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Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MICHAL BOBEK

presentate il 10 aprile 2018(1)

Causa C-154/17

SIA «E LATS»

parti intervenute:

Valsts ieņēmumu dienests

(Domanda di pronuncia pregiudiziale dell’Augstākā tiesa (Corte suprema, Lettonia))

«Domanda di pronuncia pregiudiziale – Imposta sul valore aggiunto (IVA) – Nozione di “beni d’occasione” – Nozione di “metalli preziosi o pietre preziose”»






I.      Introduzione

1.        SIA «E LATS» è un commerciante e un soggetto passivo a titolo dell’IVA. Offre prestiti a privati a fronte di garanzie sotto forma di beni contenenti metalli preziosi o pietre preziose. I beni oggetto di pegni non riscattati sono rivenduti da SIA «E LATS» ad altri commercianti, principalmente per l’estrazione di metalli preziosi o di pietre preziose. Questi commercianti sono tenuti a pagare l’IVA.

2.        SIA «E LATS» ha applicato a tali operazioni di rivendita un regime speciale IVA per i beni d’occasione. L’amministrazione tributaria competente non era tuttavia d’accordo sul fatto che tale regime speciale fosse applicabile. Essa ha ritenuto che i beni rivenduti da SIA «E LATS» non erano beni d’occasione ai sensi della vigente normativa in materia fiscale. Di conseguenza ha richiesto a SIA «E LATS» il pagamento di un importo aggiuntivo a titolo d’IVA.

3.        È in questo contesto che la Augstākā tiesa (Corte suprema, Lettonia) ha chiesto alla Corte di fornire l’interpretazione della disposizione specifica della direttiva 2006/112/CE (in prosieguo: la «direttiva IVA») (2) che regola l’IVA applicabile ai beni d’occasione. In particolare, il giudice del rinvio si interroga sull’ambito di applicazione dell’eccezione relativa ai «metalli preziosi o pietre preziose» di cui alla definizione di «beni d’occasione». Chiede inoltre se certe caratteristiche dell’operazione di rivendita incidano sulla portata di tale eccezione.

II.    Contesto normativo

A.      Direttiva IVA

4.        Il considerando 51 della direttiva IVA prevede che «[è] opportuno adottare un regime comunitario d’imposizione applicabile ai beni d’occasione e agli oggetti d’arte, da collezione o di antiquariato, inteso ad evitare la doppia imposizione e le distorsioni di concorrenza tra soggetti passivi».

5.        Il capo 4 del titolo XII della direttiva IVA contiene disposizioni sui regimi speciali applicabili ai beni d'occasione e agli oggetti d'arte, da collezione o d'antiquariato. Più in particolare l’articolo 311 di tale direttiva prevede:

«1.      Ai fini del presente capo, e salvo altre disposizioni comunitarie, sono considerati:

(1)       “beni d’occasione”, i beni mobili materiali suscettibili di reimpiego, nello stato originario o previa riparazione, diversi dagli oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione e non costituiti da metalli preziosi o pietre preziose come definiti dagli Stati membri;

[…]».

B.      Diritto lettone

6.        L’articolo 138 del Pievienotās vērtības nodokļa likums (in prosieguo: la «legge sull’IVA») stabilisce che alle operazioni riguardanti beni d’occasione, oggetti d’arte, da collezione e di antiquariato si applica un regime speciale dell’IVA. Secondo la decisione di rinvio, tale disposizione attua fra l’altro l’articolo 311 della direttiva IVA.

7.        Ai sensi della decisione di rinvio, vi sono altre norme pertinenti nazionali, previste agli articoli 183 e 184 del Ministru kabineta 2013. Gada 3. Janvāra noteikumi Nr. 17 «Pievienotās vērtības nodokļa likuma normu piemērošanas kārtība un atsevišķas prasības pievienotās vērtības nodokļa maksāšanai un administrēšanai» (regolamento n. 17 del Consiglio dei ministri del 3 gennaio 2013 relativo al procedimento di applicazione delle disposizioni della legge sull’IVA e a diversi requisiti per il pagamento e la gestione dell’IVA; in prosieguo: il «regolamento n. 17»). L’articolo 183 del regolamento n. 17 definisce i beni d’occasione come beni materiali usati suscettibili di reimpiego direttamente senza modifiche o previa riparazione e che non siano oggetti d’arte, da collezione o d’antiquariato. L’articolo 184 dello stesso regolamento esclude i metalli preziosi o pietre preziose dalla nozione di beni d’occasione, pur precisando che gli articoli contenenti metalli preziosi o pietre preziose rientrano nella nozione di beni d’occasione se sono stati ceduti o trasferiti per la vendita da parte del venditore, di cui all’articolo 138 della legge sull’IVA. In aggiunta, la seconda frase dell’articolo 184 stabilisce che gli articoli che corrispondono ai capitoli 71, 82, 83, 90 o 96 della Nomenclatura Combinata sono considerati articoli contenenti metalli preziosi o pietre preziose.

III. Fatti, procedimento dinanzi ai giudici nazionali e questioni pregiudiziali

8.        SIA «E LATS» (in prosieguo: la «ricorrente») è un commerciante e un soggetto passivo a titolo dell’IVA. Offre prestiti ai privati che, secondo la decisione di rinvio, non sono soggetti al pagamento dell’IVA. Nel fornire i prestiti, prende in pegno beni contenenti metalli preziosi o pietre preziose come catene, pendenti, anelli, fedi, cucchiai, e materiali dentari.

9.        La ricorrente rivendeva i beni dati in pegno non riscattati ad altri commercianti, anch’essi soggetti passivi dell’IVA. I beni venivano classificati secondo il metallo che contenevano nonché la relativa purezza. Erano rivenduti a peso, in modo che quei metalli preziosi o pietre preziose potessero essere estratti (in prosieguo: le «operazioni in questione»).

10.      La ricorrente applicava il regime speciale dell’IVA per i beni d’occasione alle operazioni in questione, come previsto all’articolo 138 della legge sull’IVA.

11.      Il Valsts ieņēmumu dienests (in prosieguo: l’«amministrazione tributaria», Lettonia) ha ritenuto che i beni che la ricorrente rivendeva costituivano avanzi: non erano beni d’occasione e pertanto il regime speciale dell’IVA per i beni d’occasione non poteva essere applicato. Di conseguenza, ha adottato una decisione che richiedeva alla ricorrente di pagare un importo supplementare di IVA.

12.      La ricorrente ha presentato ricorso di annullamento avverso tale decisione. L’Administratīvā apgabaltiesa (Corte amministrativa regionale, Lettonia) ha respinto il ricorso, dichiarando che la ricorrente aveva applicato l’articolo 138 della legge IVA alle operazioni in questione in modo errato. Esso ha ritenuto che i beni d’oro, d’argento e di altri materiali preziosi fossero stati venduti dalla ricorrente come avanzi e non come beni d’occasione.

