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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

M. CAMPOS SÁNCHEZ-BORDONA

presentate il 27 febbraio 2019 ( 1 )

Causa C-26/18

Federal Express Corporation Deutsche Niederlassung

contro

Hauptzollamt Frankfurt am Main

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Hessisches Finanzgericht (Tribunale tributario dell’Assia, Germania)]

«Questione pregiudiziale – Obbligazione doganale – Regolamento (CEE) n. 2913/92 – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Ambito di applicazione – Nozione di importazione – Presupposto dell’entrata di un bene nel circuito economico dell’Unione – Presunzione»

1. 

Nelle sentenze Eurogate Distribution e DHL Hub Leipzig ( 2 ) e Wallenborn Transports ( 3 ), la Corte ha risposto ad alcune questioni pregiudiziali che le erano state sottoposte dal Finanzgericht Hamburg e dall’Hessisches Finanzgericht (Tribunali tributari di Amburgo e dell’Assia, Germania), aventi ad oggetto la possibilità di liquidare simultaneamente l’IVA all’importazione e l’obbligazione doganale, qualora nel contesto dell’operazione soggetta a imposta non siano state rispettate talune condizioni stabilite dalla normativa doganale.

2. 

Nelle conclusioni relative alla prima delle summenzionate cause ( 4 ) ho evidenziato che tale possibilità non è così automatica come potrebbe dedursi da una prima lettura della sentenza della Corte del 15 maggio 2014, X ( 5 ). In tale occasione ho sostenuto che l’insorgenza di un’obbligazione doganale non comporta necessariamente l’obbligo di versare l’IVA all’importazione. La Corte di giustizia ha accolto tale tesi in entrambe le citate sentenze.

3. 

L’Hessisches Finanzgericht (Tribunale tributario dell’Assia) solleva una nuova questione pregiudiziale su tale duplice imposizione. In particolare, detto giudice avvertirebbe una certa contraddizione nelle ultime due sentenze, in relazione alle condizioni richieste dalla Corte per stabilire se una merce sia stata introdotta nel circuito economico dell’Unione. Questo era, in definitiva, l’elemento chiave per poter ammettere il cumulo di un’obbligazione doganale e di un debito IVA.

I. Contesto normativo

A.   Diritto dell’Unione

1. Codice doganale comunitario ( 6 )

4.

A termini dell’articolo 202:

«1.   L’obbligazione doganale all’importazione sorge in seguito:

a)

all’irregolare introduzione nel territorio doganale della Comunità di una merce soggetta a dazi all’importazione, oppure

b)

quando si tratti di merce collocata in zona franca o in deposito franco, alla sua irregolare introduzione in un’altra parte di detto territorio.

Ai sensi del presente articolo, per introduzione irregolare s’intende qualsiasi introduzione effettuata in violazione degli articoli da 38 a 41 e dell’articolo 177, secondo trattino.

2.   L’obbligazione doganale sorge al momento dell’introduzione irregolare.

(…)».

5.

L’articolo 203 specifica:

«1.   L’obbligazione doganale all’importazione sorge in seguito:

alla sottrazione al controllo doganale di una merce soggetta a dazi all’importazione.

2.   L’obbligazione doganale sorge all’atto della sottrazione della merce al controllo doganale.

(…)».

6.

L’articolo 204 dispone quanto segue:

«1.   L’obbligazione doganale all’importazione sorge in seguito:

a)

all’inadempienza di uno degli obblighi che derivano, per una merce soggetta a dazi all’importazione, dalla sua permanenza in custodia temporanea oppure dall’utilizzazione del regime doganale cui è stata vincolata, oppure

b)

all’inosservanza di una delle condizioni stabilite per il vincolo di una merce a tale regime o per la concessione di un dazio all’importazione ridotto o nullo a motivo dell’utilizzazione della merce a fini particolari.

in casi diversi da quelli di cui all’articolo 203 sempre che non si constati che tali inosservanze non hanno avuto in pratica alcuna conseguenza sul corretto funzionamento della custodia temporanea o del regime doganale considerato.

2.   L’obbligazione doganale sorge quando cessa di essere soddisfatto l’obbligo la cui inadempienza fa sorgere l’obbligazione doganale oppure nel momento in cui la merce è stata vincolata al regime doganale considerato quando si constati, a posteriori, che non era soddisfatta una delle condizioni stabilite per il vincolo della merce al regime o per la concessione di un dazio all’importazione ridotto o nullo a motivo dell’utilizzazione della merce a fini particolari.

(…)».

2. Direttiva 2006/112/CE ( 7 )

7.

Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera d), sono soggette a IVA «le importazioni di beni».

8.

L’articolo 30 indica quanto segue:

«Si considera “importazione di beni” l’ingresso nella Comunità di un bene che non è in libera pratica ai sensi dell’articolo 24 del trattato.

