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Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

M. CAMPOS SÁNCHEZ-BORDONA

presentate il 13 dicembre 2016 (1)

Causa C-571/15

Wallenborn Transports SA

contro

Hauptzollamt Gießen

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Hessisches Finanzgericht (Tribunale tributario dell’Assia, Germania)]

«Fiscalità – IVA – Traffico internazionale di beni – Luogo delle operazioni imponibili – Trasporto di merci attraverso un porto franco situato in uno Stato membro – Normativa di tale Stato membro che esclude i porti franchi dal territorio nazionale – Insorgenza dell’obbligazione doganale ed esigibilità dell’IVA in caso di sottrazione al controllo doganale»





1.        Lo Hessisches Finanzgericht (Tribunale tributario dell’Assia) solleva una questione che riunisce interesse teorico e importanza pratica. Si tratta, in poche parole, di sapere quali siano le conseguenze sull’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») all’importazione derivanti dalla circostanza che la legge tedesca qualifichi determinate zone franche come «territorio estero». Sostanzialmente, il giudice del rinvio chiede se, in linea generale, l’ingresso di una merce in una delle zone franche in parola escluda l’entrata di tale merce nel territorio dell’Unione e, di conseguenza, il fatto generatore dell’IVA all’importazione.

2.        La controversia sorge perché un obbligato fiscale contesta l’IVA all’importazione applicatagli dall’amministrazione tedesca contestualmente ai dazi doganali dovuti ai sensi dell’articolo 203, paragrafo 1, del codice doganale comunitario (2), vale a dire a causa della sottrazione al controllo doganale di una merce in relazione alla quale il regime doganale (transito) non era stato correttamente appurato. Poiché il fatto generatore dell’obbligazione doganale si è verificato in una zona franca (il porto di Amburgo) che la legge nazionale non considera «territorio nazionale», per quanto concerne l’IVA, il giudice a quo chiede se la merce sia stata importata o no e, pertanto, se sia dovuta l’IVA all’importazione.

I –    Contesto normativo

A –    Diritto dell’Unione

1.            Direttiva 2006/112/CE (3)

3.        Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, «[s]ono soggette all’IVA le operazioni seguenti: (...) d) le importazioni di beni».

4.        L’articolo 5 così recita:

«Ai fini dell’applicazione della presente direttiva, si intende per:

1)      “Comunità” e “territorio della Comunità”, l’insieme dei territori degli Stati membri quali definiti al punto 2):

2)      “Stato membro” e “territorio di uno Stato membro”, il territorio di ciascuno Stato membro della Comunità cui si applica il trattato che istituisce la Comunità europea, conformemente all’articolo 299, esclusi il territorio o i territori menzionati all’articolo 6 della presente direttiva;

3)      territori terzi”, i territori che sono menzionati all’articolo 6;

4)      “paese terzo”, ogni Stato o territorio cui non si applica il trattato».

5.        L’articolo 6 così recita:

«1.      La presente direttiva non si applica ai seguenti territori, che fanno parte del territorio doganale della Comunità:

a)      Monte Athos;

b)      isole Canarie;

c)      dipartimenti francesi d’oltremare;

d)      isole Åland;

e)      isole Anglo-Normanne.

2.      La presente direttiva non si applica ai seguenti territori, che non fanno parte del territorio doganale della Comunità:

a)      isola di Helgoland;

b)      territorio di Büsingen;

c)      Ceuta;

d)      Melilla;

e)      Livigno;

f)      Campione d’Italia;

g)      le acque italiane del lago di Lugano».

6.        Ai sensi dell’articolo 30:

«Si considera “importazione di beni” l’ingresso nella Comunità di un bene che non è in libera pratica ai sensi dell’articolo 24 del trattato.

Oltre all’operazione di cui al primo comma, si considera importazione di beni l’ingresso nella Comunità di un bene in libera pratica proveniente da un territorio terzo che fa parte del territorio doganale della Comunità».

7.        Secondo l’articolo 60 della medesima direttiva, «[l]’importazione di beni è effettuata nello Stato membro nel cui territorio si trova il bene nel momento in cui entra nella Comunità».

8.        L’articolo 61 stabilisce quanto segue:

«In deroga all’articolo 60, se un bene che non è in libera pratica è vincolato, al momento della sua entrata nella Comunità, ad uno dei regimi o ad una delle situazioni di cui all’articolo 156 o ad un regime di ammissione temporanea in esenzione totale dai dazi all’importazione o ad un regime di transito esterno, l’importazione del bene è effettuata nello Stato membro nel cui territorio il bene è svincolato da tali regimi o situazioni.

Analogamente, se un bene che è in libera pratica è vincolato al momento della sua entrata nella Comunità ad uno dei regimi o ad una delle situazioni di cui agli articoli 276 e 277, l’importazione del bene è effettuata nello Stato membro nel cui territorio il bene è svincolato da tali regimi o situazioni».

9.        Ai sensi dell’articolo 70 della direttiva IVA, «[i]l fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diventa esigibile nel momento in cui è effettuata l’importazione di beni».

10.      Ai sensi dell’articolo 71:

«1.      Quando i beni sono vincolati, al momento della loro entrata nella Comunità, ad uno dei regimi o ad una delle situazioni di cui agli articoli 156, 276 e 277, o ad un regime di ammissione temporanea in esenzione totale dai dazi all’importazione o di transito esterno, il fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diventa esigibile soltanto nel momento in cui i beni sono svincolati da tali regimi o situazioni.

Tuttavia, quando i beni importati sono assoggettati a dazi doganali, prelievi agricoli o imposte di effetto equivalente istituiti nell’ambito di una politica comune, il fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diventa esigibile nel momento in cui scattano il fatto generatore e l’esigibilità dei predetti dazi o prelievi.

2.      Qualora i beni importati non siano assoggettati ad alcuno dei dazi o prelievi di cui al paragrafo 1, secondo comma, gli Stati membri applicano le disposizioni vigenti in materia di dazi doganali, per quanto riguarda il fatto generatore dell’imposta e la sua esigibilità».

11.      Ai sensi dell’articolo 156, paragrafo 1, della direttiva, «[g]li Stati membri possono esentare le operazioni seguenti: (...) b) le cessioni di beni destinati ad essere collocati in una zona franca o in un deposito franco; (...)».

12.      Secondo l’articolo 202 della direttiva, «[l]’IVA è dovuta dalla persona che svincola i beni dai regimi o dalle situazioni elencati agli articoli 156, 157, 158, 160 e 161».

