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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MICHAL BOBEK

presentate il 5 giugno 2019 ( 1 )

Causa C-189/18

Glencore Agriculture Hungary Kft.

contro

Nemzeti Adó- és Vámhivatal Fellebbviteli Igazgatósága

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Fővárosi Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság (Tribunale amministrativo e del lavoro di Budapest, Ungheria)]

«Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 167 – Articolo 168 – Diritto alla detrazione – Evasione o frode fiscale – Procedimenti nazionali – Onere della prova – Accesso al fascicolo – Diritto di difesa – Parità delle armi – Controllo giurisdizionale»

I. Introduzione

1.

La Glencore Agriculture Hungary Kft. (in prosieguo: la «Glencore») contesta due decisioni della Nemzeti Adó- és Vámhivatal (Amministrazione nazionale delle imposte e delle dogane, Ungheria; in prosieguo l’«ANID») che negavano la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») assolta su talune forniture per il motivo che la Glencore sapeva o avrebbe dovuto sapere che i fornitori avevano commesso evasione o frode fiscale. Nel procedimento principale, la Glencore contesta la legittimità dei procedimenti tributari dinanzi all’ANID. In particolare, essa lamenta la mancanza di equità e una violazione dei suoi diritti della difesa.

2.

Il giudice nazionale adito, il Fővárosi Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság (Tribunale amministrativo e del lavoro di Budapest, Ungheria), nutre dubbi in merito alla compatibilità di talune disposizioni e prassi nazionali con il diritto dell’Unione. In particolare, il giudice del rinvio chiede chiarimenti in merito ai principi che disciplinano l’onere della prova che grava sull’amministrazione finanziaria per dimostrare la partecipazione di un soggetto passivo all’evasione fiscale perpetrata dai suoi fornitori; il diritto di un soggetto passivo di ottenere l’accesso ai documenti rilevanti ai fini della sua difesa; e l’ambito del controllo che deve essere effettuato dal giudice nazionale in relazione agli accertamenti dell’amministrazione finanziaria e al modo in cui detta amministrazione ha raccolto gli elementi di prova.

II. Contesto normativo

A.   Diritto dell’Unione

3.

In conformità all’articolo 167 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: la «direttiva IVA» ( 2 )), «[i]l diritto a detrazione sorge quando l’imposta detraibile diventa esigibile».

4.

L’articolo 168 della direttiva IVA prevede:

«Nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo ha il diritto, nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore gli importi seguenti:

a)

l’IVA dovuta o assolta in tale Stato membro per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o saranno resi da un altro soggetto passivo;

(…)».

5.

L’articolo 273 della direttiva IVA così recita: «[g]li Stati membri possono stabilire, nel rispetto della parità di trattamento delle operazioni interne e delle operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi, altri obblighi che essi ritengono necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni (…)».

B.   Diritto nazionale

6.

L’articolo 1, paragrafo 3a, della adózás rendjéről szóló 2003. évi XCII. törvény (legge n. XCII del 2003 sul procedimento tributario generale; in prosieguo: la «legge generale sui tributi») è così formulato:

«Nell’ambito di un controllo nei confronti delle parti di un rapporto giuridico (contratto, operazione) riguardante l’obbligazione tributaria, l’amministrazione finanziaria non può qualificare un medesimo rapporto giuridico oggetto del controllo, e che è già stato qualificato, in modo diverso per ciascun soggetto passivo, e applica d’ufficio gli accertamenti effettuati presso una delle parti del predetto rapporto giuridico in caso di controllo presso tutte le altre parti del predetto rapporto».

7.

A norma dell’articolo 12, paragrafi 1 e 3, della legge generale sui tributi, i soggetti passivi hanno il diritto di controllare i documenti relativi alle questioni tributarie che li riguardano. Tale diritto comprende «il diritto di fare o richiedere copie di tutti i documenti necessari per l’esercizio dei loro diritti e per l’adempimento dei loro obblighi». Tuttavia, i soggetti passivi non possono controllare, in particolare, «parti di documenti che contengono segreti fiscali relativi ad un altro soggetto, la conoscenza dei quali è in contrasto con la legge».

8.

L’articolo 97, paragrafi 4 e 5, della legge generale sui tributi così dispone:

«(4)   Durante il controllo, l’amministrazione finanziaria ha l’obbligo di accertare e dimostrare i fatti, tranne il caso in cui, in forza di una legge, l’onere della prova incomba al contribuente.

(5)   Saranno ritenuti mezzi di prova e prove ammissibili, in particolare, i documenti, le perizie, le dichiarazioni del contribuente, del suo rappresentante o del suo dipendente, e altresì quelle di altri contribuenti, le testimonianze, i sopralluoghi, gli acquisti di prova, gli acquisti di prova occulti, le produzioni in prova, gli inventari di controllo, i dati di altri contribuenti, le constatazioni dei controlli connessi che sono stati disposti, il contenuto delle informazioni comunicate, i dati o le informazioni elettroniche provenienti dai registri di altre amministrazioni, o accessibili al pubblico».

9.

L’articolo 100, paragrafo 4, della legge generale sui tributi recita:

«Se l’amministrazione finanziaria comprova le conclusioni di un’indagine mediante i risultati di un controllo connesso effettuato presso un altro soggetto passivo, o mediante dati e prove ottenuti in quella sede, il soggetto passivo riceve una comunicazione dettagliata relativa alla parte che lo riguarda del verbale e della decisione pertinenti, e dei dati e delle prove raccolte in occasione del controllo stesso».

10.

L’articolo 69, paragrafo 1, della Nemzeti Adó és Vámhivatalról szóló 2010. évi CXXII. törvény (legge n. CXXII del 2010 relativa all’amministrazione nazionale finanziaria e doganale, in prosieguo: «la legge sull’amministrazione finanziaria») è così formulato:

«I dati raccolti e trattati dalla [ANID] a norma dell’articolo 13, paragrafo 7, comma a) ai fini di azioni di contrasto (…) nonché i dati speciali possono essere utilizzati soltanto ai fini di azioni di contrasto, salvo che la legge disponga altrimenti».