13.      La causa è ora pendente dinanzi all’Augstākā tiesa (Corte suprema), il giudice del rinvio. Quest’ultimo constata che si dovrebbe ritenere che il regime speciale a cui si riferisce l’articolo 311, paragrafo 1, punto 1, della direttiva IVA non sia applicabile ai beni contenenti metalli preziosi o pietre preziose che vengono venduti non come beni d’occasione, bensì unicamente al fine di estrarre i metalli preziosi o le pietre preziose in essi presenti. Tale giudice ritiene che detti beni non sono «d’occasione» ma sono «metalli preziosi o pietre preziose». Esso ritiene inoltre che, a questo proposito, l’articolo 311, paragrafo 1, punto 1, della direttiva IVA non concede alcun margine di discrezionalità agli Stati membri.

14.      In tali circostanze la Augstākā tiesa (Corte suprema) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia le seguenti questioni:

«1.      Se l’articolo 311, paragrafo 1, punto 1, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, debba essere interpretato nel senso che possono essere considerati beni d’occasione taluni articoli usati acquisiti dal commerciante contenenti metalli preziosi o pietre preziose (come nel caso di specie) e che si rivendano principalmente per estrarre i metalli preziosi o le pietre preziose in essi presenti.

2.      In caso di risposta affermativa alla prima questione, al fine di limitare l’applicazione del regime speciale, se sia rilevante la circostanza che il commerciante sia a conoscenza dell’intenzione del successivo acquirente di estrarre i metalli preziosi o le pietre preziose contenuti negli articoli usati, oppure siano rilevanti le caratteristiche oggettive dell’operazione (la quantità di prodotti, lo status giuridico della controparte dell’operazione, ecc.)»

15.      Il governo lettone e dalla Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte. Il governo lettone, la Commissione e la ricorrente hanno presentato anche osservazioni orali nell’udienza che ha avuto luogo il 25 gennaio 2018.

IV.    Analisi

16.       Le presenti conclusioni sono articolate come segue. In primo luogo, esporrò la portata e la logica della nozione di «beni d’occasione» di cui all’articolo 311, paragrafo 1, punto 1, della direttiva IVA (A). In secondo luogo, mi concentrerò sull’eccezione che quest’ultima disposizione stabilisce per i metalli preziosi o pietre preziose, cercando di cogliere la finalità e la logica di tale eccezione (B). Sulla base di questi due punti generali, fornirò quindi alcune indicazioni relative alle circostanze pertinenti che devono essere prese in considerazione al fine di valutare se i beni in questione possono essere classificati come beni d’occasione (C).

A.      La nozione di «beni d’occasione»

17.      L’articolo 311, paragrafo 1, punto 1, della direttiva IVA definisce i beni d’occasione come «beni mobili materiali suscettibili di reimpiego, nello stato originario o previa riparazione, diversi dagli oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione e non costituiti da metalli preziosi o pietre preziose come definiti dagli Stati membri».

18.      Pertanto, al fine di rientrare nella definizione fornita all’articolo 311, paragrafo 1, punto 1, della direttiva IVA, i beni in questione devono cumulare due condizioni positive: (I) «beni mobili materiali» che siano (ii) «suscettibili di reimpiego, nello stato originario o previa riparazione»; ed evitarne una negativa (iii): «diversi dagli oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione e non costituiti da metalli preziosi o pietre preziose come definiti dagli Stati membri».

19.      Non vi è alcun dubbio che i beni in questione siano «beni mobili materiali». Quindi la prima condizione è chiaramente soddisfatta. Il punto controverso nella presente causa riguarda la lettura combinata della seconda condizione (positiva) e il suo preciso rapporto con la terza (negativa).

20.      Al fine di valutare tale interazione considererò, in primo luogo, gli obiettivi perseguiti dal regime speciale dell’IVA per i beni d’occasione (1) prima di passare al primo degli elementi controversi della definizione, cioè l’essere «suscettibili di reimpiego» (2).

1.      Obiettivi del regime speciale dell’IVA applicabile ai beni d’occasione

21.      I beni d’occasione sono soggetti al regime del margine, che costituisce una deroga al regime comune dell’IVA: invece di essere calcolata sulla base del prezzo delle vendite, l’IVA dovuta è calcolata sulla base della differenza tra il prezzo di acquisto e il prezzo di vendita dei beni (3).

22.      Il regime del margine è una deroga al regime generale IVA. Il campo di applicazione dei beni che rientrano nell’ambito di questo regime deve quindi essere interpretato in maniera restrittiva (4) e deve essere applicato unicamente nei limiti di quanto necessario al raggiungimento del suo obiettivo (5).

23.      Tuttavia, i metalli preziosi o le pietre preziose sono esclusi dalla nozione di beni d’occasione (e, per lo stesso motivo, dalla deroga prevista dal regime del margine). Pertanto, questa nozione è effettivamente un’eccezione ad un’eccezione, il che significa che i beni che rientrano nell’eccezione dei metalli preziosi o delle pietre preziose ritornano all’interno del generale regime IVA (6).

24.      Consegue dal considerando 51 della direttiva IVA, che il regime speciale dell’IVA per i beni d’occasione è stato introdotto in modo da evitare la doppia imposizione e la distorsione della concorrenza (7). Mentre «il sistema comune d’IVA è diretto, in via di principio, a tassare il valore economico aggiunto nei diversi stadi del processo di produzione e di distribuzione» (8), l’IVA riscossa nei confronti dei beni d’occasione solleva il problema specifico del fatto che l’onere dell’IVA sia sostenuto due volte.

25.      Ciò accade quando un rivenditore soggetto passivo acquista beni d’occasione da chi non è soggetto passivo e paga l’IVA inclusa nel prezzo d’acquisto, quando tale operatore non può dedurla successivamente. In altre parole, quando una persona che non è un soggetto passivo acquista beni, egli o ella deve pagare l’IVA applicabile come parte del prezzo di acquisto. Quando tale persona vende questi beni a un soggetto passivo-rivenditore, tale soggetto passivo-rivenditore non avrà, in linea di principio, la possibilità di dedurre l’IVA pagata inizialmente e contenuta nel prezzo di acquisto. In questo modo, il soggetto passivo-rivenditore deve pagare l’IVA nuovamente e si verifica la doppia imposizione. È proprio questa la situazione che il regime speciale dell’IVA per i beni d’occasione cerca di evitare, prevedendo che l’IVA dovuta dal soggetto passivo-rivenditore si determina sulla base della differenza tra i prezzi di acquisto e di vendita(9).

26.      In tal senso la Corte ha spiegato che «[a]ssoggettare ad imposta, per l’intero suo prezzo, la cessione di beni d’occasione […] da parte di un soggetto passivo-rivenditore, allorché il prezzo al quale quest’ultimo ha acquistato detto bene incorpora un importo di IVA assolto a monte da una persona appartenente ad una delle categorie individuate all’articolo 314, lettere da a) a d), [della] direttiva [IVA], e che né tale persona, né il soggetto passivo-rivenditore sono stati in grado di detrarre, produrrebbe in effetti una siffatta doppia imposizione» (10).

