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Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

M. CAMPOS SÁNCHEZ-BORDONA

presentate il 21 febbraio 2018 (1)

Causa C-28/17

NN A/S

contro

Skatteministeriet

(Domanda di pronuncia pregiudiziale presentata dall’Østre Landsret (Corte regionale dell’Est, Danimarca)]

«Rinvio pregiudiziale – Imposta sulle società – Libertà di stabilimento – Normativa nazionale che subordina il diritto di deduzione, da parte di una società di un gruppo fiscale, delle perdite subite da una stabile organizzazione, appartenente a una società non residente dello stesso gruppo, alla condizione che la società non residente non possa dedurre tali perdite dalla base imponibile dell’imposta sulle società nel proprio paese di residenza – Prevenzione della doppia deduzione»






1.        Le sentenze pronunciate dalla Corte di giustizia nell’ambito di procedimenti pregiudiziali, vertenti sull’impatto della libertà di stabilimento sulle norme nazionali che disciplinano la tassazione diretta delle società, sono volte a risolvere le questioni sollevate dai giudici del rinvio, ma, in talune occasioni, generano nuovi dubbi.

2.        Ciò pare evincersi dall’aumento delle domande di pronuncia pregiudiziale nelle quali la Corte di giustizia viene esplicitamente interrogata sull’interpretazione (o sulla portata e sull’applicazione) di una precedente sentenza in materia di tassazione delle società. Per citare solo due esempi recenti:

–        nella causa Bevola e Jens W. Trock (2), il medesimo giudice del rinvio che ha sollevato le questioni pregiudiziali nella presente causa ha chiesto alla Corte di giustizia di pronunciarsi sulla deduzione delle perdite di una stabile organizzazione (3) «in circostanze analoghe a quelle di cui alla sentenza (…) nella causa Marks & Spencer» (4).

–        Nelle cause X e X (5) lo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi) ha chiesto che venissero chiarite alcune pronunce precedenti, in particolare, quella relativa alla causa X Holding (6) con riferimento alla normativa dei Paesi Bassi in materia tributaria sui gruppi integrati di società.

3.        Nella presente causa la domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda nuovamente il contrasto tra la normativa tributaria danese e la libertà di stabilimento. L’Østre Landsret (Corte regionale dell’Est, Danimarca) fonda i propri dubbi sull’interpretazione della sentenza Philips Electronics (7), la cui fattispecie è così simile a quella oggetto del procedimento principale che, a prima vista, consentirebbe di trarne le conclusioni senza ulteriori analisi.

4.        La controversia di cui al procedimento principale riguarda la compensazione delle perdite subite da una SO, situata in Danimarca, che appartiene a una società residente in Svezia, integrata in un gruppo di società danese. Le autorità danesi hanno respinto la domanda diretta a ottenere la deduzione di tali perdite ai fini dell’imposta sulle società che il gruppo deve versare in Danimarca e tale rigetto ha generato i dubbi del giudice del rinvio.

I.      Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

5.        L’articolo 49 TFUE dispone quanto segue:

«Nel quadro delle disposizioni che seguono, le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro vengono vietate. Tale divieto si estende altresì alle restrizioni relative all’apertura di agenzie, succursali o filiali, da parte dei cittadini di uno Stato membro stabiliti sul territorio di un altro Stato membro.

La libertà di stabilimento importa l’accesso alle attività autonome e al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese e in particolare di società ai sensi dell’articolo 54, secondo comma, alle condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini, fatte salve le disposizioni del capo relativo ai capitali».

6.        A norma dell’articolo 54 TFUE:

«Le società costituite conformemente alla legislazione di uno Stato membro e aventi la sede sociale, l’amministrazione centrale o il centro di attività principale all’interno dell’Unione, sono equiparate, ai fini dell’applicazione delle disposizioni del presente capo, alle persone fisiche aventi la cittadinanza degli Stati membri.

Per società si intendono le società di diritto civile o di diritto commerciale, ivi comprese le società cooperative, e le altre persone giuridiche contemplate dal diritto pubblico o privato, ad eccezione delle società che non si prefiggono scopi di lucro».

B.      Diritto danese

1.      Selskabsskatteloven (legge consolidata n. 1164 del 6 febbraio 2016 in materia di imposta sulle società; in prosieguo: la «LIS»)

7.        L’articolo 31, paragrafo 1, comma 1, prevede quanto segue:

«Le società facenti parte di gruppi e associazioni ecc., di cui all’articolo 1, paragrafo 1, punti da 1 a 2b, da 2d a 2j, da 3a a 5 e 5b, o all’articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e b), o all’articolo 21, paragrafo 4, del Kulbrinteskatteloven (legge sull’imposta sull’idrocarburo) saranno tassate come gruppo (regime nazionale di tassazione dei gruppi)».

Tale norma prevede anche che le perdite di una società del gruppo potranno essere compensate da un’altra società del gruppo. Un gruppo danese, tuttavia, non può applicare la stessa deduzione più di una volta.

8.        Conformemente all’articolo 31, paragrafo 2, comma 1:

«Per le società tassate come gruppo sarà determinato un reddito imponibile di gruppo, consistente nella somma dei redditi imponibili di ciascuna società compresa nell’imposizione di gruppo, calcolato ai sensi delle regole generali della normativa tributaria, con le eccezioni applicabili alle società tassate come gruppo».

Le norme danesi sul regime nazionale di tassazione obbligatoria dei gruppi si applicano anche alle SO danesi appartenenti a società estere.

9.        Ai sensi dell’articolo 31, paragrafo 2, comma 2:

«Le perdite di una stabile organizzazione possono essere compensate con il reddito di altre società soltanto se le norme dello Stato estero (…) nel quale la società è residente prevedono che le perdite non possono essere compensate nella determinazione del reddito della società nello Stato estero (…) in cui la società è residente, oppure se è stato scelto il regime internazionale di tassazione di gruppo (…)».

