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Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MELCHIOR WATHELET

presentate il 7 settembre 2016 (1)

Causa C-453/15

A,

B

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia, Germania)]

«Rinvio pregiudiziale – Fiscalità – Imposta sul valore aggiunto – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 56 – Luogo della prestazione di servizi – Nozione di “altri diritti analoghi” – Trasferimento di quote di emissioni di gas a effetto serra»





1.        Nell’ambito della causa in esame, vertente sulla cessione «di un diritto di inquinare», non riesco a trattenermi dal citare una riflessione di Le Bars (2): «[c]on [la] normativa internazionale e comunitaria, l’aria e la sua “patologia”, ossia l’inquinamento, si trovano ai limiti del settore commerciale. Un tale approccio può sembrare immorale, tanto la nozione di diritto è tradizionalmente associata a contenuti positivi, il che non è nel caso dell’inquinamento. Non solo, l’idea che soggetti privati possano guadagnare denaro con l’inquinamento, operando come intermediari finanziari di quote di emissioni, sembra inammissibile».

2.        Non è questo ovviamente l’oggetto del presente rinvio pregiudiziale del Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia, Germania), pervenuto alla cancelleria della Corte il 24 agosto 2015, che, con riferimento alle quote di emissioni dei gas a effetto serra, chiede alla Corte di pronunciarsi sull’interpretazione dell’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2006/112/CE (3). Il rinvio di cui trattasi è stato disposto nell’ambito di un procedimento penale avviato in Germania contro A e B per concorso in frode fiscale.

3.        In sintesi, si pone la questione se una quota di emissioni di gas a effetto serra ai sensi dell’articolo 3, lettera a), della direttiva 2003/87/CE (4) – che accorda il diritto di emettere una tonnellata di biossido di carbonio equivalente per un periodo determinato – costituisca un «altro diritto analogo» ai sensi dell’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA.

I –    Contesto normativo

A –    Il diritto dell’Unione

4.        L’articolo 56, paragrafo 1, della direttiva IVA dispone quanto segue:

«1.      Il luogo delle seguenti prestazioni di servizi, fornite a destinatari stabiliti fuori della Comunità o a soggetti passivi stabiliti nella Comunità ma fuori del paese del prestatore, è quello in cui il destinatario ha stabilito la sede della sua attività economica o dispone di una stabile organizzazione per la quale è stata resa la prestazione di servizi o, in mancanza di tale sede o stabile organizzazione, il luogo del suo domicilio o della sua residenza abituale:

a)      cessioni e concessioni di diritti d’autore, brevetti, diritti di licenza, marchi di fabbrica e di commercio e altri diritti analoghi;

(...)».

5.        L’articolo 3, lettera a), della direttiva 2003/87, così recita:

«Ai fini della presente direttiva valgono le seguenti definizioni:

a)      “quota di emissioni”, il diritto di emettere una tonnellata di biossido di carbonio equivalente per un periodo determinato, valido unicamente per rispettare le disposizioni della presente direttiva e cedibile conformemente alla medesima;

(...)».

B –    Il diritto tedesco

6.        L’articolo 3a dell’Umsatzsteuergesetz (legge relativa all’imposta sul valore aggiunto, in prosieguo: l’«UStG»), recante il titolo «Luogo delle altre prestazioni» prevede, nel testo applicabile ai fatti oggetto del procedimento principale, quanto segue:

«1.      Fatti salvi gli articoli 3b e 3f, le altre prestazioni sono effettuate nel luogo in cui l’imprenditore esercita la sua attività. Qualora la prestazione venga effettuata da uno stabilimento dell’impresa, quest’ultimo è considerato quale luogo della prestazione.

(...)

3.      Se il destinatario di una delle altre prestazioni menzionate al paragrafo 4 è un imprenditore, la prestazione, in deroga al paragrafo 1, si considera fornita nel luogo in cui il destinatario esercita la sua attività. Qualora la prestazione sia fornita allo stabilimento di un’impresa, è invece determinante il luogo di ubicazione dello stabilimento. Qualora il destinatario di una delle prestazioni menzionate al paragrafo 4 non sia un imprenditore e abbia la propria residenza o la propria sede nel territorio di uno Stato terzo, la prestazione si considera eseguita presso la sua residenza o sede.

4.      Sono “altre prestazioni” ai sensi del paragrafo 3:

1)      la concessione, il trasferimento e l’utilizzo di brevetti, diritti d’autore, diritti sul marchio e altri diritti analoghi;

(...)».

II – La controversia principale e la questione pregiudiziale

7.        A e B, dipendenti di una grande società di consulenza fiscale, venivano condannati dal Landgericht Hamburg (Tribunale regionale di Amburgo, Germania) al pagamento di un’ammenda per concorso in frode fiscale nell’ambito di una causa vertente su un meccanismo di frode sull’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») attuato da un altro imputato, G, nel periodo compreso tra l’aprile 2009 e il marzo 2010 e volto all’evasione dell’imposta rispetto allo scambio di quote di emissioni di gas a effetto serra.

8.        Più società erano coinvolte in tale meccanismo di frode. Una società E, stabilita in Germania e controllata, di fatto, da G, acquistava all’estero quote di emissioni di gas a effetto serra esenti da IVA e le rivendeva ad una società I stabilita in Lussemburgo, gestita anch’essa da G. Quest’ultima emetteva nei confronti della società E ricevute sotto forma di note di accredito con esposizione dell’IVA applicabile in Germania rivendendo le quote ad una società C, stabilita in Germania, fermo restando che anche le note di accredito relative a detta transazione esponevano l’IVA tedesca.

9.        Nelle proprie dichiarazioni IVA provvisorie relative al secondo, terzo e quarto trimestre dell’anno 2009, la società E dichiarava i proventi derivanti dalla cessione delle quote alla società I portando in detrazione l’IVA assolta a monte sulla base di fatture fittizie di asseriti fornitori nazionali. Per i mesi di gennaio e marzo 2010, non presentava dichiarazioni provvisorie. Essa eludeva in tal modo il versamento di un importo complessivo pari a EUR 11 484 179,12. La società I, dal canto suo, dichiarava, per i periodi intercorrenti da aprile a luglio 2009, da settembre 2009 a gennaio 2010 e marzo 2010, le prestazioni erogate alla società C come operazioni soggette ad IVA detraendo indebitamente l’IVA esposta sulle note di accredito emesse nei confronti della società E come imposta assolta a monte, eludendo in tal modo il pagamento della somma di EUR 10 667 491,10.

10.      A e B svolgevano, a decorrere da fine maggio 2009, attività di consulenza fiscale a favore della società I e venivano incaricati da G di redigere un breve parere sulla situazione di detta società in materia di IVA. In detto parere, essi dichiaravano che la società I poteva esporre l’IVA applicabile in Germania e farla valere come imposta versata a monte solo se disponeva di una stabile organizzazione nel territorio della Repubblica federale di Germania ivi effettuando le relative operazioni e che le fatture emesse prima della costituzione di una stabile organizzazione in Germania dovevano essere rettificate.

11.      A fronte di un contratto retrodatato relativo alla locazione di locali ad uso ufficio in Germania con decorrenza dal 1° aprile 2009, A e B – che non erano a conoscenza del ruolo svolto dalla società I nell’ambito del meccanismo di frode fiscale – redigevano, per conto della medesima, le dichiarazioni IVA provvisorie per i mesi di aprile e maggio 2009 inoltrandole, in data 12 agosto 2009, all’amministrazione finanziaria. In tali dichiarazioni indicavano l’IVA esposta nelle note di accredito emesse a favore della società E come imposta versata a monte, vale a dire EUR 147 519,80 per il mese di aprile 2009 e EUR 1 146 788,70 per il mese di maggio 2009, pur ritenendo «molto probabile» che la società I non disponesse di uno stabilimento in Germania.

