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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MANUEL CAMPOS SÁNCHEZ-BORDONA

presentate il 12 gennaio 2016 (1)

Cause riunite C-226/14 e C-228/14

Eurogate Distribution GmbH

contro

Hauptzollamt Hamburg-Stadt (C-226/14)

e

DHL Hub Leipzig GmbH

contro

Hauptzollamt Braunschweig (C-228/14)

[domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Finanzgericht Hamburg (Germania)]

«Codice doganale comunitario – Deposito doganale – Regime di transito esterno – Nascita dell’obbligazione doganale a causa dell’inadempimento di un obbligo – Iscrizione tardiva nella contabilità di magazzino – Presentazione tardiva delle merci all’autorità doganale competente – Sesta direttiva – Direttiva IVA – Esigibilità dell’IVA – Relazione tra l’obbligazione doganale e il debito IVA»





1.        Nel contesto di una violazione degli obblighi formali cui è soggetta una merce in regime sospensivo dei dazi all’importazione, un giudice tedesco chiede alla Corte se, oltre all’obbligazione doganale prevista per tale motivo all’articolo 204 del codice doganale comunitario (2), debba essere applicata anche l’imposta sul valore aggiunto (IVA). In caso di risposta affermativa, è controverso se il soggetto tenuto al pagamento dell’IVA sia la stessa persona che ha violato le formalità doganali, anche nel caso in cui si tratti di un depositario che non aveva potere dispositivo su tale merce.

2.        Le presenti cause offrono alla Corte la possibilità di precisare la giurisprudenza elaborata nella sentenza X (3), in cui essa ha interpretato l’articolo 7 della sesta direttiva (4) dichiarando che l’IVA è dovuta se le merci sono state svincolate dai regimi doganali previsti da detta disposizione, anche qualora tale obbligazione doganale sia sorta esclusivamente in forza dell’articolo 204 del CDC.

3.        Si possono adottare due approcci per rispondere alle questioni pregiudiziali poste nelle presenti controversie. Il primo si limiterebbe a una mera ripetizione letterale di quanto già dichiarato dalla Corte nella sentenza X (5), senza ulteriori precisazioni. Il secondo introdurrebbe invece tali precisazioni nell’analisi dei problemi sollevati, in una prospettiva non formalistica, attenta alla funzione e alla natura dell’IVA in quanto tributo che presenta tratti unitari e che grava sull’incremento di valore che si produce in ciascuna fase del processo di produzione o distribuzione di beni e servizi.

4.        Una lettura attenta della sentenza del 15 maggio 2014 mi induce ad affermare che, in realtà, la simultaneità dell’IVA e dell’obbligazione doganale sorta a causa dell’inosservanza di talune condizioni non è così automatica come si potrebbe dedurre dal tenore letterale del dispositivo della sentenza X (6). Al contrario, tanto dalla motivazione di detta sentenza quanto, soprattutto, dalla stessa natura dell’IVA si può desumere che l’insorgenza di un’obbligazione doganale non comporta necessariamente l’obbligo di versare l’IVA all’importazione.

I –    Contesto normativo

A –    Diritto dell’Unione

1.      Codice doganale comunitario

5.        L’articolo 4 del CDC così prevede:

«Ai fini del presente codice, s’intende per:

(...)

7)      merci comunitarie: le merci:

-      interamente ottenute nel territorio doganale della Comunità nelle condizioni di cui all’articolo 23, senza aggiunta di merci importate da paesi o territori che non fanno parte del territorio doganale della Comunità. Le merci ottenute a partire da merci vincolate [ad] un regime sospensivo non sono considerate come aventi carattere comunitario nei casi, determinati secondo la procedura del comitato, che rivestano una particolare importanza sotto il profilo economico;

-      importate da paesi o territori che non fanno parte del territorio doganale della Comunità e immesse in libera pratica;

-      ottenute o prodotte nel territorio doganale della Comunità, sia esclusivamente da merci di cui al secondo trattino, sia da merci di cui al primo e al secondo trattino;

(…)».

6.        Ai sensi dell’articolo 37 del CDC:

«1.      Le merci introdotte nel territorio doganale della Comunità sono sottoposte, fin dalla loro introduzione, a vigilanza doganale. Esse possono essere soggette a controlli doganali conformemente alle disposizioni vigenti.

2.      Esse restano soggette a tale vigilanza per tutto il tempo eventualmente necessario per determinare la loro posizione doganale e, nel caso di merci non comunitarie e fatto salvo l’articolo 82, paragrafo 1, finché esse non cambino posizione doganale o non siano introdotte in una zona franca o in un deposito franco oppure non vengano riesportate o distrutte ai sensi dell’articolo 182».

7.        In forza dell’articolo 50 del CDC, «[i]n attesa di ricevere una destinazione doganale, le merci presentate in dogana acquisiscono la posizione, non appena avvenuta la presentazione, di merci in custodia temporanea. Queste merci sono denominate in seguito “merci in custodia temporanea”».

8.        Conformemente all’articolo 79 del CDC:

«L’immissione in libera pratica attribuisce la posizione doganale di merce comunitaria ad una merce non comunitaria.

(…)».

9.        Ai sensi dell’articolo 89, paragrafo 1, del CDC, «[u]n regime economico sospensivo è appurato quando le merci vincolate a questo regime o, se del caso, i prodotti compensatori o trasformati ottenuti sotto tale regime ricevono una nuova destinazione doganale ammessa».

10.      L’articolo 91 del CDC così prevede:

«1.      Il regime di transito esterno consente la circolazione da una località all’altra del territorio doganale della Comunità:

a)      di merci non comunitarie, senza che tali merci siano soggette ai dazi all’importazione e ad altre imposte, né alle misure di politica commerciale;

(…)

2.      La circolazione di cui al paragrafo 1 viene effettuata:

a)      in base al regime di transito comunitario esterno;

(...)».

11.      L’articolo 92 del CDC dispone quanto segue:

«1.      Il regime del transito esterno ha fine e le obbligazioni del titolare del regime sono soddisfatte quando le merci vincolate a tale regime e i documenti richiesti sono presentati in dogana all’ufficio doganale di destinazione in base alle disposizioni del regime in questione.

2.      Le autorità doganali appurano il regime di transito esterno quando sono in grado di determinare, in base al confronto dei dati disponibili all’ufficio di partenza e di quelli disponibili all’ufficio di destinazione, che esso si è concluso in modo corretto».

12.      Secondo l’articolo 96 del CDC:

«1.      L’obbligato principale è il titolare del regime del transito comunitario esterno. Egli è tenuto a:

a)      presentare in dogana le merci intatte all’ufficio doganale di destinazione nel termine fissato e a rispettare le misure di identificazione prese dalle autorità doganali;

b)      rispettare le disposizioni relative al regime del transito comunitario.

2.      Fatti salvi gli obblighi dell’obbligato principale di cui al paragrafo 1, anche uno spedizioniere o un destinatario che accetti le merci sapendo che sono soggette al regime del transito comunitario sono tenuti a presentarle intatte all’ufficio doganale di destinazione nel termine fissato e a rispettare le misure di identificazione prese dalle autorità doganali».

13.      Ai sensi dell’articolo 98, paragrafo 1, del CDC, «[i]l regime del deposito doganale consente l’immagazzinamento in un deposito doganale di: a) merci non comunitarie, senza che tali merci siano soggette ai dazi all’importazione e alle misure di politica commerciale (…)».

14.      In forza dell’articolo 105 del CDC, «[l]a persona indicata dall’autorità doganale deve tenere, nella forma approvata da detta autorità, una contabilità di magazzino di tutte le merci vincolate al regime del deposito doganale. Una contabilità di magazzino non è necessaria quando un deposito pubblico è gestito dall’autorità doganale. (…)».

15.      L’articolo 204 del CDC così recita:

«1.      L’obbligazione doganale all’importazione sorge in seguito:

a)      all’inadempienza di uno degli obblighi che derivano, per una merce soggetta a dazi all’importazione, dalla sua permanenza in custodia temporanea oppure dall’utilizzazione del regime doganale cui è stata vincolata, oppure

b)      all’inosservanza di una delle condizioni stabilite per il vincolo di una merce a tale regime o per la concessione di un dazio all’importazione ridotto o nullo a motivo dell’utilizzazione della merce a fini particolari,

in casi diversi da quelli di cui all’articolo 203 sempre che non si constati che tali inosservanze non hanno avuto in pratica alcuna conseguenza sul corretto funzionamento della custodia temporanea o del regime doganale considerato.

