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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MACIEJ SZPUNAR

presentate il 26 novembre 2015 (1)

Causa C-522/14

Sparkasse Allgäu

contro

Finanzamt Kempten

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesgerichtshof (Germania)]

«Libertà di stabilimento – Normativa di uno Stato membro che obbliga le banche ad informare le autorità fiscali sui patrimoni di clienti defunti, per finalità connesse alla riscossione dell’imposta di successione – Applicazione di detta normativa alle succursali stabilite in un altro Stato membro in cui il segreto bancario impedisce la comunicazione di tali informazioni»





 Introduzione

1.        La libertà di stabilimento, una delle libertà fondamentali del mercato unico, consente, tra l’altro, alle società con sede in uno degli Stati membri di stabilire una succursale in un altro Stato membro. Tale forma di esercizio dell’attività economica transfrontaliera ha sicuramente molti vantaggi dal punto di vista degli imprenditori e dei loro clienti. Allo stesso tempo, essa dà luogo alle difficoltà che derivano dal fatto che una succursale estera è soggetta alle legislazioni di due Stati membri, dello Stato d’origine e dello Stato ospitante. Le differenze tra tali due sistemi giuridici possono diventare fonte di restrizioni all’esercizio della suddetta libertà.

2.        È esattamente questa la situazione che ci occupa nella presente causa. Le contrastanti normative, tedesca ed austriaca, rendono difficile, o addirittura impossibile, l’esercizio dell’attività bancaria transfrontaliera sotto forma di succursale. La Corte si trova, quindi, di fronte alla domanda se una siffatta situazione debba essere considerata come una normale conseguenza della mancanza di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri, o come una restrizione all’esercizio della libertà di stabilimento, che può essere imputata allo Stato membro e che tale Stato è, quindi, obbligato a rimuovere.

 Contesto normativo

 Il diritto dell’Unione

3.        La presente causa rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 49 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 54 TFUE (libertà di stabilimento).

4.        Relativamente al settore bancario le modalità di esercizio della libertà di stabilimento sono state specificate dalle disposizioni della direttiva 2006/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativa all’accesso all’attività degli enti creditizi ed al suo esercizio (2). In particolare, gli articoli 16, 23, 26, paragrafo 1 e 31 della direttiva 2006/48, dispongono quanto segue:

«Articolo 16

Gli Stati membri ospitanti non possono esigere l’autorizzazione né il fondo di dotazione per le succursali di enti creditizi già autorizzati in altri Stati membri. (…)

(…)

Articolo 23

Gli Stati membri prevedono che le attività figuranti nell’elenco di cui all’allegato I possano essere esercitate nel loro territorio secondo le disposizioni dell’articolo 25, dell’articolo 26, paragrafi da 1 a 3, dell’articolo 28, paragrafi 1 e 2 e degli articoli da 29 a 37, tramite lo stabilimento di una succursale o mediante prestazioni di servizi, da parte di tutti gli enti creditizi autorizzati e controllati dalle autorità competenti di un altro Stato membro, sempre che tali attività siano coperte dall’autorizzazione.

(…)

Articolo 26

1.      Prima che la succursale dell’ente creditizio avvii le attività, l’autorità competente dello Stato membro ospitante dispone di un periodo (…) per predisporre la vigilanza sull’ente creditizio (…) e per indicare, se del caso, le condizioni alle quali, per motivi d’interesse generale, tali attività sono esercitate nello Stato membro ospitante.

(…)

Articolo 31

Gli articoli 29 e 30 lasciano impregiudicata la facoltà dello Stato membro ospitante di prendere le opportune misure per prevenire o reprimere le irregolarità commesse nel suo territorio, che sono contrarie alle disposizioni di legge da esso adottate per motivi di interesse generale. Ciò comporta la possibilità di impedire all’ente creditizio in questione di avviare nuove operazioni nel suo territorio».

 Il diritto tedesco

5.        Ai sensi dell’articolo 33, paragrafo 1, della legge relativa all’imposta sulle successioni e donazioni (Erbschaftsteuer- und Schenkungsteuergesetz; in prosieguo: l’«ErbStG») chiunque, a titolo professionale, si occupi della custodia o della gestione di patrimoni di terzi deve comunicare all’amministrazione tributaria competente in materia di imposte sulle successioni e donazioni i beni ed i crediti che, all’atto del decesso del de cuius, rientravano nel patrimonio di quest’ultimo.

 Il diritto austriaco

6.        Ai sensi dell’articolo 9, paragrafi 1 e 7, della legge bancaria (Bankwesengesetz; in prosieguo: la «BWG») le succursali degli istituti di credito con sede in altri Stati membri possono svolgere l’attività nel territorio della Repubblica d’Austria, ma sono obbligate a rispettare una serie di disposizioni del diritto austriaco, compreso l’articolo 38 del BWG.

7.        Tale ultima disposizione istituisce il cosiddetto segreto bancario. Conformemente ad essa gli istituti di credito, i loro azionisti, i membri dei loro organi di gestione, i dipendenti ed altre persone che operano per conto di esse non possono diffondere o utilizzare informazioni che sono state loro comunicate o cui hanno accesso in ragione dei rapporti con i clienti. Il paragrafo 2, dell’articolo 38 del BWG elenca le deroghe al segreto bancario, tra cui non figura un obbligo, analogo a quello previsto dal diritto tedesco, di informare le autorità fiscali.

8.        All’articolo 101 del BWG è prevista una sanzione penale per la violazione del segreto bancario.

 Contesto fattuale, svolgimento del procedimento e questione pregiudiziale

9.        La Sparkasse Allgäu è un ente creditizio ai sensi della direttiva 2006/48, che opera sulla base di un’autorizzazione concessa nella Repubblica federale di Germania. Esso gestisce, tra l’altro, una succursale in Austria.

10.      Il 25 settembre 2008 il Finanzamt Kempten (ufficio imposte di Kempten, autorità fiscale tedesca competente) ha chiesto alla Sparkasse Allgäu di comunicare le informazioni richieste ai sensi dell’articolo 33 dell’ErbStG, per il periodo a partire dal 1° gennaio 2001, relativamente ai clienti della sua succursale austriaca, residenti in Germania.

11.      La Sparkasse Allgäu ha proposto avverso tale decisione un’impugnazione, che è stata respinta, così come il suo ricorso al giudice di primo grado. Di conseguenza, la ricorrente nel procedimento principale ha proposto ricorso per cassazione al giudice del rinvio.

12.      Il suddetto giudice ha sollevato dubbi in merito al fatto che la ricorrente nel procedimento principale possa utilmente contestare la summenzionata decisione, richiamandosi all’articolo 49 TFUE. Alla luce di tali circostanze, detto giudice ha deciso di sospendere il procedimento e sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se la libertà di stabilimento [articolo 49 TFUE, già articolo 43 CE] osti alla normativa di uno Stato membro in base alla quale un istituto di credito con sede sul territorio nazionale deve, in caso di decesso di un de cuius residente, denunciare all’amministrazione tributaria competente sul territorio nazionale per la liquidazione dell’imposta di successione anche i beni del de cuius che tale istituto custodisce o amministra in una succursale non indipendente dell’istituto di credito in un altro Stato membro, quando in quest’ultimo Stato non sussiste un analogo obbligo di denuncia e gli istituti di credito sono ivi soggetti a segreto bancario penalmente sanzionato».

