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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ELEANOR SHARPSTON

presentate il 26 settembre 2013 (1)

Causa C-366/12

Finanzamt Dortmund-West

contro

Klinikum Dortmund gGmbH

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof (Germania)]

«IVA – Somministrazione di citostatici nell’ambito di cure ambulatoriali – Esenzione per gli ospedali e per le operazioni strettamente connesse alle cure mediche – Se l’“operazione strettamente connessa” debba consistere in una prestazione di servizi – Se i servizi debbano essere prestati dal soggetto che assicura l’ospedalizzazione o le cure mediche – Se tali operazioni possano essere esentate qualora siano strettamente connesse alla prestazione di cure mediche non eseguite in ospedale o in una struttura analoga»





1.        Il diritto dell’Unione europea («UE») esenta dal pagamento dell’IVA, da un lato, «l’ospedalizzazione e le cure mediche nonché le operazioni ad esse strettamente connesse, assicurate da organismi di diritto pubblico» oppure, a condizioni sociali analoghe, le operazioni assicurate «da istituti ospedalieri, centri medici e diagnostici e altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti» e, dall’altro, «le prestazioni mediche effettuate nell’esercizio delle professioni mediche e paramediche».

2.        Con la presente domanda di pronuncia pregiudiziale, il Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale) chiede come debba applicare tali esenzioni nel caso in cui i farmaci chemioterapici vengano distribuiti da una farmacia ospedaliera e somministrati ai pazienti mediante trattamento ambulatoriale eseguito nelle strutture ospedaliere ma da medici che agiscono in qualità di soggetti autonomi.

 Diritto dell’Unione rilevante

3.        Il procedimento principale riguarda gli esercizi fiscali 2005 e 2006, in cui il diritto comunitario applicabile era contenuto nella sesta direttiva (2).

4.        Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della sesta direttiva «le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale» erano soggette all’IVA. A tenore degli articoli 5, paragrafo 1, e 6, paragrafo 1, rispettivamente, si considerava «cessione di un bene» «il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario», e per «prestazione di servizi» s’intendeva «ogni operazione che non costituisce cessione di un bene ai sensi dell’articolo 5» (3).

5.        L’articolo 12, paragrafo 3, lettera a), della sesta direttiva richiedeva agli Stati membri di applicare un’aliquota normale non inferiore al 15%. Essi potevano altresì applicare una o due aliquote ridotte non inferiori al 5% alle cessioni di beni ed alle prestazioni di servizi delle categorie elencate nell’allegato H (4).

6.        Conformemente all’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettere b) e c), della sesta direttiva, gli Stati membri dovevano esonerare («alle condizioni da essi stabilite per assicurare la corretta e semplice applicazione delle esenzioni sottoelencate e per prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso»):

«b)      l’ospedalizzazione e le cure mediche nonché le operazioni ad esse strettamente connesse, assicurate da organismi di diritto pubblico oppure, a condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per i medesimi, da istituti ospedalieri, centri medici e diagnostici e altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti.

c)      le prestazioni mediche effettuate nell’esercizio delle professioni mediche e paramediche quali sono definite dallo Stato membro interessato» (5).

7.        Tuttavia l’articolo 13, parte A, paragrafo 2, lettera b), della stessa direttiva disponeva quanto segue:

«sono escluse dal beneficio dell’esenzione prevista alle lettere b), (…) del paragrafo 1 le prestazioni di servizi e le forniture di beni che:

–        non siano indispensabili all’espletamento delle operazioni esentate;

–        siano essenzialmente destinate a procurare all’ente entrate supplementari mediante la realizzazione di operazioni effettuate in concorrenza diretta con le imprese commerciali sottoposte all’imposta sul valore aggiunto» (6).

8.        L’allegato H elencava i beni ed i servizi che potevano essere assoggettati ad aliquote IVA ridotte. Il punto 3 dell’elenco includeva «prodotti farmaceutici normalmente utilizzati per cure mediche, per la prevenzione delle malattie e per trattamenti medici» (7).

 Normativa tedesca rilevante

9.        A norma dell’articolo 1, paragrafo 1, punto 1, prima frase, dell’Umsatzsteuergesetz (legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari) del 2005 (in prosieguo: l’«UStG»), sono soggette all’imposta sulla cifra d’affari (cioè l’IVA) «le cessioni di beni e le forniture di servizi effettuate in Germania a titolo oneroso da un imprenditore nell’ambito della propria attività». L’articolo 3, paragrafo 1 definisce le cessioni di beni effettuate da un imprenditore «le operazioni attraverso le quali un imprenditore, o un terzo da lui incaricato trasferisce all’acquirente, o a un terzo da questi autorizzato, il potere di disporre dei beni in nome proprio (trasferimento del potere di disporre di un bene)», e l’articolo 3, paragrafo 9, definisce i servizi come «le prestazioni che non costituiscono cessioni di beni».