2.      L’obbligazione doganale sorge quando cessa di essere soddisfatto l’obbligo la cui inadempienza fa sorgere l’obbligazione doganale oppure nel momento in cui la merce è stata vincolata al regime doganale considerato quando si constati, a posteriori, che non era soddisfatta una delle condizioni stabilite per il vincolo della merce al regime o per la concessione di un dazio all’importazione ridotto o nullo a motivo dell’utilizzazione della merce a fini particolari.

3.      Il debitore è la persona tenuta, secondo il caso, ad adempiere agli obblighi che, per una merce soggetta a dazi all’importazione, derivano dalla permanenza in custodia temporanea o dall’utilizzazione del regime doganale cui la merce è stata vincolata, oppure a rispettare le condizioni stabilite per il vincolo della merce a tale regime».

2.      Regolamento (CEE) n. 2454/93 (7)

16.      L’articolo 356 del regolamento di applicazione così dispone:

«1.      L’ufficio di partenza fissa la data limite entro la quale le merci devono essere presentate all’ufficio di destinazione, tenendo conto dell’itinerario da seguire, delle disposizioni della normativa in materia di trasporti e delle altre normative applicabili e, se del caso, degli elementi comunicati dall’obbligato principale.

(…)».

17.      L’articolo 512, paragrafo 3, del regolamento di applicazione prevede che «[i]l trasferimento di merci all’ufficio di uscita in vista della loro riesportazione può essere effettuato nell’ambito del regime. In questo caso, il regime non viene appurato fino a quando le merci o i prodotti dichiarati per la riesportazione non siano effettivamente usciti dal territorio doganale della Comunità».

18.      Ai sensi dell’articolo 529, paragrafo 1, del regolamento di applicazione, «[l]a contabilità di magazzino deve mostrare in qualsiasi momento le quantità di merci ancora vincolate al regime di deposito doganale. Il depositario, entro i termini stabiliti dall’autorità doganale, presenta un inventario di tali merci all’ufficio di controllo».

19.      Secondo l’articolo 530, paragrafo 3, del suddetto regolamento, «[l]’iscrizione nella contabilità di magazzino relativa all’appuramento del regime viene effettuata al più tardi al momento dell’uscita delle merci dal deposito doganale o dalle installazioni di stoccaggio».

20.      Ai sensi dell’articolo 860 del regolamento di applicazione, «[c]onformemente all’articolo 204, paragrafo 1, del [CDC], l’autorità doganale ritiene sorta l’obbligazione doganale a meno che la persona reputata debitrice non fornisca la prova che sono soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 859».

21.      L’articolo 866 del regolamento di applicazione dispone che, «[f]atte salve le disposizioni previste in materia di divieti o restrizioni eventualmente applicabili alla merce in causa, quando un’obbligazione doganale all’importazione sorge a norma degli articoli 202, 203, 204 o 205 del codice e i dazi all’importazione sono stati pagati, tale merce è considerata comunitaria senza che sia necessaria una dichiarazione d’immissione in libera pratica».

3.      Sesta direttiva

22.      L’articolo 2 della sesta direttiva disponeva che «[s]ono soggette all’imposta sul valore aggiunto: (…) 2. le importazioni di beni».

23.      Conformemente all’articolo 7 della sesta direttiva:

«1.      Si considera “importazione di un bene”:

a)      l’entrata nella Comunità di un bene non rispondente alle condizioni di cui agli articoli [23 CE e 24 CE] ovvero, se si tratta di un bene oggetto del trattato [CECA], che non è in libera pratica;

b)      l’entrata nella Comunità di un bene proveniente da un territorio terzo, diverso dai beni di cui alla lettera a).

2.      L’importazione di beni è effettuata nello Stato membro nel cui territorio si trova il bene nel momento in cui entra nella Comunità.

3.      In deroga al paragrafo 2, se un bene di cui al paragrafo 1, lettera a), è posto, al momento della sua entrata nella Comunità, in uno dei regimi di cui all’articolo 16, paragrafo 1, parte B, lettere a), b), c) e d), o in un regime di ammissione temporanea in esenzione totale dai dazi all’importazione o in un regime di transito esterno, la sua importazione è effettuata nello Stato membro nel cui territorio il bene stesso è svincolato da tali regimi.

Analogamente, se un bene di cui al paragrafo 1, lettera b), è soggetto al momento del suo ingresso nella Comunità a uno dei regimi previsti dall’articolo 33 bis, paragrafo 1, lettere b) o c), l’importazione del bene è effettuata nello Stato membro nel cui territorio il bene esce da tali regimi».

24.      Conformemente all’articolo 10, paragrafo 3, della sesta direttiva, «[i]l fatto generatore si verifica e l’imposta diventa esigibile nel momento in cui è effettuata l’importazione del bene. Quando i beni sono assoggettati, al momento del loro ingresso nella Comunità, ad uno dei regimi di cui all’articolo 7, paragrafo 3, il fatto generatore si verifica e l’imposta diventa esigibile soltanto nel momento in cui i beni sono svincolati da tali regimi. (…)».

25.      L’articolo 17 della sesta direttiva disponeva quanto segue:

«1.      Il diritto a [detrazione] nasce quando l’imposta [detraibile] diventa esigibile.

2.      Nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a [detrarre] dall’imposta di cui è debitore:

a)      l’[IVA] dovuta o assolta all’interno del paese per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo;

b)      l’[IVA] dovuta o assolta per i beni importati all’interno del paese;

(…)».

26.      Ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 4, della sesta direttiva, l’IVA è dovuta «[a]ll’importazione: dalle persone designate o riconosciute come debitori dell’imposta dallo Stato membro di importazione».

4.      Direttiva IVA (8)

27.      L’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva IVA prevede che «[s]ono soggette all’IVA le operazioni seguenti: (…) d) le importazioni di beni».

28.      A norma dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva IVA, «[s]i considera “soggetto passivo” chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività».

29.      L’articolo 30 della direttiva IVA è del seguente tenore:

«Si considera “importazione di beni” l’ingresso nella Comunità di un bene che non è in libera pratica ai sensi dell’articolo 24 del trattato.

Oltre all’operazione di cui al primo comma, si considera importazione di beni l’ingresso nella Comunità di un bene in libera pratica proveniente da un territorio terzo che fa parte del territorio doganale della Comunità».

30.      Secondo l’articolo 60 della direttiva IVA, «[l]’importazione di beni è effettuata nello Stato membro nel cui territorio si trova il bene nel momento in cui entra nella Comunità».

31.      L’articolo 61 della direttiva IVA così dispone:

«In deroga all’articolo 60, se un bene che non è in libera pratica è vincolato, al momento della sua entrata nella Comunità, ad uno dei regimi o ad una delle situazioni di cui all’articolo 156 o ad un regime di ammissione temporanea in esenzione totale dai dazi all’importazione o ad un regime di transito esterno, l’importazione del bene è effettuata nello Stato membro nel cui territorio il bene è svincolato da tali regimi o situazioni.

Analogamente, se un bene che è in libera pratica è vincolato al momento della sua entrata nella Comunità ad uno dei regimi o ad una delle situazioni di cui agli articoli 276 e 277, l’importazione del bene è effettuata nello Stato membro nel cui territorio il bene è svincolato da tali regimi o situazioni».

32.      Ai sensi dell’articolo 70 della direttiva IVA, «[i]l fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diventa esigibile nel momento in cui è effettuata l’importazione di beni».

33.      Conformemente all’articolo 71, paragrafo 1, della direttiva IVA, «[q]uando i beni sono vincolati, al momento della loro entrata nella Comunità, ad uno dei regimi o ad una delle situazioni di cui agli articoli 156, 276 e 277, o ad un regime di ammissione temporanea in esenzione totale dai dazi all’importazione o di transito esterno, il fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diventa esigibile soltanto nel momento in cui i beni sono svincolati da tali regimi o situazioni. (…)».

34.      L’articolo 143, paragrafo 1, lettera d), della direttiva IVA stabilisce che «[g]li Stati membri esentano (…) le importazioni di beni spediti o trasportati a partire da un territorio terzo o da un paese terzo in uno Stato membro diverso da quello d’arrivo della spedizione o del trasporto, se la cessione dei beni, effettuata dall’importatore designato o riconosciuto come debitore dell’imposta in virtù dell’articolo 201, è esente conformemente all’articolo 138».