13.      La domanda di pronuncia pregiudiziale è pervenuta alla Corte il 19 novembre 2014. Osservazioni scritte sono state presentate dalle parti nel procedimento principale, dai governi tedesco, greco e polacco nonché dalla Commissione europea. Ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la Corte ha deciso di non tenere l’udienza di discussione.

 Analisi

14.      Secondo il giudice del rinvio, la richiesta di comunicazione delle informazioni rivolta dal Finanzamt Kempten alla Sparkasse Allgäu è conforme al diritto tedesco. La succursale estera della suddetta banca non ha personalità giuridica propria e quindi è soggetta alla normativa tedesca, così come lo sono la sede centrale della banca e le sue succursali in Germania. Dall’altro lato, però, le autorità austriache avevano indicato, ai sensi dell’articolo 26, paragrafo 1, della direttiva 2006/48, che le disposizioni della propria normativa in materia di segreto bancario rientrano tra quelle alla cui osservanza sono tenute le succursali di enti creditizi di altri Stati membri svolgenti attività in Austria. In questo modo la Sparkasse Allgäu si trova di fronte ad un conflitto tra due obblighi contrastanti, situazione che le sta rendendo difficoltoso, o addirittura impossibile, lo svolgimento dell’attività in Austria, e quindi l’esercizio della libertà di stabilimento.

15.      È necessario quindi valutare se nel caso che ci occupa si è in presenza di una restrizione contraria all’articolo 49 TFUE e se tale restrizione derivi soltanto dal concorso delle legislazioni di due Stati membri, o se la stessa possa essere imputata ad uno degli Stati in questione. Nel caso in cui venisse accertato che la predetta restrizione sussiste veramente, sarà necessario esaminare se essa sia giustificata da motivi imperativi di interesse generale. Inizierò, tuttavia, chiarendo un dubbio fattuale sollevato dalla convenuta nel procedimento principale e dal governo tedesco nelle loro osservazioni nella presente causa.

 Considerazione preliminare

16.      Il Finanzamt Kempten ed il governo tedesco, nelle loro osservazioni, mettono in dubbio l’affermazione della Sparkasse Allgäu, secondo la quale il diritto austriaco le avrebbe impedito di adempiere l’obbligo di comunicazione delle informazioni ai sensi dell’articolo 33 dell’ErbStG, e che un eventuale assolvimento di detto obbligo avrebbe potuto esporla alla responsabilità penale. A loro avviso, in primo luogo, il diritto austriaco prevede la possibilità di fornire le informazioni con il consenso del cliente, e, in secondo luogo, la sanzione penale è prevista soltanto nelle ipotesi di violazione del segreto bancario per procurare a sé o ad un’altra persona un vantaggio patrimoniale, condizione che non si verifica nel caso di trasmissione delle informazioni alle autorità fiscali.

17.      Nel sottoporre la domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio muove tuttavia chiaramente dall’assunto secondo il quale la Sparkasse Allgäu non sarebbe in grado di rispettare, contemporaneamente, la normativa tedesca e quella austriaca. Trattasi, a mio parere, di un presupposto ragionevole. In primo luogo, per quanto riguarda un eventuale consenso del cliente, è necessario richiamare l’attenzione sul fatto che le informazioni la cui comunicazione è richiesta in base all’articolo 33 dell’ErbStG riguardano persone defunte, le quali, per forza di cose, tale consenso non possono manifestare. Da parte sua, la Sparkasse Allgäu non può richiedere siffatto consenso in anticipo ai propri clienti e subordinare la prestazione dei servizi nella propria succursale austriaca alla manifestazione dello stesso, in quanto ciò renderebbe la normativa austriaca sul segreto bancario priva di contenuto. In secondo luogo, per quanto riguarda le possibili sanzioni alle quali sarebbe esposta la Sparkasse Allgäu in caso di violazione del segreto bancario, è sufficiente rilevare, senza operare un’interpretazione dettagliata delle disposizioni penali austriache, che il divieto di diffondere le informazioni contenuto nell’articolo 38, paragrafo 1, del BWG è formulato in modo categorico e, fatte salve le eccezioni di cui al paragrafo 2 di tale disposizione, incondizionato. Orbene, conformemente all’articolo 31 della direttiva 2006/48, gli Stati membri hanno la facoltà di adottare le opportune misure volte a prevenire che, nel loro territorio, le succursali di enti creditizi esteri svolgano attività in violazione delle disposizioni alla cui osservanza tali succursali sono tenute, compresa la facoltà di imporre un eventuale divieto di esercizio delle predette attività.

18.      Alla luce delle conclusioni del giudice del rinvio, la Sparkasse Allgäu non è, quindi, in grado di svolgere l’attività sotto forma di succursale nel territorio austriaco conformandosi, contemporaneamente, alle disposizioni del diritto tedesco sull’obbligo di trasmissione delle informazioni di cui all’articolo 33 dell’ErbStG e a quelle del diritto austriaco in materia di segreto bancario.

 Sulla questione relativa alla sussistenza di una restrizione alla libertà di stabilimento

 Libertà di stabilimento e sue restrizioni nel settore bancario

19.      Gli enti creditizi che operano sulla base di un’autorizzazione rilasciata in uno degli Stati membri, come la Sparkasse Allgäu, sono società ai sensi dell’articolo 54, secondo comma, TFUE, e, quindi, godono della libertà di stabilimento di cui all’articolo 54, primo comma, TFUE.

20.      La libertà di stabilimento comprende, tra l’altro, ai sensi dell’articolo 49, primo comma, TFUE, il diritto di costituire agenzie, succursali e società controllate nel territorio degli Stati membri diversi dallo Stato in cui ha sede o la residenza il soggetto interessato (3). Per quanto riguarda il settore bancario, l’esercizio di siffatta libertà tramite lo stabilimento di succursali è regolato solo parzialmente dalla direttiva 2006/48. Nell’ambito non disciplinato dalle disposizioni della citata direttiva devono, quindi, essere applicati i principi generali in materia di libertà di stabilimento.

21.      Secondo una giurisprudenza costante, anche se le disposizioni del Trattato FUE relative alla libertà di stabilimento mirano ad assicurare il beneficio della disciplina nazionale dello Stato membro di stabilimento, esse ostano parimenti a che lo Stato membro d’origine ostacoli lo stabilimento in un altro Stato membro di un proprio cittadino o di una società costituita conformemente alla propria legislazione (4).

22.      Inoltre, la Corte ha ritenuto che devono essere considerati come restrizioni alla libertà di stabilimento tutti i provvedimenti che vietano, ostacolano o rendono meno attraente l’esercizio di tale libertà, pur se applicabili senza discriminazioni in base alla nazionalità (5).

23.      L’elemento di discriminazione non rappresenta quindi un presupposto necessario per la sussistenza di una restrizione alla libertà di stabilimento (6). Lo stesso vale per le restrizioni risultanti dalle disposizioni dello Stato d’origine. È irrilevante il fatto che esse siano applicabili anche alle attività di un soggetto svolte nello Stato d’origine, se, al contempo, ostacolino o impediscano al soggetto in parola l’esercizio dell’attività in altri Stati membri e quindi la libertà di stabilimento (7).

