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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 13 marzo 2014 (1)

Causa C-48/13

Nordea Bank Danmark A/S

contro

Skatteministeriet

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Østre Landsret (Danimarca)]

«Normativa tributaria – Libertà di stabilimento – Imposta nazionale sugli utili – Tassazione di gruppo – Tassazione dell’attività di stabili organizzazioni straniere di società nazionali – Prevenzione delle doppie imposizioni mediante il credito di imposta (sistema dell’imputazione) – Tassazione a posteriori delle perdite fiscalmente considerate in precedenza in occasione della cessione di stabile organizzazione all’interno del gruppo che implica il venir meno del potere impositivo»





1.        Nel presente procedimento, la Corte è chiamata a pronunciarsi nuovamente sulla questione dell’imposizione di gruppo transfrontaliera da parte di uno Stato membro e della sua compatibilità con la libertà di stabilimento. E ancora una volta la Corte dovrà esaminare il motivo di giustificazione della «tutela della ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri», da essa riconosciuto espressamente per la prima volta nella sentenza Marks & Spencer (2), e la cui portata non sembra ancora sufficientemente chiarita.

2.        Peraltro, anche i casi deferiti divengono più complicati. La presente domanda di pronuncia pregiudiziale danese riguarda la tassazione di una società nazionale congiuntamente alle sue stabili organizzazioni situate in altri Stati membri. È pur vero che l’attività di queste stabili organizzazioni straniere è stata assoggettata integralmente ad imposta in Danimarca. Peraltro, in base al cosiddetto sistema dell’imputazione, l’imposta pagata all’estero è stata dedotta dall’imposta danese. Nella specie, le stabili organizzazioni straniere avevano tuttavia generato unicamente delle perdite. Tali perdite, fiscalmente considerate nell’ambito della tassazione della società nazionale, devono essere ora oggetto di tassazione a posteriori in forza di un regime speciale, atteso che le stabili organizzazioni sono state cedute all’interno del gruppo a società che non sono soggette alla giurisdizione tributaria danese.

3.        Nel presente procedimento non siamo tuttavia in presenza di un caso speciale esotico, privo di rilevanza generale. Esso si presta, invece, a sviluppare ulteriormente la giurisprudenza elaborata dalla Corte in relazione alla rilevanza fiscale transfrontaliera delle perdite in generale, nonché nell’ambito di applicazione del sistema dell’imputazione in particolare.

I –    Contesto normativo

4.        Nel Regno di Danimarca viene applicata un’imposta sugli utili realizzati dalle società stabilite nel territorio nazionale.

5.        Qualora una tale società possieda una stabile organizzazione in un altro Stato scandinavo (Svezia, Finlandia o Norvegia), il Regno di Danimarca, ai sensi dell’articolo 7 della convenzione dei paesi scandinavi contro le doppie imposizioni, può assoggettare ad imposta la società anche con riguardo a quella quota di utili imputabile a detta stabile organizzazione. Ai sensi dell’articolo 25 della convenzione, dall’imposta danese deve essere tuttavia dedotta l’imposta riscossa all’estero sull’attività della stabile organizzazione, peraltro soltanto a concorrenza dell’importo dell’imposta applicata nel Regno di Danimarca sugli utili della stabile organizzazione.

6.        Alla luce del contesto normativo rilevante per il procedimento principale, ai fini dell’applicazione dell’imposta danese dovevano essere fiscalmente considerati gli utili e le perdite correnti delle stabili organizzazioni straniere delle società nazionali.

7.        In determinati casi, tuttavia, la rilevanza fiscale delle perdite è stata corretta. L’articolo 33 D, paragrafo 5, del Ligningslov (legge danese sull’imposta sui redditi) prevedeva al riguardo:

«Nel caso in cui una stabile organizzazione situata in uno Stato estero (…) venga ceduta, interamente o in parte, ad una società dello stesso gruppo (…) le perdite portate in deduzione, che non siano compensate da utili negli esercizi successivi, vengono parimenti fiscalmente considerate nella dichiarazione del reddito imponibile (…), senza riguardo al metodo di sgravio applicato (…)».

8.        Stando a quanto illustrato dal giudice del rinvio, tale disposizione si applicava soltanto qualora la società acquirente e la società cedente facenti parte dello stesso gruppo non fossero soggette ad imposizione congiunta. Come si legge nella relazione di accompagnamento della corrispondente proposta di legge, tale disposizione era volta ad impedire che le società danesi potessero, in un primo momento, portare in deduzione le perdite realizzate dalle loro stabili organizzazioni straniere, per poi cedere le organizzazioni medesime, non appena esse realizzassero utili, ad una società straniera dello stesso gruppo, al fine non dover tassare tali utili in Danimarca.

II – Procedimento principale

9.        La ricorrente nel procedimento principale è la società Nordea Bank Danmark A/S. Essa è succeduta ad una banca che nel 2000, unitamente ad una banca svedese, ad una banca finlandese e ad una banca norvegese ha costituito oggetto di fusione che ha dato luogo al gruppo Nordea.

10.      Nel 1996 e, rispettivamente, negli anni compresi tra il 1997 ed il 2000, la società alla quale la ricorrente è succeduta possedeva in Svezia, Finlandia e Norvegia delle stabili organizzazioni sotto forma di filiali bancarie. In tutti suddetti anni, tali succursali avevano subito delle perdite. Nel complesso era stato pertanto dedotto dalla base imponibile dell’imposta danese un importo pari a DKK 204 402 324, corrispondente, secondo il corso attuale, a circa EUR 27 milioni.