2.            CDC

13.      L’articolo 4 prevede quanto segue:

«Ai fini del presente codice, s’intende per:

(...)

7)      merci comunitarie: le merci:

– interamente ottenute nel territorio doganale della Comunità nelle condizioni di cui all’articolo 23, senza aggiunta di merci importate da paesi o territori che non fanno parte del territorio doganale della Comunità;

– importate da paesi o territori che non fanno parte del territorio doganale della Comunità e immesse in libera pratica;

– ottenute o prodotte nel territorio doganale della Comunità, sia esclusivamente da merci di cui al secondo trattino, sia da merci di cui al primo e al secondo trattino;

8)      merci non comunitarie: le merci diverse da quelle di cui al punto 7).

Fatti salvi gli articoli 163 e 164, le merci comunitarie perdono tale posizione una volta realmente uscite dal territorio doganale della Comunità;

(...)

10)      dazi all’importazione:

– i dazi doganali e le tasse di effetto equivalente dovuti all’importazione delle merci;

– i prelievi agricoli e le altre imposizioni all’importazione istituite nel quadro della politica agricola comune o in quello dei regimi specifici applicabili a talune merci risultanti dalla trasformazione di prodotti agricoli;

(...)

15)      destinazione doganale di una merce:

a)      il vincolo della merce ad un regime doganale;

b)      la sua introduzione in zona franca o in deposito franco;

(...)

16)      regime doganale:

(...)

b)      il transito;

(...)».

14.      Ai sensi dell’articolo 37:

«1.      Le merci introdotte nel territorio doganale della Comunità sono sottoposte, fin dalla loro introduzione, a vigilanza doganale. Esse possono essere soggette a controlli doganali conformemente alle disposizioni vigenti.

2.      Esse restano soggette a tale vigilanza per tutto il tempo eventualmente necessario per determinare la loro posizione doganale e, nel caso di merci non comunitarie e fatto salvo l’articolo 82, paragrafo 1, finché esse non cambino posizione doganale o non siano introdotte in una zona franca o in un deposito franco oppure non vengano riesportate o distrutte ai sensi dell’articolo 182».

15.      Secondo l’articolo 92:

«1.      Il regime del transito esterno ha fine e le obbligazioni del titolare del regime sono soddisfatte quando le merci vincolate a tale regime e i documenti richiesti sono presentati in dogana all’ufficio doganale di destinazione in base alle disposizioni del regime in questione.

2.      Le autorità doganali appurano il regime di transito esterno quando sono in grado di determinare, in base al confronto dei dati disponibili all’ufficio di partenza e di quelli disponibili all’ufficio di destinazione, che esso si è concluso in modo corretto».

16.      Ai sensi dell’articolo 96:

«1.      L’obbligato principale è il titolare del regime del transito comunitario esterno. Egli è tenuto a:

a)      presentare in dogana le merci intatte all’ufficio doganale di destinazione nel termine fissato e a rispettare le misure di identificazione prese dalle autorità doganali;

b)      rispettare le disposizioni relative al regime del transito comunitario.

2.      Fatti salvi gli obblighi dell’obbligato principale di cui al paragrafo 1, anche uno spedizioniere o un destinatario che accetti le merci sapendo che sono soggette al regime del transito comunitario sono tenuti a presentarle intatte all’ufficio doganale di destinazione nel termine fissato e a rispettare le misure di identificazione prese dalle autorità doganali».

17.      L’articolo 166 stabilisce quanto segue:

«Le zone franche o i depositi franchi sono parti del territorio doganale della Comunità o aree situate in tale territorio, separate dal resto di esso, in cui:

a)      le merci non comunitarie sono considerate, per l’applicazione dei dazi all’importazione e delle misure di politica commerciale all’importazione, come merci non situate nel territorio doganale della Comunità, purché non siano immesse in libera pratica o assoggettate ad un altro regime doganale, né utilizzate o consumate in condizioni diverse da quelle previste dalla regolamentazione doganale;

b)      le merci comunitarie, per le quali una normativa comunitaria specifica lo preveda, beneficiano, a motivo del loro collocamento in tale zona franca o in tale deposito franco, di misure connesse, in linea di massima, alla loro esportazione».

18.      L’articolo 167 prevede quanto segue:

«1.      Gli Stati membri possono destinare talune parti del territorio doganale della Comunità a zona franca o autorizzare la creazione di depositi franchi.

2.      Gli Stati membri stabiliscono il limite geografico di ciascuna zona. I locali destinati a costituire un deposito franco devono essere approvati dagli Stati membri.

3.      Le zone franche sono ben delimitate. Gli Stati membri stabiliscono punti di entrata e di uscita di ciascuna zona franca o deposito franco.

(...)».

19.      Ai sensi dell’articolo 170:

«1.      Fatto salvo l’articolo 168, paragrafo 4, l’entrata di merci in una zona franca o in un deposito franco non comporta né la loro presentazione all’autorità doganale, né il deposito di una dichiarazione in dogana.

2.      Sono presentate all’autorità doganale e formano oggetto delle formalità doganali previste le merci:

a)      che sono state vincolate a un regime doganale e la cui entrata in una zona franca o in un deposito franco comporti l’appuramento di tale regime; tuttavia, la presentazione non è richiesta se il regime doganale in questione consente l’esonero dall’obbligo di presentare le merci;

(...)».

20.      Ai sensi dell’articolo 202:

«1.      L’obbligazione doganale all’importazione sorge in seguito:

a)      all’irregolare introduzione nel territorio doganale della Comunità di una merce soggetta a dazi all’importazione, oppure

b)      quando si tratti di merce collocata in zona franca o in deposito franco, alla sua irregolare introduzione in un’altra parte di detto territorio.

Ai sensi del presente articolo, per introduzione irregolare s’intende qualsiasi introduzione effettuata in violazione degli articoli da 38 a 41 e dell’articolo 177, secondo trattino.

2.      L’obbligazione doganale sorge al momento dell’introduzione irregolare.

(...)».

21.      Conformemente all’articolo 203:

«1.      L’obbligazione doganale all’importazione sorge in seguito:

– alla sottrazione al controllo doganale di una merce soggetta a dazi all’importazione.