24.      Ai sensi dell’articolo 49, primo comma, seconda frase, TFUE, l’esercizio della libertà di stabilimento comprende, tra l’altro, la scelta della forma giuridica in cui il soggetto interessato intende esercitare l’attività economica nello Stato membro di stabilimento (agenzia, succursale, società controllata). Le disposizioni nazionali che limitano tale scelta o che condizionano la scelta di una delle forme giuridiche piuttosto che di un’altra, costituiscono, pertanto, una restrizione alla libertà di stabilimento (8).

25.      La libertà di scegliere una forma giuridica nella quale il soggetto interessato eserciterà l’attività in un altro Stato membro è particolarmente importante nel settore bancario. Conformemente, infatti, alle disposizioni della direttiva 2006/48 (ed attualmente della direttiva 2013/36) lo stabilimento, da parte di un ente creditizio, operante sulla base di un’autorizzazione rilasciata in uno degli Stati membri, di una succursale in un altro Stato membro, richiede l’adempimento di formalità amministrative solo minime (9). Per quanto riguarda le succursali di enti creditizi di altri Stati membri si applica, infatti, il principio del reciproco riconoscimento delle autorizzazioni (10). Invece, l’accesso ad un’attività sotto forma di società controllata, e quindi come impresa giuridicamente autonoma, presuppone l’ottenimento di un’autorizzazione nello Stato membro in cui siffatta attività verrà svolta nonché il rispetto dei requisiti relativi al capitale iniziale ed alle qualifiche dei dirigenti responsabili come anche dei suoi azionisti o soci (11). Non a caso, la direttiva 2006/48 considera l’apertura di una succursale quale forma principale dell’esercizio della libertà di stabilimento da parte degli enti creditizi (12).

26.      L’avvio, da parte di un istituto di credito, in un altro Stato membro, di un’attività sotto forma di società controllata rappresenta, pertanto, un progetto economico di rilevanza completamente diversa rispetto a quello di aprirvi una succursale. Ciò, infatti, richiede sforzi organizzativi incomparabilmente maggiori e spese finanziarie considerevolmente più elevate. La costituzione di una società controllata, che di solito è un’impresa autonoma, non solo sotto il profilo giuridico, ma anche finanziario ed organizzativo, richiede inoltre un’adeguata ampiezza dell’attività tale da consentire all’impresa in questione di funzionare nel suddetto modo economicamente indipendente. Invece la succursale, che svolge l’attività servendosi dell’apparato della sede centrale situata nello Stato d’origine, può operare su una scala molto più ridotta ed in un’area delimitata del mercato dello Stato ospitante, ad esempio, esclusivamente nelle regioni di confine.

27.      Ciò significa che, in molti casi in cui lo stabilimento di una succursale in un altro Stato membro avrebbe senso economico, la costituzione di una controllata potrebbe rivelarsi non redditizia. In altre parole, il soggetto interessato che non avrà la possibilità di stabilire in un altro Stato membro una succursale può anche rinunciare del tutto all’avvio di un’attività in quel luogo. Di conseguenza, la restrizione della scelta di una forma giuridica, in particolare gli ostacoli all’istituzione di una succursale, costituisce, nel settore bancario, una restrizione alla libertà di stabilimento di portata decisamente maggiore rispetto ai settori meno regolamentati. In casi estremi, impedire l’insediamento di una succursale significa quindi rendere meno attraente, in modo sostanziale, l’esercizio della libertà di stabilimento in generale, e quindi violare l’essenza stessa della libertà in parola.

 L’obbligo di informazione derivante dall’articolo 33 dell’ErbStG quale restrizione alla libertà di stabilimento

–       Violazione del principio del trattamento nazionale

28.      Conformemente al tenore dell’articolo 49, secondo comma, TFUE, «la libertà di stabilimento importa l’accesso alle attività autonome e al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese (…) alle condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini» (13). In altre parole, il soggetto che esercita la libertà di stabilimento deve avere la possibilità di competere, alle stesse condizioni, con i soggetti locali (14). Ciò implica, innanzitutto, il divieto di discriminazione, diretta o indiretta, nel paese di stabilimento dei soggetti provenienti da altri Stati membri.

29.      Come ho, tuttavia, indicato al paragrafo 21 delle presenti conclusioni, il divieto di restrizioni alla libertà di stabilimento non si riferisce soltanto allo Stato ospitante, ma anche allo Stato d’origine. Ciò significa che anche il paese di provenienza deve provvedere affinché i soggetti aventi sede nel suo territorio possano esercitare l’attività in altri Stati membri alle stesse condizioni di cui godono i soggetti locali.

30.      Mentre, quindi, le questioni relative all’organizzazione di un soggetto economico, alla sua registrazione o anche all’autorizzazione per l’esercizio di un’attività possono essere soggette al diritto dello Stato d’origine, le mere condizioni per la prestazione dei servizi, e quindi i rapporti di tale soggetto con i clienti, dovrebbero, viceversa, soggiacere alla normativa dello Stato ospitante, come avviene nel caso di soggetti nazionali. Per contro, ogni ulteriore onere amministrativo, connesso a una responsabilità per il suo assolvimento (15), imposto in forza del diritto dello Stato d’origine a coloro che esercitano la libertà di stabilimento, colloca tali soggetti in una situazione di mercato più svantaggiosa rispetto ai soggetti nazionali.

31.      A mio parere, l’obbligo di informazione derivante dall’articolo 33 dell’ErbStG ostacola e rende meno attraente l’esercizio da parte degli istituti di credito tedeschi della libertà di stabilimento mediante la costituzione di una succursale, e quindi nella forma principale prevista dalla direttiva 2006/48.

32.      Peraltro, è irrilevante, come ha in particolare sottolineato nelle proprie osservazioni il governo tedesco, che l’obbligo in questione si riferisca senza discriminazioni sia alle succursali delle banche tedesche costituite e operanti nel territorio della Germania, che alle succursali di tali banche in altri Stati membri. Conformemente alla giurisprudenza della Corte, infatti, il criterio di discriminazione non è determinante ai fini della valutazione della sussistenza di una restrizione alla libertà di stabilimento (16).

–       Violazione della libertà di scelta della forma giuridica di un’attività

33.      L’obbligo di comunicazione delle informazioni risultante dall’articolo 33 dell’ErbStG ricomprende le succursali di istituti di credito tedeschi in altri Stati membri. Come emerge dalle spiegazioni contenute nella domanda di pronuncia pregiudiziale, ciò è dovuto al fatto che la normativa tedesca estende alle succursali in parola l’obbligo gravante sugli enti creditizi operanti in Germania. A contrario, siffatto obbligo non riguarda quindi le società controllate costituite in altri Stati membri da istituti di credito tedeschi.

34.      La succursale di una banca tedesca stabilita in un altro Stato membro si trova, pertanto, in ragione dell’obbligo di comunicazione delle informazioni impostole ai sensi dell’articolo 33 dell’ErbStG, in una posizione meno favorevole rispetto ad una società controllata della stessa banca. Tale obbligo, nella misura in cui si riferisce anche alle succursali costituite in altri Stati membri, influisce, quindi, sulla scelta della forma giuridica dell’attività delle banche tedesche negli altri Stati membri, ostacolando o scoraggiando la costituzione di una succursale.

