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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MACIEJ SZPUNAR

presentate il 30 giugno 2016 (1)

Causa C-340/15

Christine Nigl,

Gisela Nigl sen.,

Gisela Nigl jun.,

Josef Nigl,

Martin Nigl

contro

Finanzamt Waldviertel

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzgericht (tribunale tributario federale, Austria)]

«Rinvio pregiudiziale – Imposte – Imposta sul valore aggiunto – Sesta direttiva – Articolo 4, paragrafi 1 e 4, e articolo 25 – Direttiva 2006/112/CE – Articoli da 9 a 11 e 296 – Nozione di soggetto passivo – Attività economica esercitata in modo indipendente – Società di diritto civile che effettuano cessioni di beni sotto un nome commerciale comune e attraverso una società commerciale – Diniego di riconoscimento quali soggetti passivi – Regime comune forfettario per i produttori agricoli – Esclusione dal regime forfettario»





 Introduzione

1.        Nella presente causa il Bundesfinanzgericht (tribunale tributario federale) ha sottoposto alla Corte una serie di questioni preliminari concernenti lo status degli operatori economici quali distinti soggetti passivi, nel contesto di applicazione nei loro confronti del regime comune forfettario per i produttori agricoltori previsto dalle disposizioni in materia di imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA»). La Corte avrà l’opportunità di ricordare e precisare la sua giurisprudenza relativa alla corretta comprensione della nozione di attività economica esercitata in modo indipendente, all’interpretazione delle disposizioni relative al cosiddetto gruppo IVA nonché alla problematica dell’abuso di diritto.

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

2.        I fatti del procedimento principale interessano il periodo di applicazione sia della direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari — Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (2), sia della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (3). Tuttavia, dal momento che la formulazione delle disposizioni pertinenti al caso di specie è sostanzialmente identica in entrambe le direttive, mi limiterò a citare le disposizioni della direttiva 2006/112.

3.        Ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2006/112:

«Si considera “soggetto passivo” chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività».

4.        Ai sensi dell’articolo 10 di tale direttiva:

«La condizione che l’attività economica sia esercitata in modo indipendente, di cui all’articolo 9, paragrafo 1, esclude dall’imposizione i lavoratori dipendenti ed altre persone se sono vincolati al rispettivo datore di lavoro da un contratto di lavoro subordinato o da qualsiasi altro rapporto giuridico che preveda vincoli di subordinazione in relazione alle condizioni di lavoro e di retribuzione ed alla responsabilità del datore di lavoro».

5.        L’articolo 11 della medesima direttiva recita:

«Previa consultazione del comitato consultivo dell’imposta sul valore aggiunto (…), ogni Stato membro può considerare come un unico soggetto passivo le persone stabilite nel territorio dello stesso Stato membro che siano giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi.

Uno Stato membro che esercita l’opzione prevista al primo comma, può adottare le misure necessarie a prevenire l’elusione o l’evasione fiscale».

6.        Infine, ai sensi dell’articolo 296, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/12:

«1.      Gli Stati membri possono applicare ai produttori agricoli per i quali l’assoggettamento al regime normale dell’IVA o, eventualmente, al regime speciale di cui al capo 1 crei difficoltà, un regime forfettario inteso a compensare l’onere dell’IVA pagata sugli acquisti di beni e servizi degli agricoltori forfettari, conformemente al presente capo.

2.      Ogni Stato membro può escludere dal regime forfettario talune categorie di produttori agricoli, nonché i produttori agricoli per i quali l’applicazione del regime normale dell’IVA o, eventualmente, delle modalità semplificate di cui all’articolo 281, non crei difficoltà amministrative.

(…)».

 Diritto austriaco

7.        Ai sensi dell’articolo 1175, paragrafo 1, dell’Allgemeines bürgerliches Gesetzbuch (codice civile austriaco) una società a scopo di lucro è formata da due o più persone che si impegnano, in forza di un contratto, ad esercitare insieme un’attività finalizzata al perseguimento di un determinato obiettivo comune. Siffatto contratto non è soggetto ad alcun requisito formale.

8.        La direttiva 2006/112 è stata trasposta nell’ordinamento austriaco per mezzo dell’Umsatzsteuergesetz (legge del 1994 relativa all’IVA; in prosieguo: l’«UStG»). Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, di tale legge, si considera soggetto passivo IVA chiunque esercita in modo indipendente un’attività economica o professionale. All’articolo 2, paragrafo 2, dell’UstG è stato chiarito che non è considerata indipendente un’attività esercitata da persone fisiche subordinate alle istruzioni di un imprenditore o da persone giuridiche dipendenti sul piano finanziario, economico o organizzativo dalla volontà di un (altro) imprenditore, cosicché le stesse non dispongono di una propria volontà.

9.        Il regime comune forfettario per i produttori agricoli previsto dalla direttiva 2006/112 è stato attuato dall’articolo 22 dell’UStG. Esso si applica agli agricoltori non soggetti all’obbligo della tenuta delle scritture contabili. A sua volta, siffatto obbligo, dipende, ai sensi dell’articolo 125, paragrafo 1, della Bundesabgabenordnung (codice federale delle imposte, dal fatturato e dal valore dell’impresa.