27.      Tale accumulo di imposizione nel contesto dei beni d’occasione è stato riconosciuto ben presto (11). La Commissione ha osservato a tal riguardo che la mancanza di disposizioni speciali in materia di oggetti d’arte, da collezione o di antiquariato, e di beni usati ha portato alla situazione in cui «un bene proveniente dallo stadio finale del consumo e reinserito nel circuito economico, sarebbe nuovamente ed integralmente gravato dell’imposta sul valore aggiunto, senza che il soggetto passivo-rivenditore possa operare una deduzione dell’imposta inclusa nel prezzo di acquisto di detto bene […] La differenza dell’onere fiscale che ne risulta inciterebbe ad evitare il circuito commerciale normale»(12).

2.      Suscettibilità al reimpiego

28.      La seconda condizione dell’articolo 311, paragrafo 1, punto 1, della direttiva IVA, concernente l’essere «suscettibile di reimpiego», è stata interpretata dalla Corte nella sentenza Sjelle Autogenbrug. Tale causa riguardava veicoli a motore fuori uso che erano stati acquistati per essere venduti come pezzi di ricambio. La Corte ha spiegato che la condizione di essere «suscettibile di reimpiego» doveva essere esaminata in base al fatto che l’oggetto in questione avesse«conservato le funzionalità» che possedeva allo stato nuovo (13). La Corte ha dichiarato che la nozione di «beni d’occasione» non esclude «i beni mobili materiali suscettibili di reimpiego, nello stato originario o previa riparazione, provenienti da un altro bene nel quale erano incorporati come parti costitutive. Infatti, la circostanza che un bene usato costitutivo di un altro bene venga separato da quest’ultimo non mette in discussione la qualificazione del bene prelevato come “bene d’occasione”, purché esso possa essere reimpiegato “nello stato originario o previa riparazione”»(14).

29.      L’elemento chiave della definizione della condizione di essere «suscettibile di reimpiego» è quindi la conservazione della funzionalità dello stesso tipo. Tuttavia, nel contesto della presente causa, l’effettivo avveramento di tale condizione sembra essere il pomo della discordia tra le parti.

30.      In udienza, la ricorrente ha sostenuto in sostanza che la condizione di essere «suscettibili di reimpiego» era stata soddisfatta nella misura in cui i beni in questione, come ad esempio gli anelli, possono ancora essere utilizzati come anelli, indipendentemente dal fatto che siano venduti a peso (che, secondo la ricorrente, non è un fenomeno insolito nel settore della gioielleria). Anche un anello di fidanzamento recante un’iscrizione (come la parola «per sempre») può essere considerato suscettibile di reimpiego perché è chiaro che è ancora un anello e può ancora essere indossato.

31.      La tesi della ricorrente circa l’essere suscettibile di reimpiego non è stata condivisa dal governo lettone. Tale governo riconosce che ai sensi del diritto nazionale, vale a dire l’articolo 184 del regolamento n. 17 (15), gli articoli contenenti metalli preziosi o pietre preziose sono considerati beni d’occasione. Allo stesso tempo, secondo tale governo, detti articoli possono essere classificati come beni d’occasione solo se sono ancora idonei per un impiego dello stesso tipo e a condizione che essi siano valutati sulla base del loro valore individuale. Secondo tale governo, questo non era il caso dei beni in questione, venduti a peso e come avanzi in considerazione dei preziosi elementi che ne sarebbero stati estratti.

32.      In udienza la ricorrente ha spiegato in dettaglio che solo il 5% dei beni dati in pegno non riscattati e rivenduti considerati dalle amministrazioni tributarie nel procedimento principale non erano suscettibili di reimpiego, e che la riparazione di tali beni sarebbe stata troppo costosa. La ricorrente ha anche sostenuto che gli altri beni erano stati valutati e venduti singolarmente per la vendita al dettaglio o alla rinfusa, nel qual caso il loro prezzo era determinato dal peso. Tali beni erano, secondo la ricorrente, suscettibili di reimpiego senza riparazione. La ricorrente ha sostenuto in udienza che le caratteristiche sopra descritte del 5% dei beni dati in pegno e non riscattati hanno inciso sulle conclusioni delle amministrazioni tributarie relative a tutti i beni considerati. Il risultato è che il trattamento IVA riservato a quello specifico 5% di beni è stato applicato ai beni considerati nella loro totalità.

33.      La Commissione ritiene che i beni in questione non erano suscettibili di reimpiego o a causa della loro natura (materiali dentari) o a causa della loro condizione (beni danneggiati o personalizzati). Il fatto di non essere suscettibili di reimpiego, secondo la Commissione, è anche evidenziato dalle circostanze in cui l’operazione in questione ha avuto luogo.

34.      Una comprensione accurata dei pertinenti elementi di fatto è sicuramente di primaria importanza per la valutazione del caso, anche dinanzi a questa Corte. Tuttavia, le valutazioni in punto di fatto spettano esclusivamente ai giudici nazionali. Codesta Corte è vincolata ai fatti come accertati ed esposti dal giudice del rinvio. Desidero chiarire tale punto in considerazione di un certo numero di dichiarazioni sul fatto rese in particolare dalla ricorrente, il cui scopo era essenzialmente quello di convincere la Corte che le autorità nazionali e, di conseguenza, i giudici nazionali, hanno omesso fatti rilevanti e/o li hanno valutati erroneamente.

35.      Così, il punto di partenza per la valutazione giuridica ai sensi del diritto dell’Unione si fonda sulla descrizione dei beni come qualificati dal giudice del rinvio nella sua decisione di rinvio e riflessa nella formulazione della sua prima questione preliminare. Do quindi per scontato che, secondo quanto afferma la prima questione, gli oggetti realizzati con metalli preziosi o pietre preziose venivano rivenduti dalla ricorrente ai fini dell’estrazione, cioè per essere riutilizzati come materia prima.

36.      Se questo è effettivamente il caso, cosa che spetta esclusivamente al giudice nazionale accertare e valutare, allora il mio suggerimento è che, in una tale situazione, per le ragioni che spiegherò in dettaglio nelle seguenti sezioni delle presenti conclusioni, l’eccezione relativa ai metalli preziosi o pietre preziose è invero applicabile. Tali beni, come descritti dal giudice del rinvio, non sono beni d’occasione e rientrano nel regime generale IVA.

37.      Tuttavia, al di là dell’essenziale valutazione di fatto sulla natura di una concreta operazione, vi è un problema più profondo che ho già indicato e che, per come intendo, alimenta la prima questione rinviata dal giudice nazionale: il rapporto tra la condizione di essere suscettibile di reimpiego e l’eccezione relativa ai metalli preziosi o pietre preziose. Concordo sul fatto che il rapporto è difficile da descrivere, perché la seconda condizione di cui all’articolo 311, paragrafo 1, punto 1, della direttiva IVA è definita dall’uso (funzionalità) dell’oggetto in questione, mentre la terza condizione - l’eccezione relativa ai metalli preziosi o pietre preziose - è definita dal materiale in questione. Se si aggiunge a tale complessità il fatto che la seconda condizione ha fonte nel diritto dell’Unione mentre la definizione della terza condizione è esplicitamente lasciata agli Stati membri, è chiaro che le due definizioni possono trovarsi in contrasto o sovrapporsi.

