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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 17 gennaio 2019 (1)

Causa C-712/17

EN.SA. Srl

contro

Agenzia delle Entrate – Direzione Regionale Lombardia Ufficio Contenzioso

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Commissione Tributaria Regionale per la Lombardia (Italia)]

«Domanda di pronuncia pregiudiziale – Imposta sul valore aggiunto – Operazioni fittizie – Diniego della detrazione – Insorgenza di un debito di imposta in ragione della fatturazione – Sanzione aggiuntiva pari all’intero importo della detrazione denegata – Compatibilità con il principio di neutralità – Compatibilità con il principio di proporzionalità»






I.      Introduzione

1.        La causa in esame affronta, ancora una volta (2), la problematica del «carattere sanzionatorio» della normativa sull’IVA. Nel quadro del contrasto alle frodi in materia di IVA, la Corte assume al riguardo una posizione oltremodo rigorosa: il diniego della detrazione (e di un’esenzione fiscale) può essere preso in considerazione non solo quando il soggetto passivo commette esso stesso un’evasione fiscale, bensì anche quando esso sapeva o avrebbe dovuto sapere che, con il proprio acquisto, partecipava a un’operazione che si iscriveva in un’evasione dell’IVA (3).

2.        Ora, tale approccio rigoroso (diniego della detrazione a tutti i livelli di una catena di prestazioni) trova applicazione anche quando, benché sia esclusa una frode in materia di IVA, talune operazioni fittizie siano finalizzate ad ottenere in maniera fraudolenta vantaggi ingiustificati di altra natura? Nel caso di specie, fatte salve le sanzioni penali, gli interessati possono essere «sanzionati» mediante la normativa in materia di IVA nel senso che, nel quadro di una più ampia catena di prestazioni, oltre ad essere negata la detrazione, a carico di ciascuna delle parti coinvolte è nel contempo fissato un obbligo tributario e, in aggiunta, irrogata una sanzione amministrativa pari al 100% della detrazione denegata?

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

3.        Il contesto normativo dell’Unione rilevante nella fattispecie è costituito dalla direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (4) (in prosieguo: la «direttiva IVA»).

4.        L’articolo 168, primo comma, lettera a), della direttiva di cui trattasi così dispone:

«(1) Nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo ha il diritto, nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore gli importi seguenti:

a)      l’IVA dovuta o assolta in tale Stato membro per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno resi da un altro soggetto passivo; (...)».

5.        L’articolo 203 della direttiva IVA stabilisce quanto segue:

«L’IVA è dovuta da chiunque indichi tale imposta in una fattura».

B.      Diritto italiano

6.        Nel diritto italiano le prescrizioni della direttiva IVA sono state attuate mediante numerosi decreti del Presidente della Repubblica.

7.        L’articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica del 26 ottobre 1972, n. 633/72 (in prosieguo: il «decreto n. 633/72»), stabilisce che «è ammesso in detrazione, dall’ammontare dell’imposta relativa alle operazioni effettuate, quello dell’imposta assolta o dovuta dal soggetto passivo o a lui addebitata a titolo di rivalsa in relazione ai beni ed ai servizi importati o acquistati nell’esercizio dell’impresa, arte o professione».

8.        Per contro, l’articolo 21, comma 7, del decreto n. 633/72 prevede quanto segue: «Se viene emessa fattura per operazioni inesistenti, ovvero se nella fattura i corrispettivi delle operazioni o le imposte relative sono indicati in misura superiore a quella reale, l’imposta è dovuta per l’intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura».

9.        Nel caso in cui un’operazione, per la quale sia stata emessa e registrata fattura, venga meno in tutto o in parte, ai sensi dell’articolo 26 del decreto n. 633/72, nelle ipotesi e nei termini ivi previsti, il cedente ha diritto di registrare e portare in detrazione l’IVA, mentre a lui dovrà rivolgersi il cessionario per avere la restituzione dell’importo pagato, a titolo di rivalsa.

10.      In base alle informazioni fornite dal giudice del rinvio, l’articolo 6, comma 6, del decreto legislativo del 18 dicembre 1997, n. 471 (Violazione degli obblighi relativi alla documentazione, registrazione ed individuazione delle operazioni soggette all’imposta sul valore aggiunto), permette all’amministrazione tributaria di irrogare una sanzione amministrativa pari all’ammontare della detrazione denegata.

III. Controversia principale

11.      In base a quanto illustrato dal giudice del rinvio, la controversia principale si presenta come segue:

12.      Il ricorrente nel procedimento principale (la EN.SA.S.r.l.; in prosieguo: la «EN.SA.») opera nel settore degli scambi di energia elettrica ed effettua tali scambi attraverso contratti a termine al di fuori della Piattaforma dei Conti Energia (PCE).

13.      In tale contesto, negli esercizi finanziari 2009 e 2010, la EN.SA. ha ceduto a società del gruppo «Green Network» ingenti quantitativi di energia elettrica che ha poi da esse anche riacquistato nel quadro di un’operazione «circolare». Sotto il profilo contabile, le operazioni sono state registrate indicando gli importi corretti. Per le suddette operazioni sono state anche emesse le relative fatture.