 Contesto fattuale, svolgimento del procedimento e questioni pregiudiziali

10.      La famiglia Nigl da tempo opera nel settore della viticoltura e della produzione di vino. Con l’incremento della produzione e l’estensione della superficie di terreno coltivato, si univano all’attività in misura via via maggiore nuovi membri della famiglia. Attualmente, essi formano tre società di diritto civile, ognuna delle quali coltiva viti sui propri terreni. Del pari, il vino prodotto separatamente proviene da raccolti ottenuti dai terreni appartenenti a ciascuna delle società e, anche se è venduto con la denominazione comune «Nigl», contiene le indicazioni sulla provenienza dalla coltivazione di una concreta società di diritto civile. Inoltre, nel 2001, i membri della famiglia hanno fondato una società a responsabilità limitata, la Weingut Nigl GmbH. Tale società si occupa principalmente della vendita di vino in nome e per conto delle tre società di diritto civile. Essa produce a sua volta vino in nome proprio, con frutta acquistata da tali società. I mezzi necessari per la coltivazione e la produzione sono, in linea di principio, di proprietà delle singole società di diritto civile, ad eccezione dei beni immobili e di alcune attrezzature, come la macchina per l’imbottigliamento, che sono di proprietà comune.

11.      Tutte e quattro le società (ossia, le tre società di diritto civile e la società a responsabilità limitata) sono state, sin dalla loro costituzione, registrate come distinti soggetti passivi IVA, ma le società di diritto civile rientravano nel regime comune forfettario per i produttori agricoli. Siffatto status veniva confermato dai controlli effettuati dalle autorità fiscali. Tuttavia, nel 2012, a seguito di una nuova verifica, siffatte autorità hanno ritenuto che tutte e tre le società di diritto civile dovessero essere considerate, con decorrenza dal 2005, come un’unica impresa, e, quindi, come un unico soggetto passivo IVA. Soltanto la società a responsabilità limitata ha mantenuto il suo status di un distinto soggetto. Per tale motivo, l’autorità fiscale convenuta nel procedimento principale ha adottato nei confronti dei ricorrenti nel procedimento principale una serie di avvisi di accertamento in rettifica per gli anni dal 2005 al 2012, nonché decisioni che limitavano la validità dei loro numeri di identificazione fiscale quali soggetti passivi IVA.

12.      La qualificazione delle tre società commerciali come un’unica impresa comporta inoltre, alla luce delle disposizioni del diritto austriaco, la loro esclusione dall’assoggettamento al regime comune forfettario per i produttori agricoli.

13.      L’autorità fiscale ha motivato tali decisioni con una profonda integrazione economica e organizzativa delle tre società di diritto civile. Essa ha, innanzitutto, rilevato che tutte le società in questione si presentano nei confronti di terzi con la denominazione «Weingut Nigl», costituente anche il nome commerciale dei loro prodotti, che le società utilizzano edifici e impianti comuni, e che il processo della vinificazione, fondamentale per la produzione del vino, è, in realtà, seguito da una sola persona, Martin Nigl noto esperto in tale settore.

14.      I ricorrenti nel procedimento principale hanno impugnato le decisioni di cui sopra dinanzi al giudice del rinvio. Essi hanno esposto, in particolare, i seguenti argomenti: le singole società di diritto civile sono state costituite separatamente, in momenti diversi, e non si può assumere che sia stata costituita tacitamente un’unica società di diritto civile in contrasto con la volontà espressa dei suoi presunti soci; l’uso comune degli edifici e delle attrezzature è spesso praticato, in particolare nel settore agricolo, e da tale circostanza non può essere desunto il carattere non autonomo delle singole imprese; la vendita del prodotto finale, cioè del vino, con un nome commerciale comune non rappresenta nella fattispecie il fattore determinante, anche perché il vino in questione contiene, in più, le indicazioni relative a ciascuna delle società di diritto civile.

15.      In tali circostanze, il Bundesfinanzgericht (tribunale tributario federale, Austria) ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se tre associazioni di persone, formate da diversi membri di una famiglia, che verso l’esterno, nei confronti dei fornitori e delle pubbliche autorità, si presentano in modo indipendente in tale veste e che dispongono, fatta eccezione per due beni patrimoniali, di mezzi di produzione propri, ma commercializzano per la maggior parte i loro prodotti con un marchio comune attraverso una società di capitali le cui quote sono detenute da membri delle stesse associazioni di persone e da altri familiari, costituiscano tre imprenditori autonomi (soggetti passivi).

2)      Se, qualora si debba ritenere che le tre citate associazioni di persone non siano imprenditori autonomi (soggetti passivi), occorra considerare come imprenditore autonomo

a)      la società di capitali distributrice;

b)      un’associazione di persone composta dai membri delle tre associazioni di persone, che non opera in tale veste sul mercato né nei confronti dei fornitori, né nei confronti dei clienti, oppure

c)      un’associazione di persone, composta dalle tre associazioni di persone e dalla società di capitali, che non opera in tale veste sul mercato né nei confronti dei fornitori, né nei confronti dei clienti.

3)      Se, qualora si debba ritenere che le tre citate associazioni di persone non siano imprenditori autonomi (soggetti passivi), sia consentito, nel caso in cui esse siano state in un primo tempo riconosciute, a seguito di verifiche delle autorità tributarie, come imprenditori autonomi (soggetti passivi) dal Finanzamt, revocare la qualità di imprenditore (soggetto passivo)

a)      con effetto retroattivo;

b)      solo per il futuro, oppure

c)      mai.

