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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

HENRIK SAUGMANDSGAARD ØE

presentate il 6 aprile 2016 (1)

Causa C-24/15

Josef Plöckl

contro

Finanzamt Schrobenhausen

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Finanzgericht München (tribunale finanziario di Monaco di Baviera, Germania)]

«Rinvio pregiudiziale – Fiscalità – Imposta sul valore aggiunto – Sesta direttiva – Articolo 28 quater, parte A, lettera a) e d) – Trasferimento intracomunitario – Esenzione – Possibilità per lo Stato d’origine di negare l’esenzione a causa dell’omessa comunicazione del numero di identificazione IVA attribuito dallo Stato di destinazione»





I –          Introduzione

1.        Con ordinanza del 4 dicembre 2014, pervenuta alla Corte il 21 gennaio 2015, il Finanzgericht München (tribunale finanziario di Monaco di Baviera) ha sottoposto una questione pregiudiziale vertente sull’interpretazione degli articoli 22, paragrafo 8, e 28 quater, parte A, lettera a), primo comma, e d), della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1), come modificata dalla direttiva 2005/92/CE del Consiglio del 12 dicembre 2005 (GU L 345, pag. 19) (in prosieguo: la «sesta direttiva»).

2.        Tale questione è stata sollevata nell’ambito di una controversia fra il sig. Plöckl e il Finanzamt Schrobenhausen (ufficio tributario di Schrobenhausen) in relazione al rifiuto di quest’ultimo di esentare il trasferimento, da parte del sig. Plöckl, di un autoveicolo destinato alla sua impresa dal territorio della Repubblica federale tedesca a quello del Regno di Spagna, a causa del fatto che il sig. Plöckl non gli aveva comunicato il numero di identificazione ai fini dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) attribuito da quest’ultimo Stato.

II –       Contesto normativo

A –          Diritto dell’Unione

3.        L’articolo 411 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU L 347, pag. 1) prevede l’abrogazione della sesta direttiva.

4.        Ai sensi del suo articolo 413, la direttiva 2006/112 entra in vigore il 1° gennaio 2007. Orbene, dagli elementi di fatto comunicati dal giudice del rinvio risulta che l’operazione di cui al procedimento principale, ossia il trasferimento, da parte del sig. Plöckl, di un veicolo destinato alla sua impresa dalla Germania alla Spagna, si è svolta il 20 ottobre 2006. Pertanto, la direttiva 2006/112 non era entrata in vigore al momento dei fatti rilevanti del procedimento principale.

5.        Risulta da quanto precede che, nella presente causa, occorre applicare le disposizioni della sesta direttiva.

6.        L’articolo 5, paragrafo 1, della sesta direttiva definisce la nozione di «cessione di un bene» come il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario.

7.        L’articolo 22 della sesta direttiva, nella versione che risulta dall’articolo 28 nonies della medesima, prevede diversi obblighi a carico dei debitori d’imposta, concernenti, segnatamente, la presentazione di dichiarazioni, la tenuta di una contabilità, la fatturazione, il pagamento dell’IVA, nonché il deposito di un elenco riepilogativo.

8.        Ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 8, della sesta direttiva, nella versione che risulta dall’articolo 28 nonies della medesima:

«Gli Stati membri hanno la facoltà di stabilire, subordinatamente al rispetto del principio della parità di trattamento delle operazioni interne e delle operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi, altri obblighi che essi ritengano necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’[IVA] e ad evitare le frodi, a condizione che questi obblighi non diano luogo, negli scambi tra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera».

9.        L’articolo 28 bis della sesta direttiva così recita:

«1.      Sono parimenti soggetti all’IVA:

a)      gli acquisti intracomunitari di beni effettuati a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale o da un ente che non è soggetto passivo, quando il venditore è un soggetto passivo che agisce in quanto tale, che non beneficia della franchigia d’[IVA] prevista dall’articolo 24 e che non rientra nelle disposizioni previste all’articolo 8, paragrafo 1, lettera a), seconda frase o all’articolo 28 ter, punto B, paragrafo 1.

(...)

3.      È considerata “acquisto intracomunitario di un bene”, l’acquisizione del potere di disporre come proprietario di un bene mobile materiale spedito o trasportato, dal venditore o dall’acquirente o per loro conto, a destinazione dell’acquirente in uno Stato membro diverso dallo Stato di partenza della spedizione o del trasporto del bene.

(…)

5.      Sono assimilati ad una cessione di beni effettuata a titolo oneroso:

b)      il trasferimento da parte di un soggetto passivo di un bene della sua impresa a destinazione di un altro Stato membro.

      È considerato trasferito a destinazione di un altro Stato membro qualsiasi bene materiale mobile spedito o trasportato dal soggetto passivo o per suo conto fuori dal territorio di cui all’articolo 3 ma all’interno della Comunità per le esigenze della sua impresa, salvo quelli che formano oggetto delle seguenti operazioni:

(...)

6.      È assimilata ad un acquisto intracomunitario di beni effettuato a titolo oneroso la destinazione da parte di un soggetto passivo alle esigenze della propria impresa di un bene spedito o trasportato, dal soggetto passivo o per suo conto, a partire da un altro Stato membro all’interno del quale il bene è stato prodotto, estratto, trasformato, acquistato, acquisito ai sensi del paragrafo 1 o importato dal soggetto passivo nell’ambito della sua impresa in quest’ultimo Stato membro».

10.      L’articolo 28 quater, parte A, lettera a), e d), della sesta direttiva così recita:

«Fatte salve altre disposizioni comunitarie e alle condizioni da essi fissate per assicurare una corretta e semplice applicazione delle esenzioni previste qui di seguito e prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso, gli Stati membri esentano:

a)      le cessioni di beni, ai sensi dell’articolo 5, spediti o trasportati, dal venditore o dall’acquirente o per loro conto, fuori dal territorio di cui all’articolo 3 ma all’interno della Comunità, effettuate per un altro soggetto passivo o per un ente che non è soggetto passivo, che agisce in quanto tale in uno Stato membro diverso dallo Stato di partenza della spedizione o del trasporto dei beni.

(…)

d)      le cessioni di beni ai sensi dell’articolo 28 bis, paragrafo 5, lettera b) che beneficerebbero delle esenzioni di cui sopra se fossero effettuate ad un altro soggetto passivo».

11.      Il giudice del rinvio menziona parimenti il regolamento (CE) n. 1798/2003 del Consiglio del 7 ottobre 2003, relativo alla cooperazione amministrativa in materia d’imposta sul valore aggiunto e che abroga il regolamento (CEE) n. 218/92 (GU L 264, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) n. 885/2004 del Consiglio del 26 aprile 2004 (GU L 168, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento n. 1798/2003»).

12.      Inserito nel capo IV, intitolato «Scambio di informazioni senza preventiva richiesta», l’articolo 17 del regolamento n. 1798/2003 così recita:

«Salvo il disposto dei capi V e VI, l’autorità competente di ogni Stato membro procede ad uno scambio automatico o a uno scambio automatico organizzato delle informazioni di cui all’articolo 1 con l’autorità competente di ogni altro Stato membro interessato nelle seguenti situazioni:

1)      se la tassazione deve aver luogo nello Stato membro di destinazione e l’efficacia del sistema di controllo dipende necessariamente dalle informazioni fornite dallo Stato membro di origine;

2)      se uno Stato membro ha motivo di credere che nell’altro Stato membro è stata o potrebbe essere stata violata la legislazione sull’IVA;

3)       se esiste un rischio di perdita di gettito fiscale nell’altro Stato membro».

13.      Il capo V del regolamento n. 1798/2003 è intitolato «Archiviazione e scambio di informazioni concernenti operazioni intracomunitarie». All’interno di tale capo, l’articolo 22, paragrafo 1, di tale regolamento dispone quanto segue:

«Ciascuno Stato membro tiene una banca dati elettronica nella quale archivia ed elabora le informazioni che raccoglie a norma dell’articolo 22, paragrafo 6, lettera b), nella versione dell’articolo 28 nonies, della [sesta direttiva].

(…)».

14.      Gli articoli 23 e 24 del regolamento n. 1798/2003 disciplinano le modalità della comunicazione automatica delle informazioni archiviate a norma dell’articolo 22, le quali hanno ad oggetto i numeri di identificazione IVA in ciascuno Stato membro, nonché il valore totale delle forniture intracomunitarie di beni fra due persone titolari di detti numeri.

B –          La normativa tedesca

15.      Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1 bis, prima frase, della legge sull’imposta sul valore aggiunto (Umsatzsteuergesetz; in prosieguo: l’«UStG»), nella sua versione in vigore nel corso dell’anno controverso, è assimilato ad una «cessione a titolo oneroso» il trasferimento di un bene dell’impresa effettuato da un imprenditore dal territorio nazionale a destinazione di un’altra parte del territorio comunitario affinché ne disponga, fatto salvo il trasferimento destinato a un uso soltanto temporaneo, anche qualora l’imprenditore abbia importato il bene all’interno del paese. A norma della seconda frase di tale disposizione, l’imprenditore è considerato come un fornitore.

16.      A norma dell’articolo 4, punto 1, lettera b), dell’UStG, le cessioni intracomunitarie sono esenti.

17.      L’articolo 6 bis dell’UStG, definisce la cessione intracomunitaria, inter alia, come segue:

«(…)

2.      Si considera cessione intracomunitaria anche il trasferimento di un bene assimilato a una cessione (…).

3.      Spetta all’imprenditore dimostrare il soddisfacimento dei requisiti di cui ai paragrafi 1 e 2 (…)».

18.      L’articolo 17 ter del regolamento di attuazione sull’imposta sul fatturato (Umsatzsteuer-Durchführungsverordnung), nella sua versione in vigore nel corso dell’anno controverso, impone i seguenti obblighi al fornitore:

«1.      In caso di cessioni intracomunitarie (articolo 6 bis, paragrafi 1 e 2, dell’UStG), l’imprenditore che rientri nell’ambito di applicazione del presente regolamento deve fornire la prova contabile di aver soddisfatto i requisiti per l’esenzione fiscale, compresa l’indicazione della partita IVA dell’acquirente. Il rispetto di tali requisiti deve risultare in forma chiara ed agevolmente verificabile dalla contabilità.

(…)

3.      Nei casi di trasferimento assimilati ad una cessione (articolo 6 bis, paragrafo 2, dell’UStG), l’imprenditore deve indicare i seguenti elementi:

(…)

2)      l’indirizzo e il numero della partita IVA della parte di impresa sita nell’altro Stato membro;

(…)».