2.      Legge in materia di imposta sui redditi (versione consolidata n. 1162, del 1º settembre 2016, in prosieguo: la «LIR»)

10.      L’articolo 5G, comma 1, dispone quanto segue:

«I soggetti passivi (...) non possono invocare una deduzione di spese che, ai sensi di norme tributarie estere, possono essere dedotte dai redditi non compresi nel calcolo dell’imposta danese. Analogamente ciò si applica se, in forza delle norme tributarie estere, la deduzione delle spese può essere trasferita e imputata ad una deduzione dei redditi determinati dalle società, ecc., del gruppo purché questi ultimi redditi non siano compresi nel calcolo dell’imposta danese».

L’articolo 5G della LIR non si applica alle SO danesi appartenenti a società estere.

II.    Fatti oggetto del procedimento principale e questioni pregiudiziali

11.      La NN è la capogruppo di un gruppo danese cui appartengono, inter alia, due società controllate residenti in Svezia, denominate Sverige 1 e Sverige 2. Tali società controllate detenevano, a loro volta, rispettive SO situate in Danimarca che, ai fini della presente controversia, sono denominate B (detenuta da Sverige 2) e C (detenuta da Sverige 1).

12.      Nell’ordinanza di rinvio si afferma che «[n]el 2006 si è proceduto alla fusione delle due stabili organizzazioni (…), con il trasferimento di B a Sverige 1 in cambio di azioni. L’organizzazione risultatane è stata denominata A».

13.      In Svezia il gruppo ha scelto che la fusione fosse trattata, ai fini fiscali, come una riorganizzazione di attività, un’operazione esente da imposizione poiché equiparata a una successione. Tuttavia, in Danimarca la medesima fusione è stata considerata come una cessione d’azienda al valore di mercato, sottoposta a imposizione.

14.      A seguito della fusione, l’avviamento acquisito dall’organizzazione B è stato iscritto nella contabilità come parte del reddito imponibile della stessa in Danimarca. Tale avviamento non poteva essere ammortizzato in Svezia.

15.      La NN ha chiesto che le perdite subite dall’organizzazione A fossero dedotte dal risultato del gruppo nell’anno 2008, richiesta che le autorità tributarie danesi hanno respinto, ai sensi dell’articolo 31, paragrafo 2, comma 2, della LIS.

16.      Il motivo di tale diniego era che, ai sensi della menzionata disposizione, l’imputazione delle perdite al risultato aggregato imponibile del gruppo è possibile unicamente se la normativa dello Stato in cui risiede la società che detiene la SO (nella presente fattispecie la Svezia) prevede che dette perdite non possano essere compensate con gli introiti ottenuti dalla medesima società nello Stato estero di cui si tratti.

17.      Le autorità tributarie danesi ritengono che la normativa tributaria svedese non vietasse l’imputazione delle perdite subite da una SO appartenente alla società controllata residente in Svezia (ossia, si trattava di perdite deducibili in quest’ultimo Stato membro).

18.      La decisione è stata impugnata dinanzi al Landsskatteretten (Tribunale tributario nazionale, Danimarca) che l’ha confermata. Avverso la decisione di quest’ultimo è stato presentato un ricorso dinanzi all’Østre Landsret (Corte regionale dell’Est, Danimarca), che sottopone alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      «Quali fattori devono essere presi in considerazione nel valutare se le società residenti, che si trovano in una situazione simile a quella di cui trattasi, siano soggette ad una “condizione equivalente”, ai sensi del punto 20 della sentenza Philips [Electronics], a quella applicabile alle stabili organizzazioni di società non residenti, con riguardo alla compensazione delle perdite.

2)      Ove si presuma che le disposizioni tributarie danesi non implichino una disparità di trattamento come quella esaminata nella causa Philips [Electronics], se un divieto di compensazione analogo a quello descritto – in una fattispecie in cui le perdite della stabile organizzazione della società non residente siano soggette anche al potere impositivo dello Stato ospitante – configuri di per sé una restrizione della libertà di stabilimento sancita all’articolo 49 TFUE, che deve essere giustificata da motivi imperativi di interesse generale.

3)      In caso di risposta affermativa, se siffatta restrizione possa essere giustificata dall’interesse di impedire una doppia imputazione delle perdite, dall’obiettivo di garantire una ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri, o da entrambi.

4)      In caso di risposta affermativa, se siffatta restrizione sia proporzionata».

III. Sintesi delle osservazioni delle parti

19.      La NN ritiene che le prime questioni pregiudiziali intendano chiarire se una norma come quella di cui all’articolo 31, paragrafo 2, comma 2, della LIS costituisca una restrizione alla libertà di stabilimento.

20.      A suo avviso, la situazione di una società controllata e la situazione di una SO, qualora siano entrambe detenute da una società estera, sono disciplinate da normative diverse. L’articolo 5G, comma 1, della LIR sarebbe applicabile alle società danesi controllate da società estere ma non alle SO. Nella presente causa si dovrebbe verificare se, ai fini del calcolo del risultato consolidato del gruppo danese, una società svedese che svolge la propria attività in Danimarca mediante una SO riceva un trattamento meno favorevole rispetto a una società locale che si trovi in una situazione comparabile, esclusivamente nazionale.

21.      La NN ritiene che la Corte di giustizia abbia già risolto tale dubbio nella sentenza Philips Electronics, i cui criteri sarebbero applicabili alla presente causa, tenuto conto che, nell’ambito di una situazione esclusivamente nazionale e in conformità alla normativa danese, nulla osterebbe all’imputazione delle perdite al risultato consolidato del gruppo.