4)      Se, qualora si debba ritenere che le tre citate associazioni di persone siano imprenditori autonomi (soggetti passivi), si debba considerare, nel caso in cui tali associazioni di persone, che cooperano tra loro sul piano economico, rientrino individualmente nel regime forfettario per i produttori agricoli, ma la società di capitali – ovvero una propria associazione di persone formata dai membri delle tre associazioni di persone oppure una propria associazione di persone formata dalla società di capitali e dai membri delle tre associazioni di persone – sia esclusa ai sensi della legislazione nazionale dal regime forfettario a motivo delle dimensioni aziendali o della forma giuridica, che esse costituiscono viticoltori e quindi produttori agricoli soggetti al regime forfettario.

5)      Se, qualora si dovesse in linea di principio escludere per le tre citate associazioni di persone il regime forfettario previsto per i produttori agricoli, tale esclusione

a)      abbia effetto retroattivo,

b)      sia valida solo per il futuro, oppure

c)      sia priva di efficacia».

16.      La domanda di pronuncia pregiudiziale è pervenuta alla Corte il 7 luglio 2015. Osservazioni scritte sono state presentate dai ricorrenti nel procedimento principale, dal governo austriaco nonché dalla Commissione europea. Le medesime parti erano rappresentate all’udienza tenutasi il 13 aprile 2016.

 Analisi

17.      Il giudice del rinvio non indica in modo specifico le disposizioni del diritto dell’Unione di cui è chiesta l’interpretazione con la sua domanda. Tuttavia, dalla formulazione delle questioni pregiudiziali e dalle informazioni contenute nell’ordinanza del giudice del rinvio si deve dedurre che la prima, la seconda e la terza questione riguardano l’interpretazione degli articoli 9, paragrafo 1, primo comma, e 11 della direttiva 2006/112, mentre la quarta e la quinta questione si riferiscono anche all’interpretazione delle disposizioni relative al regime comune forfettario per i produttori agricoli, in particolare all’articolo 296, paragrafi 1 e 2, di tale direttiva. Propongo, quindi, di ripartire l’analisi giuridica nella presente causa secondo il suddetto schema.

 Sulla prima, sulla seconda e sulla terza questione pregiudiziale – interpretazione degli articoli 9, paragrafo 1, primo comma, e 11 della direttiva 2006/112

 Sulla prima questione pregiudiziale

18.      Con la sua prima questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 9, paragrafo 1, primo comma, e 11 della direttiva 2006/112 debbano essere interpretati nel senso che consentono, o impongono, allo Stato membro di negare lo status di distinto soggetto passivo a persone che, esercitando un’attività imponibile, sono legate tra loro sotto il profilo economico o organizzativo in misura sufficiente da essere considerate come un’unica impresa. Nel rispondere alla questione così formulata si deve, a mio parere, separare l’interpretazione dell’articolo 9, paragrafo 1, primo comma, e dell’articolo 11 di tale direttiva.

–       In merito all’interpretazione dell’articolo 9, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2006/112

19.      Nella causa in esame è pacifico che l’attività svolta dai ricorrenti nel procedimento principale costituisce un’attività economica ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2006/112. Resta quindi da risolvere la questione se tale attività sia da essi esercitata in modo indipendente ai sensi del primo comma del paragrafo in parola, e, più specificamente, se ciascuna delle società di diritto civile costituite dai ricorrenti svolga la suddetta attività in modo indipendente, acquisendo così la qualità di soggetto passivo.

20.      Secondo una giurisprudenza costante della Corte, la natura indipendente di un’attività ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2006/112 deve essere valutata alla luce dell’articolo 10 della direttiva. A sua volta, quest’ultima disposizione indica esplicitamente che il termine «in modo indipendente», ha lo scopo di escludere dall’imposizione le attività svolte da soggetti legati all’imprenditore da un contratto di lavoro subordinato o da un altro rapporto giuridico simile. Ciò implica che un’attività non è esercitata in modo indipendente soltanto nelle ipotesi in cui la persona che la esercita sia subordinata ad un altro soggetto in modo tale che essa non svolge tale attività in nome proprio e per proprio conto, non la dirige personalmente e non si assume il rischio economico legato al suo esercizio (4).

21.      Orbene, il mero fatto della cooperazione, anche stretta, di diversi soggetti, sotto forma di società di diritto civile, nell’esercizio di un’attività, non dimostra, a mio parere, la loro subordinazione ad un altro soggetto. Per forza di cose, quindi, i soggetti che cooperano tra loro esercitano l’attività in nome proprio, per proprio conto e sotto la propria direzione, e si assumono il rischio economico legato all’esercizio di tale attività in quanto non vi è un soggetto superiore per conto del quale e sotto la cui responsabilità potrebbe essere esercitata tale attività. Si deve aggiungere che nel procedimento principale, sulla base delle informazioni contenute nell’ordinanza del giudice del rinvio, tale funzione non sembra essere svolta nemmeno dalla società a responsabilità limitata costituita dai ricorrenti.