14.      Non è chiaro se la EN.SA. sia parte del gruppo di imprese «Green Network» o se si tratti di un’impresa autonoma e se essa abbia riacquistato i medesimi quantitativi di energia elettrica a breve distanza di tempo e al medesimo prezzo. Non è chiaro neppure quale sia stata la finalità della vendita e dell’acquisto agli e dagli identici soggetti. L’Agenzia delle entrate suppone che le operazioni fossero finalizzate a esporre nella contabilità delle società coinvolte importi elevati consentendo loro di ottenere un (migliore) accesso ai finanziamenti da parte degli istituti di credito, circostanza però contestata dalla EN.SA.

15.      Tuttavia, è pacifico che l’IVA esposta in fattura in relazione a dette operazioni di acquisto e cessione di energia elettrica è stata puntualmente e regolarmente versata e portata in detrazione dal rispettivo destinatario della prestazione. È altresì pacifico che per l’erario non ne è derivato alcuno svantaggio in termini di gettito IVA. In base alle informazioni fornite dal giudice del rinvio, è esclusa in particolare ogni possibilità di una cosiddetta «frode carosello». In base a quanto risulta dalla sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio muove però dall’assunto che le operazioni di cessione e acquisto di energia elettrica compiute negli anni controversi 2009 e 2010 e oggetto di esame debbano essere considerate come inesistenti.

16.      Mediante avviso di accertamento, con riferimento a dette prestazioni inesistenti, l’amministrazione tributaria negava alla EN.SA. la detrazione dell’imposta a monte (vale a dire, relativamente all’energia elettrica da essa acquistata). Tuttavia, in relazione alle operazioni a valle inesistenti (ossia, riguardo all’elettricità che la EN.SA. ha venduto) veniva accertato un corrispondente debito di imposta, dal momento che nelle fatture della EN.SA. l’IVA era esposta separatamente. Ciò ha portato all’accertamento di un debito di imposta (maggiore IVA, interessi e sanzioni) pari a EUR 47 618 491,00 per il 2009, e a EUR 22 001 078,00 per il 2010.

17.      Avverso il suddetto avviso di accertamento la EN.SA proponeva il ricorso poi respinto dalla Commissione Tributaria Provinciale di Milano (Italia). Il giudice del rinvio è chiamato a pronunciarsi sull’impugnazione presentata dall’EN.SA.

IV.    Domanda di pronuncia pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte di giustizia

18.      Con decisione del 9 ottobre 2017, pervenuta il 20 dicembre 2017, la Commissione Tributaria Regionale per la Lombardia (Italia) ha sottoposto alla Corte la seguente questione pregiudiziale, ai sensi dell’articolo 267 TFUE:

«Se, nell’ipotesi di operazioni ritenute inesistenti che non hanno determinato un danno all’Erario e non hanno arrecato alcun vantaggio fiscale al contribuente, la disciplina interna, risultante dall’applicazione dell’art. 19 (Detrazione) e 21, comma 7, (Fatturazione delle operazioni) del D.P.R. 633 del 26.10.1972 e dell’art. 6, comma 6, del D.lgs. 471 del 18.12.1997 (Violazione degli obblighi relativi alla documentazione, registrazione ed individuazione delle operazioni), [sia] conforme ai principi comunitari in materia di IVA elaborati dalla Corte di Giustizia dal momento che la simultanea applicazione delle norme interne determina:

a)      la reiterata e ripetuta indetraibilità dell’imposta assolta sugli acquisti dal cessionario per ogni transazione contestata che riguarda il medesimo soggetto e la stessa base imponibile;

b)      l’applicazione dell’imposta ed il pagamento del tributo per il cedente (e la preclusione della ripetizione dell’indebito) per le corrispondenti e speculari operazioni di vendita ritenute ugualmente inesistenti;

c)      l’applicazione di una sanzione pari all’ammontare dell’imposta sugli acquisti ritenuta indetraibile».

19.      Nel procedimento dinanzi alla Corte hanno presentato osservazioni scritte la Repubblica italiana e la Commissione europea.

V.      Analisi

A.      Osservazioni preliminari sui fatti e sulla questione pregiudiziale

20.      Al fine di rispondere alla questione sottoposta, alla luce della questione pregiudiziale come concretamente formulata, occorre muovere dall’assunto che le operazioni di cessione e acquisto di energia elettrica in esame sono operazioni inesistenti (fittizie) (vale a dire operazioni simulate) che pertanto, come tali, non hanno mai avuto luogo.

21.      Tuttavia, i fatti come illustrati non escludono necessariamente l’esistenza di operazioni reali (vale a dire, realmente compiute). Poiché nel caso di operazioni aventi ad oggetto la cessione e l’acquisto di energia elettrica tra i relativi distributori non si verifica mai un trasferimento materiale di detto bene, ma vengono unicamente acquistati e ceduti (di norma, per via elettronica) diritti di prelievo di corrente, non si rendono a tal fine necessari specifici atti di trasferimento. Se, sotto il profilo giuridico, detti diritti di prelievo sono stati effettivamente trasferiti in modo efficace, allora la sola circostanza che tali operazioni fossero forse soltanto finalizzate a gonfiare artificiosamente i bilanci non permette di desumere necessariamente la sussistenza di operazioni inesistenti (5). Si potrebbe anche supporre che detto obiettivo presupponga proprio l’esistenza di operazioni efficacemente attuate. Posto che i costi di un’operazione negoziale nell’ambito del commercio (elettronico) di energia sono piuttosto marginali, non vi è infatti alcun motivo per sostituire operazioni effettive con operazioni fittizie.