10.      L’articolo 4 dell’UStG elenca le operazioni esenti da IVA. Negli anni controversi il punto 14 esentava «le operazioni rientranti nell’esercizio della professione di medico, dentista, naturopata, fisioterapista, ostetrica o di analoghe attività professionali terapeutiche (…)», mentre il punto 16 esentava, a determinate condizioni, «le operazioni strettamente connesse alla gestione di ospedali».

11.      Negli anni in questione, l’articolo 116 del V libro del Sozialgesetzbuch (codice di previdenza sociale; in prosieguo: il «SGB V»), prevedeva che i medici ospedalieri (non convenzionati presso il sistema pubblico di assicurazione malattia) che avessero conseguito la specializzazione potevano essere autorizzati dal comitato di omologazione, con l’accordo dell’ente gestore dell’ospedale a prestare assistenza sanitaria nell’ambito di tale sistema; e ai sensi dell’articolo 116, lettera a) gli ospedali convenzionati potevano essere autorizzati ad utilizzare i suddetti medici per prestare assistenza sanitaria presso il sistema pubblico negli ambiti specialistici per i quali si fosse constatata carenza di offerta, fintantoché ciò si rendesse necessario per coprire quest’ultima.

 Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

12.      La Klinikum Dortmund gGmbH (in prosieguo: la «Klinikum Dortmund») è una società a responsabilità limitata senza scopo di lucro, che amministra un ospedale. Negli anni controversi essa era titolare di una licenza di istituto ai sensi dell’articolo 116, lettera a), SGB V che autorizzava l’ospedale ad effettuare, oltre alle prestazioni in sede, anche prestazioni ambulatoriali. Le prestazioni ambulatoriali erano effettuate, fra l’altro, anche dai medici ospedalieri assunti dalla Klinikum Dortmund la quale, in tale contesto, agiva in base ad una licenza individuale ai sensi dell’articolo 116 SGB V.

13.      La Klinikum Dortmund curava i pazienti affetti da cancro ricorrendo alla chemioterapia. I farmaci somministrati (citostatici) erano prodotti dalla farmacia ospedaliera sulla base della prescrizione del medico per ciascun paziente. È pacifico che, quando i farmaci citostatici erano somministrati ai pazienti all’interno dell’ospedale, e la terapia era praticata nelle strutture ospedaliere, tali prestazioni erano invero esenti da IVA.

14.      I farmaci citostatici prodotti dalla Klinikum Dortmund erano altresì utilizzati per trattamenti ambulatoriali di pazienti esterni nei locali dell’ospedale; le cure erano eseguite da medici che agivano in qualità di soggetti autonomi, ed erano parimenti considerate esenti da IVA. Tuttavia l’autorità tributaria ha ritenuto che, sul fondamento delle nuove circolari amministrative (che non vincolano i giudici), la fornitura di farmaci a pagamento per il trattamento ambulatoriale di pazienti esterni affetti da tumore era tassabile dal 2005. Essa aveva di conseguenza modificato gli accertamenti dell’imposta dovuta dalla Klinikum Dortmund, prelevando l’IVA sulle operazioni a valle, ma concedendo una detrazione per la relativa imposta versata a monte. (Non sembra in discussione il fatto che, se gli stessi farmaci fossero stati somministrati dagli stessi medici, sempre in qualità di soggetti autonomi, ma all’interno di locali privati e non nell’ambito di una licenza individuale ai sensi dell’articolo 116 SGB V, la fornitura di tali farmaci non sarebbe stata esente da IVA).

15.      Il ricorso presentato dalla Klinikum Dortmund contro l’avviso di rettifica è stato accolto in primo grado, e l’autorità tributaria ha allora proposto un ricorso su un punto di diritto [«Revision»] dinanzi al giudice del rinvio, il quale chiede una pronuncia pregiudiziale sulle seguenti questioni:

«1)      Se l’operazione strettamente connessa debba consistere in una prestazione di servizi ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della [sesta direttiva].

2)      In caso di risposta negativa alla prima questione, se un’operazione strettamente connessa all’ospedalizzazione o alle cure mediche sussista soltanto quando tale operazione sia effettuata dal medesimo soggetto passivo d’imposta che fornisce l’ospedalizzazione o le cure mediche;

3)      In caso di risposta negativa alla seconda questione, se un’operazione strettamente connessa sussista anche quando le cure mediche siano esenti non ai sensi dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera b), della [sesta direttiva], bensì ai sensi della lettera c) di tale disposizione».

16.      Osservazioni scritte sono state presentate dalla Klinikum Dortmund, dal governo tedesco e dalla Commissione europea. All’udienza del 13 giugno 2013 le stesse parti hanno formulato osservazioni orali ed hanno risposto ad una serie di quesiti che erano stati loro rivolti per iscritto dalla Corte.