22.      In una situazione del genere non si può assumere che l’articolo 9, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2006/112 costituisca la base per il diniego ai soggetti interessati dello status di soggetti passivi in ragione della natura non autonoma dell’attività da essi esercitata.

–       In merito all’interpretazione dell’articolo 11 della direttiva 2006/112

23.      L’articolo 11 della direttiva 2006/112 consente agli Stati membri di considerare come un unico soggetto passivo le entità che siano giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi (tale soggetto passivo è denominato il «gruppo IVA»). Il riconoscimento come un unico soggetto passivo può riguardare tanto gli attuali ed i potenziali distinti soggetti passivi, quanto le persone non aventi lo status di soggetto passivo (5).

24.      La disposizione in esame ha un duplice obiettivo. In primo luogo, essa può contribuire ad una semplificazione amministrativa tanto per l’amministrazione finanziaria quanto per i soggetti interessati (6). In secondo luogo, essa può servire a evitare abusi quali, ad esempio, il frazionamento di un’impresa tra più soggetti al fine di beneficiare di un particolare regime fiscale (7).

25.      L’applicazione della citata disposizione nell’ordinamento nazionale richiede, tuttavia, il soddisfacimento di due condizioni.

26.      In primo luogo, la disposizione in parola deve essere esplicitamente recepita nel diritto interno. Essa, infatti, non è categorica, e quindi, non può essere applicata direttamente (8). Ciò vale anche per i casi in cui i suoi effetti dovessero essere vantaggiosi per i soggetti passivi, e quindi, a maggior ragione, come rileva giustamente la Commissione nelle sue osservazioni, per le ipotesi in cui la sua applicazione dovesse risultare sfavorevole nei loro confronti, come nel caso di specie.

27.      In secondo luogo, il ricorso da parte di uno Stato membro alla possibilità prevista dall’articolo 11 della direttiva 2006/112 richiede la previa consultazione del comitato IVA (9).

28.      In tale contesto si pone, nella presente causa, la questione se nel diritto austriaco sussista una base giuridica per considerare le società di diritto civile costituite dai ricorrenti nel procedimento principale quale gruppo IVA ai sensi dell’articolo 11 della direttiva 2006/112. Come riferito dalla Commissione nel corso dell’udienza, la disposizione che in tale contesto è stata sottoposta dalla Repubblica d’Austria alla consultazione del comitato IVA, è l’articolo 2, paragrafo 2, secondo comma, dell’UStG. Siffatta disposizione limita la possibilità di considerare le entità come un unico soggetto passivo alle persone giuridiche subordinate ad un imprenditore sotto il profilo finanziario, economico o organizzativo, cosicché esse non dispongono di una propria volontà.

29.      Le società costituite dai ricorrenti nel procedimento principale, il cui riconoscimento come distinti soggetti passivi è stata negato dalle autorità fiscali austriache nelle decisioni impugnate nel presente procedimento, non hanno personalità giuridica e non sono subordinate a nessun altro imprenditore. Tuttavia, il governo austriaco, sostiene che nei loro confronti è possibile applicare l’articolo 2, paragrafo 2, secondo comma, dell’UStG.

30.      Si tratta di una questione di interpretazione del diritto nazionale, che rientra nell’esclusiva competenza dei giudici nazionali. Vorrei soltanto rilevare che, a mio avviso, sulla valutazione di tale questione non influisce un’eventuale incompatibilità della suddetta disposizione di diritto austriaco con l’articolo 11 della direttiva 2006/112, alla luce della sentenza della Corte Larentia + Minerva e Marenave Schiffahrt (10), tesi, questa, che sembra essere stata suggerita dalla Commissione nelle sue osservazioni. Nella citata sentenza, la Corte ha, effettivamente, dichiarato che le limitazioni relative alla possibilità di costituire un gruppo IVA contenute nel diritto tedesco, simili a quelle previste nella disposizione austrica in esame nella presente causa, sono contrarie all’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva, in quanto quest’ultimo non subordina la sua applicazione a requisiti diversi dalla sussistenza di uno stretto vincolo tra i soggetti interessati (11). Allo stesso tempo, però, la Corte ha escluso la possibilità che un soggetto passivo possa invocare direttamente la suddetta disposizione della direttiva, anche nel caso in cui la normativa nazionale che costituisce la sua trasposizione introduca restrizioni incompatibili con essa (12). A maggior ragione le autorità fiscali non possono invocare direttamente l’articolo 11 della direttiva 2006/112 per applicarlo a svantaggio del soggetto passivo.

31.      Alla luce di quanto precede, a mio parere, un’eventuale incompatibilità dell’articolo 2, paragrafo 2, secondo comma, dell’UStG con l’articolo 11 della direttiva 2006/112 non dovrebbe incidere sulla valutazione dell’applicabilità di tale prima disposizione alle società di diritto civile costituite dai ricorrenti nel procedimento principale.