22.      Pertanto, il giudice del rinvio dovrebbe valutare attentamente se non sussistano, invece, operazioni reali. In tal caso, potrebbe porsi allora il problema del possibile diniego della detrazione nell’ipotesi di una condotta fraudolenta, seppur legittima sotto il profilo della normativa IVA, aspetto questo su cui però la Corte non è chiamata a pronunciarsi nella fattispecie.

B.      Analisi giuridica

23.      La questione pregiudiziale sottoposta comprende invece altri tre aspetti che affronterò separatamente. In primis, il giudice del rinvio chiede essenzialmente se dall’articolo 168 della direttiva IVA si evinca che, nel caso di una catena di prestazioni con operazioni inesistenti, la detrazione possa ogni volta essere nuovamente negata (v., infra, sub 1.). In secondo luogo, il giudice del rinvio chiede in definitiva se dall’articolo 203 della direttiva IVA si evinca che, in presenza di atti di rivendita inesistenti, vada riscossa tuttavia un’imposta (e vada escluso il rimborso degli importi versati immotivatamente) (v., infra, sub 2.). In terzo luogo, il giudice del rinvio chiede essenzialmente se, in un caso siffatto, una sanzione aggiuntiva pari all’imposta a monte non detraibile sia proporzionata (v., infra, sub 3.).

1.      Sul diniego della detrazione in caso di operazioni inesistenti

24.      L’articolo 168 della direttiva IVA autorizza il soggetto passivo alla detrazione solo ove siano soddisfatte determinate condizioni. Difatti, da una parte, il soggetto passivo deve effettuare esso stesso delle operazioni e, dall’altra, esso può detrarre unicamente l’IVA dovuta o assolta per beni che gli vengono ceduti da un altro soggetto passivo. In conformità all’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva IVA, l’energia elettrica è assimilata a un bene materiale.

25.      La detrazione presuppone pertanto la realizzazione effettiva di una cessione di tale energia (6). Di conseguenza, la detrazione non può avvenire quando manca la realizzazione effettiva della cessione del bene (7).

26.      Come osservato anche dalla Commissione e dall’Italia, il fatto che il soggetto che eroga fittiziamente la prestazione sia tenuto a versare un’imposta a norma dell’articolo 203 della direttiva IVA per aver emesso, relativamente alla cessione fittizia, una fattura in cui figura separatamente l’IVA non comporta problemi. Infatti, la Corte ha precisato già in più occasioni che l’esercizio del diritto a detrazione non si estende a un’imposta dovuta esclusivamente perché è menzionata su una fattura (8).

27.      In definitiva, ne consegue che – in mancanza di una cessione a suo favore – per la EN.SA. non sussiste alcun diritto a detrazione. Tale conclusione resta immutata anche qualora, all’interno di una più lunga catena di prestazioni, figurino più cessioni fittizie consecutive. L’articolo 168 della direttiva IVA non distingue tra una singola cessione o più cessioni compiute in sequenza o in modo circolare.

28.      In mancanza di un diritto a detrazione, nel caso di specie non si pone pertanto la questione di un diniego della detrazione in ragione di una condotta fraudolenta.

2.      Sull’obbligo tributario in ragione di una fatturazione

29.      Occorre poi esaminare se, malgrado una cessione fittizia a monte – che non comporta un diritto a detrazione – possa essere accertata l’IVA sulla cessione fittizia a valle. In una più lunga catena di cessioni ciò genererebbe per lo Stato interessato un gettito fiscale notevolmente elevato benché non sussista il presupposto dell’imposta di cui alla normativa in materia di IVA (in conformità all’articolo 2, paragrafo 1, la cessione o la prestazione a titolo oneroso da parte di un soggetto passivo).

a)      Sul debito di imposta a carico del soggetto che emette fattura per operazioni fittizie

30.      Determinanti per la risposta alla presente questione sono gli articoli 193 e 203 della direttiva IVA. L’articolo 193 prevede che l’IVA sia dovuta, in primis, dal soggetto passivo che effettua una cessione di beni imponibile. In base alle informazioni del giudice del rinvio, non sussiste alcuna cessione. Tuttavia, l’articolo 203 della direttiva IVA stabilisce altresì che l’IVA è dovuta (anche) da chiunque indichi tale imposta in una fattura. Tale ipotesi sussiste nel caso della EN.SA.

1)      Sulla ratio dell’articolo 203 della direttiva IVA

31.      La ratio dell’articolo 203 della direttiva IVA consiste nell’eliminare il rischio di una perdita del gettito fiscale che possa derivare dall’illegittima detrazione operata dal destinatario della fattura sulla base di essa (9). La fattispecie in esame rende chiaro tale rischio.

32.      È vero che il diritto a detrazione è limitato soltanto alle imposte collegate a un’operazione soggetta all’IVA (10). Tuttavia, il gettito fiscale è messo a rischio fintantoché il destinatario di una fattura, dove si dichiara a torto un’IVA, possa ancora utilizzarla per esercitare il diritto a detrazione ai sensi dell’articolo 168 della direttiva IVA (11). Infatti, non si può escludere che l’amministrazione tributaria non possa accertare, in tempo utile, che considerazioni di carattere giuridico-sostanziale ostino all’esercizio del diritto a detrazione formalmente sussistente.

