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Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 1° marzo 2017 (1)

Causa C-326/15

«DNB Banka» AS

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Administratīvā apgabaltiesa (Tribunale amministrativo regionale, Lettonia)]

«Normativa tributaria – Imposta sul valore aggiunto – Articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2006/112/CE – Esenzione dei servizi prestati da associazioni autonome ai loro membri – Effetto diretto di una direttiva – Definizione di “associazione autonoma di persone”»







I –    Introduzione

1.        La Corte è investita di una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta da un giudice lettone, in relazione all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (2) (in prosieguo: la «direttiva IVA»). Tale norma riguarda una delle esenzioni previste dal diritto dell’Unione in materia di IVA che necessita ancora di alcuni chiarimenti. Negli scorsi decenni la Corte si è occupata solo tre volte di tale esenzione e delle innumerevoli fattispecie in essa ricomprese (3). Attualmente dinanzi alla Corte sono però pendenti nel contempo quattro cause (4) riguardanti aspetti diversi dell’esenzione di cui trattasi.

2.        In tale contesto, il presente procedimento dovrebbe assumere una fondamentale importanza soprattutto per il relativo ambito di applicazione ratione personae. Nell’analoga causa Aviva (5) si tratta invece di stabilire anzitutto la portata dell’ambito di applicazione dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA ratione materiae (applicabilità anche alle assicurazioni) e ratione loci (applicabilità alle cosiddette associazioni transfrontaliere) e come debba essere accertata l’assenza di distorsioni della concorrenza.

3.        L’esenzione trae origine dalla decisione del legislatore dell’Unione di non concedere in linea di principio alle imprese che effettuano prestazioni di servizi in esenzione, quali ad esempio medici o scuole, alcuna detrazione dell’imposta versata a monte. In tal modo le prestazioni di servizi erogate da tali imprese effettivamente non sono tassate, ma nel contempo le spese sostenute per le prestazioni di cui esse si sono avvalse rimangono gravate di IVA. Ciò comporta in definitiva un’esenzione solo parziale della prestazione per il consumatore finale, poiché di norma l’IVA non detraibile viene considerata nel calcolo del prezzo e il destinatario non la sopporta in modo diretto, ma indiretto.

4.        La mancata detrazione dell’imposta versata nella fase precedente da tali imprese ha come conseguenza che l’acquisto di parti (imponibili) della prestazione di servizi, che potevano anche essere effettuate in proprio, può incidere negativamente sulla formazione del prezzo per l’entità dell’IVA indetraibile. Così, ad esempio, l’assunzione di un investigatore privato da parte di un’assicurazione comporta un onere pari al costo del personale, mentre l’intervento di un investigatore privato esterno comporta un onere pari al costo del personale di quest’ultimo e alla relativa IVA. Di conseguenza, normalmente sussiste un interesse economico ad effettuare la prestazione in proprio e a non acquistarla da un’altra impresa con assoggettamento all’imposta. In conclusione, nel sistema IVA vigente, con l’introduzione di un’esenzione senza possibilità di detrazione dell’imposta versata a monte, l’impresa che eroga la prestazione di servizi in esenzione dall’imposta viene trattata come un consumatore finale. Questi, a sua volta, non deve versare IVA, ma non può neppure godere della detrazione dell’imposta versata nella fase precedente, neppure quando effettua prestazioni di servizi o cessioni di beni a titolo oneroso.

5.        Anche imprese operanti in esenzione dall’imposta possono tuttavia trovarsi in situazioni in cui appare economicamente sensato o persino opportuno, per motivi di concorrenza, non effettuare in proprio singole parti di prestazioni, bensì erogarle insieme ad altre imprese che operano allo stesso modo in esenzione. Può essere ad esempio sensato che diversi enti previdenziali si dividano il costo di un centro di elaborazione dati. In tali casi l’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA esenta a determinate condizioni anche le prestazioni di servizi erogate dell’associazione ai suoi membri. In tal modo, quindi, l’esclusione della detrazione dell’imposta versata nella fase precedente non incide sulla formazione del prezzo, lasciando invariata la portata dell’esenzione per il consumatore finale. Così infatti la portata è indipendente dalla circostanza se la prestazione è stata interamente effettuata solo da un’impresa in regime di esenzione o da quest’ultima insieme ad altre imprese esenti.

II – Contesto giuridico

A –    Diritto dell’Unione

6.        Nell’Unione è riscossa un’imposta sul valore aggiunto ai sensi della direttiva IVA. Sono tra l’altro soggette all’IVA, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva IVA, le «prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo che agisce in quanto tale».

