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Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

YVES BOT

presentate il 30 novembre 2017 (1)

Causa C-580/16

Firma Hans Bühler KG

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Verwaltungsgerichtshof (Suprema Corte amministrativa, Austria)]

«Rinvio pregiudiziale – Fiscalità – Imposta sul valore aggiunto (IVA) – Cessione di beni spediti o trasportati all’interno dell’Unione europea – Esenzione – Cessione da parte di un soggetto passivo di uno Stato membro ad un acquirente in un altro Stato membro – Fattispecie in cui il soggetto passivo indica sulla fattura il proprio numero d’identificazione IVA in un terzo Stato membro»






1.        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 141, lettera c), nonché degli articoli 42 e 265 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (2), nel testo applicabile al procedimento principale, in combinato disposto con gli articoli 41, paragrafo 1, nonché 197 e 263 della medesima direttiva.

2.        La domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la società Firma Hans Bühler KG e il Finanzamt Graz-Stadt (Amministrazione finanziaria della città di Graz, Austria) in merito all’assolvimento dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) sulle operazioni effettuate nel periodo compreso tra ottobre 2012 e marzo 2013.

3.        Con tale domanda il giudice a quo chiede di precisare le condizioni necessarie ai fini dell’attuazione di una misura di semplificazione della tassazione di operazioni in cui intervengono tre soggetti passivi identificati ai fini dell’IVA in tre diversi Stati membri.

4.        In questa particolare fattispecie di acquisti intracomunitari, comunemente definiti «operazioni triangolari», un bene viene ceduto da un soggetto passivo A, identificato ai fini dell’IVA in uno Stato membro 1, ad un soggetto passivo B, identificato ai fini dell’IVA in uno Stato membro 2, che, a propria volta, cede il medesimo bene ad un soggetto passivo C, identificato ai fini dell’IVA in uno Stato membro 3, bene che viene direttamente spedito o trasportato dallo Stato membro 1 allo Stato membro 3, come illustrato nello schema seguente.


Stato membro 2

Soggetto passivo B


Stato membro 1

Soggetto passivo A


Stato membro 3

Soggetto passivo C

Trasferimento della propriétà

Spostamento fisico del bene


5.        L’obiettivo perseguito è quello di esentare dall’IVA il soggetto passivo B per l’acquisto intracomunitario da questi effettuato nello Stato membro del luogo di destinazione del bene e, di conseguenza, di dispensarlo dall’obbligo d’identificazione ai fini dell’IVA (in prosieguo: l’«identificazione IVA») in tale Stato membro, incombendo al soggetto passivo C l’obbligo di assolvere l’imposta relativa alla cessione successiva nel medesimo Stato membro.

6.        Come illustrerò in prosieguo, ritengo che qualora sussistano i requisiti sostanziali relativi agli acquisti intracomunitari, il beneficio della misura di semplificazione prevista all’articolo 141 della direttiva IVA non possa essere negato al soggetto passivo B in base al rilievo che questi non debba essere identificato ai fini dell’IVA nello Stato membro di partenza dei beni ovvero che l’elenco riepilogativo riguardante le operazioni di cui trattasi non sia stato depositato o rettificato entro il termine a tal fine previsto.

I.      Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

7.        L’articolo 40 della direttiva IVA così dispone:

«È considerato luogo di un acquisto intracomunitario di beni il luogo in cui i beni si trovano al momento dell’arrivo della spedizione o del trasporto a destinazione dell’acquirente».

8.        Ai sensi del successivo articolo 41:

«Fatto salvo l’articolo 40, il luogo di un acquisto intracomunitario di beni di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), punto i), si considera situato nel territorio dello Stato membro che ha attribuito il numero di identificazione IVA con il quale l’acquirente ha effettuato l’acquisto, a meno che l’acquirente provi che tale acquisto è stato assoggettato all’IVA conformemente all’articolo 40.

Se l’acquisto è soggetto, in applicazione dell’articolo 40, all’IVA nello Stato membro di arrivo della spedizione o del trasporto dei beni dopo essere stato assoggettato all’imposta in applicazione del primo comma, la base imponibile è ridotta in misura adeguata nello Stato membro che ha attribuito il numero d’identificazione IVA con il quale l’acquirente ha effettuato l’acquisto».

9.        Ai sensi del successivo articolo 42:

«L’articolo 41, primo comma, non si applica e si considera che l’acquisto intracomunitario di beni sia stato assoggettato all’IVA conformemente all’articolo 40, qualora siano soddisfatte le condizioni seguenti:

a)      l’acquirente dimostri di avere effettuato l’acquisto ai fini di una successiva cessione, effettuata nel territorio dello Stato membro determinato conformemente all’articolo 40, per la quale il destinatario sia stato designato come debitore dell’imposta conformemente all’articolo 197;

b)      l’acquirente abbia soddisfatto gli obblighi relativi alla presentazione dell’elenco riepilogativo previsti all’articolo 265».

10.      L’articolo 141 della medesima direttiva così recita:

«Ciascuno Stato membro prende misure particolari per non assoggettare all’IVA gli acquisti intracomunitari di beni effettuati nel proprio territorio, a norma dell’articolo 40, qualora siano soddisfatte le condizioni seguenti:

a)      l’acquisto di beni sia effettuato da un soggetto passivo non stabilito nello Stato membro in questione, ma identificato ai fini dell’IVA in un altro Stato membro;

b)      l’acquisto di beni sia effettuato ai fini di una cessione successiva di tali beni, effettuata nello Stato membro in questione dal soggetto passivo di cui alla lettera a);

c)      i beni acquistati in tal modo dal soggetto passivo di cui alla lettera a) siano direttamente spediti o trasportati a partire da uno Stato membro diverso da quello all’interno del quale egli è identificato ai fini dell’IVA e a destinazione della persona nei confronti della quale egli effettua la cessione successiva;

d)      il destinatario della cessione successiva sia un altro soggetto passivo o un ente non soggetto passivo, identificati ai fini dell’IVA nello Stato membro in questione;

e)      il destinatario di cui alla lettera d) sia stato designato, conformemente all’articolo 197, come debitore dell’imposta dovuta per la cessione effettuata dal soggetto passivo che non è stabilito nello Stato membro in cui l’imposta è dovuta».

11.      Ai termini dell’articolo 197 della stessa direttiva:

«1.      L’IVA è dovuta dal destinatario della cessione di beni, quando sono soddisfatte le seguenti condizioni:

a)      l’operazione imponibile è una cessione di beni effettuata alle condizioni di cui all’articolo 141;

b)      il destinatario di tale cessione di beni è un altro soggetto passivo, oppure un ente non soggetto passivo, identificati ai fini dell’IVA nello Stato membro dove è effettuata la cessione;

c)      la fattura emessa dal soggetto passivo non stabilito nello Stato membro del destinatario è redatta conformemente al capo 3, sezioni 3, 4 e 5.

2.      Qualora sia designato un rappresentante fiscale come debitore dell’imposta in applicazione dell’articolo 204, gli Stati membri possono prevedere una deroga al paragrafo 1 del presente articolo».

12.      Il successivo articolo 262 così dispone:

«Il soggetto passivo identificato ai fini dell’IVA deposita un elenco riepilogativo contenente i seguenti elementi:

a)      gli acquirenti identificati ai fini dell’IVA cui ha ceduto dei beni alle condizioni previste all’articolo 138, paragrafo 1 e paragrafo 2, lettera c);

b)      le persone identificate ai fini dell’IVA cui ha ceduto dei beni che gli sono stati ceduti tramite gli acquisti intracomunitari di cui all’articolo 42 (...)».

13.      A termini del successivo articolo 263:

«1.      Un elenco riepilogativo è compilato per ogni mese di calendario entro un termine non superiore a un mese e secondo modalità che sono fissate dagli Stati membri.

1 bis.            Tuttavia, gli Stati membri possono autorizzare i soggetti passivi, alle condizioni e nei limiti che essi possono stabilire, a presentare l’elenco riepilogativo per ogni trimestre civile entro un termine non superiore a un mese a decorrere dalla fine del trimestre qualora l’importo totale trimestrale, al netto dell’IVA, delle cessioni di beni di cui all’articolo 264, paragrafo 1, lettera d), e all’articolo 265, paragrafo 1, lettera c), non superi né per il trimestre in questione né per alcuno dei quattro trimestri precedenti la somma di 50 000 [euro] o il suo controvalore in moneta nazionale.

La facoltà di cui al primo comma cessa di essere applicabile alla fine del mese durante il quale l’importo totale, al netto dell’IVA, delle cessioni di beni di cui all’articolo 264, paragrafo 1, lettera d), e all’articolo 265, paragrafo 1, lettera c), supera, per il trimestre in corso, la somma di 50 000 [euro] o il suo controvalore in valuta nazionale. In tal caso si stabilisce un elenco riepilogativo per il mese o i mesi trascorsi dall’inizio del trimestre, entro un termine non superiore a un mese.