22.      Essa afferma che, nella presente causa, la salvaguardia del potere impositivo tra gli Stati membri non costituisca una giustificazione sufficiente in assenza di altri elementi (8). La ragione sottesa sarebbe il mantenimento della simmetria tra il diritto di tassare gli utili e la possibilità di dedurre le perdite (9).

23.      La NN non ritiene neppure che la normativa sia giustificata dall’intenzione di impedire la doppia deduzione delle perdite. Anche qualora tali perdite potessero essere dedotte in Svezia, circostanza che non si verifica nel caso di specie, la Danimarca non vedrebbe pregiudicato il proprio potere impositivo. Secondo la NN, dai punti da 22 a 33 della sentenza Philips Electronics si evince che la restrizione accertata non sarebbe neppure giustificata dal duplice obiettivo di garantire una ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri e di prevenire la doppia deduzione della medesima perdita.

24.      Infine, a suo avviso, anche supponendo che la restrizione configurata dal diritto danese potesse essere giustificata, essa non sarebbe proporzionata nella presente fattispecie, dal momento che ai sensi della normativa svedese non sussiste alcuna perdita, cosicché non sussisterebbe una doppia utilizzazione di una stessa perdita.

25.      Il governo danese ritiene che nel presente caso di specie non sussista alcuna restrizione alla libertà di stabilimento, conformemente alla sentenza Philips Electronics: il gruppo NN, in forza della normativa danese, non avrebbe potuto beneficiare di una maggiore deduzione qualora A fosse stata una società controllata danese in luogo di una succursale danese di una società controllata svedese. Le disposizioni di cui all’articolo 31, paragrafo 2, comma 2, della LIS e l’articolo 5G, comma 1, della LIR disciplinano le due fattispecie in modo analogo.

26.      La situazione di una SO danese e di una società danese controllata da una società non residente sarebbero oggettivamente comparabili, dal momento che il rischio della doppia deduzione delle perdite si verificherebbe solo in situazioni transfrontaliere.

27.      Il governo danese ritiene che la seconda questione pregiudiziale sia intesa ad accertare se le disposizioni del Trattato FUE relative alla libertà di stabilimento si applichino a misure non discriminatorie, come quelle di cui all’articolo 31, paragrafo 2, comma 2, della LIS. Poiché la normativa di cui trattasi non comporta alcuna disparità di trattamento tra situazioni oggettivamente comparabili, non sussisterebbe alcuna restrizione alla libertà di stabilimento.

28.      Qualora, per ipotesi, sussistesse una siffatta disparità di trattamento che limiti la libertà di stabilimento, secondo il governo danese essa sarebbe giustificata poiché sarebbe volta a prevenire e impedire la doppia deduzione delle perdite. Esso ritiene, pertanto, che non si tratti di una fattispecie identica a quella della sentenza Philips Electronics.

29.      Il governo danese evidenzia che la necessità di una normativa volta a impedire la doppia deduzione delle perdite è stata riconosciuta tanto dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico («OCSE») quanto dall’Unione europea. Gli articoli da 2 a 9 della direttiva (UE) 2016/1164 (10) dimostrano che una prevenzione siffatta rappresenta una legittima aspirazione.

30.      Per quanto riguarda la proporzionalità, il governo danese sostiene che l’articolo 31, paragrafo 2, comma 2, della LIS non andrebbe oltre quanto necessario per conseguire gli obiettivi da esso perseguiti. La norma si applica indipendentemente dal fatto che la perdita sia effettivamente dedotta nell’altro Stato membro. Qualora solo la deduzione effettiva di una perdita in uno Stato membro impedisse la deduzione della stessa anche in Danimarca, il contribuente potrebbe programmare la doppia deduzione, eseguendola prima in Danimarca, al fine di beneficiarne, in seguito, nell’altro Stato membro, in esercizi finanziari futuri.

31.      Ad avviso della Commissione, l’integrazione fiscale che consente, all’interno dello stesso gruppo, la compensazione delle perdite di una società con gli utili ottenuti da altre, costituisca un vantaggio fiscale e, ai sensi del punto 20 della sentenza Philips Electronics, l’articolo 5G della LTT, comporterebbe una restrizione alla libertà di stabilimento, instaurando una misura idonea a rendere meno attraente, per le società di altri Stati membri, la costituzione di una SO in Danimarca. Le società di altri Stati membri che detengono società controllate o SO in Danimarca saranno discriminate, per tale motivo, rispetto ai gruppi esclusivamente danesi che non svolgono attività transfrontaliere.

32.      Essa ritiene che, ai sensi della normativa controversa, la situazione delle SO sia comparabile con quella delle società residenti.

33.      La Commissione, richiamando la sentenza Philips Electronics, afferma che né l’equilibrata ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri né la prevenzione della doppia deduzione delle perdite giustificherebbero la restrizione.

34.      Nella specifica fattispecie di cui al procedimento principale, in cui non è in alcun modo possibile dedurre le perdite in Svezia, la Commissione osserva che la possibilità che abbia luogo una doppia non deduzione dimostra il carattere sproporzionato della restrizione alla libertà di stabilimento.

35.      In udienza il governo tedesco ha sostenuto che la prevenzione della doppia deduzione giustificava i provvedimenti normativi danesi e che la posizione adottata dalla Commissione nell’applicare la giurisprudenza di cui alla sentenza Philips Electronics potrebbe mettere in discussione la validità della direttiva 2016/1164. La Commissione ha negato fermamente che la sua tesi fosse questa.