12.      Adito con ricorsi per cassazione presentati contro la sentenza del Landgericht Hamburg (Tribunale regionale di Amburgo) da A e B nonché dal pubblico ministero, il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia) afferma che, ai fini di accertare la responsabilità degli imputati per concorso in frode fiscale in base al diritto penale tedesco, occorre accertare se essi abbiano intenzionalmente presentato all’amministrazione finanziaria dichiarazioni IVA provvisorie inesatte nelle quali siano state portate in detrazione le imposte assolte a monte in relazione alle note di accredito sulle prestazioni della società E. Posto che A e B non erano a conoscenza del coinvolgimento delle società E e I nel meccanismo di frode IVA attuato da G, tale ipotesi ricorre – prosegue il giudice del rinvio – solo se la detrazione dell’imposta assolta a monte in forza delle note di accredito della società E era esclusa in ragione del fatto che dette note non potevano esporre l’IVA. Il giudice medesimo precisa peraltro che tale condizione è soddisfatta per le fatture emesse nei confronti della società I avente sede in Lussemburgo, solo se il luogo della prestazione consistente nel trasferimento di quote non era in Germania. L’esposizione dell’IVA da parte della società E nei confronti della società I era tuttavia illegittima solo se, in applicazione dell’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA, il luogo della prestazione non si trovava presso il prestatore del servizio, la società E, ma presso il destinatario, la società I, con conseguente esclusione dell’imponibilità della prestazione in Germania.

13.      Il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia) osserva che quest’ultima condizione presuppone che, nel 2009, il luogo della prestazione per i trasferimenti delle quote di emissioni di gas a effetto serra fosse, ai sensi dell’articolo 3a, paragrafo 4, dell’UStG, nel testo applicabile ai fatti oggetto della controversia principale, fondato sull’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA, il luogo in cui il destinatario aveva stabilito la sede della propria attività economica o disponeva di una stabile organizzazione, il che impone di accertare se lo scambio delle suddette quote costituisca un «altro diritto analogo» ai sensi delle menzionate disposizioni.

14.      Il giudice del rinvio ritiene, sul punto, che l’interpretazione della nozione di «altri diritti analoghi», ai sensi dell’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA non è tanto chiara da non lasciare adito ad alcun ragionevole dubbio. Esso è tuttavia incline a ritenere che le suddette quote siano «analoghe» ai sensi della disposizione de qua, posto che il termine «analogo» significa «avente determinate caratteristiche corrispondenti» o «che è comparabile», tenuto conto che i diritti citati nella suddetta disposizione sono caratterizzati dal fatto che il legislatore concede al titolare un diritto assoluto, che gli conferisce il potere esclusivo di utilizzarlo e sfruttarlo, escludendone i terzi. In tal senso, le quote di emissioni sarebbero paragonabili ai diritti di proprietà intellettuale.

15.      È in tale contesto che il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che la quota di cui all’articolo 3, lettera a), della direttiva 2003/87/CE, che accorda il diritto di emettere una tonnellata di biossido di carbonio equivalente per un periodo determinato, costituisca un “diritto analogo” ai sensi di detta disposizione».

III – Il procedimento dinanzi alla Corte

16.      Hanno presentato osservazioni A, B, il Generalbundesanwalt beim Bundesgerichtshof (Procuratore generale della Repubblica federale presso la Corte federale di giustizia, Germania), i governi tedesco ed ellenico e la Commissione europea. Tutte le parti, ad eccezione del governo ellenico, hanno presenziato all’udienza del 13 luglio 2016.

IV – Analisi

A –    Sintesi delle osservazioni delle parti

17.      A e B ritengono che occorra rispondere alla questione posta nel senso che una «quota di emissioni» ai sensi dell’articolo 3, lettera a), della direttiva 2003/87 non costituisce un «diritto analogo» a norma dell’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA.

18.      A osserva che quest’ultimo articolo menziona cinque diritti rientranti nel settore della proprietà intellettuale e completa detta elencazione con una nozione «residuale» di «diritti analoghi». Mentre, secondo il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia), il termine impiegato nella versione tedesca (ähnlich) significa che gli altri diritti devono essere diritti aventi determinate caratteristiche corrispondenti o «che sono comparabili» ai diritti espressamente citati, A afferma che, in base ad altre versioni linguistiche della direttiva IVA, deve invece esistere non tanto una semplice comparabilità, quanto piuttosto un legame stretto tra i diritti espressamente citati nell’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA e quelli rientranti nella nozione di «diritti analoghi». Occorrerebbe quindi chiedersi, anzitutto, quali siano le caratteristiche essenziali dei diritti espressamente citati. Per ricadere nella nozione di «diritti analoghi» anche una quota di emissioni dovrebbe presentare tali caratteristiche.

19.      A parere di A, vi è motivo di dubitare che la nozione di «diritto assoluto» nel diritto tedesco, cui fa riferimento il giudice del rinvio, sia pertinente. Una quota non sarebbe inoltre un diritto assoluto, ma riconoscerebbe al suo titolare solo un «diritto di tolleranza» (Duldungsanspruch) azionabile nei confronti dello Stato. Tale diritto di tolleranza sarebbe, in definitiva, paragonabile ad un diritto di credito, anche se iscritto in un pubblico registro.

20.      I termini «cessione» e «concessione» impiegati nella versione francese ed i loro equivalenti in altre versioni linguistiche sarebbero un elemento determinante da cui si evincerebbe che si tratterebbe di concedere un diritto in vista del suo utilizzo, posto che tutti i diritti espressamente citati si fonderebbero su una prestazione intellettuale propria. La quota di emissioni sarebbe quindi estranea rispetto ai diritti di proprietà intellettuale caratterizzati dal fatto che il titolare può concedere a suo piacimento a un soggetto terzo un’idea, che è giuridicamente sua, in vista del suo sfruttamento, senza perdere il proprio diritto originario e senza doverla trasferire al soggetto autorizzato a utilizzarla.

21.      Tale interpretazione risulterebbe confermata dalla genesi dell’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA, che trae origine dalla formulazione dell’articolo 9, paragrafo 2, lettera e), della sesta direttiva 77/388/CEE (5), il quale menzionava le cessioni di brevetti, marchi di fabbrica e di commercio e altri diritti analoghi nonché le concessioni di licenze su tali diritti. Ne risulterebbe che anche i «diritti analoghi» devono poter essere oggetto di una licenza, il che non è nel caso di una quota di CO2.

22.      Un’interpretazione della direttiva IVA che vada al di là del suo tenore non sarebbe inoltre necessaria. Essa si risolverebbe nell’applicazione generalizzata del principio del paese di destinazione agli scambi di servizi tra imprese benché tale principio sia divenuto la regola generale solo successivamente ai fatti oggetti della controversia principale, a seguito della modifica della direttiva in parola intervenuta con la direttiva 2008/8/CE (6).

23.      B aggiunge che l’esito dell’interpretazione della direttiva IVA richiesta nell’ambito della presente controversia deve essere valutato nel contesto di conseguenze che comportano una responsabilità penale, il che implica di dover tener conto dei principi applicabili in tale ambito e, in particolare, dei principi di certezza del diritto, di legalità di reati e delle pene e di precisione, del divieto di applicazione analogica nel diritto penale e del principio di omogeneità. Dal punto di vista del principio di precisione, sarebbe problematico far dipendere la responsabilità penale dalla nozione, estremamente ampia, di «diritto analogo». Sarebbe quindi possibile soltanto un’interpretazione della nozione de qua che imponga di stabilire un legame intrinseco tra il «diritto analogo» e gli altri diritti citati nella disposizione e che vada al di là di una qualche comparabilità.

