Available languages

Taxonomy tags

Info

References in this case

Share

Highlight in text

Go

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 3 marzo 2016 (1)

Causa C-229/15

Minister Finansów

contro

Jan Mateusiak

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa, Polonia)]

«Normativa tributaria – Imposta sul valore aggiunto – Articolo 18, lettera c), della direttiva 2006/112/CE – Imposizione del possesso di beni in caso di cessazione dell’attività economica – Influenza della scadenza del periodo per la rettifica delle detrazioni ai sensi dell’articolo 187, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE»





I –    Introduzione

1.        Nella presente domanda di pronuncia pregiudiziale polacca si discute di un fatto generatore dell’imposta sul valore aggiunto [in prosieguo: l’«IVA»] del tutto particolare. Se un soggetto passivo cessa la propria attività economica, gli Stati membri possono tassare il patrimonio dell’impresa ancora detenuto a tale data, a condizione che, grazie alla detrazione, il soggetto di cui trattasi abbia in precedenza acquistato i relativi beni rientranti nel patrimonio suddetto non sopportandone gli oneri IVA. L’imposizione in parola è diretta a evitare che un soggetto passivo possa, in definitiva, utilizzare i beni per uso privato senza pagare l’IVA.

2.        Nell’ambito del procedimento principale un soggetto passivo intende cessare la propria attività economica. Nel patrimonio della sua impresa rientra parte di un edificio che egli ha realizzato, già da tempo, avvalendosi della detrazione. Il soggetto passivo ha ora sollevato la questione se un’imposizione della suddetta parte dell’edificio possa essere esclusa in ragione del notevole lasso di tempo trascorso dalla sua costruzione. Infatti, egli ha asserito che il termine entro il quale le detrazioni relative all’acquisto della parte di edificio potevano essere rettificate a posteriori sarebbe già scaduto. Tuttavia, se non è più possibile procedere a una siffatta rettifica delle detrazioni, non sussisterebbe più neppure alcuna ragione per procedere in tal senso in modo indiretto tassando detta parte dell’edificio in caso di cessazione dell’attività.

3.        La causa in esame verte pertanto sulle diverse tecniche di rettifica a posteriori delle detrazioni. Il diritto dell’Unione in materia di IVA prevede, al riguardo, diversi regimi che sembrano in parte sovrapporsi. La Corte è quindi chiamata a occuparsi della delimitazione dei suddetti regimi.

II – Contesto normativo

A –    Diritto dell’Unione

4.        La riscossione dell’IVA è disciplinata, nell’Unione, dalla direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (2) (in prosieguo: la «direttiva IVA») (3).

5.        A norma dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA, sono soggette all’IVA «le cessioni di beni effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo che agisce in quanto tale».

6.        L’articolo 18 della direttiva IVA precisa quanto segue:

«Gli Stati membri possono assimilare ad una cessione di beni effettuata a titolo oneroso le operazioni seguenti:

(…)

c)      ad eccezione dei casi di cui all’articolo 19, il possesso di beni da parte di un soggetto passivo o dei suoi aventi causa in caso di cessazione della sua attività economica imponibile, quando detti beni hanno dato diritto ad una detrazione totale o parziale dell’IVA al momento dell’acquisto (…)».

7.        Il citato articolo 19 della direttiva IVA contiene una disciplina del «trasferimento a titolo oneroso o gratuito o sotto forma di conferimento a una società di una universalità totale o parziale di beni».

8.        L’articolo 168 della direttiva IVA riconosce al soggetto passivo il diritto a detrazione:

«Nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo ha il diritto, nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore gli importi seguenti:

a)      l’IVA dovuta o assolta in tale Stato membro per i beni per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno resi da un altro soggetto passivo;

(…)».

9.        Negli articoli da 184 a 192 della direttiva IVA è disciplinata la «rettifica delle detrazioni». L’articolo 185, paragrafo 1, prevede a tal proposito quanto segue:

«1.      La rettifica ha luogo, in particolare, quando, successivamente alla dichiarazione dell’IVA, sono mutati gli elementi presi in considerazione per determinare l’importo delle detrazioni (…)».

10.      L’articolo 187 della direttiva IVA contiene le seguenti precisazioni:

«1.      Per quanto riguarda i beni d’investimento, la rettifica deve essere ripartita su cinque anni, compreso l’anno in cui i beni sono stati acquistati o fabbricati.

(…)

Per quanto riguarda i beni d’investimento immobiliari, la durata del periodo che funge da base per il calcolo delle rettifiche può essere prolungata sino a vent’anni.