38.      Le argomentazioni orali rese in sede di udienza hanno rivelato le incertezze circa tale rapporto: il fatto che un anello usato sia realizzato in oro esclude automaticamente tale anello dalla nozione di beni d’occasione (e dal regime del margine) perché, oltre ad essere usato e suscettibile di reimpiego, è anche fatto di un metallo prezioso? Oppure la condizione di essere usato e suscettibile di reimpiego prevale sul metallo prezioso o sulla qualità della pietra preziosa, il che significherebbe che qualsiasi oggetto usato suscettibile di reimpiego e fatto di metalli preziosi o pietre preziose deve sempre essere considerato come un bene d’occasione e quindi incluso nel regime del margine?

39.      Al fine di definire il preciso rapporto tra queste due nozioni, occorre in primo luogo esporre lo scopo specifico, la logica e la storia dell’eccezione relativa ai metalli preziosi o pietre preziose.

B.      L’eccezione relativa ai metalli preziosi o pietre preziose

40.      A una prima lettura del testo dell’articolo 311, paragrafo 1, punto 1, della direttiva IVA appare chiaro che i «metalli preziosi o pietre preziose» sono semplicemente esclusi dalla nozione di beni d’occasione, analogamente all’esclusione degli «oggetti d’arte, d’antiquariato [e] da collezione».

41.      Tale evidente analogia deve, tuttavia, essere considerata nel suo contesto. Gli «oggetti d’arte, d’antiquariato [e] da collezione» sono esclusi dalla nozione di beni d’occasione ma sono comunque inclusi nel regime del margine. A tal fine, essi sono semplicemente definiti in distinte disposizioni della direttiva IVA (16). Invece, i metalli preziosi o le pietre preziose sono esclusi dalla nozione di beni d’occasione e, per lo stesso motivo, dalla deroga prevista dal regime del margine. Inoltre la definizione di «metalli preziosi o pietre preziose» è esplicitamente lasciata agli Stati membri.

42.      Dal momento che l’esame della formulazione dell’articolo 311, paragrafo 1, punto 1, della direttiva IVA (comprese le sue diverse versioni linguistiche) non contribuisce a chiarire meglio il preciso rapporto tra le nozioni di essere suscettibile di reimpiego e l’eccezione relativa ai metalli preziosi o pietre preziose, mi rivolgerò alla storia legislativa di tale eccezione (1) prima di prendere in considerazione il suo obiettivo e scopo (2).

1.      Storia legislativa

43.      La prima proposta (17) che ha considerato i metalli preziosi o pietre preziose nel contesto del regime del margine definiva i «beni d’occasione» come «i beni mobili diversi da [gli oggetti d’arte, da collezione e di antiquariato] usati ed atti al reimpiego nello stato in cui si trovano o previa riparazione» (18). È interessante notare che l’articolo 3, paragrafo 4, della proposta affermava che il regime dei beni d’occasione «non si applica alle vendite dei beni d’occasione d’oro od altro metallo prezioso ovvero ornati di pietre preziose» (19). Allo stesso tempo, la proposta di definizione di «oggetti d’arte», «oggetti da collezione» e «oggetti di antiquariato» comprendeva i beni eseguiti in oro o altro metallo prezioso, ovvero ornati di pietre preziose, qualora il valore delle suddette materie rientranti nella composizione degli stessi non superasse il 50 % del loro prezzo di vendita (20). La proposta è stata tuttavia ritirata nel novembre 1987 per mancanza di accordo.

44.      In un’altra proposta (21) che alla fine ha portato all’adozione della direttiva 94/5/CE (22), la Commissione suggeriva che gli oggetti composti d’oro o di altri metalli preziosi o ornati di pietre preziose, qualora il valore delle materie che li compongono non superi il 50% del prezzo di vendita di detti oggetti, avrebbero potuto comunque godere del regime particolare applicabile, fra l’altro, ai beni d’occasione (23).

45.      Il Comitato economico e sociale ha sostenuto l’introduzione dei regimi particolari e approvato l’esclusione dei metalli preziosi o pietre preziose. Tuttavia, ha contestato il fatto che l’ambito di applicazione di tali regimi particolari dovesse dipendere dal valore dei materiali che li compongono. Esso ha osservato che «[a]ppare però alquanto arbitrario il criterio distintivo proposto [...] che include nel regime particolare gli oggetti composti di pietre o di metalli preziosi solo quando il valore delle materie che li compongono non superi il 50% del prezzo di vendita. La difficoltà di una valutazione obiettiva si presterebbe probabilmente a molteplici contestazioni o frodi. Forse sarebbe stato più utile escludere dal regime particolare gli oggetti che si prestano ad una loro riutilizzazione come materie di lavorazione» (24).

46.      La versione adottata della direttiva 94/5 ha inserito un nuovo articolo 26 bis (25), che prevede la semplice esclusione dei metalli preziosi e pietre preziose, senza alcun riferimento al valore che questi elementi rappresentavano all’interno dell’intero oggetto.

47.      In considerazione di quanto sopra, l’idea dell’esclusione dal regime dei beni composti di metalli preziosi o ornati di pietre preziose, come pure l’idea di una soglia del 50%, sono apparse nel processo legislativo come elementi rilevanti per la delimitazione dei regimi particolari relativi, tra l’altro, ai beni d’occasione.

48.      Tuttavia, sebbene istruttiva con riferimento a tutti i problemi pratici incontrati sul cammino, la storia legislativa non riesce a rivelare le ragioni precise che hanno portato all’esclusione dei metalli preziosi e delle pietre preziose dal regime del margine. Al fine di comprendere tali ragioni, occorre fare riferimento alla logica (economica) insita nei beni composti di metalli preziosi o pietre preziose.

2.      La logica economica e lo scopo

49.      La natura degli oggetti composti o ornati di metalli preziosi o pietre preziose è particolare (26). La loro funzione (e valore) è duplice. A seconda della qualità e dello stato di ogni specifico bene, costituiscono non solo un oggetto appositamente realizzato artigianalmente o un prodotto dotato di una certa funzionalità (valore funzionale), ma conservano anche il valore intrinseco attribuito dalla società ai metalli preziosi o alle pietre preziose ivi incorporati (valore «materiale» intrinseco).

50.      Il problema pratico dimostrato dalla complessa storia legislativa dell’articolo 311, paragrafo 1, punto 1, della direttiva IVA è che, in considerazione della vasta gamma di oggetti composti o ornati di elementi di metalli preziosi o di pietre preziose, è difficile concepire un criterio astratto atto a valutare in linea generale l’importanza relativa di ciascuno di questi tipi di valore.

51.      Da un lato dello spettro, posso certamente utilizzare una pepita d’oro come fermacarte. Essa può anche essere venduta e riutilizzata come fermacarte. È comunque molto improbabile che il prezzo di un tale fermacarte sarà determinato con riguardo alla sua innegabile efficienza nell’impedire che una pila di carte voli via, anche nel caso di un forte colpo di vento. Invece, è probabile che il suo prezzo sia determinato sulla base del corrente prezzo di mercato dell’oro. In tali circostanze, il prezzo dell’oggetto sarà il prezzo delle materie prime che lo compongono.

52.      Dall’altro lato, si può immaginare un complesso e costoso dispositivo medico composto, tra le altre cose, di diversi metalli preziosi o anche di una pietra preziosa o di più pietre preziose. Il valore dei metalli preziosi o delle pietre preziose nel dispositivo potrebbe di per sé essere notevole, ma è probabile che il valore funzionale del dispositivo, se rivenduto perfettamente funzionante, sarebbe di gran lunga superiore al valore dei materiali preziosi di cui è composto.