7.        Tuttavia, a termini dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA, gli Stati membri esentano le operazioni seguenti:

«le prestazioni di servizi effettuate da associazioni autonome di persone che esercitano un’attività esente o per la quale non hanno la qualità di soggetti passivi, al fine di rendere ai loro membri i servizi direttamente necessari all’esercizio di tale attività, quando tali associazioni si limitano ad esigere dai loro membri l’esatto rimborso della parte delle spese comuni loro spettante, a condizione che questa esenzione non possa provocare distorsioni della concorrenza» (6).

B –    Diritto nazionale

8.        Il diritto lettone non conteneva, per il periodo a cui si riferisce il procedimento principale, alcuna norma volta a trasporre l’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA.

III – Procedimento principale

9.        Il procedimento principale verte sull’IVA dovuta dall’istituto di credito lettone DNB Banka AS per gli esercizi 2009 e 2010.

10.      La DNB Banka fa parte del gruppo DNB. In quegli anni la DNB Banka effettuava prestazioni di servizi finanziari a quanto pare esenti e riceveva da altre società del gruppo diverse prestazioni di servizi, su cui, in base alla valutazione del giudice del rinvio, la DNB Banka, in qualità di destinataria delle prestazioni, deve evidentemente versare l’IVA. Rispetto ad esse è controverso se siano esenti da imposta ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA. In particolare si trattava di quanto segue:

–        prestazioni di servizi finanziari della casa madre DNB Nord AS con sede in Danimarca;

–        prestazioni di servizi nel settore informatico da parte della società consorella danese DNB Nord IT AS;

–        il trasferimento, dietro versamento di un contributo a titolo di rimborso spese, di licenze software acquisite da un terzo da parte della capogruppo DNB Band ASA con sede in Norvegia.

11.      A titolo di remunerazione le società del gruppo danesi DNB Nord e DNB Nord IT addebitavano alla DNB Banka i rispettivi costi sostenuti per l’erogazione dei servizi, oltre a una maggiorazione del 5%. Nell’ambito di tale operazione, perlomeno la DNB Nord IT riusciva a portare in detrazione l’imposta versata a monte per i servizi erogati in Danimarca. Le autorità danesi presumevano che tali prestazioni di servizi non fossero esenti da imposta.

IV – Procedimento dinanzi alla Corte

12.      L’Administratīvā apgabaltiesa (Tribunale amministrativo regionale, Lettonia), nel frattempo investito della controversia, il 1° luglio 2015 ha sottoposto alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, le seguenti questioni pregiudiziali:

1)      Se possa esistere un’associazione autonoma di persone ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva quando i membri della medesima siano stabiliti in diversi Stati membri dell’Unione europea, in cui la citata disposizione della direttiva sia stata trasposta con requisiti diversi che non sono compatibili.

2)      Se uno Stato membro possa limitare il diritto di un soggetto passivo di applicare l’esenzione prevista nell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva, quando il soggetto passivo soddisfa tutti i requisiti per l’applicazione dell’esenzione nel proprio Stato membro, ma nelle normative nazionali degli Stati membri di altri membri dell’associazione la citata disposizione sia stata trasposta con restrizioni che limitano la possibilità che i soggetti passivi di altri Stati membri applichino nel proprio Stato membro la corrispondente esenzione dall’imposta sul valore aggiunto.

3)      Se sia ammissibile applicare l’esenzione di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva ad alcuni servizi nello Stato membro del destinatario dei medesimi, che è soggetto passivo dell’imposta sul valore aggiunto, quando il prestatore dei servizi, soggetto passivo dell’imposta sul valore aggiunto, abbia applicato in un altro Stato membro l’imposta sul valore aggiunto a tali servizi conformemente al regime generale, vale a dire ritenendo che l’imposta sul valore aggiunto per detti servizi fosse dovuta nello Stato membro del destinatario dei medesimi, ai sensi dell’articolo 196 della direttiva.

4)      Se si debba intendere per «associazione autonoma di persone» ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva una persona giuridica distinta, la cui esistenza dev’essere dimostrata mediante un accordo specifico di costituzione dell’associazione autonoma di persone.

Se la risposta a tale questione è tale per cui l’associazione autonoma di persone non dev’essere considerata un’entità distinta, se si debba intendere che l’associazione autonoma di persone è un’associazione di imprese vincolate che, nell’ambito della loro attività economica abituale, si prestano reciprocamente servizi di supporto per la realizzazione delle loro attività commerciali, e l’esistenza di siffatta associazione possa essere dimostrata mediante i contratti di servizio conclusi o mediante la documentazione sui prezzi di trasferimento.

5)      Se uno Stato membro possa limitare il diritto di un soggetto passivo di applicare l’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto prevista nell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva, quando il soggetto passivo abbia applicato alle operazioni una maggiorazione conforme a quanto richiesto dalla normativa in materia di imposizione diretta dello Stato membro in cui è stabilito.