 Valutazione

 Prima questione

17.      Tutte le parti che hanno presentato osservazioni sostengono che l’espressione «operazioni strettamente connesse» di cui all’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera b), della sesta direttiva, include sia la fornitura di beni che la prestazione di servizi. Concordo con tale opinione.

18.      Ammetto che possano esistere dubbi per ragioni linguistiche. Alcune versioni linguistiche (8) utilizzano un termine che corrisponde ad «attività» e che si può considerare associato più facilmente alla prestazione di servizi che non alla fornitura di beni, mentre la maggior parte delle versioni linguistiche (9) usa un termine che corrisponde al concetto di «operazioni», e che appare più adatto a coprire entrambe le forniture. Tuttavia, se le «attività» devono essere esentate dall’IVA, ne consegue che il termine si riferisce ad una situazione che altrimenti sarebbe stata assoggettata ad imposta. E, nell’economia della normativa in parola, solo operazioni (che possono essere forniture di beni o prestazioni di servizi, ma devono essere o l’uno o l’altro) possono essere gravate da IVA.

19.      La proposta originaria di sesta direttiva della Commissione si riferiva, in tutte le versioni linguistiche, alle prestazioni di servizi connesse col ricovero in ospedale e con le terapie, nonché alle cessioni di beni accessori a dette prestazioni (10). Non vi sono elementi atti ad indicare che la versione finalmente adottata dal Consiglio intendesse escludere la fornitura di beni. Se questa fosse stata l’intenzione, sarebbe stata espressa in termini più espliciti. Mi sembra invece più probabile che l’intenzione sia stata quella di comprendere sia la prestazione di servizi che la fornitura di beni.

20.      È pur vero che almeno la versione spagnola dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera b), della sesta direttiva presenta una formulazione che appare chiaramente più restrittiva: «prestaciones de servicios de hospitalización y asistencia sanitaria y las demás relacionadas directamente con las mismas». Una lettura rigorosamente letterale di tale versione (11) potrebbe suggerire che il testo si riferisca unicamente alle prestazioni di servizi.

21.      Secondo la giurisprudenza consolidata, la formulazione utilizzata in una delle versioni linguistiche di una norma di diritto dell’Unione non può essere l’unico elemento a sostegno dell’interpretazione di questa disposizione, né si può attribuire ad essa un carattere prioritario rispetto alle altre versioni linguistiche. In caso di divergenza tra le varie versioni, la disposizione in questione dev’essere intesa in funzione del sistema e delle finalità della normativa di cui essa fa parte (12). Nella fattispecie l’articolo 13, parte A, paragrafo 1, della sesta direttiva, prevede esenzioni «a favore di alcune attività di interesse pubblico». Se rientra nell’interesse pubblico esonerare da IVA le prestazioni di servizi strettamente connesse all’ospedalizzazione ed alle cure mediche, allora è altresì nell’interesse pubblico esonerare la fornitura di beni che presentano una connessione altrettanto stretta con tali attività. Mi sembra quindi che la versione in lingua spagnola di tale disposizione non possa prevalere sulle altre versioni.

22.      I dubbi del giudice a quo derivano in particolare da due sentenze della Corte – rispettivamente, nelle cause Ygeia (13) e CopyGene (14) – in cui i termini con i quali la Corte si è riferita all’espressione «operazioni (…) strettamente connesse» di cui all’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera b), della sesta direttiva, suggeriscono che debba trattarsi della prestazione di servizi.

23.      Tuttavia, come è stato segnalato nelle osservazioni dinanzi alla Corte, tali sentenze riguardavano situazioni di fatto in cui erano coinvolte unicamente forniture di servizi, e ciò spiegherebbe il linguaggio utilizzato. Inoltre, nella causa Commissione/Regno Unito (15), la Corte si è chiaramente basata sulla premessa che le forniture di beni potessero fruire dell’esenzione di cui all’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera b), della sesta direttiva, sebbene le esenzioni non fossero giustificate ai sensi dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera c).

24.      Sono pertanto del parere che l’espressione «operazioni (…) strettamente connesse» di cui all’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera b), della sesta direttiva, comprenda le forniture sia di beni sia di servizi.

 Seconda questione

25.      La Klinikum Dortmund e la Commissione sostengono che, al fine di fruire dell’esenzione a favore delle «operazioni (…) strettamente connesse» di cui all’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera b), della sesta direttiva, la fornitura di beni non deve necessariamente essere eseguita dal soggetto che assicura l’«ospedalizzazione e le cure mediche».

26.      Il governo tedesco è di parere opposto. Basandosi sulla formulazione della disposizione in parola (l’ospedalizzazione e le cure mediche nonché le operazioni ad esse strettamente connesse «assicurate da» alcuni prestatori definiti), e su una consolidata giurisprudenza della Corte secondo la quale le esenzioni da IVA devono essere interpretate restrittivamente, esso sostiene che le cure e le operazioni connesse devono essere prestate dallo stesso soggetto.