53.      Tuttavia, esempi intriganti a parte, è abbastanza evidente che, ai fini dell’applicazione dell’articolo 311, paragrafo 1, punto 1, della direttiva IVA, è il primo scenario ad essere probabilmente pertinente. Esistono una varietà di oggetti composti o ornati di metalli preziosi il cui valore, in quanto oggetti dotati di determinate funzionalità, è ben lungi dall’essere ovvio. Ma questi oggetti sono tuttavia commercializzati a causa del loro contenuto di materiale prezioso. Nel presente caso, questo sembra riguardare, in particolare, materiale dentario, pezzi di stoviglie rotte o gioielli rotti.

54.      È chiaro quindi che gli oggetti composti di metalli preziosi o pietre preziose hanno un «valore conservato» indipendente dal fatto che anche la funzionalità originaria dell’oggetto concreto si sia mantenuta o meno. Questo è, del resto, il motivo per cui i metalli e le pietre in questione sono chiamati preziosi, per cui sono state combattute guerre per appropriarsene e per cui la scoperta di un tesoro nascosto contenente monete, anelli e gioielli di una regina sconosciuta rende la fortunata scopritrice una donna ricca (27), sebbene lei potrebbe comunque preferire per l’uso quotidiano gioielli moderni più leggeri.

55.      In considerazione di questa logica economica, sembrerebbe dunque che l’eccezione relativa ai metalli preziosi o alle pietre preziose abbia ad oggetto situazioni in cui, in termini semplici, la funzionalità originaria dei beni d’occasione è andata perduta oppure è irrilevante nel contesto dell’operazione in questione. Tali beni non sono più rivenduti a causa della loro funzionalità, ma a causa del valore intrinseco delle materie prime di cui sono composti. Di conseguenza, tali beni lasciano lo specifico ciclo economico dei beni d’occasione. Invece, essi entrano in un nuovo ciclo economico come materia «prima», servendo in realtà come avvio per la produzione di nuovi oggetti composti di metalli preziosi o pietre preziose.

56.      Infine, come argomento di più ampia, sistemica, analogia, si dovrebbe rilevare che analoghe considerazioni hanno indotto il legislatore dell’Unione a esentare del tutto dall’IVA l’oro da investimento (28). Nella relativa proposta che introduceva il regime speciale per l’oro, la Commissione ha notato il problema del residuo d’imposta e della doppia imposizione, rilevando che proprio «per questo motivo [...] ha proposto un regime particolare per i beni d’occasione e gli oggetti d’arte, di antiquariato e da collezione. [...] L’oro invece, in quanto strumento di investimento, può essere oggetto di un numero illimitato di transazioni. [...] Qualsiasi sistema di tassazione del margine minimizza ma non elimina completamente il fenomeno del residuo d’imposta: quest’ultimo infatti continua a crescere in funzione della lunghezza della catena dei passaggi per il fatto stesso che l’imposta sul margine viene ad essere incorporata nel prezzo e non può essere dedotta dall’acquirente successivo. Il valore particolarmente elevato dell’oro e il gran numero di transazioni successive di cui può essere oggetto amplificherebbero questo fenomeno»(29).

57.      L’esenzione applicabile all’oro da investimento deriva dal fatto che questo è considerato «per natura analog[o] ad altri investimenti finanziari che sono esenti dall’imposta» (30). Al contrario, i motivi per l’esenzione vengono meno se l’oro da investimento viene trasformato, per esempio, in gioielli. È sempre lo stesso materiale, ma la sua funzione all’interno del ciclo economico è considerata in modo diverso (31).

3.      Il margine discrezionale degli Stati membri e i suoi limiti

58.      Infine, l’articolo 311, paragrafo 1, punto 1, della direttiva IVA prevede che i metalli preziosi e le pietre preziose sono definiti dagli Stati membri.

59.      La considerevole libertà di cui gli Stati membri godono nell’impostare le condizioni di applicabilità dell’eccezione relativa ai metalli preziosi o pietre preziose non è tuttavia illimitata. Come conclusione della presente sezione, si possono citare due tipi di limiti: generali e specifici.

60.      Per quanto riguarda i limiti generali applicabili alle eccezioni nella direttiva IVA, la Corte ha riconosciuto che quando si applica un’eccezione, gli Stati membri devono rispettare, in particolare i principi della parità di trattamento e di neutralità fiscale (32), tenendo conto degli obiettivi (33) perseguiti dalla direttiva IVA.

61.      Il limite specifico deriva dall’obiettivo concreto della disposizione interpretata, che nella fattispecie è l’articolo 311, paragrafo 1, punto 1, della direttiva IVA. Di nuovo, è chiaro che questa disposizione lascia agli Stati membri un ampio potere discrezionale per quanto riguarda la definizione della nozione di «metalli preziosi o pietre preziose», in particolare per la definizione dei tipi di metalli preziosi e pietre preziose, nonché sulla natura dei beni in questione. Tuttavia, l’esercizio di tale potere discrezionale non può privare la nozione di «beni d’occasione» del suo contenuto specifico attraverso una definizione troppo angusta di ciò che può costituire metalli preziosi o pietre preziose. Ciò avrebbe come conseguenza che i beni ornati di metalli preziosi o pietre preziose resterebbero perennemente all’interno del regime dei beni d’occasione, indipendentemente dal fatto che continuino ad essere utilizzati e ad essere funzionali.

62.      In altre parole, la logica economica alla base dell’eccezione relativa ai metalli preziosi o pietre preziose deve essere rispettata. Affinché un oggetto rimanga all’interno del regime del margine applicabile ai beni d’occasione, devono essere mantenute alcune funzionalità dell’oggetto in questione, oltre al contenuto in materiale prezioso (34).

C.      Valutare un’operazione

63.      Il criterio fondamentale per decidere se un oggetto rientra nel regime del margine per i beni d’occasione o se esso (tramite l’eccezione relativa ai metalli preziosi o pietre preziose) ritorna al regime generale IVA è il fatto che sia stata conservata la funzionalità (uso) dei beni in questione. La logica complessiva è impedire la doppia imposizione e la distorsione della concorrenza nell’ambito dei beni che vengono reintrodotti nel ciclo economico senza comportare alcun nuovo valore economico aggiunto.

64.      Come dimostra la presente causa, tuttavia, il diavolo si cela nei dettagli. Come deve applicarsi la regola generale in situazioni di fatto complesse quali oggetti apparentemente mischiati venduti alla rinfusa? L’indicazione fornita nella presente sezione in relazione a tali situazioni è destinata ad essere limitata per due motivi: in primo luogo, ogni valutazione effettuata in siffatto contesto sarà largamente incentrata sui fatti, e in quanto tale spetta al giudice nazionale. In secondo luogo, tale valutazione di fatto dovrà inoltre basarsi sulle norme nazionali di attuazione dell’articolo 311, paragrafo 1, punto 1, della direttiva IVA, le quali, a condizione che rispettino i limiti stabiliti dal diritto dell’Unione, possono consentire l’ingresso di varie distinzioni, in particolare nei casi limite.