III –       Fatti e questione pregiudiziale

19.      Nel corso del 2006, il sig. Plöckl ha acquistato e destinato una nuova auto alla sua ditta individuale «HD Equipment». Il 20 ottobre 2006, ha inviato tale vettura ad un concessionario spagnolo affinché la vendesse in Spagna. L’11 luglio 2007, detto veicolo è stato venduto dall’impresa HD Equipment all’impresa spagnola D S.L. (in prosieguo: «D»).

20.      Nelle sue dichiarazioni IVA, il sig. Plöckl non ha dichiarato alcun importo in relazione a tali operazioni per il 2006 e ha dichiarato una cessione intracomunitaria esente da imposta per il 2007. Nelle sue scritture contabili, egli ha indicato che il veicolo era stato inviato in Spagna il 20 ottobre 2006 (circostanza attestata da un documento di trasporto CMR) e venduto nel 2007 a D (circostanza attestata da una fattura dell’11 luglio 2007). Il sig. Plöckl non ha comunicato il numero di identificazione IVA attribuito alla sua impresa in Spagna né ha dichiarato alcun fatturato in Spagna. Emerge dal fascicolo trasmesso dal giudice del rinvio che la fattura comunicata dal sig. Plöckl menzionava il numero di identificazione IVA di D.

21.      Nell’ambito di un controllo in loco, l’ufficio tributario di Schrobenhausen ha ritenuto che, nel 2007, i requisiti di esenzione a titolo di una cessione intracomunitaria non fossero soddisfatti, e ha emesso un avviso di accertamento fiscale rettificativo dell’IVA per l’anno 2007. Nel corso del procedimento avviato successivamente dinanzi al Finanzgericht München (tribunale finanziario di Monaco di Baviera), tale giudice ha rilevato che il veicolo si trovava già in Spagna nel 2007; ciò ha portato l’ufficio tributario di Schrobenhausen ad annullare tale avviso di rettifica d’imposta.

22.      A seguito di tale annullamento, l’ufficio tributario di Schrobenhausen ha rettificato il calcolo dell’IVA per l’anno 2006, considerando che il trasferimento del veicolo nel 2006 verso la Spagna era soggetto ad IVA e non era esente. Il sig. Plöckl ha proposto reclamo avverso tale decisione, che veniva dichiarato infondato dall’ufficio tributario di Schrobenhausen. Secondo tale ufficio, detto trasferimento non era esente da IVA, dal momento che il sig. Plöckl non aveva comunicato il numero di identificazione IVA attribuito alla sua impresa in Spagna e non aveva quindi fornito la prova contabile richiesta. Il sig. Plöckl ha presentato ricorso avverso tale decisione.

23.      L’amministrazione tributaria tedesca non ha informato l’amministrazione tributaria spagnola della situazione.

24.      Secondo il giudice del rinvio, è pacifico fra la parti nel procedimento principale che non ricorre un’ipotesi di frode.

25.      Secondo tale giudice, il trasferimento del veicolo nel 2006 verso la Spagna è soggetto ad IVA quale trasferimento da parte di un soggetto passivo di un bene della sua impresa verso un altro Stato membro in conformità all’articolo 28 bis, paragrafo 5, lettera b), della sesta direttiva. Il luogo di tale trasferimento sarebbe la Germania in applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera a), prima frase, di tale direttiva.

26.      Il giudice del rinvio esclude l’esistenza di una cessione intracomunitaria a D in mancanza di un sufficiente nesso temporale e sostanziale fra il trasferimento del veicolo in Spagna e la sua vendita a D. A tal riguardo, esso sottolinea che la vendita ha avuto luogo diversi mesi dopo il trasferimento, e che l’acquirente non era ancora noto al momento di tale trasferimento.

27.      Di conseguenza, incomberebbe a tale giudice stabilire se il trasferimento intracomunitario effettuato dal sig. Plöckl possa beneficiare dell’esenzione prevista all’articolo 28 quater, parte A, lettera d), della sesta direttiva, alla luce, segnatamente, della circostanza che egli non avrebbe adottato tutte le misure che possono ragionevolmente essergli richieste per comunicare un numero spagnolo d’identificazione IVA attribuito dalle autorità spagnole.

28.      Il giudice del rinvio tende a ritenere che un trasferimento intracomunitario che avviene in circostanze quali quelle descritte supra debba beneficiare di tale esenzione.

29.      Il giudice del rinvio rileva che, secondo l’articolo 28 quater, parte A, lettera d) della sesta direttiva, è esente da imposta un trasferimento intracomunitario che beneficerebbe dell’esenzione prevista all’articolo 28 quater, parte A, lettera a), di tale direttiva, «se fosse stato effettuato per un altro soggetto passivo».

30.      Il giudice del rinvio constata che il trasferimento intracomunitario di cui al procedimento principale, se fosse stato effettuato per un altro soggetto passivo, avrebbe effettivamente soddisfatto le condizioni imposte per beneficiare dell’esenzione prevista all’articolo 28 quater, parte A, lettera a), di tale direttiva. Infatti, il sig. Plöckl, soggetto passivo, ha inviato il veicolo dalla Germania alla Spagna per continuare ad utilizzarlo a fini professionali.

31.      Tale giudice aggiunge che, al di fuori dell’ipotesi della frode, gli Stati membri non possono imporre ulteriori requisiti oltre quelli sanciti all’articolo 28 quater, punto A, lettera a), della sesta direttiva, in particolare per quanto attiene alla corrispondente tassazione dell’acquisto intracomunitario di beni. Esso cita, a tal riguardo, le sentenze Teleos e a. (C-409/04, EU:C:2007:548, punto 70) e VSTR (C-587/10, EU:C:2012:592, punti 30 e 55).

32.      Sempre secondo tale giudice, la causa principale non presenta indizi seri che suggeriscano l’esistenza di una frode. Il sig. Plöckl avrebbe semplicemente commesso un errore di diritto ritenendo che il trasferimento del veicolo e la successiva vendita a D costituissero, congiuntamente, una cessione intracomunitaria esente da imposta, il che rifletterebbe il contenuto delle sue dichiarazioni IVA e della sua contabilità. È vero che il sig. Plöckl avrebbe dovuto dichiarare un trasferimento intracomunitario esente in Germana, nonché un acquisto intracomunitario (articolo 28 bis, paragrafo 6, della sesta direttiva) imponibile in Spagna (articolo 28 ter, parte A, paragrafo 1, di tale direttiva), il quale avrebbe dovuto essere seguito da una cessione di beni a D imponibile in Spagna. Tuttavia, la mancata imposizione dell’acquisto intracomunitario in Spagna non può integrare una frode dal momento che il sig. Plöckl avrebbe beneficiato di un diritto alla detrazione dell’IVA dovuta a causa di tale acquisto intracomunitario.

33.      È in tale contesto che il giudice del rinvio si interroga sulla possibilità, per l’amministrazione fiscale, di negare il beneficio di un’esenzione allorché il soggetto passivo non ha comunicato il numero di identificazione IVA del proprio cliente (in caso di trasferimento intracomunitario, la parte della sua impresa situata in un altro Stato membro).

34.      La risposta da fornire a tale questione dipenderebbe, in buona parte, dall’interpretazione da dare alla sentenza VSTR (C-587/10, EU:C:2012:592) nel contesto di un trasferimento intracomunitario. Secondo il giudice del rinvio, può desumersi dai punti 44, 46 e 51 di tale sentenza che un’esenzione dall’IVA deve essere accordata se i requisiti sostanziali sono soddisfatti, anche se certi requisiti formali sono stati omessi da parte del soggetto passivo. La situazione sarebbe diversa solo se la violazione di siffatti requisiti formali avesse l’effetto di impedire di fornire la prova certa che i requisiti sostanziali sono stati soddisfatti. Pertanto, il requisito formale relativo al numero di identificazione IVA non potrebbe rimettere in discussione il diritto all’esenzione dall’IVA qualora i requisiti sostanziali fossero soddisfatti, il che avverrebbe nel procedimento principale.

35.      È alla luce di tali circostanze che il Finanzgericht München (tribunale finanziario di Monaco di Baviera) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se gli articoli 22, paragrafo 8, e 28 quater, parte A, lettera a), primo comma, e d), della [sesta direttiva] autorizzino gli Stati membri a negare il beneficio dell’esenzione per una cessione intracomunitaria (nel caso di specie, un trasferimento intracomunitario) qualora, pur non avendo il fornitore adottato tutte le misure che possono ragionevolmente essergli richieste in relazione a requisiti formali relativi all’indicazione del numero d’identificazione IVA, non sussista alcun indizio serio che deponga a favore della sussistenza di una frode, il bene sia stato trasferito a destinazione di un altro Stato membro e risultino soddisfatti anche gli altri requisiti per il riconoscimento dell’esenzione».

IV –       Procedimento dinanzi alla Corte

36.      La domanda di pronuncia pregiudiziale è stata registrata presso la cancelleria della Corte il 21 gennaio 2015.

37.      Hanno presentato osservazioni scritte l’ufficio tributario di Schrobenhausen i governi greco e portoghese, nonché la Commissione europea.

38.      All’udienza svoltasi il 20 gennaio 2016, i rappresentanti dell’ufficio tributario di Schrobenhausen, il governo tedesco e la Commissione sono comparsi per esporre le loro osservazioni orali.

V –          Analisi della questione pregiudiziale

39.      Il giudice del rinvio chiede se gli articoli 22, paragrafo 8, e 28 quater, parte A, lettera a), primo comma, e d), della sesta direttiva, debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a che l’amministrazione fiscale dello Stato d’origine neghi l’esenzione di un trasferimento intracomunitario adducendo che il soggetto passivo non ha comunicato il numero di identificazione IVA attribuito dallo Stato di destinazione, ove non sussista alcun indizio serio che suggerisca l’esistenza di una frode fiscale, il bene sia stato trasferito a destinazione di un altro Stato membro e risultino soddisfatti anche gli altri requisiti per il riconoscimento dell’esenzione.

40.      Un trasferimento intracomunitario consiste, per un soggetto passivo, nel trasferimento di un bene materiale della sua impresa dal territorio di uno Stato membro verso il territorio di un altro Stato membro, per le esigenze della sua impresa.

