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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MELCHIOR WATHELET

presentate il 10 gennaio 2017 (1)

Causa C-682/15

Berlioz Investment Fund SA

contro

Directeur de l’administration des Contributions directes

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Cour administrative (Corte amministrativa, Lussemburgo)]

«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2011/16/UE – Articolo 1, paragrafo 1 – Articolo 5 – Cooperazione amministrativa nel settore fiscale – Scambio di informazioni tra le amministrazioni finanziarie – Nozione di “prevedibile pertinenza” delle informazioni richieste – Rifiuto di un terzo nello Stato interpellato di comunicare le informazioni richieste – Sanzioni – Applicazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 47 – Articolo 51, paragrafo 1 – Diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo – Diritto di ricorso avverso la richiesta di informazioni diretta a un terzo»







I –    Introduzione

1.        La domanda di pronuncia pregiudiziale in esame verte essenzialmente sull’interpretazione degli articoli 1, paragrafo 1, e 5 della direttiva 2011/16/UE del Consiglio, del 15 febbraio 2011, relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale e che abroga la direttiva 77/799/CEE (2), e dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

2.        La suddetta domanda è proposta nell’ambito del clima particolare venutosi a creare a seguito delle recenti rivelazioni, diffuse dalla stampa negli ultimi mesi, in merito a «scandali finanziari» (3) e altri asseriti vantaggi fiscali riconosciuti da taluni paesi a società multinazionali (4). Tali avvenimenti hanno suscitato in un gran numero di cittadini il desiderio di maggiore trasparenza ed equità nel settore, nonché in taluni l’incomprensione per la mancata armonizzazione della materia fiscale in seno all’Unione europea.

3.        In tale contesto, gli Stati membri fanno sempre più ricorso agli strumenti giuridici che permettono di meglio contrastare le frodi fiscali, come la direttiva 2011/16. Inevitabilmente, l’accresciuto ricorso a tali mezzi solleva la questione dell’equilibrio tra, da una parte, l’efficacia amministrativa e, dall’altra, il rispetto dei diritti del cittadino, tra i quali il diritto a un ricorso effettivo.

4.        Il suddetto delicato equilibrio è, in definitiva, l’aspetto centrale delle questioni pregiudiziali sollevate dalla Cour administrative (Corte amministrativa, Lussemburgo).

II – Contesto normativo

A –    Diritto dell’Unione

1.      La Carta

5.        L’articolo 47 della Carta, dal titolo «Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale», stabilisce quanto segue:

«Ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo.

Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni persona ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare.

2.      Direttiva 2011/16

6.        Il considerando 9 della direttiva 2011/16 così dispone:

«Gli Stati membri dovrebbero scambiare informazioni per quanto riguarda casi precisi se richiesto da un altro Stato membro e dovrebbero provvedere a effettuare le indagini necessarie per ottenere tali informazioni. La norma di “prevedibile pertinenza” è predisposta per lo scambio di informazioni in materia fiscale nella misura più ampia possibile e, nel contempo, per chiarire che gli Stati membri non possono procedere a richieste generiche di informazioni o richiedere informazioni che probabilmente non sono pertinenti alle questioni fiscali di un contribuente. Gli obblighi procedurali previsti dall’articolo 20 della presente direttiva richiedono un’interpretazione ampia per non frustrare l’efficace scambio di informazioni».

«La presente direttiva stabilisce le norme e le procedure in base alle quali gli Stati membri cooperano fra loro ai fini dello scambio di informazioni prevedibilmente pertinenti per l’amministrazione e l’applicazione delle leggi nazionali degli Stati membri relative alle imposte di cui all’articolo 2».

8.        L’articolo 5 della direttiva 2011/16 così dispone:

«Su richiesta dell’autorità richiedente, l’autorità interpellata trasmette all’autorità richiedente le informazioni previste all’articolo 1, paragrafo 1, di cui sia in possesso o che ottenga a seguito di un’indagine amministrativa».

9.        L’articolo 7, paragrafo 4, della direttiva 2011/16 formula le seguenti precisazioni:

«Entro un mese dal ricevimento della richiesta l’autorità interpellata segnala all’autorità richiedente le eventuali carenze in essa rilevate e la necessità di informazioni supplementari di carattere generale. In tal caso i termini di cui al paragrafo 1 iniziano a decorrere il giorno successivo a quello in cui l’autorità interpellata ha ricevuto le informazioni supplementari necessarie».

10.      A norma dell’articolo 17 della direttiva 2011/16, recante il titolo «Limiti»:

2.      La presente direttiva non impone allo Stato membro interpellato alcun obbligo di effettuare indagini o di comunicare informazioni, qualora condurre tali indagini o raccogliere le informazioni richieste per fini propri sia contrario alla sua legislazione.

3.      L’autorità competente di uno Stato membro interpellato può rifiutare di fornire informazioni allorché, per motivi di diritto, lo Stato membro richiedente non sia in grado di fornire informazioni equivalenti.

4.      La trasmissione di informazioni può essere rifiutata qualora comporti la divulgazione di un segreto commerciale, industriale o professionale, di un processo commerciale o di un’informazione la cui divulgazione sia contraria all’ordine pubblico.

5.      L’autorità interpellata informa l’autorità richiedente dei motivi che ostano all’accoglimento della richiesta di informazioni».

«1.      Se le informazioni sono chieste da uno Stato membro in conformità della presente direttiva, lo Stato membro interpellato pone in atto, per ottenere le informazioni richieste, le misure previste a tale scopo, anche quando tale Stato non necessita di dette informazioni per i propri fini fiscali. Detto obbligo si applica fatto salvo l’articolo 17, paragrafi 2, 3 e 4, che non può in nessun caso essere interpretato nel senso di autorizzare uno Stato membro interpellato a rifiutare di fornire informazioni per il solo motivo che queste ultime non presentano alcun interesse per tale Stato.

2.      L’articolo 17, paragrafi 2 e 4, non può in nessun caso essere interpretato nel senso di autorizzare l’autorità interpellata di uno Stato membro a rifiutare di fornire informazioni solamente perché tali informazioni sono detenute da una banca, da un altro istituto finanziario, da una persona designata o che agisce in qualità di agente o fiduciario o perché si riferiscono agli interessi proprietari di una persona.

(...)».

«Il formulario tipo di cui al paragrafo 1 include almeno le seguenti informazioni che l’autorità richiedente deve fornire:

a)      l’identità della persona oggetto della verifica o indagine;

b)      il fine fiscale per il quale si richiedono le informazioni.

L’autorità richiedente può fornire, per quanto a essa noto e in linea con gli sviluppi internazionali, il nome e l’indirizzo di qualsiasi persona ritenuta in possesso delle informazioni richieste nonché qualsiasi elemento che possa facilitare la raccolta delle informazioni da parte dell’autorità richiesta».

B –    Diritto lussemburghese

1.      Legge del 29 marzo 2013

13.      La direttiva 2011/16 è stata trasposta nel diritto lussemburghese con la legge del 29 marzo 2013 «che recepisce la direttiva 2011/16/(...)» (in prosieguo: la «legge del 29 marzo 2013»).

14.      L’articolo 6 della legge del 29 marzo 2013 prevede quanto segue:

«Su richiesta dell’autorità richiedente, l’autorità interpellata del Lussemburgo le comunica le informazioni prevedibilmente pertinenti per l’amministrazione e l’applicazione delle leggi nazionali dello Stato membro richiedente in materia di imposte previste all’articolo 1, di cui sia in possesso o che ottenga a seguito di un’indagine amministrativa».

«L’autorità interpellata lussemburghese comunica le informazioni di cui all’articolo 6 al più presto e comunque entro sei mesi dalla data di ricevimento della richiesta. Tuttavia, se le informazioni sono già in possesso dell’autorità lussemburghese interpellata, queste sono trasmesse entro due mesi da tale data».

2.      Legge del 25 novembre 2014

16.      La legge del 25 novembre 2014 «che fissa la procedura applicabile allo scambio di informazioni su richiesta in materia fiscale e modifica la legge del 31 marzo 2010 di approvazione delle convenzioni fiscali e che prevede la procedura applicabile in materia di scambio di informazioni su richiesta» (in prosieguo: la «legge del 25 novembre 2014») contiene le seguenti disposizioni.

«1.      La presente legge è applicabile, a partire dalla sua entrata in vigore, alle richieste di scambio di informazioni in materia fiscale provenienti dall’autorità competente di uno Stato richiedente a norma:

(...)

4.      della legge modificata del 29 marzo 2013 relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale;

(...)».

18.      A norma dell’articolo 2 della legge del 25 novembre 2014:

«1.      Le amministrazioni tributarie sono autorizzate a richiedere le informazioni di qualsiasi natura necessarie ai fini dell’applicazione dello scambio di informazioni come previsto dalle [c]onvenzioni e dalle leggi, al detentore di tali informazioni.

2.      Il detentore delle informazioni è tenuto a fornire le informazioni richieste, nella loro totalità, in maniera precisa e senza alterazioni, entro un mese dalla notifica della decisione recante l’ingiunzione di fornire le informazioni richieste. Tale obbligo prevede altresì la trasmissione, senza alterazioni, dei documenti su cui si basano le informazioni.

(...)».

19.      A norma dell’articolo 3 della legge del 25 novembre 2014:

«1.      L’amministrazione tributaria competente verifica la regolarità formale della richiesta di scambio di informazioni. La richiesta di scambio di informazioni è regolare nella forma se contiene l’indicazione del fondamento normativo e dell’autorità competente da cui proviene la richiesta nonché le altre indicazioni previste dalle [c]onvenzioni e dalle leggi.

(...)

3.      Qualora l’amministrazione tributaria competente non disponga delle informazioni richieste, il suo direttore (o il suo delegato) notifica mediante lettera raccomandata indirizzata al detentore delle informazioni la propria decisione recante l’ingiunzione di fornire le informazioni richieste. La notifica della decisione al detentore delle informazioni richieste vale come notifica a qualsiasi altra persona ivi contemplata.

