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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

HENRIK SAUGMANDSGAARD ØE

presentate il 29 giugno 2016 (1)

Causa C-378/15

Mercedes Benz Italia SpA

contro

Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale Roma 3

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Commissione tributaria regionale di Roma, Italia)

«Rinvio pregiudiziale – Fiscalità – Imposta sul valore aggiunto – Sesta direttiva 77/388/CEE – Articolo 17, paragrafo 5, terzo comma – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Detrazione prorata – Calcolo»





I –    Introduzione

1.        La domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Commissione tributaria regionale di Roma, verte sull’interpretazione dell’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, lettera d), della sesta direttiva 77/388/CEE (2) che autorizza gli Stati membri a derogare alla regola generale del calcolo del prorata di detrazione prevista al secondo comma di tale paragrafo e all’articolo 19 di tale direttiva.

2.        La questione principale di tale domanda pregiudiziale verte sulla sfera di applicazione della suddetta deroga. Ci si chiede se tale deroga riguardi unicamente, come avviene per le altre deroghe previste all’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, della sesta direttiva, i «beni e servizi utilizzati promiscuamente», ossia i beni e i servizi che sono utilizzati per effettuare sia operazioni che danno diritto a detrazione sia operazioni che non conferiscono tale diritto, o se la sfera di applicazione sia più estesa, interessando quindi la totalità dei beni e servizi acquistati da un «soggetto passivo misto», ossia un soggetto passivo che effettua nel contempo operazioni che danno diritto a detrazione e operazioni che non conferiscono tale diritto. Ci si chiede altresì quali siano i metodi di calcolo che possono essere imposti dagli Stati membri in forza di tale deroga.

3.        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Mercedes Benz Italia SpA (in prosieguo: la «Mercedes Benz») e le autorità tributarie italiane, avente ad oggetto il diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) di tale società.

II – Contesto normativo

A –    Il diritto dell’Unione

4.        Il giudice del rinvio, con la sua questione pregiudiziale, interroga la Corte sull’interpretazione degli articoli 168 e da 173 a 175 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (3).

5.        Dalla decisione di rinvio emerge tuttavia che la controversia nel procedimento principale riguarda il diritto della Mercedes Benz alla detrazione nell’anno d’imposta 2004. Pertanto, come rilevato dalla Commissione europea, i fatti rilevanti della controversia principale non rientrano, rationae temporis, nell’ambito di applicazione della direttiva 2006/112, la quale ha abrogato e sostituito la sesta direttiva con efficacia, unicamente, dal 1º gennaio 2007 (4).

6.        Va dunque applicata la sesta direttiva, circostanza che tuttavia non ha alcuna incidenza sul merito della risposta da fornire alla questione sottoposta dal giudice del rinvio, giacché le disposizioni rilevanti delle due direttive sono sostanzialmente identiche (5).

7.        L’articolo 17 della sesta direttiva, intitolato «Origine e portata del diritto a [detrazione]», paragrafi 1, 2 e 5, nella loro versione risultante dall’articolo 28 septies della stessa, recita come segue:

«1.      Il diritto a [detrazione] nasce quando l’imposta [detraibile] diventa esigibile.

2.      Nella misura in cui i beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a [detrarre] dall’imposta di cui è debitore:

a)      l’imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta per i beni che gli sono o gli saranno forniti e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo debitore dell’imposta all’interno del paese;

(…)

5.      Per quanto riguarda i beni ed i servizi utilizzati da un soggetto passivo sia per operazioni che danno diritto a [detrazione] di cui ai paragrafi 2 e 3, sia per operazioni che non conferiscono tale diritto, la [detrazione] è ammessa soltanto per il prorata dell’imposta sul valore aggiunto relativo alla prima categoria di operazioni.

Detto prorata è determinato ai sensi dell’articolo 19 per il complesso delle operazioni compiute dal soggetto passivo.

Tuttavia, gli Stati membri possono:

a)      autorizzare il soggetto passivo a determinare un prorata per ogni settore della propria attività, se vengono tenute contabilità distinte per ciascun settore;

b)      obbligare il soggetto passivo a determinare un prorata per ogni settore della propria attività ed a tenere contabilità distinte per ciascuno di questi settori;

c)      autorizzare od obbligare il soggetto passivo ad operare la [detrazione] in base all’utilizzazione della totalità o di una parte dei beni e servizi;

d)      autorizzare od obbligare il soggetto passivo ad operare la [detrazione] secondo la norma di cui al primo comma relativamente a tutti i beni e servizi utilizzati per tutte le operazioni ivi contemplate;

e)      prevedere che non si tenga conto dell’imposta sul valore aggiunto che non può essere [detratta] dal soggetto passivo quando essa sia insignificante».

8.        L’articolo 19, paragrafi 1 e 2, della sesta direttiva prevede quanto segue:

«1.      Il prorata di [detrazione] previsto dall’articolo 17, paragrafo 5, primo comma, risulta da una frazione avente:

–        al numeratore l’importo totale della cifra d’affari annua, al netto dell’imposta [sul] valore aggiunto, relativo alle operazioni che danno diritto a [detrazione] ai sensi dell’articolo 17, paragrafi 2 e 3,

–        al denominatore l’importo totale della cifra d’affari annua, al netto dell’imposta sul valore aggiunto, relativo alle operazioni che figurano al numeratore e a quelle che non danno diritto a [detrazione]. Gli Stati membri possono includere anche nel denominatore l’importo di sovvenzioni diverse da quelle di cui all’articolo 11 A, paragrafo 1, lettera a).

Il prorata viene determinato su base annuale, in percentuale e viene arrotondato all’unità superiore.

2.      In deroga alle disposizioni del paragrafo 1, per il calcolo del prorata di [detrazione], non si tiene conto dell’importo della cifra d’affari relativa alle cessioni di beni d’investimento che il soggetto passivo ha utilizzato nella sua impresa. Non si tiene neppure conto dell’importo della cifra d’affari relativa alle operazioni accessorie, immobiliari o finanziarie (…)».

B –    Il diritto italiano

9.        L’articolo 19, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 – istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto, del 26 ottobre 1972 (in prosieguo: il «DPR n. 633/72») prevede quanto segue:

«Ai contribuenti che esercitano sia attività che danno luogo ad operazioni che conferiscono il diritto alla detrazione sia attività che danno luogo ad operazioni esenti (…), il diritto alla detrazione dell’imposta spetta in misura proporzionale alla prima categoria di operazioni e il relativo ammontare è determinato applicando la percentuale di detrazione di cui all’articolo 19-bis».

10.      L’articolo 19-bis del DPR n. 633/72 dispone quanto segue:

«1.      La percentuale di detrazione di cui all’articolo 19, comma 5, è determinata in base al rapporto tra l’ammontare delle operazioni che danno diritto a detrazione, effettuate nell’anno, e lo stesso ammontare aumentato delle operazioni esenti effettuate nell’anno medesimo. La percentuale di detrazione è arrotondata all’unità superiore o inferiore, a seconda che la parte decimale superi o meno i cinque decimi.