Oltre all’operazione di cui al primo comma, si considera importazione di beni l’ingresso nella Comunità di un bene in libera pratica proveniente da un territorio terzo che fa parte del territorio doganale della Comunità».

9.

A termini dell’articolo 60:

«L’importazione di beni è effettuata nello Stato membro nel cui territorio si trova il bene nel momento in cui entra nella Comunità».

10.

L’articolo 61 prevede quanto segue:

«In deroga all’articolo 60, se un bene che non è in libera pratica è vincolato, al momento della sua entrata nella Comunità, ad uno dei regimi o ad una delle situazioni di cui all’articolo 156 o ad un regime di ammissione temporanea in esenzione totale dai dazi all’importazione o ad un regime di transito esterno, l’importazione del bene è effettuata nello Stato membro nel cui territorio il bene è svincolato da tali regimi o situazioni.

Analogamente, se un bene che è in libera pratica è vincolato al momento della sua entrata nella Comunità ad uno dei regimi o ad una delle situazioni di cui agli articoli 276 e 277, l’importazione del bene è effettuata nello Stato membro nel cui territorio il bene è svincolato da tali regimi o situazioni».

11.

Conformemente all’articolo 71:

«1.   Quando i beni sono vincolati, al momento della loro entrata nella Comunità, ad uno dei regimi o ad una delle situazioni di cui agli articoli 156, 276 e 277, o ad un regime di ammissione temporanea in esenzione totale dai dazi all’importazione o di transito esterno, il fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diventa esigibile soltanto nel momento in cui i beni sono svincolati da tali regimi o situazioni.

Tuttavia, quando i beni importati sono assoggettati a dazi doganali, prelievi agricoli o imposte di effetto equivalente istituiti nell’ambito di una politica comune, il fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diventa esigibile nel momento in cui scattano il fatto generatore e l’esigibilità dei predetti dazi o prelievi.

2.   Qualora i beni importati non siano assoggettati ad alcuno dei dazi o prelievi di cui al paragrafo 1, secondo comma, gli Stati membri applicano le disposizioni vigenti in materia di dazi doganali, per quanto riguarda il fatto generatore dell’imposta e la sua esigibilità».

12.

Ai sensi dell’articolo 156, paragrafo 1, lettera a), gli Stati membri possono esentare, tra le altre operazioni, «le cessioni di beni destinati ad essere portati in dogana e collocati, se del caso, in custodia temporanea».

B.   Diritto nazionale. Umsatzsteuergesetz (legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari) ( 8 )

13.

A tenore dell’articolo 1:

«(1)   Sono soggette ad IVA le seguenti operazioni:

1.

le cessioni e le altre prestazioni, effettuate a titolo oneroso nel territorio tedesco da un’impresa nell’ambito della sua attività:

(…)

4.

le importazioni di beni in Germania (…) (imposta sulla cifra d’affari all’importazione);

(…)».

14.

In forza dell’articolo 13 della stessa legge, l’articolo 21, paragrafo 2, dell’UStG si applica all’imposta sulla cifra d’affari all’importazione.

15.

L’articolo 21, paragrafo 2, indica quanto segue:

«[l]a normativa doganale si applica per analogia all’imposta sulla cifra d’affari all’importazione (…)».

II. Fatti e questione pregiudiziale

16.

Con lettera del 23 ottobre 2008, l’Ufficio doganale dell’aeroporto di Atene comunicava all’Hauptzollamt Frankfurt am Main (Ufficio doganale principale di Francoforte sul Meno; in prosieguo: l’«Ufficio doganale») che, nel gennaio 2008, si erano verificate talune irregolarità nel regime di transito comunitario per via aerea, riguardo a 18 spedizioni realizzate dalla Federal Express Corporation Deutsche Niederlassung (in prosieguo: la «FedEx»). Le ricerche indicavano che si trattava di merci provenienti da Israele, Messico e Stati Uniti, con destinatari in Grecia.

17.

In data 30 novembre e 1o dicembre 2010, l’Ufficio doganale emetteva nei confronti della FedEx complessivamente cinque avvisi di liquidazione, reclamando, in particolare, l’IVA all’importazione per le spedizioni de quibus.

18.

Secondo l’Ufficio doganale:

in 14 di tali spedizioni, le merci non rispettavano l’articolo 40 del CDC (presentazione in dogana) e, pertanto, sarebbero state introdotte nel territorio doganale dell’Unione in modo irregolare, facendo sorgere un’obbligazione doganale (articolo 202 del CDC). Con riferimento all’IVA all’importazione, l’Ufficio doganale si richiamava all’articolo 21, paragrafo 2, dell’UStG;

relativamente alle altre 4 spedizioni, le merci sarebbero state allontanate dal luogo di custodia senza autorizzazione e, pertanto, sarebbe sorta un’obbligazione doganale a norma dell’articolo 203 del CDC.

19.