11.

L’articolo 76, paragrafo 2, lettera g), della legge sull’amministrazione finanziaria, stabilisce:

«(2)   Oltre a quelli menzionati nel comma 1, possono richiedere dati e informazioni ai sistemi di trattamento dei dati a fini di contrasto [dell’ANID], nella misura necessaria ai fini dell’espletamento dei rispettivi compiti previsti dalla legge, indicandone i motivi, i seguenti soggetti:

(…)

g)

l’ufficio [della ANID] dotato di poteri e competenza in relazione alle responsabilità [dell’ANID] in materia finanziaria e doganale, nei procedimenti tributari e doganali in conformità a [legge generale sui tributi] [la közösségi vámjog végrehajtásáról szóló 2003. évi CXXVI. törvény (legge n. CXXVI del 2003 relativa all’applicazione del diritto doganale comunitario)] e ad altri regolamenti in materia finanziaria e doganale».

III. Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

12.

Nella misura in cui essi possono essere dedotti dall’ordinanza di rinvio e dalle osservazioni delle parti, i fatti rilevanti sono sintetizzabili come segue.

13.

La Glencore, ricorrente nel procedimento principale, è una società avente sede in Ungheria, la cui principale attività consiste nel commercio all’ingrosso di cereali, semi oleaginosi e mangimi per animali, nonché di materie prime. La Glencore ha acquistato cereali in tutto il territorio dell’Ungheria, la maggior parte dei quali è stata venduta all’estero. Essa ha inoltre acquisito considerevoli quantitativi di semi di girasole e di colza, una parte sostanziale dei quali le è servita a produrre, in subappalto, olio greggio e semola, mentre una parte minore è stata da essa rivenduta senza essere trasformata.

14.

L’ANID ha effettuato controlli presso la Glencore. Detti controlli hanno determinato, da parte dell’ANID, l’adozione di due decisioni amministrative, rispettivamente nel 2015 e nel 2016 (in prosieguo: le «decisioni contestate»). La prima decisione riguardava tutte le imposte e le sovvenzioni per gli esercizi fiscali 2010 e 2011 (eccezion fatta per l’IVA relativa ai mesi di settembre e ottobre 2011). Con la decisione di cui trattasi, veniva disposto, nei confronti della Glencore, il pagamento, in particolare, di 1951418000 fiorini ungheresi (HUF) a titolo di IVA dovuta. La seconda decisione concerneva l’IVA per il mese di ottobre 2011 e dichiarava che la Glencore era debitrice di un supplemento di imposta pari a HUF 130171000.

15.

L’ANID concludeva, in dette decisioni, che la Glencore aveva illegittimamente detratto l’IVA nella misura in cui sapeva o avrebbe dovuto sapere che alcuni dei suoi fornitori avevano emesso fatture fittizie o avevano commesso evasione fiscale. A tale riguardo, l’ANID ha fatto riferimento a decisioni amministrative adottate nei confronti di taluni fornitori della Glencore e a procedimenti penali a carico di alcuni di tali fornitori (ancora pendenti nel momento in cui sono state adottate le decisioni contestate).

16.

Secondo le decisioni contestate, gli ispettori fiscali che hanno effettuato controlli nei confronti della Glencore hanno avuto – direttamente o indirettamente – accesso ai documenti contenuti sia nel fascicolo penale che nel fascicolo amministrativo dei fornitori sottoposti a procedimento penale. L’ANID si è basata su alcuni degli elementi di prova raccolti in detti procedimenti per determinare la partecipazione (passiva) della Glencore all’evasione fiscale.

17.

Una volta rigettate le impugnazioni amministrative, la Glencore ha proposto ricorso avverso le decisioni contestate dinanzi al Fővárosi Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság (Tribunale amministrativo e del lavoro di Budapest). Nelle sue osservazioni, la Glencore contesta la legittimità del procedimento amministrativo che ha portato all’adozione delle decisioni contestate e lamenta l’assenza di equità nel procedimento e una violazione dei diritti della difesa.

18.

Nell’ambito di tale procedimento, il giudice del rinvio si chiede se le disposizioni nazionali pertinenti, come interpretate ed applicate dall’amministrazione finanziaria e dai giudici nazionali, possono rendere eccessivamente difficile per un soggetto passivo come la Glencore dimostrare di non aver partecipato all’evasione fiscale perpetrata dai suoi fornitori.

19.

Il giudice del rinvio osserva che l’amministrazione finanziaria ritiene di essere sollevata dall’onere della prova, che normalmente grava su di essa, qualora prenda in considerazione gli accertamenti di decisioni collegate nell’ambito di un successivo procedimento tributario. Ciò a prescindere dal fatto che il contribuente sottoposto ad una successiva indagine non fosse una parte nei procedimenti precedenti e che potesse non essere a conoscenza delle decisioni collegate.

20.

Il giudice del rinvio rileva inoltre che l’amministrazione finanziaria non si considera tenuta a comunicare il fascicolo dei procedimenti collegati e gli elementi di prova alla base delle decisioni collegate. Ad esempio, nel caso in esame, nel corso del procedimento amministrativo la Glencore ha ricevuto soltanto una descrizione degli elementi di prova che hanno fondato le decisioni adottate nei confronti dei suoi fornitori in forma di verbale sintetico. Nonostante le sue numerose richieste, la Glencore si è vista negare l’accesso a taluni documenti del fascicolo, che la medesima riteneva importanti per la propria difesa. Soltanto in seguito, durante il procedimento principale, alla Glencore è stato effettivamente concesso l’accesso ad alcuni dei documenti richiesti, a seguito di un’ordinanza del giudice del rinvio.

21.

Secondo il giudice del rinvio, alle presunte carenze del procedimento amministrativo non si può porre completamente rimedio nel corso del procedimento giudiziario, nella misura in cui non si possa sottoporre a controllo la legittimità delle decisioni precedentemente adottate dall’amministrazione finanziaria e degli elementi di prova raccolti nel contesto del procedimento collegato.