2.      L’obbligazione doganale sorge all’atto della sottrazione della merce al controllo doganale.

3.      I debitori sono:

– la persona che ha sottratto la merce al controllo doganale,

– le persone che hanno partecipato a tale sottrazione sapendo o dovendo, secondo ragione, sapere che si trattava di una sottrazione di merce al controllo doganale,

– le persone che hanno acquisito o detenuto tale merce e sapevano o avrebbero dovuto, secondo ragione, sapere allorquando l’hanno acquisita o ricevuta che si trattava di merce sottratta al controllo doganale e,

– se del caso, la persona che deve adempiere agli obblighi che comporta la permanenza della merce in custodia temporanea o l’utilizzazione del regime doganale al quale la merce è stata vincolata.

22.      Ai sensi dell’articolo 204:

«1.      L’obbligazione doganale all’importazione sorge in seguito:

a)      all’inadempienza di uno degli obblighi che derivano, per una merce soggetta a dazi all’importazione, dalla sua permanenza in custodia temporanea oppure dall’utilizzazione del regime doganale cui è stata vincolata, oppure

b)      all’inosservanza di una delle condizioni stabilite per il vincolo di una merce a tale regime o per la concessione di un dazio all’importazione ridotto o nullo a motivo dell’utilizzazione della merce a fini particolari,

in casi diversi da quelli di cui all’articolo 203 sempre che non si constati che tali inosservanze non hanno avuto in pratica alcuna conseguenza sul corretto funzionamento della custodia temporanea o del regime doganale considerato.

2.      L’obbligazione doganale sorge quando cessa di essere soddisfatto l’obbligo la cui inadempienza fa sorgere l’obbligazione doganale oppure nel momento in cui la merce è stata vincolata al regime doganale considerato quando si constati, a posteriori, che non era soddisfatta una delle condizioni stabilite per il vincolo della merce al regime o per la concessione di un dazio all’importazione ridotto o nullo a motivo dell’utilizzazione della merce a fini particolari.

3.      Il debitore è la persona tenuta, secondo il caso, ad adempiere agli obblighi che, per una merce soggetta a dazi all’importazione, derivano dalla permanenza in custodia temporanea o dall’utilizzazione del regime doganale cui la merce è stata vincolata, oppure a rispettare le condizioni stabilite per il vincolo della merce a tale regime».

B –    Normativa nazionale

1.            Umsatzsteuergesetz (legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari) (4)

23.      L’articolo 1 così prevede:

«1.      Sono soggette all’imposta sulla cifra d’affari le seguenti operazioni:

(...)

4)      l’importazione di beni sul territorio nazionale (...) (IVA all’importazione);

(...)

2.      Il territorio nazionale ai sensi della presente legge è costituito dal territorio della Repubblica federale di Germania ad eccezione (…) delle zone franche sottoposte a controllo di tipo I ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, primo periodo, della Zollverwaltungsgesetz [legge sull’amministrazione doganale] (porti franchi) (...). Il territorio estero ai sensi della presente legge è il territorio non compreso nel territorio nazionale. (...)

3.      Le seguenti operazioni, allorché effettuate nei porti franchi (...), vanno considerate quali operazioni effettuate sul territorio nazionale:

1)      le cessioni e le acquisizioni intracomunitarie di beni destinati all’uso o al consumo nei territori designati (...);

(...)

4)      le cessioni di beni che al momento della cessione (...)

(...)

b)      ai fini dell’IVA all’importazione, sono immessi in libera pratica (...)

(...)».

24.      Secondo l’articolo 13, paragrafo 2, «[a]ll’IVA all’importazione si applica l’articolo 21, paragrafo 2».

25.      Ai sensi dell’articolo 21:

«(...)

2.      Ai fini dell’IVA all’importazione si applicano per analogia le norme sui dazi;

(...)

2 a.      Gli uffici doganali all’estero in cui funzionari doganali tedeschi autorizzati eseguono operazioni amministrative rientrano a tal fine nel territorio nazionale. (...)».

II – Fatti

26.      In data 11 giugno 2009 venivano dichiarati e svincolati in regime di transito esterno comunitario prodotti tessili importati il giorno precedente nel territorio doganale dell’Unione europea e presentati all’aeroporto di Francoforte sul Meno. L’operazione di transito doveva concludersi entro il 17 giugno 2009.

27.      La merce era destinata ad una società residente nel porto franco di Amburgo. La società Wallenborn Transports (in prosieguo: la «Wallenborn») veniva incaricata del trasporto della merce, debitamente sigillata.

28.      La merce, tuttavia, non giungeva all’ufficio doganale di destinazione. Dagli accertamenti eseguiti durante la procedura di indagine si constatava che era stato effettuato lo scarico, previa rimozione dei sigilli, presso il destinatario nel porto franco di Amburgo, da dove la merce veniva trasportata via mare il 16 dello stesso mese in Finlandia, e da tale paese nuovamente esportata in Russia.

29.      Il 2 settembre 2010 lo Hauptzollamt Gießen (amministrazione doganale di Gießen) emetteva un avviso di dazi doganali e di IVA all’importazione sia all’obbligato principale, in qualità di spedizioniere autorizzato, sia alla Wallenborn, quale trasportatrice della merce.

30.      Il pagamento veniva però intimato solo alla Wallenborn, poiché l’amministrazione doganale aveva ritenuto che l’obbligato principale avesse dimostrato la regolare consegna della spedizione e la presentazione del documento di transito, mentre la Wallenborn avrebbe omesso di porre termine al regime di transito. Il destinatario della merce dichiarava all’amministrazione di aver presunto alla ricezione della spedizione che la merce fosse stata immessa in libera pratica; aggiungeva che il documento di accompagnamento della spedizione non era stato accluso.

31.      La Wallenborn presentava opposizione in via amministrativa, senza successo, contro l’avviso di accertamento dell’IVA e, in seguito, interponeva un ricorso amministrativo dinanzi allo Hessisches Finanzgericht (Tribunale tributario dell’Assia). Essa deduceva che l’obbligazione doganale era sorta con l’operazione di scarico dell’autocarro previa rimozione dei sigilli nel porto franco, ma che, in quanto zona franca, il porto franco non farebbe parte del territorio nazionale e pertanto non si tratterebbe di un’operazione soggetta a IVA.

III – Questione sollevata

32.      In tali circostanze, il 6 novembre 2015 lo Hessisches Finanzgericht (Tribunale tributario dell’Assia) ha sottoposto alla Corte di giustizia, in via pregiudiziale, le seguenti questioni:

«Prima questione:

Se una disposizione di uno Stato membro in materia di IVA, secondo cui le zone franche sottoposte a controllo di tipo I (porti franchi) non appartengono al territorio nazionale, configuri una delle fattispecie di cui all’articolo 156, menzionate agli articoli 61, primo comma, e 71, paragrafo 1, della direttiva IVA.