1 ter.            Fino al 31 dicembre 2011, gli Stati membri possono fissare l’importo di cui al paragrafo 1 bis a 100 000 [euro] o al suo controvalore in valuta nazionale.

(...)

2.      Gli Stati membri autorizzano e possono esigere che l’elenco riepilogativo di cui al paragrafo 1 sia, alle condizioni da essi definite, presentato mediante trasmissione elettronica di file».

14.      Il successivo articolo 265 prevede quanto segue:

«1.      Nei casi di acquisti intracomunitari di beni di cui all’articolo 42, il soggetto passivo identificato ai fini dell’IVA nello Stato membro che gli ha attribuito il numero di identificazione IVA con il quale ha effettuato tali acquisti deve menzionare in modo distinto nell’elenco riepilogativo gli elementi seguenti:

a)      il suo numero di identificazione IVA in tale Stato membro e con il quale ha effettuato l’acquisto e la successiva cessione di beni;

b)      il numero di identificazione IVA, nello Stato membro di arrivo della spedizione o del trasporto dei beni, del destinatario della successiva cessione effettuata dal soggetto passivo;

c)      per ciascuno di detti destinatari l’importo totale, al netto dell’IVA, delle cessioni così effettuate dal soggetto passivo nello Stato membro di arrivo della spedizione o del trasporto dei beni.

2.      L’importo di cui al paragrafo 1, lettera c), è dichiarato per il periodo di presentazione stabilito conformemente all’articolo 263, paragrafi da 1 a 1 ter, durante il quale l’imposta è diventata esigibile».

15.      Ai sensi del successivo articolo 266:

«In deroga agli articoli 264 e 265, gli Stati membri possono prevedere che gli elenchi riepilogativi contengano ulteriori informazioni».

B.      Diritto austriaco

16.      L’articolo 3, paragrafo 8, dell’Umsatzsteuergesetz 1994 (legge federale relativa all’imposta sulla cifra d’affari), del 23 agosto 1994 (3), stabilisce quanto segue:

«L’acquisto intracomunitario si considera effettuato nel territorio dello Stato membro in cui il bene si trova al termine della spedizione o (...) del trasporto. Se l’acquirente utilizza nei confronti del fornitore un numero di identificazione IVA assegnatogli in un altro Stato membro, l’acquisto si considera effettuato nel territorio dello Stato membro medesimo sino a quando l’acquirente non provi l’imponibilità dell’acquisto nello Stato membro indicato nel primo periodo supra. Laddove tale prova venga fornita, trova applicazione per analogia l’articolo 16».

17.      L’articolo 25 dell’UStG 1994, nel testo applicabile nell’esercizio 2012 (4), intitolato «Operazione triangolare», dispone quanto segue:

«Nozione

(1)      Sussiste un’operazione triangolare quando tre imprenditori, in tre diversi Stati membri, concludono operazioni aventi ad oggetto uno stesso bene messo a disposizione dell’ultimo destinatario direttamente dal primo fornitore in presenza delle condizioni di cui al paragrafo 3. Ciò vale anche quando l’ultimo destinatario sia una persona giuridica che non sia un imprenditore o non acquisti il bene ai fini della propria impresa.

Luogo dell’acquisto intracomunitario in caso di operazione triangolare

(2)      L’acquisto intracomunitario ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 8, secondo periodo, si considera assoggettato all’IVA qualora l’imprenditore (acquirente) dimostri la sussistenza di un’operazione triangolare adempiendo l’obbligo di dichiarazione sul medesimo incombente ai sensi paragrafo 6. L’imprenditore che non adempia il proprio obbligo di dichiarazione decade dall’esenzione con effetti retroattivi.

Esenzione in caso di acquisto intracomunitario di beni

(3)      L’acquisto intracomunitario è esente da IVA laddove ricorrano le seguenti condizioni:

a)      l’imprenditore (acquirente) non abbia né la residenza né la sede nel territorio nazionale ma sia identificato ai fini dell’IVA nel territorio dell’[Unione];

b)      l’acquisto sia stato compiuto ai fini di una successiva cessione da parte dell’imprenditore (acquirente) nazionale a un imprenditore o a una persona giuridica identificata ai fini dell’IVA sul territorio nazionale;

c)      i beni acquistati provengano da uno Stato membro diverso da quello in cui l’imprenditore (acquirente) sia identificato ai fini dell’IVA;

d)      il potere dispositivo sui beni acquistati sia trasferito direttamente dal primo imprenditore o dal primo acquirente all’ultimo acquirente (destinatario);

e)      l’imposta sia dovuta, a norma del paragrafo 5, dal destinatario.

Emissione della fattura da parte dell’acquirente

(4) (5)      In caso di applicazione dell’esenzione di cui al paragrafo 3, la fattura deve parimenti contenere le seguenti indicazioni:

–        un esplicito riferimento all’occorrenza di un’operazione triangolare intracomunitaria e la debenza dell’imposta da parte dell’ultimo acquirente;

–        il numero di identificazione IVA con cui l’imprenditore (acquirente) ha effettuato l’acquisto intracomunitario e la successiva cessione dei beni, e

–        il numero di identificazione IVA del destinatario della cessione.

Soggetto passivo

(5)      Nel caso di un’operazione triangolare, l’imposta è dovuta dal destinatario della fornitura imponibile quando la fattura emessa dall’acquirente è conforme al paragrafo 4.

Obblighi dell’acquirente

(6)      Ai fini dell’adempimento del suo obbligo di dichiarazione ai sensi del paragrafo 2, l’imprenditore deve inserire nell’elenco riepilogativo le seguenti informazioni:

–        il numero di identificazione IVA nel territorio nazionale con cui ha effettuato l’acquisto intracomunitario e la successiva cessione dei beni;

–        il numero di identificazione IVA assegnato al destinatario della cessione successiva effettuata dall’imprenditore nello Stato membro di destinazione dei beni spediti o trasportati;

–        per ciascuno dei suddetti destinatari, l’importo dei corrispettivi delle cessioni in tal modo effettuate dall’imprenditore nello Stato membro di destinazione dei beni spediti o trasportati. Detti importi devono essere indicati per il trimestre in cui l’imposta è divenuta esigibile.

Obblighi del destinatario

(7)      Nel calcolo dell’imposta a norma dell’articolo 20, l’importo quantificato deve essere maggiorato dell’importo dovuto a norma del paragrafo 5».

18.      Gli elenchi riepilogativi devono essere presentati, a norma dell’articolo 21, paragrafo 3, dell’UStG 1994, entro la fine del mese successivo alla conclusione del periodo oggetto della dichiarazione.

II.    Fatti all’origine del procedimento principale e questioni pregiudiziali

19.      La Firma Hans Bühler è una società in accomandita stabilita e identificata ai fini dell’IVA in Germania, dove gestisce un’impresa di produzione e commercializzazione. Dall’ottobre 2012 all’aprile 2013 (6), essa era identificata ai fini dell’IVA anche in Austria, poiché intendeva ivi costituire una stabile organizzazione. Al momento del rinvio pregiudiziale, tale progetto non si era ancora concretizzato (7).

20.      Nel periodo compreso tra l’ottobre 2012 e il marzo 2013, la società medesima, in più occasioni, acquistava merci da fornitori con sede in Germania che poi rivendeva ad un cliente stabilito e identificato ai fini dell’IVA nella Repubblica ceca. I beni in questione venivano direttamente trasportati dai fornitori tedeschi a destinazione del cliente ceco. Per tali operazioni, che essa considerava triangolari, la Firma Hans Bühler utilizzava esclusivamente il proprio numero di identificazione IVA austriaco.

21.      Sulle fatture emesse nei confronti della Firma Hans Bühler, i fornitori tedeschi indicavano il proprio numero d’identificazione IVA tedesco nonché il numero di identificazione IVA austriaco della società medesima. Quest’ultima emetteva, nei confronti del proprio cliente ceco, fatture recanti il proprio numero identificativo IVA austriaco e il numero identificativo IVA ceco dell’acquirente. In tali fatture si precisava che le operazioni costituivano «operazioni triangolari intracomunitarie» e che, pertanto, il soggetto passivo dell’IVA era l’acquirente finale.

22.      L’8 febbraio 2013 la Firma Hans Bühler presentava presso l’amministrazione finanziaria austriaca elenchi riepilogativi relativi al periodo compreso tra l’ottobre 2012 e il gennaio 2013 in cui indicava il proprio numero di identificazione IVA austriaco e quello ceco dell’acquirente finale. Nel campo «operazioni triangolari» non figurava alcuna indicazione.

