nella versione risultante dalle legge tributaria annuale (Jahressteuergesetz) del 20 dicembre 2006 (BGBl. 2006 I, pag. 2049), come modificata dall’articolo 2 della legge di riforma delle norme in materia di imposta sulle successioni e di valutazione dei beni, del 24 dicembre 2008.


5 – Anche l’imposta sul trasferimento per successione dei crediti bancari sembra rientrare nella competenza dello Stato di residenza del de cuius, ai sensi dell’articolo 8 della Convenzione tra la Repubblica federale di Germania e la Confederazione elvetica, del 30 novembre 1978, contro le doppie imposizioni in materia di imposte sul patrimonio e sulla successione (BGBl. 1980 II, pag. 594).


6 – Sentenza del 22 aprile 2010 (C-510/08, Racc. pag. I-3553, punto 56).


7 – Sentenza del 18 dicembre 2007 (C-101/05, Racc. pag. I-11531, punti 27 e 31).


8 – GU L 114, pag. 6.


9 – Nel medesimo senso v., in particolare, sentenze del 23 febbraio 2006, van Hilten-van der Heijden (C-513/03, Racc. pag. I-1957, punti 25 e 26 nonché la giurisprudenza ivi citata), e del 15 luglio 2010, Hengartner e Gasser (C-70/09, Racc. pag. I-7233, punti 27 e 28).


10 – V., in tal senso, sentenza dell’11 febbraio 2010, Fokus Invest (C-541/08, Racc. pag. I-1025, punti 35 e 36).


11 – V. rubrica XI dell’allegato I della direttiva 88/361/CEE del Consiglio, del 24 giugno 1988, per l’attuazione dell’articolo 67 del Trattato [articolo abrogato dal Trattato di Amsterdam] (GU L 178, pag. 5), che designa in particolare le operazioni con cui è disposta la trasmissione, in tutto o in parte, del patrimonio di una persona, inter vivos o mortis causa. Su tale base, la Corte ha confermato la qualificazione come movimenti di capitali, ai sensi dell’articolo 56, paragrafo 1, CE, delle successioni i cui elementi costitutivi non si trovino all’interno di un unico Stato membro: v., segnatamente, sentenze van Hilten-van der Heijden, cit. (punto 42); dell’11 settembre 2008, Eckelkamp e a. (C-11/07, Racc. pag. I-6845, punto 39), e Arens-Sikken (C-43/07, Racc. pag. I-6887, punto 30); del 12 febbraio 2009, Block (C-67/08, Racc. pag. I-883, punto 20), e del 15 ottobre 2009, Busley e Cibrian Fernandez (C-35/08, Racc. pag. I-9807, punto 18).


12 – V., in particolare, citate sentenze Eckelkamp e a. (punto 38); Arens-Sikken (punto 29), e Block (punto 19).


13 – V., in tal senso, sentenza del 14 dicembre 1995, Sanz de Lera e a. (C-163/94, C-165/94 e C-250/94, Racc. pag. I-4821, punti da 35 a 37).


14 – Sentenza del 19 luglio 2012, Scheunemann (C-31/11, punti da 21 a 23). In detta causa, l’oggetto della successione di un cittadino tedesco era una partecipazione pari al 100% nel capitale di una società con sede in Canada per la quale la normativa tedesca escludeva determinati vantaggi fiscali. La Corte ha dichiarato (v. punti da 31 a 34 della sentenza de qua) che tale situazione implicava la detenzione di una partecipazione che consentiva di esercitare una sicura influenza sulle decisioni di tale società e di determinarne le attività e, pertanto, doveva essere esaminata alla luce della libertà di stabilimento, la quale non è destinata a trovare applicazione nei rapporti tra gli Stati membri e i paesi terzi. Si deve rilevare che la Corte aveva già applicato la libertà di stabilimento ad una normativa tributaria in materia di imposta sulle successioni relativa ad una società familiare il cui capitale fosse detenuto almeno al 50%: v. sentenza del 25 ottobre 2007, Geurts e Vogten (C-464/05, Racc. pag. I-9325, punti 13 e 14).