–       Risposta alla prima questione pregiudiziale

32.      Propongo pertanto alla Corte di rispondere alla prima questione pregiudiziale che l’articolo 9, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2006/112 deve essere interpretato nel senso che esso non costituisce la base per il diniego dello status di soggetto passivo ad un soggetto collegato sotto il profilo organizzativo, economico o finanziario ad un altro soggetto, se tale vincolo non ha natura di rapporto giuridico, di cui all’articolo 10 della direttiva. L’articolo 11 della suddetta direttiva deve essere interpretato nel senso che la sua applicazione richiede l’esistenza nell’ordinamento giuridico nazionale di una chiara base giuridica, adottata a seguito della consultazione del comitato IVA. La verifica della sussistenza di siffatta base nel diritto nazionale e della sua applicabilità ad un caso concreto spetta ai giudici nazionali.

 Sulla seconda questione pregiudiziale

33.      Con la seconda questione pregiudiziale il giudice del rinvio chiede, in sostanza, quali dei soggetti presenti nel procedimento principale debbano essere eventualmente considerati come un unico soggetto passivo, qualora tale possibilità sussista dal punto di vista giuridico.

34.      Come risulta dalla risposta che propongo di dare alla prima questione pregiudiziale, una siffatta possibilità potrebbe essere desunta dall’articolo 11 della direttiva 2006/112, nel caso in cui il giudice del rinvio ritenga che l’articolo 2, paragrafo 2, secondo comma, dell’UStG, che ne costituisce la norma di trasposizione, sia applicabile nelle circostanze del procedimento principale. Per contro, l’individuazione dei soggetti che, eventualmente, dovrebbero essere inclusi nel gruppo IVA integra una valutazione di fatto, la quale compete interamente alle autorità fiscali e ai giudici nazionali. Non credo che dal diritto dell’Unione possa emergere una qualsiasi indicazione al riguardo.

35.      Di conseguenza, propongo che la Corte risponda alla seconda questione nel senso che l’individuazione dei soggetti che in un concreto contesto fattuale possono essere considerati come un unico soggetto passivo rientra interamente nella competenza delle autorità fiscali e dei giudici degli Stati membri.

 Sulla terza questione pregiudiziale

36.      Con la terza questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede in sostanza se le autorità fiscali, laddove applicano le disposizioni nazionali di attuazione dell’articolo 11 della direttiva 2006/112, possano considerare quali membri di un gruppo IVA i soggetti passivi che sono stati precedentemente riconosciuti come distinti soggetti passivi, e, in caso affermativo, se possano farlo con effetto retroattivo o solo per il futuro.

37.      Rispondendo alla domanda così formulata, devo, anzitutto, rilevare che, a mio parere, né la formulazione dell’articolo 11 della direttiva 2006/112 né i principi generali del diritto fiscale indicano che siffatta disposizione debba essere applicata soltanto alle persone che fino ad allora non avevano mai esercitato un’attività imponibile e non hanno, quindi, avuto lo status di soggetto passivo IVA. Un’interpretazione così restrittiva della disposizione in parola osterebbe al raggiungimento dei suoi obiettivi. Da un lato, infatti, impedirebbe la costituzione di un gruppo IVA ai soggetti passivi che già stanno esercitando un’attività imponibile come distinti soggetti passivi. Dall’altro lato, ostacolerebbe anche le autorità fiscali nel reagire in modo adeguato all’evolversi della situazione dei soggetti passivi e nell’applicare nei loro confronti le disposizioni relative al gruppo IVA, con lo scopo di semplificare la riscossione delle imposte o di prevenire le condotte abusive.

38.      Nemmeno i principi del diritto tributario, tra cui, in particolare, il principio della certezza del diritto, ostano, a mio parere, al riconoscimento, quali membri di un gruppo IVA, alle persone in precedenza considerate distinti soggetti passivi. Se è vero che, secondo il summenzionato principio, la situazione fiscale del soggetto passivo, con riferimento ai diritti e agli obblighi dello stesso nei confronti dell’amministrazione tributaria, non può essere indefinitamente rimessa in discussione (13), le disposizioni chiare e prevedibili, che consentono alle autorità fiscali di verificare le precedenti decisioni fiscali, non violano siffatto principio (14).

39.      Per quanto riguarda, invece, la questione relativa a se il riconoscimento dei soggetti, finora qualificati come distinti soggetti passivi, quali membri di un gruppo IVA, possa avvenire con effetto retroattivo o solo per il futuro, è opportuno a mio parere distinguere due situazioni.

40.      Come ho indicato al paragrafo 24 delle presenti conclusioni, l’applicazione delle disposizioni relative al gruppo IVA può avere come obiettivo, tra l’altro, di evitare abusi quali, ad esempio, il frazionamento di un’impresa tra più soggetti al fine di beneficiare di un particolare regime fiscale. In tal caso, il riconoscimento dei soggetti passivi quali membri di un gruppo IVA e le conseguenze da ciò derivanti per la loro tassazione, saranno intesi a rettificare un’irregolarità preesistente ed a ristabilire la situazione quale sarebbe esistita nel caso in cui non fosse stato commesso alcun abuso. Ciò può comprendere anche la rettifica, con effetto retroattivo, delle decisioni adottate in precedenza (15). Pertanto, si deve concludere, a mio avviso, che le autorità fiscali hanno il diritto di riconoscere, con effetto retroattivo, quali membri di un gruppo IVA, le persone che in precedenza erano considerate dalle stesse autorità come distinti soggetti passivi, qualora tale decisione sia finalizzata a contrastare un comportamento abusivo consistente, ad esempio, nel frazionamento artificiale di un’impresa.