23.      Successivamente, il 10 aprile 2013, la Firma Hans Bühler rettificava tali elenchi, precisando che si trattava di operazioni triangolari e depositando altri elenchi per i mesi di febbraio e marzo 2013.

24.      L’Amministrazione finanziaria della città di Graz riteneva che le operazioni tra i fornitori tedeschi e la Firma Hans Bühler dovessero essere assoggettate all’IVA in Austria a titolo di acquisti intracomunitari.

25.      A suo avviso, si trattava di operazioni triangolari «fallite», in quanto il soggetto passivo in questione non avrebbe adempiuto il proprio obbligo di dichiarazione e neppure dimostrato l’intervenuta imposizione allo stadio dell’acquisto finale nella Repubblica ceca. L’Ufficio medesimo rilevava altresì che gli acquisti intracomunitari, pur essendo stati effettuati nella Repubblica ceca, dovevano parimenti considerarsi effettuati in Austria, avendo la Firma Hans Bühler utilizzato un numero di identificazione IVA austriaco.

26.      Il Bundesfinanzgericht (Suprema Corte tributaria, Austria) respingeva il ricorso proposto dalla Firma Hans Bühler avverso tale decisione in base al rilievo che tale acquirente avrebbe perso il beneficio dell’esenzione dall’IVA sui propri acquisti intracomunitari, in applicazione dell’articolo 25, paragrafo 2, dell’UStG 1994, non avendo adempiuto lo specifico obbligo di dichiarazione richiesto dalla diposizione de qua. Il giudice medesimo osservava altresì che, alla data del 10 aprile 2013, il numero identificativo IVA austriaco della Firma Hans Bühler non era più valido e che, pertanto, questa non aveva assolto gli obblighi di dichiarazione previsti dall’articolo 25, paragrafo 6, dell’UStG 1994 neppure per le operazioni compiute nei mesi di febbraio e marzo 2013.

27.      Avverso detta decisione, la Firma Hans Bühler proponeva ricorso di annullamento (Revision) dinanzi al Verwaltungsgerichtshof (Suprema Corte amministrativa, Austria).

28.      Secondo detto giudice, sussistono dubbi circa l’applicabilità delle norme in materia di operazioni triangolari, sulla quale invece concordano il contribuente, l’Amministrazione finanziaria della città di Graz e il Bundesfinanzgericht (Suprema Corte tributaria).

29.      Dopo aver rilevato che due «imprenditori», ai sensi della nozione contemplata all’articolo 25, paragrafo 1, dell’UStG 1994, sono stabiliti nello stesso Stato membro, ossia la Repubblica federale di Germania, detto giudice s’interroga sulle conseguenze da trarre dalla circostanza che i beni siano stati spediti o trasportati a partire da tale Stato membro, alla luce delle disposizioni dell’articolo 141, lettera c), della direttiva IVA, e, pertanto, sull’individuazione dell’elemento determinante ai fini della qualificazione dell’operazione. Ove tale elemento dovesse consistere unicamente nel numero di identificazione IVA utilizzato dal soggetto passivo, il giudice rileva le potenziali implicazioni di tale soluzione in caso di identificazione al solo scopo di compiere operazioni triangolari.

30.      Infine, il Verwaltungsgerichtshof (Suprema Corte amministrativa) dissente dalle valutazioni dell’Amministrazione finanziaria della città di Graz e del Bundesfinanzgericht (Suprema Corte tributaria) quanto alle conseguenze giuridiche derivanti del mancato rispetto degli obblighi dichiarativi, alla luce degli articoli 41 e 42 della direttiva IVA nonché della giurisprudenza della Corte in materia di rettifica delle fatture.

31.      In tale contesto, il Verwaltungsgerichtshof (Suprema Corte amministrativa) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 141, lettera c), della direttiva [IVA], da cui dipende, a norma dell’articolo 42 (in combinato disposto con l’articolo 197) della direttiva [IVA], la disapplicazione dell’articolo 41, primo comma, della direttiva [IVA], debba essere interpretato nel senso che la condizione ivi indicata non ricorre nel caso in cui il soggetto passivo risieda e sia identificato ai fini dell’IVA nello Stato membro da cui i beni siano spediti o trasportati anche nell’ipotesi in cui il soggetto medesimo utilizzi, ai fini dello specifico acquisto intracomunitario, un numero di identificazione IVA di un altro Stato membro.

2)      Se gli articoli 42 e 265 [della direttiva IVA], in combinato disposto con l’articolo 263 della direttiva [IVA], debbano essere interpretati nel senso che soltanto la tempestiva presentazione dell’elenco riepilogativo implichi la disapplicazione dell’articolo 41, primo comma, della direttiva [IVA]».

III. Analisi

A.      Osservazioni preliminari

32.      Con la prima questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede alla Corte di pronunciarsi, per la prima volta, sulle condizioni di attuazione del meccanismo istituito dall’articolo 141 della direttiva IVA (8) che devono sussistere affinché l’acquisto intracomunitario di beni effettuato da un soggetto passivo, ai fini di una successiva cessione, nel territorio dello stesso Stato membro non sia assoggettata all’IVA di quest’ultimo.

33.      Trattandosi di una misura di semplificazione, ritengo opportuno iniziare l’esame ricollocandola nel più generale contesto delle norme applicabili agli scambi intracomunitari di beni (9) al quale afferisce.

34.      L’articolo 141 della direttiva IVA riprende, in sostanza, l’articolo 28 quater, parte E, punto 3), trattini dal primo al quinto, della sesta direttiva.

35.      L’articolo 28 quater, parte E, della sesta direttiva è stato introdotto dall’articolo 1, paragrafo 22, della direttiva 91/680/CEE del Consiglio, del 16 dicembre 1991, che completa il sistema comune di imposta sul valore aggiunto e modifica, in vista della soppressione delle frontiere fiscali, la direttiva 77/388/CEE (10), la quale aveva inserito un capo XVI bis, contenente gli articoli da 28 bis a 28 quaterdecies, disciplinante il regime transitorio di tassazione degli scambi tra gli Stati membri (11) e, in particolare, quello delle esenzioni.

36.      Le disposizioni dell’articolo 28 quater, parte E, della sesta direttiva non hanno subito revisioni sostanziali, successivamente alla loro modificazione per effetto dell’articolo 1, paragrafo 13, della direttiva 92/111/CEE del Consiglio, del 14 dicembre 1992, che modifica la direttiva 77/388/CEE in materia di imposta sul valore aggiunto e che prevede misure di semplificazione (12).

37.      Il regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011 del Consiglio, del 15 marzo 2011, recante disposizioni di applicazione della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto (13), il quale, a termini del suo considerando 4, è diretto a «garantire l’applicazione uniforme dell’attuale sistema dell’IVA attraverso disposizioni di esecuzione della direttiva [IVA] (...), in particolare in materia di soggetti passivi, cessioni di beni e prestazioni di servizi e luogo delle operazioni imponibili», non contempla nessuna disposizione specifica in materia di esenzioni connesse alle operazioni intracomunitarie di cui agli articoli da 138 a 142 della direttiva IVA (14).

38.      L’articolo 141 della direttiva medesima costituisce quindi un elemento del regime generale di esenzione degli acquisti intracomunitari. Per rendere più comprensibile il meccanismo istituito dalla disposizione de qua (15), reputo altresì necessario rammentare talune nozioni essenziali in materia di scambi intracomunitari di beni, desunte dalla direttiva IVA e dalla giurisprudenza della Corte.

39.      Anzitutto, a termini dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), i), di tale direttiva, sono soggetti all’IVA gli acquisti intracomunitari di beni effettuati a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo che agisce in quanto tale (16).

40.      L’articolo 20, primo comma, della direttiva stessa definisce l’«acquisto intracomunitario di beni» come «l’acquisizione del potere di disporre come proprietario di un bene mobile materiale spedito o trasportato dal venditore, dall’acquirente o per loro conto, a destinazione dell’acquirente in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di partenza della spedizione o del trasporto del bene».

41.      Il successivo articolo 42 contempla il caso particolare dell’acquisto ai fini di una successiva cessione, come quello di cui all’articolo 141, lettera b), della direttiva medesima.

42.      In forza del precedente articolo 40, «[è] considerato» luogo di un acquisto intracomunitario di beni, ossia il luogo di tassazione dell’operazione, «il luogo in cui i beni si trovano al momento dell’arrivo della spedizione o del trasporto a destinazione dell’acquirente».