11.      A seguito della nascita del gruppo Nordea, tali filiali sono state chiuse. Circa la metà dei dipendenti è passata a società svedesi, finlandesi ovvero norvegesi facenti parti del gruppo Nordea, al pari di una parte della clientela. Le perdite subite in precedenza dalle stabili organizzazioni non hanno più potuto essere fiscalmente fatte valere dalla società acquirente.

12.      L’amministrazione finanziaria danese ha ritenuto che tali operazioni costituissero una cessione parziale di stabili organizzazioni a società dello stesso gruppo ai sensi dell’articolo 33 D, paragrafo 5, Ligningslov. Essa ha pertanto incluso nella base imponibile dell’imposta per il 2000 la somma delle perdite utilizzate negli anni precedenti. Secondo la Nordea Bank Danmark, tale disposizione è tuttavia contraria sia al diritto dell’Unione sia all’accordo SEE.

III – Procedimento dinanzi alla Corte

13.      Lo Østre Landsret, nel frattempo investito della controversia, ha sottoposto alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, la seguente questione pregiudiziale:

Se l’articolo 49 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 54 TFUE (in precedenza articolo 43 CE, in combinato disposto con l’articolo 48 CE) e l’articolo 31 dell’accordo SEE, in combinato disposto con l’articolo 34 di quest’ultimo, vietino ad uno Stato membro che consenta ad una società residente di dedurre sistematicamente le perdite subite da una stabile organizzazione situata in un altro Stato membro, di procedere, nei confronti della società medesima, alla tassazione a posteriori completa delle perdite subite dalla stabile organizzazione (nei limiti in cui queste non siano oggetto di compensazioni con utili realizzati negli esercizi successivo), nell’ipotesi in cui la stabile organizzazione venga chiusa, e, in tale contesto, parte delle sue attività venga trasferita ad una società appartenente allo stesso gruppo stabilita nello stesso Stato membro della stabile organizzazione, dovendosi ritenere che le possibilità di far valere fiscalmente le perdite medesime siano state esaurite.

14.      Nel procedimento dinanzi alla Corte hanno presentato osservazioni scritte la Nordea Bank Danmark, il Regno di Danimarca, la Repubblica federale tedesca, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica austriaca, l’Autorità di vigilanza EFTA, nonché la Commissione.

IV – Analisi

15.      Nella specie occorre chiarire se la menzionata tassazione a posteriori delle perdite di una stabile organizzazione straniera nell’ambito della tassazione danese degli utili delle società nazionali, sia compatibile con la libertà di stabilimento sancita dal Trattato CE ovvero dall’accordo SEE, applicabili nel procedimento principale.

16.      Al riguardo, non occorre distinguere, nella specie, fra l’esame di una violazione della libertà di stabilimento di una società negli Stati membri, che va valutata sulla scorta dell’articolo 43 in combinato disposto con l’articolo 48 CE, e nel Regno di Norvegia, alla quale deve essere applicato l’articolo 31 in combinato disposto con l’articolo 34 dell’accordo SEE. Entrambe le disposizioni, infatti, vietano in maniera identica le restrizioni alla libertà di stabilimento (3).

17.      Anzitutto, condivido la tesi di tutte le parti nel procedimento, secondo la quale, nella specie, è ravvisabile una restrizione alla libertà di stabilimento.

18.      La libertà di stabilimento di una società comprende, inter alia, il diritto di svolgere la propria attività in altri Stati membri mediante succursali (4). In linea di principio, anche allo Stato membro d’origine di una società è vietato ostacolare lo stabilimento di tale società in un altro Stato membro (5). Ricorre un ostacolo di tal genere qualora sia ravvisabile una disparità di trattamento sfavorevole di una succursale in un altro Stato membro rispetto ad una succursale meramente nazionale (6).

19.      Nel Regno di Danimarca, per le società che possiedono succursali all’estero e per quelle che possiedono succursali nel territorio nazionale le disposizioni dell’articolo 33 D, paragrafo 5, Ligningslov prevedono un trattamento differenziato. Se una società danese possedeva una succursale nel territorio nazionale e la cedeva ad una società dello stesso gruppo non soggetta ad imposta in Danimarca, le perdite di tale succursale nazionale fiscalmente considerate in precedenza, diversamente rispetto al caso di una succursale straniera, non venivano assoggettate a rettifica fiscale. L’esercizio di una succursale in un altro Stato membro risultava, pertanto, fiscalmente più sfavorevole.

20.      Secondo la giurisprudenza, tuttavia, affinché una siffatta disparità di trattamento sia compatibile con la libertà di stabilimento, occorre che essa riguardi situazioni che non siano oggettivamente comparabili (al riguardo sub A), o che sia giustificata da un motivo imperativo di interesse generale (al riguardo sub B) (7).

A –    Sulla necessità di una verifica della comparabilità oggettiva delle situazioni

21.      Tradizionalmente, occorrerebbe pertanto verificare, anzitutto, se le società con succursali nazionali e quelle con succursali stabilite in un altro Stato membro si trovino in situazioni obiettivamente comparabili, tenuto conto, segnatamente, dell’obiettivo perseguito dalle disposizioni nazionali in questione (8).

22.      Pur avendo proceduto in passato ad un esame di tal genere(9), mi sembra ora opportuno discostarmi da tale prassi (10). Infatti, da un lato, non è possibile distinguere tale verifica da quella attinente all’esistenza di un motivo di giustificazione, né sono ravvisabili criteri sulla scorta dei quali debba essere negata, in linea generale, la comparabilità obiettiva delle situazioni. Dall’altro, una siffatta constatazione impedirebbe anche la realizzazione di un adeguato equilibrio fra la libertà fondamentale e il rispettivo motivo di una disparità di trattamento.