33.      L’articolo 203 della direttiva IVA mira così a garantire un certo parallelismo tra la detrazione a favore del destinatario della fattura e il debito di imposta a carico dell’emittente della fattura come presente di norma, nell’ambito di una cessione reale, anche tra prestatore e destinatario della prestazione. In base al tenore letterale di detto articolo, in tale contesto non è necessario che il destinatario della fattura abbia effettivamente detratto l’imposta.

34.      In definitiva, l’emittente della fattura risponde così in via oggettiva del rischio (vale a dire in astratto) che il destinatario della fattura possa beneficiare di una detrazione illegittima in ragione di detta fattura (errata). Si tratta di una responsabilità oggettiva astratta a carico dell’emittente della fattura, che opera non soltanto nel caso di un errore sulla corretta aliquota di imposta (in fattura è indicata l’aliquota ordinaria in luogo di quella ridotta), ma in particolare anche in caso di fatturazione di operazioni fittizie.

2)      Sull’eventuale disapplicazione in caso di fatturazione di una cessione fittizia

35.      Tuttavia, in una decisione, la Corte ha statuito che, posto che le prestazioni alla base non sono soggette all’IVA, l’importo erroneamente indicato come IVA in fattura non può nemmeno essere qualificato come IVA (12).

36.      Nel caso di specie, uno sviluppo coerente di detta giurisprudenza significherebbe che, dal momento che le operazioni fittizie non sono nemmeno soggette ad IVA (v., supra, paragrafi 24 e segg.), la fatturazione ad esse relativa non spiegherebbe gli effetti giuridici di cui all’articolo 203 della direttiva IVA. Detto articolo troverebbe allora applicazione soltanto nel caso dell’indicazione di un importo eccessivo a titolo di IVA in relazione a una cessione o a una prestazione (reale). Tuttavia, né il tenore letterale, né la ratio, quale responsabilità oggettiva astratta, forniscono alcun elemento a favore di una siffatta limitazione.

37.      Inoltre, nella decisione succitata e in un’altra successiva decisione (13), la Corte ha affermato che la sesta direttiva (14) non prevede espressamente il caso in cui l’IVA venga erroneamente dichiarata in una fattura, sebbene in realtà essa non sia dovuta. In definitiva, però, anche nelle succitate sentenze si discuteva delle rettifiche di tali fatture, che l’articolo 203 della direttiva IVA, di fatto, non prevede (15). Inoltre le sentenze di cui trattasi non concernevano la consapevole fatturazione di operazioni fittizie, bensì errori concernenti lo status di soggetto passivo e il luogo delle operazioni.

38.      In particolare, nell’ambito di un’altra causa, la Corte ha confermato che l’articolo 21, punto 1, lettera c), della sesta direttiva (corrispondente all’articolo 203 della direttiva IVA) comprende anche le fatture false (vale a dire le fatture relative a operazioni fittizie) (16).

39.      In definitiva, non si tratta di fare in modo che dell’intervenuta (astratta) messa a rischio del gettito fiscale risponda soltanto l’emittente della fattura che compie un errore circa l’ammontare dell’aliquota d’imposta o che consapevolmente dichiara l’IVA per un’operazione esente, ma non anche il soggetto che consapevolmente fattura operazioni fittizie. In entrambi i casi, il rischio per il gettito fiscale legato a un’illegittima detrazione da parte del destinatario della fattura è il medesimo (17). Per questo motivo, sia la Commissione sia l’Italia muovono anch’esse dall’assunto dell’applicabilità dell’articolo 203 della direttiva IVA nel caso in esame.

40.      Pertanto, l’articolo 203 della direttiva IVA comprende anche proprio il caso in esame, vale a dire quello della consapevole dichiarazione dell’IVA in fattura benché, in assenza di operazioni, essa non sia dovuta. In linea di principio, la EN.SA. è quindi debitrice dell’IVA da essa dichiarata nelle fatture aventi ad oggetto le operazioni fittizie.

b)      Sulla rettifica del debito di imposta in conformità all’articolo 203 della direttiva IVA

41.      Occorre ancora esaminare se detto debito di imposta debba, in ogni caso, poter essere rettificato ove non si sia di fatto verificato alcun rischio di perdita del gettito fiscale. Tale questione si pone in particolare in ragione del fatto che, nella questione da esso sottoposta, il giudice del rinvio lascia intendere che il rimborso dell’IVA immotivatamente versata sarebbe escluso.

42.      Tuttavia, a questo proposito, la Corte ha già stabilito che la sesta direttiva (lo stesso vale per la direttiva IVA attualmente applicabile) non contiene alcuna disposizione relativa alla regolarizzazione, da parte di chi emette la fattura, dell’IVA indebitamente fatturata (18). Ne consegue che, fino a quando tale lacuna non sarà colmata dal legislatore dell’Unione, spetterà agli Stati membri il compito di ovviarvi (19).