35.      Ai sensi dell’articolo 167 della direttiva IVA, «[i]l diritto a detrazione sorge quando l’imposta detraibile diventa esigibile».

36.      L’articolo 168 della direttiva IVA così prevede:

«Nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo ha il diritto, nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore gli importi seguenti:

a)      l’IVA dovuta o assolta in tale Stato membro per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno resi da un altro soggetto passivo;

(…)

e)      l’IVA dovuta o assolta per i beni importati in tale Stato membro».

37.      A norma dell’articolo 178 della direttiva IVA, «[p]er poter esercitare il diritto a detrazione, il soggetto passivo deve soddisfare le condizioni seguenti: (…) e) per la detrazione di cui all’articolo 168, lettera e), relativa alle importazioni di beni, essere in possesso di un documento comprovante l’importazione che lo indichi quale destinatario o importatore e che menzioni l’ammontare dell’IVA dovuta o ne consenta il calcolo (…)».

38.      Conformemente all’articolo 201 della direttiva IVA, «[a]ll’importazione l’IVA è dovuta dalla o dalle persone designate o riconosciute come debitrici dallo Stato membro d’importazione».

B –    Diritto nazionale

39.      L’articolo 1 della legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari (Umsatzsteuergesetz; in prosieguo: l’«UStG»), nella versione applicabile ai fatti di causa (9), così dispone:

«1)      Sono soggette all’imposta le operazioni seguenti:

1.      le cessioni e le altre prestazioni, effettuate a titolo oneroso nel territorio tedesco da un’impresa nell’ambito della sua attività;

(…)

4.      le importazioni di beni in Germania (…) (imposta sulla cifra d’affari all’importazione);

(…)».

40.      Conformemente all’articolo 15, paragrafo 1, dell’UStG:

«L’imprenditore può detrarre i seguenti importi di imposta assolta a monte:

1.      l’imposta dovuta per legge per cessioni e altre prestazioni che sono esportate da un altro imprenditore per la sua impresa;

2.      l’imposta sulla cifra d’affari sorta all’importazione per beni importati per la sua impresa ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, punto 4;

(…)».

41.      L’articolo 21 dell’UStG così recita:

«1)      L’imposta sulla cifra d’affari all’importazione è un’imposta al consumo ai sensi del codice generale delle imposte (Abgabenordnung).

2)      Le norme doganali si applicano per analogia all’imposta sulla cifra d’affari all’importazione, ad eccezione delle regole relative al perfezionamento attivo nel sistema di rimborso e delle regole relative al perfezionamento passivo.

(…)».

II – Fatti e questioni pregiudiziali

A –    Causa C-226/14

42.      Come esposto nell’ordinanza di rinvio, la Eurogate Distribution GmbH (in prosieguo: la «Eurogate»), ricorrente nel procedimento principale, accoglieva nel proprio deposito doganale merci in transito appartenenti ai propri clienti raggruppandole ai fini della spedizione in diversi paesi dell’Europa orientale. La merce rimaneva in deposito, in media, per oltre sei settimane. Le merci venivano successivamente prelevate dal deposito della Eurogate da imprese di trasporti con sede nei rispettivi paesi di destinazione.

43.      Da una verifica doganale sul periodo compreso tra il 1° luglio e il 31 dicembre 2006 emergeva che in alcuni casi il prelievo delle merci dal deposito doganale era stato iscritto nella contabilità di magazzino prevista dal diritto doganale solo tardivamente (fino a 126 giorni di ritardo rispetto alla data del prelievo).

44.      Con l’avviso di accertamento dei dazi all’importazione del 1° luglio 2008, lo Hauptzollamt Hamburg-Stadt liquidava sia i dazi doganali sia l’IVA all’importazione. La Eurogate proponeva un ricorso amministrativo contro detto avviso di accertamento, che veniva respinto. Contro la decisione di rigetto essa presentava quindi un ricorso giurisdizionale dinanzi al Finanzgericht Hamburg.

45.      Per quanto riguarda l’obbligazione doganale, il Finanzgericht Hamburg ha già sottoposto alla Corte una questione pregiudiziale, che è stata risolta con la sentenza Eurogate (10). Al punto 35 di detta sentenza, la Corte ha dichiarato che «l’articolo 204, paragrafo 1, lettera a), del [CDC] deve essere interpretato nel senso che, in caso di merce non comunitaria, l’inadempienza dell’obbligo di iscrivere nella contabilità di magazzino all’uopo prevista l’uscita della merce da un deposito doganale, al più tardi al momento di tale uscita, fa sorgere un’obbligazione doganale per la suddetta merce, anche qualora quest’ultima sia stata riesportata».

46.      La Eurogate insiste nel contestare la liquidazione, ora nella parte concernente l’IVA all’importazione, e chiede l’annullamento dell’avviso di accertamento relativo a detta imposta.

47.      In tale contesto, il Finanzgericht Hamburg solleva le seguenti questioni:

«1)      Se sia in contrasto con le disposizioni della direttiva 77/388/CEE la riscossione dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione per prodotti riesportati come merce non comunitaria, per i quali tuttavia è sorta un’obbligazione doganale a causa della violazione di un obbligo di cui all’articolo 204 del [CDC], consistente nella specie nel mancato adempimento nei termini dell’obbligo di iscrivere nella contabilità di magazzino prevista a tal fine il prelievo della merce da un deposito doganale al più tardi al momento del prelievo stesso.

2)      In caso di risposta negativa alla prima questione:

Se le disposizioni della direttiva 77/388/CEE impongano in tali casi la riscossione dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione per i prodotti di cui trattasi o se gli Stati membri dispongano a tale riguardo di un margine di discrezionalità.

e

3)      Se un magazziniere doganale, che, nell’ambito di un rapporto di prestazione di servizi, immagazzina un prodotto proveniente da un paese terzo nel suo deposito doganale, senza poterne disporre, sia debitore dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione, sorta in conseguenza della sua violazione dell’obbligo di cui all’articolo 10, paragrafo 3, secondo comma, della direttiva 77/388/CEE in combinato disposto con l’articolo 204, paragrafo 1, del [CDC], anche se il prodotto in questione non è impiegato ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 2, lettera a), di tale direttiva».

B –    Causa C-228/14

48.      In data 5 gennaio 2011 veniva avviato un regime di transito comunitario esterno T 1 per merci che dovevano essere trasportate a Macao nel termine impartito (entro il 12 gennaio 2011) attraverso l’ufficio doganale dell’aeroporto di Hannover o dell’aeroporto di Lipsia. La DHL Hub Leipzig GmbH (in prosieguo: la «DHL») era uno spedizioniere ai sensi dell’articolo 96, paragrafo 2, del CDC. Essa ometteva di presentare le merci all’ufficio doganale dell’aeroporto di Lipsia prima della loro spedizione a Macao.

49.      Non risultava possibile procedere all’appuramento del regime di transito ai sensi dell’articolo 366, paragrafo 2, del regolamento di applicazione, in quanto non potevano essere presentati i documenti necessari.

50.      L’8 agosto 2011 lo Hauptzollamt Braunschweig emetteva nei confronti della DHL un avviso di accertamento dell’IVA all’importazione sul fondamento dell’articolo 204, paragrafo 1, lettera a), del CDC. Nello specifico, l’importo dell’IVA accertato ammontava a EUR 6 002,01. Il 29 febbraio 2012 la DHL chiedeva, a norma dell’articolo 236 del CDC, il rimborso dell’IVA all’importazione versata sulla base di detto avviso di accertamento.

51.      Lo Hauptzollamt Braunschweig respingeva la domanda di rimborso con decisione del 28 marzo 2012. In seguito al rigetto del suo reclamo, la DHL ha proposto ricorso giurisdizionale dinanzi al Finanzgericht Hamburg, chiedendo l’annullamento della decisione dello Hauptzollamt e il rimborso dell’IVA all’importazione.

52.      In tale contesto, il Finanzgericht Hamburg ha sollevato la seguente questione:

«Se l’imposta sul valore aggiunto all’importazione su beni che siano stati riesportati come merce non comunitaria sotto vigilanza doganale, per i quali tuttavia è sorta un’obbligazione doganale a causa della violazione di un obbligo di cui all’articolo 204 del [CDC] – consistente nella specie nel mancato assolvimento nei termini della procedura di transito comunitario esterno tramite presentazione presso l’ufficio doganale competente prima dell’introduzione nel paese terzo – sia considerata legalmente non dovuta ai sensi dell’articolo 236, paragrafo 1, del [CDC] in combinato disposto con le disposizioni della direttiva 2006/112/CE, in ogni caso quando venga considerato debitore colui sul quale incombeva l’obbligo violato, senza che avesse potere dispositivo sui beni».