La FedEx pagava l’IVA all’importazione risultante dagli avvisi di liquidazione ricevuti. Tuttavia, nel novembre 2011, essa ne chiedeva il rimborso affermando, in particolare, che la doppia imposizione effettuata era contraria al diritto dell’Unione.

20.

L’Ufficio doganale respingeva la domanda di rimborso dell’IVA. Rimanevano inoltre, in larga misura, senza esito, i procedimenti di reclamo della FedEx, la quale proponeva ricorso dinanzi all’Hessisches Finanzgericht (Tribunale tributario dell’Assia).

21.

Secondo tale giudice, la controversia si incentra sui beni che sono stati introdotti nell’Unione, accedendo in un primo momento al territorio della Repubblica federale di Germania per via aerea, per poi essere successivamente trasferiti in Grecia a bordo di un altro aereo, in partenza dal medesimo aeroporto. Occorre chiarire se il fatto generatore dell’IVA all’importazione si verifichi in Germania, quando le merci di cui trattasi siano state introdotte nel territorio dell’Unione in violazione della normativa doganale o, invece, nel caso in cui tale violazione non sussista, quando le stesse siano state successivamente trasportate in Grecia senza essere sottoposte al regime di transito comunitario esterno.

22.

In tale contesto, l’Hessisches Finanzgericht (Tribunale tributario dell’Assia) presenta le seguenti questioni pregiudiziali:

«Prima questione:

Se un’importazione ai sensi degli articoli 2, paragrafo 1, lettera d), e 30, della direttiva 2006/112/CE (…) presupponga che il bene introdotto nel territorio dell’Unione entri nel circuito economico della stessa o se sia sufficiente il mero rischio che ciò accada.

Qualora un’importazione presupponga l’entrata del bene nel circuito economico dell’Unione:

Seconda questione

Se un bene introdotto nel territorio dell’Unione entri nel circuito economico della stessa già per il fatto di non essere stato vincolato, in violazione della normativa doganale, ad alcun regime ai sensi dell’articolo 61, primo comma, della direttiva o – pur essendo stato in un primo momento vincolato a tale regime – di essere stato successivamente svincolato per effetto di una condotta doganale erronea o se, a fronte di una condotta erronea, si debba poter presumere, ai fini dell’entrata nel circuito economico dell’Unione, che, per effetto della condotta medesima, il bene sia entrato nel suddetto circuito economico nel territorio fiscale dello Stato membro in cui sia stata commessa la condotta de qua e che esso abbia potuto essere consumato o utilizzato».

III. Procedimento dinanzi alla Corte e argomenti delle parti

23.

La domanda di pronuncia pregiudiziale è stata depositata presso la cancelleria della Corte il 16 gennaio 2018.

24.

Hanno presentato osservazioni scritte la FedEx, il governo greco e la Commissione. Tutte le suddette parti e il rappresentante dell’Ufficio doganale sono comparsi all’udienza pubblica tenutasi il 5 dicembre 2018.

25.

La FedEx sostiene che le merci sono state immesse in libera pratica e in consumo a seguito del loro arrivo ad Atene, con la riscossione dell’IVA all’importazione greca. Secondo tale società, dalla sentenza Wallenborn Transports si deduce che, per aggiungere a un’obbligazione doganale un debito IVA non basta il mero rischio che, a causa della condotta illecita da cui è sorta l’obbligazione doganale, le merci siano potute entrare nel circuito economico dell’Unione, giacché spetta al giudice nazionale accertare che tale ingresso non sia avvenuto.

26.

Per la FedEx, una volta che sia sorta un’obbligazione doganale in forza dell’articolo 202, paragrafo 1, o dell’articolo 203, paragrafo 1, del CDC, si deve ancora esaminare se si sia verificata un’importazione ai fini dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2006/112. Non basta che il bene sia stato introdotto nell’Unione, ma è necessario che lo stesso sia in libera pratica o che sia stato svincolato da uno dei regimi di cui agli articoli 61 e 71, paragrafo 1, primo comma, della direttiva medesima.

27.

Di conseguenza, la FedEx ritiene che occorra rispondere alla questione pregiudiziale nel senso che un’importazione presuppone che il bene introdotto nel territorio dell’Unione entri nel circuito economico di quest’ultima e che, in caso di violazione della normativa doganale, si possa presumere che la merce sia stata introdotta in tale circuito attraverso il territorio fiscale dello Stato membro in cui è stata commessa la violazione.

28.

L’Ufficio doganale sostiene che l’introduzione delle merci nel circuito economico dell’Unione è avvenuta in Germania, essendo questo lo Stato membro in cui è stata commessa la violazione della normativa doganale. L’IVA sarebbe pertanto esigibile in Germania e non in Grecia.

29.

Il governo greco propone di rispondere alla prima questione nel senso che un’importazione non si verifica solamente con l’introduzione della merce nel circuito economico dell’Unione, ma anche quando sussiste il rischio che tale introduzione si realizzi. Non sarebbe pertanto necessario rispondere alla seconda questione.