43.      Inoltre, come ha ricordato la Corte:

–        «la cessione intracomunitaria di un bene e l’acquisto intracomunitario di quest’ultimo costituiscono in realtà un’unica e medesima operazione economica benché quest’ultima crei diritti ed obblighi diversi sia per le parti della transazione, sia per le autorità tributarie degli Stati membri interessati» (17);

–        «[o]gni acquisto intracomunitario tassato nello Stato membro di destinazione della spedizione o del trasporto intracomunitario di beni, ai sensi dell’art[icolo] 28 bis, [paragrafo] 1, lett[era] a), primo comma, della sesta direttiva [(18)] comporta come corollario una cessione esente nello Stato membro di partenza di detta spedizione o di detto trasporto, ai sensi dell’art[icolo] 28 quater, parte A, lett[era] a), primo comma, della medesima direttiva [(19)] (sentenza del 6 aprile 2006, EMAG Handel Eder, C-245/04, EU:C:2006:232)» (20);

–        «[n]e consegue che l’esenzione di una cessione intracomunitaria correlata ad un acquisto intracomunitario permette di evitare la doppia imposizione e, pertanto, la violazione del principio della neutralità fiscale inerente al sistema comune dell’IVA» (21), e

–        «l’acquisto intracomunitario di un bene si perfeziona e l’esenzione della cessione intracomunitaria diviene applicabile solo quando il potere di disporre del bene come proprietario è stato trasmesso all’acquirente e quando il fornitore prova che tale bene è stato spedito o trasportato in un altro Stato membro e che, in seguito a tale spedizione o trasporto, esso ha lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di cessione» (22).

44.      Infine, solo le operazioni triangolari sono oggetto di una norma speciale nella direttiva IVA, vale a dire l’articolo 141, che le definisce. Ne deriva che esse devono essere compiute da tre soggetti passivi economici, identificati ai fini dell’IVA in tre diversi Stati membri, con la peculiarità che i beni interessati sono spediti o trasportati dal primo soggetto passivo a destinazione del terzo.

45.      Esse vanno quindi distinte dalle operazioni successive o a catena riguardanti i medesimi beni che abbiano comportato un unico trasporto intracomunitario (23), esaminate in precedenza dalla Corte, ancorché le soluzioni fornite possano essere accostate l’una all’altra (24).

46.      Infatti, in tali cause si trattava di definire, in assenza di una specifica disposizione, le condizioni di attuazione del principio di esenzione della cessione intracomunitaria al fine «di raggiungere in modo semplice l’obiettivo perseguito (...), vale a dire il trasferimento del gettito fiscale allo Stato membro in cui avviene il consumo finale dei beni ceduti» e di «assicura[re] una chiara delimitazione dei poteri impositivi degli Stati membri interessati» (25).

47.      La Corte ha quindi dichiarato, anzitutto, che «tale spedizione o tale trasporto può essere imputato ad una sola delle due cessioni, che sarà l’unica esentata ai sensi dell’art[icolo] 28 quater, parte A, lett[era] a), primo comma, della sesta direttiva» (26), e che «[t]ale interpretazione vale indipendentemente da quale dei soggetti passivi – primo venditore, acquirente intermedio o secondo acquirente – possa disporre dei beni durante la detta spedizione o il detto trasporto» (27).

48.      La Corte ha poi precisato (28) che «la determinazione dell’operazione cui deve essere imputato tale trasporto, vale a dire la prima o la seconda cessione, (...) deve essere effettuata alla luce di una valutazione globale di tutte le circostanze del caso di specie al fine di stabilire quale di queste due cessioni soddisfi la totalità delle condizioni relative ad una cessione intracomunitaria» (29).

49.      Tuttavia, ai fini dell’applicazione dell’articolo 141 della direttiva IVA, la questione della determinazione della cessione cui debba imputarsi il trasporto intracomunitario non si pone per effetto dei requisiti ivi elencati alle lettere b) e c), vale a dire, da un lato, un acquisto di beni effettuato «ai fini di una cessione successiva di tali beni» (30), compiuto nello Stato membro del luogo di arrivo dei beni da un soggetto passivo e, dall’altro, una spedizione o un trasporto diretti dei beni in tal modo acquistati a destinazione del beneficiario della cessione successiva.

50.      Pertanto, pur se le questioni sollevate dal giudice del rinvio vertono sull’identificazione dei soggetti passivi interessati ai fini dell’IVA in tre diversi Stati membri, ritengo necessario rilevare (31) che l’operazione triangolare non è contraddistinta esclusivamente da tale identificazione. Le condizioni che caratterizzano l’effettuazione dell’operazione economica nella specie sono determinanti. Essa dev’essere quindi compiuta da un acquirente intermediario, altrimenti detto compratore-venditore, che decide, contestualmente, di acquistare per rivendere e di far trasportare i beni direttamente dal proprio fornitore al proprio cliente. In tal caso, il diritto di disporre del bene in quanto proprietario sarà necessariamente trasferito al primo acquirente dal momento che «compie l’acquisto intracomunitario colui che ordina il trasporto» (32).

51.      Di conseguenza, a mio avviso, prima di prendere in considerazione qualsivoglia semplificazione, è essenziale una previa verifica di tali circostanze particolari che consentono di operare una distinzione tra le operazioni triangolari e le operazioni successive o a catena (33).

52.      Lo stesso ragionamento vale per le condizioni più generali relative alle operazioni intracomunitarie, come l’effettività della spedizione o del trasporto (34) nonché la designazione del destinatario finale della cessione successiva quale debitore dell’imposta nello Stato membro interessato (35).

53.      Ne consegue che una risposta utile alle due questioni sollevate dal giudice del rinvio, relative all’attuazione della misura di semplificazione istituita a favore del soggetto passivo intermediario dall’articolo 141 della direttiva IVA, potrà essere fornita laddove l’acquisto intracomunitario oggetto del procedimento principale sia seguito da una cessione interna.

B.      Sulla prima questione pregiudiziale

54.      La prima questione pregiudiziale attiene all’esame della condizione dell’identificazione IVA di ciascuno dei tre soggetti passivi in uno Stato membro diverso, postulata dall’articolo 141 della direttiva IVA. Con tale questione si chiede di precisare se occorra limitarsi alla semplice constatazione dell’utilizzo di tre diversi numeri identificativi o se si debba, al contrario, verificare la sussistenza di più identificazioni in capo al soggetto passivo intermediario.

55.      Va osservato che l’unico requisito espressamente formulato in detto articolo 141, lettere a) ed e), è che il soggetto autore di una cessione successiva nello Stato membro del luogo dell’acquisto intracomunitario dei beni, ossia il luogo della loro destinazione, non vi sia «stabilito».

56.      Le diverse versioni linguistiche del testo, in particolare quelle nelle lingue spagnola, tedesca, inglese, italiana e polacca (36), contemplano quest’unica condizione.

57.      Essa è giustificata dalla ratio di tale disposizione. Infatti, come rammentato al punto 248 della relazione del 1994, «[lo] scopo delle misure di semplificazione è di evitare all’operatore [intermediario] di dover assolvere gli obblighi di identificazione [ (37)] e di dichiarazione nello Stato membro [del luogo di arrivo dei beni]», allorché vi si effettui un acquisto intracomunitario di beni seguito da una cessione interna a tale stesso Stato membro, assoggettata all’IVA secondo le regole applicabili in quest’ultimo (38).

58.      Si tratta quindi di «“disattivare” il principio dell’imposizione dell’acquisto intracomunitario nello Stato membro [del luogo di destinazione del trasporto] e [di] trasferire sull’acquirente [finale] l’imposizione della vendita che gli è stata effettuata da[ll’operatore intermediario]» (39).

59.      Di conseguenza, qualora ricorrano tutte le condizioni previste all’articolo 141 della direttiva IVA e, in particolare, quella relativa alla designazione del soggetto passivo debitore dell’imposta, l’utilizzo di un numero d’identificazione IVA di uno Stato membro per l’acquisto intracomunitario diverso da quello dello Stato membro di arrivo dei beni non può produrre l’effetto di assoggettare tale acquisto all’imposizione nello Stato membro che abbia attribuito un numero di identificazione al soggetto passivo intermediario.

60.      Tuttavia, il giudice del rinvio s’interroga sull’applicabilità dell’articolo 141 della direttiva IVA nel caso in cui il soggetto passivo sia stabilito nello Stato membro di partenza dei beni e, in particolar modo, sull’interpretazione del punto c) dell’articolo medesimo. Occorre quindi specificare tutti gli elementi che devono essere oggetto di discussione.

61.      In primo luogo, come illustrato dal giudice del rinvio, il tenore dell’articolo 141, lettera c), della direttiva IVA, che fa riferimento alla spedizione o al trasporto dei beni «a partire da uno Stato membro diverso da quello all’interno del quale [l’operatore intermediario] è identificato ai fini dell’IVA», potrebbe essere interpretato letteralmente, nel senso dell’esclusione dei casi in cui il soggetto passivo sia stabilito, ossia identificato, nello Stato membro di partenza dei beni, indipendentemente dalla possibilità di scelta dell’identificazione che gli si prospetterebbe al momento del compimento dell’operazione.