65.      Tenendo a mente queste avvertenze, nella sezione finale delle presenti conclusioni si esporrà in primo luogo il criterio per effettuare tale valutazione (1) prima di passare ai fattori concreti che potrebbero essere presi in considerazione al momento di effettuare tale valutazione (2).

1.      Il criterio: la conservazione della funzionalità (uso) dei beni in questione

66.      Come già notato, la domanda chiave da porsi è se la funzionalità dei beni in questione sia mantenuta e se tale funzionalità si aggiunga al «mero» metallo prezioso di cui tale bene è composto.

67.      La discussione che si è sviluppata in udienza ha rivelato la complessità delle situazioni di fatto che possono verificarsi nella pratica. Per cominciare, ci sono alcune situazioni chiare.

68.      In primo luogo, vi è stato un consenso sul fatto che l’eccezione relativa ai metalli preziosi o pietre preziose si applica ai beni venduti come materiale. Sono d’accordo. In linea di principio, ciò significa che, (a meno che si applichi un’altra disposizione specifica della direttiva IVA, come per esempio quella dell’oro da investimento, degli oggetti da collezione o di antiquariato), una pepita d’oro una volta tenuta come ricordo e poi data in pegno in cambio di un prestito potrebbe essere classificata come metallo prezioso ai sensi dell’articolo 311, paragrafo 1, punto 1, della direttiva IVA. L’esclusione dal regime del margine sembra logica perché tali merci possono essere oggetto di scambi per essere sottoposte ad una qualche modificazione.

69.      In secondo luogo,ci saranno oggetti realizzati in metalli preziosi o pietre preziose che saranno venduti tenendo conto del valore del materiale e anche dellaloro funzione individuale. Tali oggetti possono essere venduti in modo individualizzato. Questo potrebbe essere il caso, per esempio, di una collana d’oro usata, il cui valore si valuta certamente in considerazione della purezza del materiale utilizzato, ma anche in considerazione della sua condizione, che comprende la persistente idoneità della collana ad essere indossata. L’inclusione di tale oggetto nel regime del margine sembra opportuna perché è improbabile che tali beni siano oggetto di scambi per la rilavorazione.

70.      Oltre a tali ipotesi chiare, che potrebbero essere considerate come le estremità di uno spettro, vi sono fra di esse varie situazioni meno chiare.

71.      Da un lato, ci sono gli oggetti che, per motivi economici, sono venduti a peso o alla rinfusa, sebbene la loro funzionalità sia non solo conservata ma anche presa in considerazione. Che può essere il caso di anelli d’argento di qualità inferiore mischiati fra loro, prezzati e venduti al chilo. Analogamente a quanto sostenuto dalla ricorrente in udienza, ritengo che il fatto che beni specifici siano prezzati e venduti al chilo, non impedisce necessariamente la possibilità di considerare tali oggetti come beni d’occasione, ai sensi dell’articolo 311, paragrafo 1, punto 1, della direttiva IVA se la funzionalità mantenuta è in effetti un elemento rilevante dell’operazione. Infatti, se la loro funzionalità mantenuta rileva al fine di accertare il loro valore, non è probabile che tali oggetti siano venduti per essere rilavorati.

72.      D’altro canto, tuttavia, una diversa conclusione si impone nel caso di beni prezzati e venduti alla rinfusa qualunque sia la loro funzionalità. In una tale situazione, la mancata considerazione della loro funzionalità originale significherebbe anche l’assenza di qualsiasi individualizzazione di ciascun singolo oggetto. Tale sarebbe il caso, discusso in sede di udienza e citato dal giudice del rinvio, del materiale dentario o di oggetti danneggiati composti o ornati di metalli preziosi o pietre preziose. Se la funzionalità dei beni usati in questione non è più considerata come elemento rilevante della complessiva operazione, la «condizione di beni d’occasione» degli oggetti viene meno. Infatti, se la funzionalità diventa irrilevante, sembra difficile pensare che questi beni siano oggetto di operazioni allo scopo di essere introdotti e mantenuti come tali nel ciclo economico. La logica del regime del margine quindi scompare.

73.      Infine, nell’ultima categoria, ci potrebbe essere la specifica situazione di fatto di una commistione all’interno della commistione: in un unico sacchetto ci potrebbero essere non solo oggetti misti (anelli, cucchiai, bracciali, pendenti), ma anche una commistione nel senso che alcuni degli oggetti sarebbero oggettivamente suscettibili di reimpiego, se qualcuno volesse tirarli fuori del sacchetto e utilizzarli, mentre altri non lo sarebbero.

74.      La classificazione di tali casi limite è ancora fortemente dipendente dai fatti del caso di specie, insieme con il modo in cui uno Stato membro ha attuato l’eccezione relativa ai metalli preziosi o pietre preziose di cui all’articolo 311, paragrafo 1, punto 1, della direttiva IVA. Personalmente riterrei molto sensata se, come regola generale, lo scopo prevalente di ogni operazione portasse a tracciare una linea attorno al 50%: se la maggioranza dei prodotti venduti alla rinfusa è diretta alla rilavorazione, e venduta come materiale, allora il fatto che qualcuno possa comunque prelevare singoli oggetti da un sacchetto e utilizzarli è semplicemente irrilevante, poiché lo scopo generale dell’operazione era diverso. Ma poiché, come spiegato in precedenza (35), i tentativi da parte del legislatore dell’Unione di introdurre siffatta soglia sono stati espressamente respinti e la discrezionalità è stata lasciata agli Stati membri, è necessario rispettare tale decisione e concludere che, entro i limiti sopra esposti alla discrezionalità degli Stati membri (36), spetta agli Stati membri fissare regole per tali situazioni, comprese le soglie applicabili.

2.      Valutazione di un’operazione: i fattori

75.      Quale delle categorie sopra indicate si applica è una questione il cui accertamento è di competenza del giudice del rinvio, fatte salve le specifiche norme nazionali adottate in attuazione dell’articolo 311, paragrafo 1, punto 1, della direttiva IVA. Da ciò che è indicato nella decisione di rinvio e più specificamente dalla formulazione della prima questione, mi sembra che il giudice del rinvio abbia già effettuato una tale valutazione dei fatti e abbia concluso che lo scopo dell’operazione fosse l’estrazione dei metalli preziosi o pietre preziose e il loro riutilizzo come materia prima. Se questa è effettivamente la situazione di fatto, concordo sul fatto che si dovrebbe applicare l’eccezione relativa ai metalli preziosi o pietre preziose.

76.      Senza in alcun modo mettere in discussione tale valutazione di fatto, ma al fine di fornire indicazioni generali, vorrei discutere brevemente alcuni fattori che potrebbero essere rilevanti nel compiere tale valutazione di fatto. Si dovrebbe osservare che l’orientamento proposto costituisce una parte della risposta alla prima questione pregiudiziale. Non riguarda la seconda questione che, data la mia risposta alla prima, non occorre che sia affrontata dalla Corte.