30.

La Commissione sottolinea che probabilmente i beni oggetto della controversia sono stati immessi nel circuito economico dell’Unione in Grecia, e ciò implica che è sorto un debito IVA all’importazione. L’unico dubbio da chiarire è dove e quando sia sorto tale debito.

31.

La Commissione aggiunge che anche in Germania sarebbe sorta un’obbligazione doganale, sia perché i beni sono stati ivi introdotti irregolarmente, sia perché gli stessi sono stati sottratti al controllo doganale in tale Stato membro. Ognuna di tali due circostanze determinerebbe l’esigibilità dell’IVA all’importazione, purché tuttavia possa ammettersi che i beni siano entrati nel circuito economico dell’Unione, non essendo sufficiente a tal fine il mero rischio del loro ingresso.

32.

Per quanto riguarda la seconda questione, la Commissione rileva che il giudice del rinvio deve esaminare se sia giustificato presumere che la violazione della normativa doganale abbia fatto sorgere, oltre a un’obbligazione doganale, un debito IVA all’importazione, a seguito dell’entrata delle merci nel circuito economico dell’Unione.

33.

Secondo la Commissione, qualora il giudice del rinvio confermasse che i beni hanno lasciato la Germania in direzione di un altro Stato membro in cui sono stati distribuiti ai loro destinatari, si dovrà ammettere che gli stessi sono entrati nel circuito economico dell’Unione. Se ciò è avvenuto in Germania, in conseguenza della violazione della normativa doganale, il debito IVA all’importazione sarà sorto in tale Stato membro. Ad avviso della Commissione, tale circostanza non cambierebbe il fatto che l’IVA debba essere assolta una sola volta e che essa debba gravare sul consumatore finale, esito che viene garantito nelle diverse ipotesi illustrate da tale istituzione al riguardo.

34.

Pertanto la Commissione suggerisce di rispondere alla seconda questione nel senso che l’entrata del bene nel circuito economico dell’Unione può essere avvenuta nel luogo e nel momento in cui il bene non sia stato vincolato ad alcun regime doganale o ne sia stato svincolato.

IV. Valutazione

A.   Sulla (parziale) ricevibilità

35.

Il giudice del rinvio si basa su un’interpretazione della direttiva 2006/112 secondo la quale un’«importazione di beni» soggetta all’imposta in questione ha luogo allorché una merce è stata introdotta nel territorio dell’Unione senza essere vincolata ad alcun regime o situazione ai sensi dell’articolo 61, primo comma, della direttiva medesima, o quando, pur essendo stata vincolata in un primo momento, è stata successivamente svincolata.

36.

Tuttavia, aggiunge che alla luce della finalità dell’IVA, e soprattutto di determinate considerazioni svolte dalla Corte nell’ambito di recenti sentenze ( 9 ), si potrebbe dubitare di un’interpretazione secondo cui la mera introduzione di una merce nelle suddette condizioni possa considerarsi un’«importazione». A tal fine potrebbe essere necessario che la merce sia entrata effettivamente nel circuito economico dell’Unione, non essendo sufficiente il mero rischio di tale ingresso.

37.

Stando alle informazioni fornite nell’ordinanza di rinvio, la questione controversa nel procedimento a quo è se i beni che sono stati introdotti nell’Unione, entrando per via aerea nel territorio della Repubblica federale di Germania, e successivamente trasferiti in Grecia, ancora per via aerea e senza uscire dall’aeroporto di Francoforte sul Meno, siano soggetti a IVA all’importazione, quando ricorra una delle due seguenti circostanze:

che sia stata commessa una violazione delle disposizioni doganali in Germania; oppure

che il trasferimento in Grecia sia avvenuto senza l’assoggettamento al regime di transito comunitario esterno previsto dalla normativa doganale ( 10 ).

38.

A partire da tale questione, il giudice a quo chiede: a) se il momento e il luogo in cui l’IVA all’importazione diventa esigibile dipendano dall’entrata delle merci nel circuito economico dell’Unione e b) se sia sufficiente il rischio che tale ingresso sia avvenuto.

39.

Tuttavia, nell’ordinanza di rinvio, l’Hessisches Finanzgericht (Tribunale tributario dell’Assia) afferma che le merci non sono mai entrate nel territorio fiscale tedesco, avendo proseguito il viaggio fino ad Atene, dove sono state immesse nel circuito economico dell’Unione ( 11 ).

40.

Se i fatti si sono svolti nel modo descritto, la prima questione pregiudiziale potrebbe considerarsi ipotetica, e quindi, irricevibile ( 12 ). Infatti, una volta che il giudice del rinvio abbia provato e riconosciuto che i beni sono entrati nel circuito economico dell’Unione non in Germania bensì in Grecia, dove sono stati destinati al consumo, non ha più senso chiedersi se «sia sufficiente il mero rischio [che il bene introdotto nel territorio dell’Unione entri nel circuito economico della stessa]».