15 – Nel medesimo senso v., in particolare, citate sentenze Hilten-van der Heijden (punto 44), e Block (punto 24), nonché sentenza del 10 febbraio 2011, Missionswerk Werner Heukelbach (C-25/10, Racc. pag. I-497, punto 22). La causa all’origine della sentenza Hilten-van der Heijden verteva sulla successione di una cittadina olandese domiciliata in Svizzera ai fini fiscali al momento del decesso.


16 – Nel medesimo senso v. anche sentenza Arens-Sikken, cit. (punti 38 e 40), a proposito di una normativa nazionale che applica un metodo di calcolo diverso al fine di determinare l’imposta sulle successioni effettivamente dovuta al momento della devoluzione patrimoniale a seconda che, al momento del decesso, il de cuius fosse o meno residente nello Stato membro del luogo in cui era situato l’immobile oggetto della successione.


17 – V., in particolare, citate sentenze Mattner (punto 30), e Missionswerk Werner Heukelbach (punto 29).


18 – In particolare, i legami di parentela ed il valore dei beni che determinano la base imponibile, la scala delle aliquote e l’aliquota d’imposta.


19 – V., rispettivamente, citate sentenze Eckelkamp e a. (punti 62 e 63); Arens-Sikken (punti 56 e 57), e Mattner (punti da 36 a 38).


20 – V. sentenza Arens-Sikken, cit. (punto 17).


21 – Ibidem (punti 7 e 8).


22 – Sentenza del 14 febbraio 1995 (C-279/93, Racc. pag. I-225, punti 31, 32 e 34). V., parimenti, sentenza del 14 settembre 1999, Gschwind (C-391/97, Racc. pag. I-5451, punti 22 e 23).


23 – Sentenza del 5 luglio 2005 (C-376/03, Racc. pag. I-5821, punto 38).


24 – Si possono tuttavia sollevare dubbi in ordine a siffatta analogia, dato che, a differenza dell’imposta sul reddito o sul patrimonio, l’imposta di successione non dipende dalla capacità contributiva del soggetto passivo, bensì dal legame di parentela con il de cuius e dal valore della successione.


25 – V., per analogia, in materia di imposta sul reddito, citate sentenze Schumacker (punti 36 e 37), e Gschwind (punto 27).


26 – V. segnatamente, sentenze del 1° luglio 2004, Wallentin (C-169/03, Racc. pag. I-6443, punti 17 e 18); del 25 gennaio 2007, Meindl (C-329/05, Racc. pag. I-1107, punto 26), e del 10 maggio 2012, Commissione/Estonia (C-39/10, punto 53).


27 – V., per analogia, in particolare, citate sentenze Wallentin (punto 17), e Commissione/Estonia (punto 53).


28 – Va rilevato che l’articolo 57, paragrafo 1, CE non è applicabile ai tre Stati membri dell’Associazione europea di libero scambio (AELS), vale a dire l’Islanda, la Norvegia e il Liechtenstein, parti contraenti dell’Accordo sullo Spazio Economico Europeo (SEE), in quanto, nei loro rispettivi rapporti e in quelli con gli Stati membri dell’Unione, la circolazione dei capitali è disciplinata dall’articolo 40 di detto Accordo, identico, nella sostanza, all’articolo 56, paragrafo 1, CE: v. sentenza del 23 settembre 2003, Ospelt e Schlössle Weissenberg (C-452/01, Racc. pag. I-9743, punti da 30 a 32), e ordinanza del 24 giugno 2001, projektart e a. (C-476/10, Racc. pag. I-5615, punti da 36 a 38), che contrappone per l’appunto la situazione della Confederazione elvetica a quella degli altri tre Stati dell’AELS, parti dell’Accordo SEE.


29 – V., in tal senso, sentenze del 24 maggio 2007, Holböck (C-157/05, Racc. pag. I-4051, punto 41); A, cit. (punto 49), e Fokus Invest, cit. (punto 42). V., parimenti, sentenza del 5 maggio 2011, Prunus e Polonium (C-384/09, Racc. pag. I-3319, punto 36).