4.      La richiesta di scambio di informazioni non può essere divulgata. La decisione di ingiunzione contiene esclusivamente le indicazioni indispensabili per consentire al detentore delle informazioni di individuare le informazioni richieste.

(...)».

«Qualora le informazioni richieste non vengano fornite entro un mese dalla notifica della decisione recante l’ingiunzione di fornirle, al detentore delle informazioni può essere inflitta un’ammenda amministrativa fiscale sino ad un massimo di EUR 250 000. L’importo viene determinato dal responsabile dell’amministrazione tributaria competente o dal suo delegato».

21.      A norma dell’articolo 6 della legge del 25 novembre 2014:

«1.      Avverso la richiesta di scambio di informazioni e la decisione di ingiunzione di cui all’articolo 3, paragrafi 1 e 3, non può essere presentato alcun ricorso.

2.      Avverso le decisioni di cui all’articolo 5, il detentore delle informazioni ha la possibilità di presentare ricorso per riforma dinanzi al tribunal administratif [tribunale amministrativo]. Il ricorso deve essere presentato entro un mese dalla notifica della decisione al detentore delle informazioni richieste. Il ricorso ha effetto sospensivo (...).

Le decisioni del Tribunale amministrativo possono essere impugnate dinanzi alla Cour administrative (Corte amministrativa) [Corte amministrativa]. L’impugnazione deve essere proposta entro [quindici] giorni a partire dalla notifica della sentenza a cura della cancelleria. (...) La Cour administrative (Corte amministrativa) si pronuncia entro un mese dal deposito della comparsa di risposta o, altrimenti, entro un mese dalla scadenza del termine fissato per tale deposito».

III – Fatti del procedimento principale

22.      Il 3 dicembre 2014 l’autorità competente dell’amministrazione tributaria francese ha presentato all’amministrazione tributaria lussemburghese una richiesta di informazioni sulla base della direttiva 2011/16 nell’ambito dell’esame della situazione fiscale della società per azioni semplificata di diritto francese Cofima SAS. La domanda suddetta si riferiva a numerose informazioni relative alla società che deteneva la Cofima, vale a dire la società per azioni di diritto lussemburghese Berlioz Investment SA (in prosieguo: la «Berlioz»).

23.      La Berlioz ha infatti beneficiato dei dividendi versatile dalla sua controllata, la Cofima, in regime di esenzione dalla ritenuta alla fonte e l’amministrazione tributaria francese si chiedeva se fossero state rispettate le condizioni previste in materia dal diritto francese. Essa ha chiesto numerose informazioni all’omologa amministrazione lussemburghese.

24.      A seguito di detta richiesta di assistenza, il Directeur de l’administration des contributions directes luxembourgeoise (direttore dell’amministrazione lussemburghese delle imposte dirette; in prosieguo: il «direttore») ha emesso, il 16 marzo 2015, una decisione con cui ingiungeva alla Berlioz di trasmettergli talune informazioni (in prosieguo: la «decisione di ingiunzione») chiedendole, segnatamente, quanto segue:

–        se la società disponga di una sede di direzione effettiva in Lussemburgo e quali siano le caratteristiche principali delle sedi legali successive (descrizione della sede, superficie degli uffici della Berlioz, apparecchiature materiali e informatiche di proprietà della Berlioz, copia del contratto di locazione dei locali, domicilio) e relativi documenti giustificativi;

–        la fornitura di un elenco dei dipendenti della Berlioz con indicazione delle funzioni nell’ambito della società e l’identificazione dei dipendenti facenti capo alla sede legale della società;

–        se la Berlioz ricorra alla locazione di manodopera in Lussemburgo;

–        se esista un contratto fra la Berlioz e la Cofima e, in caso affermativo, di fornire copia di esso;

–        l’indicazione delle partecipazioni della Berlioz in altre società e le modalità di finanziamento di tali partecipazioni, allegando documenti giustificativi;

–        l’indicazione di nomi e indirizzi dei soci della Berlioz nonché l’importo del capitale detenuto da ciascun socio e la relativa percentuale di detenzione, e

–        l’indicazione dell’importo per il quale i titoli Cofima erano capitalizzati presso la Berlioz prima dell’assemblea generale della Cofima in data 7 marzo 2012 e la cronologia dei valori di registrazione dei titoli della Cofima nell’attivo all’atto dei conferimenti del 5 dicembre 2002 e del 31 ottobre 2003 e dell’acquisizione del 2 ottobre 2007.

25.      Il 21 aprile 2015 la Berlioz rispondeva all’ingiunzione tranne per quanto riguarda i nomi e gli indirizzi dei suoi soci, l’importo del capitale detenuto da ciascuno di essi e la rispettiva percentuale di partecipazione, non trattandosi di elementi prevedibilmente rilevanti ai sensi della direttiva 2011/16 per il controllo compiuto dall’amministrazione tributaria francese.

26.      Il 22 aprile 2015 il direttore ha ingiunto alla Berlioz di comunicargli le informazioni richieste entro il 29 aprile 2015 ammonendola che, in caso contrario, avrebbe potuto esserle irrogata un’ammenda amministrativa fiscale a norma dell’articolo 5, paragrafo 1, della legge del 25 novembre 2014. Visto che la Berlioz ribadiva il suo rifiuto, il direttore le infliggeva, il 18 maggio 2015, un’ammenda amministrativa di EUR 250 000.

27.      A seguito di detta ammenda, la Berlioz ha proposto ricorso dinanzi al tribunal administratif (tribunale amministrativo, Lussemburgo) avverso la decisione del direttore relativa all’inflizione della sanzione chiedendo di verificare la fondatezza della decisione di ingiunzione.

28.      Con sentenza del 13 agosto 2015, il tribunal administratif (tribunale amministrativo) dichiarava il ricorso principale per riforma parzialmente fondato e riduceva l’ammenda a EUR 150 000. Esso respingeva il ricorso quanto al resto dichiarando che non occorreva pronunciarsi sulla domanda in subordine di annullamento.

29.      Con ricorso del 31 agosto 2015, la Berlioz ha proposto appello dinanzi alla Cour administrative (Corte amministrativa) sostenendo che il rifiuto del tribunal administratif (tribunale amministrativo) di verificare la fondatezza della decisione d’ingiunzione, a norma dell’articolo 6, paragrafo 1, della legge del 25 novembre 2014, violava il suo diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo come garantito dall’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (5).

IV – Domanda di pronuncia pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte

31.      Con decisione del 17 dicembre 2015, pervenuta alla Corte il 18 dicembre 2015, la Cour administrative (Corte amministrativa) ha deciso di sottoporre alla Corte, in forza dell’articolo 267 TFUE, le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se uno Stato membro attui il diritto dell’Unione e renda, pertanto, la Carta applicabile, conformemente all’articolo 51, paragrafo 1, di quest’ultima, in una fattispecie come quella in esame qualora infligga ad un singolo una sanzione amministrativa pecuniaria per mancanze contestate al medesimo nell’adempimento degli obblighi di collaborazione derivanti da un provvedimento di ingiunzione adottato dalla competente autorità nazionale, in base a norme procedurali di diritto interne istituite a tal fine, nell’ambito dell’esecuzione, da parte di tale Stato membro in veste di Stato richiesto, di una richiesta di scambio di informazioni proveniente da un altro Stato membro e da questo specificamente fondata sulle disposizioni della direttiva [2011/16].

2)      Se, in caso sia verificato che la Carta si applica al caso di specie, un singolo possa invocare l’articolo 47 della Carta qualora ritenga che la sanzione amministrativa pecuniaria inflittagli sia volta ad obbligarlo a fornire informazioni nell’ambito dell’esecuzione, da parte dell’autorità competente dello Stato membro richiesto in cui egli sia residente, di una richiesta di informazioni proveniente da un altro Stato membro non provvista di alcuna giustificazione relativa all’effettivo obiettivo fiscale, cosicché nel caso di specie venga a mancare un obiettivo legittimo, e che miri a ottenere informazioni prive di prevedibile pertinenza nella fattispecie impositiva in questione.

3)      Se, in caso sia verificato che la Carta si applica al caso di specie, il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale riconosciuto dall’articolo 47 della Carta richieda, senza che l’articolo 52, paragrafo 1, della Carta consenta di imporre restrizioni, che il giudice nazionale competente disponga di una competenza estesa al merito e, pertanto, della facoltà di verificare, perlomeno a titolo di eccezione, la validità di un provvedimento di ingiunzione, adottato dall’autorità competente di uno Stato membro nell’ambito dell’esecuzione di una richiesta di scambio di informazioni presentata dall’autorità competente di un altro Stato membro, specificamente in base alla direttiva 2011/16, nell’ambito di un ricorso presentato dal terzo detentore delle informazioni nonché destinatario di tale decisione di ingiunzione, diretto contro la decisione di quantificazione di una sanzione amministrativa pecuniaria irrogata a causa dell’inadempimento, al medesimo contestato, relativamente all’obbligo di collaborazione nell’ambito dell’esecuzione della suddetta richiesta.

4)      In caso sia verificato che la Carta si applica al caso di specie, se gli articoli 1, paragrafo 1, e 5 della direttiva 2011/16 debbano, alla luce, da un lato, del parallelismo con il principio di prevedibile pertinenza derivante dal modello di convenzione fiscale dell’[Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico] sul reddito e sul patrimonio e, dall’altro, del principio di leale collaborazione di cui all’articolo 4 TUE e del fine della direttiva 2011/16, essere interpretati nel senso che il carattere prevedibilmente pertinente, per quanto riguarda il caso di imposizione in esame e il fine fiscale indicato, delle informazioni richieste da uno Stato membro a un altro Stato membro, costituisca una condizione che debba essere soddisfatta dalla richiesta di informazioni al fine di far scattare l’obbligo, per l’autorità competente dello Stato membro richiesto, di darvi seguito e di legittimare la decisione di ingiunzione a un terzo detentore.