6)      Se sia applicabile l’esenzione di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva ai servizi che si ricevono da paesi terzi. In altri termini, se un membro di un’associazione autonoma di persone, ai sensi della citata disposizione della direttiva, che nell’ambito dell’associazione presta servizi ad altri membri della medesima, possa essere soggetto passivo di un paese terzo.

13.      Hanno presentato osservazioni scritte sulle questioni pregiudiziali sottoposte la DNB Banka, la Repubblica ellenica, la Repubblica di Lettonia, il Granducato di Lussemburgo, l’Ungheria, la Repubblica di Polonia, la Repubblica portoghese, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord nonché la Commissione europea. All’udienza del 30 giugno 2016 hanno preso parte la DNB Banka, la Repubblica di Lettonia, la Repubblica federale di Germania, il Granducato di Lussemburgo, la Repubblica di Polonia, il Regno Unito e la Commissione.

V –    Analisi

14.      Come rilevato dal giudice del rinvio, solo a far data dal 1° gennaio 2014 nel diritto lettone è stata introdotta una normativa volta alla trasposizione dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA. Tuttavia il giudice a quo presume che prima di quel momento l’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA producesse un effetto diretto a favore della DNB Banka. Pertanto esso ritiene necessario ottenere un’interpretazione della suddetta disposizione al fine di statuire nell’ambito del procedimento principale.

A –    Sull’effetto diretto dell’esenzione

15.      Occorre anzitutto verificare la premessa formulata dal giudice del rinvio sull’effetto diretto dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA.

16.      Secondo una costante giurisprudenza, i singoli possono far valere direttamente nei confronti dello Stato le disposizioni di una direttiva che esso ha omesso di trasporre nel diritto nazionale, purché tali disposizioni appaiano, dal punto di vista sostanziale, incondizionate e sufficientemente precise (7).

17.      Secondo una costante giurisprudenza, una disposizione del diritto dell’Unione è incondizionata sotto il profilo sostanziale se sancisce un obbligo non soggetto ad alcuna condizione né subordinato, per quanto riguarda la sua osservanza o i suoi effetti, all’emanazione di alcun atto da parte delle istituzioni dell’Unione o degli Stati membri (8).

18.      L’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA, a prima vista, è incondizionato quanto al suo contenuto, nel senso che non lascia alcuna opzione agli Stati membri, bensì li obbliga a prevedere l’esenzione in questione nel diritto nazionale (9).

19.      Tuttavia, di recente, la Corte ha negato per la prima volta in una sua sentenza il carattere incondizionato sotto il profilo sostanziale di una disposizione della direttiva IVA con la motivazione che quest’ultima necessiterebbe – anche se non emerge esplicitamente dal suo tenore letterale – ancora dell’ulteriore concretizzazione da parte di disposizioni nazionali (10).

20.      La Repubblica federale di Germania ha giustamente osservato che per l’attuazione di tale condizione nel diritto nazionale si rendono necessari un esame e una selezione dei settori ammissibili da parte del legislatore nazionale. Le autorità nazionali di volta in volta competenti non potrebbero valutare caso per caso se sussiste una distorsione della concorrenza che esclude l’esenzione. In tale contesto non risulterebbe possibile un effetto diretto dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA.

21.      La suddetta sentenza della Corte si riferiva tuttavia a una disposizione (l’articolo 11 della direttiva IVA) che prevede un diritto di opzione per gli Stati membri nel cui esercizio occorre precisare il significato di numerose nozioni giuridiche non definite. Un’esenzione come quella prevista all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA non è tuttavia con essa comparabile.

22.      La fattispecie (negativa) relativa alla «distorsione della concorrenza» costituisce al riguardo «soltanto» una nozione giuridica non definita per la quale, secondo la Corte, occorre verificare se l’associazione possa essere certa di conservare la clientela dei suoi aderenti anche senza esenzione (11). Tale analisi deve essere effettuata caso per caso e non può essere decisa a priori in modo astratto per determinati settori. Pertanto, tale disposizione non offre al legislatore nazionale alcun margine di regolamentazione astratto, cosicché l’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA risulta incondizionato anche sotto tale profilo.

23.      Per produrre un effetto diretto, la disposizione dovrebbe inoltre essere sufficientemente precisa. In base alla giurisprudenza, ciò si verifica «allorché [una norma] sancisce un obbligo in termini non equivoci» (12). Il testo della direttiva deve quindi essere sufficientemente chiaro (13).

24.      Come indicato supra, la fattispecie (negativa) relativa alla «distorsione della concorrenza» costituisce «soltanto» una nozione giuridica non definita, i cui presupposti devono essere oggetto di esame. Il testo della direttiva è sul punto anche sufficientemente chiaro.