(…)

2.      Per il calcolo della percentuale di detrazione di cui al comma 1 non si tiene conto (…), quando non formano oggetto dell’attività propria del soggetto passivo o siano accessorie alle operazioni imponibili, delle (…) operazioni esenti indicate ai numeri da 1) a 9) del[l’] (…) articolo 10 [del DPR n. 633/72], ferma restando la indetraibilità dell’imposta relativa ai beni e servizi utilizzati esclusivamente per effettuare queste ultime operazioni».

III – Il procedimento principale, la questione pregiudiziale e il procedimento dinanzi alla Corte

11.      A seguito di un controllo fiscale, l’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale Roma 3 (in prosieguo: l’«Agenzia») ha trasmesso alla Mercedes Benz un avviso di accertamento emesso ai fini IVA, per l’anno d’imposta 2004, al fine di recuperare un importo pari ad EUR 1 755 882, oltre gli importi corrispondenti alle sanzioni e agli interessi. Nell’avviso di accertamento si affermava che gli interessi ottenuti dalla Mercedes Benz dai prestiti concessi alle sue controllate, pari complessivamente a EUR 41 878 647, erano stati indebitamente esclusi dal calcolo del prorata di cui all’articolo 19-bis del DPR n. 633/72.

12.      La Mercedes Benz, nella sua dichiarazione IVA per l’anno d’imposta 2004, aveva qualificato le proprie attività finanziarie, ossia la concessione di prestiti, come accessorie alle proprie attività imponibili, giustificando così l’esclusione degli interessi maturati su tali prestiti dal calcolo del prorata. Secondo l’Agenzia, la concessione dei suddetti prestiti costituiva una delle attività principali della Mercedes Benz, adducendo, la medesima Agenzia, che gli interessi in questione rappresentavano il 71,64% della cifra di affari complessiva della società.

13.      La Mercedes Benz ha proposto un ricorso avverso l’avviso di accertamento dell’Agenzia dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Roma, che lo ha respinto. La società ha dunque interposto appello avverso tale decisione dinanzi al giudice del rinvio.

14.      Nell’ambito della controversia principale, la Mercedes Benz eccepisce, in primo luogo, la natura accessoria delle proprie operazioni di finanziamento e, in secondo luogo, gli effetti distorsivi del regime IVA italiano a favore delle autorità tributarie italiane, dipendente dell’applicazione di un metodo prorata «matematico», basato su un criterio esclusivamente formale (la composizione della cifra di affari del soggetto passivo), anziché un metodo prorata «sostanziale», basato su una valutazione effettiva della parte corrispondente degli acquisti destinati ad operazioni imponibili. A tal riguardo, la Mercedes Benz ha prodotto due perizie che sostengono l’incidenza marginale dei costi sostenuti nel 2004 dalla società per l’acquisto di beni e servizi sulle proprie operazioni esenti, ossia le proprie attività finanziarie (6).

15.      Le parti convengono che il metodo per la determinazione del diritto alla detrazione previsto all’articolo 19, comma 5, del DPR n. 633/72, si applica alla totalità dei beni e servizi acquistati da un soggetto passivo misto durante un anno d’imposta.

16.      La società asserisce che il legislatore italiano avrebbe erroneamente trasposto gli articoli da 173 a 175 della direttiva 2006/112, giacché ha previsto, ai sensi dell’articolo 19, comma 5, del DPR n. 633/72 che il calcolo del prorata di detrazione, di cui all’articolo 19 bis del DPR n. 633/72, si applichi alla totalità di beni e servizi acquistati da soggetti passivi misti. Un siffatto metodo di calcolo non consentirebbe di stabilire con precisione la parte dell’IVA che può essere imputabile a operazioni che danno diritto a detrazione. Secondo la società, gli articoli summenzionati di tale direttiva precisano che la sfera di applicazione del prorata è limitata ai beni e servizi utilizzati dal soggetto passivo per effettuare, nel contempo, operazioni che danno diritto a detrazione ed operazioni che non conferiscono tale diritto.

17.      L’Agenzia, dal canto suo, ribadisce la legittimità delle riprese fiscali effettuate, richiamando i motivi formulati nel proprio avviso di accertamento.

18.      La Commissione tributaria regionale di Roma ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Dica la Corte se, ai fini dell’esercizio del diritto di detrazione, ostino all’interpretazione degli art[icoli] 168, 173, 174 e 175 della direttiva n. 2006/112/CE, orientata secondo i principi di proporzionalità, effettività e neutralità, siccome individuati nel diritto comunitario, la legislazione nazionale (segnatamente, gli articoli 19, 5º comma e 19-bis, del D.P.R. 633/1972) e la prassi dell’Amministrazione fiscale nazionale che impongano il riferimento alla composizione del volume d’affari dell’operatore, anche per l’individuazione delle operazioni cosiddette accessorie, senza prevedere un metodo di calcolo fondato sulla composizione e destinazione effettiva degli acquisti, e che rifletta oggettivamente la quota di imputazione reale delle spese sostenute a ciascuna delle attività – tassate e non tassate – esercitate dal contribuente».

19.      La Mercedes Benz, il governo italiano e la Commissione hanno depositato osservazioni scritte e hanno partecipato all’udienza che si è tenuta il 14 aprile 2016.

IV – Analisi giuridica

A –    Sulla portata della questione pregiudiziale

20.      Il giudice del rinvio, con la sua domanda di pronuncia pregiudiziale, interroga la Corte sull’interpretazione dell’articolo 19, comma 5, e dell’articolo 19 bis del DPR n. 633/72 nonché sulla prassi dell’amministrazione fiscale nazionale, affinché stabilisca se tali articoli e tale prassi siano conformi agli articoli 168 e da 173 a 175 della direttiva 2006/112.

21.      Occorre sottolineare che la Corte, adita in forza dell’articolo 267 TFUE, è competente a statuire sull’interpretazione dei trattati, nonché sulla validità e l’interpretazione degli atti adottati dalle istituzioni dell’Unione europea. La competenza della Corte è limitata unicamente al vaglio delle disposizioni del diritto dell’Unione. Spetta al giudice nazionale valutare la portata delle norme nazionali e il modo in cui devono essere applicate (7).

22.      Inoltre, come precisato nei paragrafi 5 e 6 delle presenti conclusioni, i fatti rilevanti del procedimento principale non rientrano, rationae temporis, nell’ambito di applicazione della direttiva 2006/112, bensì della sesta direttiva.