IV.    Procedimento dinanzi alla Corte di giustizia

36.      L’ordinanza di rinvio è pervenuta presso la cancelleria della Corte di giustizia il 19 gennaio 2017.

37.      La NN, il governo della Danimarca e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte.

38.      Il 29 novembre 2017 si è svolta un’udienza alla quale sono comparsi la NN, il governo della Danimarca e della Germania nonché la Commissione europea.

V.      Analisi

A.      Osservazioni preliminari

39.      Sebbene nella prima delle sue questioni il giudice del rinvio richiami in particolare il punto 20 della sentenza Philips Electronics (segnatamente, l’espressione «condizione equivalente» contenuta in tale punto), i suoi dubbi sono esposti, in generale, secondo l’iter seguito dalla Corte di giustizia nell’esaminare se la disciplina della tassazione diretta da parte degli Stati membri costituisca un ostacolo alla libertà di stabilimento, in contrasto con il Trattato FUE (11).

40.      La Corte di giustizia, infatti, in primo luogo accerta se sussista una disparità di trattamento tra situazioni comparabili, che possa limitare la libertà di stabilimento. Quindi, in caso affermativo, esamina se la restrizione sia giustificata da motivi imperativi di interesse generale. Infine, qualora sussista una giustificazione, valuta la proporzionalità della limitazione.

41.      Seguirò lo stesso metodo, fermo restando che, a mio avviso, occorre fornire una risposta unica, in luogo di quattro successive, alle questioni sollevate dall’Østre Landsret (Corte regionale dell’Est, Danimarca).

42.      In ogni caso, la controversia oggetto della domanda di pronuncia pregiudiziale verrebbe meno se, come rilevato in udienza, le perdite subite dalla SO potessero essere dedotte in Danimarca, laddove il gruppo NN fosse in grado di dimostrare alle autorità tributarie danesi che non sussisteva alcun rischio che le stesse fossero dedotte anche in Svezia(12). Spetta al giudice del rinvio verificare tale circostanza.

B.      Nel merito

43.      Il sistema danese per la prevenzione della doppia deduzione si articola in due disposizioni: a) una di carattere generale, l’articolo 5G della LIR; e b) l’altra di carattere speciale per le SO, ossia l’articolo 31, paragrafo 2, comma 2, della LIS.

44.      L’articolo 5G della LIR prevede che le società stabilite in Danimarca, ai fini del calcolo del proprio reddito in detto Stato, non possono dedurre le spese che, ai sensi di norme tributarie estere, siano deducibili da redditi non compresi nella determinazione dell’imposta danese. La medesima norma si applica alle spese che, in forza delle norme tributarie estere, possono essere dedotte dai redditi ottenuti dalle società di un gruppo consolidato, se tali redditi non sono inclusi nel calcolo dell’imposta danese. Stando all’ordinanza di rinvio, la disposizione in parola si applica altresì alle società e alle altre entità di cui agli articoli 31 e 32 della LIS (13).

45.      Per quanto riguarda le SO stabilite in Danimarca che appartengono a società estere, esse sono disciplinate dall’articolo 31, paragrafo 2, comma 2, della LIS, nell’ambito del regime di tassazione dei gruppi di società: le perdite di tali organizzazioni potranno essere compensate con il reddito di altre società solo se, ai sensi delle norme dello Stato estero in cui la società è residente, le perdite in parola non possono essere compensate per determinare il reddito della società in detto Stato estero o laddove sia stato scelto il regime di tassazione congiunta internazionale dei gruppi di società.

46.      In Danimarca il regime di tassazione di gruppo è obbligatorio e si applica alle organizzazioni danesi che appartengono a società estere integrate nel gruppo. Nell’ipotesi in cui la Danimarca esercitasse interamente il proprio potere impositivo sulle suddette organizzazioni, non vi sarebbe motivo perché la tassazione del gruppo consolidato subisca distorsioni. Tuttavia, la normativa danese contempla la possibilità che si verifichino interferenze a causa dell’esercizio del potere impositivo da parte dello Stato in cui la società è residente (nella presente fattispecie la Svezia). Da ciò deriva la disposizione di cui all’articolo 31, paragrafo 2, comma 2, della LIS.

47.      Il giudice del rinvio (14) interpreta l’articolo 5G della LIR in combinato disposto con l’articolo 31, paragrafo 2, comma 2, della LIS nei seguenti termini: «se una società danese che intende dedurre la perdita di una società controllata estera rientrante nell’ambito della stessa tassazione di gruppo è in grado di dimostrare che tale perdita non può essere oggetto di deduzione ai fini dell’imposizione estera, la restrizione alla deduzione ex articolo 5G, paragrafo 1 (…) non sarà applicabile» (15).

48.      Nell’ambito della presente controversia, per poter accertare la sussistenza di una disparità di trattamento tra una situazione esclusivamente interna e una transfrontaliera, occorre preliminarmente stabilire se la presenza di una SO, e non di una società controllata, sia o meno rilevante.

49.      Come da me sottolineato nelle conclusioni nella causa Bevola e Jens W. Trock (16), la differenza sostanziale tra una società controllata e una SO risiede nella personalità giuridica della prima, che le SO non possiedono. Queste ultime sono soltanto strumenti integrati nella struttura della società che le crea e utilizza per svolgere le proprie attività, sotto diverse forme (agenzie, succursali o altro). Una società può aprire una SO nel proprio Stato di residenza o in un altro Stato membro e la sua libertà di optare per l’uno o l’altro non può essere soggetta a restrizioni, in linea di principio, nemmeno attraverso l’applicazione di misure fiscali (articolo 49 TFUE).

