Available languages

Taxonomy tags

Info

References in this case

Share

Highlight in text

Go

Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

HENRIK SAUGMANDSGAARD ØE

presentate il 12 ottobre 2017 (1)

Causa C-396/16

T – 2, družba za ustvarjanje, razvoj in trženje elektronskih komunikacij in opreme, d.o.o. (sedaj v stečaju)

contro

Republika Slovenija

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Vrhovno sodišče (Corte suprema, Slovenia)]

«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2006/112/CE – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (IVA) – Articolo 184 – Rettifica delle detrazioni dell’IVA versata a monte – Articolo 185, paragrafo 1 – Mutamento degli elementi presi in considerazione per determinare la detrazione – Articolo 185, paragrafo 2 – Operazioni totalmente o parzialmente non pagate – Omologazione del concordato preventivo passata in giudicato – Articoli 90 e 185, paragrafo 2, secondo comma – Neutralità fiscale – Prelievo integrale dell’IVA nel territorio – Obbligo di coerenza nell’attuazione dei regimi di rettifica di imposizione e di detrazione in caso di mancato pagamento del prezzo»






I.      Introduzione

1.        Il Vrhovno sodišče (Corte suprema, Slovenia) ha sottoposto alla Corte diverse questioni pregiudiziali vertenti sull’interpretazione degli articoli da 184 a 186 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: la «direttiva IVA») (2).

2.        La domanda in esame è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la T – 2, družba za ustvarjanje, razvoj in trženje elektronskih komunikacij in opreme, d.o.o. (sedaj v stečaju) (in prosieguo: la «T-2») e la Republika Slovenija, rappresentata dal Ministrstvo za finance (Ministero delle Finanze, Slovenia) avente ad oggetto la rettifica delle detrazioni dell’IVA relative ad acquisti di beni o di servizi per i quali la T-2 ha beneficiato di un concordato preventivo.

3.        A seguito del passaggio in giudicato dell’omologazione del concordato medesimo, l’importo dovuto dalla T-2 ai suoi fornitori in conseguenza di operazioni soggette all’IVA è stato ridotto del 56%. Il Ministero delle Finanze ha valutato che la T-2 dovesse rettificare le detrazioni dell’IVA in modo proporzionale alla riduzione ottenuta, vale a dire per il 56% dell’IVA originariamente detratta sulle fatture interessate. La T-2 ha contestato tale interpretazione.

4.        È in tale contesto che il giudice del rinvio ha sottoposto alla Corte tre questioni pregiudiziali, intese a stabilire se, alla luce del recepimento nel diritto interno degli articoli 184 e 185 della direttiva IVA, l’amministrazione finanziaria possa esigere una riduzione delle detrazioni IVA operate da un soggetto passivo insolvente che ha beneficiato di una diminuzione delle proprie obbligazioni verso i creditori nell’ambito di una procedura concordataria.

5.        In sostanza, suggerirò alla Corte di risolvere le questioni sollevate nel senso che, in una controversia come quella del procedimento principale, l’amministrazione finanziaria può esigere una riduzione delle detrazioni dell’IVA operate da un soggetto passivo insolvente, i cui debiti siano stati oggetto di un decreto di omologazione del concordato, se e nella misura in cui il decreto medesimo determini una riduzione della base imponibile dell’IVA.

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

6.        L’articolo 73 della direttiva IVA prevede quanto segue:

«Per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi diverse da quelle di cui agli articoli da 74 a 77, la base imponibile comprende tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare al fornitore o al prestatore per tali operazioni da parte dell’acquirente, del destinatario o di un terzo, comprese le sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo di tali operazioni».

7.        L’articolo 90 della medesima direttiva così dispone:

«1.      In caso di annullamento, recesso, risoluzione, non pagamento totale o parziale o riduzione di prezzo dopo il momento in cui si effettua l’operazione, la base imponibile è debitamente ridotta alle condizioni stabilite dagli Stati membri.

2.      In caso di non pagamento totale o parziale, gli Stati membri possono derogare al paragrafo 1».

8.        In forza dell’articolo 168, lettera a), della detta direttiva, il soggetto passivo ha il diritto, nello Stato membro in cui effettua le sue operazioni soggette ad imposta, di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore l’importo dell’IVA dovuta o assolta in tale Stato membro per i beni e per i servizi forniti da un altro soggetto passivo nella misura in cui tali beni e i servizi sono impiegati ai fini di tali operazioni.

9.        L’articolo 184 della direttiva IVA è così formulato:

«La detrazione operata inizialmente è rettificata quando è superiore o inferiore a quella cui il soggetto passivo ha diritto».

10.      L’articolo 185 della medesima direttiva prevede quanto segue:

«1.      La rettifica ha luogo, in particolare, quando, successivamente alla dichiarazione dell’IVA, sono mutati gli elementi presi in considerazione per determinare l’importo delle detrazioni, in particolare, in caso di annullamento di acquisti o qualora si siano ottenute riduzioni di prezzo.

2.      In deroga al paragrafo 1, la rettifica non è richiesta in caso di operazioni totalmente o parzialmente non pagate, in caso di distruzione, perdita o furto debitamente provati o giustificati, nonché in caso di prelievi effettuati per dare regali di scarso valore e campioni di cui all’articolo 16.

In caso di operazioni totalmente o parzialmente non pagate e in caso di furto gli Stati membri possono tuttavia esigere la rettifica».

11.      Ai termini dell’articolo 186 della direttiva di cui trattasi, gli Stati membri determinano le modalità di applicazione degli articoli 184 e 185 di questa stessa direttiva.

B.      Diritto sloveno

12.      L’articolo 39, paragrafi 3 e 4, dello Zakon o davku na dodano vrednost, Uradni list RS, n. 13/11 (legge relativa all’IVA; in prosieguo: lo «ZDDV-1»), così dispone:

«3.      Il soggetto passivo può altresì rettificare (diminuire) l’importo dell’IVA da versare qualora essa non sia stata pagata, o sia stata pagata solo parzialmente, sulla base di una decisione giudiziaria passata in giudicato che omologa una procedura di fallimento conclusa ovvero sulla base di una procedura di concordato fallimentare giunta a termine. Allo stesso modo può agire anche il soggetto passivo che riceve un provvedimento giudiziale definitivo sulla sospensione del procedimento di esecuzione o un altro documento, dal quale deriva che alla conclusione del procedimento esecutivo non ha ricevuto il pagamento, o non interamente, poiché il debitore è stato cancellato dal registro del tribunale o da altri registri pertinenti o altri documenti. Se il soggetto passivo riceve successivamente un pagamento totale o parziale in cambio della sua fornitura di beni o servizi, rispetto alla quale ha regolarizzato la base imponibile conformemente al presente paragrafo, egli versa l’IVA sull’importo ricevuto.

4.      A prescindere dal paragrafo precedente, il soggetto passivo può rettificare (diminuire) l’importo dell’IVA da versare non corrisposta di tutti i crediti riconosciuti, da lui dichiarati nella procedura di concordato preventivo o di fallimento».

13.      Ai sensi dell’articolo 63, paragrafo 1, dello ZDDV-1, il soggetto passivo ha il diritto di detrarre dall’importo dell’IVA, di cui è debitore, l’IVA dovuta o assolta per l’acquisto di beni o di servizi, laddove questi ultimi sono o saranno impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta.

14.      L’articolo 68 della medesima legge, rubricato «Rettifica della detrazione dell’IVA», ha il seguente tenore letterale:

«1.      Il soggetto passivo deve rettificare la detrazione operata inizialmente quando essa è superiore o inferiore a quella cui il soggetto passivo ha diritto.