30 – V., segnatamente, sentenza Holböck, cit. (punto 34 e la giurisprudenza ivi citata).


31 – V. anche, nel medesimo senso, paragrafo 64 delle conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa che ha dato luogo alla citata sentenza Prunus e Polonium.


32 – Ad ogni buon fine è importante rilevare che, a differenza della trasmissione ereditaria di partecipazioni in una società, che può rientrare, secondo la già citata giurisprudenza Geurts e Vogten nonché Scheunemann, nella sfera di applicazione della libertà di stabilimento, finora la Corte ha sempre considerato che le successioni transfrontaliere riguardanti beni sia mobili che immobili o quelle aventi ad oggetto esclusivamente beni immobili rientravano nell’ambito della libera circolazione dei capitali: v., in proposito, sentenza Busley e Cibrian Fernandez, cit. (punto 18 e la giurisprudenza ivi citata).


33 – Il corsivo è mio.


34 – GU 1992, C 224, pag. 104 (versione consolidata).


35 – GU 1994, C 241, pag. 21.


36 – V., rispettivamente per l’Austria, la Finlandia e la Svezia, articoli 70, 87 e 114 dell’atto di adesione.


37 – Tale interpretazione è tuttavia condivisa da vari giudici amministrativi francesi: v., in particolare, sentenza della Cour administrative d’appel de Paris del 7 ottobre 2011, Caisse autonome des travailleurs salariés de Monaco, Droit fiscal, 2011, n. 49, comm. 616, concl. Ph. Blanc; sentenza della Cour administrative d’appel de Marseille del 13 marzo 2012, Min. c. M. Graetz, Droit fiscal, 2012, n. 25, comm. 342 Ch. Laroche, concl. G. Guidal. Finora, tuttavia, nessun giudice francese ha sottoposto alla Corte una questione pregiudiziale a tal riguardo. Peraltro, gran parte della dottrina fiscalista francese sembra avvalorare l’interpretazione adottata dalle menzionate giurisdizioni: a tale proposito v., in particolare, Maitrot de la Motte, A., «La libre circulation des capitaux et l’imposition des plus-values de cessions immobilières par des résidents d’États tiers à l’UE», Droit fiscal, 2011, n. 18, comm. 338; Dinh, E., «Les investissements immobiliers sont-ils des investissements directs au sens de l’article 64 TFUE (‘clause de gel’)? À propos de TA Montreuil, 8 décembre 2011, Mme Beaufour», Droit fiscal, 2012, n. 25, 339, e Laroche, Ch., «Article 164 C du CGI et liberté de circulation des capitaux: ça chauffe pour la clause de gel!», Droit fiscal, 2012, n. 25, comm. 342.


38 – Sentenza Fokus Invest, cit. (punto 18).


39 – V., in proposito, paragrafo 44 delle conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa che ha dato luogo alla citata sentenza Prunus e Polonium.


40 – Sentenza Prunus e Polonium, cit. (punto 37).


41 – V., in particolare, sentenze del 17 settembre 2009, Glaxo Wellcome (C-182/08, Racc. pag. I-8591, punto 77), e del 1° dicembre 2011, Commissione/Belgio (C-250/08, Racc. pag. I-12341, punto 70).


42 – Sentenze Glaxo Wellcome, cit. (punto 78), e Commissione/Belgio, cit. (punto 71).


43 – La Corte ha riconosciuto che tale motivo è idoneo a giustificare restrizioni alle libertà di circolazione previste dal diritto dell’Unione: v., segnatamente, sentenza dell’11 giugno 2009, X e Passenheim-van Schoot (C-155/08 e C-157/08, Racc. pag. I-5093, punto 45 e la giurisprudenza ivi citata).


44 – GU L 336, pag. 15. Tale direttiva è stata modificata a più riprese, da ultimo il 20 novembre 2006 (GU L 363, pag. 129). La cooperazione istituita da detta direttiva include anche le tasse sui premi assicurativi, come indica il suo titolo dopo la modifica del 16 novembre 2004.


45 – V. paragrafo 54 delle mie conclusioni presentate il 12 luglio 2012 nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 28 febbraio 2013 (C-168/11).