In caso di risposta affermativa alla prima questione:

Seconda questione:

Se, per beni assoggettati a dazi doganali, il fatto generatore dell’imposta si verifichi e l’imposta diventi esigibile, ai sensi dell’articolo 71, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva IVA, anche nel momento in cui scattano il fatto generatore e l’esigibilità dei dazi medesimi, quando il fatto generatore e l’esigibilità dei dazi si verifichino all’interno di una zona franca sottoposta a controllo di tipo I e la normativa in materia di IVA dello Stato membro nel cui territorio sovrano rientri la zona franca preveda che le zone franche sottoposte a controllo di tipo I (porti franchi) non facciano parte del territorio nazionale.

In caso di soluzione negativa alla seconda questione:

Terza questione:

Se, nel caso di merci trasportate in regime di transito esterno in una zona franca sottoposta a controllo di tipo I, senza conclusione del regime medesimo, che vengono sottratte al controllo doganale nella zona franca con conseguente insorgenza, riguardo alle merci stesse, di un’obbligazione doganale ai sensi dell’articolo 203, paragrafo 1, del [CDC], il fatto generatore dell’imposta si verifichi e l’imposta diventi contemporaneamente esigibile in seguito ad altro fatto generatore, ossia ai sensi dell’articolo 204, paragrafo 1, lettera a), del [CDC], perché, anteriormente all’atto di sottrazione al controllo doganale, si è omesso di presentare le merci presso uno degli uffici doganali situati nel territorio nazionale competenti per la zona franca e ivi concludere l’operazione di transito».

IV – Procedimento dinanzi alla Corte e argomenti delle parti

33.      Sono comparse e hanno depositato osservazioni scritte la Wallenborn, il governo ellenico e la Commissione, nessuno dei quali ha chiesto la trattazione in pubblica udienza.

34.      La Wallenborn sostiene che alle prime due questioni occorre rispondere in senso affermativo e suggerisce, in via subordinata, di rispondere negativamente alla terza.

35.      Secondo la Wallenborn, l’articolo 204 CDC si applica soltanto se, nel contesto di una situazione di fatto da considerarsi unitaria, non si verificano le condizioni previste dall’articolo 203 CDC. Poiché, nelle circostanze della controversia principale, la rottura del sigillo doganale, lo scarico e l’omissione della formalità della presentazione delle merci presuppongono un’unica situazione di fatto, non entrerebbe in gioco l’articolo 204 CDC.

36.      Il governo ellenico propone di rispondere in senso negativo alla prima questione. A suo parere, secondo l’articolo 166 CDC, le merci non comunitarie che si trovano in zone franche si considerano, rispetto ai dazi all’importazione e alle misure di politica commerciale, non situate nel territorio doganale dell’Unione. Da ciò conseguirebbe che tali zone non possono ritenersi «territori terzi», in quanto sono soggette all’insieme delle normative doganali (nazionali e dell’Unione), come il resto del territorio doganale del corrispondente Stato membro. Esso pone in rilievo che, ai sensi degli articoli 5 e 6 della direttiva IVA, le zone franche non costituiscono spazi esclusi dall’ambito di applicazione della citata direttiva.

37.      A titolo subordinato, il governo ellenico osserva, in relazione alla seconda e alla terza questione, che gli articoli 61 e 71 della direttiva IVA rinviano alle disposizioni del CDC relative all’insorgenza dell’obbligazione doganale. Da ciò deduce che, in tal caso, l’obbligazione doganale e, pertanto, l’obbligazione a titolo di IVA, sarebbe sorta nel momento dell’inosservanza degli obblighi del regime di transito al quale erano soggette le merci.

38.      A suo parere, tale insorgenza dell’obbligazione doganale dovrebbe esaminarsi alla luce dell’articolo 204 CDC, il che significa che, tenendo conto dell’irrilevanza pratica dell’irregolarità, non sarebbe sorta alcuna obbligazione doganale né a titolo di IVA, purché si fossero verificate le condizioni di cui all’articolo 859 del regolamento di esecuzione.

39.      La Commissione sostiene preliminarmente che gli elementi costitutivi dell’IVA all’importazione devono analizzarsi indipendentemente dall’esistenza di un’obbligazione doganale, date le differenze fra le due imposte per finalità e concezione. Nelle circostanze del caso di specie, sussisterebbe un’obbligazione doganale ai sensi dell’articolo 203 CDC, poiché le merci sono state sottratte al controllo doganale in conseguenza alla rimozione del sigillo.

40.      Sulla prima questione, la Commissione osserva che l’articolo 61 e l’articolo 71, paragrafo 1, della direttiva IVA, non rinviano alle condizioni di applicazione dell’articolo 156 della direttiva medesima, ma soltanto alle situazioni e ai regimi doganali ivi menzionati. Poiché l’articolo 156, lettera b), della direttiva IVA prevede espressamente le zone franche e i depositi franchi, fra le «situazioni di cui all’articolo 156» si trovano quelle riferite a tali zone e depositi, ai sensi degli articoli 61 e 71 della direttiva IVA.

41.      Sulla seconda questione, la Commissione rileva che, ai sensi dell’articolo 71, paragrafo 1, primo comma, della direttiva IVA, il fatto generatore dell’imposta si verifica e l’IVA all’importazione diventa esigibile soltanto nel momento in cui i beni sono svincolati da un regime doganale o da una delle situazioni di cui all’articolo 156 della direttiva IVA. Nel caso in esame, la sottrazione delle merci al controllo doganale, dovuta alla rimozione del sigillo, avrebbe comportato l’insorgenza di un’obbligazione doganale ai sensi dell’articolo 203 CDC e lo svincolo delle merci dal regime di transito, adempiendosi in tal modo i requisiti di un’importazione conformemente agli articoli 70 e 71, paragrafo 1, primo comma, della direttiva IVA. Tuttavia, poiché la sottrazione non si è verificata fuori del territorio fiscale tedesco, non si sarebbe realizzata un’importazione ai sensi dell’articolo 61 della direttiva medesima.