41.      In linea di principio, questo tipo di operazione è esente da imposta nello Stato d’origine ed è soggetto ad IVA nello Stato di destinazione, nel rispetto del principio della neutralità dell’IVA. La controversia di cui al procedimento principale verte sul diniego dello Stato d’origine (nella specie, la Repubblica federale tedesca) di concedere l’esenzione in quanto il soggetto passivo non ha comunicato, alle autorità di tale Stato, il numero di identificazione IVA attribuito dallo Stato di destinazione (nella specie, il Regno di Spagna).

42.      Mi preme mettere in evidenza tre rilievi di fatto svolti dal giudice del rinvio. In primo luogo, tale giudice ritiene che non esistano indizi seri di una frode fiscale. In secondo luogo, detto giudice aggiunge che tutti i requisiti previsti per beneficiare dell’esenzione sono soddisfatti, ad eccezione dell’obbligo di comunicare il numero di identificazione IVA attribuito dallo Stato di destinazione. In terzo luogo, lo stesso giudice precisa che la comunicazione di tale numero non avrebbe contribuito a chiarire il contesto fattuale, essendo quest’ultimo già noto. È alla luce di queste tre constatazioni che risponderò alla questione sollevata.

A –          Il regime applicabile ai trasferimenti intracomunitari

43.      Il regime dei trasferimenti intracomunitari è stato creato in occasione dell’introduzione del «regime transitorio di tassazione degli scambi tra Stati membri» con la direttiva 91/680/CEE del Consiglio, del 16 dicembre 1991, che completa il sistema comune di imposta sul valore aggiunto e modifica, in vista della soppressione delle frontiere fiscali, la direttiva 77/388 (GU L 376, pag. 1).

44.      Nell’ambito di tale regime transitorio, il trasferimento intracomunitario è, da un lato, assimilato ad una cessione di beni ed esentato nello Stato d’origine, nonché, dall’altro, assimilato ad un acquisto intracomunitario soggetto ad IVA nello Stato di destinazione. Tale trattamento dei trasferimenti intracomunitari è conforme all’obiettivo del regime transitorio di tassazione degli scambi tra Stati membri, consistente nell’attribuzione del gettito fiscale allo Stato membro in cui ha luogo il consumo finale dei beni ceduti (2).

1.            Assimilazione del trasferimento intracomunitario ad una cessione di un bene effettuata a titolo oneroso nello Stato d’origine

45.      Un trasferimento intracomunitario non costituisce una cessione di beni alla luce della definizione fissata all’articolo 5, paragrafo 1, della sesta direttiva. Infatti, ai sensi di tale disposizione, una cessione di beni esige il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario. Orbene, nell’ambito di un trasferimento intracomunitario, il soggetto passivo conserva il potere di disporre dei beni in questione come proprietario, in quanto detti beni vengono semplicemente trasferiti verso una parte della sua impresa situata in un altro Stato membro.

46.      Tale elemento consente di distinguere i trasferimenti intracomunitari dalle cessioni intracomunitarie «ordinarie». Allorché il potere di disporre di un bene materiale come proprietario viene trasferito ad un altro soggetto passivo (oppure ad una persona giuridica che non è soggetto passivo) che agisce in quanto tale in un altro Stato membro, l’operazione deve essere qualificata come cessione intracomunitaria «ordinaria». Viceversa, se detto potere non viene trasferito, in quanto il bene in questione resta destinato all’impresa del soggetto passivo di cui trattasi, l’operazione costituisce un trasferimento intracomunitario.

47.      Condivido l’analisi del giudice del rinvio, secondo cui le operazioni effettuate dal sig. Plöckl devono essere qualificate non come cessione intracomunitaria «ordinaria» a D, bensì come trasferimento intracomunitario (perfezionato con la spedizione del veicolo verso la Spagna) seguito da una cessione di un bene a D (perfezionata con la vendita del veicolo). Infatti, la qualificazione come cessione intracomunitaria esige, a mio avviso, che l’identità dell’acquirente sia nota al momento del trasporto o della spedizione del bene in un altro Stato membro, il che non è avvenuto nel caso della controversia di cui al procedimento principale, stando agli accertamenti del giudice del rinvio (3).

48.      Risulta da quanto precede che, fondandosi unicamente sulla definizione sancita all’articolo 5, paragrafo 1, della sesta direttiva, un trasferimento intracomunitario non dovrebbe essere soggetto ad IVA.

49.      Tuttavia, l’articolo 28 bis, paragrafo 5, lettera b), della sesta direttiva assimila il trasferimento intracomunitario ad una cessione di beni effettuata a titolo oneroso.

50.      L’utilizzazione della tecnica dell’assimilazione ha un’implicazione pratica significativa. Infatti, un trasferimento intracomunitario può essere soggetto ad IVA solo qualora siano soddisfatte tutte le condizioni di assimilazione previste dall’articolo 28 bis, paragrafo 5, lettera b), della sesta direttiva. Le cinque condizioni di assimilazione, quali risultano da tale disposizione, sono le seguenti:

–        il trasferimento deve essere effettuato da un soggetto passivo o per suo conto;

–        il trasferimento deve avere ad oggetto un bene materiale dell’impresa del soggetto passivo;

–        il bene deve essere spedito o trasportato fuori dal territorio di cui all’articolo 3 di tale direttiva ma all’interno dell’Unione (vale a dire dal territorio di uno Stato membro verso il territorio di un altro Stato membro);

–        il bene deve essere trasferito per le esigenze dell’impresa, e

–        il bene non viene trasferito per le esigenze di una delle operazioni elencate da detta disposizione (4).

51.      Aggiungo che, ai sensi delle norme classiche in materia di ripartizione dell’onere della prova, incombe alle autorità tributarie apportare la prova che tali condizioni di assimilazione sono soddisfatte prima di assoggettare un trasferimento intracomunitario ad IVA. È vero che il compito incombente alle autorità tributarie è facilitato dall’imposizione di obblighi in materia di dichiarazioni a carico dei soggetti passivi (5); ciò non toglie, tuttavia, che tali autorità non possono assoggettare un trasferimento intracomunitario ad IVA senza aver accertato che tutte le condizioni di assimilazione sono soddisfatte.

52.      Per quanto attiene al luogo del trasferimento intracomunitario assimilato ad una cessione di beni, occorre applicare le disposizioni che disciplinano il luogo delle cessioni di beni. Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva, si ritiene che il luogo di tale trasferimento intracomunitario «assimilato» sia situato nel territorio dello Stato in cui il bene si trova al momento iniziale della spedizione o del trasporto, ossia, nel procedimento principale, la Repubblica federale tedesca.

2.            L’esenzione del trasferimento intracomunitario nello Stato d’origine

53.      L’articolo 28 quater, parte A, lettera d), della sesta direttiva dispone che gli Stati membri esentano le cessioni di beni ai sensi dell’articolo 28 bis, paragrafo 5, lettera b) di tale direttiva «che beneficerebbero delle esenzioni di cui sopra se fossero effettuate ad un altro soggetto passivo».

54.      Da un punto di vista logico, è legittimo interrogarsi sulla ratio di tale disposizione di estensione dell’ambito di applicazione delle esenzioni previste all’articolo 28 quater, parte A, lettere da a), a c), della sesta direttiva. Infatti, si pone la questione se l’assimilazione prevista all’articolo 28 bis, paragrafo 5, lettera b), della sesta direttiva, non sia sufficiente a far ricadere i trasferimenti intracomunitari nell’ambito di applicazione di tali esenzioni.

55.      A mio avviso, tale disposizione di estensione era necessaria a causa della menzione esplicita di due persone distinte, ossia il venditore e l’acquirente, in ciascuna di tali disposizioni. Poiché un trasferimento intracomunitario implica, per definizione, una sola persona, è stato necessario estendere il loro ambito di applicazione ai trasferimenti intracomunitari che ne avrebbero beneficiato se essi fossero stati effettuati «ad un altro soggetto passivo».

56.      Restano da esaminare i requisiti sostanziali che devono essere soddisfatti affinché un trasferimento intracomunitario benefici dell’esenzione prevista all’articolo 28 quater, parte A, lettera d), della sesta direttiva. Tali requisiti sostanziali variano in funzione dei beni oggetto della transazione, ossia dei mezzi di trasporto nuovi, dei prodotti soggetti ad accisa o di altri beni, contemplati rispettivamente dall’articolo 28 quater, parte A, lettera b), c) e a), della sesta direttiva.

57.      Alla luce del testo della questione pregiudiziale, il giudice del rinvio ritiene che sia rilevante nel procedimento principale l’articolo 28 quater, parte A, lettera a), della sesta direttiva , ossia la disposizione che sancisce l’esenzione per gli «altri beni». Tale scelta implica che il veicolo trasferito dal sig. Plöckl non fosse un «mezzo di trasporto nuovo» ai sensi degli articoli 28 bis, paragrafo 2, e 28 quater, parte A, lettera b), di tale direttiva, circostanza che spetta al giudice del rinvio determinare.

58.      Di conseguenza, occorre individuare i requisiti sostanziali previsti al fine di beneficiare dell’esenzione sancita congiuntamente all’articolo 28 quater, parte A, lettere a) e d) della sesta direttiva.

59.      Da un lato, in applicazione dell’articolo 28 quater, parte A, lettera d), di tale direttiva, l’operazione in questione deve essere un trasferimento intracomunitario ai sensi dell’articolo 28 bis, paragrafo 5, lettera b), di detta direttiva. Pertanto, l’operazione deve soddisfare le cinque condizioni di assimilazione individuate al paragrafo 50 delle presenti conclusioni.

60.      Dall’altro, i requisiti sostanziali imposti dall’articolo 28 quater, parte A, lettera a), primo comma, della stessa direttiva, sono i seguenti:

–        i beni devono essere spediti o trasportati, dal venditore o dall’acquirente o per loro conto, fuori dal territorio di cui all’articolo 3 ma all’interno dell’Unione (vale a dire dal territorio di uno Stato membro verso il territorio di un altro Stato membro), e

–        la cessione deve essere effettuata per un altro soggetto passivo o per un ente che non è soggetto passivo, che agisce in quanto tale in uno Stato membro diverso dallo Stato di partenza della spedizione o del trasporto dei beni.