1)      Sull’obbligo di accordare una possibilità di rettifica

43.      In questo contesto, per garantire la neutralità dell’IVA, spetta agli Stati membri contemplare, nel rispettivo ordinamento giuridico interno, la possibilità di rettificare ogni imposta indebitamente fatturata, purché chi ha emesso la fattura dimostri la propria buona fede (20).

44.      Inoltre, quando colui che ha emesso la fattura ha, in tempo utile, eliminato completamente il rischio di perdita di gettito fiscale, il principio di neutralità dell’IVA impone che l’IVA indebitamente fatturata possa essere rettificata, senza che gli Stati membri possano subordinare siffatta regolarizzazione alla buona fede del soggetto che ha emesso la fattura (21). Tale rettifica, inoltre, non può dipendere dal potere discrezionale dell’amministrazione finanziaria (22).

45.      Inoltre, i provvedimenti che gli Stati membri adottano per assicurare l’esatta riscossione dell’imposta ed evitare frodi non devono eccedere quanto necessario a tal fine. Essi non possono, pertanto, essere applicati in modo tale da mettere in discussione la neutralità dell’IVA, che costituisce un principio fondamentale del sistema comune dell’IVA (23). Ciò vale, in particolare, per una fattispecie di responsabilità oggettiva astratta (v. al riguardo, già supra, paragrafi 33 e 34).

46.      Ne consegue che, qualora il rimborso dell’IVA divenga impossibile o eccessivamente difficile in base alle condizioni alle quali le domande di rimborso delle tasse possono essere presentate, i suddetti principi possono imporre che gli Stati membri prevedano gli strumenti e le modalità procedurali necessari per consentire al soggetto passivo di recuperare l’imposta indebitamente fatturata (24).

47.      Secondo quanto indicato dal giudice del rinvio, non sussiste alcun rischio di perdita di gettito fiscale. Ciò deriva dal fatto che l’IVA dovuta è stata regolarmente assolta dalle società coinvolte e pertanto, in ragione del parallelismo esistente tra IVA e imposta a monte, lo Stato italiano non ha liquidato a nessuna delle parti coinvolte somme a titolo di IVA senza aver preventivamente potuto riscuotere il relativo importo. Al riguardo, quindi, nella fattispecie non è stato leso l’obiettivo di garantire il rispetto di un parallelismo tra detrazione e debito di imposta (v., in proposito, supra, paragrafi 31 e segg.).

48.      Inoltre, dai fatti e dalla questione pregiudiziale si evince che l’amministrazione tributaria conosce tutte le parti e ha negato a ciascuna di esse la detrazione illegittima. Anche sotto tale profilo viene meno il rischio di perdita di gettito fiscale. Tuttavia, ove la fatturazione di operazioni fittizie non implichi alcun rischio di perdita di gettito fiscale, deve essere allora possibile effettuare una rettifica di detta imposta a norma dell’articolo 203 della direttiva IVA, anche se la EN.SA., in relazione alle operazioni fittizie, non ha agito in buona fede.

2)      Sul momento della rettifica

49.      Il momento prescritto per la rettifica è quello in cui è accertata l’assenza di un rischio di perdita del gettito fiscale. Nella fattispecie, si potrebbe trattare, ad esempio, del momento in cui l’amministrazione tributaria viene a conoscenza del fatto che il destinatario della fattura non ha diritto a detrazione e gli nega tale diritto con esito positivo.

50.      Posto che il gruppo «Green Network» in questione non era in buona fede(25), non occorre stabilire se tra i presupposti per la rettifica del debito di imposta in conformità all’articolo 203 della direttiva IVA rientri anche un rimborso dell’importo al destinatario della fattura ove questi abbia, in buona fede, presunto l’esistenza di un diritto a detrazione a proprio favore.

3)      Conclusione

51.      In conclusione, il diritto dell’Unione (in particolare, i principi di proporzionalità e neutralità dell’IVA) esige che sia prevista la possibilità di rettificare il debito IVA, configurato, a norma dell’articolo 203 della direttiva IVA come responsabilità oggettiva astratta nel momento in cui è escluso un rischio di perdita di gettito fiscale.

52.      Tuttavia, come già stabilito dalla Corte, il diritto dell’Unione non impedisce agli Stati membri di qualificare l’emissione di fatture fittizie (per operazioni fittizie) indicanti indebitamente un’imposta sul valore aggiunto come reato e di applicare, in tal caso, le sanzioni previste dal loro diritto nazionale (26).

3.      Sulla proporzionalità di una sanzione pari al 100% della detrazione illegittimamente fatta valere

53.      Occorre infine rispondere ancora alla questione affrontata nella terza parte della domanda di pronuncia pregiudiziale, vale a dire se, in un caso come quello in esame, una sanzione aggiuntiva pari al 100% della detrazione illegittimamente fatta valere sia proporzionata.

54.      In mancanza di armonizzazione della normativa dell’Unione nel settore delle sanzioni, gli Stati membri restano competenti, in caso di inosservanza delle condizioni previste da un regime istituito in conformità a tale normativa, a scegliere le sanzioni che sembrino loro appropriate. Tuttavia, essi sono tenuti ad esercitare il loro potere nel rispetto del diritto dell’Unione e dei suoi principi generali, di conseguenza anche del principio di proporzionalità (27).