5)      In caso sia verificato che la Carta si applica al caso di specie, se il combinato disposto degli articoli 1, paragrafo 1, e 5 della direttiva 2011/16, nonché 47 della Carta, debba essere interpretato nel senso che esso osti a una disposizione di legge di uno Stato membro che limiti in termini generali la verifica, da parte dell’autorità nazionale competente agente in veste di autorità dello Stato richiesto, della validità di una richiesta di informazioni, al controllo della regolarità formale e che esso imponga al giudice nazionale, adito con ricorso giurisdizionale come quello descritto nella terza questione supra, di verificare il rispetto della condizione di prevedibile pertinenza delle informazioni richieste sotto tutti gli aspetti relativi al caso di imposizione concretamente in discussione, al fine fiscale dichiarato e al rispetto dell’articolo 17 della direttiva 2011/16.

6)      In caso sia verificato che la Carta si applica al caso di specie, se l’articolo 47, paragrafo 2, della Carta osti a una disposizione di legge di uno Stato membro che escluda la sottoposizione al giudice nazionale competente dello Stato richiesto, adito con ricorso giurisdizionale come quello descritto nella terza questione supra, della richiesta di informazioni formulata dall’autorità competente di un altro Stato membro e imponga la presentazione di tale documento dinanzi al giudice nazionale competente e la concessione del diritto di accesso al terzo, o addirittura la sottoposizione di detto documento dinanzi al giudice nazionale, senza consentire l’accesso al terzo detentore a causa del carattere riservato di tale documento, a condizione che le difficoltà causate al medesimo dalla limitazione dei suoi diritti vengano sufficientemente compensate dal procedimento dinanzi al giudice nazionale competente».

32.      Hanno presentato osservazioni scritte la Berlioz, i governi lussemburghese, belga, italiano, polacco e finlandese e la Commissione europea.

33.      Il rappresentante del governo lussemburghese e la Commissione si sono espressi all’udienza dell’8 novembre 2016. A tale udienza hanno potuto esporre le loro argomentazioni anche i rappresentanti del governo tedesco e del governo francese, che non avevano depositato osservazioni scritte.

V –    Analisi

A –    Osservazione preliminare sull’articolo 47 della Carta e sul diritto ivi sancito

34.      L’articolo 47 della Carta reca il titolo «Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale». Con tale disposizione, la Carta riconosce il diritto a un ricorso effettivo sancito dall’articolo 13 della CEDU e il diritto a un equo processo riconosciuto nell’articolo 6, paragrafo 1, della medesima.

35.      La derivazione dell’articolo 47 della Carta dai suddetti articoli della CEDU è indicata espressamente nelle spiegazioni relative alla Carta dei diritti fondamentali: l’articolo 47, primo comma, della Carta «si basa sull’articolo 13 della CEDU», mentre il secondo comma «corrisponde all’articolo 6, paragrafo 1 della CEDU» (6).

37.      A questo riguardo, occorre sottolineare che l’articolo 47 della Carta risulta più esigente dell’articolo 13 della CEDU in quanto il primo richiede l’organizzazione di un ricorso effettivo dinanzi a un «giudice», mentre l’articolo 13 della CEDU si accontenta di un’«istanza nazionale». Inoltre, l’articolo 47 della Carta ha un campo di applicazione ratione materiae più ampio. Da un lato, esso si applica quando «diritti e (…) libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati» (a prescindere dal fatto che essi figurino o meno nella Carta), mentre l’articolo 13 della CEDU richiede una violazione di «diritti e (…) libertà riconosciuti nella [CEDU]» (7). Dall’altro, l’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU limita il diritto a equo processo alle controversie sui diritti e doveri di carattere civile o sulla fondatezza di un’accusa penale. Una restrizione siffatta non si rinviene nell’articolo 47, secondo comma, della Carta (8).

38.      Infine, l’articolo 47 della Carta non può essere trattato indipendentemente dall’articolo 19, [paragrafo 1], secondo comma, del TUE posto che la disposizione in parola impone agli Stati membri di stabilire «i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione» (9).

39.      Occorre affrontare le questioni pregiudiziali sollevate dal giudice del rinvio tenendo a mente le considerazioni che precedono.

B –    Sulla prima questione pregiudiziale

41.      A norma dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, l’attuazione del diritto dell’Unione è effettivamente la conditio sine qua non dell’applicabilità della Carta agli Stati membri. Orbene, secondo i governi lussemburghese e finlandese, così non sarebbe nel caso della normativa nazionale oggetto della controversia principale, posto che la sanzione finanziaria da essa introdotta non è prevista dalla direttiva 2011/16.

42.      Sulla base della suddetta argomentazione, tali Stati membri distinguono la presente causa da quella che ha dato luogo alla sentenza del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C-617/10, EU:C:2013:105). Nella sentenza in parola la Corte ha riconosciuto che gli articoli 2, 250, paragrafo 1, e 273 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (10), e l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, prevedevano l’applicazione di misure necessarie alla riscossione delle imposte. Sulla base di detta constatazione essa ha ritenuto che le sovrattasse e i procedimenti penali previsti dal legislatore nazionale di cui trattasi costituissero un’attuazione del diritto dell’Unione che rendeva applicabile la Carta.

43.      Non condivido, in primo luogo, la tesi dei governi lussemburghese e finlandese posto che, a mio avviso, la distinzione da loro operata non ha ragion d’essere.

44.      Occorre anzitutto precisare che, al punto 28 della sua sentenza del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C-617/10, EU:C:2013:105), la Corte ha anche stabilito che non era necessario che le leggi nazionali interessate fossero esse stesse dirette a trasporre una direttiva dell’Unione, quando la loro applicazione mirava a sanzionare una violazione delle disposizioni della direttiva summenzionata. In altre parole, deve trattarsi dell’attuazione di un’obbligazione specifica, ma non deve necessariamente essere esplicita.

45.      Inoltre, l’articolo 22 della direttiva 2011/16 impone agli Stati membri, in maniera tanto generale quanto le disposizioni invocate nella sentenza del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C-617/10, EU:C:2013:105) (11), di adottare «tutte le misure necessarie per (...) assicurare il buon funzionamento del sistema di cooperazione amministrativa previsto dalla presente direttiva (...)». Di certo, un meccanismo sanzionatorio è una misura necessaria per garantire l’efficacia del sistema di scambio di informazioni istituito con la direttiva 2011/16 (12). In mancanza di una minaccia di sanzioni, la norma prescrittiva di un comportamento è priva di efficacia.

46.      In secondo luogo, è oltremodo strano che il governo lussemburghese affermi che la legge del 25 novembre 2014 non integra un’attuazione del diritto dell’Unione. Infatti, ai sensi dell’articolo 1 della suddetta legge (che, in base al suo titolo, fissa la procedura applicabile allo scambio di informazioni su richiesta in materia fiscale), la legge è applicabile alle richieste provenienti dall’autorità competente di uno Stato richiedente «a norma (…) della legge modificata del 29 marzo 2013 relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale». Orbene, si tratta della legge che recepisce la direttiva 2011/16.

47.      Mi sembra pertanto difficile sostenere che la suddetta legge che disciplina la procedura per ottenere le informazioni richieste da uno Stato membro sulla base della direttiva 2011/16 non dia attuazione a quest’ultima. Infatti, ogni misura adottata «nel quadro» tracciato da un’obbligazione derivante dal diritto dell’Unione rientra in esso e costituisce una misura di attuazione di detto diritto (13).

49.      Alla luce delle considerazioni che precedono, ritengo che, quando uno Stato membro prevede nella sua normativa una sanzione finanziaria a carico di un amministrato che si rifiuta di fornire informazioni nell’ambito di uno scambio d’informazioni tra autorità tributarie fondato sulle disposizioni della direttiva 2011/16, esso attui il diritto dell’Unione, con conseguente applicazione della Carta.

C –    Sulla seconda questione pregiudiziale

50.      Con la sua seconda questione il giudice del rinvio chiede essenzialmente se un amministrato possa invocare l’articolo 47 della Carta quando ritiene che la sanzione pecuniaria che gli è stata inflitta (in ragione del suo rifiuto di comunicare informazioni nell’ambito di uno scambio di informazioni tra autorità tributarie) si fondi su una richiesta d’informazioni di cui mette in dubbio la validità.

52.      La formulazione dell’articolo 47, primo comma, della Carta tende, in effetti, a favorire la seconda alternativa. Tuttavia, ritengo che tale interpretazione non possa essere condivisa.

53.      Da una parte, una siffatta interpretazione letterale dell’articolo 47 della Carta contrasterebbe con il processo di riconoscimento del diritto a un ricorso effettivo nel diritto dell’Unione. Infatti, tale diritto è stato inizialmente sancito dalla giurisprudenza della Corte come principio generale del diritto. Orbene, da essa non risulta che l’individuazione sistematica di un diritto o di una libertà precisi costituisca una condizione di applicazione del diritto a un ricorso effettivo (v., qui a seguire, sezione 1).

54.      Dall’altra, una siffatta interpretazione contrasterebbe con le diverse formulazioni presenti nell’articolo 47 della Carta rispetto agli articoli 6 e 13 della CEDU (v., più avanti, sezione 2).

1.      Breve panoramica dell’evoluzione storica del riconoscimento del diritto alla tutela giurisdizionale effettiva nel diritto dell’Unione

56.      Infatti, in presenza di un diritto fondamentale come la libera circolazione dei lavoratori, la Corte ha stabilito che «l’esistenza di un rimedio di natura giurisdizionale contro qualsiasi decisione di un’autorità nazionale con cui viene rifiutato il beneficio di questo diritto [era] essenziale per assicurare al singolo la tutela effettiva del suo diritto. Come la Corte ha dichiarato nella sentenza [del] 15 maggio 1986 (Johnston, 222/84, [EU:C:1986:206]), tale esigenza costituisce un principio generale di diritto comunitario che deriva dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e che è stato sancito negli articoli 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo» (14).

57.      È vero che tale causa verteva su una violazione di un diritto, vale a dire quello alla libera circolazione. La Corte ha però poi compiuto un passo ulteriore collegando il principio generale del diritto a un ricorso effettivo alla consacrazione dell’Unione quale «Unione di diritto».