23.      Pertanto, la questione pregiudiziale deve essere intesa nel senso che mira a stabilire se l’articolo 17, paragrafi 2 e 5, e l’articolo 19 della sesta direttiva debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale e a una prassi dell’amministrazione fiscale nazionale, come quelle in questione nel procedimento principale, che impongono a soggetti passivi che effettuano nel contempo operazioni che danno diritto a detrazione e operazioni che non conferiscono tale diritto, di determinare l’importo dell’IVA detraibile mediante l’applicazione di un prorata, calcolato ai sensi dell’articolo 19 di tale direttiva, alla totalità di beni e servizi acquistati, ivi compresi i beni e servizi utilizzati esclusivamente per effettuare sia operazioni che danno diritto a detrazione, sia operazioni che non conferiscono tale diritto.

B –    Osservazioni preliminari

24.      In via preliminare, è opportuno ribadire brevemente i principi essenziali che disciplinano il diritto a detrazione dell’IVA.

25.      Dall’articolo 17, paragrafo 2, della sesta direttiva emerge che il soggetto passivo è autorizzato a detrarre l’IVA «[n]ella misura in cui i beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta». Il diritto a detrazione si determina quindi ricollegando i costi sostenuti a monte con le operazioni a valle (8).

26.      Secondo una costante giurisprudenza della Corte, il diritto a detrazione previsto agli articoli 17 e seguenti di tale direttiva costituisce un principio fondamentale del sistema comune dell’IVA, che, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni, e va esercitato immediatamente per tutte le imposte che hanno gravato sulle operazioni effettuate a monte (9).

27.      Secondo la Corte, tale regime è inteso a sgravare interamente l’imprenditore dall’onere dell’IVA dovuta o pagata nell’ambito di tutte le sue attività economiche. Il sistema comune dell’IVA garantisce, di conseguenza, la perfetta neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di tali attività, purché queste siano, in linea di principio, a loro volta soggette all’IVA (10).

28.      Qualora beni o servizi acquistati da un soggetto passivo vengano impiegati ai fini di operazioni esenti o non rientranti nell’ambito di applicazione dell’IVA, non può aversi né riscossione dell’imposta a valle né detrazione dell’imposta a monte (11).

29.      Logicamente, l’articolo 17, paragrafo 5, primo comma, della sesta direttiva prevede che, per quanto riguarda i beni e i servizi utilizzati promiscuamente (12), la detrazione dell’IVA sia ammessa soltanto «per il prorata dell’imposta sul valore aggiunto relativo all[e operazioni che danno diritto alla detrazione]». Il secondo comma del medesimo paragrafo stabilisce che tale prorata è determinato ai sensi dell’articolo 19 della medesima direttiva, il cui paragrafo 1 prevede, in sostanza, il calcolo del prorata di detrazione in base ad una frazione corrispondente alla cifra di affari relativa alle operazioni da cui l’IVA è detraibile diviso per l’importo totale della cifra di affari (13).

30.      Il calcolo del prorata di detrazione previsto all’articolo 19, paragrafo 1, della sesta direttiva richiede un’approssimazione della parte dell’IVA relativa alle operazioni imponibili del soggetto passivo, dal momento che, in generale, sarebbe difficile, se non addirittura impossibile, determinare con precisione in che misura i beni e i servizi a uso promiscuo siano utilizzati per effettuare le suddette operazioni (14). Tale calcolo si basa sull’ipotesi secondo cui la composizione dei beni e dei servizi utilizzati promiscuamente corrisponde alla composizione della cifra di affari del soggetto passivo. In altri termini, la regola generale del calcolo del prorata muove dal principio che i beni e servizi a uso promiscuo sono utilizzati dal soggetto passivo per le proprie attività imponibili e per le proprie attività esenti in modo proporzionale alla cifra di affari di ciascuna di esse.

31.      Ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, della sesta direttiva, gli Stati membri possono tuttavia derogare alla regola generale del calcolo del prorata, di cui all’articolo 19 di tale direttiva, autorizzando od obbligando il soggetto passivo a determinare l’importo detraibile mediante l’applicazione di prorata speciali, ossia uno degli altri metodi di calcolo elencati in tale comma, alle lettere da a) ad e) (15).

32.      Nella presente causa, il governo italiano ha dichiarato che il legislatore italiano, mediante l’adozione della normativa controversa, ossia l’articolo 19, comma 5, e l’articolo 19-bis del DPR n. 633/72, ha esercitato la facoltà di cui all’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, lettera d), della sesta direttiva (16). Mi sembra chiaro, peraltro, che tale normativa non possa essere giustificata alla luce delle altre deroghe previste nello stesso comma, alle lettere da a) ad e), che consentono di determinare un prorata diverso per ogni settore di attività [lettera a) e lettera b)], di operare la detrazione a seconda della destinazione effettiva della totalità o di una parte dei beni e servizi ad un’attività precisa [lettera c)] e di non tener conto degli importi non detraibili quando sono insignificanti [lettera e)] (17). Pertanto, nella seguente analisi, mi limiterò ad esaminare la deroga prevista all’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, lettera d), della sesta direttiva.

33.      La questione che si pone è dunque se tale deroga, prevista all’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, lettera d), della sesta direttiva [in prosieguo: la «deroga di cui alla lettera d)»] autorizzi una normativa, come quella applicabile nel procedimento principale, che impone a soggetti passivi misti di stabilire l’importo detraibile mediante l’applicazione di un prorata, calcolato ai sensi dell’articolo 19 della sesta direttiva, per la totalità dei beni e servizi acquistati a monte, indipendentemente dal loro utilizzo.

34.      Tale questione riguarda due aspetti che esaminerò in ordine successivo. In primo luogo, occorre interrogarsi sulla sfera di applicazione della deroga di cui alla lettera d) e, segnatamente, se essa riguardi qualcosa di più dei beni e servizi utilizzati promiscuamente, diversamente dalla regola generale del prorata di detrazione e delle altre deroghe previste, rispettivamente, al primo e al terzo comma dell’articolo 17, paragrafo 5, della sesta direttiva. In secondo luogo, ci si chiede quali siano i metodi di calcolo autorizzati dalla deroga di cui alla lettera d).

C –    Sulla sfera di applicazione dell’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, lettera d), della sesta direttiva

1.      Sulle diverse interpretazioni proposte

35.      L’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, lettera d), della sesta direttiva, alla luce della sua formulazione, consente agli Stati membri di «autorizzare o [di] obbligare il soggetto passivo ad operare la [detrazione] secondo la norma di cui al primo comma relativamente a tutti i beni e servizi utilizzati per tutte le operazioni ivi contemplate».

36.      Per quanto riguarda l’espressione «relativamente a tutti i beni e servizi utilizzati per tutte le operazioni ivi contemplate», nella presente causa sono proposte due interpretazioni distinte.

37.      Secondo il governo italiano e la Commissione (18) si deve ritenere che tale espressione comprenda tutti i beni e servizi che sono utilizzati sia per operazioni che danno diritto a detrazione sia per operazioni che non conferiscono tale diritto. Una siffatta interpretazione conduce a ricomprendere nella sfera di applicazione della deroga di cui alla lettera d) la totalità dei beni e servizi acquistati da un soggetto passivo misto durante un anno d’imposta.