23.      Il requisito della comparabilità oggettiva può essere considerato un residuo dogmatico di un’epoca in cui la Corte, nell’ambito della libertà di stabilimento, accoglieva unicamente i motivi di giustificazione previsti espressamente nel Trattato (11). Vari altri motivi dedotti, dalla prospettiva del relativo Stato membro, a sostegno di una disparità di trattamento di situazioni nazionali e transfrontaliere, potevano pertanto essere esaminati unicamente nell’ambito della comparabilità oggettiva delle situazioni.

24.      Con il riconoscimento, da parte della Corte, anche di motivi di giustificazione non scritti, è tuttavia sorta una situazione nuova. I motivi che depongono a favore della sussistenza di una disparità di trattamento vengono adesso ponderati regolarmente nell’ambito della verifica dei diversi motivi di giustificazione riconosciuti oppure, se del caso, da riconoscere in futuro. Non sorprende, pertanto, che la Corte, nei casi in cui essa procede seriamente alla verifica della comparabilità oggettiva delle situazioni, esamini, in sostanza, esattamente quello che verificherà nuovamente in seguito sotto il profilo della giustificazione (12).

25.      In tale contesto, in particolare nelle decisioni in materia tributaria, l’intensità della verifica della comparabilità delle situazioni è risultata, negli ultimi tempi, estremamente variabile. In tal senso, la Corte ha ritenuto talvolta sufficiente, nell’affermare la comparabilità oggettiva delle situazioni, il fatto che entrambe mirino ad ottenere un vantaggio fiscale (13); d’altra parte, esistono anche analisi approfondite che affrontano ampiamente il regime normativo dello Stato membro di cui trattasi (14). Talvolta, invece, la Corte ha rinunciato completamente ad esaminare la comparabilità oggettiva delle situazioni (15) oppure si è limitata a constatare tale comparabilità senza fornire una motivazione (16).

26.      Nel complesso, dalla giurisprudenza della Corte non è dato ricavare quali siano le condizioni in presenza delle quali una differenza fra le situazioni paragonate debba escludere la loro comparabilità oggettiva. Nella specie, ad esempio, si deve rilevare che le situazioni di una succursale straniera e di una succursale nazionale si distinguono oggettivamente, in quanto solo nel caso della tassazione della succursale straniera l’imposta straniera dovrà essere dedotta dall’imposta danese. Ciononostante, si pone la questione dell’individuazione dei criteri sulla scorta dei quali occorra stabilire se, riguardo alla tassazione a posteriori delle perdite, si sia in presenza di una differenza rilevante.

27.      Tuttavia, qualora si pervenga alla conclusione che non ricorra una comparabilità oggettiva delle situazioni, allora – diversamente rispetto all’analisi di un motivo di giustificazione – un esame della proporzionalità della disparità di trattamento della situazione nazionale e di quella transfrontaliera resterà esclusa. Un equilibrio adeguato fra gli obiettivi legati alla libertà fondamentale e quelli sottesi al motivo della differenziazione fra la situazione nazionale e quella transfrontaliera, non è pertanto più possibile. Una soluzione equilibrata potrà essere raggiunta solo qualora il motivo per una disparità di trattamento venga considerato nell’ambito della verifica di un motivo di giustificazione.

28.      Di conseguenza, qualora l’esame della comparabilità oggettiva delle situazioni non risulti necessario né tale esame conduca a risultati adeguati, la Corte dovrebbe, in futuro, rinunciarvi. La legittimità di una disparità di trattamento dovrebbe essere verificata unicamente con riferimento alla questione se sussista un motivo che possa giustificare in maniera proporzionata la disparità di trattamento.

B –    Giustificazione

29.      Nella specie, la disparità di trattamento sfavorevole delle succursali straniere non costituisce, pertanto, una violazione della libertà di stabilimento sancita dal Trattato CE ovvero dall’accordo SEE solo qualora essa sia giustificata da un motivo imperativo di interesse generale.

30.      Gli Stati membri che partecipano al procedimento ritengono che si sia in presenza di una siffatta giustificazione. Essi richiamano i motivi di giustificazione, riconosciuti dalla Corte, attinenti alla tutela della ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri (al riguardo sub 1), alla salvaguardia della coerenza di un regime fiscale (al riguardo sub 2), e alla prevenzione dell’evasione fiscale (al riguardo sub 3).

1.      Ripartizione del potere impositivo

31.      La tutela della ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri è un motivo di giustificazione riconosciuto dalla Corte in una costante giurisprudenza (17).

32.      Il Regno di Danimarca ritiene che la tassazione a posteriori delle perdite sia giustificata da tale motivo di giustificazione, in combinato con l’obiettivo della prevenzione dell’evasione fiscale. Tale strumento è inteso ad impedire, infatti, che un gruppo in un primo momento faccia fiscalmente valere in Danimarca le perdite di una stabile organizzazione straniera e successivamente, tramite la cessione della stabile organizzazione all’interno del gruppo, faccia in modo che gli utili vengano assoggettati ad imposta in un altro Stato membro che preveda un trattamento fiscale più favorevole.

33.      I restanti Stati membri che partecipano al procedimento ritengono che il motivo di giustificazione attinente alla tutela della ripartizione del potere impositivo fra gli Stati membri sia decisivo soprattutto sotto il profilo della simmetria della rilevanza fiscale degli utili e delle perdite nello stesso Stato membro. Poiché, attraverso la cessione, la stabile organizzazione straniera verrebbe sottratta alla giurisdizione tributaria danese, tale simmetria verrebbe compromessa, in quanto gli utili futuri della stabile organizzazione non verrebbero più assoggettati ad imposta in Danimarca.

34.      Alla luce di tale diversa accentuazione, occorre anzitutto chiarire quale sia effettivamente il contenuto esatto del motivo di giustificazione attinente alla tutela della ripartizione del potere impositivo fra gli Stati membri.