59.      In tale contesto, è logico che la giurisprudenza della Corte non richieda l’individuazione sistematica di un diritto o di una libertà precisi e garantiti dal diritto dell’Unione quale condizione per l’applicazione del diritto a un ricorso effettivo.

60.      La sentenza del 26 settembre 2013, TexdataSoftware (C-418/11, EU:C:2013:588), illustra l’approccio adottato dalla Corte. In detta sentenza la Corte ha anzitutto ritenuto che la normativa nazionale che fissa le sanzioni applicate in caso di mancato rispetto dell’obbligo di pubblicità dei documenti contabili (15) costituisse attuazione del diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta (16). La Corte ne ha poi desunto l’applicabilità delle disposizioni della Carta (17). Infine, senza cercare di individuare la violazione di un diritto o di una libertà precisi, la Corte ha proseguito con l’esame del rispetto dell’articolo 47 della Carta (18).

2.      Interpretazione dell’articolo 47, primo comma, della Carta

61.      Come già osservato nella mia osservazione preliminare, l’articolo 47 della Carta ha inoltre un ambito di applicazione ratione materiae più ampio di quello della CEDU.

62.      Mentre l’articolo 13 della CEDU richiede, ai fini della sua applicazione, una violazione dei «diritti e [delle] libertà riconosciuti nella [CEDU]», l’articolo 47 della Carta si applica quando «[siano stati violati] diritti e (…) libertà garantiti dal diritto dell’Unione», a prescindere dal fatto che essi siano o meno contemplati nella Carta.

63.      Orbene, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, quest’ultima è opponibile agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione. Di conseguenza, il riconoscimento dell’applicabilità della Carta implica già, necessariamente, l’esistenza di un diritto garantito dal diritto dell’Unione (19). Esigere che la suddetta disposizione di diritto dell’Unione, che comporta l’applicabilità della Carta, conferisca, in aggiunta, un diritto soggettivo preciso suscettibile di violazione in capo al singolo contrasta, a mio avviso, con l’intenzione liberale alla base dell’articolo 47 della Carta.

65.      Infatti, oltre a riconoscere la tutela giurisdizionale rispetto al diritto dell’Unione nel suo insieme, l’articolo 47, secondo comma, della Carta riconosce a ogni persona il diritto a che la sua «causa» sia esaminata da un giudice indipendente e imparziale, mentre l’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU limita la nozione di «causa» alle controversie sui diritti e doveri di carattere civile o sulla fondatezza di un’accusa penale.

66.      Infine, quando - come nel caso di specie - si tratta di contestare una decisione pregiudizievole, l’applicabilità dell’articolo 47 della Carta risulta essere la conditio sine qua non di un’Unione di diritto. Infatti, come già ricordato in precedenza, l’Unione di diritto implica che né gli Stati membri, né le istituzioni dell’Unione possano sottrarsi al controllo di conformità dei loro atti.

67.      In conclusione, ritengo che il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale sancito nell’articolo 47 della Carta comporti necessariamente il diritto di accesso alla giustizia, vale a dire la possibilità per un singolo di sottoporre a un controllo giurisdizionale rigoroso ogni atto potenzialmente lesivo dei suoi interessi (20). Orbene, è agli Stati membri che l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE impone di stabilire «i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione».

68.      Ritengo pertanto che un amministrato possa invocare l’articolo 47 della Carta quando ritiene che la sanzione amministrativa pecuniaria che gli è stata inflitta si fondi su una richiesta di informazioni di cui egli contesta la validità, laddove tale richiesta sia stata avanzata nell’ambito di una procedura che costituisce attuazione del diritto dell’Unione.

D –    Sulla terza e sulla quinta questione pregiudiziale

69.      Con la terza questione, il giudice del rinvio chiede essenzialmente se il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale, come sancito nell’articolo 47 della Carta, imponga di riconoscere al giudice nazionale una competenza estesa al merito nell’ambito del ricorso proposto avverso una sanzione amministrativa pecuniaria inflitta al ricorrente in ragione del suo rifiuto di comunicare determinate informazioni nel contesto di uno scambio di informazioni fiscali tra Stati membri.

70.      In tale ottica, l’esigenza di una competenza estesa al merito riguarda quindi la possibilità per il giudice nazionale di valutare la proporzionalità della sanzione ma anche quella di esaminare la legittimità della decisione d’ingiunzione su cui detta sanzione si fonda.

71.      La quinta questione sollevata dal giudice del rinvio riguarda, a sua volta, la portata dell’effettuando controllo. Infatti, con la questione di cui trattasi, la Cour administrative (Corte amministrativa) cerca di sapere se il controllo cui sono tenuti l’autorità tributaria e il giudice dello Stato interpellato - ove gli sia riconosciuta una competenza estesa al merito - sia circoscritto alla regolarità formale della richiesta di informazioni.

1.      Sulla necessità di una competenza estesa al merito

73.      Come già osservato, l’articolo 52, paragrafo 3, della Carta prevede che ai diritti da essa riconosciuti corrispondenti a quelli garantiti dalla CEDU debba essere riconosciuto significato e portata uguali a quelli conferiti dalla suddetta convenzione. Ferme restando le considerazioni svolte in via preliminare, così è nel caso dell’articolo 47 della Carta rispetto agli articoli 6, paragrafo 1, e 13 della CEDU.

74.      In base alla spiegazione relativa all’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, il significato e la portata dei diritti garantiti sono determinati non solo dal testo della CEDU, ma anche, in particolare, dalla giurisprudenza della Corte europea per i diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte EDU») (21). Orbene, occorre constatare che esiste una giurisprudenza consolidata della Corte EDU in materia di necessità di un mezzo di ricorso effettivo: in presenza di un sistema di ammende amministrative – quali le sanzioni fiscali – il diritto a un equo processo (garantito dall’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU e dall’articolo 47, secondo comma, della Carta) presuppone che la decisione di un’autorità amministrativa che non soddisfa essa stessa le condizioni dell’articolo di cui trattasi sia soggetta al controllo ulteriore di un organo giurisdizionale avente competenza estesa al merito (22).

75.      Secondo la Corte EDU, «tra le caratteristiche di un organo giurisdizionale siffatto, rientra il potere di riformare in ogni punto la decisione impugnata adottata dall’organo di grado inferiore. Esso deve, in particolare, essere competente ad affrontare tutte le questioni di fatto e di diritto pertinenti ai fini della controversia che si trova a dirimere» (23).

76.      Inoltre, da una giurisprudenza costante della Corte EDU, risulta che un giudice può essere vincolato da una decisione amministrativa essenziale ai fini della controversia solo se la decisione di cui trattasi è stata emanata nell’ambito di un procedimento amministrativo che è a sua volta conforme alle condizioni di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU (24).

77.      Nel caso di specie, occorre compiere due constatazioni. Da una parte, l’articolo 5, paragrafo 1, della legge del 25 novembre 2014 qualifica esplicitamente la misura sanzionatoria del rifiuto di comunicare le informazioni richieste come «ammenda amministrativa fiscale». Dall’altra, dall’articolo 6 di detta legge emerge che i singoli possono presentare ricorso unicamente contro la decisione con cui è inflitta la sanzione pecuniaria, posto che il giudice competente è implicitamente vincolato dalla decisione d’ingiunzione.

78.      Orbene, è pacifico che la procedura di cooperazione amministrativa nel settore fiscale instaurata dalla direttiva 2011/16, recepita nel diritto lussemburghese con la legge del 29 marzo 2013, e le successive decisioni d’ingiunzione e sanzionatorie adottate in applicazione delle suddette disposizioni non offrono le garanzie previste dall’articolo 47 della Carta. Infatti, tenuto conto dell’obbligo di efficace collaborazione tra le amministrazioni alla base delle suddette decisioni (25), esse non sono adottate, ovviamente, da un organo indipendente e imparziale dinanzi al quale la parte ha potuto essere sentita in maniera equa e pubblica.

79.      Benché la direttiva 2011/16 non conferisca, di per sé, alcun diritto ai singoli (26), l’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria prevista nell’ottica di far rispettare la direttiva impone, di contro, l’accesso al giudice.

80.      Di conseguenza, ai fini del rispetto dell’articolo 47 della Carta, ritengo che il giudice adito con un ricorso avverso la sanzione amministrativa pecuniaria debba poter esaminare la legittimità della decisione d’ingiunzione su cui si fonda la sanzione. Da una parte, il giudice nazionale non può essere vincolato dalla decisione d’ingiunzione adottata unilateralmente dall’amministrazione. Dall’altra, la legittimità della decisione d’ingiunzione in parola costituisce, di certo, una questione di diritto rilevante ai fini della controversia e della sua definizione.

2.      Portata del ricorso esteso al merito

81.      Dalla giurisprudenza della Corte e da quella della Corte EDU emerge che il diritto di ricorso ad un giudice non è un diritto assoluto (27). L’esercizio del diritto a un ricorso effettivo può quindi essere disciplinato.

a)      Possibilità di limitare il diritto a un ricorso effettivo

84.      In realtà si tratta semplicemente di rispettare il precetto dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, secondo cui «una limitazione al diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice ai sensi dell’articolo 47 della Carta (…) può essere giustificata soltanto se prevista dalla legge, se rispetta il contenuto essenziale di tale diritto e se, in osservanza del principio di proporzionalità, è necessaria e risponde effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui» (28).

85.      L’esercizio del diritto a un ricorso effettivo può quindi essere limitato a condizione che non sia lesa la sostanza del diritto. In tale ottica, la Corte EDU ha altresì precisato che il ruolo dell’articolo 6 della CEDU non era di garantire l’accesso a un giudice che potesse sostituire la propria opinione a quella delle autorità amministrative (29).