24.      Per contro, il Procuratore generale della Repubblica federale presso la Corte federale di giustizia, i governi tedesco ed ellenico e la Commissione ritengono che l’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che la quota ai sensi dell’articolo 3, lettera a), della direttiva 2003/87 costituisca un «altro diritto analogo».

25.      Il Procuratore generale della Repubblica federale presso la Corte federale di giustizia osserva che l’elenco dei diritti indicati nell’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA non è omogeneo e che tali diritti sono soggetti a discipline diverse.

26.      Quanto alla determinazione del luogo della prestazione, l’elemento determinante sarebbe il fatto che i diritti di cui trattasi accordano al destinatario una possibilità di utilizzo economico che va al di là del semplice sfruttamento del diritto in quanto tale. Il luogo della prestazione dovrebbe quindi essere il luogo in cui è stabilito il destinatario nel caso in cui il corrispettivo per la prestazione di servizi erogata tra soggetti passivi ricada nel prezzo del bene. Al fine di stabilire il luogo della prestazione, le caratteristiche determinanti dei diritti menzionati nel suddetto articolo sarebbero quindi di accordare al titolare poteri positivi di utilizzo di cui esso si avvale per continuare a creare valore aggiunto utilizzandoli in proprio o vendendoli e trasferendoli a terzi. Orbene, una quota di emissioni di gas a effetto serra presenterebbe le suddette caratteristiche preminenti.

27.      Il governo tedesco osserva, anzitutto, che il trasferimento di quote di emissioni di gas a effetto serra costituisce una prestazione di servizi ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 1, della direttiva IVA e che l’oggetto del trasferimento è il diritto di emissioni accordato con la quota. Esso osserva, inoltre, che l’imposizione dei diritti indicati nell’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA ha luogo, in deroga al principio detto dell’origine (risultante dall’articolo 43 della direttiva IVA in vigore sino al 31 dicembre 2009), nello Stato del destinatario, a condizione che questi sia stabilito in un paese terzo o che si tratti di un soggetto stabilito in uno Stato membro diverso da quello del prestatore.

28.      Infine, secondo il governo medesimo, affinché un diritto sia «analogo», occorre stabilire se esso sia paragonabile ai diritti citati nell’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA e se esso presenti le medesime caratteristiche. Non sarebbe richiesta un’identità con essi con la conseguenza che un «diritto analogo» non esisterebbe soltanto in materia di proprietà intellettuale. Osservando che l’elencazione contenuta nel suddetto articolo contiene soltanto diritti protetti che si caratterizzano per il fatto che il legislatore concede al titolare un diritto assoluto, nel senso che esso ha il potere esclusivo di utilizzarlo e sfruttarlo, il governo tedesco reputa che le quote di emissioni di gas a effetto serra possano essere considerate diritti analoghi.

29.      Infatti, solo il titolare della quota sarebbe autorizzato a emettere una tonnellata di biossido di carbonio equivalente per un periodo determinato. Il carattere esclusivo del diritto di sfruttamento deriverebbe da un’assegnazione risultante nel registro degli scambi delle quote di emissioni e il titolare del conto avrebbe la possibilità di disporre di detta quota utilizzandola per adempiere i suoi obblighi di restituzione o cedendola e trasferendola sul conto di un altro titolare di conto.

30.      Il governo medesimo aggiunge che l’obiettivo dell’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA depone a favore della sua applicazione alle quote di emissioni di gas a effetto serra, atteso che l’utilizzo dei diritti di emissioni conferiti dalle quote avviene di norma nel luogo in cui il soggetto che li ha acquistati esercita la sua attività economica.

31.      A parere della Repubblica ellenica, dal tenore dell’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA risulta che l’elencazione ivi contenuta non è esaustiva. I diritti sulle attività immateriali ivi indicati presenterebbero la caratteristica principale di offrire ai loro titolari il potere esclusivo di utilizzare e sfruttare detti diritti, escludendo altre persone. Gli «altri diritti analoghi» potrebbero quindi essere considerati sia come diritti che conferiscono al loro titolare un siffatto potere assoluto, sia come diritti di cui è garantita l’esclusività di utilizzo mediante diritti di credito o altri diritti.

32.      La quota che autorizza a emettere una tonnellata di biossido di carbonio equivalente per un periodo determinato rientrerebbe in tale categoria in considerazione della sua natura e delle sue caratteristiche. Infatti, atteso che ciascun titolare di diritti indicati all’articolo 3, lettera a), della direttiva 2003/87 figura nel registro degli scambi delle quote di emissioni previsto nell’articolo 19 di detta direttiva, la posizione del suo titolare e il suo diritto esclusivo di utilizzo sarebbero pienamente garantiti. Altrettanto determinante è il fatto che chiunque violi le disposizioni del diritto nazionale adottate in applicazione della direttiva in parola si espone a sanzioni. Il potere riconosciuto al titolare di un diritto di tal genere equivarrebbe, quindi, al corrispondente potere riconosciuto al titolare di uno dei diritti immateriali espressamente citati nell’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA.

33.      Secondo la Commissione, lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra costituisce una prestazione di servizi ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 1, della direttiva IVA.

34.      A parere della Commissione, non è evidente, prima facie, che la nozione di «altri diritti analoghi» comprende le quote di emissioni, considerato che le fattispecie giuridiche espressamente contemplate dall’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA riguardano la tutela della proprietà intellettuale, mentre le quote rappresentano un’autorizzazione rilasciata dallo Stato o dalle autorità ad emettere gas a effetto serra. Tuttavia, sarebbero ravvisabili importanti analogie tra la proprietà intellettuale e le quote di cui trattasi.

35.      La questione se un diritto riconosciuto presenti analogie con i diritti menzionati nell’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA dev’essere risolta anzitutto alla luce della ratio e della finalità di detta disposizione.

B –    Analisi

1.      Osservazioni preliminari

36.      Desidero anzitutto precisare che la risposta della Corte deve riferirsi soltanto all’interpretazione della direttiva IVA e non alle conseguenze che essa può avere sul piano penale nell’ambito del procedimento principale, aspetto questo che rientra nella competenza esclusiva del giudice del rinvio che non chiede alla Corte di pronunciarsi in merito. Le presenti conclusioni tengono conto di detta constatazione.

37.      Il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia) chiede alla Corte di stabilire se l’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che la quota ai sensi dell’articolo 3, lettera a), della direttiva 2003/87, che autorizza a emettere una tonnellata di biossido di carbonio equivalente per un periodo determinato, costituisca un «altro diritto analogo» ai sensi dell’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA.

38.      La Corte non ha, anzitutto, ancora avuto occasione di interpretare tale nozione ai sensi dell’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA.

39.      Inoltre, dal 1° gennaio 2010, vige oramai la regola generale secondo cui il luogo di una prestazione di servizi è quello in cui il destinatario ha stabilito la propria sede mentre le regole in vigore applicabili nel caso di specie prevedevano il principio del paese di origine.

40.      Tale nuova regola, che sancisce il principio del paese di destinazione, figura ormai all’articolo 44 della direttiva IVA modificata dalla direttiva 2008/8. Inoltre, con la direttiva 2010/23/UE, entrata in vigore il 9 aprile 2010 (7), il legislatore dell’Unione ha dichiarato di muovere dal presupposto che il trasferimento di quote ai sensi della direttiva 2003/87 dev’essere assoggettato a imposta nello Stato membro in cui ha sede l’acquirente (paese di destinazione). Con detta direttiva, è stato introdotto nella direttiva IVA un nuovo articolo 199 bis che prevede espressamente che gli Stati membri possono stabilire che il soggetto tenuto al pagamento dell’IVA sia il soggetto passivo destinatario di un trasferimento di quote di emissioni di gas a effetto serra e ciò al fine di limitare le possibilità di frodi di tipo carosello in ambito IVA. Detta disposizione, che limitava tale possibilità al periodo sino al 30 giugno 2015, è stata prorogata sino al 31 dicembre 2018 dalla direttiva 2013/43/UE (8).