22.

Nelle circostanze in parola, il Fővárosi Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság (Tribunale amministrativo e del lavoro di Budapest) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

«1.

Se le disposizioni della direttiva IVA, nonché, in quanto ad esse pertinente, il principio fondamentale del rispetto dei diritti della difesa e l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali [dell’Unione europea (in prosieguo: «la Carta»)], debbano essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa di uno Stato membro e a una prassi nazionale che si basa su detta normativa ai sensi delle quali le constatazioni, nel contesto del controllo delle parti del rapporto giuridico (contratto, operazione) relativamente all’obbligazione tributaria, effettuate dall’amministrazione finanziaria in esito a un procedimento avviato nei confronti di una delle parti del predetto rapporto giuridico (l’emittente delle fatture nel giudizio principale) e che comportano una riqualificazione del rapporto giuridico, devono essere prese in considerazione dall’amministrazione finanziaria in occasione del controllo nei confronti di un’altra parte del rapporto giuridico (il destinatario delle fatture nel giudizio principale), fermo restando che l’altra parte del rapporto giuridico non gode di alcun diritto, in particolare di diritti connessi alla qualità di parte, nel procedimento originario di controllo.

2.

In caso di risposta negativa alla prima questione, se le disposizioni della direttiva IVA, nonché, in quanto ad esse pertinente, il principio fondamentale del rispetto dei diritti della difesa e l’articolo 47 della [Carta], ostino ad una prassi nazionale che consente una procedura come quella di cui alla prima questione tale che l’altra parte del rapporto giuridico (il destinatario delle fatture), non gode, nel procedimento originario di controllo, dei diritti connessi alla qualità di parte, e non può quindi nemmeno esercitare il diritto di ricorso nel contesto di un procedimento di controllo le cui constatazioni devono essere prese in considerazione d’ufficio dall’amministrazione finanziaria nel procedimento di controllo riguardante l’obbligazione tributaria dell’altra parte e possono essere imputate a carico di quest’ultima, tenuto presente che l’amministrazione finanziaria non mette a disposizione dell’altra parte il fascicolo relativo al controllo effettuato nei confronti della prima parte del rapporto giuridico (l’emittente delle fatture), e in particolare gli elementi su cui si fondano le constatazioni, i verbali e le decisioni amministrative, ma gliene comunica soltanto una parte, per estratto, di modo che l’amministrazione finanziaria porta l’altra parte a conoscenza del fascicolo soltanto in modo indiretto, operando una selezione secondo criteri che le sono propri e sui quali l’altra parte non può esercitare alcun controllo.

3.

Se le disposizioni della direttiva IVA, nonché, in quanto ad esse pertinente, il principio fondamentale del rispetto dei diritti della difesa e l’articolo 47 della [Carta], debbano essere interpretati nel senso che ostano ad una prassi nazionale ai sensi della quale le constatazioni, nel contesto del controllo delle parti del rapporto giuridico relativamente all’obbligazione tributaria, effettuati dall’amministrazione finanziaria in esito a un procedimento avviato nei confronti dell’emittente delle fatture e che comportano la constatazione che tale emittente ha concorso a una frode fiscale attiva devono essere prese in considerazione d’ufficio da detta amministrazione in occasione del controllo nei confronti del destinatario delle fatture, fermo restando che il predetto destinatario non gode, nel procedimento originario di controllo avviato nei confronti dell’emittente, dei diritti connessi alla qualità di parte e non può quindi nemmeno esercitare il diritto di ricorso nel contesto di un procedimento di controllo le cui constatazioni devono essere prese in considerazione d’ufficio dall’amministrazione finanziaria nel procedimento di controllo riguardante l’obbligazione tributaria del destinatario e possono essere imputate a carico di quest’ultimo, tenuto presente che [l’amministrazione finanziaria] non mette a disposizione del destinatario il fascicolo relativo al controllo effettuato nei confronti dell’emittente, e in particolare gli elementi su cui si fondano le constatazioni, i verbali e le decisioni amministrative, ma gliene comunica soltanto una parte, per estratto, di modo che l’amministrazione finanziaria porta il destinatario a conoscenza del fascicolo soltanto in modo indiretto, operando una selezione secondo criteri che le sono propri e sui quali egli non può esercitare alcun controllo».

23.

Osservazioni scritte sono state presentate dalla Glencore, dal governo ungherese e dalla Commissione europea, i quali hanno tutti presentato anche osservazioni orali all’udienza tenutasi il 20 marzo 2019.

IV. Analisi

A.   Osservazioni preliminari

24.

Il giudice del rinvio chiede in sostanza se le disposizioni della direttiva IVA, interpretate alla luce dell’articolo 47 e dell’articolo 48, paragrafo 2, della Carta, ostino a disposizioni o prassi di uno Stato membro in base a cui, nel verificare il diritto di un soggetto passivo alla detrazione dell’IVA, l’amministrazione finanziaria tiene conto degli accertamenti di fatto e della qualificazione giuridica di tali fatti («gli accertamenti») effettuati dall’amministrazione in decisioni collegate adottate nei confronti di altri soggetti passivi. Nel fare ciò, l’amministrazione comunica soltanto in parte ed in modo indiretto al soggetto passivo i documenti pertinenti ai fini di tali accertamenti, per mezzo di un estratto dei documenti considerati pertinenti.

25.

L’ordinanza di rinvio è estremamente succinta in relazione ai fatti di causa. Ritengo pertanto necessario esporre il modo in cui ho inteso i fatti, il che farà necessariamente da cornice alle risposte che devono essere date alle questioni sollevate dal giudice del rinvio. Tuttavia, occorre aggiungere che l’assenza di dettagli fattuali, unitamente alla formulazione alquanto complessa delle questioni pregiudiziali, incide necessariamente sul tipo di risposta che può essere fornita. Le mie proposte al riguardo non possono dunque che mantenersi ad un livello di astrazione relativamente elevato.