2.      Il soggetto passivo deve effettuare la rettifica quando, successivamente alla detrazione dell’IVA, sono mutati gli elementi presi in considerazione per determinare l’importo delle detrazioni, come in caso di annullamento di acquisti o qualora si siano ottenute riduzioni di prezzo.

3.      In deroga al paragrafo 2 del presente articolo, il soggetto passivo non rettifica la detrazione operata inizialmente in caso di distruzione o perdita debitamente provate, nonché in caso di prelievi effettuati per dare regali di scarso valore e campioni di cui all’articolo 7 della presente legge».

15.      In forza dell’articolo 214, paragrafo 1, dello Zakon o finančnem poslovanju, postopkih zaradi insolventnosti in prisilnem prenehanju (legge sulle transazioni finanziarie, le procedure d’insolvenza e la liquidazione coatta, Uradni list RS, n. 126/07; in prosieguo: lo «ZFPPIPP»), con il passaggio in giudicato del decreto di omologazione del concordato preventivo cessa il diritto dei creditori di far valere il pagamento in un procedimento giudiziario o in altro procedimento, dinanzi all’organo nazionale competente, ovvero il pagamento:

–        dell’importo dei crediti ordinari di cui all’articolo 212, paragrafo 4, di tale legge, in una quota superiore a quella stabilita nel concordato preventivo omologato e prima dello scadere dei termini per il pagamento, definiti nel concordato preventivo omologato, e

–        degli interessi sulla somma di tali crediti a un tasso superiore al tasso indicato nel concordato preventivo omologato.

16.      L’articolo 214, paragrafo 2, dello ZFPPIPP dispone che con il passaggio in giudicato del decreto di omologazione del concordato preventivo cessa il diritto del creditore di far valere il pagamento in un procedimento giudiziario o in altro procedimento, dinanzi all’organo nazionale competente, dell’importo totale dei crediti di grado inferiore di cui all’articolo 212, paragrafo 4, della legge di cui trattasi.

17.      Ai sensi dell’articolo 214, paragrafo 3, dello ZFPPIPP, qualora il debitore paghi volontariamente i crediti per l’importo superiore di quello di cui ai paragrafo 1 e 2 di tale articolo, egli non ha diritto di chiederne il rimborso ai sensi delle norme sull’arricchimento senza causa.

III. Fatti del procedimento principale e questioni pregiudiziali

18.      La T-2 è una società con sede a Lubiana (Slovenia) la cui attività consisteva nella fornitura di servizi di comunicazioni elettroniche e attrezzature. Alla data della decisione di rinvio, il 5 luglio 2016, essa versava in stato di insolvenza.

19.      La T-2 è stata sottoposta a concordato preventivo, una speciale procedura intesa a conseguire un alleggerimento delle obbligazioni del debitore insolvente. Il concordato nei confronti della T-2 veniva omologato con decreto del 28 novembre 2011 dell’Okrožno sodišče v Mariboru (Tribunale regionale di Maribor, Slovenia). In forza di tale decreto, la T-2 era tenuta a versare un importo corrispondente al 44% dei propri debiti ai creditori, senza interessi, nel termine di nove anni dal passaggio in giudicato del decreto. Detto decreto è passato in giudicato il 24 febbraio 2012.

20.      Su richiesta dell’amministrazione finanziaria, la T-2 stilava un elenco delle fatture non pagate ai propri fornitori, che rientravano nelle condizioni del concordato preventivo e sulla cui base aveva detratto l’IVA a titolo di imposta a monte. Alla luce di tale documentazione, l’amministrazione finanziaria rilevava che la T-2 era tenuta a rettificare la detrazione dell’IVA a monte all’importo corrispondente alla riduzione dei crediti ratificata in sede di procedura concordataria, vale a dire all’importo del 56% dell’IVA originariamente detratta.

21.      Pertanto, il 27 maggio 2013, l’amministrazione finanziaria adottava una decisione che imponeva alla T-2 il pagamento di una somma pari a EUR 7 362 080,27 a titolo di IVA, calcolata su una base imponibile pari a EUR 36 810 401,35 con aliquota del 20%.

22.      La T-2 proponeva reclamo avverso tale decisione dinanzi al Ministero delle Finanze, in qualità di organo amministrativo di secondo grado. Quest’ultimo, con decisione del 29 ottobre 2013, respingeva il reclamo in quanto infondato.

23.      La T-2 proponeva ricorso avverso tale decisione dinanzi all’Upravno sodišče (Tribunale amministrativo, Slovenia), che, con sentenza del 18 novembre 2014, lo respingeva in quanto infondato.

24.      La T-2 proponeva quindi un ricorso per revisione avverso tale sentenza dinanzi al giudice del rinvio.

25.      Il giudice del rinvio rileva che lo ZDDV-1, e in particolare il suo articolo 68, non stabilisce espressamente che il passaggio in giudicato dell’omologazione del concordato preventivo costituisce una circostanza in ragione della quale il soggetto passivo è tenuto a rettificare l’IVA che ha detratto a monte.

26.      Detto giudice considera tuttavia che l’omologazione del concordato preventivo potrebbe costituire un «mutamento degli elementi presi in considerazione per determinare l’importo delle detrazioni» ai sensi dell’articolo 68, paragrafo 2, dello ZDDV-1. A tale riguardo, esso rileva che, in forza dell’articolo 63, paragrafo 1, dello ZDDV-1, l’importo della detrazione dipende dall’importo dell’IVA che il soggetto passivo deve al fornitore che gli ha emesso la fattura.

27.      Orbene, sempre secondo il giudice a quo, il passaggio in giudicato dell’omologazione del concordato produce effetti sulle obbligazioni del soggetto passivo, inclusa quella di pagare l’IVA al fornitore. In forza dello ZFPPIPP, infatti, le obbligazioni del debitore insolvente continuano a sussistere ma il creditore non può chiederne l’esecuzione forzata durante il periodo di validità del concordato preventivo. Vero è che un concordato di tal genere potrebbe essere annullato in applicazione dell’articolo 219 dello ZFPPIPP qualora, in seguito, si dimostrasse che il debitore insolvente può pagare i debiti verso i propri creditori. Tuttavia, il giudice del rinvio rileva che, da un punto di vista economico, l’omologazione del concordato preventivo comporta che il debitore insolvente non soddisferà mai integralmente i propri obblighi in essere né sarà mai obbligato a soddisfarli, sicché l’omologazione conduce ad una riduzione dei debiti e non solo al mancato pagamento degli stessi.

28.      Il giudice del rinvio rileva che, a tale riguardo, avrebbe potuto prendere in considerazione l’articolo 39 dello ZDDV-1, che dà attuazione all’articolo 90 della direttiva IVA e menziona espressamente la procedura di concordato preventivo nei confronti del destinatario di una fattura quale motivo di rettifica dell’IVA dovuta dall’emittente della fattura.

29.      Il giudice medesimo ritiene che l’omologazione di un concordato preventivo potrebbe altresì ricadere nella nozione di «operazioni totalmente o parzialmente non pagate» di cui all’articolo 185, paragrafo 2, della direttiva IVA. Esso rileva tuttavia che l’articolo 68, paragrafo 3, dello ZDDV-1 non concerne espressamente le «operazioni totalmente o parzialmente non pagate» e che tale silenzio è stato oggetto di opposte interpretazioni da parte della T-2 e del Ministero delle Finanze. A tale riguardo, si pone la questione se la facoltà concessa agli Stati membri dall’articolo 185, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva in parola possa essere validamente attuata nel modo previsto dall’articolo 68 dello ZDDV-1.