41.

Ripeto che, nella situazione descritta nell’ordinanza di rinvio, non vi fu alcun rischio che le merci entrassero nel circuito economico dell’Unione attraverso la Germania. Anzi, si afferma categoricamente che è la Grecia il luogo in cui tali merci entrarono nel circuito economico dell’Unione e furono destinate al consumo. Se è così, non mi sembra necessario ricorrere a una presunzione, dal momento che il fatto è stato già dato per certo, ed è superfluo fare congetture sul rischio che esso possa concretizzarsi.

42.

Non è pertanto ricevibile una questione astratta vertente sul «mero rischio [che il bene introdotto entri nel circuito economico dell’Unione]» quando, nell’ambito del procedimento principale, e alla luce dei fatti che il giudice del rinvio considera accertati, non sussiste, ripeto, alcun problema di rischio, bensì la constatazione dell’entrata di tale bene nel circuito economico dell’Unione.

43.

La prima questione posta dal giudice del rinvio non ha quindi un interesse diverso da quello puramente ipotetico.

44.

In ogni caso, per l’eventualità in cui la Corte non condivida la mia opinione, affronterò la prima questione nel merito, analizzando, nella risposta alla seconda questione, in che misura e a quali condizioni una violazione della normativa doganale possa di per sé indurre a presumere che un bene sia entrato nel circuito economico dell’Unione.

B.   Nel merito

45.

Come ho segnalato nelle mie conclusioni nella causa Wallenborn Transports ( 13 ), «[l’]elemento determinante del fatto generatore dell’IVA all’importazione è che i beni su cui ricade possano integrarsi nel circuito economico dell’Unione e, pertanto, essere oggetto di ulteriore consumo».

46.

Ricordavo in detta occasione che la Corte aveva confermato tale approccio nella sentenza Eurogate Distribution, quando ha statuito che all’obbligazione doganale sorta in seguito a una violazione della normativa doganale «potrebbe anche aggiungersi [l’esigibilità dell’IVA] qualora si potesse ritenere, sulla base della specifica condotta illecita da cui è sorta detta obbligazione, che le merci di cui trattasi siano entrate nel circuito economico dell’Unione e possano quindi essere stat[e] oggetto di consumo, configurandosi pertanto l’assoggettamento all’IVA» ( 14 ).

47.

La Corte ha applicato lo stesso principio nel definire la controversia nella causa Wallenborn Transports ( 15 ).

48.

In entrambi i casi, la Corte ha affermato che, precisamente, «sulla base della specifica condotta illecita da cui [era] sorta [l’obbligazione doganale]» – ossia, sulla base della specifica violazione della normativa doganale di cui si discuteva nei rispettivi procedimenti e del relativo contesto – non si poteva ammettere che le merci controverse fossero entrate nel circuito economico dell’Unione:

nella causa Eurogate Distribution, poiché, pur essendosi verificata un’inadempienza dell’obbligo di iscrivere tempestivamente nella contabilità di magazzino l’uscita delle merci dal regime di deposito doganale, la Corte ha considerato provato che le merci si trovassero nel regime di deposito doganale fino alla loro riesportazione e «non [era] controverso che non sussistessero rischi che le medesime entrassero nel circuito economico dell’Unione» ( 16 );

nella causa Wallenborn Transports, in quanto, sebbene le merci fossero state sottratte al controllo doganale all’interno di una zona franca e non si trovassero più in tale zona, il giudice a quo ritenne provato che, prima che le merci lasciassero la zona franca e fossero destinate ad un terzo Stato, «non [sussisteva] un’immissione nel circuito economico dello Stato membro sul cui territorio [era] situata la zona franca. Infatti, successivamente alla sottrazione al controllo doganale, la merce è rimasta in un primo tempo nella zona franca, dove non è stata né immessa in libera pratica né consumata o usata» ( 17 ).

49.

Sicuramente, nella sentenza Eurogate Distribution la Corte si è riferita al rischio che le merci controverse fossero entrate nel circuito economico dell’Unione ( 18 ).

50.

Il giudice del rinvio sembra interpretare tale riferimento come se, al fine di stabilire se abbia avuto luogo un’importazione, l’elemento determinante consista nella prova dell’esistenza di tale rischio. E, dal momento che, nella causa Wallenborn Transports la Corte ha affermato che il criterio decisivo consisteva nel fatto che le merci non fossero entrate nel circuito economico ( 19 ), il giudice a quo avverte una certa contraddizione, che lo induce a chiedere se, affinché l’IVA all’importazione diventi esigibile, sia sufficiente o meno il mero rischio di un’entrata nel circuito economico dell’Unione.

51.

Un’attenta lettura delle citate sentenze permette di escludere qualsiasi contraddizione tra le stesse.