25.      Inoltre la Corte ha già attestato un effetto diretto a proposito dell’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva IVA, che fa anch’esso dipendere tra l’altro l’assoggettamento all’imposta degli enti di diritto pubblico dal verificarsi di una distorsione della concorrenza (14). Anche se tale requisito richiede la valutazione di fattori economici, esso non osterebbe al suo effetto diretto (15).

26.      Inoltre, soprattutto il Regno Unito chiede di negare l’effetto diretto dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA per il fatto che gli Stati membri dovrebbero ancora adottare norme sulla forma giuridica di un’associazione e sulle condizioni per aderirvi.

27.      Tuttavia non posso condividere neppure questo punto di vista. È vero che una disposizione di una direttiva che lascia agli Stati membri un ampio margine discrezionale non è immediatamente applicabile. La fattispecie dell’esenzione di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA non lascia però alcun margine agli Stati membri in relazione alla forma giuridica dell’associazione e alle condizioni di adesione.

28.      Al riguardo, la norma non contiene né un’esplicita competenza di definizione degli Stati membri, né questa emerge quale riferimento implicito al corrispondente diritto civile nazionale. Secondo una giurisprudenza costante, occorre evitare, in particolare nell’ambito delle esenzioni, nel frattempo disciplinate dall’articolo 132 della direttiva IVA, divergenze nell’applicazione del sistema dell’IVA da uno Stato membro all’altro (16). Allo stesso modo in cui, quindi, per l’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva IVA la nozione di proprietà non deve, secondo una costante giurisprudenza, fare riferimento alle forme presenti nel diritto nazionale (17), per la definizione di un’associazione e i requisiti per l’adesione non si deve rimandare al diritto nazionale.

29.      L’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA soddisfa così il principio di determinatezza ed è quindi sufficientemente preciso per produrre un effetto diretto (18).

30.      Poiché, di conseguenza, l’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA è, dal punto di vista sostanziale, incondizionato e sufficientemente preciso, esso produce un effetto diretto.

B –    Sulle questioni pregiudiziali in dettaglio

1.      Sulla quarta questione pregiudiziale: definizione di un’associazione autonoma

31.      Tra le sei questioni pregiudiziali che sono state complessivamente poste, occorre rispondere anzitutto alla quarta, in quanto, nella fattispecie, riveste un’importanza prioritaria per l’ambito di applicazione dell’esenzione di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA.

32.      Il giudice del rinvio, con la quarta questione, chiede infatti sostanzialmente se l’associazione autonoma di persone ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA debba essere un soggetto giuridico distinto o se – come nel caso di cui al procedimento principale – possa anche essere formata da un gruppo di imprese consociate, all’interno del quale le società si prestano reciprocamente servizi.

33.      A tal riguardo, si deve in primo luogo constatare che un’associazione ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA deve costituire, in quanto tale, un soggetto passivo in conformità dell’articolo 9 della direttiva IVA.

34.      La Corte infatti ha già dichiarato in tal senso, a proposito dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA, che alla luce dell’interpretazione restrittiva che si rende in linea di principio necessaria per le esenzioni previste dal diritto in materia di IVA (19), un’interpretazione della disposizione di cui trattasi che vada al di là del suo chiaro tenore letterale è in contrasto con la finalità della norma (20). Dal testo emerge che l’associazione definita nella fattispecie «autonoma» eroga i servizi agendo in quanto tale e pertanto va distinta ai fini IVA dai suoi membri.

35.      Poiché, di conseguenza, l’esenzione è applicabile unicamente alle prestazioni di servizi effettuate dall’associazione stessa, e non dai suoi membri, essa deve essere un soggetto passivo ai sensi dell’articolo 9 della direttiva IVA. Diversamente, in conformità dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva IVA, non vi sarebbe neppure una prestazione di servizi imponibile dell’associazione che possa essere esentata. Sono imponibili solo le prestazioni di servizi effettuate da «un soggetto passivo che agisce in quanto tale».

36.      Si determinerebbe una diversa situazione solo se l’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA avesse lo scopo di preservare la portata dell’esenzione ovvero la non imponibilità delle attività dei membri aderenti all’associazione, all’interno della quale la semplice cooperazione di tali soggetti passivi (o anche di soggetti non passivi) non deve comportare un aggravio degli oneri dell’IVA. Questo spiegherebbe perché l’associazione debba rendere prestazioni inerenti alle finalità dirette delle attività non tassate dei suoi membri e possa esigere solo il rimborso esatto della corrispondente quota dei costi relativi a tali prestazioni.