41.      Si pone quindi la questione se, prima delle menzionate modifiche e al di là del tenore dell’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA, risultasse già dalla ratio della suddetta disposizione, di altre disposizioni o di altri elementi che le quote di emissioni di gas a effetto serra dovevano, alla luce delle loro caratteristiche, essere considerate rientranti nella categoria dei «diritti analoghi» ai sensi della disposizione in parola.

2.      Sulla natura giuridica delle quote di emissioni di gas a effetto serra

42.      A norma dell’articolo 3, lettera a), della direttiva 2003/87, una quota di emissioni di gas a effetto serra autorizza a emettere una tonnellata di biossido di carbonio equivalente per un periodo determinato.

43.      Occorre osservare che i terzi che non dispongono di una siffatta quota sono privi di tale diritto. Il suo valore economico è quindi innegabile, posto che solo i soggetti in possesso delle autorizzazioni derivanti dalle quote possono esercitare le attività elencate nell’allegato I della direttiva 2003/87. La quota è quindi una condizione affinché l’impresa possa continuare a creare valore aggiunto. Il diritto di emettere biossido di carbonio equivalente che ne deriva può inoltre essere liberamente trasferito e negoziato nell’ambito della procedura prevista a tal fine.

44.      Il trasferimento di quote di emissioni di gas a effetto serra costituisce una prestazione di servizi ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 1, della direttiva IVA (l’operazione considerata nel caso di specie consiste nella «cessione di beni immateriali» (9), ossia del diritto – rappresentato da un titolo – di emettere una certa quantità di CO2 per un periodo determinato).

45.      Come sottolineato dal governo tedesco, l’oggetto del trasferimento è, quindi, il diritto di emissione accordato con la quota.

46.      La direttiva 2003/87 non fornisce peraltro alcuna indicazione circa la natura giuridica di dette quote (10). Non solo, come osservato supra, la Corte non ha ancora avuto modo di pronunciarsi al riguardo.

47.      Per quanto attiene alla direttiva 2003/87, infatti, «[m]uch debate on emissions trading concerns the legal basis of the scheme and its implementation into existing legal systems. The legal nature of allowances is a very controversial issue, as the [Directive 2003/87] does not contain any mention of it. Nevertheless allowances have aspects of both administrative grants or licences and of private property and it is understood that different conclusions as to their legal nature have already been reached in certain Member States» e «it is also discussed if emission allowances may be defined as intangible goods instead of concessions» (11).

48.      Peraltro, «[t]he treatment of the quotas under tax law, accounting standards and financial services regulation is particularly relevant, as if it differs among countries, it may seriously affect the development of the emissions trading market» e «[w]ith regard to the tax regime applicable to emission allowances, currently there are no authoritative accounting pronouncements in either International Financial Reporting Standards (IFRS) or United States Generally Accepted Accounting Principles (US GAAP) that specifically address accounting for emissions trading schemes. Both the International Financial Reporting Interpretations Committee (IFRIC) and the Emerging Issues Task Force (EITF) have considered accounting for emissions trading schemes, but in practice no guidance has been implemented» (12).

49.      La dottrina ha fornito interpretazioni diverse della natura giuridica delle quote di emissioni di gas a effetto serra (13). Secondo il legislatore francese, ad esempio, le quote di emissioni sono beni mobili rappresentati esclusivamente dall’iscrizione nel conto del titolare (14). In Belgio non esiste una definizione legale della natura giuridica delle quote, ma esse sono considerate beni mobili immateriali (15). La dottrina belga ha talvolta considerato (16) le quote come strumenti finanziari, posto che per i prodotti finanziari derivati esiste un mercato secondario fondato sulle quote.

50.      A mio avviso, le quote di emissioni di gas a effetto serra devono essere considerate quali beni mobili immateriali cui è collegato un diritto di proprietà regolamentato.

51.      Le caratteristiche di detto diritto di proprietà sono, segnatamente, le seguenti: i) si tratta di un diritto valutabile in denaro (il prezzo delle quote cedibili può variare in funzione dell’offerta e della domanda sul mercato); ii) l’usus (si tratta di un diritto che può essere utilizzato posto che permette al titolare di svolgere un’attività industriale); iii) l’abusus (si tratta di un diritto trasferibile per contratto ad altro titolare). Costituisce, inoltre, un diritto soggetto ad iscrizione in un registro pubblico (la direttiva 2003/87 prevede tale obbligo in capo agli Stati membri e ai titolari del diritto per garantire l’opponibilità ai terzi e la coerenza del sistema delle quote). Si tratta, infine, di un diritto limitato nel tempo (17) (in quanto tutte le quote sono destinate a estinguersi per compensazione con le emissioni reali o per richiesta di distruzione presentata dal titolare).

3.      Sulla comparabilità delle quote di emissioni con i diritti di proprietà intellettuale

52.      Per quanto attiene alle prestazioni di servizi, occorre far riferimento anzitutto alle disposizioni specifiche degli articoli 44 e seguenti (titolo V, capo 3, sezione 2) della direttiva IVA. Solo ove tali disposizioni non trovino applicazione la sede dell’attività economica del prestatore deve, in conformità dell’articolo 43 della direttiva IVA, essere considerata come il luogo della prestazione dei servizi (si tratterebbe, nel caso di specie, della sede della società «E» in Germania).

53.      Come osservato dal Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia), per quanto riguarda la cessione dei diritti, rileva l’applicazione dell’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA. In base a detto articolo, nella specie, il luogo della prestazione di servizi sarà, in linea di principio, il luogo in cui ha sede l’attività economica del destinatario, ossia – nel caso in esame – la società I in Lussemburgo.

54.      Ritengo (al pari della Commissione) che la prima condizione posta dalla disposizione de qua, secondo cui deve trattarsi di prestazioni di servizi fornite a soggetti passivi stabiliti in uno Stato membro diverso da quello del prestatore, sia indubbiamente soddisfatta, posto che il prestatore si trova in Germania e il destinatario in Lussemburgo. Lo stesso vale per la seconda condizione, ossia che la prestazione di servizi consista in «cessioni e concessioni» di determinati diritti. A tal proposito, occorre respingere l’argomento sollevato da A all’udienza, ossia che i diritti citati nell’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA come gli «altri diritti analoghi» dovrebbero poter essere oggetto sia di cessione che di concessione, il che non si verifica per le quote di emissioni che possono essere solo cedute. Infatti, l’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA prende in considerazione le due ipotesi che non sono cumulative. Peraltro, come osservato dal Procuratore generale della Repubblica federale presso la Corte federale di giustizia, in Germania e in Austria, il diritto d’autore non può essere ceduto (è ammessa solo una licenza).

55.      Ciò ci conduce alla terza condizione, quella che impone che le quote ai sensi dell’articolo 3, lettera a), della direttiva 2003/87 costituiscano «altri diritti analoghi» ai «diritti d’autore, brevetti, diritti di licenza, marchi di fabbrica e di commercio». Il termine «analoghi» è qui importante, in quanto la tesi sostenuta da A si risolve nel sostenere che i diritti in esame devono essere «identici», esigenza questa che evidentemente non è enunciata nell’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA.