52.

L’idea di fondo è sempre stata che l’IVA all’importazione diventa esigibile con l’entrata delle merci nel circuito economico dell’Unione. In tal senso, la risposta alla prima delle questioni sottoposte dal giudice a quo non darebbe adito a dubbi: «un’importazione ai sensi degli articoli 2, paragrafo 1, lettera d), e 30 della direttiva [IVA] presuppon[e] che il bene introdotto nel territorio dell’Unione entri nel circuito economico della stessa», non essendo «sufficiente il mero rischio che ciò accada».

53.

Tuttavia, l’entrata delle merci nel circuito economico dell’Unione può: a) constatarsi come un fatto realmente accaduto (entrata fisica) oppure b) semplicemente presumersi. A quest’ultima ipotesi si riferisce la direttiva 2006/112 qualora ricorra una serie di circostanze (per esempio, in caso di inosservanza della normativa doganale).

54.

In realtà, in tale materia operano, nell’ordine, alcune presunzioni giuridiche:

la prima è che tutte le merci introdotte nel territorio di uno Stato membro in provenienza da un paese terzo siano destinate al consumo e, quindi, ad integrarsi nel circuito economico dell’Unione. Tale presunzione può essere confutata se le merci di cui trattasi vengono vincolate a determinati regimi previsti dalla normativa doganale, quali, per esempio, il regime di transito esterno o quello di deposito doganale;

il fatto che le merci siano vincolate a detti regimi determina il sorgere della seconda presunzione. In tale ipotesi, si suppone (si presume) che, sebbene si trovino fisicamente nel territorio di uno Stato membro, le merci non siano entrate nell’Unione e, quindi, non possano inserirsi nel circuito economico della stessa;

la terza presunzione opera qualora la seconda venga meno a seguito dell’inosservanza della normativa doganale che l’aveva resa possibile. In tale contesto, si potrebbe asserire che torna ad operare la presunzione iniziale (ossia, che i beni introdotti nel territorio dell’Unione siano destinati ad inserirsi nel circuito economico dell’Unione) e il cerchio si chiude.

55.

Con parole diverse, è questo ciò che la Corte afferma nelle sentenze Wallenborn Transport ed Eurogate Distribution: «l’esigibilità dell’IVA potrebbe aggiungersi all’obbligazione doganale qualora si potesse ritenere, sulla base della condotta illecita da cui è sorta detta obbligazione, che le merci di cui trattasi siano entrate nel circuito economico dell’Unione e possano quindi essere state oggetto di consumo, configurandosi pertanto l’assoggettamento all’IVA» ( 20 ).

56.

Se tanto la prima presunzione (immissione nel circuito economico dell’Unione dei beni introdotti nel territorio di quest’ultima in provenienza da un paese terzo), quanto la seconda (mancata immissione in tale circuito dei beni vincolati a un determinato regime) sono confutabili, anche la terza presunzione può esserlo (inserimento nel circuito economico di beni in violazione della normativa doganale che rendeva operante la seconda presunzione). Nessuna delle suddette tre presunzioni è irrefragabile (iuris et de iure), ma tutte ammettono prova contraria (iuris tantum).

57.

È esattamente questo quanto accaduto nelle cause Wallenborn Transports ed Eurogate Distribution: la presunzione che i beni fossero entrati nel circuito economico a causa di una violazione della normativa doganale (terza presunzione) è stata confutata, essendosi dimostrato che, nonostante tale violazione, le merci non erano entrate in tale circuito:

nella causa Eurogate Distribution, poiché, nonostante l’inadempimento dell’obbligo di iscrizione, è stato possibile dimostrare che i beni si trovavano nel regime di deposito doganale fino alla loro riesportazione ( 21 );

nella causa Wallenborn Transports poiché, sebbene la merce fosse stata sottratta al controllo doganale, è stato dimostrato che la stessa era rimasta nella zona franca e che non era stata né immessa in libera pratica, né consumata, né utilizzata ( 22 ).

58.

Effettivamente, nella sentenza Eurogate Distribution la Corte ha affermato che le «merci si trovavano nel regime di deposito doganale fino alla loro riesportazione e non è controverso che non sussistevano rischi che le medesime entrassero nel circuito economico dell’Unione» ( 23 ). Come ho segnalato poc’anzi, quest’ultima frase sembra essere alla base del dubbio espresso dal giudice del rinvio, il quale la interpreta nel senso che sarebbe sufficiente invocare la sussistenza del suddetto rischio per dimostrare l’immissione delle merci nel circuito economico dell’Unione.

59.

A mio avviso, con tale frase la Corte ha inteso indicare che, in quanto i beni controversi in tale causa erano vincolati al regime di deposito doganale, la violazione della normativa doganale non consentiva di dedurre, in circostanze come quelle descritte, che le merci fossero entrate nel circuito economico dell’Unione. In altri termini, alla violazione della normativa doganale è stato allora possibile opporre validamente che le merci erano state riesportate e, di conseguenza, che non erano entrate nel circuito economico dell’Unione ( 24 ).