55.      Pertanto, siffatte sanzioni non devono eccedere quanto necessario al fine di garantire l’esatta riscossione dell’imposta e di evitare la frode. Al fine di valutare se una sanzione sia conforme al principio di proporzionalità, occorre tener conto, in particolare, della natura e della gravità dell’infrazione che detta sanzione mira a penalizzare, nonché delle modalità di determinazione dell’importo della sanzione stessa (28).

56.      Per quanto concerne le facoltà degli Stati membri di comminare sanzioni finanziarie nel quadro della normativa IVA, la Corte ha già adottato numerose decisioni da cui emerge che le sanzioni sono certamente ammissibili. Tuttavia, esse non possono condurre a ignorare le valutazioni compiute nel quadro della normativa IVA né, in particolare, a compromettere la neutralità dell’IVA (29).

57.      Nel caso di specie, la sanzione pari al 100% della detrazione illegittimamente compiuta priva, in definitiva, di valore la facoltà di rettifica prescritta, in relazione al debito di imposta in conformità all’articolo 203 della direttiva IVA. Infatti, anche qualora il debito fiscale a norma dell’articolo succitato sia rettificato in ragione dell’assenza del rischio di perdita di gettito fiscale, permane un debito pecuniario di importo parimenti elevato. Qualora il prezzo di acquisto e di vendita siano identici, il debito pecuniario continua a sussistere addirittura nella medesima misura.

58.      La Corte ha già stabilito che, qualora la condotta non abbia causato all’amministrazione tributaria alcuna perdita di gettito, né presenti indizi di frode, una sanzione pari al 50% risulta sproporzionata, circostanza che spetta però al giudice del rinvio verificare (30). Lo stesso vale, a fortiori, per una sanzione pari al 100% in un caso in cui sono esclusi un danno e una frode fiscali (31).

59.      Inoltre, come già stabilito dalla Corte nell’ambito di altre cause (32), possono essere presi in considerazione anche mezzi ulteriori, meno invasivi. Così, nel caso di specie, è ipotizzabile la comminazione di un’ammenda o di una sanzione finanziaria proporzionata alla gravità della violazione e del danno. Tuttavia, in conformità alla disciplina in esame nel procedimento principale, la sanzione trova chiaramente applicazione in ogni caso, senza che si tenga conto delle circostanze concrete e dello specifico rischio o danno per il gettito IVA. Ma, come osserva correttamente anche la Commissione, ciò eccede quanto necessario per garantire l’esatta riscossione dell’imposta ed evitare l’evasione (v., in relazione a tali obiettivi, ex multis, l’articolo 273 e altresì l’articolo 131 della direttiva IVA).

60.      Per lo stesso motivo, la sanzione di cui trattasi non può essere neppure considerata una sanzione proporzionata con riferimento alle fatture illegittimamente emesse (v., in merito a tale possibilità, supra, paragrafo 52), tanto più che essa non si ricollega all’ammontare del debito di imposta ivi dichiarato e a un rischio, bensì a una detrazione fatta valere illegittimamente in precedenza.

61.      Occorre inoltre considerare che alla detrazione effettuata illegittimamente (in forza delle cessioni fittizie a monte) si contrappone l’IVA – anch’essa versata indebitamente – sulle cessioni fittizie a valle. Entrambi i «pagamenti» si riferiscono al medesimo bene ceduto e già per tale motivo non possono essere valutati isolatamente. Entrambi sono avvenuti illegittimamente e devono pertanto essere restituiti.

62.      Inoltre, come mostra chiaramente la sistematica della direttiva IVA (v. il suo articolo 206), il debito di imposta del soggetto passivo si compone sempre dell’imposta dovuta sulle prestazioni a valle detratta l’imposta detraibile sulle prestazioni a monte dello stesso periodo d’imposta. Tale aspetto dovrebbe essere tenuto in considerazione anche in sede di valutazione dell’adeguatezza di una sanzione applicata in caso di operazioni fittizie.

63.      Nella fattispecie, in caso di identità tra prezzo di acquisto e di vendita, circostanza cui alludono le osservazioni del giudice del rinvio, compensando i due diritti si perviene a un onere di pagamento concreto a carico della EN.SA. (e quindi a un danno fiscale per l’Italia) pari a EUR 0. Alla luce dell’identità nel contenuto dei due diritti, la comminazione di una sanzione pari al 100% della detrazione fatta valere illegittimamente nei confronti dello Stato italiano senza prendere in considerazione l’IVA versata – anch’essa indebitamente ma a favore dello Stato italiano – è sproporzionata.

64.      Tuttavia, l’Italia resta libera di esigere interessi ad un tasso adeguato sul debito di imposta sorto a norma dell’articolo 203 della direttiva IVA (responsabilità oggettiva astratta) sino alla sua rettifica e – come osservato già prima – di sanzionare anche in sede penale l’emissione di fatture per operazioni fittizie.

VI.    Conclusione

65.      Propongo alla Corte di giustizia di rispondere alla questione della Commissione Tributaria Regionale per la Lombardia (Italia) come segue:

In caso di operazioni fittizie, gli articoli 168 e 203 della direttiva 2006/112/CE non ostano al contemporaneo riconoscimento di un debito di imposta, basato su una fatturazione, e di un diniego della detrazione (anche ripetuto in caso di catena circolare di prestazioni), a condizione che il debito di imposta ex articolo 203 della direttiva IVA possa essere rettificato non appena sia escluso un rischio di perdita di gettito fiscale. In un caso siffatto, è certamente possibile sanzionare l’emissione di una fattura errata; tuttavia, una sanzione pari all’intero importo – non detraibile – dell’imposta sulle operazioni fittizie a monte è sproporzionata qualora una corrispondente imposta sul valore aggiunto sulle operazioni fittizie a valle sia stata assolta e, pertanto, non vi sia stato alcun rischio di perdita di gettito fiscale.