56.      Dal rinvio pregiudiziale emerge che il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia) è incline a ritenere che la condizione di cui trattasi sia anch’essa soddisfatta e osserva che tutte le parti del procedimento dinanzi alla Corte (esclusi A e B) concordano al riguardo.

57.      Secondo il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia), la tesi secondo cui il diritto rappresentato dalla quota di emissioni costituirebbe un «altro diritto analogo» ai sensi dell’articolo 3a, paragrafo 4, punto 1, dell’UStG e, quindi, anche ai sensi dell’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA, corrisponde anzitutto alla posizione, ad oggi unanime in Germania, della dottrina (18), dell’amministrazione finanziaria (19) e della giurisprudenza (20).

58.      Condivido tale posizione che mi sembra conforme alla ratio e alla finalità dell’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA, anche se le operazioni giuridiche espressamente citate nell’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA riguardano la protezione della proprietà intellettuale e industriale (21), mentre le quote oggetto della direttiva 2003/87 costituiscono un’autorizzazione rilasciata dallo Stato o dalle autorità pubbliche a emettere gas a effetto serra (22) e ciò per le ragioni che seguono.

59.      In primis, dalla formulazione della disposizione de qua risulta chiaramente che l’elencazione ivi contenuta è esemplificativa e non limitativa. Il legislatore dell’Unione ha manifestamente scelto di non limitare i diritti menzionati nella disposizione in parola ai soli diritti di proprietà industriale o alla proprietà intellettuale in generale;

60.      In secondo luogo, ritengo (in linea con il Procuratore generale della Repubblica federale presso la Corte federale di giustizia) che l’elenco sia, evidentemente, non omogeneo: con «diritti di licenza» esso intende un complesso di diversi diritti di sfruttamento i quali possono discostarsi dai diritti di protezione intellettuale espressamente menzionati. Possono peraltro ivi aversi licenze su diritti diversi dal diritto d’autore o dai diritti attribuiti da un brevetto o da un marchio.

61.      In terzo luogo, il fatto che le disposizioni applicabili alle quote di emissioni di gas a effetto serra sono diverse da quelle applicabili ai diritti espressamente citati nell’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA è irrilevante. Lo stesso vale peraltro per detti diritti: i marchi e i brevetti devono essere registrati, mentre il diritto d’autore trae origine dalla creazione dell’opera protetta. La rispettiva durata è inoltre variabile. In realtà, l’elemento determinante non è la comparabilità dei diritti in quanto tali, ma quella del loro trasferimento (cessione o concessione). Si tratta infatti del criterio comune che permette l’imposizione armonizzata dei volumi d’affari; una prestazione di servizi imponibile ai sensi della direttiva può aversi solo in presenza di un trasferimento e, in un tal caso, deve essere determinato il luogo della prestazione (23).

62.      Ad un esame più attento si rinvengono peraltro analogie importanti tra la proprietà industriale e le quote di emissioni:

a)     entrambi sono diritti protetti, rappresentati da un titolo che il titolare può trasferire a terzi (posto che solo il titolare di una quota può emettere una tonnellata di biossido di carbonio equivalente per un periodo determinato (24));

b)     come osservato dal Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia) nella domanda di pronuncia pregiudiziale (25), entrambi si caratterizzano per il fatto che il legislatore riconosce al rispettivo titolare un diritto assoluto nel senso che quest’ultimo ha il potere esclusivo di utilizzare e sfruttare il diritto de quo e di escluderne i terzi, anche se la proprietà intellettuale presenta tutte le caratteristiche di un diritto di proprietà, ovvero usus, fructus e abusus, mentre il diritto di proprietà delle quote di emissioni non può produrre frutti civili (fructus, mediante concessione di una licenza);

c)     le due categorie contengono diritti valutabili in denaro, poiché il valore dei diritti d’autore, dei brevetti e dei marchi, come il valore delle quote di emissioni, sono determinati dal gioco della domanda e dell’offerta sul mercato;

d)     taluni diritti di proprietà intellettuale sono oggetto, al pari delle quote di emissioni, di registrazione in un pubblico registro. Il carattere esclusivo del diritto di sfruttamento nasce dalla chiara assegnazione nel registro degli scambi delle quote di emissioni. Le quote di emissioni di gas a effetto serra sono chiaramente identificati in via elettronica e possono figurare unicamente sul conto di un titolare di conto. Di conseguenza, solo quest’ultimo ha la possibilità di disporre della quota di emissioni, utilizzandola per adempiere i propri obblighi di restituzione (in base alla normativa in materia di scambio di quote di emissioni) o cedendola e trasferendola sul conto di un altro titolare di conto;

e)     le due categorie di diritti sono soggette a limitazione temporale, anche se la «durata della vita» del diritto di proprietà intellettuale è più lunga;

f)     non solo, nei due casi, dopo il trasferimento, il titolare del diritto non è più autorizzato a utilizzarlo. Di conseguenza, il titolare trae un vantaggio economico dal trasferimento delle proprie quote di emissioni di gas a effetto serra e detto trasferimento può essere paragonato, dal punto di vista dell’IVA, alla cessione di brevetti, marchi, licenze o diritti d’autore.

63.      In quarto luogo, come osserva la Commissione, la questione se un determinato diritto presenti un’analogia con i diritti menzionati nell’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA dev’essere anzitutto chiarita alla luce della ratio e della finalità di tale disposizione. Da una lettura sinottica dei considerando 4, 10, 17, 19, 20, 22 e 23 e degli articoli 45, 52, 53, 55 e 56 della direttiva IVA risulta che, al fine di evitare distorsioni della concorrenza sul mercato interno delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi intracomunitari a favore di soggetti passivi, occorre applicare, per quanto possibile, il principio del paese di destinazione, ossia l’imposizione deve avvenire nello Stato membro del destinatario della cessione o del servizio. Tale prassi corrisponde così al principio stesso dell’IVA quale imposta generale sui consumi (26), riscossa, in linea di principio, nel luogo del consumo.

64.      Dalla ratio legis dell’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA si evince che, per stabilire se una posizione giuridica sia «analoga», occorre quindi sapere se, al momento del trasferimento, l’applicazione del principio del paese di destinazione costituisca o meno un problema. Nel caso dei diritti iscritti in un registro pubblico, l’acquirente, la sua sede e, di conseguenza, il paese di destinazione possono essere determinati agevolmente e con grande certezza giuridica. Lo stesso vale per le quote di emissioni di gas a effetto serra. Può quindi essere riservato loro un identico trattamento in materia di IVA.

65.      Benché le quote di emissioni non presentino la stessa finalità di un diritto di proprietà intellettuale (tutelare un’attività creativa dell’Uomo), ritengo che debba essere riconosciuta la comparabilità delle suddette due categorie ai fini dell’articolo 56 della direttiva IVA.

66.      A tal riguardo, ciò che rileva ai fini del trattamento fiscale è la capacità dei diritti in esame di creare valore aggiunto. Tale condizione è soddisfatta nel caso di specie, poiché, con il trasferimento delle quote o le cessioni dei diritti di brevetto o d’autore, il titolare esercita il suo diritto di disposizione a fronte della corresponsione di un determinato prezzo.

4.      La giurisprudenza della Corte

67.      Anche se l’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA non è ancora stato oggetto di un’interpretazione giurisprudenziale, possiamo ispirarci al fatto che la Corte ha tuttavia avuto modo di interpretare altri punti dello stesso paragrafo.

68.      Nella sentenza del 16 settembre 1997, von Hoffmann (C-145/96, EU:C:1997:406), la Corte ha interpretato, nell’ambito di un rinvio pregiudiziale, il contenuto dell’articolo 9, paragrafo 2, lettera e), della sesta direttiva 77/388 (27). La Corte ha ivi analizzato se le prestazioni di arbitrato ricadessero nell’ambito di applicazione della nozione di «altre prestazioni analoghe» paragonabili ai servizi erogati da avvocati o consulenti.