35.      Al riguardo, occorre anzitutto distinguere fra la ripartizione del potere impositivo stessa e la tutela di tale ripartizione. La Corte, infatti, in una giurisprudenza costante, afferma che la questione di come il potere impositivo venga ripartito fra gli Stati membri incombe agli Stati membri stessi. In mancanza di disposizioni di armonizzazione a livello dell’Unione, infatti, gli Stati membri rimangono competenti a definire, in via convenzionale o unilaterale, i criteri per ripartire il proprio potere impositivo(18).

36.      È ben vero che la Corte, nel riconoscere per la prima volta questo motivo di giustificazione nella sentenza Marks & Spencer, ha sottolineato che un’equilibrata ripartizione del potere impositivo è meritevole di tutela (19), e che ha ribadito tale affermazione anche in successive decisioni (20).

37.      In linea di principio, si potrà tuttavia ritenere che le modalità con cui gli Stati membri abbiano, in un determinato caso, ripartito fra loro i propri poteri impositivi, non saranno successivamente messe in discussione dalla Corte, e che quest’ultima si atterrà quindi al criterio della «tutela della ripartizione della giurisdizione tributaria fra gli Stati membri» (21). Si deve ritenere che ciò valga anche nel caso in esame, nel quale le stabili organizzazioni straniere di una società vengono assoggettate ad imposta sia dallo Stato della fonte, sede della stabile organizzazione, sia dallo Stato danese di residenza della società, in quest’ultimo caso, tuttavia, dopo l’imputazione dell’imposta già versata nello Stato della fonte.

38.      Il motivo di giustificazione della «tutela» della ripartizione del potere impositivo da essi effettuata conferisce in tal modo agli Stati membri il diritto di esercitare e di tutelare tale potere da essi stessi definito. In tal senso deve essere intesa anche la costante giurisprudenza della Corte, ai sensi della quale tale motivo di giustificazione permette «in particolare» di prevenire comportamenti atti a violare il diritto di uno Stato membro di esercitare la propria giurisdizione tributaria in relazione alle attività svolte sul proprio territorio (22). Il ricorso a tale motivo di giustificazione non può essere escluso neanche qualora uno Stato membro assoggetti ad imposta attività non svolte nel proprio territorio nazionale, quali ad esempio, nella specie, l’attività delle stabili organizzazioni straniere. In caso contrario, la Corte dovrebbe negare agli Stati membri il potere impositivo riguardo ad attività svolte al di fuori del rispettivo territorio nazionale.

39.      Quanto alle modalità con cui gli Stati membri possono esercitare e salvaguardare, nei loro rapporti reciproci, i rispettivi poteri impositivi, dalla giurisprudenza elaborata finora dalla Corte in relazione a tale motivo di giustificazione possono essere ricavate due fattispecie.

40.      In primo luogo, gli Stati membri possono impedire che determinati redditi, per effetto del loro spostamento in un altro Stato membro, vengano sottratti alla loro giurisdizione tributaria (23). Ciò include la lotta alle costruzioni fittizie o fraudolente intese a trasferire il gettito fiscale fra gli Stati membri (24).

41.      In secondo luogo, e in maniera speculare, gli Stati membri non devono parimenti riconoscere rilevanza fiscale alle perdite di un’attività tassata non da essi stessi, bensì da un altro Stato membro. Il motivo di giustificazione ha, infatti, ad oggetto il mantenimento della simmetria tra l’imponibilità degli utili e deducibilità delle perdite (25). Il mercato interno non conferisce pertanto ai soggetti passivi la facoltà di scegliere in quale Stato membro debbano essere fiscalmente considerate le loro perdite (26).

42.      Dalle fattispecie finora riconosciute emerge che il cosiddetto motivo di giustificazione attinente alla «tutela della ripartizione del potere impositivo fra gli Stati membri» costituisce unicamente un’espressione di altri motivi di giustificazione riconosciuti, e segnatamente, in maniera specifica, riguardo alla delimitazione della giurisdizione fiscale degli Stati membri.

43.      Infatti, da un lato, l’idea che la rilevanza fiscale degli utili e delle perdite di un’attività non possa essere separata non è che l’espressione del motivo di giustificazione attinente alla salvaguardia della coerenza di un regime fiscale. In forza di quest’ultimo, affinché la restrizione di una libertà fondamentale sia giustificata, occorre un nesso diretto tra un beneficio fiscale e la compensazione di tale beneficio con un determinato prelievo fiscale (27). Nell’ambito dell’esame di tale motivo di giustificazione, la Corte ha già avuto modo di rilevare che sussiste in tal senso un nesso diretto fra la rilevanza fiscale degli utili e delle perdite di un’attività in uno Stato membro (28). Giustamente la Corte ha affermato, al riguardo, che gli obiettivi della coerenza impositiva e della ripartizione equilibrata del potere impositivo fra gli Stati membri coincidono (29).

44.      Dall’altro, la prevenzione dello spostamento di redditi dall’uno all’altro Stato membro mediante costruzioni fittizie o fraudolente costituisce solo un caso particolare del motivo di giustificazione riconosciuto attinente alla prevenzione dell’evasione fiscale. Secondo una giurisprudenza costante, infatti, una misura nazionale che restringa la libertà di stabilimento è giustificabile se concerne specificamente le costruzioni di puro artificio finalizzate a eludere la normativa dello Stato membro interessato (30). Nell’ambito della «tutela della ripartizione del potere impositivo fra gli Stati membri» non si tratta di impedire che un soggetto passivo si sottragga interamente all’imposizione, bensì che lo stesso, mediante costruzioni artificiose, trasferisca il gettito fiscale in un altro Stato membro. La Corte ha ravvisato essa stessa tale nesso laddove ha preso in esame questi due motivi di giustificazione, «congiuntamente considerati» (31).