61.      A mio avviso, il fatto di soddisfare le cinque condizioni di assimilazione individuate al paragrafo 50 delle presenti conclusioni implica necessariamente che i requisiti sostanziali imposti all’articolo 28 quater, parte A, lettera a), primo comma, della sesta direttiva verranno soddisfatti. In particolare, il fatto di trasferire un bene «per le esigenze dell’impresa» implica che il trasferimento sia effettuato per un soggetto passivo «che agisce in quanto tale» (6).

62.      Pertanto, l’unico requisito sostanziale supplementare imposto dall’articolo 28 quater, parte A, lettera a), della sesta direttiva è ravvisabile nelle esclusioni definite al secondo comma di tale disposizione. Tuttavia, nessun elemento del fascicolo sottoposto alla Corte suggerisce che il sig. Plöckl sia interessato dall’una o l’altra di tali esclusioni. Tale disposizione non è peraltro stata menzionata dal giudice del rinvio nella questione pregiudiziale sottoposta alla Corte.

63.      Risulta da quanto precede che i requisiti sostanziali che il sig. Plöckl deve soddisfare, nella causa principale, per poter beneficiare dell’esenzione sancita congiuntamente all’articolo 28 quater, parte A, lettera a) e d) della sesta direttiva, hanno una portata equivalente a quella delle condizioni di assimilazione fissate all’articolo 28 bis, paragrafo 5, lettera b), di tale direttiva, come individuate al paragrafo 50 delle presenti conclusioni. Tale elemento riveste un’importanza particolare nella risposta che suggerisco alla Corte (7).

3.            Assimilazione del trasferimento intracomunitario ad un acquisto intracomunitario effettuato a titolo oneroso nello Stato di destinazione

64.      L’articolo 28 bis, paragrafo 3, della sesta direttiva, definisce l’acquisto intracomunitario di un bene come l’acquisizione del potere di disporre come proprietario di un bene mobile materiale spedito o trasportato in uno Stato membro diverso dallo Stato di partenza della spedizione o del trasporto del bene.

65.      Alla luce di tale definizione, un trasferimento intracomunitario non può costituire un acquisto intracomunitario nello Stato di destinazione del bene, dal momento che esso non comporta il trasferimento ad un altra persona del potere di disporre del bene come proprietario (8).

66.      I trasferimenti intracomunitari sono tuttavia assimilati ad acquisizioni comunitarie effettuate a titolo oneroso dall’articolo 28 bis, paragrafo 6, della sesta direttiva.

67.      Per quanto attiene al luogo del trasferimento intracomunitario assimilato ad un acquisto intracomunitario, devono essere applicate le disposizioni che disciplinano il luogo degli acquisiti intracomunitari. Ai sensi dell’articolo 28 ter, parte A, paragrafo 1, della sesta direttiva, è considerato luogo di tale trasferimento intracomunitario «assimilato» il territorio dello Stato in cui il bene si trova al momento dell’arrivo della spedizione o del trasporto a destinazione dell’acquirente, ossia, nel procedimento principale, il Regno di Spagna.

B –          L’obbligo di comunicare il numero di identificazione IVA attribuito dallo Stato di destinazione è un requisito formale ai fini dell’esenzione dei trasferimenti intracomunitari

68.      La controversia di cui al procedimento principale verte sul diniego dell’ufficio tributario di Schrobenhausen di esentare il trasferimento, da parte del sig. Plöckl, di un autoveicolo dalla Germania alla Spagna, per il fatto che questi non gli ha comunicato il numero di identificazione IVA attribuito da quest’ultimo Stato.

69.      L’ufficio tributario di Schrobenhausen, il governo tedesco e la Commissione hanno sottolineato, in udienza, l’importanza della funzione svolta dalla comunicazione del numero di identificazione IVA attribuito dallo Stato di destinazione ai fini del controllo delle transazioni intracomunitarie. Dato il numero considerevole di tali transazioni, sarebbe impossibile, nella prassi, procedere ad un controllo individualizzato di ciascuna di esse. Di conseguenza, le amministrazioni tributarie degli Stati membri procederebbero ad un controllo automatizzato di tali transazioni, il quale non potrebbe essere attuato se i soggetti passivi non avessero l’obbligo di comunicare il numero di identificazione IVA del destinatario nello Stato di destinazione.

70.      Il giudice del rinvio e il governo portoghese hanno parimenti menzionato il sistema attuato dal regolamento n. 1798/2003. L’articolo 17 di tale regolamento prevede uno scambio automatico di informazioni fra amministrazioni tributarie in tre ipotesi, ossia se la tassazione deve aver luogo nello Stato membro di destinazione e l’efficacia del sistema di controllo dipende necessariamente dalle informazioni fornite dallo Stato membro di origine; se uno Stato membro ha motivo di credere che nell’altro Stato membro è stata o potrebbe essere stata violata la legislazione sull’IVA, e se esiste un rischio di perdita di gettito fiscale nell’altro Stato membro.

71.      Inoltre, gli articoli da 22 a 24 del regolamento n. 1798/2003 mettono in atto l’archiviazione elettronica e lo scambio automatico di informazioni per quanto attiene alle transazioni intracomunitarie, concernenti i numeri di identificazione IVA in ciascuno Stato membro, nonché il valore totale delle forniture intracomunitarie di beni fra due persone titolari di tali numeri.

72.      Poiché la giurisprudenza della Corte non collega alla violazione dei requisiti sostanziali le stesse conseguenze previste per i requisiti formali (9), è necessario stabilire se l’obbligo di comunicare un numero di identificazione IVA attribuito dallo Stato di destinazione sia un requisito formale o un requisito sostanziale ai fini della concessione dell’esenzione controversa.

73.      Nelle loro osservazioni scritte e orali, l’ufficio tributario di Schrobenhausen, nonché i governi tedesco e portoghese hanno fatto valere che tale obbligo doveva essere qualificato non come requisito formale, bensì come requisito «sostanziale», come requisito «quasi-sostanziale» o, ancora, come requisito «formale munito di effetti sostanziali».

74.      Ritengo, tuttavia, che detto obbligo debba essere qualificato come «requisito formale» per i seguenti motivi.

75.      Da un lato, il metodo applicato dalla Corte per individuare i requisiti sostanziali cui è subordinato il diritto ad un’esenzione o alla detrazione dell’IVA consiste in un’analisi del testo della disposizione della direttiva che stabilisce il diritto fatto valere (10).

76.      Nella specie, l’esenzione fatta valere dal sig. Plöckl è sancita congiuntamente all’articolo 28 quater, parte A, lettere a) e d), della sesta direttiva. Orbene, l’obbligo di comunicare un numero di identificazione IVA attribuito dallo Stato di destinazione non è menzionato nel testo di nessuna di queste due disposizioni. I requisiti sostanziali che possono essere individuati tramite un’«analisi» del testo di queste due disposizioni sono stati elencati ai paragrafi 59 e 60 delle presenti conclusioni.

77.      Dall’altro lato, l’obbligo di essere identificati ai fini dell’IVA (11) e quello di comunicare il numero di identificazione IVA (12) sono stati costantemente considerati requisiti formali da parte della Corte per quanto attiene sia al diritto a detrazione sia all’esenzione delle cessioni intracomunitarie. Non sussiste, per quanto mi consta, alcun motivo per ritornare su tale giurisprudenza nel contesto dell’esenzione dei trasferimenti intracomunitari.

78.      Risulta da quanto precede che il sig. Plöckl, non comunicando il numero spagnolo di identificazione IVA all’ufficio tributario di Schrobenhausen, ha violato un requisito di forma imposto dal legislatore tedesco ai fini della concessione dell’esenzione dei trasferimenti intracomunitari. Occorre adesso determinare le conseguenze della violazione di un siffatto requisito di forma alla luce dei principi sanciti dalla Corte.

C –          La giurisprudenza sull’inosservanza dei requisiti di forma in materia di IVA

79.      Si pone la questione se l’esenzione dei trasferimenti intracomunitari prevista all’articolo 28 quater, parte A, lettera a) e d), della sesta direttiva, possa essere negata dalle autorità tributarie dello Stato d’origine a causa della violazione di un requisito di forma quale l’obbligo di comunicare un numero di identificazione IVA attribuito dallo Stato di destinazione.

80.      La giurisprudenza della Corte in materia di IVA è caratterizzata da un rigetto del formalismo. Tale rigetto del formalismo si traduce, nella prassi, in un obbligo, per le autorità tributarie degli Stati membri, di concedere il beneficio di un diritto allorché tutti i requisiti sostanziali sono soddisfatti, e ciò anche qualora taluni requisiti di forma non siano stati rispettati (13).

81.      Tale rigetto del formalismo conosce tuttavia due eccezioni. Da un lato, tale principio non può essere invocato da un soggetto passivo che ha partecipato intenzionalmente ad una frode in materia di IVA (14). Dall’altro, esso non può essere invocato da un soggetto passivo per affrancarsi dal proprio obbligo di dimostrare che egli soddisfa i requisiti sostanziali (15). Illustrerò nel prosieguo i motivi per cui ritengo che queste due eccezioni non siano applicabili in circostanze come quelle che caratterizzano la controversia di cui al procedimento principale, cosicché l’ufficio tributario di Schrobenhausen doveva esentare il trasferimento intracomunitario effettuato dal sig. Plöckl.

82.      Alla luce di talune osservazioni scritte e orali sottoposte alla Corte, negherò parimenti l’esistenza di un’ipotetica terza eccezione al principio del rigetto del formalismo, che avrebbe origine nella sentenza VSTR (C-587/10, EU:C:2012:592), e in forza della quale il beneficio di un’esenzione potrebbe essere negato qualora il soggetto passivo non abbia adottato tutte le misure che possono ragionevolmente essergli richieste per soddisfare i requisiti di forma (16).

1.            Il principio del rigetto del formalismo sancito nella sentenza Collée (C-146/05, EU:C:2007:549)

83.      Nella sentenza Collée (C-146/05, EU:C:2007:549), la quale verteva sul rifiuto di esentare una cessione intracomunitaria sulla base del rilievo secondo cui la prova contabile di tale cessione era stata prodotta tardivamente, la Corte ha ravvisato le fonti del principio del rigetto del formalismo in materia di IVA nel carattere oggettivo delle nozioni definite dalla normativa IVA da un lato, e nel principio di neutralità fiscale, dall’altro.

84.      Secondo le parole utilizzate dalla Corte, «un provvedimento nazionale che essenzialmente subordini il diritto all’esenzione di una cessione intracomunitaria al rispetto di obblighi di forma senza prendere in considerazione i requisiti sostanziali e, in particolare, senza porsi la questione se questi ultimi siano soddisfatti eccede quanto è necessario per assicurare l’esatta riscossione dell’[IVA]» (17).