27.      Non concordo con quest’ultima posizione. La formulazione di cui trattasi richiede semplicemente che in entrambi i casi l’operazione sia eseguita da prestatori che rientrano in una determinata definizione (16). Ciò non implica che il prestatore debba essere lo stesso in entrambi i casi. Neppure è vero che la giurisprudenza della Corte si limita ad affermare che i termini usati per designare le esenzioni debbano essere interpretati restrittivamente. Essa aggiunge che l’interpretazione di tali termini deve essere conforme agli obiettivi sottostanti alle esenzioni e rispettare le prescrizioni derivanti dal principio di neutralità fiscale inerente al sistema comune di IVA; un’interpretazione restrittiva non significa quindi che i termini utilizzati debbano essere interpretati in modo da privare tali esenzioni dei loro effetti (17). Inoltre, come ha dichiarato la Corte nella sentenza Commissione/Francia(18), l’esenzione delle operazioni strettamente connesse all’ospedalizzazione ed alle cure mediche è intesa a garantire che il beneficio di cure mediche ed ospedaliere non divenga inaccessibile a causa dell’aumento del costo di tali cure nel caso in cui le medesime, ovvero le operazioni ad esse strettamente connesse, venissero assoggettate all’IVA. Un rifiuto dell’esenzione basato semplicemente sulla circostanza che le cure e le operazioni connesse non erano state prestate dallo stesso soggetto sarebbe contrario a tale obiettivo. Infine, nella medesima sentenza, la Corte ha considerato la trasmissione di campioni di sangue da un laboratorio all’altro un’operazione «strettamente connessa» all’analisi medica effettuata da quest’ultimo, e che quindi doveva ricevere lo stesso trattamento ai fini IVA ai sensi dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera b), della sesta direttiva. È pertanto chiaro, che la Corte non richiede che, per poter fruire dell’esenzione in parola, le cure e le operazioni connesse siano prestate dallo stesso soggetto.

28.      Il governo tedesco sostiene inoltre che soltanto le operazioni assicurate da «organismi di diritto pubblico oppure, a condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per i medesimi, da istituti ospedalieri, centri medici e diagnostici e altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti» possono fruire dell’esenzione, e che i medici interessati nel procedimento principale non rientrano in tale definizione.

29.      Come osserva giustamente la Commissione, tale punto rientra a rigor di termini nella prossima questione.

 Terza questione

30.      Il giudice del rinvio intende essenzialmente accertare se le «operazioni strettamente connesse» possano fruire dell’esenzione di cui all’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera b), della sesta direttiva, qualora le cure mediche cui tali operazioni si ricollegano siano esentate non in base a tale disposizione, ma in forza dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera c). La Klinikum Dortmund ritiene che ciò sia possibile, mentre il governo tedesco e la Commissione lo escludono.

31.      L’operazione in questione consiste nella somministrazione di farmaci da parte della Klinikum Dortmund e le cure cui tale operazione si ricollega sono prestate da medici che esercitano a titolo indipendente. Sembra pacifico nel procedimento principale, ed in tutte le osservazioni presentate alla Corte, che le cure effettivamente prestate dai suddetti medici possono fruire dell’esenzione da IVA ai sensi dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera c), della sesta direttiva e non dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera b). Sono d’accordo.

32.      Come sottolinea la Commissione, tali disposizioni stabiliscono esenzioni separate per le prestazioni mediche. Esse si distinguono in base non alla natura del servizio, ma alle circostanze in cui il servizio è prestato.

33.      È pur vero che la Corte ha ripetutamente statuito, al riguardo, che il criterio in base al quale va delimitato l’ambito di applicazione di questi due casi di esenzione non è tanto la natura della prestazione, quanto, piuttosto, il luogo della sua erogazione (19). Tuttavia, secondo me, tale affermazione non può essere interpretata nel senso che le prestazioni mediche rientrano nell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera b), ogniqualvolta siano prestate nei locali di uno degli organismi o stabilimenti definiti dalla disposizione stessa, qualora non siano prestate anche da quell’organismo o stabilimento. Al riguardo, i termini «assicurate da» sono chiari ed inequivocabili.

34.      È altrettanto vero che, nelle non dissimili circostanze di cui all’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g) (20), la Corte ha affermato che i termini «stabilimento» e «organizzazione» non escludono le persone fisiche (21). Tuttavia l’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera b) si riferisce ad istituti ospedalieri, centri medici, diagnostici e altri istituti, mentre l’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera c), si riferisce all’esercizio di professioni cui, in linea di principio, sono abilitate solo le persone fisiche. Ciò contrasta con la situazione contemplata all’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), che non è seguita da nessuna disposizione equivalente all’articolo 13, parte A, primo paragrafo, lettera c). Un contrasto del genere sembra deporre a sfavore di un’interpretazione dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera b) tanto ampia quanto quella dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g). Comunque, pur ammettendo che gli Stati membri abbiano il diritto di considerare gli operatori sanitari che agiscono a titolo indipendente come «istituti debitamente riconosciuti» che prestano servizi «a condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per gli organismi di diritto pubblico», non vi sono elementi nell’ordinanza di rinvio o in alcuna delle osservazioni presentate atti a suggerire che un riconoscimento siffatto sia stato accordato ai medici di cui trattasi. Invero, dagli argomenti esposti in udienza è emerso che la licenza rilasciata ai sensi dell’articolo 116 SGB V riguardava unicamente la possibilità di fornire prestazioni nell’ambito del regime di assicurazione malattia e non incideva in nessun altro modo sullo status dei medici.