45.      Qualora, dunque, si riconosca che il cosiddetto motivo di giustificazione attinente alla «tutela del potere impositivo fra gli Stati membri» costituisce unicamente un’espressione particolare di altri motivi di giustificazione riconosciuti, si spiega anche perché la Corte applichi talvolta la tutela di tale ripartizione quale motivo di giustificazione autonomo (32), mentre talvolta sembra accoglierlo unicamente in combinato con altri motivi di giustificazione (33).

46.      Risponde tuttavia all’interesse di chiarezza della giurisprudenza che, in sede di esame della giustificazione di una restrizione alle libertà fondamentali, il motivo vero e proprio non resti nascosto dietro l’etichetta della «ripartizione del potere impositivo», bensì occupi una posizione di primo piano. Nel prosieguo esaminerò, pertanto, unicamente quei motivi di giustificazione le cui espressioni specifiche sono state finora riassunte nella nozione di «tutela della ripartizione del potere impositivo fra gli Stati membri», e segnatamente, nella specie, la salvaguardia della coerenza di un regime fiscale (al riguardo sub 2) e la prevenzione dell’evasione fiscale (al riguardo sub 3).

2.      Coerenza fiscale

47.      Secondo una giurisprudenza costante, la necessità di preservare la coerenza di un regime fiscale può giustificare una restrizione all’esercizio di una libertà fondamentale. A tal fine, occorre che sussista un nesso diretto tra un beneficio fiscale e la compensazione di tale beneficio tramite un prelievo fiscale determinato (34). In una fattispecie del genere, al titolare della libertà fondamentale può essere negato il vantaggio fiscale, qualora esso non sia soggetto anche al prelievo fiscale ad esso direttamente connesso. Il carattere diretto del suddetto nesso deve al riguardo essere determinato alla luce della finalità della normativa fiscale (35).

48.      La Corte ha già constatato che esiste in tal senso un nesso diretto fra la rilevanza fiscale degli utili e delle perdite di un’attività in uno Stato membro (36).

49.      Come giustamente affermato dalla Commissione, nel caso in oggetto, la simmetria della rilevanza fiscale degli utili e delle perdite per un’attività imponibile, tuttavia, viene, in linea di principio, preservata, senza che sia necessaria una tassazione a posteriori delle perdite. Il Regno di Danimarca, infatti, aveva optato, per il periodo che rileva nel procedimento principale, per la tassazione delle stabili organizzazioni straniere e doveva pertanto prendere in considerazione sia gli utili sia le perdite di tale attività.

50.      In tale simmetria rientra, come rilevato correttamente dalla Nordea Bank Danmark, anche il fatto che, nel caso della cessione di una stabile organizzazione straniera, debbano essere assoggettati ad imposta in Danimarca gli eventuali utili provenienti dalla cessione. Nel caso di società facenti parte di un gruppo, come nella specie, le quali spesso non convengono un prezzo di vendita adeguato ovvero non ne convengono alcuno, tale utile proveniente dalla cessione può essere fissato – come previsto anche dalla legislazione tributaria danese – in base al cosiddetto criterio della piena concorrenza, applicando un valore venale obiettivo. L’imposizione corrisponderà allora esattamente al diritto di uno Stato membro di assoggettare ad imposta la plusvalenza che ricada nell’ambito della giurisdizione tributaria (37).

51.      Al riguardo, è irrilevante che – come obiettato ad esempio dal Regno dei Paesi Bassi – senza la normativa danese sulla tassazione a posteriori, ai soggetti passivi dovrebbe essere riconosciuta la deducibilità delle perdite, senza che gli ulteriori corrispondenti utili possano essere assoggettati ad imposta. Il fatto che eventuali utili futuri non possano più essere tassati costituisce un’eventualità normale nell’ambito dell’imposizione di un’attività, ad esempio qualora l’attività fallisca economicamente oppure qualora, mediante il trasferimento della sede, il potere impositivo di uno Stato membro venga meno.

52.      Contro tale simmetria è stato tuttavia sostenuto, soprattutto da parte della Repubblica austriaca, che la tassazione degli utili rivestirebbe piuttosto, nella specie, carattere formale. Poiché il Regno di Danimarca applicherebbe il sistema dell’imputazione all’imposizione delle stabili organizzazioni straniere, l’imposta già versata nello Stato della fonte dovrebbe essere dedotta. Qualora in Danimarca l’aliquota di imposta fosse identica o inferiore a quella dello Stato della fonte, gli utili della stabile organizzazione straniera non verrebbero in definitiva tassati affatto in Danimarca. Tuttavia, persino qualora l’aliquota d’imposta nello Stato della fonte fosse inferiore, alla Danimarca non spetterebbe in ogni caso un potere impositivo pieno.

53.      Tale obiezione è legittima nella misura in cui la tassazione di una stabile organizzazione straniera comporti, nell’ambito del sistema dell’imputazione, risultati diversi rispetto alla tassazione ordinaria di un’attività interna. Il gettito fiscale che deriva alla Danimarca dalla tassazione della stabile organizzazione straniera sarà in genere, a confronto, inferiore. È inoltre ravvisabile un certo squilibrio fra la rilevanza fiscale integrale delle perdite subite e l’imposizione dei rispettivi, la quale sarà, in ultima analisi, tutt’al più parziale.