37.      Il tenore letterale dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA, che deve però essere interpretato in senso restrittivo, fa riferimento all’erogazione, da parte di un’associazione, di prestazioni di servizi da esentare le quali – come ho osservato nelle mie conclusioni nella causa Commissione/Lussemburgo (21) – sono imponibili solo se effettuate da un soggetto passivo ai sensi dell’articolo 9 della direttiva IVA.

38.      Tuttavia un’associazione autonoma non deve essere una persona giuridica. Infatti la Corte ha lasciato intendere in vari modi che il possesso di personalità giuridica non costituisce una condizione per considerare la presenza di un soggetto passivo ai sensi dell’articolo 9 della direttiva IVA (22). A tal fine è determinante unicamente se una persona, ovvero un’associazione di persone o patrimoniale, eserciti «in modo indipendente» un’attività economica ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva IVA.

39.      La Corte si è finora occupata nella sua giurisprudenza del criterio dell’autonomia ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva IVA in diversi casi, in cui era sempre in discussione se una persona o un’entità materiale fosse vincolata da un rapporto di subordinazione nei confronti di un altro soggetto passivo, e quindi se, in applicazione diretta o analogica dell’articolo 10 della direttiva IVA, non esercitasse un’attività in modo indipendente. Oggetto delle controversie era l’autonomia di una persona nei confronti del suo datore di lavoro (23), di soci nei confronti della loro società (24) e di enti di un’organizzazione nei confronti dell’organizzazione stessa (25).

40.      In particolare l’ultima giurisprudenza citata, relativa agli enti di un’organizzazione, può essere trasposta alla presente fattispecie. Infatti, un’associazione ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA mira a offrire ai suoi membri una struttura comune della collaborazione (26) che quindi acquisisce anche organizzativamente una propria autonomia. Per gli enti di un’organizzazione, la Corte ha negato il carattere di autonomia in particolare quando non disponevano di un proprio patrimonio (27). Tuttavia un gruppo – ovvero l’associazione di diverse società autonome, unicamente sulla base delle rispettive partecipazioni – non può in quanto tale disporre di un proprio patrimonio. Pertanto, di per sé, un gruppo non costituisce in linea di principio un soggetto passivo ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, né può di conseguenza costituire un’associazione autonoma ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA.

41.      Tale interpretazione trova conferma nell’esistenza della norma speciale di cui all’articolo 11 della direttiva IVA. In forza di tale disposizione gli Stati membri hanno la possibilità di «considerare come un unico soggetto passivo le persone (…) che siano giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi». Solo la suddetta norma mira a consentire di trattare le imprese consociate come un unico soggetto passivo e di conseguenza di esentare le prestazioni effettuate all’interno del gruppo dall’imposizione dell’IVA.

42.      È vero che è possibile che, in determinate circostanze, una società indipendente con diversi azionisti all’interno di un gruppo debba essere classificata come associazione autonoma. Tuttavia in quel caso l’esenzione riguarderebbe solo le prestazioni di una società ai propri azionisti, poiché l’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA esenta solo i servizi dell’associazione ai suoi membri, ma non la situazione inversa. Peraltro simili servizi non formano l’oggetto del procedimento principale, per cui un ulteriore esame al riguardo risulta superfluo.

43.      Di conseguenza, l’esenzione prevista dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA non è già a priori applicabile a un caso come quello di cui al procedimento principale, in quanto non vengono erogate prestazioni da un’associazione autonoma ai suoi membri nel senso della fattispecie ivi indicata.

44.      Pertanto, in risposta alla quarta questione pregiudiziale, occorre dichiarare che un’associazione autonoma di persone ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA non deve costituire una persona giuridica, ma deve essere un soggetto passivo a norma dell’articolo 9, paragrafo 1, della medesima direttiva. Un gruppo costituito da diverse società tra loro collegate non soddisfa in quanto tale la suddetta condizione.

2.      Sulla prima, sulla seconda, sulla terza e sulla sesta questione pregiudiziale: applicabilità a un’associazione «transfrontaliera»

45.      Con la prima, la seconda, la terza e la sesta questione pregiudiziale il giudice del rinvio desidera in definitiva sapere se e a quali condizioni l’esenzione di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA possa trovare applicazione anche alle associazioni che operano a livello transfrontaliero.

46.      Ciò presuppone, come sostenuto anche dalla Repubblica federale di Germania, in via preliminare, che l’esenzione di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA si applichi anche a imprese che erogano servizi finanziari esenti ai sensi dell’articolo 135 della direttiva IVA. Come argomentato nelle mie conclusioni presentate nella causa Aviva (28), così non è. L’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA ricomprende, in ragione della sua collocazione sistematica e della sua genesi, soltanto associazioni di soggetti passivi che effettuano operazioni esenti ai sensi dell’articolo 132 della direttiva IVA. Tra di esse non rientrano le prestazioni di servizi finanziari.