85.      Secondo la Corte, «le operazioni devono essere tassate prendendo in considerazione le loro caratteristiche oggettive. Orbene, per quanto riguarda la determinazione del carattere intracomunitario di una cessione, dalla giurisprudenza della Corte emerge che, se una cessione soddisfa le condizioni previste dall’art[icolo] 28 quater, parte A, lett[era] a), primo comma, della sesta direttiva, nessuna IVA è dovuta per tale genere di cessione» (18).

86.      Di conseguenza, «il principio di neutralità fiscale esige (…) che l’esenzione dall’IVA sia accordata se i requisiti sostanziali sono soddisfatti, anche se certi requisiti formali sono stati omessi da parte dei soggetti passivi» (19).

87.      Tale principio, secondo il quale il principio di neutralità fiscale esige che la detrazione o l’esenzione dall’IVA «sia accordata se i requisiti sostanziali sono soddisfatti, anche se certi requisiti formali sono stati omessi da parte dei soggetti passivi» (in prosieguo: il «principio del rigetto del formalismo»), è stato applicato a più riprese dalla Corte, tanto in relazione al diritto a detrazione (20) quanto in relazione all’esenzione delle cessioni intracomunitarie (21).

88.      Inoltre, tale principio è stato applicato a diversi requisiti di forma, come l’obbligo di identificarsi ai fini dell’IVA (22), l’obbligo di comunicare il numero di identificazione IVA della controparte contrattuale (23), oppure gli obblighi di redigere una dichiarazione (24), una fattura (25) e una contabilità (26) conformi alla sesta direttiva.

89.      Per quanto riguarda la controversia di cui al procedimento principale, il giudice del rinvio ha constatato che il sig. Plöckl soddisfa tutti i requisiti previsti per beneficiare dell’esenzione del suo trasferimento intracomunitario, ad eccezione dell’obbligo di comunicare un numero di identificazione IVA attribuito dallo Stato di destinazione (27).

90.      Poiché quest’ultimo obbligo è un requisito di forma, può essere desunto da tale constatazione che il sig. Plöckl soddisfa tutti i requisiti sostanziali previsti per beneficiare di tale esenzione. Pertanto, l’ufficio tributario di Schrobenhausen era tenuto ad esentare, in linea di principio, il trasferimento intracomunitario effettuato dal sig. Plöckl.

91.      Si dovrebbe giungere ad una diversa conclusione solo se la situazione del sig. Plöckl rientrasse in una delle due eccezioni al principio del rigetto del formalismo. Ritengo, tuttavia, che ciò non avvenga, per i seguenti motivi.

2.            Prima eccezione: partecipazione intenzionale ad una frode fiscale

92.      Secondo la giurisprudenza della Corte, il principio del rigetto del formalismo deve essere disapplicato qualora il soggetto passivo abbia «partecipato intenzionalmente ad una frode fiscale mettendo a repentaglio il corretto funzionamento del sistema comune dell’IVA». La Corte ha dichiarato, infatti, che il principio di neutralità fiscale, il quale è all’origine del rigetto del formalismo (28), non può essere validamente invocato da un soggetto passivo che ha partecipato intenzionalmente ad una frode fiscale (29).

93.      Al riguardo si deve ricordare che, nel contesto del procedimento instaurato in forza dell’articolo 267 TFUE, la Corte non è competente a verificare e nemmeno a valutare le circostanze di fatto relative al procedimento principale. Spetta quindi al giudice nazionale effettuare una valutazione globale di tutti gli elementi e le circostanze di fatto relativi a detto procedimento onde stabilire se il soggetto passivo abbia agito in buona fede e abbia adottato tutte le misure che gli si potevano ragionevolmente richiedere per garantire che l’operazione realizzata non la conducesse a partecipare a una frode fiscale (30).

94.      Orbene, nella specie, si evince dall’ordinanza di rinvio che è pacifico fra le parti nel procedimento principale che il sig. Plöckl non ha partecipato ad una frode fiscale. Stando al testo stesso della questione pregiudiziale sottoposta alla Corte, il giudice del rinvio ritiene che non esista alcun indizio serio che deponga a favore dell’esistenza di una frode. Il giudice del rinvio rileva, a tal riguardo, i seguenti elementi. Da un lato, il sig. Plöckl ha comunicato tutti i dati rilevanti all’ufficio tributario di Schrobenhausen (31), e in particolare la data della spedizione del veicolo in Spagna, l’identità del destinatario di tale spedizione (un concessionario), la data della vendita del veicolo in Spagna, nonché l’identità e il numero di identificazione IVA in Spagna dell’acquirente (nella specie D) (32). Dall’altro, il sig. Plöckl avrebbe, in ogni caso, beneficiato della detrazione dell’IVA dovuta sul trasferimento intracomunitario in Spagna, dal momento che tale trasferimento è stato effettuato ai fini della cessione di beni imponibile a D (33).

95.      Risulta da quanto precede che il sig. Plöckl non rientra, a mio avviso, nell’ambito della prima eccezione al principio del rigetto del formalismo.

3.            Seconda eccezione: obbligo di fornire la prova del rispetto dei requisiti sostanziali

96.      Secondo la giurisprudenza della Corte, il principio del rigetto del formalismo deve essere respinto anche qualora «la violazione dei requisiti formali abbia l’effetto di impedire che sia fornita la prova certa del rispetto dei requisiti sostanziali». Questa seconda eccezione al principio del rigetto del formalismo, attinente alle prove che possono essere richieste ai soggetti passivi dalle autorità tributarie degli Stati membri, è stata sancita dalla Corte in relazione tanto al diritto a detrazione (34) quanto all’esenzione delle cessioni intracomunitarie (35).

97.      Tale eccezione è conforme ai principi classici che disciplinano l’onere della prova, secondo i quali spetta alla persona che rivendica un vantaggio fiscale dimostrare di soddisfare i requisiti all’uopo stabiliti. In materia di esenzione delle cessioni intracomunitarie, la Corte ha dunque precisato che spetta al fornitore di beni produrre la prova che sono soddisfatte le condizioni di applicazione dell’articolo 28 quater, parte A, lettera a), primo comma, della sesta direttiva (36).

98.      La Corte ha tuttavia previsto un’«eccezione a tale eccezione», la quale riveste un’importanza particolare nella presente causa. Infatti, secondo una giurisprudenza costante della Corte, poiché l’amministrazione tributaria dispone delle informazioni necessarie per accertare che i requisiti sostanziali sono soddisfatti, essa non può imporre condizioni supplementari che possono avere l’effetto di vanificare l’esercizio del diritto fatto valere (37).

99.      Nella controversia di cui al procedimento principale, la comunicazione del numero di identificazione IVA attribuito in Spagna, richiesto dall’ufficio tributario di Schrobenhausen, potrebbe contribuire a dimostrare la qualità di soggetto passivo del sig. Plöckl in tale Stato (38).

100. Tuttavia, il regime dei trasferimenti intracomunitari, applicabile nel procedimento principale, presenta una peculiarità a tal riguardo. Alla luce del fatto che, in forza dell’articolo 28 bis, paragrafo 5, lettera b), della sesta direttiva, la spedizione o il trasporto del bene «per le esigenze dell’impresa» del soggetto passivo costituisce una condizione sostanziale ai fini dell’assimilazione di un trasferimento intracomunitario ad una cessione di beni effettuata a titolo oneroso, e poiché l’ufficio tributario di Schrobenhausen ha constatato l’esistenza di una siffatta operazione imponibile, si pone la questione se esso possa ancora negare l’esenzione dall’IVA prevista all’articolo 28 quater, parte A, lettera d), di tale direttiva, in quanto il soggetto passivo non ha fornito la prova che tale trasferimento è stato realizzato «per un soggetto passivo che agisce in quanto tale».

101. Come affermato in precedenza, il fatto, per un soggetto passivo, il trasferimento di un bene «per le esigenze dell’impresa» (requisito sostanziale nella fase dell’assimilazione del trasferimento ad una cessione di beni effettuata a titolo oneroso) implica che il trasferimento venga effettuato per un soggetto passivo «che agisce in quanto tale», vale a dire che agisce nell’ambito della sua attività imponibile (requisito sostanziale nella fase dell’esenzione del trasferimento) (39).

102. Pertanto, dal momento che l’ufficio tributario di Schrobenhausen ha deciso di tassare il trasferimento intracomunitario realizzato dal sig. Plöckl, occorre dedurne che l’ufficio tributario di Schrobenhausen disponeva di tutti i dati necessari per accertare che il trasferimento era stato effettuato «per le esigenze dell’impresa» e, dunque, per un soggetto passivo «che agisce in quanto tale». Particolarmente rilevante risulta, al riguardo, il fatto che l’ufficio tributario di Schrobenhausen era in possesso di una fattura comunicata dal sig. Plöckl, la quale attestava la vendita del veicolo in questione a D (40). Aggiungo che il giudice del rinvio considera parimenti dimostrato il fatto che il sig. Plöckl ha spedito il veicolo dalla Germania alla Spagna per continuare ad utilizzarlo a fini professionali (41).

103. Ne consegue, a mio avviso, che l’ufficio tributario di Schrobenhausen disponeva dei dati necessari ad accertare che i requisiti sostanziali richiesti per beneficiare dell’esenzione controversa erano soddisfatti. Pertanto, il sig. Plöckl non rientra nell’ambito della seconda eccezione al principio del rigetto del formalismo.

D –          Sull’assenza di un’eccezione al principio del rigetto del formalismo introdotta dalla sentenza VSTR (C-587/10, EU:C:2012:592)

104. L’ufficio tributario di Schrobenhausen, il governo portoghese e la Commissione hanno argomentato da taluni passi della sentenza VSTR(C-587/10, EU:C:2012:592), e segnatamente dai suoi punti 52 e 58, per supportare il riconoscimento di ciò che, a mio avviso, costituirebbe una terza eccezione al principio del rigetto del formalismo.

105. A loro avviso, la Corte avrebbe consentito alle autorità tributarie di negare il beneficio di un diritto rivendicato da un soggetto passivo, sebbene tutti i requisiti sostanziali siano soddisfatti, qualora tale soggetto passivo non abbia adottato tutte le misure gli si possono ragionevolmente richiedere per soddisfare un requisito formale. Tale argomentazione riveste un’importanza particolare nella presente causa, dal momento che il giudice del rinvio ha esplicitamente interpellato la Corte sul punto.