35.      Orbene, come ho sopra rammentato, secondo una giurisprudenza costante, in primo luogo, il divieto di restrizioni alla libertà di stabilimento non si riferisce soltanto allo Stato ospitante, ma anche allo Stato d’origine (17) ed, in secondo luogo, come restrizione a tale libertà devono essere considerate, tra l’altro, le disposizioni che condizionano la scelta della forma giuridica di un’attività transfrontaliera, in particolare favorendo la società controllata rispetto alla succursale (18). In base a un’interpretazione combinata di siffatti principi, appare logico che il divieto di restrizioni alla libertà di stabilimento si riferisce anche al trattamento meno favorevole da parte dello Stato d’origine delle succursali di proprie imprese stabilite in altri Stati membri rispetto alle società controllate delle stesse imprese.

–       Concorso tra la normativa tedesca e la normativa dello Stato ospitante

36.      La situazione è aggravata dal fatto che, almeno in alcuni Stati membri, l’obbligo derivante dall’articolo 33 dell’ErbStG può risultare incompatibile con le disposizioni del loro diritto nazionale, all’osservanza della quale sono tenute, ai sensi dell’articolo 26, paragrafo 1, della direttiva 2006/48, le succursali di enti creditizi di altri Stati membri, e quindi anche quelli provenienti dalla Germania, che operano sul loro territorio. In quel caso, la costituzione in tali Stati di una succursale da parte di istituti di credito tedeschi risulterà non solo più difficoltosa e meno attraente, ma addirittura impossibile. Orbene, come ho già rilevato al paragrafo 27 delle presenti conclusioni, dal momento che l’impossibilità di scegliere la succursale come forma di svolgimento di un’attività economica può rendere l’esercizio della libertà di stabilimento del tutto economicamente non redditizio, la limitazione della scelta della forma giuridica di un’attività può scoraggiare completamente l’esercizio della libertà di stabilimento.

–       Conclusione

37.      L’obbligo risultante dell’articolo 33 dell’ErbStG costituisce, pertanto, una restrizione alla libertà di stabilimento, in quanto, in primo luogo, impone agli istituti di credito tedeschi che operano in altri Stati membri obblighi supplementari che non risultano dal diritto di tali Stati, in secondo luogo, limita la libertà di scegliere la forma giuridica di tale attività, favorendo la società controllata rispetto alla succursale, ed in terzo luogo, potenzialmente, ma, come dimostrato nella presente fattispecie, non solo ipoteticamente, può impedire lo svolgimento di un’attività transfrontaliera sotto forma di succursale e, con ciò, rendere l’esercizio della libertà economicamente non redditizio.

 Sull’applicabilità della giurisprudenza della Corte relativa al concorso tra le disposizioni tributarie degli Stati membri

38.      Il governo tedesco e la Commissione, nelle loro osservazioni, propongono che alla presente causa venga applicata, per analogia, la giurisprudenza della Corte relativa al concorso tra le legislazioni di due Stati membri in materia di imposte dirette (19).

39.      La Corte ha, infatti, dichiarato che uno Stato non può essere tenuto a prendere in considerazione, ai fini dell’applicazione della propria normativa fiscale, le conseguenze eventualmente sfavorevoli dipendenti dalle specificità della normativa di un altro Stato applicabile ad una stabile organizzazione situata sul territorio di detto Stato ed appartenente ad una società la cui sede si trova sul territorio del primo Stato (20). Infatti, la libertà di stabilimento non può essere intesa nel senso che uno Stato membro sia obbligato a determinare le proprie norme tributarie in funzione di quelle di un altro Stato membro, al fine di garantire, in ogni situazione, una tassazione che elimini qualsivoglia disparità derivante dalle normative tributarie nazionali (21).

40.      Tuttavia, in primo luogo, come ho indicato ai paragrafi da 28 a 35 delle presenti conclusioni, l’obbligo gravante ai sensi dell’articolo 33 dell’ErbStG sulle succursali delle banche tedesche in altri Stati membri costituisce, di per sé solo, una restrizione alla libertà di stabilimento. Il suo eventuale concorso con la legislazione di altri Stati membri non può che peggiorare la situazione, rendendo, in generale, l’esercizio di siffatta libertà potenzialmente impossibile.

41.      In secondo luogo, a differenza delle cause concernenti il concorso tra le disposizioni degli Stati membri in materia di imposte dirette (22), le disposizioni nazionali in esame nella presente causa non riguardano l’assoggettamento ad imposta di un soggetto che esercita la libertà di stabilimento. È vero che l’articolo 33 dell’ErbStG serve, come ha rilevato l’autorità convenuta nel procedimento principale nelle proprie osservazioni, a facilitare la riscossione delle imposte, ma presso i clienti della banca e i loro eredi, e non presso le banche stesse. La situazione sarebbe identica qualora le informazioni comunicate in base alla summenzionata disposizione non fossero funzionali alla riscossione delle imposte, ma, ad esempio, alla lotta contro il riciclaggio. A loro volta, le disposizioni austriache in materia di segreto bancario non riguradano affatto la tassazione.

42.      Mentre, quindi, nelle cause di cui al paragrafo precedente, erano state esaminate le restrizioni alla libertà di stabilimento risultanti dalle disposizioni che regolano i rapporti tra i soggetti passivi e le autorità fiscali competenti, nel caso di specie si tratta di disposizioni che disciplinano le norme relative all’esercizio di un’attività economica, e quindi concernenti direttamente i rapporti tra gli imprenditori ed i clienti. Non sussiste, quindi, qua alcuna analogia atta a giustificare la trasposizione al caso di specie della succitata giurisprudenza.

43.      In terzo luogo, la competenza degli Stati membri in materia di imposte dirette si basa su principi chiaramente definiti nel diritto internazionale e riconosciuti nella giurisprudenza della Corte. Vale a dire, tali Stati sono competenti a tassare tutti i redditi dei propri residenti (obbligo fiscale illimitato), e, relativamente ai non residenti, a tassare i redditi derivanti dall’attività svolta nel loro territorio (23). Pertanto, la tutela della ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri rappresenta, conformemente alla giurisprudenza della Corte, uno dei presupposti idonei a giustificare una restrizione alle libertà del mercato unico, compresa la libertà di stabilimento (24).

44.      Peraltro, le imposte dirette costituiscono una materia particolare, in quanto essa riguarda una delle principali competenze degli Stati sovrani e una delle loro principali fonti di entrate pubbliche. Fino ad oggi il legislatore dell’Unione ha scelto di non armonizzare tale settore, ed ha lasciato ai singoli Stati membri la competenza di regolamentare, attraverso accordi bilaterali, la prevenzione dei possibili inconvenienti, come, ad esempio, la doppia imposizione. In assenza di tale armonizzazione è difficile applicare in materia di imposte dirette, con la massima severità, i principi che richiedono la rimozione di tutte le restrizioni alla libertà di stabilimento. Ciò metterebbe, infatti, in discussione i poteri sovrani degli Stati membri (25).