50.      Ai fini di imposizione, da un punto di vista esclusivamente interno, la circostanza che una SO e la società che la crea siano insediate nello stesso Stato elimina qualsiasi problema circa la portata del potere di quest’ultimo (e unico) Stato di tassarne gli utili. In un’ottica esclusivamente nazionale, una SO è integrata nel patrimonio della persona giuridica che si avvale della stessa per l’esercizio delle proprie attività. Sotto il profilo fiscale, le perdite o gli utili della SO sono generalmente attribuiti direttamente e immediatamente ai risultati economici della società proprietaria, sempre nello Stato di residenza.

51.      Non è così, invece, quando la SO è situata in uno Stato diverso da quello della società che l’ha creata. In tale ipotesi, le SO possono essere trattate come entità fiscali autonome, secondo la prassi giuridica internazionale che si riflette nel modello di convenzione fiscale elaborato dall’OCSE, con particolare riferimento ai suoi articoli 5 e 7 (17).

52.      Secondo questa impostazione, i risultati economici ottenuti dalla SO entreranno, di norma, nella sfera del potere impositivo dello Stato in cui le stesse sono stabilite, non venendo imputati alla società fondatrice residente nello Stato di origine, salvo che esista un meccanismo giuridico o convenzionale che disponga diversamente.

53.      Ai sensi del diritto danese, una SO di una società estera si pone, ai fini fiscali, allo stesso modo di una società controllata, tanto da essere considerata parte integrante del gruppo fiscale danese. Tuttavia, qualora una società controllata o una SO di una società estera siano soggette, in maggiore o minore misura, al potere impositivo dello Stato in cui quest’ultima risiede (nella presente fattispecie la Svezia) e tale interferenza possa causare disfunzioni, la normativa tributaria danese applica i meccanismi precedentemente descritti, al fine di prevenire la doppia deduzione delle perdite.

54.      Muovendo da tale premessa, occorre verificare se la LIS e la LIR, nel vietare, nelle suesposte circostanze, la deduzione delle perdite ai gruppi di società che svolgono attività transfrontaliere, restringano la loro libertà di stabilimento e se la situazione dei suddetti gruppi sia comparabile con quella di gruppi interamente danesi, rispetto ai quali la normativa tributaria è più favorevole.

55.      Da un punto di vista formale, mi paiono indubbi il vantaggio concesso al gruppo interamente danese e la correlativa restrizione nei confronti del gruppo danese che detiene società controllate non residenti: la capogruppo di quest’ultimo potrà dedurre i risultati negativi di una delle sue entità estere solo qualora siano soddisfatte le condizioni stabilite nell’articolo 31, paragrafo 2, comma 2, della LIS o nell’articolo 5G della LIR; il gruppo interamente danese può invece dedurre le perdite di talune sue società controllate nel reddito consolidato, senza assoggettamento a tali requisiti (18). Una siffatta disparità di trattamento, in linea di principio, rende meno attraente, per i gruppi, l’esercizio della libertà di stabilimento mediante società stabilite in altri Stati membri.

56.      Ci si chiede se le situazioni in cui si trovano i due gruppi siano comparabili. Per considerare siffatto profilo è necessario tenere conto dell’obiettivo perseguito dalla disposizione di cui trattasi (19) che, nella presente fattispecie, consiste nel prevenire la doppia deduzione.

57.      La Corte di giustizia, nei punti 19 e 20 della sentenza Philips Electronics, ha risposto in modo affermativo a detta stessa questione, respingendo la tesi contraria del Regno Unito. Essa ha statuito che sussisteva una restrizione alla libertà di una società non residente di stabilirsi in un altro Stato membro e che le situazioni erano oggettivamente comparabili qualora «una normativa nazionale sottoponga ad una condizione connessa all’impossibilità di utilizzare le perdite ai fini di un’imposta estera la possibilità di trasferire ad una società residente, mediante sgravio di gruppo, perdite subite dalla stabile organizzazione in tale Stato membro della società non residente, mentre il trasferimento delle perdite subite in tale Stato membro da parte di una società residente non è soggetto ad alcuna condizione equivalente» (20).

58.      Come rileva la Commissione, il cui argomento non è stato contestato in modo convincente dal governo danese, il criterio di comparabilità utilizzato nella sentenza Philips Electronics è applicabile per analogia alla presente causa, anche dal punto di vista dell’obiettivo della normativa danese. Al fine di evitare la doppia deduzione di perdite, tanto la normativa che disciplina situazioni puramente interne quanto quella che contempla la presenza di elementi transfrontalieri sono volte a garantire che la medesima spesa o perdita sia imputata una sola volta.

59.      Se la normativa danese in discussione prevede, per situazioni comparabili, una disparità di trattamento che può dissuadere le società non residenti dallo stabilirsi in Danimarca e viceversa (21), il passo seguente comporta l’analisi della sussistenza di un’eventuale giustificazione a tale restrizione, idonea a renderla compatibile con l’articolo 49 TFUE.

60.      L’adozione di disposizioni come quelle di cui agli articoli della LIS e della LIR, in discussione nella presente controversia, si spiega in ragione della necessità di prevenire la doppia deduzione causata dalla sovrapposizione dell’esercizio del potere impositivo di due o più Stati. orbene, che l’esistenza di tale normativa sia esplicabile non comporta che sia sempre giustificata sotto il profilo dell’impedimento all’esercizio della libertà di stabilimento.

61.      La possibile giustificazione richiede la sussistenza di motivi imperativi di interesse generale (22) tra i quali la Corte di giustizia ha annoverato la tutela dell’esercizio del potere impositivo degli Stati membri, la preservazione della coerenza del sistema tributario o la prevenzione delle frodi fiscali.

62.      Il governo danese ritiene che la prevenzione della doppia deduzione delle perdite rientrerebbe nel novero delle giustificazioni ammissibili. Tuttavia, la tesi di quest’ultimo non appare, a prima vista, conforme a quanto statuito nella sentenza Philips Electronics, in cui la Corte di giustizia:

–        ha, invece, associato la doppia deduzione delle perdite all’esercizio del potere impositivo dello Stato di residenza della SO (23).