38.      La Mercedes Benz sostiene, invece, che tale espressione debba essere interpretata nel senso che riguarda unicamente i beni e servizi utilizzati promiscuamente, acquistati dal soggetto passivo durante un anno d’imposta.

39.      Riconosco che la formulazione dell’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, lettera d), della sesta direttiva non eccelle per chiarezza (19). Per le ragioni esposte in prosieguo, concordo tuttavia con l’interpretazione propugnata dalla Mercedes Benz, giacché, a mio avviso, quella proposta dal governo italiano e dalla Commissione è contraria alla giurisprudenza della Corte e incompatibile con lo scopo perseguito dalle deroghe di cui all’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, della sesta direttiva (20).

2.      Sulla giurisprudenza della Corte

40.      Come si evince dalla formulazione stessa dell’articolo 17, paragrafo 5, primo comma, della sesta direttiva, il principio generale del prorata ivi previsto si limita, indubbiamente, a taluni beni e servizi utilizzati promiscuamente (21).

41.      Il regime del prorata di detrazione, istituito dall’articolo 17, paragrafo 5, di tale direttiva, opera dunque una distinzione in base all’utilizzazione dei beni e servizi e non in funzione della natura del soggetto passivo. Evidentemente, la regola del prorata di detrazione interessa unicamente i soggetti passivi misti, dal momento che essi sono gli unici soggetti passivi che effettuano acquisti di beni e servizi utilizzati promiscuamente ai sensi della suddetta direttiva (22). Tuttavia il criterio determinante, per quanto riguarda l’applicazione di tale articolo, resta quello della natura dei beni e servizi e non quello della natura del soggetto passivo interessato.

42.      La Corte ha altresì affermato che i soggetti passivi misti sono trattati esattamente allo stesso modo delle persone che svolgono esclusivamente attività imponibili o esenti (23), affinché essi possano detrarre la totalità dell’IVA assolta su acquisti di beni e servizi utilizzati esclusivamente per le loro operazioni imponibili e non possano detrarre nessuna parte dell’IVA assolta su acquisti di beni e servizi utilizzati esclusivamente per le loro operazioni esenti.

43.      Per quanto riguarda le deroghe previste all’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, della sesta direttiva, la Corte, nella sentenza Portugal Telecom (24), si è pronunciata espressamente sulla loro sfera di applicazione, osservando quanto segue:

«39.      (…) la Corte ha statuito che l’articolo 17, paragrafo 5, della sesta direttiva stabilisce il regime applicabile al diritto a detrazione dell’IVA, nel caso in cui quest’ultima si riferisca ad operazioni a monte utilizzate dal soggetto passivo “sia per operazioni che danno diritto a [detrazione] di cui ai paragrafi 2 e 3, sia per operazioni che non conferiscono tale diritto”, limitando il diritto a detrazione alla parte dell’IVA proporzionale all’importo relativo alle operazioni del primo tipo. Da tale disposizione risulta che un soggetto passivo, se usa beni e servizi per effettuare nel contempo operazioni che danno diritto a detrazione e operazioni che non conferiscono tale diritto, può unicamente detrarre la parte dell’IVA proporzionale all’importo relativo alle operazioni del primo tipo (sentenza [del 27 settembre 2001, Cibo Participations, C-16/00, EU:C:2001:495], punti 28 e 34).

40.      Da tale giurisprudenza risulta, da una parte, che il regime di detrazione previsto dall’articolo 17, paragrafo 5, della sesta direttiva riguarda unicamente i casi in cui i beni e servizi siano utilizzati da un soggetto passivo per effettuare nel contempo operazioni economiche che danno diritto a detrazione e operazioni economiche che non conferiscono diritto a detrazione, vale a dire beni e servizi il cui uso è misto e, d’altra parte, che gli Stati membri possono utilizzare uno dei metodi di detrazione previsti dall’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, solo per detti beni e servizi.

41. Al contrario, i beni e servizi utilizzati dal soggetto passivo unicamente per effettuare operazioni economiche che danno diritto a detrazione non ricadono nella sfera di applicazione dell’articolo 17, paragrafo 5, della sesta direttiva ma sono ricompresi, quanto al regime di [detrazione], nell’articolo 17, paragrafo 2, della stessa direttiva».

44.      La Corte non ha dunque operato alcuna distinzione tra le diverse deroghe previste all’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, della sesta direttiva. A mio avviso, tale impostazione, successivamente confermata dalla giurisprudenza della Corte (25), esclude l’interpretazione secondo la quale la deroga di cui alla lettera d) consente l’applicazione di un prorata di detrazione nei confronti della la totalità dei beni e servizi acquistati da un soggetto passivo misto.

45.      In linea di principio, tale constatazione sarebbe sufficiente per trarre la conclusione che l’articolo 17, paragrafi 2 e 5, della sesta direttiva osta a una normativa, come quella applicabile nel procedimento principale, che impone a un gran numero di soggetti passivi che svolgono attività promiscue di determinare l’importo detraibile mediante l’applicazione di un prorata nei confronti della totalità dei beni e servizi acquistati dal soggetto passivo. Nella seguente parte, dimostrerò che mediante un’interpretazione teleologica dell’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, lettera d), di tale direttiva si giunge ad una conclusione identica a quella adottata dalla Corte nella sentenza Portugal Telecom (26).

3.      Sull’interpretazione teleologica dell’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, lettera d), della sesta direttiva

46.      Tenuto conto della natura derogatoria dell’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, lettera d), della sesta direttiva, la conclusione che si trae dalla sentenza Portugal Telecom (27), secondo cui tale disposizione non ricomprende nulla di più dei beni e servizi utilizzati promiscuamente, mi sembra del tutto logica dal momento che, in linea generale, la sfera di applicazione delle deroghe non è più ampia rispetto a quella della regola generale cui esse dovrebbero derogare (28).

47.      Tale conclusione è altresì confermata dallo scopo perseguito dalle deroghe elencate nell’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, della sesta direttiva.

48.      Dai lavori preparatori della sesta direttiva (29) emerge infatti che tale terzo comma è inteso «ad evitare le ineguaglianze nell’applicazione dell’imposta. Le ineguaglianze possono andare a svantaggio o a beneficio del soggetto passivo, dato il carattere forfettario del prorata generale che può determinare [detrazioni] maggiori o minori di quelle che consentirebbe una destinazione reale. In proposito, agli Stati è data facoltà di autorizzare o di obbligare il soggetto passivo a determinare prorata speciali e ad operare la [detrazione] secondo la reale destinazione all’attività tassata di tutti o parte dei beni e servizi, se ed in quanto il soggetto passivo può dimostrare la detta destinazione tenendo contabilità separata».