45.      Gli argomenti suesposti non si applicano alle disposizioni nazionali che disciplinano, come ho indicato al paragrafo 42 delle presenti conclusioni, i rapporti tra i soggetti passivi e le autorità fiscali, ma dai principi dell’esercizio di un’attività economica. In tale ambito gli Stati membri si sono impegnati, per mezzo del Trattato FUE, a garantire la libertà di esercizio di tale attività nelle situazioni transfrontaliere. Si può, quindi, esigere da questi ultimi che determinino l’ambito territoriale di applicazione delle rispettive normative nazionali in modo da evitare che dette disposizioni entrino in conflitto con le disposizioni di altri Stati membri.

46.      In quarto luogo, infine, ciò che distingue la presente causa dalle cause concernenti l’applicazione contemporanea delle legislazioni di due Stati membri in materia di imposte dirette è la natura delle restrizioni alla libertà di stabilimento che potrebbero derivare da siffatte disposizioni nazionali. Il trattamento fiscale meno favorevole può essere, ovviamente, per il soggetto economico interessato, gravoso sotto il profilo finanziario. Ciononostante, tale circostanza non gli rende più difficoltoso e, tanto meno, impossibile, l’esercizio di un’attività in generale o l’esercizio della stessa in una determinata forma giuridica. Essa può, al massimo, incidere sulla valutazione della redditività della suddetta attività, tuttavia, nel contesto in esame, l’ammontare dell’imposta rappresenta solo uno dei tanti fattori, tra i quali un ruolo decisamente più importante spetta, di solito, alle condizioni di mercato (livello della domanda, concorrenza, costi dell’attività, prezzi). Le differenze tra i sistemi fiscali di diversi Stati membri non sempre, del resto, sono svantaggiose per le imprese che operano a livello transfrontaliero, trovandosi, anzi, tali aziende spesso in una posizione più vantaggiosa rispetto ai soggetti nazionali. Inoltre, gli operatori economici dispongono di un certo margine che permette loro di compensare gli oneri fiscali, o mediante la riduzione dei costi, o mediante l’aumento dei prezzi. La modalità del trattamento fiscale, di solito, non costituisce quindi il fattore determinante la decisione sull’avvio di un’attività transfrontaliera. Trattasi, piuttosto, usando la formulazione dell’avvocato generale Geelhoed, di «quasi-restrizioni» (26).

47.      Le suddette quasi-restrizioni devono essere distinte dalle restrizioni effettive, ad esempio da quelle riguardanti le condizioni stesse per l’esercizio di un’attività. Da un lato, in tale ambito gli operatori economici hanno un margine di adattamento molto ridotto, o non lo hanno affatto – in linea di principio possono soltanto conformarsi alle norme in vigore oppure rinunciare all’attività. Dall’altro lato, le disposizioni inerenti alle condizioni per l’esercizio di un’attività possono ostacolarla fino al punto di farla diventare, come nel caso di specie, di fatto impraticabile o del tutto antieconomica. Di conseguenza, le restrizioni alla libertà di stabilimento relative alle condizioni per l’esercizio di un’attività hanno un impatto decisamente più rilevante sulla decisione di avvalersi della libertà in questione rispetto alle restrizioni di natura puramente fiscale.

48.      Per tali ragioni, ritengo che le regole stabilite dalla Corte nella giurisprudenza in riferimento all’applicazione contemporanea delle legislazioni di due Stati membri in materia di imposte dirette (27) non possono essere considerate quali regole orizzontali, applicabili nei confronti di qualsiasi tipo di restrizione alla libertà di stabilimento. Di conseguenza, esse non possono essere applicate nemmeno alla presente causa.

49.      A sostegno della propria tesi la Commissione richiama anche la sentenza Hervein e a. (28), che riguarda un altro settore, ossia la previdenza sociale. In tale sentenza, la Corte ha dichiarato che, tenuto conto delle differenze tra le legislazioni previdenziali degli Stati membri, il Trattato non garantisce ad un lavoratore, che estenda le sue attività lavorative a più di uno Stato membro o che le trasferisca in un altro Stato membro, un regime previdenziale neutrale (29). Occorre, tuttavia, rilevare che i contributi previdenziali hanno natura di tributi pubblici simili alle imposte dirette. Al riguardo vanno quindi richiamati gli stessi argomenti che ho illustrato nei paragrafi da 40 a 47 delle presenti conclusioni (30). Nemmeno la sentenza Hervein e a. conforta quindi l’estensione dell’applicazione dei principi stabiliti nella giurisprudenza relativa al concorso tra le legislazioni degli Stati membri in materia di imposte dirette alle restrizioni alla libertà di stabilimento inerenti alle condizioni per l’esercizio di un’attività economica.

 Disposizioni austriache come una restrizione autonoma alla libertà di stabilimento

50.      Si potrebbe eventualmente ritenere, analogamente a quanto sostenuto dall’autorità convenuta nel procedimento principale e dal governo tedesco nelle loro osservazioni, che anche le disposizioni austriache in materia di segreto bancario rappresentino una restrizione alla libertà di stabilimento, nella misura in cui si riferiscano alle succursali di enti creditizi di altri Stati membri e impediscano a siffatte succursali di assolvere agli eventuali obblighi, contrari a tale segreto, derivanti dal diritto dello Stato di origine.

51.      Ciò non costituisce oggetto della presente causa, per cui non continuerò ad approfondire tale questione. Rilevo soltanto che, sebbene le disposizioni relative al segreto bancario effettivamente rappresentino per le banche un certo impegno, al contempo, esse possono, tuttavia, essere percepite dai clienti come vantaggiose. L’esenzione delle succursali degli enti creditizi di altri Stati membri da siffatto segreto potrebbe quindi collocare le stesse in una posizione concorrenziale più svantaggiosa rispetto alle banche nazionali. In questo modo, volendo rimuovere una restrizione alla libertà di stabilimento, ne introdurremmo un’altra. Siffatto paradosso conferma a mio parere che, nel caso di specie, le restrizioni alla libertà in questione andrebbero, piuttosto, ricercate, dal lato dell’ordinamento tedesco.

52.      Indipendentemente, tuttavia, dalle considerazioni che precedono, anche se si dovesse riconoscere la sussistenza di parallele restrizioni austriache alla libertà di stabilimento, si tratterebbe, in tal caso, non di una restrizione derivante dal concorso tra le disposizioni tedesche e quelle austriache, ma di due restrizioni reciprocamente indipendenti. Non credo, tuttavia, che la sussistenza di un’eventuale restrizione ad una delle libertà del mercato unico nello Stato ospitante rappresenti ragione sufficiente per rinunciare all’eliminazione di tale restrizione nello Stato d’origine. Qualora nel procedimento che ci occupa si ipotizzasse che la Sparkasse Allgäu avrebbe, piuttosto, dovuto adire i giudici austriaci per contestare la conformità con il diritto dell’Unione dell’applicabilità delle disposizioni austriache sul segreto commerciale nei confronti della sua succursale austriaca, tali giudici avrebbero potuto non accogliere siffatta censura, ritenendo che il problema fosse, piuttosto, riferibile all’articolo 33 dell’ErbStG e che a rimuoverlo avrebbero dovuto essere i giudici tedeschi.