42.      Con riguardo alla terza questione, la Commissione deduce che l’articolo 204 CDC è applicabile solo nel caso in cui non lo sia l’articolo 203 CDC, vale a dire se la merce non è stata sottratta alla vigilanza doganale. Sottolinea il principio dell’insorgenza di un’unica obbligazione doganale, cosicché i successivi atti od omissioni, relativi a una merce rispetto alla quale detta obbligazione si è generata, non danno luogo, in linea di principio, ad altra obbligazione dello stesso genere.

43.      La Commissione fa rimarcare, inoltre, il punto che l’IVA all’importazione e i dazi doganali devono essere esaminati separatamente, di modo che né l’articolo 203 né l’articolo 204 CDC comportano automaticamente l’insorgenza di un’obbligazione a titolo di IVA.

V –    Valutazione

A –    Prima questione

44.      Ritengo opportuno iniziare l’analisi della prima questione riproponendo le parole del giudice del rinvio: «Se una disposizione di uno Stato membro in materia di IVA, secondo cui le zone franche sottoposte a controllo di tipo I (porti franchi) non appartengono al territorio nazionale, configuri una delle fattispecie di cui all’articolo 156, menzionate agli articoli 61, primo comma, e 71, paragrafo 1, della direttiva IVA».

45.      Lo Hessisches Finanzgericht (Tribunale tributario dell’Assia) non chiede direttamente se l’ubicazione di una merce in una zona franca comporti che la stessa si trovi in uno dei «regimi o situazioni» di cui all’articolo 156 della direttiva IVA e a cui fanno riferimento gli articoli 61 e 71 della direttiva medesima. I suoi dubbi non riguardano le zone franche come definite nell’articolo 166 CDC, ma quelle che il diritto tedesco qualifica come appartenenti a «territorio estero» ai fini dell’IVA (articolo 1, paragrafo 2, UStG). Non si tratta, dunque, delle zone franche in quanto territori doganali, bensì delle zone franche in quanto zone nelle quali l’introduzione di beni non è assoggettata all’IVA all’importazione.

46.      Nel caso di specie, la differenza su cui si basa il giudice del rinvio mi appare artificiosa. L’articolo 61 della direttiva IVA stabilisce che l’importazione di un bene si intende realizzata nel luogo in cui il bene è svincolato, per quanto qui rileva, da uno dei regimi o situazioni di cui all’articolo 156 della direttiva medesima. A sua volta, l’articolo 71, paragrafo 1, sempre della direttiva IVA sancisce che il fatto generatore dell’IVA si verifica e questa diventa esigibile soltanto nel momento in cui le merci sono svincolate da tali regimi o situazioni.

47.      Fra le situazioni o regimi di cui all’articolo 156 della direttiva IVA si annoverano «1. (...) b) le cessioni di beni destinati ad essere collocati in una zona franca o in un deposito franco». Ciò presuppone che, conformemente all’articolo 61 della direttiva IVA, detto tipo di beni non si considerano importati finché non lasciano la zona franca, momento in cui si verifica il fatto generatore dell’IVA all’importazione e la stessa diviene esigibile (articolo 71, paragrafo 1, della direttiva IVA).

48.      Quindi, tanto per il diritto dell’Unione quanto per la normativa tedesca, le zone franche sono allo stesso tempo «esterne all’Unione» e «territorio estero», con la conseguenza che «le cessioni di beni destinati ad essere [ivi] collocati» non costituiscono un’importazione e, pertanto, non danno luogo al fatto generatore dell’IVA (5).

49.      In effetti, l’articolo 156 della direttiva IVA considera «le cessioni di beni destinati ad essere collocati in una zona franca o in un deposito franco» come operazioni che gli Stati membri possono dichiarare esenti dall’IVA. Il giudice del rinvio deduce da quanto esposto che la norma presuppone, in ogni caso, l’esistenza di un’importazione, dato che può dichiararsi esente un’operazione imponibile se questo è, in linea di principio, soggetto all’imposta disapplicata. Da ciò deriverebbe una certa contraddizione con l’articolo 1, paragrafo 2, UStG che, qualificando la zona franca come «territorio estero», escluderebbe tout court la stessa possibilità dell’importazione. È per tale ragione che lo Hessisches Finanzgericht (Tribunale tributario dell’Assia) si chiede se le zone franche tedesche possano essere equiparate alle zone franche di cui agli articoli 61 e 71 della direttiva IVA.

50.      Ritengo di sì. Gli articoli 61 e 71 della direttiva IVA, rinviando all’articolo 156 della medesima direttiva, non rinviano a una norma che disciplina l’esenzione dall’imposta, bensì a una disposizione che elenca una serie di «regimi o situazioni». Sebbene si tratti di regimi o situazioni che per l’articolo 156 della direttiva sono rilevanti per l’eventuale esenzione dall’imposta, i medesimi vengono presi in considerazione dagli articoli 61 e 71 a un fine molto diverso (che corrisponde al loro oggetto normativo), vale a dire determinare il luogo e il momento nel quale si considererà realizzata l’importazione e si sarà verificato il fatto generatore dell’IVA.

51.      Dell’articolo 156 della direttiva IVA interessa soltanto, quindi, ai fini degli articoli 61 e 71 della direttiva, il suo riferimento alle «cessioni di beni destinati ad essere collocati in una zona franca o in un deposito franco». Detto tipo di consegne con destinazione particolare rappresenta, per tali due norme, un factum la cui mancanza ha per conseguenza il verificarsi del fatto generatore dell’IVA all’importazione e la sua esigibilità.

52.      Pertanto, ritengo che alla prima questione si debba rispondere affermativamente. Le zone franche di cui fa menzione l’UStG non possono essere che quelle contemplate all’articolo 156 della direttiva IVA e alle quali rinviano gli articoli 61, primo comma, e 71, paragrafo 1, primo comma, della direttiva medesima. In termini di IVA, le zone franche sono, tanto per il diritto tedesco quanto per il diritto dell’Unione, «zona estera», interpretando tale espressione nel senso che, in determinate circostanze, i beni in esse depositati si considerano importati nel territorio dell’Unione solo nel momento in cui ne escono e siano introdotti nel territorio di uno Stato membro.

53.      In conclusione, riformulando il tenore della questione, ritengo che il riferimento degli articoli 61, primo comma, e 71, paragrafo 1, primo comma, della direttiva IVA a «uno dei regimi o ad una delle situazioni di cui» all’articolo 156 della direttiva medesima comprenda le zone franche, in quanto eventuali zone importazione di merci nel territorio dell’Unione.