26.

Nel procedimento principale, la Glencore contesta le due decisioni emesse dall’amministrazione finanziaria ungherese, con cui quest’ultima negava la detrazione dell’IVA assolta su talune forniture per il motivo che la Glencore sapeva o avrebbe dovuto sapere che i fornitori avevano commesso evasione o frode fiscale.

27.

La constatazione dell’avvenuta evasione fiscale in relazione a talune operazioni era avvenuta anzitutto in decisioni precedentemente adottate nei confronti di fornitori della Glencore, nell’ambito di procedimenti in cui la Glencore non era parte. Tale conclusione è stata poi «riportata» nelle decisioni contestate, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 3a, della legge generale sui tributi. Tale disposizione – il cui esatto significato è, tuttavia, oggetto di controversia tra le parti – stabilisce che «[n]ell’ambito di un controllo delle parti di un rapporto (…) riguardante l’obbligazione tributaria, l’amministrazione finanziaria non può qualificare un medesimo rapporto giuridico oggetto del controllo, e che è già stato qualificato, in modo diverso per ciascun soggetto passivo, e applica d’ufficio gli accertamenti effettuati presso una delle parti del predetto rapporto giuridico in caso di controllo presso tutte le altre parti del predetto rapporto».

28.

Nelle decisioni contestate, al fine di dimostrare la partecipazione della Glencore all’evasione fiscale di cui trattasi, prendo atto del fatto che l’amministrazione finanziaria si è essenzialmente basata su tre serie di elementi di prova: (i) gli elementi raccolti nell’ambito del procedimento amministrativo avviato nei confronti della Glencore, (ii) gli elementi raccolti nel corso del procedimento amministrativo nei confronti dei fornitori della Glencore, e (iii) gli elementi raccolti nel corso del procedimento penale avviato nei confronti dei fornitori della Glencore.

29.

I procedimenti tributari nei confronti dei fornitori della Glencore si erano conclusi, all’epoca in cui il giudice del rinvio aveva proposto la sua domanda di pronuncia pregiudiziale, con l’adozione di decisioni amministrative divenute definitive. Per contro, il procedimento penale a carico dei fornitori in parola era ancora pendente, a quanto risulta nella fase di indagine (vale a dire, non ancora dinanzi ad un giudice penale).

30.

Ciò significa che, nel caso di specie, i dubbi sollevati dal giudice del rinvio in relazione ad una possibile violazione dei diritti della Glencore derivano dal «trasferimento» degli elementi di prova tra diversi uffici delle autorità nazionali e dal «riporto» di accertamenti effettuati da dette autorità in una o più decisioni amministrative in successive decisioni amministrative. Per contro, come confermato dalle parti all’udienza, nelle decisioni contestate non sono stati effettuati accertamenti sulla base di una sentenza emessa nell’ambito di un procedimento penale, in quanto all’epoca non vi era una siffatta sentenza. Talune informazioni, tuttavia, sono state estratte dai documenti raccolti dalle autorità che conducevano le indagini penali.

31.

Alla luce di quanto precede, mi pare che, con le sue questioni, il giudice del rinvio intenda sollevare tre rilievi principali. Il primo rilievo riguarda il modo in cui l’amministrazione finanziaria deve far fronte all’onere, che grava sulla medesima, di provare che un soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che i fornitori avevano commesso evasione fiscale, nel fare affidamento sugli accertamenti effettuati in precedenti decisioni adottate nei confronti dei fornitori. Il secondo rilievo concerne la portata dell’obbligo dell’amministrazione finanziaria di concedere al soggetto passivo l’accesso agli elementi di prova necessari per la sua difesa, compresi i documenti raccolti nell’ambito di procedimenti collegati a carico di altri soggetti passivi. Il terzo rilievo riguarda i poteri che un giudice nazionale dovrebbe avere in sede di controllo degli accertamenti effettuati dall’amministrazione finanziaria nelle decisioni adottate da quest’ultima nei confronti dei fornitori di un soggetto passivo e della legittimità della raccolta di elementi di prova nell’ambito del procedimento a carico di tali fornitori.

32.

Infine, riguardo al diritto applicabile dell’Unione, è opportuno ricordare che le norme nazionali le quali stabiliscono procedure e sanzioni per combattere la frode o l’evasione fiscale, costituiscono un’attuazione del diritto dell’Unione, ai fini dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta ( 3 ). Come sottolineato dal giudice del rinvio, il diritto ad un ricorso giurisdizionale effettivo e ad un equo processo e ai diritti della difesa, previsti rispettivamente dall’articolo 47 e dall’articolo 48, paragrafo 2, della Carta hanno particolare importanza nel presente procedimento.

B.   Onere della prova a carico dell’amministrazione finanziaria

33.

Il primo rilievo sollevato dal giudice del rinvio riguarda il modo in cui l’amministrazione finanziaria fa fronte all’onere, che grava sulla medesima, di provare che un soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che i fornitori avevano commesso evasione fiscale, laddove detta amministrazione intenda basarsi sugli accertamenti effettuati in precedenti decisioni adottate nei confronti dei fornitori.

34.

Occorre innanzitutto sottolineare che il sistema delle detrazioni è inteso ad esonerare interamente l’imprenditore dall’IVA dovuta o assolta nell’ambito delle sue attività economiche ( 4 ). Secondo la giurisprudenza costante della Corte, il diritto a detrazione dell’IVA costituisce parte integrante del sistema dell’IVA e, di conseguenza, non può essere limitato ( 5 ).

35.