2.      Ogni anno la rettifica è effettuata solo per un quinto o, qualora il periodo di rettifica sia stato prolungato, per la frazione corrispondente dell’IVA che ha gravato sui beni d’investimento.

La rettifica di cui al primo comma è eseguita secondo le variazioni del diritto a detrazione che hanno avuto luogo negli anni successivi rispetto all’anno in cui i beni sono stati acquistati, fabbricati o eventualmente utilizzati per la prima volta».

B –    Diritto nazionale

11.      La legge polacca dell’11 marzo 2004, relativa all’imposta sui beni e sui servizi (versione consolidata Dz. U. del 2011, n. 177, posizione 1054, come modificata) disciplina la riscossione dell’IVA nella Repubblica di Polonia. L’articolo 14 della legge in parola dispone quanto segue:

«1.      Sono soggetti all’imposta i beni di propria produzione (…) nel caso di:

      (…)

2)      cessazione delle operazioni imponibili da parte del soggetto passivo di cui all’articolo 15, che sia una persona fisica (…).

(…)

4.      Le disposizioni dei paragrafi 1 e 3 si applicano ai beni in relazione ai quali spettava il diritto alla detrazione dell’imposta pagata a monte.

5.      Nei casi di cui ai paragrafi 1 e 3, i soggetti passivi sono tenuti a predisporre un inventario fisico dei beni alla data (…) della cessazione delle operazioni imponibili (…). I soggetti passivi sono tenuti ad includere le informazioni relative alla predisposizione dell’inventario fisico (…) nella dichiarazione dei redditi.

(…)».

12.      In caso di immobili, la legge polacca prevede, nell’articolo 91, paragrafo 2, un periodo di dieci anni per la rettifica delle detrazioni.

III – Procedimento principale

13.      Oggetto del procedimento principale è una questione interpretativa attinente alla normativa in materia di IVA sollevata dal sig. Mateusiak nel 2013 dinanzi all’amministrazione tributaria polacca.

14.      Tra il 1997 e il 1999 il sig. Mateusiak aveva costruito un edificio ad uso abitativo e professionale. Tale edificio veniva da lui utilizzato, sin dall’inizio, in parte per uso privato e in parte per la sua attività di notaio. Il sig. Mateusiak aveva esercitato il diritto alla detrazione solo per i servizi di cui egli si era avvalso per la costruzione della parte di edificio utilizzata a fini professionali.

15.      Il sig. Mateusiak desidera ora sapere dall’amministrazione tributaria polacca se, in caso di cessazione della sua attività di notaio, egli debba assoggettare a IVA la parte dell’edificio destinata ad uso professionale. Egli sostiene, sul punto, che un’imposizione siffatta non dovrebbe più aver luogo una volta scaduto il periodo previsto per la rettifica delle detrazioni con riguardo all’edificio. L’amministrazione tributaria polacca non ha condiviso tale argomentazione. Il sig. Mateusiak ha quindi proposto ricorso.

IV – Procedimento dinanzi alla Corte

16.      Il Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa, Polonia), dinanzi al quale è attualmente pendente la controversia, ritiene che ai fini della decisione sia dirimente il diritto dell’Unione e, in data 19 maggio 2015, ha sottoposto alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 18, lettera c), della direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che, dopo la scadenza del periodo di rettifica di cui all’articolo 187 della direttiva, i beni durevoli del soggetto passivo, per l’acquisto dei quali lo stesso ha detratto l’IVA, al momento della cessazione della sua attività non debbano essere assoggettati all’imposta né inclusi nell’inventario di liquidazione, qualora sia scaduto il periodo stabilito dalle leggi per la rettifica dell’imposta pagata a monte sul loro acquisto, derivante dal periodo di utilizzo stimato di siffatti beni nell’attività economica del soggetto passivo, o se, indipendentemente dal periodo di rettifica, i beni durevoli, al momento della cessazione dell’attività economica da parte del soggetto passivo, siano soggetti all’imposta».

17.      Nel mese di settembre 2015, il sig. Mateusiak, la Repubblica ellenica, la Repubblica di Polonia e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte alla Corte sulla questione in parola.

V –    Analisi giuridica

18.      Con la sua questione il giudice del rinvio desidera sapere, in sintesi, se l’articolo 18, lettera c), della direttiva IVA debba applicarsi anche a beni che costituiscono beni d’investimento ai sensi dell’articolo 187 e per i quali è già scaduto il periodo previsto dal paragrafo 1 della disposizione in oggetto, con la conseguenza che è ormai preclusa ogni rettifica delle detrazioni.