60.

La Corte non dichiara quindi che il mero rischio dell’entrata di un bene nel circuito economico dell’Unione, sommato alla violazione di alcune disposizioni doganali, comporti inesorabilmente l’esigibilità dell’IVA all’importazione.

61.

Se trasferiamo tali argomentazioni alla controversia in esame, sempre partendo dall’esposizione dei fatti contenuta nell’ordinanza di rinvio, la violazione delle disposizioni doganali nell’aeroporto di Francoforte sul Meno, in cui le merci furono direttamente trasferite da un aeromobile all’altro con destinazione in Grecia, diventa irrilevante ai fini della riscossione, in Germania, dell’IVA all’importazione (pur essendo sorta un’obbligazione doganale, circostanza che nessuno mette in discussione).

62.

La medesima violazione degli obblighi formali non avrebbe permesso di esigere l’IVA all’importazione, conformemente alla sentenza Wallenborn Transports, se i beni fossero stati destinati alla riesportazione, preceduta dal loro deposito all’interno dell’aeroporto di Francoforte sul Meno, giacché la riesportazione escludeva l’entrata delle stesse nel circuito economico dell’Unione. Non vedo perché lo stesso non debba valere quando le merci, dopo essere state in regime di transito nell’aeroporto di Francoforte sul Meno ( 25 ), avevano come destinazione la Grecia, paese in cui è avvenuta la loro entrata economica (ossia il vero e proprio ingresso nel circuito economico dell’Unione) e la loro successiva immissione in consumo.

63.

In altri termini, avendo dimostrato che, in realtà, le merci erano entrate nel circuito economico dell’Unione non quando si trovavano in Germania, ma dopo aver raggiunto la Grecia, l’irregolarità formale verificatasi nell’aeroporto di Francoforte sul Meno non costituisce, di per sé sola, una base giuridica sufficiente per l’insorgenza dell’IVA all’importazione in Germania.

64.

Concordo, quindi, con il modo in cui lo stesso giudice del rinvio interpreta la sentenza Eurogate Distribution, al fine di applicarla alla controversia di cui è adito: «[i]n base a tale criterio, occorrerebbe negare nel caso di specie l’insorgenza dell’IVA all’importazione tedesca in quanto né l’ingresso irregolare, né la sottrazione alla vigilanza doganale avrebbero implicato l’entrata delle merci nel circuito economico dell’Unione nel territorio fiscale tedesco. È infatti pacifico che le merci siano state successivamente trasferite ad Atene e che solo ivi [Grecia] siano state destinate al consumo» ( 26 ).

65.

In tali circostanze, vige la regola dell’articolo 60 della direttiva 2006/112, secondo la quale l’importazione del bene (e, come corollario, la riscossione dell’IVA) «è effettuata nello Stato membro nel cui territorio si trova il bene nel momento in cui entra nella Comunità».

66.

Questione diversa è se, come ha segnalato la Commissione in sede di udienza, al giudice del rinvio non risulti che, in realtà, l’IVA sia stata pagata in Grecia ( 27 ). Tuttavia, nel presente procedimento non si tratta di stabilire cosa sia realmente accaduto, ma cosa sarebbe dovuto accadere alla luce delle disposizioni del diritto dell’Unione applicabili alla fattispecie.

67.

Ciò che doveva accadere, conformemente al diritto dell’Unione, è che, avendo il giudice del rinvio constatato che i beni non erano entrati nel circuito economico dell’Unione attraverso la Germania, le autorità di tale Stato membro non potevano esigere il versamento dell’IVA all’importazione, ma soltanto il pagamento dell’obbligazione derivante dalla violazione della normativa doganale.

V. Conclusione

68.

Tenuto conto di quanto precede, suggerisco alla Corte di dichiarare irricevibile la prima questione pregiudiziale sottopostale dall’Hessisches Finanzgericht (Tribunale tributario dell’Assia, Germania) e di rispondere alla seconda questione nei seguenti termini:

«L’articolo 2, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, in combinato disposto con gli articoli 30 e 60 della direttiva medesima, deve essere interpretato nel senso che:

l’importazione di un bene implica l’entrata dello stesso nel circuito economico dell’Unione, stante la presunzione che tale entrata sia avvenuta nello Stato membro in cui detto bene è stato svincolato da uno dei regimi menzionati dall’articolo 61, primo comma, della direttiva 2006/112;

in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, il giudice del rinvio può considerare smentita tale presunzione qualora si dimostri che, nonostante la sussistenza di una violazione della normativa doganale regolante i regimi di cui all’articolo 61, primo comma, della direttiva 2006/112 – con la conseguente insorgenza di un’obbligazione doganale nello Stato membro in cui è stata commessa la violazione –, il bene è stato introdotto nel circuito economico dell’Unione nel territorio di un altro Stato membro, in cui è stato destinato al consumo, configurandosi l’assoggettamento ad IVA in tale Stato membro».