54.      Ciononostante, la tassazione di una stabile organizzazione straniera nell’ambito del sistema dell’imputazione non è equiparabile all’esclusione della tassazione in forza del sistema di esenzione. La Corte ha esaminato quest’ultima fattispecie nella sentenza Krankenheim Ruhesitz am Wannsee-Seniorenheimstatt, consentendo in definitiva allo Stato membro di tassare a posteriori le perdite portate in deduzione nonostante l’assenza di un potere impositivo, in forza dell’esenzione degli utili di una stabile organizzazione straniera (38). Contrariamente a quanto sostenuto dalla Repubblica federale tedesca, tale sentenza non è tuttavia trasponibile nella specie, in quanto il Regno di Danimarca ha esattamente inteso esercitare la propria giurisdizione tributaria riguardo alle stabili organizzazioni straniere, e sussisteva perlomeno la possibilità che i loro utili venissero anch’essi in parte tassati.

55.      Nella specie, non deve tuttavia essere risolta la questione se, nell’ambito della coerenza fiscale, il potere impositivo di uno Stato membro, limitato dal sistema dell’imputazione, autorizzi il medesimo ad attribuire rilevanza fiscale, anche solo parzialmente, alle perdite subite. Infatti, l’obiettivo dichiarato e riconoscibile della normativa danese sulla tassazione a posteriori non consiste nell’instaurare un rapporto adeguato fra rilevanza fiscale degli utili e delle perdite in relazione ad attività tassate nell’ambito del sistema dell’imputazione. Piuttosto, tale normativa è intesa unicamente – come illustrato anche dal Regno di Danimarca stesso – ad impedire, in un caso particolare, l’abuso della rilevanza fiscale integrale delle perdite nell’ambito del sistema di tassazione. Tuttavia, in genere, i soggetti passivi devono beneficiare, in base alla legislazione tributaria danese, appunto di tale vantaggio della rilevanza fiscale integrale delle perdite, persino qualora, in assenza di utili futuri, tale rilevanza fiscale delle perdite non dovesse più essere compensata.

56.      Alla luce di tale configurazione della normativa danese, un ricorso al motivo di giustificazione della salvaguardia della coerenza del regime fiscale è esclusa anche sulla scorta della giurisprudenza costante, ai sensi della quale una normativa nazionale è idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito solo se risponde realmente all’intento di raggiungere il medesimo in modo coerente e sistematico, ossia logico (39).

57.      La restrizione alla libertà di stabilimento qui in esame non può pertanto essere giustificata dalla necessità di preservare la coerenza di un regime fiscale.

3.      Prevenzione dell’evasione fiscale

58.      Secondo costante giurisprudenza, una misura nazionale che restringa la libertà di stabilimento è giustificabile al fine di prevenire l’evasione fiscale se concerne specificamente le costruzioni di puro artificio finalizzate a eludere l’applicazione della normativa dello Stato membro interessato (40). Qualora si tratti specificamente di impedire il trasferimento di utili in un altro Stato membro, la Corte sembra addirittura imporre requisiti meno rigorosi. Infatti, al fine di tutelare la ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri, potrebbe essere giustificata anche una normativa che non sia specificamente diretta ad impedire costruzioni di puro artificio (41).

59.      Secondo quanto si legge nella relazione di accompagnamento della legge, la normativa in esame è intesa ad impedire ad un gruppo di portare in deduzione, in un primo momento, in Danimarca le perdite di una stabile organizzazione straniera, per poi fare tuttavia tassare successivi utili unicamente in un altro Stato. È comprensibile che, al riguardo, possa sussistere una possibilità di evasione, in particolare nel caso di un decorso classico di un investimento nel quale, in forza di investimenti iniziali, una fase di perdite è seguita da una fase di utili. Di conseguenza, il trasferimento dell’attività di una stabile organizzazione straniera all’interno del gruppo, persino qualora le sue perdite non possano più essere fatte fiscalmente valere dalla società acquirente, potrà risultare vantaggioso, laddove l’aliquota d’imposta straniera sia inferiore a quella danese.

60.      Peraltro, una normativa nazionale intesa a prevenire l’evasione fiscale non può neanche eccedere quanto necessario per raggiungere tale obiettivo. Pertanto, da un lato, il soggetto passivo deve essere messo in grado di produrre elementi relativi ad eventuali ragioni commerciali (42). Dall’altro, la misura fiscale correttrice deve limitarsi alla frazione che superi quanto sarebbe stato convenuto in mancanza di una situazione d’interdipendenza tra le società (43).

61.      È ben vero che, in una procedura di massa come la tassazione, non si può pretendere che ciascun singolo caso debba necessariamente formare l’oggetto di una verifica individuale; piuttosto, anche fatti che hanno tipicamente una determinata conseguenza o risultano da una determinata motivazione devono poter essere disciplinati in maniera generale.

62.      Nella specie, tuttavia, i limiti entro i quali una situazione può ancora essere legittimamente qualificata come evasione fiscale sono stati in ogni caso oltrepassati. In primo luogo, non esiste alcuna possibilità, per un soggetto passivo, di dimostrare l’assenza di evasione, sebbene sia manifesto che, nel caso del trasferimento di una stabile organizzazione all’interno di un gruppo, possono sussistere motivi commerciali ragionevoli per procedere ad una cessione, in particolare per sopprimere capacità doppie, come dimostra il caso di specie. In secondo luogo, come parimenti mostra il caso di specie, in conformità della tesi sostenuta dall’Autorità di vigilanza EFTA, è eccessivo disporre la tassazione a posteriori integrale delle perdite utilizzate in precedenza nel caso di qualsivoglia cessione, anche solo parziale, di una stabile organizzazione. Infatti, in tal modo vengono interessati anche casi in cui la stabile organizzazione costituisca, in sostanza, semplicemente oggetto di liquidazione.