62.      In secondo luogo, una lettura di tal genere non sarebbe isolata. Come osservato dagli autori B. Terra e J. Kajus, l’esclusione dell’identificazione nello Stato membro di partenza dei beni è prevista in diversi Stati membri (40).

63.      In terzo luogo, essa presenterebbe una giustificazione pratica. Poiché lo stabilimento in uno Stato membro fa sorgere diritti (41) ed obblighi in materia di imposizione e di dichiarazioni, la misura di semplificazione non avrebbe rilevanza per il soggetto passivo.

64.      In quarto luogo, l’esclusione delle fattispecie in cui il soggetto passivo sia identificato nello Stato membro di partenza dei beni presenterebbe il vantaggio di limitare i casi di identificazioni ad hoc, ottenute allo scopo esclusivo di giustificare partecipazioni ad operazioni triangolari. Nella relazione del 1994, la Commissione aveva evidenziato l’importanza di mantenere su tale punto un’attenzione specifica (42), come rilevato dal giudice del rinvio.

65.      Ritengo che questi diversi argomenti debbano essere respinti per le ragioni qui di seguito illustrate.

66.      Anzitutto, si può obiettare che un’interpretazione letterale dell’articolo 141, lettera c), della direttiva IVA (43) conduca ad escludere i casi di assegnazione del numero identificativo IVA nello Stato membro di partenza dei beni che non siano unicamente collegati al luogo di stabilimento del soggetto passivo. Orbene, un’esclusione di tal genere non potrebbe essere giustificata dagli obblighi di dichiarazione (44).

67.      Inoltre, a fortiori, muovendo dalla constatazione dell’inesistenza di disposizioni particolari in materia di identificazioni multiple, ritengo che l’articolo 141 di tale direttiva debba essere oggetto di un’interpretazione, al tempo stesso, restrittiva e teleologica.

68.      Infatti, da un lato, le disposizioni dell’articolo 141 della direttiva IVA esigono un’interpretazione restrittiva per effetto del loro oggetto, vale a dire l’istituzione di una misura di semplificazione che comporta come corollario un’esclusione, quella relativa ai casi di identificazione nello Stato membro di arrivo dei beni. In altre parole, l’esclusione dell’identificazione del soggetto passivo nello Stato membro di partenza dei beni non può essere desunta da termini generali.

69.      Tale ragionamento, per quanto riguarda l’applicazione dell’articolo 141, lettera a), di detta direttiva, non può essere messo in discussione dal rilievo secondo cui non è solo lo stabilimento nello Stato membro di arrivo dei beni a dover essere escluso, bensì anche la semplice identificazione IVA del soggetto passivo in tale Stato. Questo requisito, infatti, discende naturalmente dall’obiettivo perseguito dalla disposizione de qua, vale a dire di evitare l’obbligo d’identificazione per il soggetto passivo intermediario. La relazione del 1994, in cui si fa riferimento all’impiego da parte del soggetto passivo del «numero di identificazione (...) attribuitogli da uno Stato membro diverso da quello di arrivo del trasporto dei beni», conferma tale conclusione (45).

70.      Dall’altro, ritengo, al pari della Commissione, che le disposizioni dell’articolo 141 della direttiva IVA debbano essere considerate nel loro complesso e in combinato disposto con quelle del successivo articolo 265 (46), richiamato all’articolo 42 della direttiva medesima, relativo al contenuto dell’elenco riepilogativo da compilarsi in caso di acquisto intracomunitario ai fini di una successiva cessione. I termini «numero di identificazione IVA (...) con il quale [l’acquirente] ha effettuato tali acquisti» sembrano indicare una possibilità di scelta tra diversi numeri. Del medesimo tenore letterale è anche il precedente articolo 41, relativo alla determinazione del luogo degli acquisti intracomunitari di beni.

71.      Tale interpretazione trova una giustificazione nella finalità del meccanismo de quo. A mio avviso, il controllo dell’imposizione nel luogo di consumo finale del bene è sufficiente a giustificare la scelta del legislatore dell’Unione di non escludere, all’articolo 141 della direttiva IVA, qualsiasi semplificazione qualora l’acquirente possieda altro numero di identificazione, corrispondente al luogo in cui tale soggetto passivo è stabilito nello Stato membro del luogo di partenza dei beni (47).

72.      Una soluzione opposta, che impedisca al soggetto passivo di scegliere liberamente la propria identificazione IVA, creerebbe una significativa disparità di trattamento tra i soggetti passivi e rischierebbe di limitare l’esercizio di attività economiche, quando invece il numero individuale di identificazione IVA costituisce soltanto un mezzo di prova (48).

73.      Inoltre, come evidenziato dal governo austriaco (49), gli aspetti economici giustificano di favorire il ricorso all’attenuazione degli oneri amministrativi (50), salvaguardando la libera determinazione da parte dei soggetti passivi della propria identificazione ai fini delle operazioni intracomunitarie e garantendo all’acquirente finale la certezza del diritto nelle transazioni (51). Allo stesso modo, all’udienza, è stato sottolineato il vantaggio derivante dalla semplificazione per la gestione della tesoreria dell’impresa esentata dall’imposta.

74.      Infine, resta da dimostrare che lo Stato membro in cui è identificato il soggetto passivo intermediario abbia interesse ad opporre l’esistenza di un’identificazione nello Stato membro di partenza dei beni. Infatti, in un caso di tal genere, solo quest’ultimo Stato membro può assoggettare la cessione all’imposizione.

75.      Tutti questi elementi m’inducono a ritenere che, per attenersi a «quanto necessario per assicurare l’esatta riscossione dell’imposta» (52) nello Stato membro di arrivo dei beni, ai fini dell’attuazione del meccanismo di semplificazione di cui all’articolo 141 della direttiva IVA, sia sufficiente accertare l’utilizzo di tre diverse identificazioni IVA, purché, conformemente alla giurisprudenza costante della Corte (53), il ricorso a più numeri identificativi IVA non abbia carattere fraudolento.

76.      Infatti, come rammentato dal giudice del rinvio, circostanze come quelle descritte dalla Commissione nella sua relazione del 1994 (54) possono indurre ad interrogarsi sulla scelta di un numero identificativo IVA allo scopo di effettuare operazioni triangolari (55).

77.      Inoltre, sotto il profilo generale, dal piano di azione sull’IVA della Commissione (56) risulta che, allo stato attuale della legislazione, una vigilanza particolare è d’obbligo.

78.      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, propongo di risolvere la prima questione pregiudiziale dichiarando che l’articolo 141, lettera c), della direttiva IVA dev’essere interpretato nel senso che il soggetto passivo, rispondente ai requisiti relativi all’identificazione di cui alla lettera a) dell’articolo medesimo, deve avere effettuato l’acquisto di beni di cui alla lettera b) di detto articolo con un numero di identificazione IVA attribuito da uno Stato membro diverso da quello a partire dal quale i beni siano spediti o trasportati ai fini dell’acquisto intracomunitario di cui trattasi, restando irrilevante la circostanza che questi sia stabilito o identificato in tale Stato membro.

C.      Sulla seconda questione pregiudiziale

79.      Tale questione dev’essere esaminata solo ove sia confermata la sussistenza di operazioni triangolari.

80.      Con essa, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il rispetto degli obblighi relativi alla compilazione di un elenco riepilogativo, come quelli stabiliti dagli articoli 263 (57) e 265 (58) della direttiva IVA, costituisca un requisito sostanziale ai fini dell’applicazione dell’articolo 42 della direttiva medesima e, conseguentemente, dell’esenzione del soggetto passivo intermediario dall’IVA, per effetto dell’applicazione del meccanismo previsto dall’articolo 141 della direttiva stessa(59).

81.      Più concretamente, il giudice del rinvio s’interroga sulle conseguenze da trarre dalla presentazione tardiva degli elenchi riepilogativi riguardanti le operazioni effettuate tra l’ottobre e il dicembre 2012 (60) e delle rettifiche successive ai medesimi volte a precisare che si trattava di operazioni triangolari (61).

82.      Va rilevato che all’articolo 265 della direttiva IVA sono elencate le informazioni che il soggetto passivo deve indicare nell’elenco riepilogativo che lo stesso è tenuto a compilare a norma del precedente articolo 262. Le conseguenze di tale requisito sulla determinazione del luogo di imposizione sono sancite dall’articolo 42 della direttiva medesima.