–        ha sottolineato che tale obiettivo non poteva, «in quanto tale, autorizzare lo Stato membro in cui è situata la stabile organizzazione ad escludere l’utilizzazione delle perdite per il fatto che esse possano anche essere utilizzate nello Stato membro in cui ha sede la società non residente» (24).

–        ha statuito che «[l]o Stato membro ospitante nel cui territorio è situata la stabile organizzazione non può quindi, in una situazione come quella di cui al procedimento principale né in qualsiasi altro caso, invocare autonomamente il rischio di doppia utilizzazione delle perdite al fine di giustificare la propria normativa» (25).

63.      Risulta quindi difficile, sulla base della sentenza Philips Electronics, qualificare la prevenzione della doppia deduzione delle perdite come motivo imperativo di interesse generale. Inoltre, la medesima sentenza ha escluso tale qualificazione, «anche supponendo che un siffatto motivo possa essere invocato autonomamente» (26).

64.      Tuttavia, è forse giunto il momento di temperare simili affermazioni contenute nella sentenza Philips Electronics, dal momento che, a seguito dell’emanazione di tale sentenza, il legislatore dell’Unione ha dedicato particolare attenzione alla lotta contro la doppia deduzione.

65.      Alla luce della conclusioni rese dall’OCSE il 13 e 14 marzo 2013 sul progetto di Erosione della base imponibile e trasferimento di utili (BEPS), il cui rapporto conclusivo è stato pubblicato il 5 ottobre 2015, la Commissione (27) e il Consiglio (28) hanno preso atto della necessità di trovare soluzioni comuni e al contempo flessibili, a livello dell’Unione, che fossero in linea con le conclusioni BEPS della OCSE.

66.      Ai sensi della direttiva 2016/1164 (29), adottata al termine del relativo iter legislativo «[è] essenziale per il corretto funzionamento del mercato interno che gli Stati membri attuino come minimo i loro impegni in materia di BEPS e, più in generale, prendano provvedimenti per scoraggiare le pratiche di elusione fiscale e garantire un’equa ed efficace imposizione nell’Unione in modo sufficientemente coerente e coordinato». In particolare, la stessa sottolinea che è necessario «stabilire norme per rafforzare il livello medio di protezione contro la pianificazione fiscale aggressiva nel mercato interno» (30).

67.      In tale ambito, un ruolo essenziale spetta al cosiddetto disallineamento da ibridi che, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 9, della direttiva 2016/1164, costituisce «una situazione in cui è coinvolto un contribuente o (…) un’entità in cui: (…) g) si verifica un fenomeno di doppia deduzione». Quest’ultima è definita, nel medesimo articolo, come la «deduzione dello stesso pagamento, delle stesse spese o delle stesse perdite nella giurisdizione in cui il pagamento ha origine, le spese sono sostenute o le perdite sono subite (giurisdizione del pagatore) e in un’altra giurisdizione (giurisdizione dell’investitore)».

68.      Ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2016/1164, nella misura in cui un disallineamento da ibridi determini una doppia deduzione: «la deduzione è negata nello Stato membro corrispondente alla giurisdizione dell’investitore e b) se non è negata dalla giurisdizione dell’investitore, la deduzione è negata nello Stato membro corrispondente alla giurisdizione del pagatore».

69.      La direttiva 2017/952, nel modificare la direttiva 2016/1164 mirava, inter alia, a disciplinare il disallineamento delle SO ibride: «[u]n disallineamento da stabili organizzazioni ibride si verifica quando differenze tra le norme della giurisdizione della stabile organizzazione e le norme della giurisdizione di residenza in materia di allocazione di redditi e spese tra parti diverse della stessa entità generano un disallineamento nei risultati fiscali e comprende i casi in cui un disallineamento si verifica a causa del fatto che una stabile organizzazione non è riconosciuta come tale a norma delle leggi della giurisdizione in cui si trova la sede fissa di affari. Tali disallineamenti potrebbero determinare una doppia deduzione o una deduzione senza inclusione e dovrebbero pertanto essere eliminati» (31).

70.      Certamente non suggerisco di applicare alla presente causa le disposizioni di una direttiva il cui termine di trasposizione non è ancora scaduto (32). Ritengo, tuttavia, che la direttiva 2016/1164 sia espressione di una preoccupazione, di ampio respiro, la cui rilevanza non era probabilmente percepibile – e, chiaramente, non era esplicitamente riflessa in alcuna normativa - all’epoca in cui è stata pronunciata la sentenza Philips Electronics.

71.      La Corte di giustizia, nella sua giurisprudenza, aveva fornito alcune indicazioni sul collegamento esistente tra la prevenzione della doppia deduzione e la lotta contro l’evasione fiscale. Nella sentenza Brisal e KBC Finance Ireland (33) essa ha stato statuito che «[l]a volontà di prevenire la doppia deduzione delle spese» (in tal caso professionali), «può essere collegata alla lotta alla frode fiscale».

72.      Tuttavia, la prevenzione della doppia deduzione va considerata altresì in relazione a condotte che non sono necessariamente caratterizzate da un intento fraudolento. In tal senso, la sentenza Marks & Spencer, dopo aver constatato che «gli Stati membri devono potervisi opporre», ha riconosciuto che il rischio della doppia utilizzazione delle perdite non sempre coincideva con l’elemento di giustificazione fondato sulla lotta contro l’evasione fiscale (34).