41.      Per contro, nell’ipotesi in cui questo tipo di abuso non fosse stato accertato a carico dei soggetti passivi, i principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento ostano, a mio parere, all’applicazione, con effetto retroattivo, delle disposizioni relative al gruppo IVA alle persone che in precedenza possedevano lo status di distinti soggetti passivi. Ciò vale, in particolare, per i casi in cui, come nel procedimento principale, il suddetto status di distinti soggetti passivi veniva precedentemente confermato all’esito dei controlli eseguiti dalle autorità fiscali.

42.      A tal riguardo, vale ancora la pena di aggiungere che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, perché possa parlarsi di un comportamento abusivo in materia di diritto fiscale devono essere soddisfatti due presupposti. In primo luogo, la condotta del soggetto passivo deve, nonostante l’applicazione formale delle condizioni previste dalle pertinenti disposizioni, procurare allo stesso un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria all’obiettivo perseguito da queste stesse disposizioni. In secondo luogo, deve risultare da un insieme di elementi oggettivi che lo scopo delle operazioni poste in essere dal soggetto passivo è l’ottenimento di un vantaggio fiscale, vale a dire, che siffatto comportamento non deve potersi spiegare altrimenti che con il mero conseguimento di detti vantaggi (16). La valutazione della sussistenza di tali presupposti, e, in generale, l’accertamento se in un caso concreto abbia avuto luogo un abuso di diritto, rientra, ovviamente, nella competenza esclusiva dei giudici nazionali.

43.      Propongo pertanto alla Corte di rispondere alla terza questione pregiudiziale che l’articolo 11 della direttiva 2006/112 deve essere interpretato nel senso che, nell’applicazione di quest’ultimo, le autorità fiscali possono considerare, quale unico soggetto passivo, coloro che in precedenza esercitavano un’attività imponibile come distinti soggetti passivi. Nel caso in cui tali soggetti abbiano abusato dei diritti derivanti dallo status di distinto soggetto passivo, la riconduzione degli stessi ad un unico soggetto passivo può avvenire con effetto retroattivo.

 Sulla quarta e quinta questione pregiudiziale – regime comune forfettario per i produttori agricoli

44.      La quarta e la quinta questione riguardano l’applicazione ai ricorrenti nel procedimento principale del regime comune forfettario per i produttori agricoli, di cui all’articolo 295 e seguenti. della direttiva 2006/112. La quarta questione concerne, nello specifico, l’applicazione di tale regime o la possibilità di negarla, a seconda che i ricorrenti nel procedimento principale vengano qualificati come distinti soggetti passivi, o come membri di un gruppo IVA. Per contro, la quinta questione riguarda la determinazione del momento a decorrere dal quale sia eventualmente possibile disapplicare il suddetto regime forfettario.

 Sulla quarta questione pregiudiziale

45.      Con la quarta questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se sia possibile negare l’applicazione del regime forfettario nei confronti dei ricorrenti nel procedimento principale, considerati quali distinti soggetti passivi (più precisamente, come tre società di diritto civile aventi lo status di distinti soggetti passivi), in ragione del loro stretto legame economico, benché, dal punto di vista formale, essi soddisfino i criteri previsti dal diritto nazionale per l’applicazione del regime in questione.

46.      In via preliminare, devo rilevare che la questione così formulata sembra oltrepassare l’ambito della controversia nel procedimento principale. Tale controversia, come risulta chiaramente dall’ordinanza di rinvio, riguarda, infatti, le decisioni delle autorità fiscali aventi per oggetto il riconoscimento dei ricorrenti quali membri di un gruppo IVA, la corrispondente rettifica delle loro liquidazioni di imposta e la limitazione della validità dei loro numeri di identificazione ai fini IVA. Ovviamente, come risulta dall’ordinanza di rinvio e dalle osservazioni delle parti, su tale sfondo è sorta la questione relativa all’applicazione del regime forfettario. Orbene, i ricorrenti, se considerati come distinti soggetti passivi, avrebbero il diritto di beneficiarne, mentre, se qualificati come un gruppo IVA, ne sarebbero esclusi, in quanto non più idonei a soddisfare i criteri per l’applicazione del regime forfettario. La disapplicazione di tale regime conseguirebbe, tuttavia, proprio al riconoscimento dei ricorrenti come membri di un gruppo IVA. Il procedimento principale non verte sul diniego di applicazione del regime forfettario che prescinda dallo status dei ricorrenti quali soggetti passivi o che si basi su un motivo diverso rispetto al loro riconoscimento come membri di un gruppo IVA. La risposta della Corte alla quarta questione pregiudiziale dovrebbe, quindi, a mio parere, riguardare unicamente il quesito se il diniego di applicazione del regime forfettario possa essere condizionato dal riconoscimento dei ricorrenti quali membri di un gruppo IVA, in quanto, se così non fosse, esso avrebbe natura ipotetica.