83.      Pertanto, all’articolo 42, lettera a), della direttiva IVA vengono precisati i requisiti sostanziali richiesti, in combinato disposto con l’articolo 197 della direttiva stessa, e, segnatamente, con il paragrafo 1, lettera a), di detto articolo. Ne consegue che, affinché una cessione intracomunitaria effettuata «ai fini di una successiva cessione» (62) sia considerata assoggettata all’IVA nello Stato membro di arrivo dei beni, devono anzitutto ricorrere i requisiti di cui all’articolo 141 della direttiva medesima.

84.      Il requisito del rispetto «[de]gli obblighi relativi alla presentazione dell’elenco riepilogativo previsti all’articolo 265», di cui all’articolo 42, lettera b), della direttiva IVA va diversamente interpretato, sulla scorta della giurisprudenza della Corte, come una condizione formale che consente soltanto l’accertamento dell’imposizione nello Stato membro del luogo di consumo finale dei beni.

85.      Infatti, alla luce del tenore letterale dell’articolo 42, primo comma, della direttiva IVA, occorre anzitutto rammentare che tale paragrafo dev’essere letto alla luce delle disposizioni del precedente articolo 41 (63). Quest’ultimo è destinato a trovare applicazione «a meno che l’acquirente provi che [l’]acquisto è stato assoggettato all’IVA conformemente all’articolo 40». Tali termini, il cui senso è più ampio di quelli dell’articolo 42, che si riferiscono al semplice deposito di un elenco riepilogativo, esprimono un grado di obbligatorietà maggiormente elevato. Occorre altresì considerare la finalità di tali disposizioni, rammentata dalla Corte nella sentenza del 22 aprile 2010, X e fiscale eenheid Facet-Facet Trading (64), consistente nel «garantire l’assoggettamento dell’acquisto di cui trattasi all’IVA» (65).

86.      Inoltre, a differenza del governo austriaco, ritengo irrilevante, in tale contesto, la diversa redazione dell’articolo 42 della direttiva IVA rispetto a quella dell’articolo 138 della direttiva stessa, il quale tace al riguardo. A mio avviso, allo stato attuale della legislazione dell’Unione (66), non sussistono impedimenti a conformarsi alla giurisprudenza costante della Corte, applicabile al caso di specie, secondo la quale, qualora ricorrano i requisiti di fatto o sostanziali di una cessione intracomunitaria, il diritto all’esenzione dall’IVA non può essere subordinato ad altri requisiti di carattere amministrativo.

87.      La Corte ha, quindi, dichiarato che il diniego di esentare dall’IVA una cessione intracomunitaria effettivamente avvenuta non può basarsi sul solo rilievo che la prova della cessione non sia stata prodotta nei termini (67). La Corte ha d’altronde citato la «presentazione dell’elenco ricapitolativo all’amministrazione [finanziaria]» quale obbligo formale indicato all’articolo 22 della sesta direttiva, nel testo di cui all’articolo 28 nonies della medesima direttiva, divenuto, al riguardo, articolo 263 della direttiva IVA (68).

88.      Lo stesso ragionamento vale, per quanto riguarda le fattispecie trasponibili al procedimento principale, per i requisiti ulteriori rispetto ad una valida identificazione, quale l’iscrizione al sistema di scambio d’informazioni in materia d’IVA [VAT Information Exchange System (VIES)], l’assoggettamento ad un regime di tassazione degli acquisti intracomunitari (69), o, ancora, la comunicazione del numero di identificazione IVA dell’acquirente (70).

89.      Secondo la medesima logica, la rettifica di una fattura avente ad oggetto un’indicazione obbligatoria, ossia il numero d’identificazione IVA, può avere effetti retroattivi (71). Inoltre, l’esenzione di una cessione intracomunitaria non può essere negata in base al solo rilievo che l’amministrazione finanziaria di un altro Stato membro abbia proceduto alla cancellazione del numero d’identificazione IVA dell’acquirente produttiva di effetti ad una data precedente a quest’ultima (72).

90.      Occorre infine tener e conto, da un lato, dell’obbligo per tutti i soggetti passivi identificati ai fini dell’IVA di redigere elenchi riepilogativi (73), il che consente un controllo incrociato delle informazioni fornite. Dall’altro, in un’ottica più ampia, va rilevata l’evoluzione della normativa dell’Unione attinente alla cooperazione amministrativa in materia di IVA (74). Infatti, il regolamento (UE) n. 904/2010 del Consiglio, del 7 ottobre 2010, relativo alla cooperazione amministrativa e alla lotta contro la frode in materia d’imposta sul valore aggiunto (75), entrato in vigore il 1° gennaio 2012, stabilisce norme e procedure comuni per quanto riguarda, in particolare, lo scambio di informazioni tra le autorità nazionali competenti ai fini di una corretta applicazione dell’IVA (76). Tale sistema produce inevitabilmente una mitigazione degli effetti di una dichiarazione incompleta o tardiva.

91.      Tuttavia, il «principio del rigetto del formalismo» (77), tradizionalmente fondato sul carattere oggettivo delle nozioni definite dalla direttiva IVA e sul principio di neutralità fiscale, contempla due eccezioni, applicabili a prescindere dal beneficio derivante da una norma del diritto dell’Unione (78). Si tratta, da un lato, della partecipazione intenzionale ad una frode fiscale (79) e, dall’altro, della mancata prova del rispetto dei requisiti sostanziali (80).

92.      È proprio tale eccezione, a mio avviso, e contrariamente a quanto sostiene il governo austriaco (81), a spiegare la soluzione adottata nella sentenza del 22 aprile 2010, X e fiscale eenheid Facet-Facet Trading (82), laddove la Corte ha rilevato che i beni in questione non erano stati effettivamente introdotti nello Stato membro di identificazione (83).

93.      Di conseguenza, ritengo che il diritto all’esenzione dall’IVA debba derivare esclusivamente dal rispetto delle condizioni stabilite agli articoli 141 e 42, lettera a), della direttiva IVA, in quanto il requisito di cui all’articolo 42, lettera b), della direttiva medesima definisce soltanto una modalità di attuazione pratica.

94.      Nell’ipotesi in cui la Corte non dovesse tuttavia condividere tale tesi, occorrerebbe tener presente che, come evidenziato dalla Commissione, nel procedimento principale il dibattito non verteva sull’assenza dell’elenco riepilogativo o di qualsivoglia altra dichiarazione.

95.      Propongo quindi di risolvere la seconda questione pregiudiziale dichiarando che l’articolo 42, lettera b), della direttiva de qua dev’essere interpretato nel senso che esso osta a che l’amministrazione finanziaria di uno Stato membro che abbia attribuito il numero di identificazione IVA con il quale il soggetto passivo abbia effettuato un acquisto intracomunitario, ai fini di una successiva cessione, neghi l’esenzione dall’IVA di quest’ultima, in base al solo rilievo che l’elenco riepilogativo, di cui all’articolo 265 della direttiva medesima, sia stato presentato tardivamente o rettificato successivamente dal soggetto passivo, pur in assenza di alcun serio indizio che lasci supporre l’esistenza di una frode ed a fronte della comprovata sussistenza dei requisiti sostanziali dell’esenzione.

IV.    Conclusione

96.      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, propongo alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali sollevate dal Verwaltungsgerichtshof (Suprema Corte amministrativa, Austria) nei termini seguenti:

1)      L’articolo 141, lettera c), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, dev’essere interpretato nel senso che il soggetto passivo, rispondente ai requisiti relativi all’identificazione di cui alla lettera a) dell’articolo medesimo, deve avere effettuato l’acquisto di beni di cui alla lettera b) di detto articolo con un numero di identificazione dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) attribuito da uno Stato membro diverso da quello a partire dal quale i beni siano spediti o trasportati ai fini dell’acquisto intracomunitario di cui trattasi, restando irrilevante la circostanza che questi sia stabilito o identificato in tale Stato membro.

2)      L’articolo 42, lettera b), della direttiva 2006/112 dev’essere interpretato nel senso che esso osta a che l’amministrazione finanziaria di uno Stato membro che abbia attribuito il numero di identificazione IVA con il quale il soggetto passivo abbia effettuato un acquisto intracomunitario, ai fini di una successiva cessione, neghi l’esenzione dall’IVA di quest’ultima, in base al solo rilievo che l’elenco riepilogativo, di cui all’articolo 265 della direttiva medesima, sia stato presentato tardivamente o rettificato successivamente dal soggetto passivo, pur in assenza di alcun serio indizio che lasci supporre l’esistenza di una frode ed a fronte della comprovata sussistenza dei requisiti sostanziali dell’esenzione.