30.      Il giudice a quo desidera inoltre sapere se le circostanze elencate all’articolo 185, paragrafo 2, primo comma, della direttiva IVA (operazioni non pagate, distruzione, perdita o furto, regali e campioni) siano ricomprese nella nozione di «mutamento degli elementi» ai sensi dell’articolo 185, paragrafo 1, della direttiva medesima oppure se si tratti di circostanze indipendenti. L’interpretazione dell’articolo 68 dello ZDDV-1 dipenderebbe dalla soluzione a tale questione. Infatti, lo ZDDV-1 imporrebbe una rettifica della detrazione in tale fattispecie solo qualora il mancato pagamento rientrasse nella nozione di «mutamento degli elementi».

31.      In tale contesto, il Vrhovno sodišče (Corte suprema) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se la riduzione delle obbligazioni ai sensi di un concordato preventivo omologato con decreto passato in giudicato di cui al procedimento principale debba essere considerata come un mutamento degli elementi presi in considerazione per determinare l’importo della detrazione dell’IVA a monte, ai sensi dell’articolo 185, paragrafo 1, della direttiva IVA, oppure come una situazione diversa, in cui la detrazione è inferiore o superiore a quella cui il soggetto passivo ha diritto, ai sensi dell’articolo 184 della direttiva IVA.

2)      Se la riduzione delle obbligazioni ai sensi di un concordato omologato con decreto passato in giudicato di cui al procedimento principale debba essere considerata come un mancato pagamento (parziale) ai sensi dell’articolo 185, paragrafo 2, primo comma, della direttiva IVA.

3)      Se lo Stato membro, tenendo conto dei requisiti di chiarezza e di certezza delle situazioni giuridiche imposti dal legislatore dell’Unione e dalla disposizione dell’articolo 186 della direttiva IVA, al fine di esigere una rettifica della detrazione nel caso di mancato pagamento totale o parziale, come consente l’articolo 185, paragrafo 2, secondo comma, di tale direttiva, debba disciplinare specificamente, nella normativa nazionale, le ipotesi di mancato pagamento, ovvero includervi il concordato omologato passato in giudicato (qualora esso rientri nel concetto di mancato pagamento)».

IV.    Procedimento dinanzi alla Corte

32.      La domanda di pronuncia pregiudiziale, datata 5 luglio 2016, è stata registrata presso la cancelleria della Corte il 15 luglio 2016.

33.      Osservazioni scritte sono state presentate dalla T-2, dal governo sloveno e dalla Commissione europea.

34.      Al termine della fase scritta del procedimento, la Corte si è ritenuta sufficientemente edotta per statuire senza udienza di discussione, conformemente all’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte.

V.      Analisi

35.      Le questioni sollevate dal giudice del rinvio mirano a stabilire se, alla luce del recepimento degli articoli 184 e 185 della direttiva IVA nel diritto interno, l’amministrazione finanziaria possa esigere una riduzione delle detrazioni dell’IVA operate da un soggetto passivo che abbia beneficiato di una riduzione delle sue obbligazioni nei confronti dei creditori nell’ambito di una procedura di concordato preventivo.

36.      Prima di iniziare ad esaminare le questioni sollevate dal giudice del rinvio, desidero, anzitutto, rammentare brevemente le caratteristiche del regime di rettifica di cui agli articoli 184 e 185 della direttiva IVA (sezione A).

37.      Esaminerò, poi, le tre questioni sollevate dal giudice del rinvio. In sostanza, risolverò tali questioni nel senso che, in una controversia come quella del procedimento principale, l’amministrazione finanziaria può esigere una riduzione delle detrazioni dell’IVA operate da un soggetto passivo insolvente, i cui debiti siano stati oggetto di un decreto di omologazione del concordato, se e nella misura in cui il decreto medesimo determini una riduzione della base imponibile in applicazione delle disposizioni nazionali che recepiscono l’articolo 90 della direttiva IVA (sezioni da B a D).

38.      Infine, illustrerò i motivi per i quali ritengo che il legislatore nazionale non possa istituire una divergenza tra la rettifica dell’imposizione (articolo 90 della direttiva IVA) e la rettifica della detrazione (articolo 185 della direttiva IVA) in caso di mancato pagamento del prezzo. Tale precisazione andrà ad avvalorare la soluzione che intendo suggerire per la terza questione sollevata (sezione E).

A.      Sul regime di rettifica delle detrazioni istituito agli articoli 184 e 185 della direttiva IVA

39.      Rammento che il soggetto passivo, in forza dell’articolo 168, lettera a), della direttiva IVA, ha il diritto di detrarre l’importo dell’IVA dovuta o assolta per i beni e i servizi forniti da un altro soggetto passivo nella misura in cui questi ultimi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta.

40.      A tale riguardo, la Corte ha precisato che, secondo la logica del sistema istituito dalla direttiva IVA, le imposte che hanno gravato a monte sui beni o sui servizi impiegati da un soggetto passivo per le sue operazioni soggette a imposta possono essere detratte. La detrazione delle imposte a monte è collegata alla riscossione delle imposte a valle. Quando beni o servizi acquistati da un soggetto passivo sono impiegati ai fini di operazioni esenti o non rientranti nell’ambito di applicazione dell’IVA, non può esservi né riscossione dell’imposta a valle né detrazione dell’imposta a monte. Invece, nella misura in cui i beni o servizi sono usati ai fini di operazioni imponibili a valle, una detrazione dell’imposta che ha gravato sulla stessa a monte si impone per evitare una doppia imposizione (3).

41.      Orbene, da una giurisprudenza costante risulta che il meccanismo di rettifica previsto agli articoli da 184 a 186 della direttiva IVA costituisce parte integrante del regime di detrazione dell’IVA istituito da tale direttiva. Tale meccanismo mira ad aumentare la precisione delle detrazioni, così da assicurare la neutralità dell’IVA, in modo che le operazioni effettuate allo stadio anteriore continuino a dare luogo al diritto di detrazione soltanto nei limiti in cui esse servano a fornire prestazioni soggette a tale imposta. Il meccanismo in parola ha così lo scopo di stabilire una relazione stretta e diretta tra il diritto alla detrazione dell’IVA versata a monte e l’utilizzo dei beni e dei servizi di cui trattasi per operazioni soggette ad imposta a valle (4).

42.      La Corte ha già avuto l’opportunità di sottolineare che gli articoli da 184 a 186 della direttiva IVA stabiliscono le condizioni alle quali l’amministrazione finanziaria può esigere una rettifica da parte di un soggetto passivo (5).

43.      L’articolo 184 della direttiva in parola sancisce il principio fondamentale secondo il quale la detrazione operata inizialmente «è» rettificata quando è superiore o inferiore a quella cui il soggetto passivo ha diritto. In altri termini, tale articolo obbliga gli Stati membri a prevedere una rettifica ove risulti che l’importo dell’IVA inizialmente detratto è superiore o inferiore a quello che il soggetto passivo aveva il diritto di detrarre.

44.      L’articolo 185, paragrafo 1, della direttiva medesima definisce tale obbligo stabilendo che la rettifica ha luogo «in particolare» quando, successivamente alla dichiarazione dell’IVA, sono mutati gli elementi presi in considerazione per determinare l’importo delle detrazioni (6).

45.      Secondo la giurisprudenza, dalla lettura congiunta delle due disposizioni emerge, da una parte, che quando, a causa del mutamento di uno degli elementi inizialmente assunti per il calcolo delle detrazioni, si rende necessaria una rettifica, il calcolo dell’importo di tale rettifica deve far sì che l’importo delle detrazioni infine eseguite corrisponda a quello che il soggetto passivo avrebbe avuto diritto di operare se tale mutamento fosse stato considerato inizialmente. D’altra parte, il calcolo di tale importo implica di tener conto dei medesimi elementi inizialmente assunti, ad eccezione di quello che è stato modificato (7).