77.      Occorre innanzitutto affermare che qualsiasi siffatta valutazione di un’operazione deve essere obiettiva. Essa mira ad accertare lo scopo dell’operazione come sarebbe percepito da un osservatore indipendente considerando le sue circostanze obiettive. Applicando una generalizzazione riguardante i vari fattori discussi nel corso di tale procedimento, suppongo che essi possono essere suddivisi in tre diversi insiemi.

78.      In primo luogo, vi sono i fattori che sono rilevanti e dovrebbero essere presi in considerazione, come la presentazione di beni per la rivendita; i metodi di valutazione di tali beni e altre condizioni di vendita, come ad esempio le quantità di beni venduti insieme; e il fatto che l’acquirente svolga una particolare attività, vale a dire la lavorazione di metalli preziosi o di pietre preziose.

79.      In secondo luogo, a prescindere da tali fattori oggettivi, vi è anche l’ampiamente discusso elemento della volontà soggettiva. A questo proposito, concordo pienamente con il governo lettone e la Commissione che la volontà dell’una o dell’altra parte non può essere determinante. Tale volontà non può autonomamente determinare lo scopo dell’operazione e il pertinente regime IVA (37). Ciò è vero anche con riguardo alla conoscenza che la ricorrente aveva al momento dell’operazione per quanto riguarda la volontà dei rispettivi acquirenti relativamente all’utilizzo dei beni, citata dal giudice del rinvio.

80.      Ciò non significa che la volontà delle parti non abbia alcuna importanza. Certamente l’ha, ma non come fattore determinante. È solo una delle indicazioni (oggettive) che possono contribuire a spiegare la vera natura e lo scopo dell’operazione all’osservatore che sta valutando l’operazione nel complesso. Ciò riguarda il più ampio riconoscimento da parte della Corte del fatto che «la valutazione della realtà economica e commerciale costituisce un criterio fondamentale per l’applicazione del sistema comune dell’IVA» (38).

81.      In terzo luogo, vi sono fattori che, per il tipo specifico di valutazione in questione, sono semplicemente irrilevanti. Questo è il caso dello status giuridico dell’acquirente, come indicato anche dal governo lettone e dalla Commissione.

82.      È chiaro infine che tutti i pertinenti fattori oggettivi devono essere considerati e valutati nel loro complesso. Essi non si dovrebbero considerare separatamente. Così, per esempio, il fatto che gli oggetti che contengono metalli preziosi o pietre preziose e che sono venduti a peso ma che conservano la loro funzionalità (39) possano, in talune circostanze, essere ancora considerati come beni d’occasione, chiarisce il fatto che vendere le merci a peso non necessariamente e di per sé rende irrilevante la funzionalità di tali beni. Lo stesso vale per il metodo di valutazione: mentre applicare un prezzo ai beni sulla base del valore del materiale può essere un indice del fatto che i beni in questione sono commercializzati senza tener conto della loro funzione individuale, anche tenere conto del valore del materiale può far parte della fissazione del prezzo di un singolo anello d’oro. Per questo motivo, e analogamente a quanto osservato dalla Commissione, ritengo che le circostanze oggettive dell’operazione devono essere considerate nel complesso e nella loro reciproca interazione.

V.      Conclusioni

83.      Alla luce di quanto precede propongo che la Corte risponda alle questioni sollevate dall’Augstākā tiesa (Corte suprema, Lettonia), come segue:

–        L’articolo 311, paragrafo 1, punto 1, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto deve essere interpretato nel senso che la nozione di «beni d’occasione» non riguardi i beni usati acquisiti da un commerciante contenenti metalli preziosi o pietre preziose come quelli di cui alla causa principale e che si rivendano principalmente per estrarre i metalli preziosi o le pietre preziose in essi presenti, se risulta dalle circostanze oggettive dell’operazione che tali beni sono rivenduti senza tenere conto della funzionalità dei beni in questione.

–        Se questo sia il caso, deve essere dimostrato sulla base delle circostanze oggettive della transazione, considerata nel suo complesso. Gli elementi da prendere in considerazione comprendono la presentazione dei beni ai fini della loro rivendita; i metodi di valutazione di tali beni; le quantità delle merci vendute insieme; e il fatto che l’acquirente svolga una particolare attività, come la lavorazione di metalli preziosi o di pietre preziose.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      Direttiva del Consiglio del 28 novembre 2006 relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto (GU 2006 L 347 pag. 1).


3      V. la sottosezione 1 della sezione 2 del capo 4 della direttiva IVA (in prosieguo: il «regime del margine»). L’articolo 313, paragrafo 1, stabilisce che: «Gli Stati membri applicano alle cessioni di beni d’occasione, di oggetti d’arte, da collezione o d’antiquariato, effettuate da soggetti passivi-rivenditori un regime speciale d’imposizione del margine realizzato dal soggetto passivo-rivenditore, conformemente alle disposizioni della presente sottosezione». Ai sensi dell’articolo 315, la «base imponibile delle cessioni [fra l’altro, di beni d’occasione] è costituita dal margine realizzato dal soggetto passivo-rivenditore, diminuito dell’importo dell’IVA relativa al margine stesso. Il margine del soggetto passivo-rivenditore è pari alla differenza tra il prezzo di vendita chiesto dal soggetto passivo-rivenditore per il bene e il prezzo di acquisto».


4      Sull’interpretazione dell’articolo 314 della direttiva IVA, v. sentenza del 18 maggio 2017, Litdana (C-624/15, EU:C:2017:389, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).


5      Sentenza dell’8 dicembre2005, Jyske Finans (C-280/04, EU:C:2005:753, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).


6      V., in un contesto diverso, sentenza del 15 gennaio 2002, Libéros/Commissione (C-171/00 P, EU:C:2002:17, punto 27). V. anche le conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa Zoological Society (C-267/00, EU:C:2001:698, paragrafo 19).


7      Questo duplice obiettivo è stato ricordato dalla Corte nella sentenza del 3 marzo 2011, Auto Nikolovi (C-203/10, EU:C:2011:118, punti 47 e 48).


8      V. sentenza del 1° aprile 2004, Stenholmen (C-320/02, EU:C:2004:213, punto 27).


9      V., in tal senso, per esempio, la sentenza dell’8 dicembre 2005, Jyske Finans (C-280/04, EU:C:2005:753, punti 38-41).


10      Sentenza del 18 maggio 2017, Litdana (C-624/15, EU:C:2017:389, punto 26 e giurisprudenza ivi citata). V., in tal senso, anche la sentenza del 1° aprile 2004, Stenholmen (C-320/02, EU:C:2004:213, punto 25).


11      V. sentenza del 5 dicembre 1989 ORO Amsterdam Beheer e Concerto (C-165/88, EU:C:1989:608, punto 16). V., per analogia, la sentenza del 27 giugno 1989, Kühne/Finanzamt München III (C-50/88, EU:C:1989:262, punti 9-10). V. anche il punto 1.2 del Parere del Comitato economico e sociale del 21 giugno 1989 in merito alla proposta di direttiva del Consiglio che completa il sistema comune d’imposta sul valore aggiunto e modifica gli articoli 32 e 28 della Direttiva 77/388/CEE — Regime particolare applicabile ai beni d’occasione e agli oggetti d’arte, d’antiquariato e da collezione (GU 1989, C 201, pag. 6).