47.      A prescindere da quanto precede, un’applicazione transfrontaliera dell’esenzione di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA non può ricavarsi neppure dalla direttiva stessa. Come illustrato nelle conclusioni da me presentate nella causa Aviva (29), ciò risulta già dalla sesta direttiva. Lo stesso emerge inoltre dalle difficoltà presenti nel valutare i presupposti applicativi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA da parte di più Stati membri. In definitiva, il gettito fiscale di uno Stato membro dipenderebbe da situazioni (mutabili) e da valutazioni non verificabili compiute in altri Stati membri (o addirittura in Stati terzi), il che implicherebbe notevoli problemi pratici, violerebbe il principio della sovranità degli Stati membri sul gettito fiscale nel loro territorio, come sancito dal diritto dell’Unione (30), e potrebbe quindi anche giustificare un’eventuale violazione dei diritti fondamentali da parte della direttiva IVA.

3.      Sulla quinta questione pregiudiziale: la maggiorazione del 5%

48.      Con la quinta questione pregiudiziale il giudice del rinvio vuole essenzialmente stabilire se l’esenzione di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA valga anche quando il soggetto passivo ha calcolato il prezzo delle sue prestazioni di servizi in ragione delle spese incrementate di una maggiorazione, nel caso di specie pari al 5%, conforme a quanto richiesto dalla normativa in materia di imposizione diretta dello Stato membro in cui è stabilito.

49.      A norma dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA, le prestazioni di servizi effettuate da associazioni sono esentate solo a condizione che queste ultime si limitino ad esigere dai loro membri «l’esatto rimborso della parte delle spese comuni loro spettante».

50.      Se, nel caso di specie, come indicato dal giudice del rinvio, era dovuto un importo superiore ai costi quantificati a norma della disposizione in parola, il suddetto presupposto di applicazione dell’esenzione non può dirsi soddisfatto.

51.      La conclusione sarebbe diversa solo nell’ipotesi in cui la nozione di spese di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA ricomprendesse anche la voce di costo del margine di guadagno dell’imprenditore, che può risultare in una maggiorazione delle spese effettivamente sostenute per l’erogazione della prestazione. Sussistono però notevoli dubbi al riguardo. In primis, una siffatta interpretazione contrasta con il tenore letterale della disposizione in quasi tutte le lingue. I termini «Erstattung [rimborso]» (31) o persino «Rückzahlung [rimborso]» (32) o «Rückerstattung [rimborso]» (33) comprendono, nel linguaggio corrente, soltanto quanto speso e non anche un compenso. La presa in considerazione di un margine di guadagno dell’imprenditore non si concilia inoltre con l’obiettivo dell’esenzione di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA, illustrato nelle conclusioni da me presentate nella causa Aviva (34). Esso consiste nell’estendere a monte un’altra esenzione in ragione del fatto che i soggetti passivi, per motivi di concorrenza, collaborano tra di loro. L’idea di un margine di guadagno dell’imprenditore, quale voce di costo dell’associazione, non è compatibile con l’eliminazione di uno svantaggio concorrenziale.

52.      Occorre quindi rispondere alla quinta questione pregiudiziale nel senso che l’esenzione di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA non trova applicazione qualora per la prestazione sia corrisposto un corrispettivo eccedente i costi sostenuti. Lo stesso vale quando è riconosciuta una maggiorazione sui costi meramente forfettaria, conforme a quanto richiesto dalla normativa in materia di imposizione diretta.

VI – Conclusione

53.      Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere nel complesso come segue alla domanda di pronuncia pregiudiziale sottoposta dall’Administratīvā apgabaltiesa (Tribunale amministrativo regionale, Lettonia):

1)      Un’associazione autonoma di persone ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), [della direttiva 2006/112/CE] non deve costituire una persona giuridica, ma deve essere un soggetto passivo a norma dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva medesima. Un gruppo di imprese consociate non soddisfa in quanto tale la suddetta condizione.

2)      L’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), ricomprende, nel presente contesto, soltanto associazioni di soggetti passivi che effettuano operazioni esenti ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, della direttiva IVA. Le associazioni tra imprese che erogano prestazioni di servizi finanziari non ricadono pertanto nell’ambito di applicazione dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA.

3)      L’associazione autonoma di persone può erogare prestazioni di servizi esenti soltanto a quei membri che sono assoggettati al medesimo ordinamento giuridico, vale a dire a quello dell’associazione.

4)      L’esenzione di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA non trova applicazione qualora per la prestazione sia corrisposto un corrispettivo eccedente i costi sostenuti. Lo stesso vale quando è riconosciuta una maggiorazione sui costi meramente forfettaria, conforme a quanto richiesto dalla normativa in materia di imposizione diretta.


1 –      Lingua originale: il tedesco.