53.      Si giungerebbe così ad una situazione paradossale in cui le restrizioni alle libertà del mercato unico risultanti dalla legislazione dello Stato ospitante o da quella dello Stato d’origine sarebbero eliminate in modo relativamente semplice e categorico, mentre, per quanto riguarda le restrizioni derivanti, contemporaneamente ed indipendentemente, dalle legislazioni di entrambi gli Stati in questione, sarebbe impossibile rimuoverle, in quanto non si saprebbe quale degli Stati interessati lo dovrebbe fare per primo.

 Conclusione in merito alla sussistenza di una restrizione

54.      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, concludo nel senso che l’obbligo di informazione derivante dall’articolo 33 dell’ErbStG, nella misura in cui vincoli anche le succursali di istituti di credito tedeschi stabilite in altri Stati membri, deve essere considerato una restrizione alla libertà di stabilimento vietata, in linea di principio, ai sensi dell’articolo 49 TFUE.

 Sulla giustificazione della restrizione

55.      Secondo una massima, oramai classica, elaborata dalla giurisprudenza della Corte, la libertà di stabilimento può essere limitata se la restrizione di cui trattasi è giustificata da motivi imperativi di interesse generale, e se è idonea a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non eccede quanto necessario per raggiungerlo (31). Occorre, quindi, esaminare se la restrizione alla libertà di stabilimento derivante dall’articolo 33 dell’ErbStG soddisfi tali condizioni.

 Questione della discriminazione

56.      Tale esame deve essere preceduto dall’analisi della questione relativa all’eventuale carattere discriminatorio delle disposizioni nazionali. Sia il giudice del rinvio nella sua ordinanza, che il governo tedesco nelle proprie osservazioni presentate nella presente causa, sostengono che la disposizione dell’articolo 33 dell’ErbStG non ha natura discriminatoria, in quanto è applicabile, indistintamente, alle succursali di banche tedesche in altri Stati membri ed alle banche che operano nel territorio della Germania. Tale assunto non esaurisce, però, la questione della discriminazione. Indubbiamente, in questo caso, non si è in presenza di una discriminazione diretta basata sulla nazionalità, dal momento che le situazioni nazionali e quelle transfrontaliere formalmente sono trattate allo stesso modo.

57.      Il concetto di discriminazione nel diritto dell’Unione non si limita, però, alla discriminazione diretta. Conformemente ad una formula, oramai classica, la discriminazione consiste nel trattare in modo diverso situazioni analoghe (32), come anche nel trattare in maniera uguale situazioni diverse (33), a meno che, in entrambi i casi, siffatto trattamento non sia obiettivamente giustificato.

58.      Sotto tale profilo, la causa in esame, che concerne le disposizioni dello Stato d’origine disciplinanti i rapporti delle succursali estere con i loro clienti, fa sorgere dubbi in merito a tre questioni. In primo luogo, se sia giustificato un trattamento uguale delle succursali estere di istituti di credito tedeschi e dei centri di attività degli stessi istituti situati in Germania, dal momento che le succursali estere svolgono l’attività in un ambiente economico e giuridico differente. In secondo luogo, se sia giustificato un trattamento diverso delle succursali estere di istituti di credito tedeschi rispetto agli enti creditizi che hanno sede in altri Stati membri ma che esercitano l’attività economica sugli stessi mercati di dette succursali. In terzo luogo, infine, se sia giustificato un trattamento diverso degli istituti di credito tedeschi operanti in altri Stati membri sotto forma di succursale rispetto agli stessi istituti di credito che svolgono l’attività transfrontaliera sotto forma di società controllata.

59.      Tale problema, a mio parere, può essere affrontato con due approcci differenti.

60.      Il primo approccio si basa sulla particolare situazione giuridica ed organizzativa della succursale quale forma giuridica di esercizio di un’attività. La succursale non ha una personalità giuridica distinta, essa costituisce soltanto un’unità separata della persona giuridica qual è l’impresa principale. Tale impresa, unitamente a tutte le sue succursali, sia nazionali che estere, è, in linea di principio, soggetta al diritto dello Stato in cui ha sede. In altre parole, gli obblighi derivanti dal diritto dello Stato della sede si applicano, naturalmente, anche alle succursali estere dell’impresa. Di conseguenza, siffatte succursali, da un lato si trovano in una situazione oggettivamente paragonabile a quella dei soggetti nazionali, e, dall’altro, in una situazione oggettivamente diversa, sia dalla quella delle imprese estere, che da quella delle società controllate delle imprese nazionali. Con tale approccio, il trattamento delle succursali estere di istituti di credito tedeschi in altri Stati membri in modo uguale ai soggetti nazionali e in modo differente rispetto ai soggetti esteri ed alle società controllate di soggetti nazionali, sarebbe oggettivamente giustificato.

61.      Il secondo possibile approccio al problema in esame consiste, a mio parere, nel prendere in considerazione l’essenza economica della succursale estera, quale una delle possibili forme di esercizio di un’attività economica transfrontaliera nell’ambito della libertà di stabilimento. Secondo tale approccio, una succursale estera, benché giuridicamente collegata allo Stato della sede dell’impresa, sotto il profilo funzionale è un’impresa estera e quindi dovrebbe essere trattata allo stesso modo delle altre imprese estere (comprese le società estere controllate delle imprese nazionali). Il collegamento giuridico con lo Stato della sede dell’impresa (della sede centrale) perde, pertanto, il valore di fattore oggettivo di distinzione e diventa una caratteristica solo secondaria, non idonea a giustificare un trattamento diverso. Con un siffatto approccio, il trattamento delle succursali estere di istituti di credito tedeschi in altri Stati membri in modo uguale ai soggetti nazionali ed in modo diverso rispetto ai soggetti esteri ed alle società controllate dei soggetti nazionali, rappresenta una effettiva discriminazione.

62.      La scelta dell’uno o dell’altro approccio influisce, a mio parere, sulla possibilità di giustificare la restrizione alla libertà di stabilimento derivante dall’articolo 33 dell’ErbStG.

 Giustificazione

63.      Sia il giudice del rinvio che il governo tedesco nelle loro osservazioni indicano la necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali e l’effettiva riscossione delle imposte come giustificazione per l’articolo 33 dell’ErbStG. Tale disposizione, infatti, è funzionale, in primo luogo, al controllo dell’assolvimento, da parte dell’erede di un cliente defunto della banca, delle obbligazioni a titolo d’imposta di successione ed, in secondo luogo, al controllo del rispetto, da parte dello stesso cliente, mentre era in vita, delle sue obbligazioni fiscali sorte in relazione agli attivi da esso detenuti in banca. Trattasi di una giustificazione presa in considerazione dalla giurisprudenza della Corte (34), in relazione sia alla libertà di stabilimento che alle altre libertà del mercato unico.

64.      L’accoglimento della suddetta giustificazione richiede, tuttavia, che essa rispetti il requisito della proporzionalità. A tal fine, la norma nazionale in esame deve, in primo luogo, essere idonea a garantire il conseguimento dello scopo perseguito ed, in secondo luogo, non eccedere quanto necessario per raggiungerlo (35). Nella posizione migliore per valutare i fatti e, quindi, la proporzionalità delle disposizioni nazionali, è, in ultima analisi, il giudice nazionale. La Corte è, tuttavia, competente a fornire indicazioni al riguardo, tratte dalle informazioni contenute negli atti della causa (36).