63.      In terzo luogo, la tassazione a posteriori di tutte le perdite fatte fiscalmente valere è sproporzionato rispetto al venir meno dell’imponibilità degli utili futuri che la normativa danese mira a compensare. Il Regno di Danimarca può legittimamente tassare solo quegli utili la cui realizzazione sia già prevista al momento della cessione. Infatti, accresciute prospettive di utili ulteriori dovrebbero ricadere nella giurisdizione tributaria dello Stato membro a quel momento competente. Gli utili già previsti al momento della cessione si riflettono tuttavia, come rilevato correttamente dalla Commissione, nella determinazione di un prezzo di vendita in forza del principio della piena concorrenza (44).

64.      Qualora, per contro, il Regno di Danimarca ritenga tale valore inadeguato, in quanto, a suo avviso, il trasferimento all’interno di un gruppo può avere un’utilità maggiore rispetto al trasferimento a favore di un terzo, occorre rilevare che tale eventuale maggiore utilità non si realizzerebbe comunque nel caso in cui la stabile organizzazione continuasse ad essere gestita nell’ambito della giurisdizione tributaria danese. Il mantenimento della giurisdizione tributaria danese sulla stabile organizzazione costituisce tuttavia, in definitiva, esattamente l’obiettivo perseguito dalla normativa in oggetto.

65.      Di conseguenza, neanche l’obiettivo della prevenzione dell’evasione fiscale può giustificare la presente restrizione alla libertà di stabilimento, in quanto la normativa danese eccede quanto necessario al conseguimento di tale obiettivo.

4.      Risultato dell’analisi attinente alla giustificazione

66.      La presente restrizione alla libertà di stabilimento non è dunque giustificata da un motivo imperativo d’interesse generale. Non è pertanto neanche necessario replicare all’argomento dedotto dalla Nordea Bank Danmark, secondo il quale una giustificazione conforme alla sentenza Marks & Spencer sarebbe in ogni caso esclusa per il fatto che ad un contribuente non potrebbe essere negata la deducibilità delle perdite qualora – come nella specie a seguito della chiusura delle filiali bancarie – sia esclusa qualsiasi possibilità di far valere fiscalmente le perdite nello Stato della fonte.

V –    Conclusione

67.      La questione pregiudiziale deve essere pertanto risolta nei seguenti termini:

L’articolo 43 in combinato con l’articolo 48 CE e l’articolo 31 in combinato con l’articolo 34 dell’accordo SEE, ostano a che uno Stato membro che consente ad una società residente, nell’ambito del sistema dell’imputazione, di dedurre sistematicamente le perdite di una stabile organizzazione situata in un altro Stato membro, proceda ad una tassazione a posteriori totale delle perdite della stabile organizzazione (nei limiti in cui esse non sono compensate da utili nel corso degli anni successivi), qualora la tassazione a posteriori sia prevista in ogni caso in cui una parte della sua attività venga trasferita ad una società dello stesso gruppo stabilita nello stesso Stato della stabile organizzazione.


1 –      Lingua originale: il tedesco.


2 –      Sentenza Marks & Spencer (C-446/03, EU:C:2005:763).


3 –      V. sentenza A (C-48/11, EU:C:2012:485, punto 21) in relazione all’articolo 49 TFUE.


4 –      V., ex multis, sentenza Impacto Azul (C-186/12, EU:C:2013:412, punto 32 e la giurisprudenza ivi citata).


5 –      V., ex multis, sentenze Daily Mail and General Trust (81/87, EU:C:1988:456, punto 16); AMID (C-141/99, EU:C:2000:696, punto 21), nonché Argenta Spaarbank (C-350/11, EU:C:2013:447, punto 20).


6 –      V., ex multis, sentenze AMID (C-141/99, EU:C:2000:696, punto 27); Papillon (C-418/07, EU:C:2008:659, punti da 16 a 23), nonché Argenta Spaarbank (C-350/11, EU:C:2013:447, punti da 20 a 34).


7 –      Sentenze X Holding (C-337/08, EU:C:2010:89, punto 20); Commissione/Belgio (C-250/08, EU:C:2011:793, punto 51); Philips Electronics (C-18/11, EU:C:2012:532, punto 17), nonché A (C-123/11, EU:C:2013:84, punto 33); v., sulla libera circolazione dei capitali, sentenza K (C-322/11, EU:C:2013:716, punto 36 e la giurisprudenza ivi citata).


8 –      Sentenze X Holding (C-337/08, EU:C:2010:89, punto 22); Philips Electronics (C-18/11, EU:C:2012:532, punto 17), nonché A (C-123/11, EU:C:2013:84, punto 33).


9 –      V. da ultimo le mie conclusioni nelle cause Philips Electronics (C-18/11, EU:C:2012:222, paragrafi 31 e segg.), nonché Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C-385/12, EU:C:2013:531, paragrafi 56 e segg.).


10 –      V. già le mie conclusioni nelle cause A (C-123/11, EU:C:2012:488, paragrafi 40 e seg.) e SCA Group Holding e a. (da C-39/13 a C-41/13, EU:C:2014:104, paragrafo 32).


11 –      V. ad esempio sentenza Royal Bank of Scotland (C-311/97, EU:C:1999:216, punto 32).


12 –      V. sentenza K (C-322/11, EU:C:2013:716, punto 37 e segg. e 49 e segg.).


13 –      Sentenza X Holding (C-337/08, EU:C:2010:89, punto 24).


14 –      Sentenza K (C-322/11, EU:C:2013:716, punto 37 e segg.).


15 –      V. sentenze Lidl Belgium (C-414/06, EU:C:2008:278, punti da 18 a 26); Krankenheim Ruhesitz am Wannsee-Seniorenheimstatt (C-157/07, EU:C:2008:588, punti da 27 a 39), nonché Argenta Spaarbank (C-350/11, EU:C:2013:447, punti da 18 a 34).