1      Lingua originale: il francese.


2      GU 2006, L 347, pag. 1, in prosieguo: la «direttiva IVA».


3      BGB1. 663/1994, in prosieguo: l’«UStG 1994».


4      BGB1. I, n. 34/2010.


5      Tale paragrafo è stato modificato dall’Abgabenänderungsgesetz 2012 (legge recante modifica del regime delle imposte), del 14 dicembre 2012 (BGB1 I, 112/2012), con effetto dal 1° gennaio 2013. Esso così recita:


      «(4)      L’emissione della fattura è disciplinata dalle disposizioni dello Stato membro dal quale l’acquirente gestisce la propria impresa. Se la cessione è effettuata dalla stabile organizzazione dell’acquirente, trova applicazione la legge dello Stato membro in cui essa si trova (...).


      Ove l’emissione della fattura sia disciplinata dalle disposizioni della presente legge federale, la fattura deve parimenti contenere le seguenti informazioni:


      -      l’esplicita menzione dell’esistenza di un’operazione triangolare intracomunitaria e dello status di debitore dell’imposta dell’ultimo acquirente;


      -      il numero di identificazione IVA con cui l’imprenditore (acquirente) abbia effettuato l’acquisto intracomunitario e la successiva cessione dei beni, nonché


      -      il numero di identificazione IVA del destinatario della cessione».


6      Al punto 7 della decisione di rinvio si precisa che, al 10 aprile 2013, il numero identificativo IVA non era più valido.


7      All’udienza, il rappresentante della società medesima precisava che questa aveva rinunciato al progetto.


8      Lo stesso ragionamento vale per le disposizioni equivalenti della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU 1977, L 145, pag. 1, in prosieguo: la «sesta direttiva»). V. infra, paragrafi 34 e segg.


9      Per un excursus storico sull’argomento, v. le conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Teleos e a. (C-409/04, EU:C:2007:7, paragrafi da 24 a 29).


10      GU 1991, L 376, pag. 1.


11      Al punto 22 della sentenza del 27 settembre, Teleos e a. (C-409/04, EU:C:2007:548), la Corte rammenta che, «avendo rilevato che non sussistevano ancora le condizioni che avrebbero consentito di mettere in pratica il principio dell’imposizione nello Stato membro di origine dei beni ceduti senza compromettere il principio dell’attribuzione del gettito fiscale allo Stato membro in cui ha luogo il consumo finale, il legislatore comunitario ha introdotto, con il titolo XVI bis della sesta direttiva, un regime transitorio di tassazione degli scambi tra Stati membri fondato sulla determinazione di un nuovo fatto generatore dell’imposta, ovvero l’acquisto intracomunitario di beni (considerando dal settimo al decimo della direttiva 91/680)».


12      GU 1992, L 384, pag. 47; l’articolo 4 di tale direttiva ha fissato la data dell’entrata in vigore al 1° gennaio 1993.


13      GU 2011, L 77, pag. 1. Ad eccezione di talune disposizioni degli articoli 3, 11, 23 e 24, tale regolamento è entrato in vigore il ventesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea ed è applicabile dal 1° luglio 2011 (v. articolo 65 di detto regolamento). Il regolamento (CE) n. 1777/2005 del Consiglio, del 17 ottobre 2005, recante disposizioni di applicazione della direttiva 77/388/CEE relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto, è stato abrogato [(GU 2005, L 288, pag. 1), v. articolo 64 del regolamento n. 282/2011].


14      V., per il futuro, la proposta di regolamento di esecuzione del Consiglio, del 4 ottobre 2017, che modifica il regolamento (UE) n. 282/2011 per quanto riguarda talune esenzioni connesse alle operazioni intracomunitarie [COM(2017) 568 final], vertente esclusivamente sull’articolo 138 della direttiva IVA.


15      Va osservato che tale meccanismo non è obbligatorio. Gli acquirenti possono scegliere l’assoggettamento al regime generale in cui il soggetto passivo intermediario deve adempiere gli obblighi fiscali ad esso incombenti sia nello Stato membro di partenza del bene, in cui questi effettua una cessione intracomunitaria, sia nello Stato membro di arrivo del bene, in cui questi effettua un acquisto intracomunitario, seguito da una cessione interna per la quale è debitore d’imposta il cliente finale.


16      La lettera a) dell’articolo prevede l’imponibilità delle «cessioni di beni effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo che agisce in quanto tale».


17      V. sentenza del 27 settembre 2007, Teleos e a. (C-409/04, EU:C:2007:548, punto 23).


18      Divenuto articolo 2, paragrafo 1, lettera b), i), della direttiva IVA.


19      Divenuto articolo 138, paragrafo 1, della direttiva IVA.


20      V. sentenza del 27 settembre 2007, Teleos e a. (C-409/04, EU:C:2007:548, punto 24).


21      V. sentenza del 27 settembre 2007, Teleos e a. (C-409/04, EU:C:2007:548, punto 25).


22      V. sentenza del 27 settembre 2007, Teleos e a. (C-409/04, EU:C:2007:548, punto 42). V., a titolo esemplificativo delle conseguenze derivanti dal mancato rispetto di tale requisito, sentenza del 22 aprile 2010, X e fiscale eenheid Facet-Facet Trading (C-536/08 e C-539/08, EU:C:2010:217, punti 41 e 42).


23      V., a titolo di esempio, nel caso di operazioni in cui intervengano più di due soggetti passivi, sentenze del 22 aprile 2010, X e fiscale eenheid Facet-Facet Trading (C-536/08 e C-539/08, EU:C:2010:217); del 27 settembre 2012, VSTR (C-587/10, EU:C:2012:592); del 18 dicembre 2014, Schoenimport «Italmoda» Mariano Previti e a. (C-131/13, C-163/13 e C-164/13, EU:C:2014:2455), nonché del 26 luglio 2017, Toridas (C-386/16, EU:C:2017:599).


24      V., quanto al raffronto con il regime applicabile alle operazioni triangolari, le conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa EMAG Handel Eder (C-245/04, EU:C:2005:675, paragrafo 65).


25      V. sentenza del 6 aprile 2006, EMAG Handel Eder (C-245/04, EU:C:2006:232, punto 40).


26      Divenuto articolo 138, paragrafo 1, della direttiva IVA.


27      V. sentenza del 6 aprile 2006, EMAG Handel Eder (C-245/04, EU:C:2006:232, dispositivo, punto 1).


28      V. sentenza del 16 dicembre 2010, Euro Tyre Holding (C-430/09, EU:C:2010:786, punti 27 e segg.).


29      V. punto 44 della sentenza.


30      Il corsivo è mio.


31      Come portato all’attenzione delle parti dalla Corte con il proprio quesito orale all’udienza.


32      Secondo l’espressione adottata nelle conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa EMAG Handel Eder (C-245/04, EU:C:2005:675, paragrafo 66).


33      V., a titolo di confronto, le ipotesi considerate nella relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo, del 23 novembre 1994, sul funzionamento del regime transitorio di imposizione dell’IVA sugli scambi intracomunitari [COM(94) 515 def., in prosieguo: la «relazione del 1994»], che, al punto 247, enuncia che, «[s]e invece B stesso ritira i beni nello Stato membro 1 o se il suo cessionario C provvede, in nome e per conto proprio, al trasporto dei beni verso lo Stato membro di arrivo 2 [leggasi «3» per coerenza con il paragrafo 4 supra], B effettua un acquisto interno allo Stato membro 1 seguito da una cessione intracomunitaria in partenza da tale Stato membro». V., a titolo illustrativo della prima ipotesi, sentenza del 26 luglio 2017, Toridas (C-386/16, EU:C:2017:599, punti 12, 13 e 40).


34      V. supra, paragrafo 43, quarto trattino.


35      Tale requisito figura agli articoli 42 e 141, lettera e), della direttiva IVA. In mancanza si applica l’articolo 41 della direttiva medesima. Il requisito è così formulato: «a meno che l’acquirente provi che [l’]acquisto è stato assoggettato all’IVA conformemente all’articolo 40». V. paragrafo 85 supra, nonché punti 6 e 17 della decisione di rinvio.


36      V. osservazioni scritte del governo austriaco (punto 7). Traduzioni libere.


37      V. articolo 214 della direttiva IVA relativo agli obblighi di identificazione per ogni operazione. V. anche, segnatamente, a proposito della finalità, ossia garantire il buon funzionamento del sistema dell’IVA, sentenza del 14 marzo 2013, Ablessio (C-527/11, EU:C:2013:168, punti18 e 19).