–       Problema della giustificazione nel caso di accoglimento della tesi della sussistenza di una discriminazione

65.      La disposizione dell’articolo 33 dell’ErbStG riguarda, per quanto riguarda gli istituti di credito autorizzati a custodire e gestire gli attivi dei residenti tedeschi fuori dal territorio della Germania (37), soltanto alle succursali delle banche tedesche. Al contrario, essa non riguarda né le società controllate delle predette banche, né, per ovvie ragioni, le banche di altri Stati.

66.      Qualora si assumesse che le succursali estere si trovino in una situazione paragonabile a quella delle imprese con sede in altri Stati membri, nulla giustificherebbe, a mio avviso, la limitazione dell’applicazione delle disposizioni tedesche soltanto alle succursali. In una situazione del genere, infatti, la giustificazione di una restrizione alla libertà di stabilimento deve basarsi su criteri oggettivi dal punto di vista della disposizione che costituisce la restrizione in parola. Orbene, sotto tale profilo tutti gli enti creditizi autorizzati a custodire e gestire i patrimoni dei residenti tedeschi si trovano in una situazione paragonabile, dal momento che i patrimoni in parola sono, in ugual modo, assoggettati all’obbligo d’imposta a titolo di successione e allo stesso modo si rende necessario un controllo effettivo sull’assolvimento del suddetto obbligo. Mentre, quindi, la necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali può giustificare l’imposizione a tali soggetti di obblighi supplementari, come l’obbligo di comunicare informazioni alle autorità fiscali, il diverso trattamento delle succursali sotto tale aspetto, richiederebbe una distinta giustificazione, la quale, invece, non sussiste.

67.      Il collegamento di una succursale estera con il sistema giuridico del paese d’origine costituisce, in tale ottica, un fattore secondario, il quale non giustifica l’imposizione alle predette succursali di obblighi inerenti alle condizioni per la prestazione dei servizi da parte loro. Lo Stato d’origine dovrebbe quindi astenersi dall’imporre siffatti obblighi.

–       Possibilità di giustificazione nell’ipotesi di accoglimento della tesi della particolare situazione delle succursali

68.      Ritengo, tuttavia, che la tesi da accogliere sia, piuttosto, quella secondo cui le succursali di enti creditizi che operano in Stati membri diversi dallo Stato della sede dell’impresa si trovano, in ragione del loro particolare collegamento con il sistema giuridico dello Stato d’origine, in una situazione differente rispetto agli istituti di credito esteri. Tale peculiare collegamento giustifica l’imposizione di alcuni obblighi che gravano sulle banche nazionali, comprese le loro succursali estere, anche se agli stessi obblighi non soggiacciano i soggetti esteri. Ciò vale soprattutto per i casi in cui tale obbligo riguarda, come nella presente causa, soltanto i rapporti della succursale estera con i clienti residenti nello Stato d’origine. Per tali residenti è più semplice, infatti, aprire un conto in una succursale estera della banca nazionale, che non in una banca estera. In tal caso, la necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali giustifica una restrizione alla libertà di stabilimento, purché essa sia idonea a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non ecceda quanto necessario per raggiungerlo.

69.      L’imposizione dell’obbligo di trasmissione delle informazioni è idonea, a mio parere, a garantire il conseguimento dell’obiettivo consistente nell’assicurare l’efficacia dei controlli fiscali. Le informazioni ricevute dalla banca consentono, infatti, alle autorità fiscali di verificare i dati loro forniti dai contribuenti nelle dichiarazioni dei redditi. Inoltre, nel caso in cui il contribuente non adempia l’obbligo di presentare siffatta dichiarazione, le informazioni in parola permettono alle autorità fiscali di determinare la sussistenza del fatto generatore dell’imposta e di adottare le misure volte alla riscossione dell’imposta dovuta.

70.      Ritengo, inoltre, che la disposizione tedesca in esame non ecceda quanto necessario. In primo luogo, infatti, le autorità fiscali non possono ottenere le stesse informazioni in maniera altrettanto affidabile e completa da nessun’altra fonte. La verifica dell’esattezza dei dati contenuti nella dichiarazione dei redditi sarebbe quindi molto più difficile.

71.      In secondo luogo, occorre rilevare che nella decisione oggetto del procedimento principale, la richiesta alla succursale estera della Sparkasse Allgäu di comunicare le informazioni era limitata alle informazioni relative ai clienti di detta succursale residenti in Germania. Tale aspetto ritengo sia estremamente importante. Anche se l’obbligo tributario a titolo dell’imposta di successione ha una portata leggermente più ampia (38), in pratica, esso si riferisce, indubbiamente, soprattutto alle successioni di residenti tedeschi. Qualora, quindi, le autorità tedesche chiedessero informazioni relative a tutti i clienti delle succursali estere di banche tedesche, come avviene in riferimento alle succursali nazionali, ciò rappresenterebbe per le succursali estere un notevole ostacolo all’esercizio dell’attività. Avendo limitato la domanda alle informazioni concernenti i residenti tedeschi, siffatte autorità hanno adottato una misura meno restrittiva dal punto di vista della libertà di stabilimento. In tal modo le succursali di istituti di credito tedeschi stabilite in altri Stati membri possono esercitare l’attività, in relazione a clienti che non risiedono in Germania, esattamente alle stesse condizioni previste per le banche locali.

72.      Ritengo, pertanto, che l’articolo 33 dell’ErbStG sia proporzionato all’obiettivo perseguito, e che di conseguenza la restrizione alla libertà di stabilimento che deriva da tale disposizione possa essere considerata giustificata.

–       Problema del segreto bancario in vigore in Austria

73.      Sono ovviamente consapevole dell’imperfezione di una siffatta soluzione dal punto di vista della garanzia della libertà di stabilimento. È difficile infatti non notare che, se il giudice del rinvio, sulla base della sentenza della Corte, dovesse ritenere la disposizione dell’articolo 33 dell’ErbStG compatibile con il diritto dell’Unione e, di conseguenza, confermare la decisione oggetto del procedimento principale, ciò non risolverebbe in alcun modo i problemi che ha da affrontare la Sparkasse Allgäu. Tale banca continuerebbe, infatti, a trovarsi di fronte a due obblighi giuridici contrastanti. Ciò vale a maggior ragione in quanto la richiesta dell’autorità fiscale tedesca riguarda la comunicazione di informazioni relative ad anni precedenti, e quindi inerenti a clienti defunti che non possono, ad esempio, manifestare il consenso alla comunicazione delle suddette informazioni.

74.      In tal caso i principi di leale collaborazione e del primato del diritto dell’Unione richiederebbero, a mio avviso, l’adozione da parte delle autorità austriache di un’interpretazione delle disposizioni in materia di segreto bancario, oppure di una limitazione alla loro applicazione, tali da consentire alle succursali di istituti di credito tedeschi operanti nel territorio austriaco di comunicare le informazioni ai sensi dell’articolo 33 dell’ErbStG (39). Siffatta soluzione vale, ovviamente, soltanto per l’obbligo di trasmissione delle predette informazioni, nella misura in cui esso sia compatibile con il diritto dell’Unione, e quindi, in particolare, limitato al minimo indispensabile.