19.      A mio parere, tale questione richiede una risposta affermativa. La scadenza del periodo di rettifica per un bene ai sensi dell’articolo 187, paragrafo 1, della direttiva IVA non incide in alcun modo sull’imposizione relativa allo stesso bene ai sensi dell’articolo 18, lettera c), della stessa direttiva.

20.      L’articolo 18, lettera c), della direttiva IVA non contiene, nella sua formulazione, alcuna limitazione temporale per l’imposizione e non rimanda neppure all’articolo 187. Ciò assume ancor maggior rilievo per il fatto che l’articolo 168 bis, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva IVA rimanda esplicitamente, quanto all’imposizione dell’uso privato di un bene immobile ai sensi dell’articolo 26 della medesima direttiva, alle disposizioni degli articoli da 184 a 192 della stessa.

21.      Come illustrerò nel prosieguo, non sussiste inoltre alcun motivo per applicare in via analogica l’articolo 187 nell’ambito dell’articolo 18, lettera c), della direttiva IVA.

1.      Elementi comuni dei regimi

22.      Esistono in effetti taluni elementi in comune tra le disposizioni in materia di rettifica delle detrazioni, tra le quali rientra l’articolo 187 della direttiva IVA, e le disposizioni sull’imposizione dell’uso privato di beni cui deve essere ricondotto l’articolo 18, lettera c), della stessa.

23.      Entrambi i regimi sono infatti diretti a evitare che un soggetto passivo possa - in forza di una detrazione già concessa - utilizzare dei beni senza sopportare alcun onere IVA, benché la successiva tipologia di uso non dia alcun diritto alla detrazione. In base alla giurisprudenza, si intende così evitare che un soggetto passivo ottenga un vantaggio economico ingiustificato rispetto ad un consumatore finale e la corrispondenza tra la detrazione dell’imposta a monte e la riscossione dell’imposta a valle deve essere garantita mediante entrambi i regimi (4).

24.      Le disposizioni in materia di rettifica delle detrazioni di cui agli articoli 184 e seguenti della direttiva IVA fanno riferimento, a tal fine, direttamente alla detrazione dell’imposta pagata a monte. A norma dell’articolo 167 della direttiva IVA, in combinato disposto con l’articolo 63 della stessa direttiva, la detrazione è concessa, di norma, già all’atto dell’acquisto di un bene sulla base del suo utilizzo previsto. Gli articoli 168 e 169 della direttiva IVA disciplinano gli utilizzi che danno diritto a detrazione. Di norma, tale diritto è subordinato al presupposto che il soggetto passivo utilizzi il bene acquistato per il compimento di operazioni soggette a imposta. Le disposizioni in materia di rettifica mirano ora, in base alla giurisprudenza, ad aumentare la precisione delle detrazioni controllando, successivamente all’acquisto di un bene, in che misura il soggetto passivo lo impieghi anche effettivamente per obiettivi che danno diritto alla detrazione (5). Nel caso dei beni d’investimento il periodo previsto per tale controllo è compreso, a norma dell’articolo 187, paragrafo 1, della direttiva IVA, tra 5 e 20 anni.

25.      Le disposizioni sull’imposizione dell’uso privato dei beni non fanno invece riferimento al diritto a detrazione, ma assoggettano a IVA il suddetto utilizzo, senza toccare la detrazione a suo tempo concessa. In proposito, l’articolo 26, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA comprende l’uso privato di un bene che continua ad essere parte del patrimonio dell’impresa (6), mentre i fatti generatori dell’imposta di cui all’articolo 16 e all’articolo 18, lettera c), riguardano il passaggio di un bene dal patrimonio dell’impresa al patrimonio privato di un soggetto passivo. In costanza di esercizio dell’attività, tali trasferimenti sono imperativamente assoggettati a imposta quali prelievi a norma dell’articolo 16 della direttiva IVA. L’articolo 18, lettera c), della direttiva in questione accorda inoltre agli Stati membri la possibilità di assoggettare a imposizione il passaggio di un bene dal patrimonio dell’impresa al patrimonio privato che si verifichi in occasione della cessazione di un’attività economica (7).

2.      Differenze tra i due regimi

26.      Entrambi i regimi – la rettifica delle detrazioni e l’imposizione dell’utilizzo privato – perseguono i rispettivi obiettivi, tra loro equiparabili, ma in modo diverso. Infatti, benché la Corte abbia riconosciuto ai due sistemi un medesimo effetto economico (8), differenti sono sia i loro presupposti che le loro conseguenze giuridiche.