106. A mio avviso, una siffatta interpretazione «restrittiva» della sentenza VSTR (C-587/10, EU:C:2012:592) deve essere respinta per i tre seguenti motivi.

107. In primo luogo, ritengo che tale interpretazione restrittiva si fondi su una lettura erronea della sentenza VSTR (C-587/10, EU:C:2012:592). Occorre rammentare che tale causa verteva sul diniego dell’esenzione prevista per le cessioni intracomunitarie a causa dell’inosservanza di un requisito formale imposto al fornitore, consistente nella comunicazione del numero di identificazione IVA dell’acquirente (v. punto 39 di tale sentenza).

108. Ai punti da 40 a 47 di detta sentenza, la Corte riassume la propria giurisprudenza anteriore in materia di limitazioni al potere degli Stati membri di subordinare l’esenzione delle cessioni intracomunitarie al rispetto di requisiti formali, incluso il rispetto dei requisiti in materia di prova. In particolare, i punti da 45 a 46 della stessa sentenza ricordano che il principio di neutralità dell’IVA impone il rigetto del formalismo, salvo che nell’ipotesi della partecipazione intenzionale del soggetto passivo ad una frode. Per contro, la Corte non fa alcuna allusione all’esistenza di un’eccezione al rigetto del formalismo allorché il soggetto passivo non abbia adottato tutte le misure che gli si possono ragionevolmente richiedere per soddisfare un requisito di forma.

109. Ai punti da 48 a 53 della sentenza VSTR (C-587/10, EU:C:2012:592), la Corte procede all’applicazione dei principi precedentemente richiamati alle circostanze peculiari di tale causa. In particolare, al punto 51 di tale sentenza, la Corte applica il principio del rigetto del formalismo:

«Benché, quindi, il numero d’identificazione IVA fornisca la prova dello status fiscale del soggetto passivo ed agevoli il controllo delle operazioni intracomunitarie, si tratta tuttavia soltanto di un requisito formale che non può rimettere in discussione il diritto all’esenzione dall’IVA qualora ricorrano le condizioni sostanziali di una cessione intracomunitaria».

110. Al punto 52 di detta sentenza, riprodotto parzialmente al punto 58 della medesima sentenza e sul quale si fonda l’interpretazione restrittiva suggerita dalle parti menzionate al paragrafo 104 delle presenti conclusioni, la Corte esamina la rilevanza della prima eccezione a tale principio, ossia la partecipazione del soggetto passivo ad una frode fiscale, alla luce delle circostanze concrete che caratterizzano il procedimento principale:

«Di conseguenza, anche se è legittimo esigere che il fornitore agisca in buona fede e adotti tutte le misure che gli si possono ragionevolmente richiedere al fine di assicurarsi che l’operazione effettuata non lo conduca a partecipare ad una frode fiscale (…), gli Stati membri eccederebbero quanto strettamente necessario per l’esatta riscossione dell’imposta qualora negassero il beneficio dell’esenzione dall’IVA ad una cessione intracomunitaria unicamente in ragione del fatto che il numero d’identificazione IVA non è stato comunicato dal fornitore, anche qualora quest’ultimo non possa, in buona fede, e dopo aver adottato tutte le misure che gli si possono ragionevolmente richiedere, comunicare detto numero, ma fornisca invece altre indicazioni in grado di dimostrare sufficientemente che l’acquirente è un soggetto passivo che agisce in quanto tale nell’operazione di cui trattasi» (il corsivo è mio).

111. A mio avviso, la prima parte della frase richiama il principio della prima eccezione al rigetto del formalismo, mentre l’ultima parte della frase, introdotta dalla locuzione «anche qualora», procede ad un’applicazione in concreto di tale eccezione. La Corte ha dichiarato, in tal senso, che la partecipazione del fornitore ad una frode poteva essere esclusa alla luce della circostanza che tale fornitore non poteva, in buona fede e dopo aver adottato tutte le misure che gli si potevano ragionevolmente richiedere, comunicare il numero di identificazione dell’acquirente. Il punto 53 della stessa sentenza avvalora tale interpretazione, dal momento che la Corte ivi conclude che «[n]é l’uno né l’altro operatore sembrano pertanto aver agito in modo fraudolento» (il corsivo è mio).

112. Di conseguenza, e contrariamente alle allegazioni dell’ufficio tributario di Schrobenhausen, del governo portoghese e della Commissione, il punto 52 della sentenza VSTR (C-587/10, EU:C:2012:592) non introduce una terza eccezione al principio del rigetto del formalismo, in forza della quale il soggetto passivo sarebbe tenuto ad adottare tutte le misure che gli si possono ragionevolmente richiedere per soddisfare ogni requisito di forma, pena la perdita del beneficio dell’esenzione. A mio avviso, in tal sede la Corte si è limitata a richiamare e ad applicare la prima eccezione a tale principio, in forza della quale il soggetto passivo deve adottare tutte le misure che gli si possono ragionevolmente richiedere al fine di assicurarsi che l’operazione effettuata non lo conduca a partecipare ad una frode fiscale, pena la perdita del beneficio dell’esenzione.

113. In secondo luogo, l’esistenza di una terza eccezione al principio del rigetto del formalismo non viene avvalorata dalla giurisprudenza anteriore o posteriore alla sentenza VSTR (C-587/10, EU:C:2012:592). Sottolineo, a tal riguardo, che la Corte non ha menzionato l’esistenza di questa ipotetica terza eccezione, fondata sul duplice criterio della «buona fede» e delle «misure che si possono ragionevolmente richiedere al soggetto passivo», in nessuna delle sentenze pronunciate successivamente a tale sentenza, e nelle quali essa ha confermato il principio del rigetto del formalismo (42).

114. In terzo ed ultimo luogo, l’interpretazione restrittiva suggerita dall’ufficio tributario di Schrobenhausen, dal governo portoghese e dalla Commissione non è conciliabile con le soluzioni adottate dalla Corte nelle sentenze anteriori e posteriori alla sentenza VSTR (C-587/10, EU:C:2012:592). Infatti, la Corte non ha mai applicato un criterio talmente rigoroso in tali sentenze.

115. La giurisprudenza relativa alla violazione dell’obbligo di redigere una dichiarazione, una fattura e una contabilità conformi alla normativa IVA (43), dell’obbligo di identificazione ai fini dell’IVA (44) o, ancora, dell’obbligo di comunicare il numero di identificazione IVA della controparte contrattuale (45) consente di illustrare tale aspetto. Infatti, salvo circostanze eccezionali come quelle che hanno dato luogo alla sentenza VSTR (C-587/10, EU:C:2012:592, punto 53), il soggetto passivo che adotta «tutte le misure che gli si possono ragionevolmente richiedere» potrà sempre soddisfare siffatti requisiti di forma. Orbene, la Corte ha dichiarato a più riprese che l’inosservanza di un requisito di forma non poteva comportare la perdita del diritto a detrazione o dell’esenzione se i requisiti sostanziali sono soddisfatti.

116. A mio parere, un criterio così rigoroso ridurrebbe la portata del principio del rigetto del formalismo ai casi di forza maggiore. Infatti, l’inosservanza di un requisito formale comporterebbe sempre la perdita del diritto rivendicato, salvo nei casi in cui per il soggetto passivo era impossibile soddisfarli, malgrado l’adozione di tutte le misure che gli si potevano ragionevolmente richiedere. Non vi sono dubbi, a mio avviso, sul fatto una siffatta interpretazione provocherebbe un cambiamento radicale della giurisprudenza costante della Corte sul rigetto del formalismo in materia di IVA.

117. Risulta da quanto precede che l’interpretazione restrittiva della sentenza VSTR (C-587/10, EU:C:2012:592) suggerita dall’ufficio tributario di Schrobenhausen, dal governo portoghese e dalla Commissione, a favore di una terza eccezione al principio del rigetto del formalismo, deve essere respinta.

E –          Sull’impossibilità di giustificare il diniego dell’esenzione controversa con la violazione di altri obblighi imposti dalla sesta direttiva o in forza di essa

118. Nelle osservazioni scritte e orali sottoposte alla Corte sono stati fatti valere diversi obblighi imposti dalla sesta direttiva o in forza di essa per giustificare il diniego di concedere l’esenzione controversa a causa dell’omessa comunicazione di un numero di identificazione IVA attribuito dallo Stato di destinazione.

119. Una prima disposizione invocata in tale contesto è la prima frase dell’articolo 28 quater, parte A, della sesta direttiva, ai sensi del quale spetta agli Stati membri fissare le condizioni alle quali essi esentano le operazioni intracomunitarie «per assicurare una corretta e semplice applicazione delle esenzioni previste qui di seguito e prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso».

120. Risulta da una giurisprudenza costante della Corte che, nell’esercizio dei poteri conferiti da tale disposizione, gli Stati membri devono rispettare i principi generali del diritto che fanno parte dell’ordinamento giuridico dell’Unione, quali, in particolare, i principi di certezza del diritto, di proporzionalità, nonché di tutela del legittimo affidamento (46).

121. Inoltre, occorre rilevare che tale frase non è mai stata interpretata dalla Corte nel senso che essa consente agli Stati membri di negare un’esenzione a causa della mera violazione di un requisito di forma. Più specificamente, la Corte ha dichiarato a più riprese che la semplice violazione di un requisito formale, e segnatamente della necessità di comunicare il numero di identificazione IVA, non poteva comportare il diniego dell’esenzione delle cessioni intracomunitarie prevista all’articolo 28 quater, parte A, lettera a), della sesta direttiva (47). Non vedo alcun motivo per ritornare su tale giurisprudenza con riferimento ai trasferimenti intracomunitari.

122. Una seconda disposizione fatta valere per giustificare il diniego dell’esenzione controversa, e che è oggetto della questione pregiudiziale, è l’articolo 22, paragrafo 8, della sesta direttiva, nella versione che risulta dall’articolo 28 nonies della medesima, secondo il quale «gli Stati membri hanno la facoltà di stabilire altri obblighi che essi ritengano necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’[IVA] e ad evitare le frodi».