 Conclusione

75.      Alla luce di tutte le considerazioni sin qui svolte, propongo alla Corte di risolvere la questione pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof nel modo seguente:

L’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso non osta alla normativa di uno Stato membro che impone alle succursali di istituti di credito nazionali operanti in altri Stati membri l’obbligo di informare le autorità fiscali nazionali in merito al patrimonio custodito presso le suddette succursali in caso di decesso del titolare del patrimonio in questione, residente nel primo di tali Stati membri, a condizione che siffatto obbligo sia limitato al minimo indispensabile per garantire l’efficacia dei controlli fiscali.


1 –      Lingua originale: il polacco.


2 –      GU L 177, pag. 1. La direttiva in questione era in vigore al momento della decisione che costituisce oggetto del procedimento principale. Essa è stata sostituita dalla direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE (GU L 176, pag. 338).


3 – V., in particolare, da ultimo, sentenza Verder LabTec (C-657/13, EU:C:2015:331, punto 32).


4 –      V., in particolare, sentenze Daily Mail and General Trust (81/87, EU:C:1988:456, punto 16), e Verder LabTec (C-657/13, EU:C:2015:331, punto 33).


5 –      V., in particolare, sentenze Kraus (C-19/92, EU:C:1993:125, punto 32); Attanasio Group (C-384/08, EU:C:2010:133, punto 43), e Verder LabTec (C-657/13, EU:C:2015:331, punto 34).


6 –      V. anche, ad esempio, Barnard, C., The Substantive Law of the EU.The Four Freedoms, 4a ed., Oxford University Press 2013, pag. 309 e segg.; Szwarc-Kuczer, M., «komentarz do art. 49 TFUE», in Wróbel A. (red.), Traktat o funkcjonowaniu Unii Europejskiej. Komentarz Lex, Varsavia, 2012, volume 1, pagg. 866 e 867.


7 –      V., per analogia, in relazione alla libera prestazione dei servizi, sentenza Alpine Investments (C-384/93, EU:C:1995:126, punti da 32 a 38).


8 –      V., in tal senso, in particolare, sentenze Commissione/Francia (270/83, EU:C:1986:37, punto 22), e Philips Electronics UK (C-18/11, EU:C:2012:532, punto 13).


9 –      V. articoli 25 e 26 della direttiva 2006/48.


10 –      V. considerando 7 nonché articolo 16 della direttiva 2006/48.


11 –      V. articoli da 6 a 12 della direttiva 2006/48.


12 –      La direttiva 2006/48, al titolo III,«Disposizioni relative alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione di servizi», alla sezione 3 «Esercizio del diritto di stabilimento» (articoli da 25 a 27), disciplina lo stabilimento delle succursali.


13 –      Il corsivo è mio.


14 –      V., in tal senso, sentenze Commissione/Italia (C-565/08, EU:C:2011:188, punto 51), e SC Volksbank România (C-602/10, EU:C:2012:443, punto 80).


15 –      Il giudice del rinvio non precisa quali specifiche sanzioni siano connesse al mancato adempimento dell’obbligo risultante dall’articolo 33 dell’ErbStG. È, tuttavia, ovvio che l’operatore economico, specialmente quello che opera nel settore così fortemente regolamentato come il settore bancario, non può permettersi di ignorare gli obblighi ad esso imposti dalla legge nei confronti delle autorità amministrative.


16 –      V. paragrafo 23 delle presenti conclusioni.


17 –      V. paragrafo 21 delle presenti conclusioni.


18 –      V. paragrafo 24 delle presenti conclusioni e giurisprudenza ivi citata.


19 –      V., in particolare, sentenze Columbus Container Services (C-298/05, EU:C:2007:754); Krankenheim Ruhesitz am Wannsee-Seniorenheimstatt (C-157/07, EU:C:2008:588), e National Grid Indus(C-371/10, EU:C:2011:785).


20 –      V. sentenza Krankenheim Ruhesitz am Wannsee-Seniorenheimstatt (C-157/07, EU:C:2008:588, punto 49).


21 –      V., in particolare, sentenza National Grid Indus (C-371/10, EU:C:2011:785, punto 62).


22 –      V. supra, nota 19.


23 –      V., in particolare, sentenza Marks & Spencer (C-446/03, EU:C:2005:763, punto 39).


24 –      V., in particolare, sentenza National Grid Indus (C-371/10, EU:C:2011:785, punto 45).


25 –      V. su tale argomento considerazioni molto interessanti in Barnard, C., op. cit., pagg. da 347 a 349.


26 –      V. conclusioni dell’avvocato generale Geelhoed nella causa Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation (C-374/04, EU:C:2006:139, paragrafi da 37 a 40).


27 – V. nota 19 supra.


28 –      Sentenza Hervein e a. (C-393/99 e C-394/99, EU:C:2002:182).


29 –      Ibidem (punto 51).


30 –      Tale analogia è stata rilevata anche dall’avvocato generale Geelhoed nelle conclusioni nella causa Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation (C-374/04, EU:C:2006:139, cit. alla nota 42, paragrafo 46).


31 –      V., in particolare, sentenze Gebhard (C-55/94, EU:C:1995:411, punto 37), e, da ultimo, Commissione/Germania (C-591/13, EU:C:2015:230, punto 63).


32 –      V., in particolare, sentenza Ruckdeschel e a. (117/76 e 16/77, EU:C:1977:160, punto 7).


33 –      V., in particolare, sentenza Sermide (106/83, EU:C:1984:394, punto 28).


34 –      V., in particolare, sentenze Futura Participations e Singer (C-250/95, EU:C:1997:239, punto 31), e Emerging Markets Series of DFA Investment Trust Company (C-190/12, EU:C:2014:249, punto 71).


35 –      V. paragrafo 55 delle presenti conclusioni e giurisprudenza ivi citata.


36 –      V. mie conclusioni nelle cause riunite Trijber e Harmsen (C-340/14 e C-341/14, EU:C:2015:505, paragrafo 80 e giurisprudenza ivi citata).


37 –      Ai sensi dell’articolo 33, paragrafo 1, dell’ErbStG l’obbligo di comunicare informazioni si riferisce a tutti gli enti soggetti alla legislazione tedesca che a titolo professionale si occupano della custodia o della gestione di patrimoni di altre persone, non solo alle succursali estere. La restrizione alla libertà di stabilimento non deriva, tuttavia, dalla citata disposizione in quanto tale, ma soltanto dalla sua applicazione alle succursali di istituti di credito tedeschi in altri Stati membri. La disposizione in parola, nella misura in cui riguarda le banche tedesche che operano in Germania, non costituisce oggetto della presente causa.


38 –      In base alle informazioni contenute nella domanda di pronuncia pregiudiziale, a norma dell’ErbStG l’obbligo tributario sorge in relazione all’intera massa ereditaria, se il de cuius, al momento del decesso, o l’acquirente, alla data del fatto generatore dell’imposta (si tratta, probabilmente, del momento dell’acquisto dell’eredità), sono residenti in Germania. Si considerano residenti le persone fisiche aventi il domicilio o la residenza abituale nel territorio della Germania nonché i cittadini tedeschi che abbiano dimorato all’estero continuativamente per meno di cinque anni (articolo 2, paragrafo 1, punto 1, dell’ErbStG)


39 –      V., per analogia, sentenza Hervein e a. (C-393/99 e C-394/99, EU:C:2002:182, punto 63).