35.      Devo pertanto procedere sul fondamento che le cure prestate nella fattispecie da medici che agiscono a titolo indipendente dall’ospedale, benché pratichino le suddette cure nei locali dell’ospedale, siano esenti da IVA, a norma dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera c), della sesta direttiva.

36.      Dalla formulazione dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera b), della sesta direttiva si deduce chiaramente che, qualora un ospedale e una cura medica siano esenti in forza di tale disposizione, le operazioni strettamente connesse a tali cure fruiscono della stessa esenzione. A contrario, si potrebbe evincere che qualora una prestazione medica sia esente a norma dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera c), che non menziona le operazioni strettamente connesse, l’esenzione è limitata alla prestazione stessa.

37.      In proposito, nella sentenza Commissione/Regno Unito (22), la Corte ha dichiarato che «a parte le piccole cessioni che sono strettamente necessarie al momento delle prestazioni mediche, la cessione di medicinali e di altri beni, come gli occhiali correttivi prescritti dal medico o da altre persone autorizzate, è concretamente ed economicamente separabile dalla prestazione di servizi».

38.      Tale causa verteva in particolare sulla fornitura di occhiali in base a prescrizione medica, e la Corte ha considerato la fornitura di medicinali in base a ricetta medica nella stessa ottica. Nelle circostanze esaminate dalla Corte, la diagnosi (insieme alle piccole cessioni di beni strettamente necessarie – come, forse, la somministrazione di gocce per dilatare le pupille) e la prescrizione fanno parte di un’unica prestazione esentata ai sensi dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera c), della sesta direttiva. Le stesse considerazioni presumibilmente si applicano alle cessioni di qualsiasi prodotto – come per esempio, pomate o bende – che sono materialmente essenziali per il trattamento praticato dal medico durante una consultazione. Per contro la fornitura, da parte di un ottico o di un farmacista, di qualsiasi prodotto prescritto dal medico costituisce un’operazione separata che non rientra nell’esenzione in parola.

39.      Però, se esistesse un’esenzione per i farmaci distribuiti nelle circostanze del caso di specie, mi sembra che la stessa dovrebbe essere estesa a tutti i medicinali somministrati su ricetta medica, poiché la prescrizione di prodotti da prepararsi in farmacia deve in linea di principio essere sempre considerata un’operazione connessa alle cure prestate dal medico. Tuttavia ciò non sarebbe coerente con la sentenza Commissione/Regno Unito. È inoltre evidente che i prodotti farmaceutici «usati per (…) trattamenti medici» (una descrizione che sembra corrispondere ai medicinali prescritti da un medico piuttosto che per i farmaci da banco), sono di norma soggetti ad IVA, altrimenti non sarebbero elencati nell’allegato H della sesta direttiva.

40.      Di conseguenza, in linea di principio, mi sembra che alla terza questione si debba rispondere essenzialmente nel senso che la fornitura di medicinali su presentazione di ricetta medica, nell’ambito della prestazione di cure mediche, non può fruire dell’esenzione di cui all’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera b), della sesta direttiva, qualora la prestazione medica cui tale operazione è strettamente connessa sia di per sé esente non in forza di tale disposizione, ma ai sensi dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera c).

41.      Da ciò non deriva tuttavia che, nelle circostanze del caso di specie, la fornitura di medicinali non possa essere esentata ai sensi dello stesso articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera c). Tale fornitura potrebbe probabilmente essere considerata non come un’operazione «strettamente connessa» ma come una cessione «strettamente necessari[a] al momento delle prestazioni mediche» e non «concretamente ed economicamente dissociabile dalla prestazione di servizi», per usare le parole della Corte nella sentenza Commissione/Regno Unito (23).

42.      Una variante di tale possibilità potrebbe consistere nel considerare la cessione e la somministrazione di medicinali, usando ancora una volta le parole della Corte, come «un’unica prestazione quando due o più elementi o atti forniti dal soggetto passivo al cliente siano a tal punto strettamente connessi da formare, oggettivamente, una sola prestazione economica indissociabile la cui scomposizione avrebbe carattere artificiale» (24). O, forse, tale operazione potrebbe essere considerata accessoria ad una prestazione principale, in quanto «non costituisce un fine a sé stante, bensì il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale offerto dal prestatore»; ciò sarebbe applicabile alle «prestazioni di servizi che si inseriscono logicamente nell’ambito della fornitura di [cure mediche] e che costituiscono una tappa indispensabile nel processo di prestazione di tali servizi per conseguire gli scopi terapeutici perseguiti da questi ultimi» (25).