123. Mi preme sottolineare nuovamente che tale disposizione non è mai stata interpretata nel senso che essa consente agli Stati membri di negare un’esenzione a causa della mera violazione di un requisito formale. Infatti, secondo una giurisprudenza costante della Corte, le misure che gli Stati membri hanno la facoltà di adottare in forza di detta disposizione non possono rimettere in discussione il principio fondamentale della neutralità dell’IVA (48). Di conseguenza, siffatte misure non possono essere utilizzate in modo da rimettere in discussione il principio del rigetto del formalismo, il quale discende dal principio della neutralità dell’IVA (49).

124. In altre parole, è solo in caso di partecipazione intenzionale del soggetto passivo ad una frode fiscale che le autorità tributarie possono negare il beneficio di un’esenzione a causa dell’inosservanza di un requisito formale. Tale ipotesi è tuttavia esclusa dal giudice del rinvio nell’ambito della controversia di cui al procedimento principale (50).

125. Una terza categoria di disposizioni della sesta direttiva è stata invocata per giustificare il diniego dell’esenzione controversa, ossia quelle che stabiliscono taluni obblighi formali a carico dei soggetti passivi, come l’obbligo di emettere una fattura che menzioni i numeri di identificazione del venditore e dell’acquirente (articolo 22, paragrafo 3, della sesta direttiva, nella versione risultante dall’articolo 28 nonies della medesima) oppure l’obbligo di sottoscrivere un elenco riepilogativo degli acquirenti identificati ai fini dell’IVA ai quali il soggetto passivo ha effettuato cessioni di beni alle condizioni previste all’articolo 28 quater, parte A, lettera a) e d), della sesta direttiva (previsto all’articolo 22, paragrafo 6, lettera b), di tale direttiva, nella versione risultante dall’articolo 28 nonies della medesima).

126. Senza rimettere in discussione la possibilità di infliggere una sanzione proporzionata in caso di violazione di tali obblighi formali, non vedo perché una siffatta violazione possa comportare la perdita dell’esenzione prevista congiuntamente dall’articolo 28 quater, parte A, lettera a) e d) della sesta direttiva. In particolare, queste ultime disposizioni non subordinano la concessione di tale esenzione al rispetto di obblighi formali sanciti da altre disposizioni della sesta direttiva.

127. Una quarta categoria di disposizioni fatta valere per giustificare il diniego dell’esenzione controversa riguarda l’obbligo di dichiarare il trasferimento intracomunitario quale acquisto intracomunitario «assimilato» e soggetto ad IVA nello Stato di destinazione (ossia il Regno di Spagna).

128. Nella controversia di cui al procedimento principale, il sig. Plöckl ha apparentemente ritenuto che il trasferimento e la vendita del veicolo di cui al procedimento principale in Spagna costituissero una cessione intracomunitaria ordinaria prevista all’articolo 28 quater, parte A, lettera a), della sesta direttiva. Pertanto, egli non avrebbe dichiarato un acquisto intracomunitario «assimilato» nello Stato di destinazione. In tale contesto, infatti, spettava a D, acquirente del veicolo, dichiarare un acquisto intracomunitario.

129. Si evince tuttavia da una consolidata giurisprudenza che l’esenzione di una cessione intracomunitaria non può essere negata nello Stato d’origine argomentando che il corrispondente acquisto intracomunitario non è stato dichiarato nello Stato di destinazione (51).

130. Di conseguenza, nella controversia di cui al procedimento principale, l’ufficio tributario di Schrobenhausen non poteva negare l’esenzione controversa adducendo che il sig. Plöckl non aveva dichiarato il corrispondente acquisto intracomunitario in Spagna. La situazione sarebbe diversa solo nel caso di partecipazione intenzionale del soggetto passivo ad una frode fiscale (52) – ipotesi esclusa, lo ricordo, dal giudice del rinvio nella controversia di cui al procedimento principale (53).

131. Risulta da quanto precede che il rifiuto di concedere l’esenzione controversa a causa dell’omessa comunicazione di un numero di identificazione IVA attribuito dallo Stato di destinazione non può essere giustificato dalla violazione di obblighi imposti dalle summenzionate disposizioni della sesta direttiva o in forza di esse.

F –          Sulla possibilità di infliggere una sanzione in caso di violazione di tale obbligo

132. Risulta dall’insieme delle considerazioni che precedono che l’ufficio tributario di Schrobenhausen non poteva negare l’esenzione del trasferimento intracomunitario controverso sulla base del rilievo che il sig. Plöckl non aveva rispettato l’obbligo di comunicare un numero spagnolo di identificazione IVA, dal momento che:

–        tale obbligo costituisce un requisito formale;

–        non esiste alcun indizio serio che suggerisca l’esistenza di una frode, e

–        l’ufficio tributario di Schrobenhausen disponeva dei dati necessari per accertare che i requisiti sostanziali erano soddisfatti.

133. Tale conclusione mi sembra, inoltre, conforme al principio di proporzionalità. Infatti, il rifiuto di concedere l’esenzione controversa, con la doppia imposizione del trasferimento intracomunitario che potrebbe risultarne (54), costituirebbe, a mio avviso, una sanzione sproporzionata nella misura in cui, come suggerito dal giudice del rinvio, il sig. Plöckl si sarebbe unicamente reso colpevole di un errore per quanto attiene alla qualificazione giuridica dell’operazione in questione.

134. Tuttavia, l’obbligo di esentare il trasferimento intracomunitario controverso nelle circostanze che caratterizzano la controversia di cui al procedimento principale non significa che le autorità tributarie dello Stato d’origine non possano sanzionare l’omessa comunicazione, da parte del soggetto passivo, di un numero di identificazione attribuito dallo Stato di destinazione.

135. Mi preme sottolineare, a tal riguardo, che l’approccio da me suggerito non rimette in discussione il principio dell’obbligo incombente ai soggetti passivi di comunicare il numero di identificazione IVA attribuito dallo Stato di destinazione in caso di trasferimento intracomunitario, alla luce, segnatamente, della sua importanza ai fini del controllo delle transazioni intracomunitarie. In realtà, tale approccio si distingue da quello proposto dall’ufficio tributario di Schrobenhausen, dai governi tedesco e portoghese, nonché dalla Commissione solo in relazione alla sanzione collegata a tale obbligo.

136. Ritengo infatti, alla luce della giurisprudenza della Corte sul rigetto del formalismo, che la violazione dell’obbligo di comunicare il numero di identificazione IVA attribuito dallo Stato di destinazione non possa essere sanzionato con un diniego dell’esenzione controversa, contrariamente a quanto sostenuto da tali parti.

137. Tuttavia, è pacifico, a mio avviso, che la violazione di tale obbligo possa essere oggetto di una sanzione amministrativa. Risulta infatti da una giurisprudenza costante della Corte che il soggetto passivo che non rispetta i requisiti formali stabiliti dalla sesta direttiva o in forza di essa può essere punibile con una sanzione amministrativa, conformemente ai provvedimenti nazionali che traspongono tale direttiva nel diritto interno (55).

138. In mancanza di armonizzazione della normativa dell’Unione nel settore delle sanzioni applicabili in caso di inosservanza delle condizioni previste da un regime istituito da tale normativa, gli Stati membri possono infatti scegliere le sanzioni che sembrano loro appropriate. Essi sono tuttavia tenuti ad esercitare la loro competenza nel rispetto del diritto dell’Unione e dei suoi principi generali e, di conseguenza, nel rispetto del principio di proporzionalità (56).

139. Al fine di valutare se la sanzione di cui trattasi sia conforme al principio di proporzionalità, occorre tener conto, in particolare, della natura e della gravità dell’infrazione che detta sanzione mira a penalizzare, nonché delle modalità di determinazione dell’importo della sanzione stessa (57).

140. In applicazione di tali principi, è consentito alle autorità tributarie degli Stati membri infliggere una sanzione amministrativa al soggetto passivo che non rispetta un requisito formale come l’obbligo di comunicare il numero di identificazione attribuito dallo Stato di destinazione. L’importo di tale sanzione può, in particolare, riflettere l’importanza, sottolineata in udienza, della comunicazione di tale numero ai fini del controllo dei trasferimenti intracomunitari (58). Nel corso dell’udienza, l’ufficio tributario di Schrobenhausen ha ammesso che la normativa tedesca prevede effettivamente la possibilità di infliggere un’ammenda amministrativa in caso di inosservanza di tale obbligo. In ogni caso, la valutazione finale del carattere proporzionato di una siffatta sanzione compete unicamente al giudice del rinvio (59).

VI – Conclusione

141. Alla luce di quanto precede, propongo alla Corte di risolvere nei termini seguenti la questione pregiudiziale sottoposta dal Finanzgericht München (tribunale tributario, Monaco di Baviera):

Gli articoli 22, paragrafo 8, e 28 quater, parte A, lettera a), primo comma, e d), della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, come modificata dalla direttiva 2005/92/CE del Consiglio del 12 dicembre 2005, devono essere interpretati nel senso che essi ostano al rifiuto dell’amministrazione tributaria dello Stato d’origine di esentare un trasferimento intracomunitario a causa del fatto che il soggetto passivo non ha comunicato il numero di identificazione IVA attribuito dallo Stato di destinazione, ove non esista alcun indizio serio che suggerisca l’esistenza di una frode, il bene sia stato trasferito a destinazione di un altro Stato membro e anche le altre condizioni per il riconoscimento dell’esenzione siano soddisfatte.


1 – Lingua originale: il francese.


2 – Sentenze Twoh International (C-184/05, EU:C:2007:550, punto 22); R. (C-285/09, EU:C:2010:742, punti 37 e 38), nonché VSTR (C-587/10, EU:C:2012:592, punti 27 e 28).


3 – V. paragrafo 26 delle presenti conclusioni.


4 – Nell’ambito della controversia di cui al procedimento principale, è pacifico che il trasferimento realizzato dal sig. Plöckl soddisfa quest’ultima condizione, cosicché non è necessario esaminare le operazioni elencate da tale disposizione.


5 – V. segnatamente articolo 22, paragrafo 4, della sesta direttiva, nella versione risultante dall’articolo 28 nonies della medesima.


6 – Secondo la giurisprudenza, un soggetto passivo agisce in questa qualità quando effettua operazioni nell’ambito della sua attività imponibile. V., in tal senso, sentenza VSTR (C-587/10, EU:C:2012:592, punto 49).


7 – V. paragrafi da 100 a 103 delle presenti conclusioni.


8 – V. paragrafi 45 e 46 delle presenti conclusioni.