47.      Inoltre, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 296, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, gli Stati membri possono applicare ai produttori agricoli un regime forfettario qualora l’assoggettamento di questi ultimi al regime fiscale normale o ad una delle modalità semplificate «crei difficoltà». Orbene, conformemente all’articolo 296, paragrafo 2, di tale direttiva, gli Stati membri possono escludere dal regime forfettario alcuni produttori agricoli o talune categorie di produttori agricoli per i quali l’applicazione del regime normale o delle modalità semplificate non crei difficoltà. Infine, ai sensi dell’articolo 296, paragrafo 3, della medesima direttiva, ogni agricoltore rientrante nel regime forfettario ha il diritto di optare, in luogo di tale tassazione, per il regime normale o per le modalità semplificate.

48.      Una configurazione siffatta del regime forfettario nelle disposizioni della direttiva denota il suo carattere eccezionale. Tale carattere è confermato anche dalla giurisprudenza della Corte, secondo la quale il regime forfettario deve essere applicato solo nella misura necessaria a realizzarne lo scopo (17), ossia, secondo quel che si deve intendere, nei limiti in cui l’applicazione del regime normale o delle modalità semplificate crei difficoltà.

49.      Allo stesso tempo, tuttavia, il mero carattere facoltativo del regime forfettario, così come le esenzioni da esso previste all’articolo 296, paragrafo 2, della direttiva 2006/112, confermano un ampio margine discrezionale lasciato agli Stati membri nell’attuazione di tale regime. In particolare, come giustamente rileva la Commissione nelle sue osservazioni, non sembra che gli Stati membri siano tenuti ad esaminare ogni volta, in riferimento ad ogni singolo agricoltore, se l’applicazione allo stesso del regime normale o delle modalità semplificate possa, o meno, creare difficoltà e se, di conseguenza, debba essere applicato il regime forfettario. Gli Stati membri possono stabilire in modo generale i criteri la cui soddisfazione consenta di beneficiare del regime forfettario e possono applicare tale regime in modo automatico ai produttori agricoli che soddisfano tali criteri.

50.      Nella normativa austriaca, il diritto di beneficiare del regime forfettario è legato all’esenzione dall’obbligo di tenuta della contabilità, il che, a sua volta, dipende dalle dimensioni dell’azienda agricola, misurate in base al fatturato e al suo valore. Tale criterio appare assolutamente ragionevole, in quanto l’obbligo di tenuta della contabilità costituisce, infatti, una di quelle difficoltà amministrative connesse all’assoggettamento ad IVA secondo il regime normale o secondo le modalità semplificate.

51.      Del tutto razionale sembra anche il diniego di applicazione del regime forfettario nei casi in cui, in ragione della riconduzione di alcuni agricoltori ad un unico soggetto passivo IVA, essi perdano il diritto all’esenzione dall’obbligo di tenuta della contabilità, perché la loro azienda agricola, nel suo complesso, avrà superato le dimensioni stabilite.

52.      Pertanto, propongo di rispondere alla quarta questione pregiudiziale che l’articolo 296, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/112 deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa nazionale ai sensi della quale l’applicazione del regime forfettario di cui alla suddetta disposizione può essere negata soltanto nel caso in cui un agricoltore non soddisfi più i criteri di applicazione di tale regime basati sulle dimensioni dell’azienda agricola, ad esempio, a seguito della riconduzione di taluni agricoltori, economicamente tra essi collegati, a un unico soggetto passivo.

 Sulla quinta questione pregiudiziale

53.      Con la quinta questione pregiudiziale, il giudice del rinvio intende sapere se il diniego di applicazione del regime forfettario per i produttori agricoli possa riguardare gli agricoltori ai quali tale regime era stato applicato in precedenza, e, in caso affermativo, se esso possa avere effetto retroattivo o se sia valido solo per il futuro.

54.      Dal momento che la presente causa verte sul diniego di applicare il regime forfettario a seguito del riconoscimento di alcuni agricoltori come membri di un gruppo IVA, la risposta alla quinta questione dovrebbe essere analoga alla risposta alla terza questione.

55.      Pertanto, innanzitutto, non vedo ostacoli per negare l’applicazione del regime forfettario nei confronti degli agricoltori ai quali esso era stato applicato in precedenza. Un siffatto divieto impedirebbe agli Stati membri di reagire all’evolversi della situazione ed inoltre sarebbe in contrasto con il carattere eccezionale del suddetto regime e con l’obbligo di applicarlo solo nella misura necessaria.

56.      In secondo luogo, ritengo che qualora venisse accertato che l’applicazione del regime forfettario si inscriveva in un abuso di diritto, ad esempio, nell’ipotesi in cui un’azienda agricola sia stata artificiosamente frazionata all’unico scopo di soddisfare i criteri di ammissibilità ai benefici di tale regime, il diniego della sua applicazione può avere carattere retroattivo. Per contro, in altri casi, i principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento ostano, a mio parere, al diniego di applicazione del regime forfettario con efficacia retroattiva. In tali ipotesi, qualora le autorità fiscali dovessero accertare che la mutata situazione di un produttore agricolo non giustifica più il godimento da parte di quest’ultimo del regime in questione, esse possono negare la sua applicazione, ma solo per il futuro.

57.      Alla luce di quanto precede, propongo alla Corte di rispondere alla quinta questione pregiudiziale che l’articolo 296, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/112 deve essere interpretato nel senso che esso non osta al diniego di applicazione del regime forfettario di cui alla citata disposizione nei confronti di un agricoltore al quale siffatto regime era stato applicato in precedenza. Tale diniego può avere efficacia retroattiva se l’applicazione del regime forfettario si inscriveva in un abuso di diritto.