43.      Una diversa opzione potrebbe derivare dalla necessità di concedere alla cessione in parola lo stesso trattamento IVA indipendentemente dalla circostanza che i farmaci siano stati somministrati per il trattamento di pazienti ospedalizzati oppure ambulatoriali, al fine di rispettare il principio di neutralità fiscale intrinseco al regime dell’IVA che, secondo una giurisprudenza costante, osta a che prestazioni di servizi di uno stesso tipo, che si trovano quindi in concorrenza tra di loro, siano trattate in maniera diversa sotto il profilo dell’IVA (26).

44.      Qualsiasi valutazione delle suddette possibilità deve basarsi su informazioni in ordine alle circostanze in cui viene dispensato il trattamento molto più precise rispetto a quelle contenute nell’ordinanza di rinvio. Spetta ovviamente al giudice nazionale competente compiere tutti i necessari accertamenti di fatto al riguardo, ma in udienza la Corte ha chiesto alle parti di considerare la rilevanza di una serie di fattori, comprese la natura specifica delle cure mediche prestate e l’identità del prestatore, la questione se tali cure potevano essere prestate senza la fornitura dei farmaci di cui trattasi, e l’identità della persona cui è stato trasferito il potere di disporre dei medicinali in quanto proprietario degli stessi (in altre parole, il destinatario della fornitura).

45.      Ho inferito dalle risposte delle parti che queste concordano sul fatto che il trattamento in questione comprende una serie di attività correlate. Un medico valuta le condizioni precise di un paziente e individua la formula di farmaco citostatico più adatta per il trattamento di siffatta condizione individuale; viene redatta una scheda terapeutica insieme al paziente; il farmaco citostatico è prescritto dal medico e preparato dalla farmacia; esso viene testato e possono venire prescritti medicinali complementari per alleviarne gli effetti collaterali; il farmaco viene poi somministrato dal personale sanitario sotto diretto controllo del medico oppure alla condizione che quest’ultimo sia regolarmente informato di qualsiasi problema che possa richiedere il suo intervento; l’intervento del medico può rendersi necessario in ogni momento, vuoi per aggiustare il dosaggio o la composizione dei farmaci somministrati, vuoi per modificare la scheda terapeutica.

46.      Sulla base della suddetta descrizione, è chiaro che esiste una continuità terapeutica la quale comprende sia «le prestazioni mediche effettuate nell’esercizio delle professioni mediche e paramediche», sia la cessione di medicinali. È altresì evidente che, senza tale cessione, la prestazione medica in sé e per sé sarebbe inutile; la cessione in parola è pertanto «strettamente necessaria al momento della prestazione medica».

47.      Trovo però difficile considerare al contempo, da un lato, che la cessione di medicinali non sia «concretamente ed economicamente inseparabile dalle [prestazioni mediche]», e, dall’altro, che sia «così strettamente connessa [alle prestazioni mediche] da formare, oggettivamente, una sola prestazione economica indissociabile la cui scomposizione avrebbe carattere artificiale».

48.      Al riguardo occorre individuare il soggetto che cede i medicinali ed il destinatario della cessione. Tale questione è stata sollevata in udienza e, sebbene sia stato riconosciuto che, praticamente in tutti i casi, il pagamento sia stato effettuato da un ente di assicurazione malattia pubblico o privato, sembra pacifico che «il potere di disporre [dei medicinali] come proprietario» è trasferito al paziente. Né il medico, né l’ente di assicurazione malattia possono imporre al paziente di accettare o rifiutare la somministrazione dei medicinali. Siffatta circostanza impedisce di ritenere che il medico ceda i farmaci al paziente, come parte delle cure mediche prestate. Mi sembra pertanto necessario muovere dal presupposto che il paziente riceve più di una prestazione: la prestazione di cure da parte del medico e del personale sanitario; la fornitura di farmaci dalla farmacia dell’ospedale.

49.      Quando vengono realizzate prestazioni diverse da soggetti diversi, mi sembra inevitabile considerare che tali operazioni non possano «formare, oggettivamente, una sola prestazione economica indissociabile la cui scomposizione avrebbe carattere artificiale» o che siano «concretamente ed economicamente inseparabili». Tali prestazioni possono essere (e sembra che effettivamente lo siano) «strettamente connesse», e siffatto rapporto determinerà l’esenzione di una cessione di farmaci qualora la prestazione medica cui essa si ricollega sia esente ai sensi dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera b), della sesta direttiva, ma non quando è esente a norma dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera c). A tale proposito la separazione tra il soggetto che cede i medicinali e la persona che dispensa le cure mediche impedisce, secondo me, di considerare tali operazioni come un’unica prestazione, a prescindere dal fatto che nessuna delle due presenta alcuna utilità senza l’altra – al contrario, per esempio, della situazione esaminata nella causa Deutsche Bank (27), in cui venivano realizzate due prestazioni relativamente connesse da uno stesso soggetto passivo.