B –    Seconda questione

54.      La risposta affermativa alla precedente questione conduce all’esame della seconda, con la quale il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se, verificatosi il fatto generatore delle obbligazioni doganali all’interno di una zona franca, si verifichi anche il fatto generatore dell’IVA all’importazione relativamente alle merci che non siano state svincolate da tale zona.

55.      Secondo lo Hessisches Finanzgericht (Tribunale tributario dell’Assia), poiché nel caso in esame si è verificata la sottrazione di merci dal controllo doganale, si è generata un’obbligazione doganale ai sensi dell’articolo 203, paragrafo 1, CDC. A suo parere, tuttavia, giacché detta sottrazione è avvenuta all’interno di una zona franca, non potrebbe parlarsi di importazione di merce, e pertanto non sarebbe possibile pretendere l’IVA all’importazione.

56.      Come ho esposto, le zone franche possono essere «zone estere» per l’Unione ai fini sia dell’IVA sia dei dazi doganali, purché soddisfino le condizioni previste all’articolo 166 CDC (per quel che qui interessa, se la merce non è assoggettata ad un altro regime doganale).

57.      I beni entrati nella zona franca di Amburgo erano soggetti al regime di transito esterno, cosicché, sebbene si trovassero nella zona franca, come rileva il giudice del rinvio, «vengono meno i presupposti della finzione secondo cui merci non comunitarie che si trovano in una zona franca sono considerate, per l’applicazione dei dazi all’importazione, come non situate nel territorio doganale della Comunità» (6).

58.      Introdotte, pertanto, nel territorio doganale dell’Unione, le merci oggetto della controversia potevano far sorgere un’obbligazione doganale. Più precisamente, quella prevista nell’articolo 203, paragrafo 1, CDC, a motivo della sottrazione delle stesse al controllo doganale, messa in luce dall’indebita rimozione del sigillo, e la conseguente conclusione del regime di transito (7).

59.      È pacifico fra le parti che, nel caso di specie, si configurava l’obbligazione doganale ai sensi dell’articolo 203, paragrafo 1, CDC; il punto controverso è soltanto se, inoltre, si possa applicare l’IVA all’importazione. Non è in discussione, pertanto, quanto attiene al requisito di siffatta prima obbligazione tributaria (quella doganale) (8).

60.      L’appuramento del regime di transito cui erano soggette le merci avrebbe presupposto, conformemente agli articoli 61 e 71 della direttiva IVA, che le stesse dovevano considerarsi importate nel luogo ove sono state svincolate da tale regime, con il corrispondente verificarsi del fatto generatore dell’IVA. Che cosa succede, però, quando il territorio dello Stato membro di svincolo dal regime di transito è una zona franca, alla quale gli articoli 61 e 71 della direttiva IVA fanno riferimento come luogo dal quale è necessario uscire affinché i beni che vi si trovano acquisiscano la qualifica di beni importati?

61.      In tali condizioni, una volta sorta un’obbligazione doganale che, come ho già detto, nessuno contesta, ci si chiede se si sia determinata una seconda conseguenza tributaria, cioè il verificarsi del fatto generatore dell’IVA. Ciò potrebbe darsi, in linea di principio: a) se lo svincolo dal regime di transito fosse sufficiente, di per sé, affinché i beni siano considerati come importati; oppure b) se, sorta l’obbligazione tributaria ai sensi dell’articolo 203 CDC, il suo fatto generatore comportasse automaticamente quello dell’IVA, sebbene la merce non potesse considerarsi importata (poiché permaneva la sua qualità di bene situato in una zona franca).

62.      La prima opzione mi pare da scartare, giacché gli articoli 61 e 71 della direttiva IVA fanno riferimento in termini alternativi e non di esclusione ai vari regimi e situazioni lo svincolo dai quali equivale a un’importazione dei beni previsti dagli uni e dalle altre. È possibile inoltre che questi regimi o situazioni si configurino in successione: l’articolo 170, paragrafo 2, lettera a), CDC, cita, ad esempio, l’entrata in una zona franca di merci incluse in un regime doganale «la cui entrata in una zona franca o in un deposito franco comporti l’appuramento del predetto regime».

63.      Sarebbe ciononostante possibile affermare che tale possibilità di successione è ammissibile nel solo caso in cui la transizione da un regime all’altro si realizza tramite il corretto compimento del primo. Nel caso di specie, la conclusione irregolare del regime di transito esterno impedirebbe che la merce acquisisca, rispetto all’IVA, la condizione di bene collocato in una zona franca e dovrebbe essere considerata, pertanto, come merce importata. Accettare questa impostazione significherebbe, tuttavia, travisare la natura dell’IVA che, da imposta che grava sul consumo, si trasformerebbe in una misura di repressione di una condotta illecita (9).

64.      Lo stesso criterio (riguardante la natura e la finalità dell’IVA) esclude altresì, a mio parere, la seconda opzione menzionata supra, che assimila, in modo automatico, il verificarsi del fatto generatore dell’IVA a quello dei dazi doganali in base a un’interpretazione letterale dell’articolo 71, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva IVA (10).

65.      Come ho avuto l’opportunità di ricordare nelle conclusioni relative alle cause riunite Eurogate Distribution e DHL Hub Leipzig (11), secondo l’insegnamento della Corte di giustizia, «l’IVA all’importazione e i dazi doganali presentano caratteristiche essenziali comparabili, in quanto traggono origine dal fatto dell’importazione nell’Unione e della susseguente introduzione nel circuito economico degli Stati membri», parallelismo che «trova conferma nel fatto che l’articolo 71, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva IVA autorizza gli Stati membri a collegare il fatto generatore e l’esigibilità dell’IVA all’importazione a quelli dei dazi doganali» (12).

66.      Tuttavia, come segnalavo in dette conclusioni (13), «comparabile non vuol dire identico, sicché la Corte ritiene che l’insorgenza dell’obbligazione doganale e quella dell’IVA debbano essere esaminate separatamente. Non potrebbe essere altrimenti, tenuto conto della diversa natura dell’una e dell’altra, differenza che diviene più marcata quando l’obbligazione doganale non è sorta, in realtà, in conseguenza dell’introduzione nel territorio doganale di merci in regime normale, bensì dall’inosservanza di determinati requisiti o obblighi».