69.      Benché l’avvocato generale Fennelly avesse suggerito alla Corte di interpretare la nozione in modo estensivo, dando particolare rilievo al fatto che non era necessario applicare il principio interpretativo fondato sull’identità di genere in quanto una tale situazione non sarebbe conforme all’economia e all’oggetto della sesta direttiva (28), la Corte non ha aderito a tale interpretazione.

70.      Nella sentenza la Corte ha sottolineato che:

–        il legislatore comunitario non si è riferito alle professioni, ma alle prestazioni, posto che le professioni sono menzionate nella disposizione de qua solo come punto di riferimento per definire le categorie di prestazioni ivi contemplate (29);

–        l’espressione «altre prestazioni analoghe» si riferisce non ad alcuni elementi comuni delle attività eterogenee ricordate nell’articolo 9, paragrafo 2, lettera e), terzo trattino, della sesta direttiva 77/388, bensì a prestazioni analoghe rispetto a ciascuna di dette attività, considerate separatamente (30);

–        una prestazione deve ritenersi analoga a una delle attività menzionate in detto articolo allorché entrambe perseguono la stessa finalità (31).

71.      Undici anni dopo, con la sentenza del 6 novembre 2008, Kollektivavtalsstiftelsen TRR Trygghetsrådet (C-291/07, EU:C:2008:609), la Corte ha chiarito la giurisprudenza succitata.

72.      La causa riguardava l’interpretazione della medesima disposizione, già oggetto della sentenza von Hoffmann (C-145/96, EU:C:1997:406). Una fondazione di diritto svedese svolgeva sia attività economiche sia attività di altra natura e la questione che si poneva era legata alle conseguenze fiscali di determinati servizi di consulenza di cui la fondazione intendeva avvalersi per le sole attività non ricomprese nel campo di applicazione della direttiva IVA.

73.      Al punto 24 della sentenza, la Corte ha rammentato l’obiettivo delle regole che determinano il luogo di collegamento fiscale delle prestazioni di servizi che è quello di evitare, da un lato, conflitti di competenza idonei a portare a doppie imposizioni e, dall’altro, il mancato assoggettamento ad imposta di cespiti. La Corte ha poi proseguito il proprio ragionamento interpretando in via teleologica la disposizione de qua, sottolineando che l’articolo 9, paragrafo 2, lettera e) (32) non precisava se la sua applicazione fosse soggetta alla condizione che il soggetto passivo beneficiario di una prestazione di servizi utilizzasse tale prestazione per il fabbisogno della sua attività economica (33).

74.      La Corte ha inoltre aggiunto che tale interpretazione:

–        si concilia con l’obiettivo perseguito dall’articolo in questione che è quello di una norma di conflitto intesa ad evitare i rischi di doppie imposizioni e di non imposizione (34);

–        è conforme agli obiettivi e alle regole di funzionamento del regime comunitario dell’IVA, in quanto assicura che il consumatore finale della prestazione di servizi sopporti il costo finale dell’IVA dovuta (35);

–        è conforme anche al principio della certezza del diritto e consente di ridurre l’onere gravante sui commercianti operanti in tutto il mercato unico nonché di facilitare la libera circolazione dei servizi (36).

75.      Tale interpretazione estensiva è stata confermata dalla Corte in una causa vertente sull’esenzione delle operazioni di gestione patrimoniale tramite valori mobiliari. Al punto 54 della sentenza del 19 luglio 2012, Deutsche Bank (C-44/11, EU:C:2012:484), la Corte ha sottolineato quanto segue:

«Dal momento che la gestione di portafoglio effettuata dalla Deutsche Bank nella controversia principale è una prestazione di natura finanziaria e che l’articolo 56, paragrafo 1, lettera e), della direttiva [IVA] non può ricevere un’interpretazione restrittiva (v., in tal senso, sentenze del 26 settembre 1996, Dudda, C-327/94, EU:C:1996:355, punto 21, nonché [del 27 ottobre 2005] Levob Verzekering o OV Bank, C-41/04, EU:C:2005:649, punto 34 e giurisprudenza ivi citata), occorre dichiarare che tale attività, in quanto operazione finanziaria, rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 56, paragrafo 1, lettera e), della direttiva [IVA]» (il corsivo è mio).

76.      In quest’ultima sentenza, Levob Verzekeringen e OV Bank (C-41/04, EU:C:2005:649), la Corte era chiamata a pronunciarsi sul luogo di riferimento fiscale delle «prestazioni fornite da consulenti, ingegneri, uffici studi, avvocati, periti contabili ed altre prestazioni analoghe» e ha indicato che la disposizione applicabile della direttiva riguardava non «professioni, come quelle di avvocato, di consulente, di perito contabile o di ingegnere, ma le prestazioni effettuate da tali professionisti e quelle ad esse analoghe» (37).

77.      Tale interpretazione teleologica delle disposizioni in questione è peraltro conforme al principio generale di interpretazione del diritto dell’Unione come espresso dalla Corte nella sentenza Cilfit e a. (38). A tal riguardo, ogni disposizione di diritto dell’Unione va ricollocata nel proprio contesto e interpretata alla luce dell’insieme delle disposizioni del suddetto diritto, delle sue finalità e del suo stadio di evoluzione al momento in cui va data applicazione alla disposizione di cui trattasi.

78.      Riferiti alla causa in esame, i principi che si evincono dalla giurisprudenza richiamata portano alla conclusione che le quote di emissioni ricadono nella categoria degli «altri diritti analoghi» menzionati nell’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA. Non solo il diritto che essi conferiscono è comparabile, dal punto di vista delle sue caratteristiche, con i diritti di proprietà intellettuale, ma tale interpretazione risulta parimenti compatibile con l’obiettivo specifico dell’articolo 56, ossia di evitare la doppia imposizione e il rischio di non imposizione.

79.      Considerato che l’utilizzo dei diritti di emissione conferiti dalle quote si verifica di norma nel luogo in cui chi ha acquistato le quote esercita la sua attività economica e l’acquirente stesso gestisce un impianto per le cui emissioni le quote devono essere restituite o rivendute, l’applicazione dell’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA conduce quindi a un risultato razionale dal punto di vista fiscale, dal momento che i servizi di cui trattasi sono assoggettati al regime IVA dello Stato membro sul cui territorio le persone che hanno acquistato le quote esercitano la loro attività economica (39).

5.      Sulle prassi negli Stati membri

80.      Quest’aspetto merita di essere analizzato non solo perché, nel corso del procedimento dinanzi alla Corte, la Repubblica federale di Germania ha sostenuto che tutti gli altri Stati membri avevano adottato la sua stessa posizione, ma anche perché – in mancanza di una diversa interpretazione negli Stati che possa meglio corrispondere all’obiettivo del regime IVA in generale, e dell’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA, in particolare, – potrebbe confermare la mia tesi.

a)      La posizione del comitato consultivo dell’IVA

81.      Il comitato consultivo dell’IVA, istituito in forza dell’articolo 398 della direttiva IVA e composto da rappresentanti degli Stati membri e della Commissione, è arrivato alla medesima conclusione.

82.      In linea con la proposta della Commissione, il comitato consultivo dell’IVA ha ritenuto che le quote di emissioni disciplinate dalla direttiva 2003/87 ricadano nella sfera di applicazione dell’articolo 9, paragrafo 2, lettera e), della sesta direttiva. Il contenuto della suddetta disposizione corrisponde in larga misura a quello dell’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA.