73.      La doppia imputazione delle perdite può pertanto derivare dall’applicazione combinata di diverse normative in materia fiscale, anche in assenza di qualsiasi intento fraudolento. Ciò non esclude, tuttavia, che tale condotta debba essere condannata anche dal punto di vista del diritto dell’Unione, in linea con quanto auspicato dall’OCSE. Pertanto è possibile, come precedentemente rilevato, che l’obiettivo di evitare detta condotta sia già considerato un motivo (autonomo) imperativo di interesse generale, senza dover essere necessariamente collegato alla lotta contro la frode fiscale.

74.      In tale prospettiva e in teoria, nulla osterebbe all’articolo 31, paragrafo 2, comma 2, della LIS, con riferimento all’obiettivo di evitare la doppia deduzione. Bisogna dunque osservare la sua applicazione nella pratica, quale messa in atto dall’autorità tributaria danese nella presente causa.

75.      Qualora sia constatata una perdita nell’attività di una SO situata in Danimarca, ma appartenente a una società controllata svedese del gruppo danese, il suo importo, in teoria, potrebbe essere deducibile tanto dalla base imponibile soggetta a tassazione nello Stato membro ospitante (Danimarca) quanto dalla base imponibile della società soggetta a tassazione nel suo Stato di residenza (Svezia). Una disposizione come l’articolo 31, paragrafo 2, comma 2, della LIS è volta ad impedire che una società si avvalga due volte della medesima spesa o perdita. In caso contrario, la situazione transfrontaliera sarebbe avvantaggiata rispetto a quella nazionale, giacché, a livello nazionale, logicamente, la stessa autorità tributaria non può consentire la doppia deduzione (35), che sarebbe possibile in un contesto transnazionale.

76.      La disposizione controversa produce quindi l’effetto desiderato, ossia che la perdita sia pesa in considerazione una sola volta e, in teoria, sarebbe adeguata a raggiungere lo scopo di impedire la doppia deduzione. È tuttavia indispensabile che la sua applicazione, oltre a garantire il conseguimento dello scopo perseguito, non ecceda quanto necessario per raggiungerlo (36).

77.      L’interpretazione di tale disposizione adottata dalle autorità tributarie danesi nella presente controversia può comportare una situazione sproporzionata, che conduce alla doppia non deduzione. Ciò avverrebbe ponendo l’accento non sull’effettiva deducibilità in un altro Stato, bensì sulla sua mera possibilità teorica, quale motivo per respingere, in Danimarca, l’imputazione delle perdite.

78.      Anche supponendo che la lotta contro la doppia deduzione giustifichi siffatte misure normative nazionali, il suo obiettivo è che la deduzione sia negata, in modo alternativo, da uno solo degli Stati aventi giurisdizione, ma non da entrambi (37). La logica del sistema si basa su una premessa fondamentale: che la medesima perdita sia imputata una sola volta.

79.      Simile risultato non può essere raggiunto, ribadisco, basandosi su una deducibilità meramente ipotetica nell’altro Stato membro. Il diniego della deduzione in forza di tale criterio non è sostenibile sotto il profilo della proporzionalità, né risponde, in modo adeguato, alla necessaria corrispondenza tra l’onere fiscale e l’effettiva capacità contributiva del soggetto passivo.

80.      La medesima normativa danese parrebbe lasciar intendere di non essere volta a impedire completamente la deduzione ma, appunto, a garantire che le perdite siano imputate una sola volta. È quanto si evince dall’interpretazione dell’articolo 5G, comma 1, della LIR fornita dall’Østre Landsret (Corte regionale dell’Est) con riguardo alle società danesi: esse possono dedurre le perdite di una società controllata estera compresa nella stessa tassazione di gruppo se «[sono] in grado di dimostrare che tale perdita non può essere oggetto di deduzione ai fini dell’imposizione estera» (38).

81.      Detta soluzione, indipendentemente dal fatto che sia una prassi limitata al giudice del rinvio o una giurisprudenza consolidata, attenua il rischio che, al fine di impedire la doppia deduzione, si debba giungere a negare categoricamente la deduzione della perdita. Non sussiste alcuna ragione oggettiva che impedisca l’applicazione di tale criterio anche alle SO, cui si riferisce l’articolo 31, paragrafo 2, comma 2, della LIS.

82.      Logicamente, affinché il criterio in parola sia applicabile, dovrà dimostrarsi che le perdite non potevano essere imputate nell’altro Stato membro, giacché la società che detiene la SO ha esaurito le possibilità di imputarle in tale Stato, incluse le possibilità afferente a esercizi finanziari futuri.

83.      Spetta al giudice del rinvio accertare se tali circostanze ricorrano nella presente fattispecie, giacché esso è l’unico a disporre degli elementi del giudizio rilevanti al fine di determinare se le perdite potessero essere dedotte, in modo definitivo, dalla base imponibile della società controllata del gruppo NN, residente in Svezia.

VI.    Conclusione

84.      Alla luce delle suesposte considerazioni, suggerisco alla Corte di giustizia di rispondere all’Østre Landsret (Corte regionale dell’Est, Danimarca), come segue:

«1. L’articolo 49 TFUE non osta, in linea di principio, a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, ai sensi della quale, nell’ambito della tassazione di un gruppo di società soggette ad imposizione in uno Stato membro A, le perdite subite da una stabile organizzazione residente in tale Stato membro, ma appartenente a una società residente nello Stato membro B, possono essere compensate unicamente con i redditi di altre società del gruppo se, conformemente alle norme dello Stato membro B, dette perdite non possono essere compensate per determinare i redditi della società in parola nello Stato membro B.

2. Tale normativa nazionale non è compatibile con l’articolo 49 TFUE qualora, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, non consenta la deduzione delle perdite nello Stato membro A, laddove il contribuente abbia dimostrato che non sono deducibili in modo definitivo nello Stato membro B, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare».