86.      Al fine di valutare il carattere sufficiente della portata del controllo che il giudice nazionale competente è autorizzato a compiere, occorre considerare l’oggetto della decisione impugnata. Tale elemento è tanto più importante quando la decisione «riguarda un settore specifico che richiede conoscenze specialistiche o se, e in che misura, essa implica l’esercizio di un potere discrezionale dell’amministrazione» (30).

b)      Portata dei controlli di regolarità (da parte dell’amministrazione dello Stato interpellato) e di legittimità (da parte di un giudice di detto stesso Stato) nell’ambito di una richiesta di informazioni fondata sulla direttiva 2011/16

88.      Ricordo, in primo luogo, che la direttiva 77/799 mirava a combattere la frode e l’evasione fiscale internazionali (31). I primi due considerando della direttiva 2011/16 confermano tale obiettivo. La suddetta finalità può essere dedotta anche dall’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva 2011/16 secondo cui «[g]li Stati membri comunicano alla Commissione tutte le informazioni pertinenti necessarie per valutare l’efficacia della cooperazione amministrativa in conformità della presente direttiva nella lotta all’evasione e all’elusione fiscale» (32).

89.      Orbene, da una giurisprudenza ormai costante della Corte emerge che l’obiettivo della lotta alla frode fiscale e all’evasione fiscale può essere considerato come legittimo e integrante una ragione imperativa di interesse generale (33).

90.      In secondo luogo, la Corte ha stabilito che lo Stato interpellato era tenuto, in linea di principio, a rispondere alla richiesta d’informazioni presentata dall’autorità competente di un altro Stato membro (34).

91.      A questo riguardo, l’utilizzo dell’indicativo presente nell’articolo 5 della direttiva 2011/16 conferma il carattere obbligatorio della comunicazione delle informazioni. Infatti, in base all’articolo di cui trattasi, «[s]u richiesta dell’autorità richiedente, l’autorità interpellata trasmette all’autorità richiedente le informazioni previste all’articolo 1, paragrafo 1 (...)» (35). La riserva contenuta in precedenza nell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 77/799 è ormai sviluppata in un articolo specifico della direttiva 2011/16 dal titolo «Limiti», vale a dire l’articolo 17. Tuttavia, l’articolo 18 della direttiva in parola precisa che le disposizioni di cui all’articolo 17, paragrafi 2, 3 e 4, non «[possono] in nessun caso essere interpretat[e] nel senso di autorizzare uno Stato membro interpellato a rifiutare di fornire informazioni per il solo motivo che queste ultime non presentano alcun interesse per tale Stato».

92.      In terzo luogo, è altresì chiaro che lo Stato richiedente non può richiedere qualsiasi informazione fiscale. Infatti, il rimando operato dall’articolo 5 della direttiva 2011/16 all’articolo 1 della stessa impone un chiaro limite: la direttiva di cui trattasi stabilisce le norme e le procedure in base alle quali gli Stati membri cooperano fra loro ai fini dello scambio di informazioni prevedibilmente pertinenti per l’amministrazione e l’applicazione delle leggi nazionali degli Stati membri relative alle imposte (36).

93.      Tale limite è esplicitato nel considerando 9 della direttiva 2011/16, secondo cui «[l]a norma di “prevedibile pertinenza” è predisposta per lo scambio di informazioni in materia fiscale nella misura più ampia possibile e, nel contempo, per chiarire che gli Stati membri non possono procedere a richieste generiche di informazioni o richiedere informazioni che probabilmente non sono pertinenti alle questioni fiscali di un contribuente (...)».

94.      Dalla suddetta disposizione e dalla sua spiegazione emerge che il rispetto della norma di «prevedibile pertinenza» condiziona la regolarità della richiesta d’informazioni. Essa deve quindi essere sottoposta a controllo dall’autorità interpellata su tale punto. L’articolo 7, paragrafo 4, della direttiva 2011/16 l’autorizza peraltro a segnalare all’autorità richiedente le eventuali carenze accertate nella richiesta.

95.      Di conseguenza, la disposizione in parola costituisce anche il criterio alla luce del quale deve essere esaminata la legittimità della decisione d’ingiunzione, esame cui deve procedere un giudice nell’accezione dell’articolo 47 della Carta.

96.      In quarto luogo, la celerità e la discrezione sono evidentemente essenziali nella lotta contro la frode fiscale e l’evasione fiscale, come confermano i considerando 4 e 8 della direttiva 2011/16. Questo è il motivo per cui all’articolo 7 di detta direttiva sono stati fissati termini per la comunicazione delle informazioni (37).

97.      Dalle quattro osservazioni che precedono emerge che, a meno di non voler privare di gran parte della sua efficacia il meccanismo di collaborazione instaurato dalla direttiva 2011/16, la verifica della regolarità della richiesta d’informazioni da parte dell’autorità tributaria dello Stato interpellato e il controllo di legittimità successivo effettuato dal giudice nazionale devono essere limitati. Una siffatta limitazione è giustificata alla luce dell’obiettivo di interesse generale perseguito, vale a dire la lotta alla frode fiscale e all’evasione fiscale

98.      A questo proposito, l’articolo 20 della direttiva 2011/16 definisce i parametri utili ai fini della definizione dell’effettuando controllo imponendo che determinate informazioni minime siano contenute nei formulari tipo di cui il legislatore consiglia l’uso per le richieste d’informazioni di cui all’articolo 5 della direttiva 2011/16 e le relative risposte. Il considerando 9 della direttiva 2011/16, che menziona la norma di «prevedibile pertinenza», rinvia peraltro esplicitamente all’articolo 20.

99.      Gli elementi menzionati nell’articolo 20, paragrafo 2, primo comma, della direttiva 2011/16 sono l’identità della persona oggetto della verifica o indagine e il fine fiscale per il quale si richiedono le informazioni. Il secondo comma aggiunge che l’autorità richiedente può fornire il nome e l’indirizzo di qualsiasi persona ritenuta in possesso delle informazioni richieste.

100. Sulla base di tali elementi, l’autorità interpellata deve essere in grado di stabilire se le informazioni richieste siano prevedibilmente pertinenti per raggiungere l’obiettivo descritto dall’autorità richiedente, vale a dire che esse riguardino effettivamente la situazione fiscale del contribuente interessato e possano supportare l’autorità richiedente nel determinare correttamente l’importo dell’imposta dovuta.

101. In altre parole, l’autorità dello Stato interpellato deve poter stabilire se le informazioni richieste possano essere collegate alla determinazione dell’imposta cui l’autorità richiedente intende pervenire (38).

102. L’interpretazione suddetta trova conferma nei commentari alle disposizioni dell’articolo 26 del modello di convenzione fiscale relativo ai redditi e al patrimonio dell’OCSE cui il legislatore dell’Unione si è a sua volta ispirato (39). Infatti, in base alle spiegazioni relative al citato articolo della convenzione, deve sussistere «una possibilità ragionevole che le informazioni richieste risultino pertinenti» (40). La nozione di «prevedibile pertinenza» è volta a impedire che uno Stato solleciti informazioni «che è pocoprobabile che abbiano un collegamento con un’inchiesta o un controllo in corso» (41).

103. Il legittimo obiettivo perseguito dalla direttiva 2011/16 impone che gli stessi limiti si applichino al controllo di legittimità della decisione d’ingiunzione compiuto nell’ambito di un ricorso giurisdizionale introdotto avverso la sanzione pecuniaria inflitta alla persona che si sia rifiutata di comunicare le informazioni richieste.

104. In concreto, il giudice nazionale deve poter verificare che la decisione d’ingiunzione si fonda su una richiesta di informazioni che presenta un collegamento tra, da una parte, le informazioni richieste, il contribuente interessato e il terzo eventualmente informato e, dall’altra, la finalità fiscale perseguita.

105. Per essere sanzionata, l’incongruità tra la richiesta d’informazioni e la finalità fiscale perseguita deve essere manifesta. Imporre un esame giuridico dettagliato al giudice dello Stato interpellato presupporrebbe una conoscenza approfondita del contesto di fatto e giuridico esistente nello Stato richiedente che non può essergli imposta e non potrebbe peraltro neppure essere realizzata (42). Condivido l’opinione espressa dalla Commissione a detta della quale la nozione di «prevedibile pertinenza» impone solo «una verifica “sommaria e formale di fatto”» (43).

106. Allo stesso modo, non mi sembra debbano essere presi in considerazione i limiti all’obbligo di comunicazione elaborati nell’articolo 17 della direttiva 2011/16. Infatti, l’autorità interpellata è, in linea di principio, tenuta a rispondere alla richiesta d’informazioni (44) e i limiti previsti nell’articolo 17 della direttiva sono solo possibilità lasciate alla valutazione dell’autorità interpellata di non trasmettere informazioni (45). Come osservato in precedenza dalla Corte rispetto allo Stato richiedente, con l’utilizzo del termine «può», il legislatore ha indicato che le amministrazioni tributarie nazionali dispongono di una facoltà (46). Orbene, è detto verbo ad essere utilizzato nell’articolo 17, paragrafi 3 e 4, della direttiva 2011/16 (47).

107. Non spetta quindi al giudice valutareex post l’opportunità di utilizzare dette possibilità se l’autorità interpellata non ha ritenuto utile farlo quando ha ricevuto la richiesta d’informazioni.

c)      Conclusioni intermedie sulla portata dei controlli di regolarità e di legittimità nell’ambito di una richiesta d’informazioni fondata sulla direttiva 2011/16

108. La direttiva 2011/16 non conferisce di per sé alcun diritto ai singoli.

109. Tuttavia, prima di adottare una decisione d’ingiunzione, l’autorità interpellata deve poter stabilire se le informazioni richieste siano prevedibilmente pertinenti per conseguire l’obiettivo descritto dall’autorità richiedente, vale a dire verificare se esse riguardino la situazione fiscale del contribuente interessato e possano aiutare l’autorità richiedente a stabilire correttamente l’importo dell’imposta dovuta.

110. L’imposizione di una sanzione amministrativa pecuniaria prevista nell’obiettivo di far rispettare la direttiva impone, inoltre, l’accesso a un giudice ai sensi dell’articolo 47 della Carta. Ciò presuppone che il giudice adito con il ricorso avverso la sanzione pecuniaria possa esaminare la legittimità della decisione d’ingiunzione su cui essa si fonda.