83.      Il 14 ottobre 2004 il comitato ha adottato i seguenti orientamenti:

«Le delegazioni concordano all’unanimità che i trasferimenti di quote di emissioni di gas a effetto serra, menzionate all’articolo 12 della direttiva 2003/87/CE (...), effettuate a titolo oneroso da un soggetto passivo, costituiscono prestazioni di servizi imponibili a fini IVA che ricadono nell’ambito di applicazione dell’articolo 9, paragrafo 2, lettera e), della direttiva 77/388/CEE. Ai suddetti trasferimenti di quote non si applica nessuna delle esenzioni previste nell’articolo 13 della direttiva 77/388/CEE» (il corsivo è mio).

b)      La prassi degli Stati membri

84.      Nella grande maggioranza degli Stati membri (21 dei 25 (40) ordinamenti giuridici esaminati), alle quote di emissioni di gas a effetto serra si applica una disposizione nazionale corrispondente all’articolo 56, paragrafo 1, della direttiva IVA. Tale constatazione si fonda sugli atti nazionali che si conformano agli orientamenti emessi dal comitato consultivo dell’IVA nel 2004 (41).

85.      In tale contesto, va osservato che in due Stati membri (Estonia e Slovacchia) le cessioni di quote di emissioni di gas a effetto serra sono state previste espressamente in un punto distinto nella legge nazionale di attuazione dell’articolo 56, paragrafo 1, della direttiva IVA.

86.      In molti altri Stati membri (Belgio, Bulgaria, Repubblica ceca, Irlanda, Francia (42), Lituania, Ungheria, Austria, Slovenia, Finlandia (43), Svezia, Regno Unito), le amministrazioni competenti hanno emesso pareri o circolari affinché le cessioni di dette quote siano considerate ricomprese nella disposizione nazionale corrispondente all’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA.

87.      In altri tre Stati membri (Spagna, Italia (44), Polonia), dalle prassi amministrative in forma di decisioni individuali adottate dalle amministrazioni finanziarie risulta che le cessioni delle quote di gas a effetto serra sono state equiparate a transazioni per le quali il luogo delle prestazioni è quello in cui il destinatario è stabilito.

88.      Infine, in altri quattro Stati membri, vi sono lavori preparatori (Danimarca, Lussemburgo, Paesi Bassi) o corrispondenza tra i Ministeri (Lettonia) da cui emerge una posizione analoga.

89.      A questo proposito, è importante sottolineare che, mentre in taluni ordinamenti giuridici le cessioni di quote sono state espressamente classificate come «diritti analoghi» (Italia, Paesi Bassi, Slovenia, Finlandia, Svezia), in altri tali cessioni di quote di emissioni sono state semplicemente qualificate come rientranti nella disposizione nazionale corrispondente all’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA, senza precisare alcunché circa la categoria specifica cui dette quote sono riconducibili (Belgio, Bulgaria, Repubblica ceca, Danimarca, Germania, Irlanda, Spagna, Francia, Italia, Lettonia, Lussemburgo, Ungheria, Austria, Polonia, Regno Unito), o precisando una categoria specifica «cessione di quote di emissioni di gas a effetto serra» (Estonia, Slovacchia) diversa dalle categorie espressamente enunciate nella suddetta lettera a) dell’articolo 56, paragrafo 1, della direttiva IVA.

90.      Occorre peraltro osservare che nei vari Stati membri la giurisprudenza relativa alla questione della determinazione del luogo di imposizione delle cessioni di quote di emissioni di gas a effetto serra risulta, prima del 2010, scarsa.

91.      Per gli altri ordinamenti giuridici (Grecia, Cipro, Malta, Romania), non è stato possibile individuare se e/o come siano classificate le cessioni di quote di emissioni di gas a effetto serra ai fini dell’IVA e, quindi, quale sia il luogo della prestazione rispetto a dette cessioni.

92.      Dalle suesposte considerazioni risulta che la nozione di «altri diritti analoghi» contenuta nell’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA dev’essere interpretata nel senso che essa ricomprende parimenti le quote di emissioni di gas a effetto serra.

V –    Conclusione

93.      Alla luce dei suesposti motivi e ricordando che la regola generale è ormai quella secondo cui il luogo della prestazione di servizi è quello in cui è stabilito il destinatario, suggerisco alla Corte di rispondere alla questione pregiudiziale sollevata dal Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia, Germania) nei seguenti termini:

La nozione di «altri diritti analoghi» contenuta nell’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, dev’essere interpretata nel senso che comprende anche le quote di cui all’articolo 3, lettera a), della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio.


1 –      Lingua originale: il francese.


2 –      Le Bars, B., «La nature juridique des quotas d’émission de gaz à effet de serre après l’ordonnance du 15 avril 2004, Réflexions sur l’adaptabilité du droit des biens», La Semaine juridique, Édition générale n. 28, 7 luglio 2004, doctr. 148 (traduzione libera).


3 –      Direttiva del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1), nel testo vigente nel 2009 (in prosieguo: la «direttiva IVA»).


4 –      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 ottobre 2003, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio (GU L 275, pag. 32).


5 –      Direttiva del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU 1977, L 145, pag. 1).


6 –      Direttiva del Consiglio, del 12 febbraio 2008, che modifica la direttiva 2006/112/CE per quanto riguarda il luogo delle prestazioni di servizi (GU 2008, L 44, pag. 11).


7 –      Direttiva del Consiglio, del 16 marzo 2010, recante modifica della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto per quanto concerne l’applicazione facoltativa e temporanea del meccanismo dell’inversione contabile alla prestazione di determinati servizi a rischio di frodi (GU 2010, L 72, pag. 1). Il considerando 3 della direttiva 2010/23 qualifica il trasferimento di quote di emissioni come «particolarmente espost[o] alle frodi».


8 –      Direttiva del Consiglio, del 22 luglio 2013, che modifica la direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto con riguardo all’applicazione facoltativa e temporanea del meccanismo dell’inversione contabile alla cessione di determinati beni e alla prestazione di determinati servizi a rischio di frodi (GU 2013, L 201, pag. 4).


9 –      Articolo 25, lettera a), della direttiva IVA.


10 –      Per quanto attiene al trattamento fiscale, si veda la relazione redatta per la Commissione (direzione generale «Fiscalità e unione doganale») da Copenhagen Economics, Tax treatment of ETS allowances, Options for improving transparency and efficiency, ottobre 2010.


11 –      Gran parte del dibattito sullo scambio delle quote di emissioni verte sul fondamento normativo di detto sistema e sulla sua attuazione nell’ambito dei sistemi giuridici esistenti. La natura giuridica delle quote di emissioni è un problema molto controverso, atteso che la direttiva 2003/87 non contiene alcuna indicazione al riguardo. Tuttavia, le quote presentano caratteristiche sia delle concessioni o licenze amministrative che della proprietà privata e taluni Stati membri sono giunti apparentemente a conclusioni diverse quanto a detta natura giuridica. La discussione verte anche sulla questione se le quote di emissioni possano essere definite come beni immateriali (e non licenze amministrative) (traduzione libera). V. Colangelo, M., Creating property rights, Law and Regulation of Secondary Trading in the European Union, Martinus Nijhoff, 2012, pagg. 162 e 165 (che si richiama a Jacometti, V., Lo scambio di quote di emissione. Analisi di un nuovo strumento di tutela ambientale in prospettiva comparatistica, Milano, Giuffrè, 2010).