50.      Un analogo ragionamento mi induce a credere che la cessione dei medicinali non possa essere considerata una prestazione «accessoria ad una prestazione principale, in quanto «non costituisce un fine a sé stante, bensì il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale offerto dal prestatore». Quando un medico effettua la diagnosi, il rilascio della prescrizione ed il controllo dei servizi descritti in risposta ai quesiti della Corte, sarebbe artificiale affermare che i farmaci somministrati erano stati forniti – da un soggetto diverso – come «mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio». Come è evidente, la cessione di medicinali è strettamente connessa alle prestazioni mediche, ma è oggettivamente separata da queste e non costituisce un mezzo per fruire di tali prestazioni in modo migliore (o per fruirne nelle migliori condizioni, parafrasando il linguaggio della Corte nella versione francese, la lingua delle sue decisioni). Si potrebbe indubbiamente considerare la fornitura di medicinali come il principale elemento di interesse del paziente e la diagnosi, la prescrizione medica e la somministrazione della terapia come i mezzi per fruire della prestazione principale nelle migliori condizioni.

51.      Rimane ora da analizzare se il principio di neutralità fiscale ci imponga una conclusione diversa.

52.      Al pari della Commissione, ritengo di no.

53.      Tale principio non consente di ampliare l’ambito di applicazione di un’esenzione in assenza di una disposizione non equivoca. Non si tratta di una norma di diritto primario, ma di un principio di interpretazione, da applicare congiuntamente al principio dell’interpretazione restrittiva delle esenzioni (28).

54.      Al riguardo, nell’articolo 13, parte A, pargarafo 1, lettere b) e c), della sesta direttiva, si traccia una netta distinzione tra le cure mediche assicurate da organismi di diritto pubblico o da istituti debitamente riconosciuti a condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per questi ultimi, e le cure prestate – da altre persone ed in condizioni sociali diverse – nell’ambito dell’esercizio delle professioni di medico e paramedico.

55.      Se una differenza di trattamento è tracciata così nettamente all’interno della sesta direttiva, essa non può venire vanificata da un principio di interpretazione che non prevale sul testo normativo.

56.      Ciononostante, uno Stato membro deve poter conservare la facoltà di prevenire il rischio di distorsioni della concorrenza, stabilendo le condizioni «per prevenire ogni possibile (…) abuso» ai sensi dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, della sesta direttiva, e di rifiutare, a norma dell’articolo 13, parte A, paragrafo 2, lettera b), l’esenzione di prestazioni che sarebbero altrimenti esentate ai sensi dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera b), qualora siano essenzialmente destinate a procurare (…) entrate supplementari mediante la realizzazione di operazioni effettuate in concorrenza diretta con le imprese commerciali sottoposte all’imposta sul valore aggiunto». Tuttavia ognuna di queste misure implicherebbe una limitazione dell’esenzione a favore delle operazioni strettamente connesse all’ospedalizzazione e alle cure mediche ai sensi dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera b), non estendendo l’applicazione dell’esenzione alle operazioni strettamente connesse alle prestazioni mediche effettuate nell’esercizio delle professioni mediche e paramediche, ai sensi dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera c). In altri termini, una misura di tal genere avrebbe l’effetto di applicare l’imposta sulle prestazioni attualmente non soggette a prelievo invece di ampliare l’ambito di applicazione dell’esenzione da IVA.

57.      Ammetto che la conclusione cui sono pervenuta – cioè che la cessione di medicinali può essere soggetta ad IVA ovvero esente da quest’ultima in funzione del contesto in cui i medicinali sono somministrati – può sembrare irrazionale. Tuttavia sostenere che l’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera c) mira, come l’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera b), ad includere le operazioni strettamente connesse alle cure descritte, significherebbe leggere in tale disposizione parole che invece non ci sono. Riconosco che, di conseguenza, possa esserci una lacuna nella normativa. Ma questo è un problema del legislatore. Non mi sembrerebbe opportuno, però, estendere la ratio della sentenza della Corte nella causa Commissione/Francia (29) a tutti i casi in cui i costi di un prodotto possono aumentare a causa dell’IVA, senza riscontrare una chiara volontà del legislatore al riguardo.

 Conclusione

58.      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali poste dal Bundesfinanzhof nel seguente modo:

«1)      L’espressione “operazioni strettamente connesse” di cui all’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera b), della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto:base imponibile uniforme – comprende la fornitura di beni e la prestazione di servizi.

2)      Per poter fruire di un’esenzione, quale operazione strettamente connessa all’ospedalizzazione e alle cure mediche ai sensi dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 77/388/CEE, non è necessario che la fornitura sia effettuata dallo stesso soggetto che presta le cure di cui trattasi.