1      Lingua originale: il tedesco.


2      Senza pretesa di esaustività: v. sentenze del 20 giugno 2018, Enteco Baltic (C-108/17, EU:C:2018:473); del 22 ottobre 2015, PPUH Stehcemp (C-277/14, EU:C:2015:719); del 18 dicembre 2014, Schoenimport «Italmoda» Mariano Previti (C-131/13, C-163/13 e C-164/13, EU:C:2014:2455); del 9 ottobre 2014, Traum (C-492/13, EU:C:2014:2267); del 13 febbraio 2014, Maks Pen (C-18/13, EU:C:2014:69); del 6 dicembre 2012, Bonik (C-285/11, EU:C:2012:774); del 6 settembre 2012, Mecsek-Gabona (C-273/11, EU:C:2012:547); del 21 giugno 2012, Mahagében (C-80/11 e C-142/11, EU:C:2012:373), e del 6 luglio 2006, Kittel e Recolta Recycling (C-439/04 e C-440/04, EU:C:2006:446).


3      Sentenze del 22 ottobre 2015, PPUH Stehcemp (C-277/14, EU:C:2015:719, punto 48); del 20 giugno 2018, Enteco Baltic (C-108/17, EU:C:2018:473, punto 94); del 13 febbraio 2014, Maks Pen (C-18/13, EU:C:2014:69, punto 27); del 6 settembre 2012, Mecsek-Gabona (C-273/11, EU:C:2012:547, punto 54); del 6 dicembre 2012, Bonik (C-285/11, EU:C:2012:774, punto 39), e del 6 luglio 2006, Kittel e Recolta Recycling (C-439/04 e C-440/04, EU:C:2006:446, punto 56); sul conseguente problema della sovracompensazione del danno insorto v. già le mie conclusioni nella causa Vetsch Int. Transporte (C-531/17, EU:C:2018:677, paragrafi 39 e segg.).


4      GU 2006, L 347, pag. 1.


5      Nemmeno la qualificazione di detto comportamento come sanzionabile comporterebbe, di per sé, una deroga all’imposizione; in tal senso, espressamente: sentenze del 6 luglio 2006, Kittel e Recolta Recycling (C-439/04 e C-440/04, EU:C:2006:446, punto 50); del 12 gennaio 2006, Optigen e a. (C-354/03, C-355/03 e C-484/03, EU:C:2006:16, punto 49), e del 29 giugno 2000, Salumets e a. (C-455/98, EU:C:2000:352, punto 19).


6      Sentenze del 27 giugno 2018, SGI e Valériane (C-459/17 e C-460/17, EU:C:2018:501, punto 35); del 31 gennaio 2013, LVK (C-643/11, EU:C:2013:55, punto 34); del 26 maggio 2005, António Jorge (C-536/03, EU:C:2005:323, punti 24 e 25); del 29 aprile 2004, Terra Baubedarf-Handel (C-152/02, EU:C:2004:268, punto 31), e dell’8 giugno 2000, Breitsohl (C-400/98, EU:C:2000:304, punto 36).


7      Così, da ultimo, espressamente: sentenza del 27 giugno 2018, SGI e Valériane (C-459/17 e C-460/17, EU:C:2018:501, punto 36).


8      Sentenze del 27 giugno 2018, SGI e Valériane (C-459/17 e C-460/17, EU:C:2018:501, punto 37); del 31 gennaio 2013, LVK (C-643/11, EU:C:2013:55, punto 34); del 15 marzo 2007, Reemtsma Cigarettenfabriken (C-35/05, EU:C:2007:167, punto 23), e del 13 dicembre 1989, Genius (C-342/87, EU:C:1989:635, punto 19).


9      In questo senso, espressamente, sentenze del 31 gennaio 2013, LVK (C-643/11, EU:C:2013:55, punti 35 e 36), e del 18 giugno 2009, Stadeco (C-566/07, EU:C:2009:380, punti 28 e segg.), che rimanda alle sentenze del 19 settembre 2000, Schmeink & Cofreth e Strobel (C-454/98, EU:C:2000:469, punti 57 e 61), e del 6 novembre 2003, Karageorgou e a. (da C-78/02 a C-80/02, EU:C:2003:604, punto 50).


10      Sentenza del 13 dicembre 1989, Genius (C-342/87, EU:C:1989:635, punto 13).


11      In tale senso, espressamente, sentenza del 18 giugno 2009, Stadeco (C-566/07, EU:C:2009:380, punti 28 e segg.), che rimanda alla sentenza del 19 settembre 2000, Schmeink & Cofreth e Strobel (C-454/98, EU:C:2000:469, punto 57).