67.      L’elemento determinante del fatto generatore dell’IVA all’importazione è che i beni su cui ricade possano integrarsi nel circuito economico dell’Unione e, pertanto, essere oggetto di ulteriore consumo. Così ha confermato la Corte di giustizia nella sentenza del 2 giugno 2016, Eurogate Distribution e DHL Hub Leipzig: «l’esigibilità dell’IVA potrebbe anche aggiungersi all’obbligazione doganale qualora si potesse ritenere, sulla base della specifica condotta illecita da cui è sorta detta obbligazione, che le merci di cui trattasi siano entrate nel circuito economico dell’Unione e possono quindi essere stato oggetto di consumo, configurandosi pertanto l’assoggettamento all’IVA» (14).

68.      Effettivamente, come ho sostenuto nelle già citate conclusioni nella causa Eurogate Distribution e DHL Hub Leipzig (15), uno dei presupposti in presenza dei quali detta presunzione potrebbe ragionevolmente applicarsi sarebbe «nei casi previsti dall’articolo 202, paragrafo 1, lettera a), del CDC (irregolare introduzione nel territorio doganale di una merce soggetta a dazi all’importazione) e dall’articolo 203, paragrafo 1, del CDC (sottrazione della merce al controllo doganale)» (16), vale a dire, per quanto riguarda la seconda ipotesi in parola, il caso rilevante nella presente causa.

69.      Ciò nonostante, detta presunzione non è assoluta, bensì iuris tantum e, per tale motivo, può essere superata in funzione dei fatti che si ritengano provati giudizialmente. Nello specifico, se l’integrazione potesse presumersi quando le merci non si trovino in una zona franca, la stessa integrazione risulterebbe inficiata una volta accertato che, dopo la collocazione delle merci nella zona franca senza essere sottoposte ad altre operazioni, dette merci hanno lasciato la stessa con destinazione in un altro Stato membro, per poter essere in seguito riesportate.

70.      Ciò è quanto sembra essere avvenuto nel caso in esame. Secondo il giudice del rinvio, la rimozione del sigillo dai beni è avvenuto nel momento dello scarico nella zona franca di Amburgo l’11 giugno 2009. Il 15 dello stesso mese, i beni sono stati posti in un container e caricati su una nave che ha lasciato il porto franco di Amburgo il giorno seguente (17). Secondo lo Hessisches Finanzgericht (Tribunale tributario dell’Assia), nel corso di tale intero periodo «non [sussiste] un’immissione nel circuito economico dello Stato membro sul cui territorio è situata la zona franca. Infatti, successivamente alla sottrazione al controllo doganale, la merce è rimasta in un primo tempo nella zona franca, dove non è stata né immessa in libera pratica né consumata o usata, operazioni che ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 3, dell’UStG avrebbero eventualmente dovuto essere considerate come effettuate sul territorio nazionale» (18).

71.      Anche se la collocazione della merce in una zona franca fosse, per ipotesi, irrilevante per quanto riguarda il rinvio degli articoli 61 e 71 della direttiva IVA al suo articolo 156, è certo che, date le particolari circostanze dei fatti in esame, i beni non avrebbero potuto essere utilizzati o consumati nel territorio dell’Unione.

72.      In termini astratti, l’irrilevanza dell’articolo 156 della direttiva IVA comporterebbe che, ai fini degli articoli 61 e 71 della medesima direttiva, i beni citati sarebbero considerati «importati» una volta concluso il regime di transito. In questa stessa prospettiva, sarebbe applicabile l’articolo 71, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva IVA (19). Ritengo, tuttavia, che ciò possa verificarsi solo quando l’importazione comporti l’accesso dei beni al circuito economico dell’Unione, il che normalmente deve essere la regola. Quando, invece, possa constatarsi incontestabilmente, tramite valutazione giudiziale inequivocabile, che non c’è stata possibilità di accesso a tale circuito economico, detta «importazione» è un atto giuridico che non genera l’obbligazione di pagare l’IVA.

73.      A mio parere, dunque, gli articoli 61 e 71 della direttiva IVA devono interpretarsi nel senso che l’insorgenza di un’obbligazione doganale ai sensi dell’articolo 203, paragrafo 1, CDC, conseguente alla sottrazione al controllo doganale di beni collocati in una zona franca, comporta il fatto generatore e l’esigibilità dell’IVA all’importazione se possa ragionevolmente presumersi che detti beni si sono potuti integrare nel circuito economico dell’Unione, circostanza che spetta all’autorità giudiziaria nazionale accertare.

C –    Terza questione

74.      Come rileva la Commissione (20), la terza questione del giudice del rinvio parte dalla premessa che sia possibile l’applicazione concorrente degli articoli 203 e 204 CDC.

75.      Lo Hessisches Finanzgericht (Tribunale tributario dell’Assia) chiede se, generatasi un’obbligazione doganale ai sensi dell’articolo 203 CDC dovuta alla sottrazione della merce al controllo doganale in una zona franca, possa generarsi (anche) un’obbligazione a titolo di IVA nella misura in cui, ai sensi dell’articolo 204, paragrafo 1, lettera a), CDC, non è stata adempiuta l’obbligazione di concludere l’operazione di transito nell’ufficio doganale sito nel territorio dello Stato.

76.      Credo che la risposta sia fornita dalla costante giurisprudenza della Corte di giustizia: «[d]al testo dell’art[icolo] 204 [CDC] emerge che tale disposizione si applica soltanto nei casi che non rientrano nell’ambito di applicazione dell’art[icolo] 203 [CDC]» (21).

77.      Pertanto, se, secondo il giudice del rinvio, la fattispecie esaminata nel procedimento principale corrisponde a quella prevista nell’articolo 203 CDC, non è possibile applicare contemporaneamente l’articolo 204 CDC al fine di ottenere, in tal modo, una conseguenza (il verificarsi del fatto generatore dell’IVA) che, nelle circostanze del caso di specie, non deriva dalla prima disposizione menzionata.

78.      La risposta che propongo non può essere altra che, generatasi un’obbligazione doganale in forza dell’articolo 203 CDC e esclusa, in base alle circostanze della presente causa, l’insorgenza di un’obbligazione a titolo di IVA, non può applicarsi l’articolo 204 CDC al solo fine di giustificare il verificarsi del fatto generatore di tale imposta.