16 –      Sentenza National Grid Indus (C-371/10, EU:C:2011:785, punto 38).


17 –      V., ex multis, sentenze National Grid Indus (C-371/10, EU:C:2011:785, punto 45); Commissione/Spagna (C-269/09, EU:C:2012:439, punto 76); DI VI Finanziaria SAPA di Diego della Valle (C-380/11, EU:C:2012:552, punto 43); Argenta Spaarbank (C-350/11, EU:C:2013:447, punto 50); Imfeld e Garcet (C-303/12, EU:C:2013:822, punto 68), nonché DMC (C-164/12, EU:C:2014:20, punto 46).


18 –      V., ex multis, sentenze Aberdeen Property Fininvest Alpha (C-303/07, EU:C:2009:377, punto 25); National Grid Indus (C-371/10, EU:C:2011:785, punto 45); Argenta Spaarbank (C-350/11, EU:C:2013:447, punto 50), nonché DMC (C-164/12, EU:C:2014:20, punto 47).


19 –      Sentenza Marks & Spencer (C-446/03, EU:C:2005:763, punto 46).


20 –      V., inter alia, sentenze Amurta (C-379/05, EU:C:2007:655, punto 58), nonché Argenta Spaarbank (C-350/11, EU:C:2013:447, punto 53).


21 –      V. parimenti sentenza Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (C-157/10, EU:C:2011:813, punto 38 e la giurisprudenza ivi citata), secondo la quale «le conseguenze svantaggiose che possono derivare dall’esercizio parallelo da parte di diversi Stati membri della loro competenza fiscale (…) non costituiscono restrizioni alle libertà di circolazione».


22 –      Sentenze Commissione/Germania (C-284/09, EU:C:2011:670, punto 77); FIM Santander Top 25 Euro Fi (da C-338/11 a C-347/11, EU:C:2012:286, punto 47); SIAT (C-318/10, EU:C:2012:415, punto 45); Beker e Beker (C-168/11, EU:C:2013:117, punto 57); Argenta Spaarbank (C-350/11, EU:C:2013:447, punto 53), nonché Imfeld e Garcet (C-303/12, EU:C:2013:822, punto 75).


23 –      V. sentenze Oy AA (C-231/05, EU:C:2007:439, punto 56); Glaxo Wellcome (C-182/08, EU:C:2009:559, punto 87), nonché Argenta Spaarbank (C-350/11, EU:C:2013:447, punto 55).


24 –      V. sentenze SGI (C-311/08, EU:C:2010:26, punti da 60 a 63), nonché SIAT (C-318/10, EU:C:2012:415, punti da 45 a 47).


25 –      Sentenza Philips Electronics (C-18/11, EU:C:2012:532, punto 24).


26 –      V. sentenze Oy AA (C-231/05, EU:C:2007:439, punto 55); X Holding (C-337/08, EU:C:2010:89, punto 29), nonché A (C-123/11, EU:C:2013:84, punto 43).


27 –      V., ex multis, sentenze Papillon (C-418/07, EU:C:2008:659, punto 44); DI VI Finanziaria SAPA di Diego della Valle (C-380/11, EU:C:2012:552, punto 46), nonché Welte (C-181/12, EU:C:2013:662, punto 59).


28 –      Sentenza K (C-322/11, EU:C:2013:716, punto 69).


29 –      Sentenza National Grid Indus (C-371/10, EU:C:2011:785, punto 80).


30 –      V., ex multis, sentenze Aberdeen Property Fininvest Alpha (C-303/07, EU:C:2009:377, punto 63), nonché SGI (C-311/08, EU:C:2010:26, punto 65).


31 –      Sentenza SGI (C-311/08, EU:C:2010:26, punti 66 e 69).


32 –      V. sentenza National Grid Indus (C-371/10, EU:C:2011:785, punto 48).


33 –      V. sentenze Marks & Spencer (C-446/03, EU:C:2005:763, punto 51); Lidl Belgium (C-356/04, EU:C:2006:585, punto 38 e segg.), nonché A (C-123/11, EU:C:2013:84, punto 46).


34 –      V., ex multis, sentenze Manninen (C-319/02, EU:C:2004:484, punto 42); Papillon (C-418/07, EU:C:2008:659, punto 43 e seg.); DI VI Finanziaria SAPA di Diego della Valle (C-380/11, EU:C:2012:552, punto 46), nonché Welte (C-181/12, EU:C:2013:662, punto 59).


35 –      V., ex multis, sentenze Papillon (C-418/07, EU:C:2008:659, punto 44), nonché Argenta Spaarbank (C-350/11, EU:C:2013:447, punto 42).


36 –      Sentenza K (C-322/11, EU:C:2013:716, punto 69).


37 –      V. sentenze National Grid Indus (C-371/10, EU:C:2011:785, punto 46), nonché DMC (C-164/12, EU:C:2014:20, punto 48 e seg.).


38 –      Sentenza Krankenheim Ruhesitz am Wannsee-Seniorenheimstatt (C-157/07, EU:C:2008:588).


39 –      V., ex multis, sentenza Sokoll-Seebacher (C-367/12, EU:C:2014:68, punto 39 e la giurisprudenza ivi citata).


40 –      V., ex multis, sentenze Aberdeen Property Fininvest Alpha (C-303/07, EU:C:2009:377, punto 63), nonché SGI (C-311/08, EU:C:2010:26, punto 65).


41 –      Sentenza SGI (C-311/08, EU:C:2010:26, punto 66).


42 –      V. sentenza SGI (C-311/08, EU:C:2010:26, punto 71).


43 –      V. sentenza SGI (C-311/08, EU:C:2010:26, punto 72).


44–      V. supra, paragrafo 50.