È altresì ben noto che i singoli non possono avvalersi fraudolentemente o abusivamente delle norme del diritto dell’Unione e che la lotta contro evasioni, elusioni ed eventuali abusi costituisce un obiettivo riconosciuto e incoraggiato dalla direttiva IVA ( 6 ). Risulta dagli articoli 2 e 273 della direttiva IVA, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, che ogni Stato membro ha l’obbligo di adottare tutte le misure legislative e amministrative al fine di garantire che l’IVA sia interamente riscossa nel suo territorio e a lottare contro la frode ( 7 ). Tuttavia, le misure che gli Stati membri possono adottare a tale scopo non devono eccedere quanto è necessario per conseguire tali obiettivi. Esse non possono quindi essere utilizzate in modo tale da rimettere sistematicamente in questione il diritto alla detrazione dell’IVA e, dunque, la neutralità dell’IVA ( 8 ).

36.

Non è pertanto compatibile con le disposizioni della direttiva IVA il diniego di tale diritto di un soggetto passivo che non sapeva e non avrebbe potuto sapere che l’operazione interessata si iscriveva in un’evasione commessa dal fornitore o da un altro imprenditore operante nell’ambito della catena delle cessioni, precedente o successiva ( 9 ). Per negare a un soggetto passivo il diritto di detrarre l’IVA, l’amministrazione tributaria è tenuta a provare, sulla base di elementi oggettivi e senza esigere dal soggetto passivo verifiche ad esso incombenti, che quest’ultimo sapeva o avrebbe dovuto sapere che la sua controparte aveva commesso una frode relativa all’IVA ( 10 ).

37.

In assenza di norme dell’Unione in materia di assunzione delle prove, il concorso di un soggetto passivo in una frode dell’IVA deve essere provato in conformità alle norme nazionali in materia di prove ( 11 ). Come ripetutamente affermato dalla Corte, le norme in materia di acquisizione delle prove non devono compromettere, però, l’efficacia del diritto dell’Unione e devono rispettare i diritti garantiti dalla Carta ( 12 ).

38.

Dalla sentenza WebMindLicenses discende che né le disposizioni della direttiva IVA né il principio del rispetto dei diritti della difesa ostano, in linea di principio, a che l’amministrazione tributaria possa, al fine di accertare la sussistenza di una evasione fiscale, utilizzare prove ottenute nell’ambito di un procedimento penale parallelo non ancora concluso nei confronti del medesimo soggetto ( 13 ).

39.

Non vedo per quale motivo detto principio non dovrebbe valere altresì in relazione ad una situazione come quella di cui al procedimento principale, in cui gli elementi di prova sono ottenuti nell’ambito di procedimenti amministrativi o penali a carico dei fornitori della società. Come sottolineato dalla Commissione, è prassi comune – e completamente legittima – dell’amministrazione finanziaria che, quando un controllo di un soggetto passivo dà adito a sospetti circa la legittimità di talune operazioni, possono essere compiute ulteriori verifiche presso i soggetti passivi, nell’ambito della catena delle cessioni, precedente o successiva. I controlli in parola possono condurre all’avvio di procedimenti paralleli (di natura penale e/o amministrativa) nei confronti di diversi soggetti passivi, sulla base dei medesimi fatti e della medesima serie di prove ( 14 ).

40.

Pertanto, il fatto che taluni documenti siano trasferiti da un procedimento all’altro non comporta, di per sé, una violazione dei diritti della difesa del soggetto passivo oggetto dell’indagine nell’ambito di detto procedimento.

41.

A tale possibilità generale sono posti, tuttavia, limiti importanti. Se l’amministrazione finanziaria intende fondarsi sui documenti in parola a sostegno delle proprie conclusioni in una decisione successiva, essa deve: (i) concedere l’accesso a detti documenti al soggetto passivo nei confronti del quale i documenti di cui trattasi possono essere utilizzati quali prove nella decisione successiva; (ii) offrire a tale soggetto la possibilità di essere ascoltato in merito a tali documenti e di produrre mezzi di prova a sostegno dei suoi argomenti; (iii) conciliare espressamente i documenti rilevanti e la loro pertinenza nella propria decisione, integrando, rispondendo o confutando gli argomenti pertinenti del soggetto passivo nella propria decisione. Ciò a prescindere dalla circostanza che i documenti in parola abbiano già costituito la base di una precedente decisione divenuta nel frattempo definitiva.

42.

Il fatto che gli accertamenti si considerino effettuati in decisioni precedenti non può sollevare l’amministrazione finanziaria dall’obbligo di spiegare adeguatamente la sua motivazione e di fornire elementi di prova a sostegno, in decisioni successive adottate nei confronti di altri soggetti passivi. Qualsiasi decisione con cui l’amministrazione finanziaria nega ad un soggetto passivo la detrazione dell’IVA deve, in linea di principio, essere una decisione a sé stante, in cui gli accertamenti dell’amministrazione vengono motivati e documentati in modo adeguato ed indipendente.

43.

Ogni altro approccio pregiudicherebbe gravemente i diritti della difesa dei soggetti passivi sottoposti a procedimenti successivi, che si troverebbero letteralmente tra l’incudine e il martello. Da un lato, un soggetto passivo non potrebbe contestare determinati accertamenti delle decisioni precedenti non essendo parte in tale procedimento e, dall’altro, non potrebbe contestare gli accertamenti in parola nel procedimento che lo riguarda in quanto le autorità sono vincolate alle proprie decisioni precedenti.

44.

In scenari estremi, ciò potrebbe anche significare che non vi sia alcuna difesa, soprattutto nei casi (non infrequenti in ipotesi di frodi su larga scala) in cui vengono avviati procedimenti nei confronti di società che sono in liquidazione, non esistono più o semplicemente non hanno alcun interesse a difendersi. In quest’ultimo tipo di casi, l’amministrazione finanziaria accerterebbe, con una sorta di effetto erga omnes, fatti e qualificazione giuridica degli stessi senza che tali constatazioni siano mai state effettivamente contestate.

45.