12      Sentenza del 6 novembre 2003, Karageorgou e a. (da C-78/02 a C-80/02, EU:C:2003:604, punto 53).


13      Sentenze del 18 giugno 2009, Stadeco (C-566/07, EU:C:2009:380, punto 35), e del 6 novembre 2003, Karageorgou e a. (da C-78/02 a C-80/02, EU:C:2003:604, punto 49).


14      Sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU 1997, L 145, pag. 1).


15      In tal senso, correttamente: sentenza del 19 settembre 2000, Schmeink & Cofreth e Strobel (C-454/98, EU:C:2000:469, punto 48) – «(…) La sesta direttiva non contiene alcuna disposizione relativa alla regolarizzazione, da parte di chi emette la fattura, dell’IVA indebitamente fatturata».


16      Sentenza del 15 ottobre 2002, Commissione/Germania (C-427/98, EU:C:2002:581, punto 41).


17      In definitiva, in tal senso, anche la sentenza del 31 gennaio 2013, LVK (C-643/11, EU:C:2013:55, punto 42) – debito di imposta in conformità all’articolo 203 della direttiva IVA, a prescindere dalla effettiva sussistenza di un’operazione imponibile.


18      In tal senso, espressamente, sentenza del 19 settembre 2000, Schmeink & Cofreth e Strobel (C-454/98, EU:C:2000:469, punto 48). Citata nelle sentenze del 18 giugno 2009, Stadeco (C-566/07, EU:C:2009:380, punto 35), e del 6 novembre 2003, Karageorgou e a. (da C-78/02 a C-80/02, EU:C:2003:604, punto 49), nelle quali si afferma tuttavia che la direttiva non prevede espressamente il caso in cui l’IVA venga erroneamente dichiarata in una fattura.


19      Sentenze del 18 giugno 2009, Stadeco (C-566/07, EU:C:2009:380, punto 35); del 6 novembre 2003, Karageorgou e a. (da C-78/02 a C-80/02, EU:C:2003:604, punto 49), e del 19 settembre 2000, Schmeink & Cofreth e Strobel (C-454/98, EU:C:2000:469, punto 49).


20      Sentenze del 18 giugno 2009, Stadeco (C-566/07, EU:C:2009:380, punto 36), e del 13 dicembre 1989, Genius (C-342/87, EU:C:1989:635, punto 18).


21      Sentenze del 31 gennaio 2013, LVK (C-643/11, EU:C:2013:55, punto 37); del 18 giugno 2009, Stadeco (C-566/07, EU:C:2009:380, punto 37); del 6 novembre 2003, Karageorgou e a. (da C-78/02 a C-80/02, EU:C:2003:604, punto 50), e del 19 settembre 2000, Schmeink & Cofreth e Strobel (C-454/98, EU:C:2000:469, punto 58).


22      Sentenze del 18 giugno 2009, Stadeco (C-566/07, EU:C:2009:380, punto 38), e del 19 settembre 2000, Schmeink & Cofreth e Strobel (C-454/98, EU:C:2000:469, punto 68).


23      Sentenze del 18 giugno 2009, Stadeco (C-566/07, EU:C:2009:380, punto 39), e, per analogia, sentenza del 19 settembre 2000, Schmeink & Cofreth e Strobel (C-454/98, EU:C:2000:469, punto 59 e la giurisprudenza ivi citata).


24      Sentenza del 18 giugno 2009, Stadeco (C-566/07, EU:C:2009:380, punto 40) e, in tal senso e per analogia, sentenza del 15 marzo 2007, Reemtsma Cigarettenfabriken (C-35/05, EU:C:2007:167, punto 41).


25      Il presupposto della sussistenza di operazioni fittizie all’interno del gruppo di imprese esclude, in linea di principio, anche la buona fede all’interno di esso.


26      V., in questo senso, sentenza del 19 settembre 2000, Schmeink & Cofreth e Strobel (C-454/98, EU:C:2000:469, punto 62).


27      Sentenza del 26 aprile 2017, Farkas (C-564/15, EU:C:2017:302, punto 59); v. in questo senso, ex multis, sentenze del 6 febbraio 2014, Fatorie (C-424/12, EU:C:2014:50, punto 50), e del 7 dicembre 2000, de Andrade (C-213/99, EU:C:2000:678, punto 20).


28      Sentenza del 26 aprile 2017, Farkas (C-564/15, EU:C:2017:302, punto 60); v., in questo senso, sentenze del 20 giugno 2013, Rodopi-M 91 (C-259/12, EU:C:2013:414, punto 38), e dell’8 maggio 2008, Ecotrade (C-95/07 e C-96/07, EU:C:2008:267, punti da 65 a 67).


29      Sentenza del 15 settembre 2016, Senatex (C-518/14, EU:C:2016:691, punto 41); v., in tal senso, sentenza del 9 luglio 2015, Salomie e Oltean (C-183/14, EU:C:2015:454, punto 62).


30      V. sentenza del 26 aprile 2017, Farkas (C-564/15, EU:C:2017:302, punti 65 e 66).


31      In senso analogo – seppure in un contesto diverso – sentenza del 17 luglio 2014, Equoland (C-272/13, EU:C:2014:2091, punto 47).


32      Sentenza del 15 settembre 2016, Senatex (C-518/14, EU:C:2016:691, punto 42); v., in tal senso, sentenza del 9 luglio 2015, Salomie e Oltean (C-183/14, EU:C:2015:454, punto 63).