1      Lingua originale: lo spagnolo.


2      Causa C-650/16, pendente dinanzi alla Corte, nella quale le mie conclusioni sono state lette il 17 gennaio 2018 (EU:C:2018.15).


3      In prosieguo mi riferirò a stabili organizzazioni, o succursali, mediante l’abbreviazione «SO».


4      Sentenza del 13 dicembre 2005, Marks & Spencer (C-446/03, EU:C:2005:763).


5      Cause riunite C-398/16 e C-399/16, pendenti dinanzi alla Corte di giustizia, in cui ho presentato le mie conclusioni il 25 ottobre 2017 (EU:C:2017:807).


6      Sentenza del 25 febbraio 2010 (C-337/08, EU:C:2010:89).


7      Sentenza del 6 settembre 2012, C-18/11, EU:C:2012:532 (in prosieguo: la «sentenza Philips Electronics»).


8      Essa cita, in tal senso, le sentenze del 13 dicembre 2005, Marks & Spencer (C-446/03, EU:C:2005:763), punti 43 e 51; del 29 marzo 2007, Rewe Zentralfinanz (C-347/04, EU:C:2007:194), punto 41; e del 18 luglio 2007, Oy AA (C-231/05, EU:C:2007:439), punto 51.


9      Sentenza del 15 maggio 2008, Lidl Belgium (C-414/06, EU:C:2008:278), punto 33.


10      Direttiva del Consiglio, del 12 luglio 2016, recante norme contro le pratiche di elusione fiscale che incidono direttamente sul funzionamento del mercato interno (GU 2016, L 193, pag. 1).


11      Le quattro questioni coincidono inoltre, in linea di massima, con quelle corrispondenti che il giudice del rinvio ha formulato nella causa Philips Electronics.


12      Il governo danese, nel rispondere ad alcuni quesiti sollevati dalla Corte di giustizia, ha ammesso che tale possibilità non poteva essere esclusa.


13      Punto 38 dell’ordinanza di rinvio.


14      Esso cita, in tal senso, una sentenza del 2010 (senza indicarne la data), TfS 2011.687.


15      Punto 41 dell’ordinanza di rinvio.


16      Causa C-650/16, EU:C:2018:15.


17      La Corte di giustizia ha già avuto occasione di dichiarare che, ai fini della ripartizione della competenza tributaria, non è illogico che gli Stati membri si ispirino alla prassi internazionale e, in particolare, al modello di convenzione elaborato dall’OCSE.V. le sentenze del 12 maggio 1998, Gilly (C-336/96, EU:C:1998:221), punto 31; e del 23 febbraio 2006, van Hilten-van der Heijden, (C-513/03, EU:C:2006:131), punto 48.


18      In una situazione esclusivamente interna, la SO si configura come parte del patrimonio della società che la detiene, cosicché le sue perdite sono considerate perdite proprie di tale società.


19      Sentenza del 25 febbraio 2010, X Holding (C-337/08, EU:C:2010:89), punto 22.


20      Sentenza Philips Electronics, punto 20.


21      Sentenze del 25 febbraio 2010, X Holding (C-337/08, EU:C:2010:89), punto 20 e del 2 settembre 2015, Groupe Steria (C-386/14, EU:C:2015:524), punto 21.


22      Sentenza del 13 dicembre 2005, Marks & Spencer (C-446/03, EU:C:2005:763, punto 35).


23      V. sentenza Philips Electronics, punto 30: «il rischio che tali perdite siano utilizzate nello Stato membro ospitante in cui è situata la stabile organizzazione e che lo siano parimenti nello Stato membro in cui ha sede la società non residente non influisce sul potere impositivo dello Stato membro in cui è situata la stabile organizzazione».


24      Ibidem, punto 32.


25      Ibidem, punto 33.


26      Ibidem, punto 28.


27      Il 18 marzo 2015 la Commissione ha presentato una comunicazione al Parlamento europeo e al Consiglio sulla trasparenza fiscale per combattere l’evasione e l’elusione fiscali [COM (2015) 136 final], alla quale ha fatto seguito, il 17 giugno 2015, il Piano di azione per una tassazione societaria più equa ed efficiente nell’Unione europea.


28      Conclusioni dell’8 dicembre 2015 (doc. 15068/15).


29      Direttamente modificata dalla direttiva (UE) 2017/952 del Consiglio, del 29 maggio 2017, recante modifica della direttiva (UE) 2016/1164 relativamente ai disallineamenti da ibridi con i paesi terzi (GU 2017, L 144, pag. 1).


30      Considerando 2 e 3.


31      Considerando 10 della direttiva 2017/952.


32      Il termine per la trasposizione è il 31 dicembre 2019, salvo per quanto riguarda l’articolo 9 bis, intitolato «Disallineamenti da ibridi inversi» il cui termine di trasposizione è rinviato al 31 dicembre 2021.


33      Sentenza del 13 luglio 2016 (C-18/15, EU:C:2016:549), punto 38.


34      Sentenza del 13 dicembre 2005 (C-446/03, EU:C:2005:763), punti da 47 a 50.


35      L’articolo 31, paragrafo 1, comma 1, della LIS prevede che un gruppo danese non può utilizzare la stessa deduzione più di una volta.


36      Sentenza del 13 dicembre 2005, Marks & Spencer (C-446/03, EU:C:2005:763), punto 35.


37      Questo è lo scopo perseguito dal legislatore dell’Unione, nell’integrare, nelle direttive 2016/1164 e 2017/952 (articolo 9, paragrafo 1), le conclusioni dell’OCSE sulla lotta contro l’erosione della base imponibile.


38      Ordinanza di rinvio, punto 41, riportato nel paragrafo 47 delle presenti conclusioni.