49.      Le disparità cui fanno riferimento i lavori preparatori emergono qualora il reddito derivante da ciascuna attività del soggetto passivo non sia proporzionale all’incidenza dei costi, ivi compresa l’IVA, sostenuti per l’acquisto di beni e servizi utilizzati promiscuamente. In un caso siffatto, il prorata generale, calcolato ai sensi dell’articolo 19 della sesta direttiva, ossia in base alla cifra di affari, non rifletterebbe in modo adeguato la parte dell’IVA relativa alle operazioni imponibili, in quanto tale prorata si basa su una presunzione falsa (30).

50.      A titolo di esempio, qualora la maggior parte della cifra di affari di un soggetto passivo derivi da operazioni esenti (ad esempio da servizi finanziari o assicurativi) che non danno diritto a detrazione, mentre i beni e servizi a uso promiscuo acquistati dal soggetto passivo sono utilizzati, principalmente, per operazioni imponibili che danno diritto a detrazione, il prorata di detrazione, calcolato ai sensi dell’articolo 19 della sesta direttiva fondandosi sulla composizione della cifra di affari del soggetto passivo, sfocia inevitabilmente in un importo detraibile inferiore a quello determinato in base al reale utilizzo di tali beni e servizi.

51.      Se, invece, la maggior parte della cifra di affari proviene da operazioni imponibili, mentre i beni e servizi a uso promiscuo acquistati sono utilizzati principalmente per operazioni esenti, l’importo detraibile risultante dall’applicazione del prorata generale è «troppo elevato» rispetto al reale utilizzo dei suddetti beni e servizi. In entrambi i casi, il valore del prorata, determinato in base al metodo di calcolo previsto all’articolo 19 della sesta direttiva, sarebbe distorto, giacché la composizione della cifra di affari del soggetto passivo misto non corrisponde all’effettivo utilizzo dei beni e servizi a uso promiscuo (31).

52.      Al fine di evitare tali disparità e garantire quindi la neutralità dell’IVA, le deroghe elencate nell’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, lettere da a) a d), della sesta direttiva consentono agli Stati membri di autorizzare od obbligare il soggetto passivo ad applicare uno degli altri metodi di calcolo per determinare l’importo detraibile (32).

53.      Mentre il metodo di calcolo generale di cui all’articolo 19 della sesta direttiva è volto a semplificare la determinazione del «prorata dell’[IVA] relativo alla (…) categoria di operazioni [imponibili]» ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 5, primo comma, di tale direttiva, il terzo comma del medesimo paragrafo mira a ridurre le disparità generate da questo stesso strumento di semplificazione (33). Sulla base di tali principi, la Corte ha statuito che tale comma è inteso a consentire agli Stati membri di applicare altri metodi di calcolo al fine di pervenire a risultati più precisi nella determinazione della portata del diritto alla detrazione (34).

54.      Orbene, per quanto riguarda i beni e i servizi utilizzati esclusivamente per effettuare sia operazioni imponibili, sia operazioni esenti, l’importo detraibile può essere facilmente determinato con precisione senza dover ricorre a strumenti di semplificazione. Dunque, per quanto riguarda tali beni e servizi, il prorata di detrazione sarebbe, in ogni caso, pari rispettivamente al 100% e allo 0%. Per tale motivo, l’obiettivo di semplificazione non si applica a tali beni e servizi e non giustifica pertanto alcuna approssimazione dell’importo detraibile.

55.      Invece, l’applicazione a tali beni e servizi di un metodo di calcolo per approssimazione sarebbe contraria al principio di neutralità dell’IVA. In primo luogo, essa priverebbe i soggetti passivi misti del diritto, sancito dalla sesta direttiva, di detrarre la totalità dell’IVA assolta a monte su acquisti di beni e servizi utilizzati esclusivamente ai fini di operazioni soggette ad imposta. In secondo luogo, essa consentirebbe detrazioni non previste da tale direttiva, nella misura in cui autorizzerebbe la detrazione di una parte dell’IVA assolta su acquisti di beni e servizi utilizzati esclusivamente ai fini di operazioni esenti.

56.      Come statuito dalla Corte, sono consentite deroghe al diritto alla detrazione nei soli casi espressamente contemplati dalla sesta direttiva (35). Dubito fortemente che le deroghe significative descritte supra, proposte dal governo italiano e dalla Commissione, siano state volute dal legislatore dell’Unione.

57.      Una volontà siffatta del legislatore non emerge né dal testo della sesta direttiva, né dai relativi lavori preparatori (36). Invece, il fatto che la deroga di cui alla lettera d) sia contenuta nell’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, della sesta direttiva è un chiaro segno, a mio avviso, che si tratta appunto di una deroga al calcolo del prorata generale prevista nel secondo comma di tale paragrafo e all’articolo 19 di tale direttiva e non di una deroga al principio più generale, sancito dall’articolo 17, paragrafo 2, di tale direttiva, secondo cui il soggetto passivo è autorizzato a detrarre dall’IVA di cui è debitore «[n]ella misura in cui i beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta».

58.      Contrariamente a quanto sostenuto dal governo italiano, ritengo che la facoltà che la normativa italiana (37) concede al soggetto passivo misto di optare per la separazione delle proprie attività, di modo che, esercitando tale opzione, questi avrà diritto, secondo tale governo, di detrarre integralmente l’IVA assolta sugli acquisti relativi alle sue operazioni imponibili, mentre non potrà detrarre l’IVA assolta sugli acquisti relativi alle sue operazioni esenti o non imponibili, non rileva affatto ai fini della valutazione della compatibilità di tale normativa con la sesta direttiva.

59.      Un’opzione del genere, avente natura puramente facoltativa, fa dipendere la detrazione prevista dalla sesta direttiva da una scelta del soggetto passivo, circostanza incompatibile con lo scopo di tale direttiva che è garantire un’armonizzazione estensiva delle norme in materia di IVA (38).

60.      Alla luce di quanto precede, ritengo che la Corte sia in linea di principio pienamente in grado di rispondere alla questione sottoposta dal giudice del rinvio, dichiarando che l’articolo 17, paragrafi 2 e 5, della sesta direttiva osta a una normativa nazionale che impone a soggetti passivi misti di determinare l’importo dell’IVA detraibile mediante l’applicazione di un prorata, calcolato ai sensi dell’articolo 19 di tale direttiva, nei confronti della totalità dei beni e servizi acquistati dal soggetto passivo, indipendentemente dal loro utilizzo.

61.      Tuttavia, ad ogni buon conto e per completezza, formulerò le seguenti osservazioni sui metodi di calcolo che gli Stati membri possono imporre ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, lettera d), della sesta direttiva. Tali osservazioni consentono altresì di confutare l’argomento esposto dal governo italiano secondo cui l’interpretazione da me suggerita riguardo alla sfera di applicazione di tale disposizione ha l’effetto di privare quest’ultima di significato, nella misura in cui essa si limiterebbe, nel caso in cui detta interpretazione venisse accolta, a ripetere ciò che impone, in ogni caso, il primo comma del medesimo paragrafo.

D –    Sui metodi di calcolo ammessi dall’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, lettera d), della sesta direttiva

62.      L’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, lettera d), della sesta direttiva, come risulta dalla sua formulazione, prevede che la detrazione sia operata «secondo la norma di cui al primo comma».