III – Procedimento dinanzi alla Corte

53.      La domanda di pronuncia pregiudiziale nella causa C-226/14 è pervenuta nella cancelleria della Corte l’8 maggio 2014 e quella nella causa C-228/14 il 12 maggio 2014.

54.      Con ordinanza del presidente dalla Corte del 14 ottobre 2014 è stata disposta la riunione delle due cause ai fini delle fasi scritta e orale del procedimento, nonché della decisione con un’unica sentenza.

55.      Nella fase scritta sono intervenuti lo Hauptzollamt Hamburg-Stadt, lo Hauptzollamt Braunschweig, la Eurogate, il governo greco e la Commissione.

56.      Il 5 giugno 2014 è stato chiesto al Finanzgerichthof Hamburg di confermare se, tenuto conto della sentenza X della Corte (11), mantenesse le sue domande di pronuncia pregiudiziale. Con lettera registrata il 3 ottobre 2014, il giudice del rinvio ha comunicato che intendeva mantenere le questioni sollevate. In particolare, esso ha chiesto alla Corte di precisare, nell’ambito della risposta alla prima questione, «se, in qualsiasi caso in cui un’obbligazione doganale sorga in forza dell’articolo 204 del [CDC], sia necessariamente esigibile anche l’IVA ai sensi delle disposizioni della direttiva 77/388/CEE, indipendentemente dal fatto che la merce in questione sia ancora soggetta al regime sospensivo di cui all’articolo 16, paragrafo 1, parte B, lettera b), della sesta direttiva o al regime di transito esterno, oppure se l’IVA all’importazione non debba essere riscossa sulle merci che erano immagazzinate in un deposito doganale come merci non comunitarie e che sono state in seguito riesportate con regolare dichiarazione in dogana, ma per le quali sia sorta, medio tempore, un’obbligazione doganale ai sensi dell’articolo 204, paragrafo 1, del [CDC] – peraltro accertata solo dopo la riesportazione – in conseguenza del ritardo, di svariati giorni, nell’adempimento da parte del titolare del deposito dell’obbligo ad esso incombente di iscrivere nella contabilità di magazzino prevista a tal fine il prelievo della merce dal deposito doganale al più tardi al momento del prelievo stesso».

57.      Con ordinanza del 1° ottobre 2015 la Corte ha invitato le parti a concentrare le loro osservazioni in udienza sulla seconda e la terza questione nella causa C-226/14 e sulla questione nella causa C-228/14. Analogamente, le parti sono state invitate a prendere posizione sulla questione se si possa ritenere che l’IVA all’importazione sia stata assolta quando la merce è stata riesportata.

58.      All’udienza tenutasi l’11 novembre 2015 sono comparsi lo Hauptzollamt Hamburg-Stadt, lo Hauptzollamt Braunschweig, la Eurogate e la Commissione.

IV – Argomenti delle parti

59.      Per quanto riguarda la prima questione nella causa C-226/14, la Eurogate sostiene che l’imposizione dell’IVA all’importazione è in contrasto con la sesta direttiva qualora il debito doganale sia sorto ex articolo 204, paragrafo 1, lettera a), del CDC, poiché in tal caso non esiste un’importazione ai sensi della sesta direttiva.

60.      Per quanto riguarda la seconda e la terza questione della medesima causa C-226/14, la Eurogate sostiene che gli Stati membri non dispongono di un margine di discrezionalità ai fini della definizione della nozione di «importazione» ai sensi della sesta direttiva. A suo parere, essi disporrebbero di una certa discrezionalità per stabilire chi sia il debitore dell’IVA, conformemente all’articolo 21 della sesta direttiva, dato che, a tale proposito, sarebbero possibili due interpretazioni alternative, vale a dire: a) considerare «importatore» il soggetto che introduce la merce non comunitaria, cioé colui che la dichiara in dogana o commette un’irregolarità doganale; o b) considerare «importatore» solo il soggetto che può disporre delle merci in qualità di proprietario al momento dell’importazione. Nel primo caso, l’importatore dovrebbe avere diritto alla detrazione dell’IVA assolta, il che non è accaduto nel caso della Eurogate. Ciò dimostrerebbe, sempre secondo detta società, l’incompatibilità del diritto nazionale applicato con la normativa dell’Unione.

61.      Per quanto concerne la questione sollevata nella causa C-228/14, la Eurogate sostiene che l’obbligo di assolvere l’IVA non sussiste se le merci non comunitarie sono state riesportate, come nel caso di specie, sotto vigilanza doganale in regime di transito. Secondo la Eurogate, i suoi argomenti relativi alla nozione di «importatore» ai sensi della sesta direttiva valgono parimenti per la direttiva IVA.

62.      Tanto lo Hauptzollamt Hamburg-Stadt quanto lo Hauptzollamt Braunschweig sostengono che l’inadempienza degli obblighi doganali fa sorgere, oltre all’obbligazione doganale, l’obbligo dell’IVA. A loro parere, l’inadempimento dell’obbligo di iscrivere nella contabilità di magazzino le merci che si trovano in regime di deposito doganale va equiparato a una sottrazione al controllo doganale. In entrambi i casi si privano le autorità doganali della possibilità di controllare la circolazione delle merci e, pertanto, di garantire il rispetto delle condizioni collegate al sistema di pagamento anticipato della restituzione all’esportazione.

63.      Secondo lo Hauptzollamt Hamburg-Stadt, così come l’obbligo di pagare i dazi doganali deriva dall’inosservanza delle condizioni necessarie per beneficiare del vantaggio consistente nell’applicazione del regime di deposito doganale (il che giustifica, pertanto, la riscossione dei dazi doganali), allo stesso modo non si può pretendere tale vantaggio in relazione all’IVA quando sia stata commessa una violazione dell’obbligo imposto dal regime di deposito doganale tale da compromettere i controlli delle autorità doganali.

64.      Il governo greco ha sostenuto, in merito alla prima questione sollevata nella causa C-226/14, che, muovendo da una lettura congiunta delle normative dell’Unione in materia di IVA e di regime doganale, in un caso come quello in esame l’obbligo di versare l’IVA discende dalla sesta direttiva.

65.      Per quanto concerne la seconda questione, secondo il governo greco le disposizioni della direttiva IVA relative all’importazione di beni e all’esigibilità del tributo all’importazione sono di necessaria applicazione. La tenuta irregolare della contabilità di magazzino comporta la nascita di un’obbligazione doganale senza che occorra alcuna valutazione da parte delle autorità sulla base delle specifiche circostanze del caso. Pertanto, la nascita dell’obbligazione doganale nelle circostanze ricorrenti nella fattispecie principale implica anche l’obbligazione tributaria, poiché l’IVA può essere richiesta al debitore dell’imposta e al titolare di tale obbligazione doganale (il depositante).

66.      Per quanto riguarda la terza questione, il governo greco afferma che spetta agli Stati membri individuare il debitore del dazio all’importazione e che, a suo parere, non si può considerare come unico debitore dell’imposta solo l’importatore dei beni, ma anche il titolare dell’obbligazione doganale sorta in forza del CDC.

67.      Quanto alla questione sollevata nella causa C-228/14, il governo greco sostiene che occorre stabilire, anzitutto, se gli inadempimenti non costituiscano una sottrazione delle merci alla vigilanza doganale per simulazione o negligenza dell’obbligato e se le relative formalità siano state espletate a posteriori. Poiché dalle circostanze del caso di specie emerge una violazione dell’articolo 859, paragrafo 2, lettere a) e c), del regolamento di applicazione, secondo il governo greco occorre esaminare se l’ufficio di destinazione possa garantire che le medesime merci abbiano ricevuto una destinazione doganale in seguito all’appuramento del regime di transito. Pertanto, tenuto conto, da un lato, delle disposizioni della direttiva IVA relative al fatto generatore e all’esigibilità dell’imposta e, dall’altro, della sentenza della Corte nella causa X (12), quando l’obbligazione doganale sorga ex articolo 204 del CDC si verifica anche il fatto generatore dell’IVA, che diviene immediatamente esigibile. I debitori dell’IVA sono i soggetti ai quali incombevano gli obblighi connessi al regime doganale di transito, vale a dire l’obbligato principale del regime di transito (articolo 96, paragrafo 1, del CDC) e la società di trasporti (articolo 96, paragrafo 2, del CDC), sebbene non possa detrarre l’IVA.