3)      Le cessioni di beni che sono

i)      strettamente connesse alle prestazioni mediche effettuate nell’ambito dell’esercizio di professioni mediche e paramediche, ai sensi dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 77/388/CEE,

ii)      concretamente ed economicamente separabili da tali prestazioni mediche e

iii)      non strettamente connesse all’ospedalizzazione o alle cure mediche ai sensi dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera b), della direttiva medesima,

non possono essere ammesse all’esenzione ai sensi di entrambe le disposizioni suddette».


1 –      Lingua originale: l’inglese.


2 –      Sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari — Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1). Tale direttiva è stata abrogata e sostituita dalla direttiva del Consiglio 2006/112/CE del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU L 347, pag. 1), che ricalca la struttura e la lettera della sesta direttiva senza apportare, in linea di massima, modifiche sostanziali (v. il terzo considerando).


3 –      V. articoli 2, paragrafo 1, lettera a), 14, paragrafo 1, e 24, paragrafo 1, della direttiva 2006/12.


4 –      V. gli articoli da 96 a 99 della direttiva 2006/112.


5 –      V. l’articolo 132, paragrafo 1, lettere b) e c), della direttiva 2006/112. La versione inglese utilizza i termini «medical care» in entrambe le disposizioni, mentre altre versioni linguistiche usano termini diversi. Tuttavia la Corte ha affermato che il significato è lo stesso in entrambi i casi. V. sentenza del 6 novembre 2003, Dornier (Racc. pag. I-12911, punti 46-50).


6 –      V. l’articolo 134 della direttiva 2006/112.


7 –      V. il punto 3 dell’allegato III della direttiva 2006/112.


8 –      Oltre alla versione in lingua inglese, v., per esempio, quelle in lingua ungherese, maltese e svedese.


9 –      Comprese le cinque versioni linguistiche, ad eccezione di quella inglese, in cui è stata inizialmente adottata la sesta direttiva: danese, neerlandese, francese, tedesco e italiano.


10 –      GU 1973, C 80 (pag. 1). Articolo 14, paragrafo 1, lettera b).


11 –      Letteralmente: «prestazioni di servizi di ospedalizzazione e di assistenza sanitaria e altre prestazioni [di servizi] ad essi direttamente connesse».


12 –      V., per esempio, la sentenza del 3 marzo 2011, Commissione/Paesi Bassi, C-41/09 (Racc. pag. I-831, punto 44 e giurisprudenza ivi citata) V. anche la sentenza del 2 aprile 1998, EMU Tabac ea. (C-296/95, Racc. pag. I-1605, punto 36).


13 –      Sentenza del 1ºdicembre 2005 (C-394/04 e C-395/04, Racc. pag. I-10373, punto 25).


14 –      Sentenza del 10 giugno 2010 (C-262/08, Racc. pag. I-5053, punto 40).


15 –      Sentenza del 23 febbraio 1988 (C-353/85, Racc. pag. 817, punti da 33 a 35).


16 –      V. anche la griglia analitica al paragrafo 27 delle mie conclusioni del 10 settembre 2009 nella causa Copygene (cit. alla nota 14).


17 –      Un esempio recente è fornito dalla sentenza del 15 novembre 2012, Zimmermann (C-174/11, punto 22 e giurisprudenza citata).


18 –      Sentenza dell’11 ottobre 2001 (C-76/99, Racc. pag. I-249, punto 23).


19 –      Sentenza dell’8 giugno 2006, L.u.P. (C-106/05, Racc. pag. I-5123, punto 22 e giurisprudenza citata); v., inoltre sentenza Copygene, cit. supra alla nota 14, punto 27 e giurisprudenza citata.


20 –      Che esenta «le prestazioni di servizi e le cessioni di beni strettamente connesse con l’assistenza sociale e la sicurezza sociale, comprese quelle fornite dalle case di riposo, effettuate da organismi di diritto pubblico o da altri organismi riconosciuti come aventi carattere sociale dallo Stato membro interessato».


21 –      Sentenza Zimmermann, cit. supra, alla nota 17, punto 17 e giurisprudenza citata.


22 –      Cit. supra, alla nota 15, punto 33.


23 –      V. supra, il paragrafo 37 e la nota 22.


24 –      V. come esempio molto recente, la sentenza del 21 febbraio 2013, Žamberk (C-18/12, punto 28 e giurisprudenza citata).


25 –      V., per esempio, la sentenza Copygene, cit. alla nota 14, punto 40 e giurisprudenza citata.


26 –      V., per esempio, sentenza L.u.P., cit. supra, alla nota 19, punti 24 e 32.


27 –      Sentenza del 19 luglio 2012, Deutsche Bank (C-44/11, punti da 20 a 29); v. anche le mie conclusioni in tale causa, paragrafi da 26 a 32.


28 –      V. sentenza Deutsche Bank, cit. alla nota 27, punto 45.


29 –      Cit. nel precedente paragrafo 27, alla nota 18.