46.      Tuttavia, l’articolo 185, paragrafo 2, primo comma, della direttiva IVA prevede una deroga all’obbligo di rettifica. Ai sensi di tale disposizione, infatti, la rettifica «non è richiesta» in caso di operazioni totalmente o parzialmente non pagate, in caso di distruzione, perdita o furto debitamente provati o giustificati, nonché in caso di prelievi effettuati per dare regali di scarso valore e campioni di cui all’articolo 16 di tale direttiva. Pertanto, la disposizione in parola vieta, in linea di principio, agli Stati membri di prevedere una rettifica delle detrazioni nelle ipotesi in essa contemplate.

47.      Tuttavia, tale deroga può essere, a sua volta, oggetto di deroga ai sensi dell’articolo 185, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva IVA, il quale precisa che gli Stati membri «possono (…) esigere» una rettifica in caso di operazioni totalmente o parzialmente non pagate e in caso di furto. La disposizione offre pertanto agli Stati membri una possibilità di prevedere la rettifica e di ritornare così al regime generale di cui agli articoli 184 e 185, paragrafo 1, per quanto riguarda le due fattispecie in parola.

48.      Le questioni sollevate dal giudice del rinvio mirano sostanzialmente a stabilire, anzitutto, se la riduzione delle obbligazioni di un soggetto passivo nell’ambito di un concordato preventivo ricada nella sfera dell’articolo 185, paragrafo 1, della direttiva IVA (regime generale); successivamente, se tale riduzione possa rientrare nell’ambito dell’articolo 185, paragrafo 2, primo comma, della direttiva medesima in quanto «operazion[e] totalmente o parzialmente non pagat[a]» (deroga); e, infine, se la normativa nazionale abbia correttamente dato attuazione alla facoltà concessa dall’articolo 185, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva (deroga alla deroga).

B.      Sulla nozione di «mutamento degli elementi presi in considerazione per determinare l’importo delle detrazioni» ai sensi dell’articolo 185, paragrafo 1, della direttiva IVA (prima questione)

49.      Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte se la riduzione delle obbligazioni di un debitore insolvente intervenuta nell’ambito una procedura concordataria, come quella oggetto della controversia principale, comporti un «mutamento degli elementi presi in considerazione per determinare l’importo delle detrazioni», ai sensi dell’articolo 185, paragrafo 1, della direttiva IVA, oppure se debba essere considerata una situazione diversa di cui all’articolo 184 di detta direttiva.

50.      Rammento che l’articolo 185, paragrafo 1, della direttiva IVA specifica il principio fondamentale sancito al precedente articolo 184, secondo cui la detrazione operata inizialmente deve essere rettificata quando è superiore o inferiore a quella cui il soggetto passivo aveva diritto.

51.      A mio avviso, la soluzione di tale questione non può essere desunta dalla sentenza del 4 ottobre 2012, PIGI (8), richiamata nelle osservazioni scritte presentate dalla T-2. È vero che in tale sentenza la Corte ha affermato che il furto – fattispecie contemplata dall’articolo 185, paragrafo 2, della suddetta direttiva, così come il mancato pagamento del prezzo – costituiva un «mutamento di un elemento preso in considerazione» ai sensi dell’articolo 185, paragrafo 1, della direttiva medesima.

52.      Tuttavia, la Corte ha basato tale conclusione sulla circostanza secondo cui il furto rende impossibile l’utilizzo dei beni di cui trattasi per operazioni tassate a valle (9). Orbene, a differenza del furto, un decreto di omologazione del concordato preventivo non modifica la destinazione dei beni in oggetto a operazioni tassate a valle.

53.      Il decreto di omologazione del concordato preventivo può, invece, alterare un altro elemento assunto per determinare l’importo della detrazione originariamente effettuata (10), vale a dire la base imponibile dell’operazione di cui trattasi.

54.      Rammento che, in forza dell’articolo 168, lettera a), della direttiva IVA, l’importo della detrazione cui un soggetto passivo ha diritto corrisponde all’importo dell’«imposta dovuta o assolta» per i beni e i servizi forniti da un altro soggetto passivo. Pertanto, come rilevato dal giudice del rinvio, dal governo sloveno e dalla Commissione, tale direttiva istituisce una correlazione tra l’imposizione di una determinata transazione, fermo restando che l’importo dell’IVA dovuta dovrà essere versato all’amministrazione finanziaria dal fornitore in qualità di «collettore» di tale imposta (11), e la detrazione cui l’acquirente ha diritto al fine di garantire la neutralità dell’IVA.

55.      Come rilevato dal giudice del rinvio, un decreto di omologazione del concordato preventivo come quello oggetto del procedimento principale produce l’effetto di consentire all’acquirente di non pagare ai fornitori il prezzo originariamente pattuito (12). Orbene, la determinazione dell’importo dell’imposizione di cui all’articolo 73 della direttiva IVA è avvenuta sulla base di tale prezzo. Poiché l’importo della detrazione dipende da quello dell’«imposta dovuta o assolta» in forza dell’articolo 168, lettera a), della direttiva medesima, il prezzo di cui trattasi ha indirettamente costituito la base per determinare l’importo della detrazione cui l’acquirente ha diritto.

56.      Allo scopo di adeguare l’imposizione e la detrazione originariamente eseguite al prezzo effettivamente pagato dall’acquirente al fornitore, gli articoli 90, 184 e 185 della direttiva IVA istituiscono due meccanismi di rettifica in caso di mancato pagamento del prezzo pattuito, riguardanti il primo la base imponibile e il secondo la detrazione. Tali meccanismi di rettifica sono necessariamente collegati poiché, come ho ricordato al precedente paragrafo 54, l’importo della detrazione dipende da quello dell’imposizione e, pertanto, dalla base imponibile (13).

57.      Ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 1, della medesima direttiva, in caso di mancato pagamento totale o parziale o di riduzione del prezzo successiva al momento in cui l’operazione viene effettuata, la base imponibile è debitamente ridotta alle condizioni stabilite dagli Stati membri. Secondo una giurisprudenza ben consolidata, tale disposizione costituisce l’espressione di un principio fondamentale della direttiva in parola, secondo il quale la base imponibile è costituita dal corrispettivo realmente ricevuto e il cui corollario consiste nel fatto che l’amministrazione tributaria non può riscuotere a titolo di IVA un importo superiore a quello percepito dal soggetto passivo (14).

58.      Tuttavia, l’articolo 90, paragrafo 2, della suddetta direttiva consente agli Stati membri di derogare al paragrafo 1 in caso di non pagamento totale o parziale. Anche se le condizioni per l’esercizio di tale facoltà non sono oggetto delle questioni sollevate nella causa in esame (15), rilevo che l’esistenza di tale facoltà di deroga comporta che gli effetti del mancato pagamento del prezzo sulla base imponibile debbano essere determinati sulla base del diritto interno, la cui interpretazione rientra nella competenza del giudice nazionale.

59.      Più concretamente, nelle circostanze della controversia principale, spetta al giudice del rinvio stabilire se il decreto di omologazione del concordato preventivo abbia prodotto l’effetto di determinare una riduzione della base imponibile in applicazione delle disposizioni nazionali che recepiscono l’articolo 90 della direttiva IVA (16).

60.      Qualora effettivamente ricorresse tale ipotesi, il decreto di omologazione del concordato preventivo avrà avuto l’effetto di modificare un elemento preso in considerazione per determinare l’importo delle detrazioni ai sensi dell’articolo 185, paragrafo 1, della direttiva medesima, vale a dire la base imponibile.

61.      Infatti, la riduzione della base imponibile, in applicazione di disposizioni nazionali di recepimento dell’articolo 90 della direttiva in parola, produce l’effetto di ridurre l’importo dell’imposizione della transazione di cui trattasi. Orbene, alla luce della correlazione tra l’imposizione e la detrazione stabilito dall’articolo 168, lettera a), della medesima direttiva (17), la riduzione della base imponibile determina altresì una riduzione dell’importo della detrazione.