68.      La Commissione sostiene che occorre rispondere in senso affermativo alla prima questione nella causa C-226/14, tenuto conto delle differenze che intercorrono tra i dazi doganali e l’IVA all’importazione. Essa afferma che tali differenze hanno indotto la Corte a dichiarare che l’insorgenza dell’IVA e quella del dazio doganale devono sempre essere esaminate in maniera indipendente, potendo accadere che l’IVA sia dovuta in assenza di dazi doganali, e viceversa.

69.      La Commissione rileva che la condizione prevista dall’articolo 2, punto 2, della sesta direttiva è l’importazione di un bene. Atteso che i beni in regime di ammissione temporanea o in regime sospensivo non sono beni importati, l’IVA all’importazione è dovuta solo se i beni sono svincolati da detto regime. Nel caso di specie, le merci si trovavano in regime di deposito doganale nel momento in cui sono effettivamente uscite dal territorio doganale, cosicché esse sono sempre state in «regime sospensivo». Non vi sarebbe dunque stata importazione e, pertanto, non si potrebbe nemmeno applicare l’IVA all’importazione.

70.      Inoltre, sempre secondo la Commissione, il fatto che da un’inadempienza del depositario sorga un’obbligazione doganale in forza dell’articolo 204, paragrafo 1, lettera a), del CDC, non consente di dedurre che la merce sia stata importata, in quanto, diversamente che per le obbligazioni ai sensi degli articoli 202 e 203 del CDC, l’insorgenza dell’obbligazione ex articolo 204 del CDC non presuppone che i beni siano stati introdotti nel circuito economico dell’Unione. Nemmeno è possibile che il semplice rinvio da parte del diritto nazionale alla normativa doganale dell’Unione, come nel caso dell’articolo 21 dell’UStG, comporti un ampliamento della nozione di importazione.

71.      La Commissione ritiene quindi che non occorra rispondere alla seconda e alla terza questione sollevate nella causa C-226/14 e si limita ad osservare che, qualora la Corte fosse di diverso avviso, si dovrebbe rispondere alla seconda questione nel senso che gli Stati membri sono tenuti a riscuotere l’IVA all’importazione e non dispongono di alcun margine di discrezionalità. La terza questione andrebbe risolta, secondo la Commissione, dichiarando che gli Stati membri sono liberi di individuare il debitore dell’IVA all’importazione, ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 4, della sesta direttiva, purché rispettino i principi del sistema comunitario dell’IVA.

72.      Per quanto riguarda la causa C-228/14, la Commissione ritiene che ad essa possano essere trasposte globalmente le sue considerazioni relative alla prima questione sollevata nella causa C-226/14.

V –    Analisi

A –    Causa C-226/14

1.      Prima questione pregiudiziale

73.      Nell’ambito del procedimento nazionale che ha dato luogo alla causa C-226/14, il Finanzgericht Hamburg aveva già sollevato in precedenza una prima questione pregiudiziale (13), alla quale la Corte ha risposto dichiarando che l’articolo 204, paragrafo 1, lettera a), del CDC «deve essere interpretato nel senso che, in caso di merce non comunitaria, l’inadempienza dell’obbligo di iscrivere nella contabilità di magazzino all’uopo prevista l’uscita della merce da un deposito doganale, al più tardi al momento di tale uscita, fa sorgere un’obbligazione doganale per la suddetta merce, anche qualora quest’ultima sia stata riesportata» (14).

74.      Il Finanzgericht Hamburg chiede ora se, in base a quanto precede, «l’insorgenza di un’obbligazione doganale renda sempre automaticamente esigibile l’IVA all’importazione» (15).

75.      Come rilevato dall’avvocato generale Jääskinen nelle conclusioni relative alla (prima) causa Eurogate, tale questione pregiudiziale non aveva a oggetto «la questione del collegamento creato dalla normativa tedesca fra la riscossione di dazi doganali e l’imposizione dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione» (16). Il problema è rimasto insoluto in quel contesto (17), ma è chiaramente riapparso poco più tardi in occasione della causa X (18), in cui un giudice olandese chiedeva, inter alia, se l’articolo 7 della sesta direttiva dovesse essere interpretato «nel senso che l’IVA diviene esigibile qualora un’obbligazione doganale sorga esclusivamente in forza dell’articolo 204 del [CDC]».

76.      Nella sua risposta alla questione sollevata nella causa X (19), la Corte ha dichiarato che l’articolo 7 della sesta direttiva «deve essere interpretato nel senso che l’[IVA] è dovuta allorché le merci considerate sono svincolate dai regimi doganali previsti da tale articolo, anche se tale obbligazione doganale sia sorta esclusivamente in forza dell’articolo 204 del regolamento n. 2913/92, come modificato dal regolamento n. 648/2005» (20).

77.      Invitato a confermare se, alla luce di tale (seconda) pronuncia della Corte, intendesse insistere sulla sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il Finanzgericht Hamburg ha affermato che «non riesce (…) a evincere con chiarezza dalla sentenza pronunciata nella causa C-480/12 se una merce rientri già o non rientri più nei regimi di cui all’articolo 7, paragrafo 3, primo comma, della sesta direttiva, e debba di conseguenza essere considerata importata ai sensi della normativa in materia di IVA nel caso in cui un’obbligazione doganale sia sorta ai sensi dell’articolo 204 del codice doganale» (21).

78.      Il Finanzgericht Hamburg ritiene che, secondo la sesta direttiva, una merce non possa essere oggetto di importazione fintanto che è assoggettata a un regime doganale che beneficia dell’esenzione totale dai dazi all’importazione. Inoltre, a suo avviso, «una merce che – come nella presente fattispecie – non sia stata sottratta alla vigilanza doganale [può] ancora essere assoggettata a tale regime doganale qualora sia sorta medio tempore un’obbligazione doganale ai sensi dell’articolo 204 del [CDC] per inosservanza di uno degli obblighi previsti dal regime doganale de quo» (22).

79.      Tale approccio coincide, come rileva il medesimo Finanzgericht, con quello difeso dall’avvocato generale Jääskinen nelle conclusioni relative alla causa X (23), e aggiunge che è così che egli interpreta il fatto che in quell’occasione la Corte abbia lasciato al giudice nazionale il compito di accertare se, al momento della riesportazione, la merce controversa fosse uscita dai regimi di cui agli articoli 7, paragrafo 3, e 16, paragrafo 1, parte B, lettera a), della sesta direttiva (24).

80.      Vero è che, nel dispositivo della sentenza pronunciata nella causa X (25), la Corte ha dichiarato che l’articolo 7 della sesta direttiva deve essere interpretato nel senso che l’IVA è dovuta se le merci sono svincolate dai regimi doganali previsti da detta disposizione, «anche se tale obbligazione doganale sia sorta esclusivamente in forza dell’articolo 204 del [CDC]».

81.      Tuttavia, come ricordato dal Finanzgericht, il punto 54 della medesima sentenza precisa tale affermazione, sottolineando che il momento decisivo ai fini della constatazione dello svincolo dei suddetti regimi doganali è quello della «data della (…) riesportazione [delle merci]» (26). Tale precisazione mi sembra significativa, dato che, se la Corte ha considerato in quell’occasione che l’insorgenza dell’obbligazione doganale ex articolo 204 CDC equivale allo svincolo da un regime doganale – e implica quindi l’applicazione dell’IVA – è perché, come si evince dal punto 51 di detta sentenza, «[r]isulta (…) dall’articolo 866 del regolamento di applicazione che quando un’obbligazione doganale all’importazione sorge, in particolare, a norma degli articoli 203 o 204 del [CDC] e i dazi all’importazione sono stati pagati, tale merce è considerata comunitaria senza che sia necessaria una dichiarazione d’immissione in libera pratica».

82.      Concordo con la Commissione (27) che lo scopo dell’articolo 866 del regolamento di applicazione è trattare come merci comunitarie, ai sensi dell’articolo 4 del CDC, le merci che si trovano nel territorio doganale dell’Unione senza che siano state espletate le formalità necessarie per l’immissione in libera pratica. Fintanto che si trova nel territorio doganale dell’Unione, è possibile che tale tipo di merci (vale a dire quelle per le quali non siano soddisfatte le condizioni la cui inosservanza fa sorgere un’obbligazione doganale) (28) venga introdotto nel circuito economico dell’Unione senza avere ottenuto la «posizione doganale di merce comunitaria» menzionata all’articolo 79 del CDC. Tale posizione, secondo il medesimo articolo, è attribuita dall’«immissione in libera pratica», che «implica l’applicazione delle misure di politica commerciale, l’espletamento delle altre formalità previste per l’importazione di una merce, nonché l’applicazione dei dazi legalmente dovuti» (29).