12 –      Il trattamento delle quote di emissioni nella normativa tributaria, nelle disposizioni in materia contabile e nella disciplina della regolamentazione dei servizi finanziari è particolarmente rilevante, poiché, se divergesse a seconda dei paesi, potrebbe nuocere gravemente allo sviluppo del mercato delle quote di emissioni. Per quanto attiene al regime fiscale applicabile alle quote di emissione, non vi sono attualmente dichiarazioni vincolanti delle autorità competenti in materia contabile né negli «International Financial Reporting Standards (IFRS)», né negli «United States Generally Accepted Accounting Principles (US GAAP)», che abbiano affrontato specificamente gli aspetti contabili dei sistemi delle quote di emissioni. Sia l’International Financial Reporting Interpretations Committee (IFRIC) che l’Emerging Issues Task Force (EITF) hanno esaminato gli aspetti contabili dei sistemi di quote di emissioni ma, in pratica, non è stato fissato alcun orientamento (traduzione libera), Colangelo, opera cit., pagg. 169 e 170.


13 –      V. Le Bars, B., «La nature juridique des quotas d’émission de gaz à effet de serre après l’ordonnance du 15 avril 2004, Réflexions sur l’adaptabilité du droit des biens», La Semaine juridique, Edition générale n. 28, 7 luglio 2004, doctr. 148; Richelle, I., «Emission Trading: Accounting Tax Regime in Belgium», Bulletin for International Taxation, Agosto/Settembre 2008, pagg. da 414 a 421 [v. altresì Richelle, I., «Emission trading: accounting and tax aspects», in Lang, M., e Vanistendael, F. (a cura di), Accounting and Taxation & Assessment of ECJ Case Law, EATLP International Tax Series, 2007, vol. 5].


14 –      V. articolo L-229-18-II del code de l’environnement [codice dell’ambiente], introdotto con l’ordinanza del 15 aprile 2004.


15 –      V. Richelle, I., op. cit. pag. 418.


16 –      V. Richelle, I., op. cit. pag. 416.


17 –      Non si tratta di un termine di prescrizione, ma di un termine legato all’esistenza del diritto stesso.


18 –      V. KüffnerlStöcker/Zugmaier, UStG, 114. Lfg., § 3a Rn. 121; Meyer-Holiatz/Nagel/Krüger in Elspas/Salje/Stewing, Emissionshandel, Kap. 45 Rn. 3 f.; Adam/Hentschke/Kopp-Assenmacher, Handbuch des Emissionshandelsrechts, Kap. 8.7.


19 –      V. BMF-Schreiben del 2 febbraio 2005, BStBI. I 2005, 494.


20 –      V. sentenza del 21 giugno 2013, FG Düsseldorf, 1 K 2550/11 U, juris.


21 –      È interessante osservare qui che, a norma dell’articolo 7 del regolamento (CE) n. 1777/2005 del Consiglio, del 17 ottobre 2005, recante disposizioni di applicazione della direttiva 77/388 (GU 2005, L 288, pag. 1), qualora un organismo stabilito in un paese terzo effettui la concessione di diritti di ritrasmissione televisiva di partite di calcio nei confronti di soggetti passivi stabiliti nella Comunità, tale operazione è assimilata ai diritti di proprietà intellettuale succitati.


22 –      V. articoli 4 e segg. e 13 della direttiva 2003/87. Le emissioni di gas a effetto serra generate da un’attività ai sensi della direttiva 2003/87 richiedono un’autorizzazione che il gestore di un impianto può esigere alle condizioni fissate nell’articolo 6 della direttiva in parola. Nell’ambito del sistema di scambio delle quote di emissioni dell’Unione europea, i gestori degli impianti devono restituire ogni anno un numero di quote di emissioni di gas a effetto serra corrispondenti alle loro emissioni effettive. Il gestore, se riduce le emissioni del suo impianto, può vendere sul mercato le quote di emissioni di cui non ha più bisogno. Nel caso opposto, deve acquistare quote di emissioni al fine di adempiere il suo obbligo di restituzione. Il gestore dell’impianto che non adempie tale obbligo di restituzione è soggetto a sanzioni finanziarie.


23 –      Tale determinazione non è, evidentemente, necessaria per i trasferimenti esenti [v., ad esempio, articolo 135, paragrafo 1, lettere f) e da j) a l), della direttiva IVA].


24 –      V. articolo 3, lettera a), della direttiva 2003/87.


25 –      V. punti 29 e segg.


26 –      V. articolo 1, paragrafo 2, della direttiva IVA.


27 –      Che corrisponde al contenuto dell’attuale articolo 56, paragrafo 1, lettera c), della direttiva IVA.


28 –      V. le sue conclusioni nella causa Hoffmann (C-145/96, EU:C:1997:218, paragrafi 17 e 23).


29 –      V. sentenza del 16 settembre 1997, von Hoffmann (C-145/96, EU:C:1997:406, punto 15).


30 –      V. sentenza del 16 settembre 1997, von Hoffmann (C-145/96, EU:C:1997:406, punto 20).


31 –      V. sentenza del 16 settembre 1997, von Hoffmann (C-145/96, EU:C:1997:406, punto 21).


32 –      Attualmente, articolo 56, paragrafo 1, lettera c), della direttiva IVA.


33 –      V. sentenza del 6 novembre 2008, Kollektivavtalsstiftelsen TRR Trygghetsrådet (C-291/07, EU:C:2008:609, punto 28).


34 –      V. sentenza del 6 novembre 2008, Kollektivavtalsstiftelsen TRR Trygghetsrådet (C-291/07, EU:C:2008:609, punto 30). Secondo consolidata giurisprudenza della Corte, l’obiettivo delle disposizioni che stabiliscono il luogo di collegamento fiscale delle prestazioni di servizi consiste nell’evitare, da un lato, conflitti di competenza da cui possano derivare doppie imposizioni e, dall’altro, la mancata imposizione di introiti (sentenza del 30 aprile 2015, SMK, C-97/14, EU:C:2015:290).


35 –      V. sentenza dell’8 novembre 2008, Kollektivavtalsstiftelsen TRR Trygghetsrådet (C-291/07, EU:C:2008:609, punto 32).


36 –      V. sentenza dell’8 novembre 2008, Kollektivavtalsstiftelsen TRR Trygghetsrådet (C-291/07, EU:C:2008:609, punto 33).


37 –      Sentenza del 27 ottobre 2005, Levob Verzekeringen e OV Bank (C-41/04, EU:C:2005:649, punto 37).


38 –      V. sentenza del 6 ottobre 1982, Cilfit e a. (283/81, EU:C:1982:335, punto 20).


39 –      V., in tal senso, sentenza del 12 maggio 2005, RAL (Channel Islands) e a. (C-452/03, EU:C:2005:289, punto 33).


40 –      Evidentemente, non è stato esaminato il sistema tedesco; non abbiamo avuto a disposizione i dati per esaminare il sistema giuridico portoghese, mentre la Repubblica di Croazia, nel 2009, non era ancora membro dell’Unione.


41 –      Per una lista degli orientamenti concordati dal comitato consultivo dell’IVA, si veda il sito Internet al seguente indirizzo: http://ec.europa.eu/taxation_customs/sites/taxation/files/docs/body/guidelines-vat-committee-meetings_fr.pdf.


42 –      Osservo che in Francia – paese da cui proviene la domanda di orientamenti del comitato consultivo dell’IVA sulle quote di emissioni di gas a effetto serra dal punto di vista dell’IVA – nel giugno 2009 si è deciso di esentare temporaneamente le cessioni delle suddette quote dall’IVA in quanto operazioni su titoli.


43 –      La dottrina finlandese riconosce che non era chiaro che tutti gli Stati membri aderissero a tale punto di vista, mentre in Belgio si parlava piuttosto di «consenso».


44 –      Occorre osservare che il procedimento dinanzi all’amministrazione finanziaria italiana riguardava un acquirente di quote di emissioni di gas a effetto serra stabilito in Svizzera.