9 – V. paragrafi da 79 a 103 delle presenti conclusioni.


10 – V., per quanto attiene all’esenzione delle cessioni intracomunitarie, sentenze Teleos e a. (C-409/04, EU:C:2007:548, punti 27 e 28); Collée (C-146/05, EU:C:2007:549, punto 30); Twoh International (C-184/05, EU:C:2007:550, punto 23); VSTR (C-587/10, EU:C:2012:592, punti 29 e 30), nonché Mecsek-Gabona (C-273/11, EU:C:2012:547, punto 31). V., in relazione al diritto a detrazione, sentenza Idexx Laboratories Italia (C-590/13, EU:C:2014:2429, punti da 41 a 43).


11 – V. giurisprudenza citata alla nota 22.


12 – V. giurisprudenza citata alla nota 23.


13 – V. paragrafi da 83 a 91 delle presenti conclusioni.


14 – V. paragrafi da 92 a 95 delle presenti conclusioni.


15 – V. paragrafi da 96 a 103 delle presenti conclusioni.


16 – V. paragrafi da 104 a 117 delle presenti conclusioni.


17 – Sentenza Collée (C-146/05, EU:C:2007:549, punto 29).


18 – Sentenza Collée (C-146/05, EU:C:2007:549, punto 30).


19 – Sentenza Collée (C-146/05, EU:C:2007:549, punto 31).


20 – Sentenze Bockemühl (C-90/02, EU:C:2004:206, punti da 49 a 52); Ecotrade (C-95/07 e C-96/07, EU:C:2008:267), punti da 62 a 65; Uszodaépítő (C-392/09, EU:C:2010:569, punti da 39 a 45); Nidera Handelscompagnie (C-385/09, EU:C:2010:627, punti da 42 a 51); Dankowski (C-438/09, EU:C:2010:818, punti da 32 a 37); Kopalnia Odkrywkowa Polski Trawertyn P. Granatowicz, M. Wąsiewicz (C-280/10, EU:C:2012:107, punti da 43 a 49); EMS-Bulgaria Transport (C-284/11, EU:C:2012:458, punti da 60 a 63); Ablessio (C-527/11, EU:C:2013:168, punti 32 e 33); Fatorie (C-424/12, EU:C:2014:50, punto 35); Idexx Laboratories Italia (C-590/13, EU:C:2014:2429, punti da 38 a 40), nonché Salomie e Oltean (C-183/14, EU:C:2015:454, punti da 58 a 61).


21 – Sentenze Collée (C-146/05, EU:C:2007:549, punti da 29 a 31); Mecsek-Gabona (C-273/11, EU:C:2012:547, punti da 59 a 61); VSTR (C-587/10, EU:C:2012:592, punti 45 e 46), nonché Traum (C-492/13, EU:C:2014:2267, punti 35, 36 e 43).


22 – Sentenze Nidera Handelscompagnie (C-385/09, EU:C:2010:627, punti da 48 a 51); Dankowski (C-438/09, EU:C:2010:818, punti da 31 a 36); Kopalnia Odkrywkowa Polski Trawertyn P. Granatowicz, M. Wąsiewicz (C-280/10, EU:C:2012:107, punto 47); EMS-Bulgaria Transport (C-284/11, EU:C:2012:458, punti 60 e 63); Mecsek-Gabona (C-273/11, EU:C:2012:547, punti da 59 a 63); Ablessio (C-527/11, EU:C:2013:168, punto 33), nonché Salomie e Oltean (C-183/14, EU:C:2015:454, punti 60 e 61).


23 – Sentenze VSTR (C-587/10, EU:C:2012:592, punti da 47 a 51) e Traum (C-492/13, EU:C:2014:2267, punto 43).


24 – Sentenze Ecotrade (C-95/07 et C-96/07, EU:C:2008:267, punti da 60 a 64); Uszodaépítő (C-392/09, EU:C:2010:569, punti da 41 a 45) e Idexx Laboratories Italia (C-590/13, EU:C:2014:2429, punti da 42 a 46).


25 – Sentenze Bockemühl (C-90/02, EU:C:2004:206, punti da 49 a 53); Uszodaépítő (C-392/09, EU:C:2010:569, punti da 41 a 45); Kopalnia Odkrywkowa Polski Trawertyn P. Granatowicz, M. Wąsiewicz (C-280/10, EU:C:2012:107, punti da 44 a 49) e Idexx Laboratories Italia (C-590/13, EU:C:2014:2429, punti da 42 a 46).


26 – Sentenze Collée (C-146/05, EU:C:2007:549, punti da 28 a 31); Ecotrade (C-95/07 e C-96/07, EU:C:2008:267, punti da 60 a 64) e Idexx Laboratories Italia (C-590/13, EU:C:2014:2429, punti da 42 a 46).


27 – V. paragrafo 42 delle presenti conclusioni.


28 – V. paragrafi da 83 a 87 delle presenti conclusioni.


29 – Sentenze R. (C-285/09, EU:C:2010:742, punto 54) e VSTR (C-587/10, EU:C:2012:592, punto 46).


30 – Sentenze Mecsek-Gabona (C-273/11, EU:C:2012:547, punto 53) e Traum (C-492/13, EU:C:2014:2267, punto 41).


31 – Stando ai termini impiegati dal giudice del rinvio, la comunicazione, da parte del sig. Plöckl, di un numero spagnolo di identificazione IVA «non avrebbe contribuito a chiarire i fatti, dal momento che essi erano già noti». V. paragrafo 42 delle presenti conclusioni.


32 – V. paragrafo 20 delle presenti conclusioni.


33 – V. paragrafo 32 delle presenti conclusioni.


34 – Sentenze EMS-Bulgaria Transport (C-284/11, EU:C:2012:458, punto 71) e Idexx Laboratories Italia (C-590/13, EU:C:2014:2429, punto 39).


35 – Sentenze Collée (C-146/05, EU:C:2007:549, punto 31); Mecsek-Gabona (C-273/11, EU:C:2012:547, punto 61), nonché VSTR (C-587/10, EU:C:2012:592, punto 46).


36 – Sentenze Twoh International (C-184/05, EU:C:2007:550, punto 26); R. (C-285/09, EU:C:2010:742, punto 46), e VSTR (C-587/10, EU:C:2012:592, punto 43).


37 – Sentenze Bockemühl (C-90/02, EU:C:2004:206, punto 51); Ecotrade (C-95/07 e C-96/07, EU:C:2008:267, punto 64); Uszodaépítő (C-392/09, EU:C:2010:569, punto 40); Nidera Handelscompagnie (C-385/09, EU:C:2010:627, punto 42); Dankowski (C-438/09, EU:C:2010:818, punto 35); Kopalnia Odkrywkowa Polski Trawertyn P. Granatowicz, M. Wąsiewicz (C-280/10, EU:C:2012:107, punto 43); EMS-Bulgaria Transport (C-284/11, EU:C:2012:458, punti 62 e 71); Idexx Laboratories Italia (C-590/13, EU:C:2014:2429, punto 40), nonché Salomie e Oltean (C-183/14, EU:C:2015:454, punto 59).


38 – Sentenza VSTR (C-587/10, EU:C:2012:592, punti 48 e 49).


39 – V. paragrafo 61 delle presenti conclusioni e giurisprudenza citata alla nota 6.


40 – V. paragrafo 20 delle presenti conclusioni.


41 – V. paragrafo 30 delle presenti conclusioni.


42 – Sentenze Ablessio (C-527/11, EU:C:2013:168, punto 32); Fatorie (C-424/12, EU:C:2014:50, punto 35); Equoland (C-272/13, EU:C:2014:2091, punto 39); Idexx Laboratories Italia (C-590/13, EU:C:2014:2429, punto 38), nonché Salomie e Oltean (C-183/14, EU:C:2015:454, punto 58).


43 – V. giurisprudenza citata alle note a piè di pagina 24, 25 e 26.


44 – V. giurisprudenza citata alla nota 22.


45 – V. giurisprudenza citata alla nota 23.


46 – Sentenze Twoh International (C-184/05, EU:C:2007:550, punto 25); R. (C-285/09, EU:C:2010:742, punto 45); Mecsek-Gabona (C-273/11, EU:C:2012:547, punto 36) e Traum (C-492/13, EU:C:2014:2267, punto 27).


47 – V. giurisprudenza citata alla nota  21.


48 – V., segnatamente, sentenze Collée (C-146/05, EU:C:2007:549, punto 26); VSTR (C-587/10, EU:C:2012:592, punto 44), e Idexx Laboratories Italia (C-590/13, EU:C:2014:2429, punto 37). V. parimenti, per quanto riguarda l’articolo 273 della direttiva 2006/112, che ha sostituito l’articolo 22, paragrafo 8, della sesta direttiva, nella versione risultante dall’articolo 28 nonies della medesima, sentenze Nidera Handelscompagnie (C-385/09, EU:C:2010:627, punto 49); EMS-Bulgaria Transport (C-284/11, EU:C:2012:458, punto 47), nonché Salomie e Oltean (C-183/14, EU:C:2015:454, punto 62).


49 – V. paragrafi da 83 a 87 delle presenti conclusioni.


50 – V. paragrafo 94 delle presenti conclusioni.


51 – Sentenze Teleos e a. (C-409/04, EU:C:2007:548, punti da 69 a 72) e VSTR (C-587/10, EU:C:2012:592, punti da 55 a 57).


52 – Sentenza R. (C-285/09, EU:C:2010:742, punti da 51 a 55).


53 – V. paragrafo 94 delle presenti conclusioni.


54 – Il trasferimento sarebbe tassato una prima volta nello Stato d’origine, quale cessione di beni (non esentata), e una seconda volta nello Stato di destinazione, quale acquisto intracomunitario.


55 – Sentenze Nidera Handelscompagnie (C-385/09, EU:C:2010:627, punti 52) nonché, in tal senso, Salomie e Oltean (C-183/14, EU:C:2015:454, punto 63).


56 – Sentenze Rēdlihs (C-263/11, EU:C:2012:497, punto 44) e, in tal senso, Equoland (C-272/13, EU:C:2014:2091, punto 34).


57 – Sentenze Rēdlihs (C-263/11, EU:C:2012:497, punto 47) e Equoland (C-272/13, EU:C:2014:2091, punto 35).


58 – V. paragrafi da 69 a 71 delle presenti conclusioni.


59 – Sentenza Equoland (C-272/13, EU:C:2014:2091, punto 48).