2 –      GU 2006, L 347, pag. 1.


3 –      Sentenze del 15 giugno 1989, Stichting Uitvoering Financiële Acties (348/87, EU:C:1989:246); del 20 novembre 2003, Taksatorringen (C-8/01, EU:C:2003:621), e dell’11 dicembre 2008, Stichting Centraal Begeleidingsorgaan voor de Intercollegiale Toetsing (C-407/07, EU:C:2008:713).


4 –      Si tratta, oltre che del presente procedimento, delle cause C-274/15 (Commissione/Lussemburgo), C-605/15 (Aviva), e C-616/15 (Commissione/Germania).


5 –      Iscritta nel registro della Corte sub C-605/15.


6 –      A tale disposizione corrispondeva, nella Sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»), nel frattempo abrogata, la disposizione di cui all’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera f). Nell’ambito del presente procedimento si deve anche tener conto della giurisprudenza della Corte pronunciata a tale riguardo.


7 –      V., ex multis, sentenze del 19 gennaio 1982, Becker (8/81, EU:C:1982:7, punto 25); del 22 giugno 1989, Costanzo (103/88, EU:C:1989:256, punto 29); del 10 settembre 2002, Kügle (C-141/00, EU:C:2002:473, punto 51), e del 7 luglio 2016, Ambisig (C-46/15, EU:C:2016:530, punto 16); v. già la sentenza del 4 dicembre 1974, Van Duyn (41/74, EU:C:1974:133, punto 12).


8 –      V., ex multis, sentenze del 23 febbraio 1994, Comitato di coordinamento per la difesa della cava e a. (C-236/92, EU:C:1994:60, punto 9); del 26 ottobre 2006, Pohl-Boskamp (C-317/05, EU:C:2006:684, punto 41); del 1° luglio 2010, Gassmayr (C-194/08, EU:C:2010:386, punto 45); del 15 maggio 2014, Almos Agrárkülkereskedelmi (C-337/13, EU:C:2014:328, punto 32), e del 7 luglio 2016, Ambisig (C-46/15, EU:C:2016:530, punto 17).


9 –      V. in tal senso, su un’altra esenzione, la sentenza del 28 novembre 2013, MDDP (C-319/12, EU:C:2013:778, punto 49).


10 –      Sentenza del 16 luglio 2015, Larentia + Minerva e Marenave Schiffahrt (C-108/14 e C-109/14, EU:C:2015:496, punto 50).


11 –      V. sentenza del 20 novembre 2003, Taksatorringen (C-8/01, EU:C:2003:621, punto 59).


12 –      Sentenze del 23 febbraio 1994, Comitato di coordinamento per la difesa della cava e a. (C-236/92, EU:C:1994:60, punto 10); del 17 settembre 1996, Cooperativa Agricola Zootecnica S. Antonio e a. (da C-246/94 a C-249/94, EU:C:1996:329, punto 19); del 29 maggio 1997, Klattner (C-389/95, EU:C:1997:258, punto 33), e del 1° luglio 2010, Gassmayr (C-194/08, EU:C:2010:386, punto 45).


13 –      V., ex multis, sentenze del 25 gennaio 1983, Smit Transport (126/82, EU:C:1983:14, punto 11); del 4 dicembre 1997, Kampelmann e a. (da C-253/96 a C-258/96, EU:C:1997:585, punto 38); del 9 settembre 2004, Meiland Azewijn (C-292/02, EU:C:2004:499, punto 61); del 19 dicembre 2012, Orfey (C-549/11, EU:C:2012:832, punto 53), e del 6 ottobre 2015, T-Mobile Czech Republic e Vodafone Czech Republic (C-508/14, EU:C:2015:657, punto 53).


14 –      V. il secondo comma della disposizione, corrispondente all’articolo 4, paragrafo 5, secondo comma, della sesta direttiva.


15 –      V. sentenze del 17 ottobre 1989, Comune di Carpaneto Piacentino e a. (231/87 e 129/88, EU:C:1989:381, punto 32 e 33), e dell’8 giugno 2006, Feuerbestattungsverein Halle (C-430/04, EU:C:2006:374, punto 31) sull’articolo 4, paragrafo 5, secondo comma, della sesta direttiva.


16 –      V., ex multis, sentenze del 25 febbraio 1999, CPP (C-349/96, EU:C:1999:93, punto 15); del 14 giugno 2007, Horizon College (C-434/05, EU:C:2007:343, punto 15); del 21 febbraio 2013, Žamberk (C-18/12, EU:C:2013:95, punto 17), e del 2 luglio 2015, De Fruytier (C-334/14, EU:C:2015:437, punto 17).