62.      Di conseguenza, il decreto di omologazione del concordato preventivo determina un «mutamento di un elemento preso in considerazione» ai sensi dell’articolo 185, paragrafo 1, della direttiva IVA nei limiti in cui la base imponibile viene ridotta in applicazione di disposizioni nazionali che recepiscono l’articolo 90 di tale direttiva.

63.      Infatti, a mio avviso, l’unico effetto rilevante di un decreto di omologazione del concordato come quello oggetto della controversia principale, alla luce del diritto alla detrazione del soggetto passivo insolvente, risiede nella potenziale riduzione della base imponibile delle transazioni di cui trattasi (18). In particolare, come ho indicato al paragrafo 52 delle presenti conclusioni, un decreto di tal genere non produce l’effetto di modificare la destinazione dei beni e dei servizi interessati dal concordato.

64.      Pertanto, qualora tale base imponibile non sia effettivamente ridotta in applicazione di disposizioni nazionali che recepiscono l’articolo 90 della direttiva in parola, il decreto di omologazione del concordato non determina il «mutamento di un elemento preso in considerazione» ai sensi dell’articolo 185, paragrafo 1, della direttiva medesima.

65.      Alla luce della facoltà di deroga sancita all’articolo 90, paragrafo 2, della direttiva IVA, spetta al giudice nazionale stabilire se, nelle circostanze della controversia principale, ricorra effettivamente tale ipotesi.

66.      Preciso, per ragioni di completezza, che le precedenti considerazioni sono valide anche rispetto all’articolo 184 della direttiva IVA. Pertanto, la detrazione operata inizialmente è superiore a quella che il soggetto passivo ha diritto di operare e dev’essere, pertanto, rettificata solo qualora il decreto di omologazione del concordato determini una riduzione della base imponibile.

67.      Da quanto precede risulta che l’articolo 185, paragrafo 1, della direttiva IVA deve essere interpretato nel senso che la riduzione delle obbligazioni del debitore insolvente intervenuta nell’ambito di una procedura concordataria, come quella oggetto della controversia principale, costituisce un «mutamento degli elementi presi in considerazione per determinare l’importo delle detrazioni» ai sensi di tale disposizione se e nella misura in cui essa conduce a una riduzione della base imponibile in applicazione delle disposizioni nazionali che recepiscono l’articolo 90 della direttiva medesima.

C.      Sulla nozione di «operazioni totalmente o parzialmente non pagate» ai sensi dell’articolo 185, paragrafo 2, della direttiva IVA (seconda questione)

68.      Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte se una diminuzione delle obbligazioni di un debitore insolvente intervenuta nell’ambito di una procedura concordataria, come quella oggetto della controversia principale, dia luogo a «operazioni totalmente o parzialmente non pagate» ai sensi dell’articolo 185, paragrafo 2, della direttiva IVA.

69.      Preciso, in via preliminare, che la questione di cui trattasi si pone solo qualora tale diminuzione ricada nell’ambito dell’articolo 185, paragrafo 1, della direttiva in parola. Infatti, la portata del paragrafo 2 dell’articolo 185, stando al suo stesso tenore letterale, concerne unicamente l’istituzione di una deroga al paragrafo 1 di tale articolo. Al riguardo, rispondendo alla prima questione sollevata, ho chiarito che una riduzione di tal genere rientra nell’ambito dell’articolo 185, paragrafo 1, di tale direttiva se e nella misura in cui essa conduce a una riduzione della base imponibile in applicazione delle disposizioni nazionali che recepiscono l’articolo 90 della direttiva medesima.

70.      Presumendo che tale condizione sia soddisfatta, sono persuaso che le transizioni interessate dalla procedura concordataria rientrino nella nozione di «operazioni totalmente o parzialmente non pagate» ai sensi dell’articolo 185, paragrafo 2, della direttiva IVA, come fatto valere dalla T-2.

71.      Infatti, l’effetto pratico di un concordato preventivo consiste nel determinare il non pagamento totale o parziale del prezzo delle transazioni oggetto del concordato stesso. Il giudice del rinvio considera, in proposito, che, da un punto di vista economico, l’omologazione del concordato preventivo comporta che il debitore insolvente non soddisferà mai integralmente i propri obblighi in essere, per cui l’omologazione non conduce solo al mancato pagamento dei debiti interessati bensì alla riduzione degli stessi (19).

72.      Di conseguenza, e fatto salvo il rispetto della condizione rammentata supra, le operazioni oggetto di un decreto di omologazione del concordato preventivo debbono considerarsi come «operazioni totalmente o parzialmente non pagate» ai sensi dell’articolo 185, paragrafo 2, della direttiva IVA.

73.      Alla luce delle suesposte considerazioni, ritengo che l’articolo 185, paragrafo 2, della direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che una riduzione delle obbligazioni di un debitore insolvente intervenuta nell’ambito di una procedura di concordato preventivo, come quella oggetto della controversia principale, dia luogo ad «operazioni totalmente o parzialmente non pagate» ai sensi della disposizione medesima, a condizione, tuttavia, che tale riduzione rientri nell’ambito dell’articolo 185, paragrafo 2, della direttiva IVA.

D.      Sull’attuazione della facoltà concessa dall’articolo 185, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva IVA (terza questione)

74.      Con la terza questione il giudice del rinvio chiede se, alla luce dei requisiti di chiarezza e di certezza delle situazioni giuridiche imposti dal legislatore dell’Unione e all’articolo 186 della direttiva IVA, l’articolo 185, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva medesima debba essere interpretato nel senso che lo Stato membro è tenuto ad esercitare la facoltà prevista da tale disposizione prevedendo espressamente un obbligo di rettifica in caso di mancato pagamento e/o in caso di omologazione del concordato passata in giudicato.

75.      Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale emerge che la terza questione concerne il tenore letterale dell’articolo 68, paragrafo 3, dello ZDDV-1, che recepisce l’articolo 185, paragrafo 2, della direttiva IVA. Infatti, l’articolo 68, paragrafo 3, dello ZDDV-1 non prevede espressamente un obbligo di rettifica in caso di «operazioni totalmente o parzialmente non pagate», ma si limita ad omettere una fattispecie di tal genere dal novero delle deroghe all’obbligo stesso.

76.      Di conseguenza, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 185, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che lo Stato membro è tenuto ad attuare la facoltà enunciata in tale disposizione prevedendo espressamente un obbligo di rettifica in caso di «operazioni totalmente o parzialmente non pagate» o se possa limitarsi ad omettere tale fattispecie dall’elenco delle deroghe che recepisce l’articolo 185, paragrafo 2, primo comma, della direttiva medesima.

77.      Ribadisco che tale questione si pone soltanto qualora una riduzione delle obbligazioni di un debitore insolvente, intervenuta nell’ambito di una procedura concordataria, ricada nell’ambito dell’articolo 185, paragrafo 1, della direttiva in parola, vale a dire se tale riduzione determini effettivamente una diminuzione della base imponibile (20).

78.      Secondo una giurisprudenza costante, la trasposizione di una direttiva in diritto interno non esige necessariamente una riproduzione formale e letterale delle sue disposizioni in una norma di legge espressa e specifica e può trovare realizzazione in una situazione giuridica generale, purché quest’ultima garantisca effettivamente la piena applicazione della direttiva in maniera sufficientemente chiara e precisa (21).

79.      Inoltre, ogni Stato membro ha l’obbligo di attuare le direttive in modo tale che siano soddisfatti appieno i requisiti di chiarezza e di certezza delle situazioni giuridiche imposti dal legislatore dell’Unione, nell’interesse dei soggetti interessati stabiliti negli Stati membri. A tale scopo, le disposizioni delle direttive devono essere attuate con efficacia assolutamente imperativa e con la specificità, la precisione e la chiarezza richieste (22).