83.      L’immissione in libera pratica è quindi la via comune o ordinaria per ottenere la posizione di merce comunitaria, ma non l’unica, dato che, proprio ai sensi dell’articolo 866 del regolamento di applicazione, è parimenti possibile conseguirla se ricorrono le due condizioni ivi previste: a) l’insorgenza di un’obbligazione doganale all’importazione secondo il disposto, per quanto qui rileva, dell’articolo 204 del CDC e b) il pagamento dei dazi all’importazione. Si tratta di due condizioni la cui realizzazione equivale all’«applicazione delle misure di politica commerciale, l’espletamento delle altre formalità previste per l’importazione di una merce, nonché l’applicazione dei dazi legalmente dovuti», vale a dire i requisiti per l’immissione in libera pratica prescritti dall’articolo 79, secondo comma, del CDC.

84.      Se, come credo, l’articolo 866 del regolamento di applicazione rappresenta in realtà uno specifico motivo di attribuzione della posizione di merce comunitaria equivalente all’immissione in libera pratica, il suo ambito di applicazione è limitato alle merci che si trovano nel territorio doganale dell’Unione e non riguarda le merci che sono state riesportate. Queste ultime, essendo uscite dal territorio doganale dell’Unione, non possono essere materialmente introdotte nel suo circuito economico, cosicché non è necessario che ottengano detta posizione per essere legittimamente inserite in tale circuito.

85.      Nel caso in esame, secondo le informazioni fornite dal giudice del rinvio, la merce controversa è sempre stata, fino alla data della riesportazione, in regime sospensivo (deposito doganale). La violazione commessa nella fattispecie – che ha comportato l’applicazione dell’articolo 204 del CDC, conformemente a quanto dichiarato dalla Corte nella prima sentenza Eurogate – (30) era di natura formale: la Eurogate non aveva iscritto entro i termini nella contabilità di magazzino il ritiro della merce dal deposito doganale. Il Finanzgericht afferma che non vi era alcun rischio di introduzione nel circuito economico dell’Unione, in quanto l’inadempimento dell’obbligo è stato accertato dopo che la merce era già stata riesportata.

86.      Pertanto, come ha parimenti osservato il giudice del rinvio rispondendo alla Corte in merito all’incidenza della sentenza X nel caso di specie (31), l’articolo 866 del regolamento di applicazione sarebbe irrilevante nel presente procedimento, in quanto la merce controversa, soggetta ininterrottamente a un regime sospensivo, ha determinato l’insorgenza di un’obbligazione doganale quando era già stata riesportata. Il pagamento dei dazi sorti da tale obbligazione non poteva sostituire il soddisfacimento delle condizioni necessarie per l’immissione di detta merce in libera pratica e la conseguente qualificazione come merce comunitaria, per la semplice ragione che, essendo stata riesportata, era impossibile riconoscerle tale posizione.

87.      Di conseguenza, poiché la merce controversa non era svincolata dal regime di deposito doganale alla data della sua riesportazione, non ricorre la condizione richiesta dalla Corte nella sentenza X (32) per affermare che vi sia stata un’«importazione» ai sensi dell’articolo 2, punto 2, della sesta direttiva. Infatti, la merce in questione è stata svincolata dal regime di deposito doganale a motivo della sua riesportazione, ma non a causa di un’obbligazione doganale ex articolo 204 del CDC il cui adempimento, trattandosi di merce ancora situata nel territorio doganale dell’Unione, potrebbe equivalere all’immissione in libera pratica e, pertanto, alla qualificazione come «merce comunitaria».

88.      In definitiva, sono del parere che la sentenza X, al di là dei termini letterali del suo dispositivo (33), debba essere intesa nel contesto delle specifiche circostanze indicate al punto 54 della stessa. Detto dispositivo deve quindi essere posto in relazione con lo svincolo dai regimi doganali che ha avuto luogo prima del momento in cui la merce è stata riesportata e come corollario, per l’appunto, dell’insorgenza di un’obbligazione doganale per effetto di una delle disposizioni menzionate all’articolo 866 del regolamento di applicazione.

89.      Tale interpretazione integrata del significato della sentenza X (34) è, a mio avviso, quella più adeguata e corretta rispetto alla logica dell’articolazione tra la sesta direttiva e il CDC.

90.      Secondo una giurisprudenza consolidata della Corte, «l’IVA all’importazione e i dazi doganali presentano caratteristiche essenziali comparabili, in quanto traggono origine dal fatto dell’importazione nell’Unione e della susseguente introduzione nel circuito economico degli Stati membri». Tale parallelismo «trova conferma nel fatto che l’articolo 71, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva IVA autorizza gli Stati membri a collegare il fatto generatore e l’esigibilità dell’IVA all’importazione a quelli dei dazi doganali» (35).

91.      Tuttavia, comparabile non vuol dire identico, sicché la Corte ritiene che l’insorgenza dell’obbligazione doganale e quella dell’IVA debbano essere esaminate separatamente. Non potrebbe essere altrimenti, tenuto conto della diversa natura dell’una e dell’altra, differenza che diviene più marcata quando l’obbligazione doganale non è sorta, in realtà, in conseguenza dell’introduzione nel territorio doganale di merci in regime normale, bensì dall’inosservanza di determinati requisiti o obblighi.

92.      Ai sensi dell’articolo 2, punto 2, della sesta direttiva, le importazioni di beni sono soggette all’IVA. L’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), della medesima direttiva stabilisce che è considerata «importazione di un bene» «l’entrata nella Comunità di un bene non rispondente alle condizioni di cui agli articoli [23 CE e 24 CE]».

93.      In linea di principio, e conformemente all’articolo 7, paragrafi 2 e 3, della sesta direttiva, l’ingresso materiale di un bene nel territorio dell’Unione non implica necessariamente la sua importazione ai fini dell’IVA. Sebbene tale bene si collochi, dal momento del suo ingresso materiale nell’Unione, e per quanto qui rileva, in regime di deposito doganale – vale a dire nel regime previsto dall’articolo 16, paragrafo 1, parte B, lettera c), della sesta direttiva –, l’importazione sotto il profilo dell’IVA avrà luogo solo dopo lo svincolo da tale regime, il che può accadere nel territorio di uno Stato membro diverso da quello in cui il bene è entrato materialmente nel territorio dell’Unione. Pertanto, il bene può circolare nell’Unione senza essere entrato nel suo territorio ai fini dell’IVA.

94.      L’assoggettamento del bene ad uno dei regimi di cui all’articolo 16, paragrafo 1, parte B, lettere a), b), c) e d), della sesta direttiva lo pone in una situazione tale da renderne impossibile l’ingresso nel circuito economico dell’Unione, al quale accedono solo le merci comunitarie, vale a dire, in conformità dell’articolo 4, punto 7, del CDC, essenzialmente le merci ottenute nel territorio doganale dell’Unione alle condizioni previste dall’articolo 23 del CDC o quelle importate dall’esterno del territorio doganale e immesse in libera pratica. In altri termini, per quanto riguarda queste ultime, le merci per le quali sono stati pagati i dazi e le imposte cui non sono soggette le merci rientranti in uno dei suddetti regimi.

95.      Se, come nel caso di specie, la merce in regime di deposito doganale è stata riesportata senza essere svincolata da detto regime, tale merce, pur essendo rimasta materialmente nel territorio dell’Unione, non è stata importata ai sensi della sesta direttiva (36) e non occorre assoggettarla all’IVA.

96.      Per contro, se la merce è stata svincolata da tale regime mentre si trovava ancora nel territorio dell’Unione, dovrebbe essere considerata, a tutti gli effetti, come merce importata e, pertanto, soggetta all’IVA. A tale proposito è irrilevante che lo svincolo sia dovuto al corretto appuramento di detto regime, attraverso il pagamento dei dazi dovuti, oppure all’inosservanza delle condizioni cui è soggetto (vale a dire se, come previsto dall’articolo 866 del regolamento di applicazione, ricorre una delle ipotesi di cui agli articoli da 202 a 205 del CDC).