Le considerazioni che precedono mi conducono al cuore della questione, che riguarda la valutazione della compatibilità con il diritto dell’Unione di una disposizione nazionale quale l’articolo 1, paragrafo 3a, della legge generale sui tributi. Come indicato al paragrafo 27, il modo in cui detta disposizione dovrebbe essere interpretata è oggetto di controversia tra le parti. Non spetta alla Corte interpretare il diritto nazionale. Pertanto, mi asterrò dal prendere una posizione decisa su tale specifica disposizione e limiterò le mie osservazioni a poche dichiarazioni di carattere generale.

46.

Il fatto che l’amministrazione finanziaria sia tenuta per legge ad essere coerente nel valutare gli stessi fatti o gli stessi rapporti giuridici naturalmente non è per nulla problematico. Al contrario, come sostenuto dal governo ungherese, promuove la certezza del diritto e garantisce la parità tra i contribuenti. Tuttavia, occorre aggiungere due puntualizzazioni significative.

47.

In primo luogo, l’interpretazione di una disposizione quale l’articolo 1, paragrafo 3a, della legge generale sui tributi deve rispettare la logica e la struttura del sistema dell’IVA. I singoli contribuenti non possono essere considerati responsabili del comportamento illecito di altri contribuenti solo perché erano parte del rapporto che ha dato luogo all’obbligazione tributaria in parola. Una siffatta responsabilità deve essere accertata a livello individuale, in relazione a ciascun contribuente della catena delle cessioni ( 15 ).

48.

In secondo luogo, una simile disposizione di diritto nazionale può soltanto spingersi ad imporre all’amministrazione finanziaria l’obbligo di adottare il medesimo approccio in tutti i casi collegati, se non vi sono ragioni imperative in senso contrario. In altri termini, tale disposizione può essere accettata soltanto nella misura in cui essa non impedisce all’amministrazione finanziaria, de iure o de facto, di giungere ad una diversa conclusione, nell’ambito di un diverso procedimento, qualora venga presentata con nuovi argomenti o nuovi elementi di prova.

49.

Per detti motivi, disposizioni o prassi in base a cui l’amministrazione finanziaria è, di diritto o di fatto, vincolata agli accertamenti effettuati nell’ambito di decisioni collegate potrebbero, se interpretate e applicate in modo diverso da quello appena descritto, essere in contrasto con una serie di principi fondamentali in materia. Tuttavia, una siffatta interpretazione non può «annacquare» l’onere della prova che grava sull’amministrazione finanziaria, né, a fortiori, trasferirlo di fatto in capo al contribuente, compromettendo dunque, in ultima analisi, la neutralità dell’IVA e violando al contempo i diritti della difesa dei soggetti passivi.

C.   Portata del diritto del soggetto passivo di accedere al fascicolo

50.

Il secondo rilievo sollevato nel presente procedimento riguarda l’obbligo dell’amministrazione finanziaria di concedere al soggetto passivo l’accesso agli elementi di prova relativi ai procedimenti tributari avviati nei confronti di tale soggetto. In particolare, analogamente al giudice nazionale nella causa Ispas ( 16 ), nella presente causa il giudice del rinvio chiede chiarimenti in merito al quando, al che cosa e al come di tale comunicazione.

51.

Per quanto riguarda il primo aspetto, occorre ricordare che il diritto di accedere al fascicolo è strumentale all’esercizio dei diritti della difesa dei soggetti i cui interessi possono essere lesi dall’adozione di una decisione delle autorità pubbliche.

52.

Il principio del rispetto dei diritti della difesa impone che il destinatario di una decisione per lo stesso lesiva sia messo in condizione di far valere le proprie osservazioni prima che la stessa sia adottata, di modo che l’autorità competente sia in grado di tener conto di tutti gli elementi del caso. La suddetta regola ha in particolare l’obiettivo di consentire al destinatario di correggere un errore o far valere elementi relativi alla sua situazione personale tali da far sì che la decisione sia adottata o non sia adottata, ovvero abbia un contenuto piuttosto che un altro ( 17 ).

53.

L’accesso al fascicolo deve essere concesso ad un certo punto nel corso del procedimento amministrativo, ma di certo prima che le autorità adottino la loro decisione definitiva. Il soggetto passivo deve avere tempo sufficiente per acquistare familiarità con i documenti in possesso delle autorità ed essere in grado di preparare di conseguenza la propria difesa.

54.

Ai soggetti passivi dovrebbe essere concesso l’accesso al fascicolo prima che abbia inizio un procedimento. L’accesso al fascicolo consente altresì al soggetto passivo di decidere con cognizione di causa se intende contestare la decisione adottata dall’amministrazione dinanzi all’organo giurisdizionale competente ( 18 ).

55.

Pertanto, la comunicazione in una fase successiva – che ha luogo solo nell’ambito di un procedimento avviato contro la decisione adottata dalle autorità amministrative – non può di regola porre rimedio alla violazione dei diritti di difesa della parte cristallizzatisi nel corso della fase amministrativa del procedimento ( 19 ).

56.

Per quanto riguarda poi i tipi di documenti che le autorità devono comunicare al soggetto passivo sottoposto ad indagine, vorrei sottolineare che il diritto di accesso al fascicolo comporta che il soggetto passivo debba essere in grado di esaminare tutti i documenti del fascicolo d’indagine rilevanti ai fini dell’esercizio della propria difesa.

57.

Più specificamente, detti documenti comprendono, in primo luogo, gli elementi del fascicolo su cui le autorità intendono fondare la propria decisione nei confronti del soggetto passivo ( 20 ). Ciò significa che, nel caso della Glencore, la società in parola avrebbe dovuto ottenere l’accesso a tutti gli elementi a cui si faceva riferimento al fine di accertare che la medesima sapeva o avrebbe dovuto sapere dell’evasione fiscale di cui trattasi.

58.