80.      Sebbene spetti al giudice del rinvio valutare se nella causa principale tali condizioni siano soddisfatte, la Corte tuttavia può, al fine di offrire al detto giudice una risposta utile, fornirgli le indicazioni che essa reputi necessarie (23).

81.      A tale riguardo, è importante evidenziare che l’articolo 185, paragrafo 2, secondo comma, di tale direttiva prevede, come deroga a una deroga, la facoltà di ritornare al regime generale di cui all’articolo 185, paragrafo 1, di detta direttiva (obbligo di rettifica) (24).

82.      In tale contesto, non ritengo contrasti con i requisiti di chiarezza e di certezza delle situazioni giuridiche, ai sensi della giurisprudenza richiamata al precedente paragrafo 79, che uno Stato membro attui tale facoltà in modo implicito, limitando la portata della deroga che recepisce l’articolo 185, paragrafo 2, primo comma, della medesima direttiva (divieto di rettifica), alla stregua dell’articolo 68, paragrafo 3, dello ZDDV-1.

83.      A tale riguardo, l’articolo 68, paragrafo 3, dello ZDDV-1 (che recepisce l’articolo 185, paragrafo 2, della direttiva IVA) dispone che, in deroga al paragrafo 2 dell’articolo medesimo, il soggetto passivo non rettifica la detrazione operata inizialmente in caso di distruzione o perdita debitamente provate, nonché in caso di prelievi effettuati per dare regali di scarso valore e campioni di cui all’articolo 7 della legge stessa.

84.      Così facendo, il legislatore sloveno ha riprodotto il testo dell’articolo 185, paragrafo 2, primo comma, della direttiva IVA, omettendo le due fattispecie di cui all’articolo 185, paragrafo 2, secondo comma, di detta direttiva, vale a dire le «operazioni totalmente o parzialmente non pagate» e il «furto debitamente provato».

85.      È vero che l’articolo 68 dello ZDDV-1 non precisa espressamente che le «operazioni totalmente o parzialmente non pagate» e il «furto debitamente provato» danno obbligatoriamente luogo a rettifica. Ciononostante, le due fattispecie in parola non compaiono nel testo della deroga di cui all’articolo 68, paragrafo 3, dello ZDDV-1, cosicché il contribuente normalmente diligente ne potrà desumere che esse possono rientrare nell’obbligo di rettifica di cui all’articolo 68, paragrafo 2, dello ZDDV-1 (25).

86.      Tale approccio trova conferma nella sentenza Almos Agrárkülkereskedelmi, che concerneva la trasposizione dell’articolo 90 della direttiva IVA (26). La Corte ha ammesso infatti che la disposizione nazionale che, nell’elencazione delle situazioni in cui la base imponibile viene ridotta in applicazione dell’articolo 90, paragrafo 2, della direttiva IVA, non contempli quella del mancato pagamento del prezzo dell’operazione, è considerata come risultato dell’esercizio, da parte dello Stato membro, della facoltà di deroga ad esso concessa in forza dell’articolo 90, paragrafo 2, della direttiva medesima (27).

87.      Allo stesso modo, occorre ammettere che una disposizione nazionale come l’articolo 68, paragrafo 3, dello ZDDV-1 il quale, nell’elencazione delle situazioni in cui la detrazione non è rettificata in applicazione dell’articolo 185, paragrafo 2, primo comma, della direttiva IVA, non contempla quella del mancato pagamento del prezzo dell’operazione, deve considerarsi come risultato dell’esercizio, da parte dello Stato membro, della facoltà di deroga ad esso concessa in forza dell’articolo 185, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva IVA.

88.      Nella stessa ottica, la Corte ha ritenuto, nella sentenza PIGI, che una normativa nazionale potesse validamente imporre un obbligo di rettifica in caso di furto, in applicazione di quest’ultima disposizione, senza fare un esplicito riferimento a tale fattispecie ma indicando la «constatazione dell’ammanco» quale motivo di rettifica (28).

89.      Il giudice del rinvio si è chiesto se la sentenza SALIX Grundstücks-Vermietungsgesellschaft potesse essere invocata per confutare tale interpretazione. Secondo la T-2, tale sentenza avallerebbe la tesi secondo cui la facoltà concessa dall’articolo 185, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva IVA dev’essere attuata mediante una disposizione che imponga espressamente un obbligo di rettifica in caso di «operazioni totalmente o parzialmente non pagate».

90.      Si ricorda che la Corte ha statuito in tale sentenza che gli Stati membri erano tenuti ad adottare espressamente una disposizione legislativa per potersi avvalere della facoltà prevista dall’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva IVA (che ha sostituito l’articolo 4, paragrafo 5, quarto comma, della sesta direttiva) di considerare come «attività della pubblica amministrazione» talune attività degli organismi di diritto pubblico (29).

91.      A mio avviso, tuttavia, la soluzione adottata dalla Corte nella sentenza di cui trattasi non è applicabile alle circostanze della presente causa, posto che la facoltà concessa dall’articolo 185, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva IVA presenta natura diversa da quella prevista dall’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva medesima.

92.      Come indicato supra (30), l’articolo 185, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva IVA prevede una deroga a una deroga e, pertanto, un ritorno al regime generale stabilito dall’articolo 185, paragrafo 1, della direttiva stessa.

93.      Invece, l’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva IVA prevede una semplice deroga che consente agli Stati membri di estendere ad attività non esercitate come attività della pubblica amministrazione il regime speciale di cui all’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva in parola. In altri termini, tale disposizione consente agli Stati membri di creare una finzione giuridica che permette di trattare come «attività della pubblica amministrazione» attività che non vi afferiscono.

94.      Non mi pare sia assolutamente contestabile che, come rilevato dalla Corte nella sentenza menzionata (31), una siffatta estensione del campo di applicazione dell’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva IVA ad attività che non presentano natura di «attività della pubblica amministrazione» debba essere oggetto di un’espressa attuazione da parte degli Stati membri.

95.      Alla luce di quanto precede, ritengo che l’articolo 185, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che lo Stato membro può dare attuazione alla facoltà prevista da tale disposizione senza prevedere espressamente un obbligo di rettifica in caso di «operazioni totalmente o parzialmente non pagate», bensì omettendo tale fattispecie dall’elenco delle deroghe che recepisce l’articolo 185, paragrafo 2, primo comma, di detta direttiva.

96.      A prescindere dalle condizioni per l’attuazione di tale facoltà, che costituiscono l’unico oggetto della terza questione sollevata dal giudice del rinvio, desidero ancora illustrare le motivazioni per le quali il diritto dell’Unione richiede che il diritto nazionale preveda una rettifica della detrazione qualora abbia luogo una riduzione della base imponibile in conseguenza del mancato pagamento del prezzo pattuito.

97.      Alla luce dell’obbligo d’interpretazione conforme del diritto nazionale, tale precisazione consentirà di confortare la soluzione fornita alla questione in esame.

E.      Sull’impossibilità di istituire una divergenza tra la rettifica dell’imposizione (articolo 90 della direttiva IVA) e la rettifica della detrazione (articolo 185 della direttiva IVA) in caso di mancato pagamento del prezzo

98.      Per i motivi che mi accingo ad illustrare, ritengo che il legislatore nazionale non possa, in sede di attuazione delle facoltà concesse dagli articoli 90 e 185 della direttiva IVA, istituire una divergenza tra la rettifica dell’imposizione e la rettifica della detrazione in caso di mancato pagamento del prezzo.