97.      Quando l’obbligazione sorta per effetto degli articoli da 202 a 205 del CDC riguarda merci che sono già state riesportate, il fatto che esse siano uscite dal territorio dell’Unione non incide sull’obbligo di pagare i dazi doganali. A tale obbligazione doganale potrebbe anche aggiungersi l’esigibilità dell’IVA qualora si potesse ritenere, sulla base della specifica condotta illecita da cui è sorta detta obbligazione, che la merce sia entrata nel circuito economico dell’Unione e possa quindi essere stata oggetto di consumo, il quale è assoggettato all’IVA.

98.      Ciò si verificherebbe nei casi previsti dall’articolo 202, paragrafo 1, lettera a), del CDC (irregolare introduzione nel territorio doganale di una merce soggetta a dazi all’importazione) e dall’articolo 203, paragrafo 1, del CDC (sottrazione della merce al controllo doganale).

99.      Tuttavia, ciò non accade necessariamente nell’ipotesi di cui all’articolo 204 del CDC, che «concerne inadempimenti degli obblighi e inosservanze di modalità legate ai vari regimi doganali privi di effetti sul controllo doganale» (37). E neppure, pertanto, nel caso in esame, dato che, secondo il Finanzgericht Hamburg, la merce era rimasta in regime di deposito doganale fino al momento della sua riesportazione, senza entrare nel circuito economico degli Stati membri. Dovrà quindi essere assolta l’obbligazione doganale sorta dall’inadempimento degli obblighi di cui all’articolo 204 del CDC, ma non anche l’IVA, in quanto non opera la presunzione secondo cui la merce è stata oggetto di consumo nel territorio dell’Unione.

100. La Corte ha fatto ripetutamente riferimento al rischio di ingresso (o alla presunzione di ingresso) nel circuito economico degli Stati membri come fatto generatore delle obbligazioni doganali per inadempimento, e ha sottolineato che tali obbligazioni costituiscono per l’appunto un meccanismo di tutela di detto circuito economico (38). L’inosservanza degli obblighi e delle condizioni previsti dai vari regimi doganali può senz’altro comportare il rischio che le merci finiscano per essere integrate nel mercato interno ed entrino in concorrenza sleale con quelle dei produttori comunitari, oltre a provocare una perdita di gettito fiscale.

101. Se, come accade nel caso di specie, il giudice del rinvio esclude la possibilità che quel rischio sia esistito e che le merci siano entrate nel circuito economico degli Stati membri, non è facile comprendere quale sia la realtà economica in base alla quale si potrebbe applicare un’imposta indiretta al consumo come l’IVA, nonostante il fatto che l’obbligazione doganale derivante dall’inosservanza delle condizioni sia stata assolta.

102. Conseguentemente, propongo alla Corte di rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 7, paragrafo 3, della sesta direttiva deve essere interpretato nel senso che l’IVA è dovuta nel caso in cui, al momento di essere riesportate, le merci di cui trattasi, a causa di un’obbligazione doganale sorta per effetto dell’articolo 204 del CDC, sono svincolate dai regimi doganali previsti da tale disposizione, in circostanze che consentono di presumere l’ingresso di tali merci nel circuito economico dell’Unione.

2.      Seconda questione pregiudiziale

103. La risposta precedente priverebbe di oggetto le altre due questioni pregiudiziali sollevate dal Finanzgericht Hamburg nella causa C-226/14. Tuttavia, per il caso in cui la Corte giungesse a una diversa conclusione, le esaminerò in via subordinata.

104. Nell’ipotesi in cui la prima questione riceva una risposta negativa, il Finanzgericht intende sapere se, date le circostanze della fattispecie oggetto del procedimento principale, la sesta direttiva imponga la riscossione dell’IVA all’importazione o, al contrario, gli Stati membri dispongano a tale riguardo di un margine di discrezionalità.

105. Tanto le parti del procedimento principale quanto il governo greco e la Commissione concordano nel ritenere che si debba rispondere alla questione in senso negativo, in quanto l’articolo 7 della sesta direttiva enuncia una regola esaustiva e definitiva.

106. A mio avviso, non si può che condividere tale argomento. Infatti, l’«importazione di beni» come fatto generatore dell’IVA e la sua definizione nei termini dell’articolo 7 della sesta direttiva sono questioni già risolte definitivamente e in maniera esaustiva dalla sesta direttiva e devono essere oggetto di un’interpretazione autonoma nel diritto dell’Unione. Diversamente, l’esistenza di differenze tra gli Stati membri in ordine al fatto generatore dell’imposta comprometterebbe il conseguimento dell’obiettivo di detta direttiva. Come rammentato dalla Commissione (39), tale obiettivo consiste nella realizzazione di un mercato comune che presenti le caratteristiche di un vero mercato interno – secondo quanto enunciato dal quarto considerando della sesta direttiva –, in cui l’armonizzazione della base imponibile consenta che «l’applicazione alle operazioni imponibili dell’aliquota comunitaria conduca a risultati comparabili in tutti gli Stati membri» (40).

107. Pertanto, se, in applicazione dell’articolo 7, paragrafo 3, della sesta direttiva, l’insorgenza di un’obbligazione doganale in forza dell’articolo 204 del CDC dovesse comportare quella dell’IVA, gli Stati membri non disporrebbero di un margine di discrezionalità per stabilire il contrario.

108. Di conseguenza, suggerisco alla Corte, in via subordinata, di rispondere alla seconda questione pregiudiziale dichiarando che gli Stati membri non dispongono di un margine di discrezionalità riguardo alla riscossione dell’IVA dovuta sull’importazione di beni.

3.      Terza questione pregiudiziale

109. Parimenti in via subordinata mi pronuncerò sulla terza questione sollevata dal Finanzgericht Hamburg, vale a dire se, in una situazione come quella oggetto del procedimento principale, in cui l’imposizione dell’IVA consegue all’insorgenza di un’obbligazione doganale in forza del combinato disposto dell’articolo 10, paragrafo 3, secondo comma, della sesta direttiva e dell’articolo 204 del CDC, il debitore dell’IVA sia il depositario che immagazzina la merce in un deposito doganale, anche nel caso in cui non abbia potere dispositivo sulla stessa e non la utilizzi ai fini di proprie operazioni imponibili, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 2, lettera a), della sesta direttiva.

110. Tutte le parti sono concordi nel premettere che l’articolo 21, paragrafo 4, della sesta direttiva conferisce agli Stati membri la facoltà di individuare il debitore dell’IVA nelle operazioni di importazione. Ciò posto, secondo il governo greco nulla impone che l’unico debitore dell’IVA sia l’importatore dei beni, potendo accadere che il titolare dell’obbligazione doganale sorta a seguito di un inadempimento del CDC possa anch’esso assumere la qualità di debitore dell’IVA.

111. La Eurogate esclude questa seconda possibilità poiché, a suo avviso, vi osterebbe il fatto che il depositario, quando agisce esclusivamente come prestatore di servizi, non ha diritto a detrarre l’IVA dovuta, a differenza del depositario dotato di potere dispositivo sulla merce, il che comporterebbe una disparità di trattamento ingiustificata.

112. L’articolo 21, paragrafo 4, della sesta direttiva dispone inequivocabilmente che l’imposta sul valore aggiunto è dovuta all’importazione «dalle persone designate o riconosciute come debitori dell’imposta dallo Stato membro di importazione». È vero che se, conformemente al diritto tedesco, la persona designata o riconosciuta come importatore fosse la Eurogate – circostanza che spetta al giudice nazionale accertare –, tale società non potrebbe pretendere di detrarre l’IVA, dato che l’articolo 17, paragrafo 2, della sesta direttiva prevede solo la detrazione dell’imposta dovuta sui «beni e servizi [che] sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta».

113. La Corte si è pronunciata recentemente (25 giugno 2015) su un problema analogo a quello sollevato nel presente procedimento, dichiarando che l’articolo 168, lettera e), della direttiva IVA, equivalente all’articolo 17, paragrafo 2, della sesta direttiva, «deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa nazionale che escluda la detrazione dell’IVA all’importazione gravante sul trasportatore che non è né l’importatore né il proprietario delle merci di cui trattasi, ma che ne ha soltanto assicurato il trasporto e il trattamento doganale nell’ambito della sua attività di trasportatore di merci soggetto all’IVA» (41).