VI – Conclusione

79.      Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di giustizia di rispondere alle questioni pregiudiziali nei seguenti termini:

«1.      Gli articoli 61, primo comma, e 71, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, modificata dalla direttiva 2007/75/CE, devono interpretarsi nel senso che:

a)      il riferimento “ad uno dei regimi o ad una delle situazioni di cui” all’articolo 156 della direttiva medesima comprende le zone franche, in quanto eventuali zone di importazione di merci nel territorio dell’Unione; e

b)      l’insorgenza di un’obbligazione tributaria, ai sensi dell’articolo 203, paragrafo 1, del codice doganale comunitario, dovuta alla sottrazione alla vigilanza doganale di beni collocati in una zona franca, comporterà il verificarsi del fatto generatore e l’esigibilità dell’IVA all’importazione qualora possa ragionevolmente presumersi che i beni si sono potuti integrare nel circuito economico dell’Unione, circostanza che spetta all’autorità giudiziaria nazionale accertare.

2.      Generatasi un’obbligazione doganale ai sensi dell’articolo 203 del codice doganale comunitario e esclusa, a motivo delle circostanze del caso di specie, l’esigibilità dell’IVA, l’articolo 204 di detto codice non è applicabile al fine di far sorgere il fatto generatore di tale imposta».


1      Lingua originale: lo spagnolo.


2 –      Regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario (GU 1992, L 302, pag. 1), modificato dal regolamento (CE) n. 1791/2006 del Consiglio, del 20 novembre 2006 (GU 2006, L 363, pag. 1); in prosieguo: il «CDC».


3 –      Direttiva del Consiglio del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1), modificata dalla direttiva 2007/75/CE (GU 2007, L 346, pag. 13); in prosieguo: la «direttiva IVA».


4 –      Legge del 21 febbraio 2005 (BGBl 2005 I, pag. 386); in prosieguo: l’«UStG».


5 –      Insisto sul punto che prendo in considerazione unicamente le zone franche nel contesto del combinato disposto degli articoli 61, 71 e 156 della direttiva IVA. In linea generale, e anche rispetto all’IVA, «un deposito doganale si trova all’“interno del paese” se è situato nel territorio di uno Stato membro» (sentenza dell’8 novembre 2012, Profitube, C-165/11, EU:C:2012:692, punto 59). Nel contesto del presente procedimento, l’eventuale extraterritorialità delle zone franche è una qualità che può desumersi soltanto da determinati atti giuridici effettuati nelle medesime o a partire dalle stesse.


6 –      Ordinanza di rinvio, pag. 15 della versione originale.


7 –      Nelle parole della sentenza dell’11 luglio 2002, Liberexim (C-371/99, EU:C:2002:433), punto 53, «il momento e il luogo in cui si verifica lo svincolo dal regime di transito comunitario esterno sono necessariamente il momento e il luogo in cui è stata commessa la prima irregolarità che possa essere qualificata come sottrazione alla sorveglianza doganale».


8 –      Le merci, che inizialmente si trovavano in una situazione che consentiva di qualificarle come beni non importati (regime di transito), sono passate senza soluzione di continuità a un altro status, che, ai sensi della direttiva IVA, autorizza anch’esso questa stessa qualificazione (collocamento in zona franca). Il transito irregolare in entrambe le situazioni ha avuto una prima conseguenza, cioè il verificarsi del fatto generatore dell’obbligazione doganale.


9 –      Tale connotazione repressiva, peraltro, non può essere nemmeno affermata in relazione all’obbligazione doganale cui abbia dato luogo la conclusione irregolare del regime di transito. Nelle parole della sentenza del 6 settembre 2012, Döhler Neuenkirchen (C-262/10, EU:C:2012:559), punto 43, «la nascita di un’obbligazione doganale (…) non ha carattere sanzionatorio, bensì deve essere considerata la conseguenza del fatto che non sussistono le condizioni richieste ai fini dell’ottenimento del vantaggio derivante dall’applicazione del regime del perfezionamento attivo nella forma del sistema della sospensione. Infatti, tale regime implica la concessione di un vantaggio condizionato che non può essere concesso se le relative condizioni non sono rispettate, il che rende inapplicabile la sospensione e giustifica, di conseguenza, l’imposizione dei dazi doganali».


10 –      Secondo tale norma, «quando i beni importati sono assoggettati a dazi doganali (...), il fatto generatore [dell’IVA] si verifica e l’imposta diventa esigibile nel momento in cui scattano il fatto generatore e l’esigibilità» dei dazi doganali.


11 –      C-226/14 e C-228/14, EU:C:2016:1, paragrafo 90.


12 –      Facevo riferimento in quel caso alla sentenza dell’11 luglio 2013, Harry Winston (C-273/12, EU:C:2013:466), punto 41, che cita le sentenze Witzemann (C-343/89, EU:C:1999:445), punto 18, e Dansk Transport og Logistik (C-230/08, EU:C:2010:231), punti 90 e 91.


13 –      Conclusioni Eurogate Distribution e DHL Hub Leipzig (C-226/14 e C-228/14, EU:C:2016:1), paragrafo 91.


14 –      C-226/14 e C-228/14, EU:C:2016:405, punto 65. La sentenza, in questo punto, fa espresso riferimento al paragrafo 97 delle mie conclusioni Eurogate Distribution e DHL Hub Leipzig (C-226/14 e 228/14, EU:C:2016:1), nel quale affermavo: «[q]uando l’obbligazione sorta per effetto degli articoli da 202 a 205 del CDC riguarda merci che sono già state riesportate, il fatto che esse siano uscite dal territorio dell’Unione non incide sull’obbligo di pagare i dazi doganali. A tale obbligazione doganale potrebbe anche aggiungersi l’esigibilità dell’IVA qualora si potesse ritenere, sulla base della specifica condotta illecita da cui è sorta detta obbligazione, che la merce sia entrata nel circuito economico dell’Unione e possa quindi essere stata oggetto di consumo, il quale è assoggettato all’IVA».


15 –      C-226/14 e C-228/14, EU:C:2016:1, paragrafo 97.


16 –      C-226/14 e C-228/14, EU:C:2016:1, paragrafo 98. Il corsivo è mio.


17 –      Ordinanza di rinvio, pag. 4 della versione originale.


18 –      Ordinanza di rinvio, pag. 17 della versione originale.


19 –      Secondo cui, «quando i beni importati sono assoggettati a dazi doganali (...), il fatto generatore [dell’IVA] si verifica e l’imposta diventa esigibile nel momento in cui scattano il fatto generatore e l’esigibilità» dei dazi doganali.


20 –      Punto 82 delle sue osservazioni scritte.


21 –      V., ad esempio, sentenza del 12 febbraio 2004, Hamann International (C-337/01, EU:C:2004:90), punto 29.