63.      Ammetto che tale riferimento al principio generale del prorata previsto all’articolo 17, paragrafo 5, primo comma, della sesta direttiva sollevi difficoltà interpretative, segnatamente, per quanto riguarda i metodi di calcolo ammessi dall’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, lettera d), di tale direttiva.

64.      Dalla giurisprudenza della Corte si traggono, tuttavia, due precisazioni utili a tal riguardo.

65.      In primo luogo, sebbene la sesta direttiva non preveda, in modo preciso, i metodi di calcolo che possono essere impiegati dagli Stati membri ai sensi delle deroghe di cui all’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, lettere da a) a d), della sesta direttiva, tali deroghe consentono di applicare metodi di calcolo alternativi a quelli previsti all’articolo 19 di tale direttiva, come confermato dalla giurisprudenza della Corte (39).

66.      Ne discende, di riflesso, contrariamente a quanto sostenuto dal governo italiano e dalla Commissione (40), che il riferimento contenuto nell’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, lettera d), della sesta direttiva al primo comma del medesimo paragrafo non riguarda il metodo di calcolo previsto al secondo comma dello stesso paragrafo e all’articolo 19 di tale direttiva bensì, unicamente, il principio generale del prorata, secondo cui la detrazione è ammessa soltanto per la parte dell’IVA che è proporzionale all’importo relativo alle operazioni che danno diritto a detrazione (41).

67.      Pertanto, mi sembra che la deroga di cui alla lettera d) consenta di applicare prorata alternativi al prorata «standard», calcolato ai sensi dell’articolo 19 di tale direttiva (42). Sebbene tale deroga rimetta agli Stati membri la scelta del metodo di calcolo, essa non può autorizzare una normativa, come quella applicabile nel procedimento principale, che estenda il metodo previsto da tale articolo 19 oltre la sfera di applicazione del regime del prorata di detrazione, ossia a beni e servizi utilizzati esclusivamente per effettuare operazioni imponibili o esenti.

68.      In secondo luogo, dalla giurisprudenza della Corte emerge che l’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, della sesta direttiva mira a consentire agli Stati membri di tenere conto delle caratteristiche specifiche proprie di talune attività dei soggetti passivi al fine di pervenire a risultati più precisi nella determinazione dell’estensione del diritto a detrazione (43). Ne emerge altresì che gli Stati membri, nell’esercizio dei poteri loro conferiti da tale disposizione, devono rispettare l’effetto utile dell’articolo 17, paragrafo 5, primo comma, della sesta direttiva nonché i principi sottesi al sistema comune dell’IVA, segnatamente quelli di neutralità fiscale e di proporzionalità (44).

69.      Una normativa come quella descritta dal giudice del rinvio non soddisfa alcun requisito stabilito dalla Corte. Infatti, obbligando soggetti passivi misti a calcolare l’importo detraibile mediante l’applicazione di un prorata approssimativo (45), determinato ai sensi dell’articolo 19 della sesta direttiva, prendendo in considerazione la totalità dei beni e servizi acquistati dal soggetto passivo, ossia su una base più ampia di quella prevista dalla sesta direttiva, una normativa siffatta porta inevitabilmente a risultati meno precisi di quelli ottenuti mediante l’applicazione del prorata «standard» (46). Inoltre, il metodo previsto da tale normativa genera, come precedentemente esposto (47), risultati incompatibili con il principio di neutralità dell’IVA.

70.      Per concludere, anche l’esame dei metodi di calcolo ammessi dall’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, lettera d), della sesta direttiva porta a constatare che una normativa come quella in questione nel procedimento principale non è compatibile con tale direttiva.

V –    Conclusione

71.      Alla luce delle suesposte considerazioni, suggerisco alla Corte di rispondere alla questione pregiudiziale sollevata dalla Commissione tributaria regionale di Roma, nel seguente modo:

L’articolo 17, paragrafi 2 e 5, e l’articolo 19 della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, come modificata dalla direttiva 91/680/CEE del Consiglio, del 16 dicembre 1991, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale e a una prassi dell’amministrazione fiscale nazionale, come quelle in questione nel procedimento principale, che impongono a soggetti passivi che effettuano nel contempo operazioni che danno diritto a detrazione e operazioni che non conferiscono tale diritto, di determinare l’importo dell’imposta sul valore aggiunto detraibile mediante l’applicazione di un prorata, calcolato ai sensi dell’articolo 19 di tale direttiva, nei confronti della totalità dei beni e servizi acquistati, ivi compresi i beni e servizi utilizzati esclusivamente per effettuare sia operazioni che danno diritto alla detrazione sia operazioni che non conferiscono tale diritto.


1 –      Lingua originale: il francese.


2 –      Sesta direttiva del Consiglio del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU 1977, L 145, pag. 1), come modificata dalla direttiva 91/680/CEE del Consiglio, del 16 dicembre 1991 (GU 1991, L 376, pag. 1) (in prosieguo: la «sesta direttiva»).


3 –      GU 2006, L 347, pag. 1.


4 –      V. articolo 411, paragrafo 1, e articolo 413 della direttiva 2006/112.


5 –      Infatti, l’articolo 17, paragrafi 2 e 5, e l’articolo 19 della sesta direttiva contengono disposizioni che corrispondono, mutatis mutandis, agli articoli 168 e da 173 a 175 della direttiva 2006/112.


6 –      Dalla decisione di rinvio emerge che una delle suddette perizie ha ritenuto che l’incidenza fosse pari allo 0,22% mentre l’altra ha ritenuto che l’incidenza fosse pari a zero.


7 –      Sentenza del 1º giugno 2006, Innoventif (C-453/04, EU:C:2006:361, punto 29) nonché ordinanza del 25 gennaio 2007, Koval’ský (C-302/06, non pubblicata, EU:C:2007:64, punto 17 e la giurisprudenza ivi citata).


8 –      V., analogamente, conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa Kretztechnik (C-465/03, EU:C:2005:111, paragrafo 71).


9 –      V. sentenza del 9 luglio 2015, Salomie e Oltean (C-183/14, EU:C:2015:454, punto 56 e la giurisprudenza ivi citata). Affinché l’IVA sia detraibile, le operazioni effettuate a monte devono presentare un nesso diretto e immediato con le operazioni a valle che conferiscono un diritto a detrazione e fare parte degli elementi costitutivi del prezzo di tali operazioni. Un diritto a detrazione è tuttavia ammesso a beneficio del soggetto passivo anche in mancanza di un nesso diretto e immediato tra una specifica operazione a monte e una o più operazioni a valle che conferiscono un diritto a detrazione, qualora i costi dei servizi in questione facciano parte delle spese generali del soggetto passivo e, in quanto tali, siano elementi costitutivi del prezzo dei beni o servizi che esso fornisce. V. sentenza del 16 luglio 2015, Larentia + Minerva e Marenave Schiffahrt (C-108/14 e C-109/14, EU:C:2015:496, punti 23 e 24 e la giurisprudenza ivi citata).