114. Dalla sentenza della Corte del 25 giugno 2015 si possono trarre due conseguenze. La prima è che nulla osta a che la legislazione di uno Stato membro (nella fattispecie la Germania) designi il trasportatore quale soggetto tenuto al pagamento dell’IVA all’importazione. La seconda è che non vi sono neppure obiezioni a che, in tali casi, il trasportatore delle merci importate non possa detrarre gli importi dovuti a titolo di IVA.

115. Si può quindi affermare che, in tali circostanze, la libertà degli Stati membri di designare il depositario delle merci quale debitore dell’IVA all’importazione non è limitata dal fatto che il soggetto designato non possa detrarre l’imposta dovuta.

B –    Causa C-228/14

116. La questione pregiudiziale sollevata nella causa C-228/14 riguarda parimenti l’insorgenza di un’obbligazione doganale all’importazione ex articolo 204 del CDC. Tuttavia, non si tratta della violazione degli obblighi connessi al deposito doganale, bensì dell’inadempimento degli obblighi del regime di transito esterno disciplinato dagli articoli da 91 a 97 del CDC. Peraltro, al caso di specie non è applicabile ratione temporis la sesta direttiva, bensì la direttiva IVA.

117. Il Finanzgericht Hamburg desidera sapere, in particolare, se, nel caso di beni riesportati come merce non comunitaria sotto vigilanza doganale, per i quali sia tuttavia sorta un’obbligazione doganale a causa della violazione di un obbligo previsto dall’articolo 204 del CDC, l’articolo 236, paragrafo 1, del CDC, in combinato disposto con le disposizioni della direttiva IVA, debba essere interpretato nel senso che l’IVA non è dovuta qualora l’obbligazione doganale incomba a un soggetto che non aveva potere dispositivo sui beni.

118. Concordo con la Commissione che si può rispondere a tale questione trasponendo le considerazioni esposte nell’analisi della causa C-226/14 (42).

119. Infatti, analogamente a detta causa, quella in esame riguarda merci che sono state riesportate senza essere uscite da un regime sospensivo (nella fattispecie, il transito esterno). Pertanto, le considerazioni svolte nei paragrafi da 98 a 115 delle presenti conclusioni mi inducono a sostenere che in realtà non vi sia stata importazione e che, pertanto, l’IVA all’importazione non sia dovuta.

120. Qualora la Corte non condividesse tale tesi, ritengo che quanto esposto in ordine alla terza questione nella causa C-226/14 (43) condurrebbe a dichiarare che il debitore dell’IVA all’importazione può essere un trasportatore privo di potere dispositivo sulle merci.

VI – Conclusione

121. Alla luce delle considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di rispondere come segue alle questioni pregiudiziali sollevate:

In via principale:

1)      L’articolo 7, paragrafo 3, della sesta direttiva e l’articolo 61 della direttiva IVA devono essere interpretati nel senso che l’IVA è dovuta nel caso in cui, al momento di essere riesportate, le merci di cui trattasi, a causa di un’obbligazione doganale sorta per effetto dell’articolo 204 del codice doganale comunitario, sono svincolate dai regimi doganali previsti da tale disposizione, in circostanze che consentono di presumere l’ingresso di tali merci nel circuito economico dell’Unione.

In subordine:

2)      Gli Stati membri non dispongono di un margine di discrezionalità ai fini della riscossione dell’IVA in caso di insorgenza di un’obbligazione doganale in forza dell’articolo 204 del codice doganale comunitario.

3)      Nell’ipotesi in cui l’IVA sia dovuta nelle presenti fattispecie, il depositario o il trasportatore possono essere debitori di detta imposta, conformemente alla normativa nazionale, anche qualora siano privi di potere dispositivo sulle merci e non possano detrarre gli importi versati a titolo dell’IVA.


1 –      Lingua originale: lo spagnolo.


2 –      Regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario [in prosieguo: il «CDC»] (GU L 302, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) n. 648/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 aprile 2005 (GU L 117, pag. 13).


3 –      C-480/12, EU:C:2014:329.


4 –      Direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1), nella versione modificata dalla direttiva 2004/66/CE del Consiglio, del 26 aprile 2004 (GU L 168, pag. 35).


5 –      C-480/12, EU:C:2014:329.


6 –      C-480/12, EU:C:2014:329.


7 –      Regolamento della Commissione, del 2 luglio 1993, che fissa talune disposizioni d’applicazione del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio che istituisce il codice doganale comunitario (in prosieguo: il «regolamento di applicazione») (GU L 253, pag. 1), modificato dal regolamento (CEE) n. 402/2006 della Commissione, dell’8 marzo 2006 (GU L 70, pag. 35).


8 –      Direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU L 347, pag. 1).


9 –      BGBl. 2005 I, pag. 386.


10 –      C-28/11, EU:C:2012:533.


11 –      C-480/12, EU:C:2014:329.


12 –      C-480/12, EU:C:2014:329.


13 –      Causa che ha dato origine alla sentenza Eurogate, C-28/11, EU:C:2012:533.


14 –      Sentenza Eurogate, C-28/11, EU:C:2012:533 punto 35 e dispositivo.


15 –      Ordinanza di rinvio nella causa C-226/14 [II. 3. b) (1) (b)].


16 –      Conclusioni nella causa Eurogate, C-28/11, EU:C:2012:131, paragrafo 45.


17 –      Tuttavia, l’avvocato generale Jääskinen ha affermato che «gli interrogativi sollevati dalla Commissione sulla conformità di detto legame con il diritto dell’Unione in materia di imposta sul valore aggiunto non (…) sembrano privi di pertinenza» (ibidem).


18 –      C-480/12, EU:C:2014:329.


19 –      C-480/12, EU:C:2014:329.


20 –      C-480/12, EU:C:2014:329, punto 2 del dispositivo.


21 –      Punto 1, secondo paragrafo, della lettera inviata dal Finanzgericht alla Corte il 3 ottobre 2014.


22 –      Ibidem.


23 –      C-480/12, EU:C:2014:84, paragrafo 66.


24 –      Sentenza X, C-480/12, EU:C:2014:329, punto 54.


25 –      C-480/12, EU:C:2014:329.


26 –      Il menzionato punto 54 della sentenza riporta testualmente: «Tuttavia, nell’ipotesi in cui siffatta merce fosse già svincolata da tali regimi alla data della sua riesportazione a motivo del sorgere di un’obbligazione doganale, circostanza che è compito del giudice del rinvio verificare, si dovrebbe considerare che essa sia stata oggetto di un’“importazione” ai sensi dell’articolo 2, punto 2, della sesta direttiva».


27 –      Punto 76 delle sue osservazioni scritte.


28 –      In conseguenza dei comportamenti tipizzati agli articoli da 202 a 205 del CDC.


29 –      Articolo 79, secondo comma, del CDC.


30 –      C-28/11, EU:C:2012:533.


31 –      Punto 2 delle osservazioni del Finanzgericht pervenute alla Corte il 3 ottobre 2014.


32 –      C-480/12, EU:C:2014:329, punto 54.


33 –      C-480/12, EU:C:2014:329.


34 –      C-480/12, EU:C:2014:329.


35 –      Sentenza Harry Winston, C-273/12, EU:C:2013:466, punto 41, che richiama le sentenze Witzemann, C-343/89, EU:C:1999:445, punto 18, e Dansk Transport og Logistik, C-230/08, EU:C:2010:231, punti 90 e 91.


36 –      V., in tal senso, sentenza Profitube, C-165/11, EU:2012:692, punto 46.


37 –      Sentenza X, C-480/12, EU:C:2014:329, punto 31, che richiama la sentenza Hamann International, C-337/01, EU:C:2004:90, punto 28.


38 –      V., ad esempio, sentenze Harry Winston, C-273/12, EU:C:2013:466, punto 31, e Dansk Transport og Logistik, C-230/08, EU:C:2010:231, punto 52.


39 –      Punto 72 delle sue osservazioni scritte.


40 –      Nono considerando della sesta direttiva.


41 –      Sentenza C-187/14, DSV Road, EU:C:2015:421, punto 51. L’impresa DSV, che fornisce servizi di trasporto e logistica, aveva avviato due regimi di transito comunitario esterno al termine dei quali le era stato chiesto sia il pagamento dei dazi doganali (in forza dell’articolo 203 del CDC e, in subordine, conformemente all’articolo 304 di detto codice) sia dell’IVA all’importazione, mentre le era stato negato il diritto a detrarre tale imposta.


42 –      Punti da 89 a 95 delle sue osservazioni scritte.


43 –      V. supra, paragrafi da 112 a 114.