111. Tuttavia, l’obiettivo legittimo della lotta alla frode fiscale e all’evasione fiscale perseguito dalla direttiva 2011/16 impone di limitare il controllo di legalità come segue: il giudice deve soltanto essere messo nelle condizioni di verificare, sulla base di un esame sommario, che la decisione d’ingiunzione si fonda su una domanda d’informazioni recante un collegamento tra, da una parte, le informazioni richieste, il contribuente interessato e il terzo eventualmente informato e, dall’altra, la finalità fiscale perseguita. Per fondare un accertamento dell’illegittimità, l’incongruità tra la richiesta di informazioni e l’obiettivo fiscale deve essere manifesta.

112. Così concepita, tale tipologia di controllo non mi sembra privare della sua essenza il diritto a un ricorso effettivo garantito dall’articolo 47 della Carta. Inoltre, è assicurato il rispetto del principio di proporzionalità posto che le restrizioni imposte sono necessarie per garantire l’efficacia della procedura di collaborazione amministrativa nel settore fiscale instaurata con la direttiva 2011/16 e non eccedono quanto necessario per raggiungere l’obiettivo della lotta contro la frode e l’evasione fiscale.

d)      Considerazioni finali sull’assenza di incoerenza con la situazione del contribuente

113. Nella sua sentenza del 22 ottobre 2013, Sabou (C-276/12, EU:C:2013:678), la Corte ha stabilito che, nell’ambito delle procedure di controllo fiscale, occorreva distinguere la fase d’indagine – in cui ricade la richiesta d’informazioni avanzata da un’amministrazione tributaria a un’altra – dalla fase contraddittoria. Secondo la Corte, «il rispetto dei diritti della difesa del contribuente non esige la partecipazione di quest’ultimo alla richiesta d’informazioni inoltrata dallo Stato membro richiedente allo Stato membro richiesto» (48).

115. L’argomentazione non può essere condivisa dal momento che il contribuente oggetto dell’inchiesta e il terzo interpellato non si trovano in posizioni equivalenti.

116. Infatti, il mancato riconoscimento obbligatorio di diritti procedurali al contribuente nella sentenza del 22 ottobre 2013, Sabou (C-276/12, EU:C:2013:678) è giustificato in ragione del distinguo operato dalla Corte, nell’ambito della procedura di controllo fiscale, tra la fase d’indagine e la fase contraddittoria (49). Quest’ultima ai apre con l’invio al contribuente di una proposta di rettifica. Orbene, la suddetta seconda tappa implica necessariamente per il contribuente il rispetto di determinati diritti tra cui quello di contestare, se del caso, la decisione finale in sede giudiziale.

117. Il terzo interpellato non è coinvolto nella seconda fase della procedura di controllo fiscale. Esso non potrà quindi ivi far valere i suoi diritti. Inoltre, contrariamente alla situazione del contribuente, si può veramente parlare d’inchieste per il terzo interpellato, soprattutto quando gli è inflitta una sanzione pecuniaria? Date le circostanze, non è incoerente rispondere alla questione attinente al diritto a un ricorso effettivo in maniera diversa a seconda che si tratti del contribuente di cui lo Stato richiedente cerca di calcolare l’importo delle imposte o del terzo cui è diretta la decisione d’ingiunzione successiva alla richiesta d’informazioni.

E –    Sulla quarta questione pregiudiziale

118. Con la sua quarta questione, il giudice del rinvio chiede lumi sulla portata della nozione di «prevedibile pertinenza» di cui agli articoli 1, paragrafo 1, e 5 della direttiva 2011/16. La Cour administrative (Corte amministrativa) si domanda essenzialmente se si tratti di una condizione di validità della richiesta d’informazioni diretta dall’autorità richiedente all’autorità interpellata e della successiva decisione di ingiunzione.

119. In sede di esame della terza e della quinta questione, ho ritenuto che il rinvio operato dall’articolo 5 della direttiva 2011/16 all’articolo 1 della medesima direttiva imponga una limitazione chiara dell’obbligo posto a carico dell’autorità interpellata.

120. Infatti, in conformità dei suddetti due articoli, la direttiva 2011/16 stabilisce le regole e le procedure che obbligano gli Stati membri a cooperare tra di loro solo al fine dello scambio delle informazioni prevedibilmente pertinenti per l’amministrazione e l’applicazione della normativa interna degli Stati membri in materia di imposte (50).

121. Ne ho dedotto che il rispetto della norma di «prevedibile pertinenza» incideva sulla regolarità della richiesta d’informazioni e della successiva decisione d’ingiunzione e che essa costituiva anche il criterio alla luce del quale un giudice, ai sensi dell’articolo 47 della Carta, doveva esaminare la legittimità della decisione di ingiunzione (51).

122. In altre parole, il carattere prevedibilmente pertinente delle informazioni richieste da uno Stato membro a un altro Stato membro costituisce una condizione che la richiesta di informazioni deve soddisfare per far scattare l’obbligo, per lo Stato membro interpellato, di darvi seguito.

F –    Sulla sesta questione pregiudiziale

123. Con la sua sesta questione, il giudice del rinvio chiede essenzialmente se l’articolo 47, paragrafo 2, della Carta imponga che la richiesta d’informazioni inviata dall’autorità richiedente all’autorità interpellata sia comunicata al destinatario della decisione d’ingiunzione e al giudice nell’ambito del ricorso presentato contro una sanzione pecuniaria dovuta al diniego di risposta opposto a tale decisione.

124. La questione non è di poco rilievo. Essa riguarda il principio del contraddittorio che è considerato come un principio fondamentale, posto che permette l’esercizio dei diritti della difesa e l’accertamento della verità giudiziaria (52).

125. Nel quadro della direttiva 2011/16, gli elementi idonei a dimostrare il legame tra le informazioni richieste e la finalità fiscale perseguita dall’autorità richiedente – vale a dire la prevedibile pertinenza delle informazioni richieste – sono necessariamente sviluppati nella richiesta d’informazioni. Di contro, non è certo che detti elementi siano riprodotti nella richiesta d’ingiunzione notificata al terzo interpellato. Al contrario, l’articolo 3, paragrafo 4, della legge del 25 novembre 2014 precisa esplicitamente che la decisione d’ingiunzione contiene solo le indicazioni indispensabili per permettere al rispettivo detentore d’individuare le informazioni richieste (53).

126. Una decisione d’ingiunzione così concisa non permette di certo di verificare se essa si fondi su una richiesta d’informazioni che presenta un collegamento tra, da una parte, le informazioni richieste, il contribuente interessato e il terzo eventualmente informato e, dall’altra, la finalità fiscale perseguita (54).

127. Di conseguenza, l’iniziale richiesta d’informazioni dello Stato richiedente deve necessariamente essere portata a conoscenza del giudice adito con il ricorso avverso la sanzione pecuniaria. Diversamente, per quest’ultimo sarà impossibile esercitare il controllo di legittimità imposto dall’articolo 47 della Carta.

128. In effetti, come ha avuto occasione di ricordare di recente l’avvocato generale Bot al paragrafo 92 delle sue conclusioni nella causa ZZ (C-300/11, EU:C:2012:563), «perfino quando viene addotta una minaccia alla sicurezza nazionale, la garanzia di un ricorso effettivo esige almeno che l’organo di ricorso indipendente sia informato dei motivi alla base della decisione controversa, anche se questi ultimi non sono accessibili al pubblico (...)» (55).

129. Ma cosa accade per quanto riguarda il terzo interpellato? Il fatto di non disporre della richiesta di informazioni creerebbe uno squilibrio tra le parti del procedimento.

130. Già agli albori della costruzione europea, la Corte ha statuito che fondare una decisione giurisdizionale su fatti o documenti di cui le parti stesse, o una tra di esse, non hanno potuto aver conoscenza o sui quali non sono state messe nelle condizioni di prendere posizione integrerebbe una violazione del diritto fondamentale a un ricorso giurisdizionale effettivo (56).

131. Di certo, neppure il principio del contraddittorio è assoluto. A questo riguardo non si può dimenticare il contesto in cui la presente controversia si inserisce: la collaborazione tra le amministrazioni tributarie nell’ottica di contrastare la frode fiscale e l’evasione fiscale. In tale contesto non è escluso che la comunicazione della richiesta d’informazioni al terzo possa nuocere all’efficacia dello scambio di informazioni o diminuire le possibilità di successo dell’inchiesta condotta dall’autorità richiedente. Inoltre, la divulgazione della richiesta d’informazioni al terzo interpellato non potrebbe violare il diritto alla tutela dei dati personali del contribuente oggetto dell’inchiesta fiscale?

132. Non ritengo tuttavia che i suddetti motivi giustifichino, in termini generali e assoluti, la violazione delle garanzie inerenti al diritto a un ricorso effettivo connessa all’accesso limitato agli elementi indispensabili per la valutazione della legittimità della sanzione inflitta.

133. Infatti, la Corte EDU ha riconosciuto che il principio del contraddittorio poteva essere assoggettato a limiti, ma solo nell’ottica di preservare il diritto fondamentale di un altro singolo o un interesse pubblico importante (57). A suo avviso, solo le misure «assolutamente necessarie» sono legittime rispetto all’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU (58).

134. A questo riguardo, nell’ambito della direttiva 2011/16, i diritti di un altro soggetto non mi sembra possano, a priori, giustificare la riservatezza della richiesta d’informazioni nei confronti del terzo interpellato. È probabile infatti che le informazioni relative al contribuente coinvolto nell’inchiesta fiscale siano già state evidenziate nella richiesta di ingiunzione (59). Di contro, la lotta alle frodi fiscali e all’evasione fiscale integra certamente un interesse pubblico importante.

135. Tuttavia, anche in condizioni eccezionali legate alla sicurezza pubblica in presenza di una supposta minaccia terroristica, la Corte ha stabilito che l’autorità nazionale competente era tenuta a fornire prova del fatto che la sicurezza dello Stato sarebbe stata effettivamente compromessa da una comunicazione all’interessato dei motivi precisi e completi alla base della decisione controversa (60).