99.      Dall’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA risulta che gli Stati membri devono, in linea di principio, prevedere una riduzione della base imponibile in caso di mancato pagamento del prezzo (32). Ho illustrato le ragioni per cui una siffatta riduzione della base imponibile costituisce un «mutamento» ai sensi dell’articolo 185, paragrafo 1, della direttiva medesima (33).

100. In tale fattispecie, si pone la questione se in capo al legislatore si configuri un obbligo di prevedere una riduzione della detrazione cui l’acquirente ha diritto o se esso possa escludere tale riduzione in applicazione dell’articolo 185, paragrafo 2, di tale direttiva.

101. A mio avviso, una normativa nazionale che prevedesse una riduzione della base imponibile in caso di mancato pagamento del prezzo, escludendo al contempo una corrispondente riduzione della detrazione operata dall’acquirente, sarebbe contraria al principio di neutralità fiscale.

102. Infatti, secondo una giurisprudenza ben consolidata, tale principio impone che l’importo dell’imposta detratta corrisponda esattamente all’imposta dovuta o assolta a monte (34). Orbene, l’ipotesi in questione non ricorrerebbe qualora l’acquirente fosse obbligato ad assolvere un importo di IVA calcolato su una base imponibile ridotta (il prezzo effettivamente pagato) pur conservando il suo diritto di detrarre un importo di IVA calcolato su una base non ridotta (il prezzo originariamente pattuito).

103. Inoltre, tale divergenza, poiché determinerebbe una diminuzione del gettito dell’IVA nello Stato membro interessato, sarebbe altresì incompatibile con l’obbligo degli Stati membri di garantire il prelievo integrale dell’IVA nel loro territorio (35), nonché una riscossione efficace delle risorse proprie dell’Unione (36).

104. Rilevo, al riguardo, che la Corte ha dichiarato che una riduzione dei crediti IVA effettuata nell’ambito di una procedura concordataria potesse, a determinate condizioni, essere compatibile con i principi summenzionati (37). Tuttavia, a quanto mi consta, la Corte non ha mai avuto l’occasione di pronunciarsi sull’esistenza di un’eventuale divergenza tra rettifica dell’imposizione e rettifica della detrazione in caso di mancato pagamento del prezzo a seguito di un decreto di omologazione del concordato.

105. Da quanto precede desumo che il principio di neutralità fiscale, l’obbligo degli Stati membri di garantire il prelievo integrale dell’IVA nel loro territorio nonché una riscossione efficace delle risorse proprie dell’Unione devono essere interpretati nel senso che, qualora il legislatore nazionale preveda una riduzione della base imponibile in caso di mancato pagamento del prezzo in applicazione dell’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA, esso è tenuto a prevedere una corrispondente riduzione della detrazione in applicazione dell’articolo 185, paragrafo 2, secondo comma, di detta direttiva.

106. In pratica, il fornitore dichiarerà all’amministrazione finanziaria un importo di IVA rettificato (ridotto) e il diritto alla detrazione dell’acquirente sarà rettificato (ridotto) in proporzione equivalente, essendo tali due importi calcolati sulla base del prezzo effettivamente pagato e non sulla base del prezzo originariamente pattuito.

107. Alla luce dell’obbligo d’interpretazione conforme del diritto nazionale (38), l’interpretazione prospettata conforta la soluzione fornita alla terza questione. Da tale obbligo discende, infatti, che il giudice del rinvio sia tenuto, per quanto possibile, ad interpretare l’articolo 68 dello ZDDV-1 in modo tale da imporre un obbligo di rettifica della detrazione qualora un decreto di omologazione del concordato preventivo conduca a una riduzione della base imponibile. Orbene, la soluzione che ho fornito alla terza questione significa, in pratica, che l’articolo 68 dello ZDDV-1 ha validamente attuato la facoltà di imporre un obbligo di rettifica della detrazione in caso di riduzione della base imponibile in seguito al mancato pagamento del prezzo, conformemente all’articolo 185, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva IVA.

VI.    Conclusione

108. Alla luce delle suesposte considerazioni, suggerisco alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sottoposte dal Vrhovno sodišče (Corte suprema, Slovenia) nel seguente modo:

1)      L’articolo 185, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretato nel senso che una riduzione delle obbligazioni del debitore insolvente intervenuta nell’ambito di una procedura di concordato preventivo, come quella oggetto della controversia principale, costituisce un «mutamento degli elementi presi in considerazione per determinare l’importo delle detrazioni» ai sensi di tale disposizione se e nella misura in cui essa conduca a una riduzione della base imponibile in applicazione delle disposizioni nazionali che recepiscono l’articolo 90 della direttiva medesima.

2)      L’articolo 185, paragrafo 2, della direttiva 2006/112 deve essere interpretato nel senso che una riduzione delle obbligazioni di un debitore insolvente intervenuta nell’ambito di una procedura di concordato preventivo, come quella oggetto della controversia principale, dà luogo ad «operazioni totalmente o parzialmente non pagate» ai sensi della disposizione stessa, a condizione, tuttavia, che tale riduzione rientri nell’ambito dell’articolo 185, paragrafo 2, della direttiva medesima.

3)      L’articolo 185, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2006/112 deve essere interpretato nel senso che lo Stato membro può dare attuazione alla facoltà prevista da tale disposizione senza prevedere espressamente un obbligo di rettifica in caso di «operazioni totalmente o parzialmente non pagate», bensì omettendo tale fattispecie dall’elenco delle deroghe che recepisce l’articolo 185, paragrafo 2, primo comma, di detta direttiva.


1      Lingua originale: il francese.


2      GU 2006, L 347, pag. 1.


3      Sentenza del 16 giugno 2016, Mateusiak (C-229/15, EU:C:2016:454, punto 24).


4      Sentenze del 4 ottobre 2012, PIGI (C-550/11, EU:C:2012:614, punti 24 e 25); del 10 ottobre 2013, Pactor Vastgoed (C-622/11, EU:C:2013:649, punto 34); del 13 marzo 2014, FIRIN (C-107/13, EU:C:2014:151, punto 50); del 9 giugno 2016, Wolfgang und Dr. Wilfried Rey Grundstücksgemeinschaft (C-332/14, EU:C:2016:417, punto 43), e del 16 giugno 2016, Mateusiak (C-229/15, EU:C:2016:454, punto 28).


5      Sentenza del 13 marzo 2014, FIRIN (C-107/13, EU:C:2014:151, punto 48).


6      Sentenza del 16 giugno 2016, Mateusiak (C-229/15, EU:C:2016:454, punto 29).


7      Sentenza del 16 giugno 2016, Kreissparkasse Wiedenbrück (C-186/15, EU:C:2016:452, punto 47).


8      C-550/11, EU:C:2012:614.


9      Sentenza del 4 ottobre 2012, PIGI (C-550/11, EU:C:2012:614, punto 27).


10      In forza degli articoli 63 e 167 della direttiva IVA, l’IVA diventa esigibile e sorge il diritto alla detrazione nel momento in cui è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi. Come ha precisato l’avvocato generale Kokott, il fornitore è tenuto a versare l’IVA dal momento in cui avviene la transazione e ciò a prescindere dal fatto che sia stato pagato dall’acquirente. V. conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Di Maura (C-246/16, EU:C:2017:440, paragrafi 1, 2 e 24). Il diritto alla detrazione dell’acquirente sorge nello stesso momento, indipendentemente dal pagamento della transazione.