 Conclusione

58.      Alla luce di tutte le considerazioni sin qui svolte, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali proposte dal Bundesfinanzgericht (tribunale tributario federale, Austria) nel modo seguente:

1)      L’articolo 9, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2006/112/CE, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretato nel senso che esso non costituisce la base per il diniego dello status di soggetto passivo ad un soggetto collegato sotto il profilo organizzativo, economico o finanziario ad un altro soggetto, se tale vincolo non ha natura di rapporto giuridico, di cui all’articolo 10 della direttiva. L’articolo 11 della suddetta direttiva deve essere interpretato nel senso che la sua applicazione richiede l’esistenza nell’ordinamento giuridico nazionale di una chiara base giuridica, adottata a seguito della consultazione del comitato IVA. La verifica della sussistenza di siffatta base nel diritto nazionale e della sua applicabilità ad un caso concreto spetta ai giudici nazionali.

2)      L’individuazione dei soggetti che in un concreto contesto fattuale possono essere considerati come un unico soggetto passivo rientra interamente nella competenza delle autorità fiscali e dei giudici degli Stati membri.

3)      L’articolo 11 della direttiva 2006/112 deve essere interpretato nel senso che, nell’applicazione di quest’ultimo, le autorità fiscali possono considerare, quale unico soggetto passivo, coloro che in precedenza esercitavano un’attività imponibile come distinti soggetti passivi. Nel caso in cui tali soggetti abbiano abusato dei diritti derivanti dallo status di distinto soggetto passivo, la riconduzione degli stessi ad un unico soggetto passivo può avvenire con effetto retroattivo.

4)      L’articolo 296, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/112 deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa nazionale ai sensi della quale l’applicazione del regime forfettario di cui alla suddetta disposizione può essere negata soltanto nel caso in cui un agricoltore non soddisfi più i criteri di applicazione di tale regime basati sulle dimensioni dell’azienda agricola, ad esempio, a seguito della riconduzione di taluni agricoltori, economicamente tra essi collegati, a un unico soggetto passivo.

5)      L’articolo 296, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/112 deve essere interpretato nel senso che esso non osta al diniego di applicazione del regime forfettario di cui alla citata disposizione nei confronti di un agricoltore al quale siffatto regime era stato applicato in precedenza. Tale diniego può avere efficacia retroattiva se l’applicazione del regime forfettario si iscriveva in un abuso di diritto.


1 –      Lingua originale: il polacco.


2 –      GU 1977, L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva».


3 –      GU 2006, L 347, pag. 1.


4 –      V., in particolare, sentenze del 27 gennaio 2000, Heerma (C-23/98, EU:C:2000:46, punto 18), e del 29 settembre 2015, Gmina Wrocław (C-276/14, EU:C:2015:635, punti 33 e 34 e la giurisprudenza ivi citata).


5 –      V., in particolare, sentenza del 9 aprile 2013, Commissione/Irlanda (C-85/11, EU:C:2013:217).


6 –      Sentenza del 9 aprile 2013, Commissione/Irlanda (C-85/11, EU:C:2013:217, punto 48).


7 –      V., in particolare, sentenza del 16 luglio 2015, Larentia + Minerva e Marenave Schiffahrt (C-108/14 e C-109/14, EU:C:2015:496, punto 40).


8 –      Sentenza del 16 luglio 2015, Larentia + Minerva e Marenave Schiffahrt (C-108/14 e C-109/14, EU:C:2015:496, punti 50 e 51).


9 –      V., in tal senso, in riferimento all’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva, sentenza del 22 maggio 2008, Ampliscientifica e Amplifin (C-162/07, EU:C:2008:301, punto 23).


10 –      Sentenza del 16 luglio 2015 (C-108/14 e C-109/14, EU:C:2015:496).


11 –      Sentenza del 16 luglio 2015, Larentia + Minerva e Marenave Schiffahrt (C-108/14 e C-109/14, EU:C:2015:496, punto 2 del dispositivo).


12 –      Sentenza del 16 luglio 2015, Larentia + Minerva e Marenave Schiffahrt (C-108/14 e C-109/14, EU:C:2015:496, punto 3 del dispositivo).


13 –      V. sentenza del 6 febbraio 2014, Fatorie (C-424/12, EU:C:2014:50, punto 46). V. anche, in tal senso, sentenza del 21 febbraio 2006, Halifax e a. (C-255/02, EU:C:2006:121, punto 72).


14 –      Sentenza del 6 febbraio 2014, Fatorie (C-424/12, EU:C:2014:50, punti 47 e 48).


15 –      V., in tal senso, sentenza del 21 febbraio 2006, Halifax e a. (C-255/02, EU:C:2006:121, punti 94 e 95).


16 –      V., in tal senso, sentenze del 21 febbraio 2006, Halifax e a. (C-255/02, EU:C:2006:121, punti 74 e 75), e del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses (C-419/14, EU:C:2015:832, punto 36).


17 –      Sentenze del 15 luglio 2004, Harbs (C-321/02, EU:C:2004:447, punto 27), e dell’8 marzo 2012, Commissione/Portogallo (C-524/10, EU:C:2012:129, punto 49).