136. Tale esigenza si inserisce anch’essa nella giurisprudenza della Corte EDU secondo cui la restrizione del principio del contraddittorio deve essere compensata da meccanismi procedurali adeguati idonei a garantire un livello soddisfacente di equità nel corso del procedimento (61). Infatti, la valutazione della necessità di una divulgazione da parte del giudice è considerata come una garanzia importante idonea a ovviare al rifiuto di comunicazione da parte dell’autorità competente (62).

137. Tenuto conto delle considerazioni che precedono, ritengo che la richiesta di informazioni debba quindi, necessariamente, essere comunicata al giudice adito con il ricorso avverso la sanzione pecuniaria e al terzo interpellato. Se l’amministrazione dello Stato interpellato ritiene che quest’ultima comunicazione possa compromettere l’efficacia della collaborazione tra le amministrazioni ai fini della lotta alla frode e all’evasione fiscale (o ledere un altro interesse pubblico o diritto fondamentale di un altro individuo), spetta ad essa fornirne prova nell’ambito del ricorso succitato e al giudice dirimere la questione.

VI – Conclusione

138. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dalla Cour administrative (Corte amministrativa) come segue:

«1)      Uno Stato membro che prevede, nella sua normativa nazionale, una sanzione finanziaria a carico dell’amministrato che si rifiuta di fornire informazioni nell’ambito dello scambio di informazioni tra autorità tributarie fondato, in particolare, sulle disposizioni della direttiva 2011/16/UE del Consiglio, del 15 febbraio 2011, relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale, dà attuazione al diritto dell’Unione con conseguente applicazione della Carta.

2)      Un amministrato può invocare l’articolo 47 della Carta quando ritiene che la sanzione amministrativa pecuniaria inflittagli si fondi su una richiesta di informazioni di cui mette in dubbio la validità se tale richiesta è presentata nell’ambito di un procedimento che costituisce attuazione del diritto dell’Unione.

3)      L’articolo 47 della Carta deve essere interpretato nel senso che il giudice adito con il ricorso avverso la sanzione amministrativa pecuniaria irrogata a fronte del rifiuto di rispondere alla decisione d’ingiunzione deve poter esaminare la legittimità della decisione in parola. Tuttavia, considerato l’obiettivo legittimo della lotta alle frodi fiscali e all’evasione fiscale perseguito dalla direttiva 2011/16, il giudice deve unicamente essere in grado di verificare, sulla base di un esame sommario, che la decisione d’ingiunzione si fondi su una richiesta d’informazioni che presenta un legame tra, da una parte, le informazioni richieste, il contribuente interessato e il terzo eventualmente informato e, dall’altra, l’obiettivo fiscale perseguito. Per fondare una dichiarazione d’illegittimità, l’incongruità tra la richiesta di informazioni e l’obiettivo fiscale deve essere manifesta.

4)      Il carattere prevedibilmente pertinente delle informazioni richieste da uno Stato membro a un altro Stato membro sulla base della direttiva 2011/16 integra una condizione che la richiesta di informazioni deve soddisfare per far scattare l’obbligo, per lo Stato membro interpellato, di darvi seguito.

5)      La richiesta d’informazioni su cui si fonda la decisione d’ingiunzione deve, necessariamente, essere comunicata al giudice adito con il ricorso avverso la sanzione pecuniaria e al terzo interpellato. Se l’amministrazione dello Stato interpellato ritiene che quest’ultima comunicazione possa compromettere l’efficacia della collaborazione tra le amministrazioni ai fini della lotta alle frodi e all’evasione fiscale (o ledere un altro interesse pubblico o un diritto fondamentale di un altro individuo), spetta ad essa fornirne prova nell’ambito del ricorso succitato e al giudice dirimere la questione».


1 –      Lingua originale: il francese.


2 –      GU 2011, L 64, pag. 1.


3 –      Mi riferisco alle inchieste condotte da alcuni giornalisti provenienti da diversi paesi riuniti nell’International Consortium of Investigative Journalists (Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi, ICIJ) che hanno portato alle rivelazioni denominate LuxLeaks, SwissLeaks o, ancora, Panama Papers.


4 –      La Commissione europea ha avviato una serie di indagini nei confronti di diversi Stati membri che avevano riconosciuto aliquote fiscali di favore a determinate imprese, come il Regno dei Paesi Bassi a Starbucks, l’Irlanda a Apple, il Granducato di Lussemburgo a McDonald’s e Amazon o, ancora, il Regno del Belgio con il suo sistema detto «excess profits rulings».


5 –      In prosieguo: la «CEDU».


6 –      GU 2007, C 303, pagg. da 17 a 35, in particolare pagg. 29 e 30. V. in particolare, in tal senso, sentenza del 30 giugno 2016, Toma e Biroul Executorului Judecătoresc Horațiu-Vasile Cruduleci (C-205/15, EU:C:2016:499, punto 40). Si veda, sulla giurisprudenza della Corte relativa alla questione in parola, Lebrun, G., «De l’utilité de l’article 47 de la Charte des droits fondamentaux de l’Union européenne», Rev. trim. dr. h., 2016/106, pagg. da 433 a 459, in particolare pag. 440.


7 –Il corsivo è mio. V., in tal senso, Braibant, G., La Charte des droits fondamentaux de l’Union européenne, Éditions du Seuil, Parigi, 2001, pagg. 235 e 236.


8 –V., in tal senso, Shelton, D., «Article 47 – Right to an Effective Remedy and to a Fair Trial», in Peers, St., Hervey, T., Kenner, J., e Ward, A. (a cura di), The EU Charter of Fundamental Rights – A commentary, Hart Publishing, Oxford, 2014,pagg. da 1197 a 1275, in particolare n. 47.44.


9 –V., in tal senso, Hofmann, H. Ch., «Article 47 – Right to an Effective Remedy and to a Fair Trial», in Peers, St., Hervey, T., Kenner, J., e Ward, A. (a cura di), The EU Charter of Fundamental Rights –A commentary, Hart Publishing, 2014, pagg. da 1197 a 1275, in particolare n. 47.50.


10 –      GU 2006, L 347, pag. 1.


11 –      In base all’articolo 273, primo comma, della direttiva 2006/112, «[g]li Stati membri possono stabilire (…) altri obblighi che essi ritengono necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA [imposta sul valore aggiunto] e ad evitare le evasioni (…)». L’articolo 2 della direttiva 2006/112 definisce le operazioni soggette a IVA e l’articolo 250, paragrafo 1, di detta stessa direttiva verte sulla dichiarazione IVA che il soggetto passivo è chiamato a fare.


12 –      A questo riguardo, il fatto che la direttiva (UE) 2016/881 del Consiglio, del 25 maggio 2016, recante modifica della direttiva 2011/16/UE per quanto riguarda lo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale (GU 2016, L 148, pag. 8) introduca, nella direttiva 2011/16, un nuovo articolo 25 bis che prevede esplicitamente che gli Stati membri stabiliscono le norme in materia di sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate in applicazione della direttiva in parola relativamente a uno specifico articolo (il nuovo articolo 8 bis) non modifica la portata della regola enunciata all’articolo 22 della direttiva 2011/16.


13 –V., in tal senso, Safjan, M., Düsterhaus, D., e Guérin, A., «La Charte des droits fondamentaux de l’Union européenne et les ordres juridiques nationaux, de la mise en œuvre à la mise en balance», RTD Eur., 2016, pagg. da 219 a 247, in particolare pag. 229.


14 –      Sentenza del 15 ottobre 1987, Heylens e a. (222/86, EU:C:1987:442, punto 14). Il corsivo è mio.


15 –      Obbligo previsto dall’undicesima direttiva 89/666/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, relativa alla pubblicità delle succursali create in uno Stato membro da taluni tipi di società soggette al diritto di un altro Stato (GU 1989, L 395, pag. 36).


16 –      V. punto 75 della sentenza citata.


17 –      V. punto 76 della sentenza citata.


18 –      V. punti 77 e segg. della sentenza citata.


19 –V., in tal senso, Shelton, D., «Article 47 – Right to an Effective Remedy and to a Fair Trial», in Peers, St., Hervey, T., Kenner, J., e Ward, A. (a cura di), The EU Charter of Fundamental Rights – A commentary, Hart Publishing, Oxford, 2014, pagg. da 1197 a 1275, in particolare punti 47.01 e 47.46.


20 –V., in tal senso, Pliakos, A., Le principe général de la protection juridictionnelle efficace en droit communautaire, Sakkoulas/Bruylant, Athènes/Bruxelles, 1997, pag. 102, e Prechal, S., «The Court of justice and effective judicial protection: what has the Charte changed?» in Paulussen, C., Takács, T., Lazic, V. e Van Rompuy, B. (a cura di), Fundamental Rights in International and European Law.Public and Private Law Perspective, Springer, Berlino, 2016, pagg. da 143 a 157, in particolare pag. 148.


21 –      V., in tal senso, sentenza del 22 dicembre 2010, DEB (C-279/09, EU:C:2010:811, punto 35).


22 –      V., in tal senso, sentenza della Corte EDU, 7 giugno 2012, Segame SA c. Francia, CE:ECHR:2012:0607JUD000483706, punti 54 e 55.


23 –      Sentenza della Corte EDU, 7 giugno 2012, Segame SA c. Francia, CE:ECHR:2012:0607JUD000483706, punto 55. V., inoltre, in merito a una contestazione sui diritti e gli obblighi di diritto civile, sentenze della Corte EDU, 15 settembre 2015, Tsanova-Gecheva v. Bulgaria, CE:ECHR:2015:0915JUD0004380012, punto 92, e 13 febbraio 2003, Chevrol c. Francia, CE:ECHR:2003:0213JUD004963699, punto 77.