11      Sentenza del 21 febbraio 2008, Netto Supermarkt (C-271/06, EU:C:2008:105, punto 21 e giurisprudenza citata).


12      V. paragrafo 27 delle presenti conclusioni.


13      Il legame tra questi due meccanismi di rettifica è stato, in particolare, rilevato da Stadie, H., Umsatzsteuergesetz: Kommentar (3a ed., Otto Schmidt, Köln, 2015, pag. 1198): «Art. 185 Abs. 1 MwStSystRL bestimmt, dass der Vorsteuerabzug zu berichtigen ist, wenn sich die Faktoren, die bei der Festsetzung des Vorsteuerabzugs berücksichtigt werden, nach der Angabe der Erklärung geändert haben, insbesondere bei rückgängig gemachten Käufen oder erlangten Rabatten. Ein solcher Faktor i.S.d. Art. 168 Buchst. a MwStSystRL ist vor allem die vom leistenden Unternehmer geschuldete Steuer, die nach Art. 90 Abs. 1 MwStSystRL zu berichtigen ist» (traduzione libera: «Ai sensi dell’articolo 185, paragrafo 1, della direttiva IVA, la rettifica ha luogo, in particolare, quando, successivamente alla dichiarazione dell’IVA, sono mutati gli elementi presi in considerazione per determinare l’importo delle detrazioni, in particolare, in caso di annullamento di acquisti o qualora si siano ottenute riduzioni di prezzo. Costituisce anzitutto un siffatto elemento, ai sensi dell’articolo 168, lettera a), della direttiva medesima, l’imposta dovuta dal fornitore che dev’essere rettificata in applicazione dell’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva di cui trattasi»).


14      Sentenza del 15 maggio 2014, Almos Agrárkülkereskedelmi (C-337/13, EU:C:2014:328, punto 22 e giurisprudenza citata).


15      V., a tale riguardo, sentenze del 3 luglio 1997, Goldsmiths (C-330/95, EU:C:1997:339), e del 15 maggio 2014, Almos Agrárkülkereskedelmi (C-337/13, EU:C:2014:328), e le conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Di Maura (C-246/16, EU:C:2017:440). In particolare, la Corte ha rilevato che tale facoltà di deroga si fonda sull’assunto che, in presenza di talune circostanze ed in ragione della situazione giuridica esistente nello Stato membro interessato, il mancato pagamento del corrispettivo può essere difficile da accertare o essere solamente provvisorio. V. sentenza del 3 luglio 1997, Goldsmiths (C-330/95, EU:C:1997:339, punto 18).


16      Se non erro, le disposizioni nazionali pertinenti si trovano all’articolo 39 dello ZDDV-1.


17      V. paragrafi 54 e 55 delle presenti conclusioni.


18      A tale riguardo, preciso che una procedura concordataria come quella oggetto del procedimento principale non riguarda, per ipotesi, gli importi dell’IVA dovuti dai fornitori all’amministrazione finanziaria per transazioni finanziarie interessate dal concordato preventivo. Una siffatta procedura concerne, infatti, soltanto i debiti dell’acquirente insolvente, vale a dire la T-2 nella controversia principale. Tra tali debiti possono, in particolare, figurare il prezzo di beni o di servizi ceduti dai fornitori, importi di IVA dovuti agli stessi fornitori o ancora importi di IVA dovuti all’amministrazione finanziaria per la fornitura di beni o di servizi da parte del soggetto passivo insolvente. Quest’ultima ipotesi che attiene al versamento dell’IVA «in uscita» e non la detrazione dell’IVA «in entrata» come nel caso in esame, è stata oggetto delle sentenze del 7 aprile 2016, Degano Trasporti (C-546/14, EU:C:2016:206), e del 16 marzo 2017, Identi (C-493/15, EU:C:2017:219). V. paragrafo 104 delle presenti conclusioni.


19      V. paragrafo 27 delle presenti conclusioni.


20      V. paragrafo 69 delle presenti conclusioni.


21      Sentenza del 4 giugno 2009, SALIX Grundstücks-Vermietungsgesellschaft (C-102/08, EU:C:2009:345, punto 40 e giurisprudenza citata).


22      Sentenza del 4 giugno 2009, SALIX Grundstücks-Vermietungsgesellschaft (C-102/08, EU:C:2009:345, punto 42 e giurisprudenza citata)


23      Sentenza del 4 giugno 2009, SALIX Grundstücks-Vermietungsgesellschaft (C-102/08, EU:C:2009:345, punto 44 e giurisprudenza citata).


24      V. paragrafi 46 e 47 delle presenti conclusioni.


25      Per le ragioni indicate ai paragrafi da 59 a 62 delle presenti conclusioni, il mancato pagamento totale o parziale del prezzo rientra nell’ambito dell’articolo 185, paragrafo 1, della direttiva IVA se esso comporta una riduzione della base imponibile. Tale disposizione è recepita dall’articolo 68, paragrafo 2, dello ZDDV-1.


26      Sentenza del 15 maggio 2014, Almos Agrárkülkereskedelmi (C-337/13, EU:C:2014:328).


27      Sentenza del 15 maggio 2014, Almos Agrárkülkereskedelmi (C-337/13, EU:C:2014:328, punto 24).


28      Sentenza del 4 ottobre 2012, PIGI (C-550/11, EU:C:2012:614, punti da 31 a 35).


29      V., in tal senso, sentenza del 4 giugno 2009, SALIX Grundstücks-Vermietungsgesellschaft (C-102/08, EU:C:2009:345, punti 51 e 52).


30      V. paragrafi 81 e 82 delle presenti conclusioni.


31      Sentenza del 4 giugno 2009, SALIX Grundstücks-Vermietungsgesellschaft (C-102/08, EU:C:2009:345, punto 58).


32      Se non erro, il legislatore sloveno ha effettivamente previsto una riduzione della base imponibile in caso di mancato pagamento del prezzo adottando l’articolo 39 dello ZDDV-1, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare. È vero che i paragrafi 2 e 3 di tale articolo, citati dal giudice a quo, prevedono che «il soggetto passivo può (…) rettificare (diminuire) l’importo dell’IVA da versare (…)». Tuttavia, mi sembra che tale precisazione abbia una portata procedurale, nel senso che incombe al fornitore chiedere la riduzione della base imponibile qualora non riceva il pagamento originariamente pattuito.


33      V. paragrafi da 59 a 62 delle presenti conclusioni.


34      V., in particolare, sentenza del 26 settembre 2013, Commissione/Spagna (C-189/11, EU:C:2013:587, punto 91).


35      V., in particolare, sentenze del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C-617/10, EU:C:2013:105, punto 25); del 7 aprile 2016, Degano Trasporti (C-546/14, EU:C:2016:206, punto 19 e giurisprudenza citata), e del 16 marzo 2017, Identi (C-493/15, EU:C:2017:219, punto 16).


36      V., in particolare, sentenze del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C-617/10, EU:C:2013:105, punto 26); del 7 aprile 2016, Degano Trasporti (C-546/14, EU:C:2016:206, punto 22), e del 16 marzo 2017, Identi (C-493/15, EU:C:2017:219, punto 19).


37      Sentenza del 7 aprile 2016, Degano Trasporti (C-546/14, EU:C:2016:206, punti da 23 a 29). V. altresì sentenza del 16 marzo 2017, Identi (C-493/15, EU:C:2017:219, punti da 20 a 24), che riguardava una procedura italiana detta di «esdebitazione».


38      Secondo una giurisprudenza costante, nell’applicare il diritto interno, i giudici nazionali sono tenuti ad interpretarlo per quanto possibile alla luce del testo e dello scopo della direttiva in parola, così da conseguire il risultato perseguito da quest’ultima e conformarsi pertanto all’articolo 288, terzo comma, TFUE. V., in particolare, sentenze del 24 gennaio 2012, Dominguez (C-282/10, EU:C:2012:33, punto 24 e giurisprudenza citata), e, per quanto concerne la direttiva IVA, dell’11 aprile 2013, Rusedespred (C-138/12, EU:C:2013:233, punto 37).