27.      Da un lato, ho già osservato altrove, in modo più dettagliato, che le disposizioni in materia di imposizione dell’uso privato costituiscono disposizioni più specifiche rispetto alla rettifica delle detrazioni (9).

28.      Dall’altro, la rettifica delle detrazioni è una regola di adeguamento a posteriori, mentre l’imposizione dell’uso privato comprende anche l’evoluzione del valore verificatasi nel patrimonio dell’azienda tra l’acquisto del bene e l’inizio dell’impiego privato. Infatti, a norma dell’articolo 74 della direttiva IVA, in caso di prelievo (articolo 16) e di cessazione dell’attività [articolo 18, lettera c)] la base imponibile è costituita dal valore del bene al momento del prelievo (10) o della cessazione dell’attività (11).

29.      Ciò si spiega alla luce dell’obiettivo dell’imposizione che, in questi casi, oltrepassa lo scopo della rettifica delle detrazioni. Secondo la giurisprudenza, l’imposizione a norma dell’articolo 16 della direttiva IVA mira infatti a garantire la parità di trattamento tra un soggetto passivo che, segnatamente, prelevi un bene per le proprie esigenze private, e un consumatore finale che acquisti un bene dello stesso tipo (12). Nello stesso senso, la Corte si esprime rispetto all’articolo 18, lettera c), della direttiva IVA: l’imposizione mira a evitare che i beni, in seguito alla cessazione dell’attività imponibile, siano oggetto di un consumo finale esente da imposta (13). Ciò significa che un soggetto passivo che riceve, per il suo consumo finale privato, un bene proveniente dalla sua impresa, deve sopportare l’IVA come se acquistasse un bene dello stesso tipo da un altro soggetto passivo. La cessione a se stesso è così equiparata alla cessione da parte di un terzo.

3.      Applicazione parallela dei regimi

30.      Alla luce delle suddette differenze, i due regimi devono pertanto – come già indicato dalla Corte (14) – essere applicati in modo parallelo e indipendente l’uno dall’altro.

31.      Tuttavia – come già osservato correttamente dall’avvocato generale Stix-Hackl (15) – i due regimi devono essere in un certo qual modo coordinati tra loro al fine di garantire il rispetto del principio della neutralità fiscale. Il principio in parola impone, in particolare, di evitare le doppie imposizioni (16).

32.      Ne consegue, ad esempio, che una rettifica della detrazione in caso di lavori eseguiti su un bene è presa in considerazione solo nella misura in cui tali lavori non siano già assoggettati a imposizione nell’ambito della tassazione del prelievo di un bene (17). In caso contrario, il soggetto passivo dovrebbe sopportare l’IVA due volte. Lo stesso vale anche in senso opposto: il prelievo di un bene può essere assoggettato a imposta solo nella misura in cui il suo acquisto e il suo mantenimento abbiano, a loro volta, dato diritto a detrazione (18).

33.      Nel caso di specie, il principio della neutralità fiscale non impone tuttavia che un’imposizione a norma dell’articolo 18, lettera c), della direttiva IVA sia ammessa solo nell’ambito del periodo di rettifica di cui all’articolo 187, paragrafo 1, della direttiva IVA. Non è infatti ravvisabile nessuna doppia imposizione.

34.      Un’imposizione a norma dell’articolo 18, lettera c), della direttiva IVA può, in base al tenore della medesima disposizione, aver luogo solo quando l’acquisto di un bene abbia dato diritto alla detrazione. Esso costituisce quindi una parte del patrimonio dell’impresa esente da ogni onere fiscale. Nella misura in cui, all’atto della cessazione dell’attività, il bene possegga ancora un valore residuo, esso non è stato ancora consumato nell’ambito dell’attività economica e il suo successivo uso privato deve pertanto – per la prima volta – essere assoggettato a imposizione, salvo in caso di applicazione di un’esenzione(19).

35.      Si tratta peraltro, in linea di principio, del medesimo trattamento fiscale che sarebbe indubbiamente stato applicato, a norma dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA, se il sig. Mateusiak avesse venduto l’edificio nello stesso momento. Di conseguenza, un’imposizione ai sensi dell’articolo 18, lettera c), della direttiva IVA, che intervenga a prescindere dalla scadenza del periodo di rettifica di cui all’articolo 187, paragrafo 1, garantisce anche la neutralità del sistema fiscale dell’IVA, in quanto non incide sulle scelte economiche del soggetto passivo.