In tale contesto, vale la pena sottolineare che un diritto di accesso esiste a prescindere dall’origine del documento e del contesto in cui il documento è stato acquisito (ad esempio, nel corso di un procedimento amministrativo o penale parallelo a carico di un altro soggetto passivo), a meno che, ovviamente, non si applichi qualche eccezione ( 21 ). Non è rilevante se i documenti su cui le autorità si sono basate sono stati materialmente trasferiti da un fascicolo di causa all’altro: nella misura in cui detti documenti siano diretti ad essere utilizzati come prove in un procedimento successivo, essi devono essere comunicati al soggetto passivo interessato da tale procedimento. Spetta allo Stato membro decidere se ciò viene effettuato fornendo una copia dei documenti richiesti o consentendo al soggetto passivo l’accesso (parziale, ove necessario) al fascicolo del procedimento collegato. Ciò che conta è che il soggetto passivo abbia una reale opportunità di accedere agli elementi di prova originali.

59.

In secondo luogo, il diritto di accesso si estende necessariamente agli altri documenti che, pur forse non direttamente invocati dalle autorità nella motivazione della propria decisione, riguardano il comportamento del soggetto passivo oggetto di indagine. Come ha costantemente dichiarato la Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte EDU»), a norma dell’articolo 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (in prosieguo: la «CEDU»), le persone sottoposte ad indagine devono essere in condizione di accedere non soltanto agli «elementi di prova direttamente pertinenti ai fatti di causa», ma anche agli «altri elementi di prova che possono riguardare l’ammissibilità, l’attendibilità e la completezza dei primi» ( 22 ).

60.

In terzo luogo, il diritto di accesso comprende non soltanto prove a carico, ma anche prove a discarico che possano essere state raccolte dall’amministrazione finanziaria ( 23 ). Ciò significa che il soggetto passivo dovrebbe avere accesso a documenti ed informazioni che possono essergli favorevoli, in quanto potrebbero esonerarlo o, più in generale, potrebbero risultare incompatibili con le deduzioni che l’amministrazione finanziaria ha tratto dagli elementi di prova in suo possesso ( 24 ).

61.

Per contro, come ho suggerito nella causa Ispas, il diritto di accedere al fascicolo non può essere interpretato nel senso che il soggetto passivo deve «consultare l’intero fascicolo», se con ciò si intende la «serie completa di documenti e di informazioni in possesso delle autorità amministrative», compresi «gli elementi non direttamente collegati a una decisione adottata, come alcune note interne, bozze, calcoli accessori e tutte le informazioni ottenute da terzi» ( 25 ).

62.

A fortiori, non vedo alcuna base per rivendicare il pieno accesso ai fascicoli relativi a procedimenti penali a carico di altri soggetti passivi, sempre che ovviamente tutti i documenti pertinenti di cui l’amministrazione finanziaria intende avvalersi siano stati «trasferiti» al fascicolo successivo e l’accesso ad essi sia stato concesso in quest’ultimo fascicolo ( 26 ).

63.

Inoltre, secondo una giurisprudenza costante, il principio generale del diritto dell’Unione in relazione ai diritti della difesa non è una prerogativa assoluta, ma può soggiacere a restrizioni, a condizione che queste rispondano effettivamente a obiettivi di interesse generale perseguiti dalla misura di cui trattasi e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa dei diritti così garantiti ( 27 ). Pertanto, l’accesso al fascicolo può essere limitato nei casi in cui ciò appaia strettamente necessario al fine di garantire che interessi pubblici importanti (ad esempio, la segretezza di indagini penali in corso) siano tutelati o che i diritti fondamentali di altri soggetti (ad esempio, la riservatezza di dati personali o di segreti professionali) non siano indebitamente lesi ( 28 ).

64.

Spetta, tuttavia, alle autorità dimostrare che i presupposti di tali eccezioni sono soddisfatti, fatto salvo il controllo di un organo giurisdizionale ( 29 ). Tuttavia, le autorità sono tenute a valutare se possa essere concessa la parziale comunicazione dei documenti cui si applica una delle eccezioni: ciò impone, in particolare, che sia verificato se l’accesso limitato soltanto a talune parti dei documenti sia possibile e non richieda una quantità di lavoro sproporzionata da parte delle autorità ( 30 ). In tale contesto occorre tener presente che nel moderno contesto informatico il trattamento di un gran numero di documenti e, ove necessario, l’editing di documenti sono divenuti notevolmente più facili che in passato.

65.

Infine, per quanto riguarda il modo in cui l’accesso deve essere concesso, vorrei sottolineare che, per i motivi illustrati al paragrafo 58, non è sufficiente un semplice riferimento a decisioni passate in cui i documenti pertinenti sono stati utilizzati come prove. Analogamente, una descrizione degli elementi di prova in possesso dell’amministrazione finanziaria sotto forma di verbale sintetico non soddisfa il diritto di accesso al fascicolo di un soggetto passivo, a meno che quest’ultimo possa richiedere l’esame e, possibilmente, una copia dei documenti specifici. È infatti della massima importanza che il soggetto passivo sia in grado di «posare gli occhi» sui documenti originali, qualora lo desideri.

D.   Controllo giurisdizionale

66.

È infine necessario esaminare brevemente l’ambito del controllo che il giudice nazionale è tenuto ad effettuare nei confronti della decisione dell’amministrazione finanziaria di negare talune detrazioni dell’IVA ad un soggetto passivo.

67.

Il giudice competente dovrebbe effettuare una valutazione complessiva di tutti i fatti e le circostanze pertinenti della causa pendente dinanzi allo stesso, al fine di stabilire se il soggetto passivo in esame avesse diritto alla detrazione in relazione alle forniture che hanno dato origine all’evasione fiscale di cui trattasi.

68.

Nell’esaminare la questione, il giudice nazionale non può ovviamente essere vincolato ad accertamenti effettuati dall’amministrazione finanziaria, né nelle decisioni contestate né in decisioni adottate nei confronti di altri contribuenti, anche qualora esse siano divenute definitive.

69.

Ai sensi dell’articolo 47 della Carta, la competenza del giudice nazionale deve riguardare tutti gli aspetti di diritto e di fatto che determineranno l’esito del procedimento ( 31 ). Per soddisfare le condizioni connesse al diritto a un processo equo, occorre che a tal fine le parti abbiano conoscenza e possano discutere in contraddittorio tutti gli elementi in parola ( 32 ).