10 –      V. sentenza del 9 luglio 2015, Salomie e Oltean (C-183/14, EU:C:2015:454, punto 57 e la giurisprudenza ivi citata).


11 –      V. sentenza del 18 dicembre 2008, Royal Bank of Scotland (C-488/07, EU:C:2008:750, punto 16 e la giurisprudenza ivi citata).


12 –      I beni e servizi utilizzati promiscuamente sono spesso spese generali relative sia ad operazioni imponibili sia ad operazioni esenti del soggetto passivo.


13 –      V. altresì, conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa Abbey National (C-408/98, EU:C:2000:207, paragrafo 10). Le operazioni escluse dalla sfera di applicazione della sesta direttiva e che non danno pertanto diritto a detrazione devono essere escluse dal calcolo del prorata di detrazione di cui agli articoli 17 e 19 della sesta direttiva. V. sentenza del 29 aprile 2004, EDM (C-77/01, EU:C:2004:243, punto 54 e la giurisprudenza ivi citata).


14 –      V., altresì, conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa BLC Baumarkt (C-511/10, EU:C:2012:245, paragrafo 33), che rileva che la regola generale del calcolo del prorata, di cui all’articolo 19 della sesta direttiva, «in linea di principio, consente di effettuare un calcolo equo e ragionevolmente preciso dell’importo finale detraibile». V., altresì, conclusioni dell’avvocato generale Mengozzi nella causa Wolfgang und Wilfried Rey Grundstücksgemeinschaft GbR (C-332/14, EU:C:2015:777, paragrafo 92).


15 –      La natura derogatoria dell’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, della sesta direttiva si evince dalla frase introduttiva di tale comma («Tuttavia, gli Stati membri possono»). Gli Stati membri non sono obbligati a limitarsi ad uno solo dei metodi elencati al suddetto articolo 17, paragrafo 5, terzo comma. V. sentenza del 13 marzo 2008, Securenta (C-437/06, EU:C:2008:166, punto 38).


16 –      Corrispondente all’attuale articolo 173, paragrafo 2, della direttiva 2006/112. Secondo il governo italiano, il testo dell’articolo 174 della direttiva 2006/112 (ex articolo 19 della sesta direttiva) è sostanzialmente ripreso nell’articolo 19-bis del DPR n. 633/72.


17 –      V., in tal senso, sentenza del 18 dicembre 2008, Royal Bank of Scotland (C-488/07, EU:C:2008:750, punto 19). Segnalo, per inciso, che il significato dell’espressione «prevedere l’esclusione del diritto a detrazione a talune condizioni», impiegato dalla Corte al suddetto punto e al punto 23 della medesima sentenza, non è ovvio. Tale espressione è stata tuttavia nuovamente utilizzata nella sentenza del 12 settembre 2013, Le Crédit Lyonnais (C-388/11, EU:C:2013:541, punto 31).


18 –      Mi sembra che, durante il procedimento dinanzi alla Corte, la posizione della Commissione abbia subito un’evoluzione. Nelle sue osservazioni scritte essa ha ritenuto che il regime italiano in questione fosse manifestamente contrario al principio di neutralità dell’IVA, dal momento che obbliga il soggetto passivo ad applicare il metodo del prorata, indipendentemente dall’utilizzo dei beni e servizi acquistati.


19 –      Da una parte, l’impiego dei termini «ivi contemplate» nel suddetto articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, lettera d), potrebbe essere favorevole all’interpretazione sostenuta dal governo italiano e dalla Commissione, secondo la quale tale termine sarebbe connesso alle «operazioni» effettuate dal soggetto passivo, piuttosto che ai «beni e servizi» acquistati da quest’ultimo. Dall’altra, i termini «tutti i beni e servizi» potrebbero indicare solamente che la deroga di cui alla lettera d) non autorizza, diversamente da quelle di cui alle lettere da a) a c) del suddetto terzo comma, l’applicazione di un prorata distinto per ogni settore di attività del soggetto passivo o per una parte dei beni e servizi utilizzati promiscuamente, bensì autorizza l’applicazione di un prorata unicamente per la totalità di tali beni e servizi. Un confronto tra le diverse versioni linguistiche della sesta direttiva non apporta alcun chiarimento a tal riguardo.


20 –      Ricordo che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, ai fini dell’interpretazione di una disposizione di diritto dell’Unione, si deve tener conto sia della lettera e dello scopo della disposizione stessa, sia del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte. V. sentenza del 12 giugno 2014, Lukoyl Neftohim Burgas (C-330/13, EU:C:2014:1757, punto 59).


21 –      Ai sensi del suddetto articolo 17, paragrafo 5, primo comma, esso si applica «[p]er quanto riguarda i beni e servizi utilizzati da un soggetto passivo sia per operazioni che danno diritto a [detrazione] (…) sia per operazioni che non conferiscono tale diritto».


22 –      Segnalo che, sebbene la Corte abbia statuito, nella sentenza del 6 ottobre 2005, Commissione/Spagna (C-204/03, EU:C:2005:588, punto 25), che l’articolo 17, paragrafo 5, della sesta direttiva «si riferisce solo al caso di soggetti passivi misti», da una lettura attenta di tale sentenza si evince che tale affermazione è stata effettuata in un contesto in cui la Corte ha constatato che tale paragrafo non consente una limitazione del diritto a detrazione dei «soggetti passivi completi», ossia dei soggetti passivi che effettuano unicamente operazioni soggette ad imposta.


23 –      V. sentenze dell’8 giugno 2000, Midland Bank (C-98/98, EU:C:2000:300, punto 26); del 22 febbraio 2001, Abbey National (C-408/98, EU:C:2001:110, punto 38) e del 23 aprile 2009, Puffer (C-460/07, EU:C:2009:254, punto 60).


24 –      Sentenza del 6 settembre 2012 (C-496/11, EU:C:2012:557, punti da 39 a 41).


25 –      V. sentenza del 16 luglio 2015, Larentia + Minerva e Marenave Schiffahrt (C-108/14 e C-109/14, EU:C:2015:496, punto 26).


26 –      Sentenza del 6 settembre 2012 (C-496/11, EU:C:2012:557).


27 –      Sentenza del 6 settembre 2012 (C-496/11, EU:C:2012:557).


28 –      Le strette correlazioni tra la deroga di cui alla lettera d) e il principio generale del prorata previsto all’articolo 17, paragrafo 5, primo comma, della sesta direttiva si evincono parimenti dal riferimento esplicito contenuto nella prima deroga alla «norma di cui al primo comma».