17 –      V., ex multis, sentenze dell’8 febbraio 1990, Shipping and Forwarding Enterprise Safe (C-320/88, EU:C:1990:61, punto 7); del 15 dicembre 2005, Centralan Property (C-63/04, EU:C:2005:773, punto 62), e del 3 settembre 2015, Fast Bunkering Klaipėda (C-526/13, EU:C:2015:536, punto 51).


18 –      V. sentenza del 20 novembre 2003, Taksatorringen (C-8/01, EU:C:2003:621, punti da 58 a 65).


19 –      V. solo, in merito a tale principio, in seguito richiamato in una costante giurisprudenza, sentenze del 26 giugno 1990, Velker International Oil Company (C-185/89, EU:C:1990:262, punto 19); del 16 settembre 2004, Cimber Air (C-382/02, EU:C:2004:534, punto 25), e del 2 luglio 2015, De Fruytier (C-334/14, EU:C:2015:437, punto 18).


20 –      Sentenza del 15 giugno 1989, Stichting Uitvoering Financiële Acties (348/87, EU:C:1989:246, punti 13 e 14) sull’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera f), della sesta direttiva.


21 –      V. le mie conclusioni del 6 ottobre 2016 nella causa C-274/15 (paragrafi 49 e segg.).


22 –      V. sentenze del 27 gennaio 2000, Heerma (C-23/98, EU:C:2000:46, punto 8), e del 29 settembre 2015, Gmina Wrocław (C-276/14, EU:C:2015:635, punto 28); v. in tal senso anche la sentenza del 16 luglio 2015, Larentia + Minerva e Marenave Schiffahrt (C-108/14 e C-109/14, EU:C:2015:496, punto 37), che appare in tal senso trasponibile all’articolo 9 della direttiva IVA.


23 –      Sentenze del 26 marzo 1987, Commissione/Paesi Bassi (235/85, EU:C:1987:161); del 25 luglio 1991, Ayuntamiento de Sevilla (C-202/90, EU:C:1991:332), e del 12 novembre 2009, Commissione/Spagna (C-154/08, EU:C:2009:695).


24 –      Sentenze del 27 gennaio 2000, Heerma (C-23/98, EU:C:2000:46), e del 18 ottobre 2007, van der Steen (C-355/06, EU:C:2007:615).


25 –      Sentenze del 23 marzo 2006, FCE Bank (C-210/04, EU:C:2006:196), e del 17 settembre 2014, Skandia America (USA) (C-7/13, EU:C:2014:2225), entrambe sulla succursale di una società, e del 29 settembre 2015, Gmina Wrocław (C-276/14, EU:C:2015:635), su un ente comunale.


26 –      Sentenza dell’11 dicembre 2008, Stichting Centraal Begeleidingsorgaan voor de Intercollegiale Toetsing (C-407/07, EU:C:2008:713, punto 37).


27 –      V., in tal senso, le conclusioni presentate dall’avvocato generale Jääskinen nella causa Gmina Wrocław (C-276/14, EU:C:2015:431, paragrafo 46) e la sentenza del 29 settembre 2015, Gmina Wrocław (C-276/14, EU:C:2015:635, punto 38); v. inoltre sentenze del 23 marzo 2006, FCE Bank (C-210/04, EU:C:2006:196, punto 37), e del 17 settembre 2014, Skandia America (USA) (C-7/13, EU:C:2014:2225, punto 26), basate sulla disponibilità di un capitale sociale proprio.


28 –      V. le mie conclusioni presentate nella stessa data nella causa C-605/15 (paragrafi 19 e segg.).


29 –      V. le mie conclusioni presentate nella stessa data nella causa C-605/15 (paragrafi 36 e segg.).


30 –      In generale, sul principio di territorialità, v. sentenze del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C-371/10, EU:C:2011:785, punto 46); del 17 settembre 2009, Glaxo Wellcome (C-182/08, EU:C:2009:559, punti 82 e segg.), e del 5 luglio 2012, SIAT (C-318/10, EU:C:2012:415, punti 45 e 46), nonché, sul principio di territorialità nel diritto in materia di IVA, anche la sentenza del 12 settembre 2013, Le Crédit Lyonnais (C-388/11, EU:C:2013:541, punto 42).


31 –      In inglese: «exact reimbursement», in francese: «remboursement exact», in svedese: «ersättning», in spagnolo: «reembolso exacto»; in lettone: «precīzi atmaksāt», in polacco: «zwrotu przypadającej».


32 –      In olandese: «terugbetaling».


33 –      In italiano: «rimborso», in bulgaro: «възстановяване (…) разходи», si veda soltanto l’apparentemente diversa formulazione danese: «godtgørelse», che rimanda a un «risarcimento».


34 –      V. le mie conclusioni presentate nella stessa data nella causa C-605/15 (paragrafi 20 e 21).