12      V. la Proposta di settima direttiva del Consiglio in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari — Regime comune di imposta sul valore aggiunto applicabile al settore degli oggetti d’arte, da collezione, di antiquariato e di beni d’occasione (GU 1978, C 26, pag. 2).


13      Sentenza del 18 gennaio 2017 (C-471/15, EU:C:2017:20, punti 32-33). Corsivo aggiunto.


14      Sentenza del 18 gennaio 2017, Sjelle Autogenbrug (C-471/15, EU:C:2017:20, punto 31).


15      V. precedente paragrafo 7 delle presenti conclusioni.


16      V. le parti A, B e C dell’allegato IX della direttiva IVA.


17       Proposta di settima direttiva del Consiglio dell’11 gennaio 1978 in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari — Regime comune di imposta sul valore aggiunto applicabile al settore degli oggetti d’arte, da collezione, di antiquariato e di beni d’occasione (GU 1978, C 26, pag. 2). La proposta è stata successivamente modificata ma tali modifiche non sono pertinenti nel presente contesto (GU 1979, C 136, pag. 8).


18      V. articolo 3 della proposta di cui sopra, alla nota 17 (GU 1978, C 26, pag. 2).


19      Corsivo aggiunto.


20      V. il proposto articolo 2, paragrafo 4, della proposta di cui sopra alla nota 17.


21      Proposta di direttiva del Consiglio che completa il sistema comune di imposta sul valore aggiunto e che modifica gli articoli 32 e 28 della direttiva 77/388/CEE - Regime particolare applicabile ai beni d’occasione e agli oggetti d’arte, d’antiquariato e da collezione, COM(88) 846 def., (GU 1989, C 76, pag. 10).


22      Direttiva del Consiglio del 14 febbraio 1994, 94/5/CE, che completa il sistema comune d’imposta sul valore aggiunto e modifica la direttiva 77/388/CEE – Regime particolare applicabile ai beni d’occasione e agli oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione (GU 1994 L 60, pag. 16).


23      V. articolo 1 della Proposta di direttiva del Consiglio che completa il sistema comune di imposta sul valore aggiunto e che modifica gli articoli 32 e 28 della direttiva 77/388/CEE - Regime particolare applicabile ai beni d’occasione e agli oggetti d’arte, d’antiquariato e da collezione, 88 COM(846) def., (GU 1989, C 76, pag. 10).


24      Punto 3.1 del Parere del 21 giugno 1989 in merito alla proposta di direttiva del Consiglio che completa il sistema comune d’imposta sul valore aggiunto e modifica gli articoli 32 e 28 della Direttiva 77/388/CEE — Regime particolare applicabile ai beni d’occasione e agli oggetti d’arte, d’antiquariato e da collezione (GU 1989, C 201, pag. 6).


25      «A. […]: d) beni d’occasione, i beni mobili suscettibili di reimpiego, nello stato originario o previa riparazione, diversi dagli oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione e non costituiti da metalli preziosi o pietre preziose come definiti dagli Stati membri».


26      V., per analogia, con riguardo all’oro da investimento, la sentenza del 26 maggio 2016, Envirotec Denmark (C-550/14, EU:C:2016:354, punto 41).


27      Naturalmente, se la legislazione nazionale pertinente lo consente.


28      V. l’articolo 346 della direttiva IVA. L’articolo 344 della direttiva IVA definisce «l’oro da investimento».


29      Proposta di direttiva del Consiglio che completa il sistema di imposta sul valore aggiunto e modifica la direttiva 77/388/CEE - Regime particolare applicabile all’oro, (COM(92) 441 def., pagg. 7 e 8). Tale proposta ha portato alla direttiva 98/80/CE del Consiglio, del 12 ottobre 1998, che completa il sistema di imposta sul valore aggiunto e modifica la direttiva 77/388/CEE – Regime particolare applicabile all’oro (GU 1998, L 281, pag. 31).


30      Considerando 53 della direttiva IVA.


31      Come riconosciuto nel considerando 27 della direttiva IVA. V. anche l’articolo 82 della direttiva IVA. V. inoltre il considerando 4 della Proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 77/388/CEE per quanto riguarda talune misure aventi lo scopo di semplificare la riscossione dell’IVA e di contribuire a contrastare l’evasione e l’elusione e recante abrogazione di talune decisioni che autorizzano misure derogatorie (COM(2005) 89 def.)


32      Con riguardo alle varie nozioni della direttiva IVA (o dei suoi predecessori) la cui definizione è lasciata agli Stati membri v., ad esempio, la sentenza del 26 maggio 2005, KingscrestAssociates e Montecello (C-498/03, EU:C:2005:322, punti 51-54); del 27 aprile 2006, Solleveld (C-443/04, EU:C:2006:257, punti 27-36); del 28 giugno 2007, JPMorgan Fleming Claverhouse Investment Trust e The Association of Investment Trust Companies (C-363/05, EU:C:2007:391, punti 41-49); del 15 novembre 2012, Zimmermann (C-174/11, EU:C:2012:716, punti 31-33); del 28 novembre 2013, MDDP (C-319/12, EU:C:2013:778, punti 37-38); o del 13 marzo 2014, ATP PensionService (C-464/12, EU:C:2014:139, punto 42).


33      V., in questo senso, sentenze 27 aprile 2006, Solleveld (C-443/04, EU:C:2006:257, punto 35); del 28 giugno 2007, JP Morgan Fleming Claverhouse Investment Trust e The Association of Investment Trust Companies (C-363/05, EU:C:2007:391, punto 43); e del 13 marzo 2014, ATP PensionService (C-464/12, EU:C:2014:139, punto 42).


34      V. anche Capaccioli, S., «VAT Taxation of Gold in the European Union», EC Tax Review 2014, pagg 85-101, a pag. 100: il «regime del margine è applicabile ai gioielli usati solo se l’operazione ha un “margine” sui metalli preziosi contenuti, il che significa che esiste un valore aggiunto sul metallo. Se l’operazione ha la natura di rilavorazione o di recupero dell’oro, il gioiello usato è considerato materiale d’oro».


35      Supra, paragrafi 44-46 delle presenti conclusioni. Riconosco senz’altro la potenziale frode individuata dal Comitato economico e sociale nella sua opposizione all’introduzione di qualsiasi chiara soglia a questo proposito (supra, paragrafo 45). Tuttavia, mi domando fino a qual punto tale problema riconosciuto sia stato efficacemente affrontato non applicando alcuna soglia al livello dell’Unione e lasciando tale problema agli Stati membri.


36      Supra, paragrafi 58-62 delle presenti conclusioni.


37            V., per analogia, sentenza del 6 luglio 2006, Kittel e Recolta Recycling (C-439/04 e C-440/04, EU:C:2006:446, punti 41 e 42 e giurisprudenza ivi citata). V. anche, per quanto riguarda la nozione di «prestazione di servizi», la sentenza 20 giugno 2013, Newey (C-653/11, EU:C:2013:409, punto 41).


38      Sentenza del 20 giugno 2013, Newey (C-653/11, EU:C:2013:409, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).


39      Esempio citato sopra al paragrafo 71 delle presenti conclusioni.