( 1 ) Lingua originale: lo spagnolo.

( 2 ) Sentenza del 2 giugno 2016 (C-226/14C-228/14, EU:C:2016:405); in prosieguo: la «sentenza Eurogate Distribution».

( 3 ) Sentenza del 1o giugno 2017 (C-571/15, EU:C:2017:417); in prosieguo: la «sentenza Wallenborn Transports».

( 4 ) Conclusioni dell’avvocato generale Campos Sánchez-Bordona nelle cause Eurogate Distribution et DHL Hub Leipzig, C-226/14C-228/14, EU:C:2016:1.

( 5 ) Causa C-480/12, EU:C:2014:329.

( 6 ) Regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario (GU 1992, L 302, pag. 1); in prosieguo: il «CDC».

( 7 ) Direttiva del Consiglio del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1).

( 8 ) Legge del 21 febbraio 2005 (BGBl. 2005 I, pag. 386), nella versione applicabile ai fatti; in prosieguo: l’«UStG».

( 9 ) In particolare, le sentenze Eurogate Distribution e Wallenborn Transports, la sentenza del 15 maggio 2014, X (C-480/12, EU:C:2014:329), e quella del 18 maggio 2017, Latvijas Dzelzceļš (C-154/16, EU:C:2017:392).

( 10 ) Parte I, punto 1, dell’ordinanza di rinvio.

( 11 ) Parte II, punto 2, lettera b), paragrafo 2, dell’ordinanza di rinvio.

( 12 ) Il carattere ipotetico della questione, unitamente all’irrilevanza del rinvio in relazione all’oggetto della controversia nel procedimento principale e alla carenza di dati di fatto o di diritto necessari per fornire una risposta utile, costituisce uno dei motivi idonei a confutare la presunzione di rilevanza attribuita alle questioni pregiudiziali. V. sentenze del 16 giugno 2015, Gauweiler e a. (C-62/14, EU:C:2015:400), punti 24 e 25; del 4 maggio 2016, Pillbox 38 (C-477/14, EU:C:2016:324), punti 15 e 16; del 5 luglio 2016, Ognyanov (C-614/14, EU:C:2016:514), punto 19; del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten (C-268/15, EU:C:2016:874), punto 54; del 28 marzo 2017, Rosneft (C-72/15, EU:C:2017:236), punti 50 e 155, e del 10 luglio 2018, Jehovan todistajat (C-25/17, EU:C:2018:551), punto 31.

( 13 ) Conclusioni dell’avvocato generale Campos Sánchez-Bordona nella causa Wallenborn Transports (C-571/15, EU:C:2016:944, paragrafo 67).

( 14 ) Sentenza Eurogate Distribution, punto 65.

( 15 ) Sentenza Wallenborn Transports, punto 54.

( 16 ) Sentenza Eurogate Distribution, punto 65.

( 17 ) Tale situazione è richiamata al punto 56 della sentenza Wallenborn Transports.

( 18 ) Sentenza Eurogate Distribution, punto 65.

( 19 ) Nei termini della Corte di giustizia «allorché in circostanze come quelle di cui trattasi nel procedimento principale (…), risulti che non vi sia stata alcuna introduzione dei beni interessati nel circuito economico dell’Unione (…), non può essere dovuta alcuna IVA all’importazione» (sentenza Wallenborn Transports, punto 56).

( 20 ) Sentenza Wallenborn Transports, punto 54. Il corsivo è mio.

( 21 ) Sentenza Eurogate Distribution, punto 65.

( 22 ) Sentenza Wallenborn Transports, punto 56.

( 23 ) Sentenza Eurogate Distribution, punto 65. Il corsivo è mio.

( 24 ) Di conseguenza la Corte di giustizia ha ritenuto che l’inadempimento di un particolare obbligo doganale (iscrivere il bene nella contabilità di magazzino) non implicasse, nelle circostanze del caso, l’entrata delle merci nel circuito economico dell’Unione, giacché, come è stato dimostrato, le stesse furono infine riesportate.

( 25 ) Secondo l’ordinanza di rinvio, il trasferimento dei beni ad Atene è stato preceduto, in qualche caso, da un regime di transito esterno nell’aeroporto di Parigi, a partire dal quale essi sono stati poi trasferiti a Francoforte sul Meno.

( 26 ) Parte II, sezione 3, lettera b), inciso cc), paragrafo 4, dell’ordinanza di rinvio.

( 27 ) La FedEx non ha potuto fornire al giudice del rinvio le prove documentali del versamento dell’IVA in Grecia, circostanza che essa imputa al tempo trascorso dalla consegna dei beni in Grecia (2007 e 2008).