24 –      V., in tal senso, sentenze della Corte EDU, 16 aprile 2013, Fazliyski c. Bulgaria, CE:ECHR:2013:0416JUD004090805, punti 59 e 60; 24 novembre 2005, Capital Bank AD c. Bulgaria, CE:ECHR:2005:1124JUD004942999, punti da 99 a 108, e 28 aprile 2005, ID c. Bulgaria, CE:ECHR:2005:0428JUD004357898, punti da 50 a 55.


25 –      V., segnatamente, considerando 3 e 12 della direttiva 2011/16. Secondo la Corte, la direttiva 77/799 mirava «a combattere la frode e l’evasione fiscale internazionali e [era] stata quindi adottata allo scopo di disciplinare la collaborazione tra le autorità fiscali degli Stati membri» (sentenza del 22 ottobre 2013, Sabou, C-276/12, EU:C:2013:678, punto 32). Tali obiettivi non sono cambiati con l’adozione della direttiva 2011/16.


26 –      V., in tal senso, rispetto alla direttiva 77/799, la sentenza del 27 settembre 2007, Twoh International (C-184/05, EU:C:2007:550 punto 31). V. inoltre, sempre riguardo alla direttiva 77/799 e, più precisamente, rispetto a un contribuente oggetto di una richiesta di trasmissione dati, la sentenza del 22 ottobre 2013, Sabou (C-276/12, EU:C:2013:678, punto 36).


27 –      V., in tal senso, sentenza del 30 giugno 2016, Toma e Biroul Executorului Judecătoresc Horațiu-Vasile Cruduleci (C-205/15, EU:C:2016:499, punto 44 e la giurisprudenza citata).


28 –      Sentenza del 15 settembre 2016, Star Storage e a. (C-439/14 e C-488/14, EU:C:2016:688, punto 49).


29 –      V., in tal senso, sentenza della Corte EDU, 15 settembre 2015, Tsanova-Gecheva c. Bulgaria, CE:ECHR:2015:0915JUD0004380012, punto 97.


30 –      Sentenza della Corte EDU, 15 settembre 2015, Tsanova-Gecheva c. Bulgaria, CE:ECHR:2015:0915JUD0004380012, punto 98.


31 –      V., in tal senso, sentenze del 27 settembre 2007, Twoh International (C-184/05, EU:C:2007:550 punto 30), e del 22 ottobre 2013, Sabou (C-276/12, EU:C:2013:678, punto 32).


32 –      Il corsivo è mio.


33 –      V., in particolare, in tal senso, sentenze del 18 luglio 2007, Oy AA (C-231/05, EU:C:2007:439, punto 60), e del 21 febbraio 2013, A (C-123/11, EU:C:2013:84, punti 40, 45 e 46).


34 –      V., in tal senso, sentenza del 22 ottobre 2013, Sabou (C-276/12, EU:C:2013:678, punto 34).


35 –      Il corsivo è mio.


36 –      Ad eccezione dell’imposta sul valore aggiunto, dei dazi doganali, delle accise contemplate da altre normative dell’Unione in materia di cooperazione amministrativa fra Stati membri e dei contributi previdenziali (articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2011/16).


37 –      V. considerando 12 della direttiva 2011/16. È così, ad esempio, che, se l’autorità richiesta desidera segnalare all’autorità richiedente le carenze rilevate nella richiesta di informazioni, l’articolo 7, paragrafo 4, della direttiva 2011/16 le impone di farlo entro un mese dal ricevimento della richiesta suddetta.


38 –      Osservo che nella proposta di direttiva del Consiglio relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale del 2 febbraio 2009 [COM(2009)29 definitivo], l’articolo 5, paragrafo 1, riguardava «le informazioni che possono essere utili per il corretto accertamento delle imposte». Il corsivo è mio.


39 –      V. punto 570 della relazione che accompagna la proposta di direttiva del Consiglio relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale del 2 febbraio 2009 [COM(2009)29 definitivo]. La Corte ha già legittimato il fatto che gli Stati membri si ispirino a un modello di convenzione dell’OCSE.V., ad esempio, rispetto a un modello di convenzione in materia di doppia imposizione, sentenza del 14 febbraio 1995, Schumacker (C-279/93, EU:C:1995:31, punto 32).


40 –      Commentario alle disposizioni dell’articolo 26 del modello di convenzione fiscale relativo ai redditi e al patrimonio 2014 dell’OCSE, punto 5. Il corsivo è mio.


41 –      Commentario alle disposizioni dell’articolo 26 del modello di convenzione fiscale relativo ai redditi e al patrimonio 2014 dell’OCSE. Il corsivo è mio.


42 –      V., in tal senso, sulla direttiva 77/799, sentenza del 13 aprile 2000, W.N. (C-420/98, EU:C:2000:209, punto 18).


43 –      V. punto 50 delle osservazioni scritte della Commissione.


44 –      V., in tal senso, sentenza del 22 ottobre 2013, Sabou (C-276/12, EU:C:2013:678, punto 34).


45 –      Solo l’articolo 17, paragrafo 1, della direttiva 2011/16 sottopone a condizione la risposta dell’autorità interpellata. Tuttavia, è per essa impossibile verificare il rispetto della condizione in parola. Infatti, in base alla disposizione di cui trattasi, l’autorità interpellata fornisce le informazioni di cui all’articolo 5 «purché l’autorità richiedente abbia esaurito le fonti di informazione consuete che avrebbe potuto utilizzare, a seconda delle circostanze, per ottenere le informazioni richieste senza rischiare di compromettere il raggiungimento dei suoi obiettivi». Si tratta pertanto di una condizione a carico dell’autorità richiedente. In forza del principio di leale collaborazione su cui si fonda la direttiva, l’autorità interpellata deve necessariamente presumere il rispetto di detta condizione. Di norma, l’autorità richiedente ricorre alla direttiva solo se non dispone essa stessa delle informazioni necessarie.


46 –      V., in tal senso, sentenze del 22 ottobre 2013, Sabou (C-276/12, EU:C:2013:678, punto 33), e del 27 settembre 2007, Twoh International (C-184/05, EU:C:2007:550 punto 32).


47 –      L’articolo 17, paragrafo 2, della direttiva 2011/16, indica, a sua volta, che la direttiva «non impone allo Stato membro interpellato alcun obbligo di effettuare indagini o di comunicare informazioni, qualora condurre tali indagini o raccogliere le informazioni richieste per fini propri sia contrario alla sua legislazione» (il corsivo è mio).


48 –      Punto 44 della sentenza di cui trattasi.


49 –      V., a tal riguardo, paragrafi da 56 a 59 delle conclusioni presentate dall’avvocato generale Kokott nella causa Sabou (C-276/12, EU:C:2013:370). V. anche, in dottrina, Aubert, M., Broussy, E. e Cassagnabère, H., «Chronique de jurisprudence de la CJUE», L’actualité juridique; droit administratif, 2013, pag. 2309; Van Eijsden, A., «Sabou. Exchange of information on request. No obligation to inform taxpayer of the request», Highlights & Insights on European Taxation, 2014, n. 3, pagg. da 131 a 134, in particolare pagg. 132 e 133.


50 –      Ad eccezione dell’imposta sul valore aggiunto, dei dazi doganali e delle accise contemplate da altre normative dell’Unione in materia di cooperazione amministrativa fra Stati membri, e dei contributi previdenziali (articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2011/16).


51 –      V. paragrafi 94 e 95 delle presenti conclusioni.


52 –      V., in tal senso, Miniato, L., Le principe du contradictoire en droit processuel, L.G.D.J., Parigi, 2008, n. 121.


53 –      Nel caso di specie, la prescrizione giuridica in parola non mi sembra necessariamente rispettata. Infatti, la richiesta di ingiunzione notificata alla Berlioz nel procedimento principale contiene informazioni ulteriori rispetto alle sole informazioni richieste (v. nota 67).


54 –      V. paragrafo 111 delle presenti conclusioni.


55 –      Il corsivo è mio.


56 –      V., in tal senso, sentenza del 22 marzo 1961, Snupat/Alta autorità (42/59 e 49/59, EU:C:1961:5) e, per una conferma recente del principio, sentenza del 4 giugno 2013, ZZ (C-300/11, EU:C:2013:363, punto 56).


57 –      V., in tal senso, sentenze della Corte EDU, 16 febbraio 2000, Jasper c. Regno Unito, CE:ECHR:2000:0216JUD002705295, punto 52, e 19 febbraio 2009, A. e a. c. Regno Unito, CE:ECHR:2009:0219JUD000345505, punto 205.


58 –      Sentenza della Corte EDU, 16 febbraio 2000, Jasper c. Regno Unito, CE:ECHR:2000:0216JUD002705295, punto 52.


59 –      Così è peraltro nel caso di specie posto che la decisione d’ingiunzione precisa l’identità della persona giuridica interessata e l’obiettivo dell’inchiesta condotta dalle autorità dello Stato richiedente. Dopo aver indicato che «[l]a persona giuridica interessata dalla richiesta è la società Cofima SAS» e dopo aver precisato l’indirizzo della sua sede in Francia, la decisione d’ingiunzione aggiunge esplicitamente che «[l]e autorità finanziarie francesi verificano la situazione fiscale della società SAS Cofima, controllata dalla società Berlioz Investment SA, e necessitano di informazioni al fine di potersi pronunciare sull’applicazione delle ritenute alla fonte sulle distribuzioni effettuate dalla SAS Cofima alla Berlioz Investment SA» (v. allegato A 1 del fascicolo depositato dal governo lussemburghese).


60 –      V., in tal senso, sentenza del 4 giugno 2013, ZZ (C-300/11, EU:C:2013:363, punto 61).


61 –      V., in tal senso, paragrafo 83 delle conclusioni presentate dall’avvocato generale Bot nella causa ZZ (C-300/11, EU:C:2012:563) e, in particolare, sentenza della Corte EDU, 16 febbraio 2000, Jasper c. Regno Unito, CE:ECHR:2000:0216JUD002705295, punto 52.


62 –      V., in tal senso, sentenza della Corte EDU, 16 febbraio 2000, Jasper c. Regno Unito, CE:ECHR:2000:0216JUD002705295, punto 56.