29 –      Considerando della proposta iniziale della sesta direttiva del 29 giugno 1973, supplemento 11/73 del Bollettino delle Comunità europee, pag. 19. Nella redazione proposta, l’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, conteneva solo tre eccezioni, corrispondenti a quelle di cui alle lettere da a) a c) della direttiva adottata. Non sussiste alcuna ragione per supporre che lo scopo del terzo comma sia stato modificato dalle ulteriori eccezioni previste nelle disposizioni di cui alle lettere d) ed e) che sono state aggiunte nel corso dell’iter legislativo.


30 –       V. paragrafo 30 delle presenti conclusioni.


31 –      In una certa misura, l’articolo 19, paragrafo 2, della sesta direttiva può ridurre tali disparità, prevedendo che nel calcolo del prorata di cui al paragrafo 1 di tale articolo non debba includersi l’importo della cifra di affari relativo a talune operazioni accessorie. V., in tal senso, sentenza del 29 aprile 2004, EDM (C-77/01, EU:C:2004:243, punto 75). Tuttavia, ciò non consentirebbe di evitare le disparità derivanti da una cifra di affari elevata sulle operazioni esenti, come mostrato dal caso di specie.


32 –      V. sentenza del 18 dicembre 2008, Royal Bank of Scotland (C-488/07, EU:C:2008:750, punto 19).


33 –      Non condivido l’opinione del governo italiano secondo cui le deroghe di cui all’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, della sesta direttiva mirano anche a semplificare la determinazione dell’importo detraibile. V., altresì, conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa BLC Baumarkt (C-511/10, EU:C:2012:245, paragrafo 42).


34 –      V. sentenza del 10 luglio 2014, Banco Mais (C-183/13, EU:C:2014:2056, punto 29). V., altresì, sentenze del 18 dicembre 2008, Royal Bank of Scotland (C-488/07, EU:C:2008:750, punto 24) e dell’8 novembre 2012, BLC Baumarkt (C-511/10, EU:C:2012:689, punto 18).


35 –      V. sentenza del 6 settembre 2012, Portugal Telecom (C-496/11, EU:C:2012:557, punto 35 e la giurisprudenza ivi citata).


36 –      Effettivamente, la deroga di cui alla lettera d) non era contenuta nella proposta iniziale della Commissione del 29 giugno 1973 (proposta di sesta direttiva del Consiglio in materia di armonizzazione delle normative degli Stati membri relative all’imposta sulla cifra di affari – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme) [COM(73)950 final] né nella proposta modificata del 26 luglio 1974 (modifiche alla proposta di sesta direttiva del Consiglio in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative all’imposta sulla cifra d’affari – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme) [COM(74)795 final]. Essa è stata aggiunta, senza spiegazioni, prima dell’adozione della direttiva da parte del Consiglio. L’articolo 17, paragrafo 5, della sesta direttiva si fonda sulla regola del prorata prevista all’articolo 11, paragrafo 2, terzo comma, e al paragrafo 3, della seconda direttiva 67/228/CEE del Consiglio, dell’11 aprile 1967, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari – Struttura e modalità d’applicazione del sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 1967, 71, pag. 1303), che rimette agli Stati membri il compito di stabilire i criteri di determinazione dell’importo detraibile.


37 –      Articolo 36, paragrafo 3, del DPR n. 633/72. Segnalo che il giudice del rinvio non fa alcun riferimento a tale disposizione nazionale che consente l’applicazione separata dell’imposta relativamente ad alcune attività del soggetto passivo.


38 –      Va aggiunto che la possibilità prevista all’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, lettera a), di tale direttiva di autorizzare l’applicazione di un prorata distinto per ogni settore delle attività del soggetto passivo copre unicamente i beni e servizi utilizzati promiscuamente e non giustificherebbe dunque la normativa italiana che riguarda la totalità dei beni e servizi acquistati.


39 –      V. sentenze del 18 dicembre 2008, Royal Bank of Scotland (C-488/07, EU:C:2008:750, punto 19); dell’8 novembre 2012, BLC Baumarkt (C-511/10, EU:C:2012:689, punto 15) nonché ordinanza del 13 dicembre 2012, Debiasi (C-560/11, non pubblicata, EU:C:2012:802, punto 39).


40 –      A tal riguardo, la Commissione si fonda sulla sentenza dell’8 novembre 2012, BLC Baumarkt (C-511/10, EU:C:2012:689, punto 20). Riconosco che tale sentenza può generare confusione quanto al metodo di calcolo applicabile ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, lettera d), della sesta direttiva, giacché la Corte sembra operare una distinzione tra la deroga di cui alla lettera d) e le altre deroghe previste nel medesimo comma. Sebbene tale distinzione sia stata ripresa nella sentenza del 12 settembre, Le Crédit Lyonnais (C-388/11, EU:C:2013:541, punto 51), essa, tuttavia, non si rinviene né nella giurisprudenza anteriore (v. sentenza del 18 dicembre 2008, Royal Bank of Scotland, C-488/07, EU:C:2008:750, punto 21), né in quella più recente (v. sentenza del 10 luglio 2014, Banco Mais, C-183/13, EU:C:2014:2056, punto 25).


41 –      Tale distinzione tra il principio del prorata e la regola di calcolo del prorata è più evidente nella direttiva 2006/112, che ha abrogato e sostituito la sesta direttiva con effetto dal 1º gennaio 2007. Infatti, l’articolo 173, paragrafo 2, lettera d), di tale direttiva rinvia specificamente alla «norma di cui al paragrafo 1, primo comma», che corrisponde all’articolo 17, paragrafo 5, primo comma, della sesta direttiva e non al paragrafo 1 nella sua interezza, circostanza che avrebbe ricompreso anche la regola del calcolo del prorata.


42 –      V., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa BLC Baumarkt (C-511/10, EU:C:2012:245, paragrafo 29), che rileva che la deroga di cui alla lettera d) implica «la possibilità di prevedere altri prorata». V., altresì, conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa Le Crédit Lyonnais (C-388/11, EU:C:2013:120, paragrafo 59).


43 –      V. paragrafo 53 e la nota 34 delle presenti conclusioni.


44 –      V. sentenza dell’8 novembre 2012, BLC Baumarkt (C-511/10, EU:C:2012:689, punto 16). V., altresì, sentenze del 12 settembre 2013, Le Crédit Lyonnais (C-388/11, EU:C:2013:541, punto 52) e del 10 luglio 2014, Banco Mais (C-183/13, EU:C:2014:2056, punto 27).


45 –      V., paragrafo 30 delle presenti conclusioni.


46 –      Non condivido l’argomento della Commissione secondo cui la deroga di cui alla lettera d) ammette una siffatta normativa, nella misura in cui tale normativa avrebbe unicamente natura derogatoria e condurrebbe a risultati più precisi rispetto al prorata «standard» di cui all’articolo 17, paragrafo 5, primo comma, della sesta direttiva. A mio avviso, una siffatta normativa porta inevitabilmente a risultati meno precisi ed è, quindi, contraria all’obiettivo di neutralità fiscale perseguito dalle deroghe previste dall’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, di tale direttiva.


47 –      V. paragrafi 54 e 55 delle presenti conclusioni.