38      V. relazione del 1994, punto 246, relativo ai principi dell’imposizione.


39      V. relazione del 1994, punto 249.


40      Terra, B., e Kajus, J., A Guide to the European VAT Directives, Introduction to European VAT, volume 1, International Bureau of Fiscal Documentation, Amsterdam, 2017, pag. 619, spec. nota a piè di pagina 601. V., anche, a titolo di esempio, la circolare francese BOI-TVA-CHAMP-20-40-20120912, disponibile all’indirizzo Internet seguente: http://bofip.impots.gouv.fr/bofip/1342-PGP.html, punto 240, nonché commentario sulla legislazione belga in Baltus, F., La TVA: fondements et mécanismes, 2ª ediz., Larcier, Bruxelles, 2016, pag. 163.


41      In talune legislazioni nazionali i numeri d’identificazione sociali o fiscali di un’impresa stabilita nello Stato interessato sono collegati. Così, il numero identificativo dell’IVA intracomunitaria viene assegnato automaticamente a partire da tale identificazione.


42      V. punti 252, 254 e 255 della relazione.


43      V. supra, paragrafo 61.


44      V. supra, paragrafo 63.


45      V. punto 251 di tale relazione.


46      Più specificamente, del paragrafo 1, lettera a), dell’articolo 265 della direttiva de qua.


47      Tale soluzione può essere accostata alla giurisprudenza della Corte secondo cui l’esenzione di una cessione comunitaria non deve dipendere dall’attribuzione o dalla comunicazione di un numero di identificazione IVA o ancora dalla cancellazione dello stesso. V. supra, paragrafi 87 e segg..


48      V. sentenza del 14 marzo 2013, Ablessio (C-527/11, EU:C:2013:168, punti 20 e 32).


49      V. punti da 9 a 11 delle osservazioni scritte del governo medesimo.


50      V., per considerazioni di carattere più generale sul nesso tra tale obiettivo e la strategia di crescita dell’Unione, in particolare per le PMI, relazione sulla proposta di regolamento di esecuzione del Consiglio, del 4 ottobre 2017, che modifica il regolamento (UE) n. 282/2011 per quanto riguarda talune esenzioni connesse alle operazioni intracomunitarie [COM(2017) 568 final], pag. 3, paragrafo 6].


51      V. sentenza del 27 settembre 2007, Teleos e a. (C-409/04, EU:C:2007:548, punti da 48 a 50).


52      V. sentenze del 27 settembre 2007, Collée (C-146/05, EU:C:2007:549, punto 29), e del 6 settembre 2012, Mecsek-Gabona (C-273/11, EU:C:2012:547, punto 61).


53      V. sentenza del 27 settembre 2012, VSTR (C-587/10, EU:C:2012:592, punto 43 e giurisprudenza citata).


54      V. punti 254 e 255 della relazione.


55      Al riguardo va rilevato che, a seguito di tale relazione, non è stata adottata alcuna disposizione particolare in sede di modifica della direttiva IVA e di redazione dei regolamenti.


56      V. comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo, del 4 ottobre 2017, relativa al seguito del piano d’azione sull’IVA, Verso uno spazio unico europeo dell’IVA – Il momento di agire [COM(2017) 566 final, punto 3.1.2, pag. 11].


57      Più precisamente, paragrafo 1, primo comma, corrispondente all’articolo 28 nonies della sesta direttiva, inserito dalla direttiva 91/680, che sostituisce l’articolo 22, paragrafo 6, lettera b), secondo comma, primo periodo, della sesta direttiva.


58      Più precisamente, paragrafo 1, lettere a) e b), corrispondente all’articolo 28 nonies della sesta direttiva, inserito dalla direttiva 91/680, che sostituisce l’articolo 22, paragrafo 6, lettera b), quinto comma, primo e secondo trattino, della sesta direttiva.


59      V. punto 16 delle osservazioni scritte del governo austriaco.


60      V. punto 28 della decisione di rinvio, in cui si precisa che tali elenchi riepilogativi sono stati depositati l’8 febbraio 2013, mentre il termine per il deposito era scaduto il 31 gennaio 2013.


61      V. punti 5 e 31 della decisione di rinvio. Le rettifiche sono state depositate il 10 aprile 2013.


62      Articolo 42, lettera a), di detta direttiva.


63      Corrispondente all’articolo 28 ter, parte A, paragrafo 2, primo e secondo comma, della sesta direttiva. Si può inoltre rilevare, alla luce degli elementi di analisi illustrati dal giudice del rinvio e dal governo austriaco nelle proprie osservazioni scritte, che può trattarsi di casi in cui la destinazione finale dei beni sia sconosciuta o in cui, più genericamente, difetti uno dei requisiti sostanziali dell’articolo 42 della direttiva IVA.


64      C-536/08 e C-539/08, EU:C:2010:217, punti da 32 a 36.


65      V. punto 33 di detta sentenza.


66      V., riguardo ai progetti in corso, comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo, del 4 ottobre 2017, relativa al seguito del piano d’azione sull’IVA, Verso uno spazio unico europeo dell’IVA – Il momento di agire [COM(2017) 566 final, punto 3.1.1.1, lettera b), pag. 9].


67      V. sentenza del 27 settembre 2007, Collée (C-146/05, EU:C:2007:549, dispositivo, punto 1).


68      V. sentenza del 27 settembre 2007, Collée (C-146/05, EU:C:2007:549, punto 25).


69      V. sentenza del 9 febbraio 2017, Euro Tyre (C-21/16, EU:C:2017:106, punto 37).


70      V. sentenze del 27 settembre 2012, VSTR (C-587/10, EU:C:2012:592, punto 51 e dispositivo), nonché del 20 ottobre 2016, Plöckl (C-24/15, EU:C:2016:791, punti 52 e segg.).


71      V. sentenza del 15 settembre 2016, Senatex (C-518/14, EU:C:2016:691, dispositivo).


72      V. sentenza del 6 settembre 2012, Mecsek-Gabona [(C-273/11, EU:C:2012:547, punti 60 e 61 (per quanto riguarda il requisito formale) nonché dispositivo, punto 2)].


73      V. articoli 262 e 263 della direttiva IVA.


74      V. sentenza del 22 aprile 2010, X e fiscale eenheid Facet-Facet Trading (C-536/08 e C-539/08, EU:C:2010:217, punto 37).


75      GU 2010, L 268, pag. 1.


76      V. i considerando seguenti del regolamento n. 904/2010:


      «(7)      Ai fini della riscossione dell’imposta dovuta gli Stati membri dovrebbero cooperare per assicurare l’accertamento corretto dell’IVA. Essi devono pertanto non solo controllare l’applicazione corretta dell’imposta dovuta nel loro territorio, ma dovrebbero anche fornire assistenza ad altri Stati membri per assicurare la corretta applicazione dell’imposta connessa a un’attività che si svolge sul loro territorio e dovuta in un altro Stato membro.


      (8)      Il controllo dell’applicazione corretta dell’IVA nelle operazioni transfrontaliere imponibili in uno Stato membro diverso da quello in cui è stabilito il prestatore o il fornitore dipende sovente da informazioni che sono detenute dallo Stato membro di stabilimento o che possono essere ottenute molto più facilmente da quest’ultimo. Il controllo efficace di tali operazioni dipende pertanto dalla circostanza che lo Stato membro di stabilimento raccolga o sia in grado di raccogliere dette informazioni.


      (...)


      (19)      Lo Stato membro di consumo ha la responsabilità primaria di garantire che i fornitori non stabiliti ottemperino ai loro obblighi (...)».


77      Secondo l’espressione adottata nelle conclusioni dell’avvocato generale Saugmandsgaard Øe nella causa Plöckl (C-24/15, EU:C:2016:204, paragrafi 82 e segg.). Il ragionamento dell’avvocato generale Saugmandsgaard Øe si basa sui principi enunciati nella sentenza del 27 settembre 2007, Collée (C-146/05, EU:C:2007:549, punto 31), recentemente ripresi nella sentenza del 9 febbraio 2017, Euro Tyre (C-21/16, EU:C:2017:106, punti 29 e 30).


78      V. sentenza del 18 dicembre 2014, Schoenimport «Italmoda» Mariano Previti e a., (C-131/13, C-163/13 e C-164/13, EU:C:2014:2455, punti da 42 a 49).


79      V., a titolo di esempio di casi di omissione fraudolenta di dichiarazioni nello Stato membro di arrivo dei beni, in un’operazione triangolare, ma senza ricorso alla misura di semplificazione, sentenza del 18 dicembre 2014, Schoenimport «Italmoda» Mariano Previti e a., (C-131/13, C-163/13 e C-164/13, EU:C:2014:2455, punti da 42 a 49).


80      V. sentenza del 9 febbraio 2017, Euro Tyre (C-21/16, EU:C:2017:106, punti 42 e 43).


81      V. punti 23, 27 e 39 delle osservazioni scritte del governo medesimo.


82      C-536/08 e C-539/08, EU:C:2010:217.


83      V. punti 41 e 42 di detta sentenza.