VI – Conclusione

36.      Propongo quindi alla Corte di rispondere come segue alla questione sollevata dal Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa, Polonia):

L’articolo 18, lettera c), della direttiva 2006/112 trova applicazione anche ai beni per i quali il periodo di rettifica delle detrazioni a norma dell’articolo 187, paragrafo 1, di tale direttiva sia già scaduto al momento della cessazione dell’attività economica.


1 –      Lingua originale: il tedesco.


2 –      GU L 347, pag. 1.


3 –      In precedenza trovava applicazione, sino al 31 dicembre 2006, la sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1). La direttiva IVA costituisce essenzialmente solo una rifusione della sesta direttiva (v. considerando 3 della direttiva IVA). Nel caso di specie occorre, quindi, tener conto anche della giurisprudenza relativa alle corrispondenti disposizioni della sesta direttiva.


4 –      V. sentenza Wollny (C-72/05, EU:C:2006:573, punti 35 e 36); v. anche la proposta della sesta direttiva del Consiglio in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari (COM [73] 950 def.), pag. 7, sull’articolo 5, paragrafo 3, che valuta i due regimi, in certa misura, come intercambiabili.


5 –      V., in questo senso, sentenze Centralan Property (C-63/04, EU:C:2005:773, punto 57); TETS Haskovo (C-234/11, EU:C:2012:644, punto 31); Pactor Vastgoed (C-622/11, EU:C:2013:649, punto 34), e FIRIN (C-107/13, EU:C:2014:151, punto 50); v. inoltre le mie conclusioni nella causa TETS Haskovo (C-234/11, EU:C:2012:352, paragrafi 27 e 28).


6 –      Per quanto riguarda il mutato uso privato di un bene immobile destinato, sin dall’inizio, a uso promiscuo, è stata recentemente contemplata un’eccezione a norma dell’articolo 168 bis, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva IVA, introdotto con l’articolo 1, punto 12, della direttiva 2009/162/UE del Consiglio, del 22 dicembre 2009, che modifica varie disposizioni della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU L 10, pag. 14).


7 –      Dato che la Repubblica di Polonia si è avvalsa della facoltà concessa dall’articolo 18, lettera c), della direttiva IVA, nel caso di specie non occorre analizzare se l’articolo 16 – malgrado detta disposizione specifica – comprenda anche il prelievo in caso di cessazione dell’attività; v., sul punto, sentenza Fischer e Brandenstein (C-322/99 e C-323/99, EU:C:2001:280, punto 87) e le conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nelle cause riunite Fischer e Brandenstein (C-322/99 e C-323/99, EU:C:2000:700, paragrafo 83).


8 –      Sentenza Uudenkaupungin kaupunki (C-184/04, EU:C:2006:214, punto 30).


9 –      V. le mie conclusioni nella causa van Laarhoven (C-594/10, EU:C:2011:820, paragrafo 25).


10 –      Sentenza Fischer e Brandenstein (C-322/99 e C-323/99, EU:C:2001:280, punto 80).


11 –      Sentenza Marinov (C-142/12, EU:C:2013:292, punto 33).


12 –      V., in particolare, sentenze de Jong (C-20/91, EU:C:1992:192, punto 15); Fischer e Brandenstein (C-322/99 e C-323/99, EU:C:2001:280, punto 56), e BCR Leasing (C-438/13, EU:C:2014:2093, punto 23).


13 –      Sentenza Marinov (C-142/12, EU:C:2013:292, punto 27).


14 –      V. sentenza Uudenkaupungin kaupunki (C-184/04, EU:C:2006:214, punto 29); v. già anche le conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa Charles e Charles-Tijmens (C-434/03, EU:C:2005:48, paragrafo 54).


15 –      Conclusioni dell’avvocato generale Stix-Hackl nella causa Uudenkaupungin kaupunki (C-184/04, EU:C:2005:557, paragrafo 26).


16 –      V. sentenze Fischer e Brandenstein (C-322/99 e C-323/99, EU:C:2001:280, punto 76), e NLB Leasing (C-209/14, EU:C:2015:440, punto 40).


17 –      V. sentenza Fischer e Brandenstein (C-322/99 e C-323/99, EU:C:2001:280, punto 95).


18 –      V. sentenza Fischer e Brandenstein (C-322/99 e C-323/99, EU:C:2001:280, punti da 74 a 76); v. anche, sulla base imponibile dell’attuale articolo 74 della direttiva IVA, la sentenza Property Development Company (C-16/14, EU:C:2015:265, punto 42).


19 –      Nel presente caso ci si riferisce all’articolo 135, paragrafo 1, lettera j), della direttiva IVA.