70.

Nell’ambito di un procedimento, il giudice nazionale deve altresì essere in grado di verificare (all’occorrenza, nel contesto di un procedimento sommario) la legittimità, alla luce del diritto dell’Unione, degli elementi di prova utilizzati a carico del soggetto passivo, compresi quelli «trasferiti» da altri procedimenti. Come affermato dalla Corte nella sentenza WebMindLicenses, l’effettività del controllo giurisdizionale garantita dall’articolo 47 della Carta, «esige che il giudice che ha effettuato il controllo di legittimità di una decisione che costituisce l’attuazione del diritto dell’Unione possa verificare se le prove sulle quali tale decisione si fonda non siano state ottenute e utilizzate in violazione dei diritti garantiti dal diritto dell’Unione e, in special modo, dalla Carta». Tale requisito è soddisfatto «se il giudice investito di un ricorso avverso la decisione dell’amministrazione tributaria relativa a un accertamento dell’IVA è abilitato a controllare che le prove provenienti da un procedimento penale parallelo non ancora concluso, sulle quali si basa tale decisione, siano state ottenute in detto procedimento penale conformemente ai diritti garantiti dal diritto dell’Unione o può quantomeno sincerarsi, sulla base di un controllo già effettuato da un giudice penale nell’ambito di un procedimento in contraddittorio, che tali prove siano state ottenute conformemente a detto diritto» ( 33 ).

71.

È importante sottolineare che nella sentenza in parola la Corte ha aggiunto che «se tale requisito non è soddisfatto e, quindi, il diritto a un ricorso giurisdizionale non è effettivo, o in caso di violazione di un altro diritto garantito dal diritto dell’Unione, le prove ottenute nell’ambito del procedimento penale e utilizzate nel procedimento amministrativo tributario non devono essere ammesse e la decisione impugnata che si basa su tali prove deve essere annullata se, per tale ragione, essa risulta priva di fondamento» ( 34 ).

72.

Se il giudice del rinvio non potesse controllare gli accertamenti dell’amministrazione finanziaria o il modo in cui le prove presentate da quest’ultima sono state raccolte, ciò darebbe altresì luogo ad una violazione del principio di parità delle armi, che è un corollario del diritto ad un equo processo di cui all’articolo 47 della Carta.

73.

In effetti, secondo giurisprudenza costante della Corte, il principio della parità delle armi implica che tutte le parti debbano poter adire in giudizio, e produrre prove, in condizioni che non le penalizzino nettamente rispetto ai propri avversari. Tale principio è inteso ad assicurare l’equilibrio tra le parti del processo, garantendo la parità dei loro diritti e obblighi per quanto concerne l’amministrazione delle prove e il contraddittorio dinanzi al giudice ( 35 ).

74.

A livello più generale, occorre evidenziare che, salvo poche eccezioni di minore importanza, dichiarazioni e accertamenti delle autorità amministrative non vincolano e non possono vincolare i giudici o impedire loro di esercitare pienamente il controllo giurisdizionale. Come la Corte ha di recente ancora sottolineato, la nozione di indipendenza presuppone, in particolare, che l’organo di cui trattasi eserciti le sue funzioni giurisdizionali in piena autonomia, senza vincoli gerarchici o di subordinazione nei confronti di alcuno, direttamente (ricevendo ordini o istruzioni da qualsivoglia fonte ( 36 )) o indirettamente (essendo vincolato, quanto all’esito della valutazione, ad altri atti o decisioni, in particolare ad atti amministrativi effettivamente esclusi dal controllo giurisdizionale) ( 37 ).

75.

Per tali motivi, un giudice nazionale adito con un procedimento avviato da un soggetto passivo avverso una decisione adottata dall’amministrazione finanziaria deve poter controllare tutti gli elementi di fatto e di diritto di tale decisione, compresa la legittimità del modo in cui le prove sono state raccolte, a prescindere dall’origine di tali elementi di prova.

V. Conclusione

76.

Propongo quindi alla Corte di rispondere come segue alla questione pregiudiziale sottoposta dal Fővárosi Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság (Tribunale amministrativo e del lavoro di Budapest, Ungheria):

Le disposizioni della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, interpretate alla luce dell’articolo 47 e dell’articolo 48, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, non ostano a disposizioni o prassi di uno Stato membro ai sensi delle quali devono essere presi in considerazione dall’amministrazione finanziaria, in occasione del controllo del diritto di un soggetto passivo alla detrazione dell’IVA, gli accertamenti che la medesima ha effettuato in decisioni collegate divenute definitive, a condizione che:

tale disposizione o prassi, rispettando la logica e la struttura del sistema dell’IVA, non impedisca all’amministrazione finanziaria, de iure o de facto, di giungere ad una diversa conclusione, nell’ambito di un diverso procedimento, qualora vengano presentati nuovi argomenti o nuovi elementi di prova;

l’amministrazione sia, in linea di principio, tenuta, prima dell’adozione della propria decisione definitiva, a concedere l’accesso a tutti i documenti pertinenti ai fini dell’esercizio dei diritti della difesa del soggetto passivo, compresi quelli che sono stati acquisiti nell’ambito di procedimenti amministrativi o penali collegati. Una descrizione degli elementi di prova sotto forma di verbale sintetico non è sufficiente, a meno che il soggetto passivo non sia in grado di richiedere l’esame e, possibilmente, una copia dei documenti specifici;

che un giudice nazionale adito con un procedimento avviato da un soggetto passivo contro una decisione adottata dall’amministrazione finanziaria possa controllare tutti gli elementi di fatto e di diritto di tale decisione, compresa la legittimità del modo in cui le prove sono state raccolte, a prescindere dall’origine di tali elementi di prova.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) GU 2006, L 347, pag. 1.

( 3 ) V., in particolare, sentenza del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C-617/10, EU:C:2013:105, punto 27), come successivamente chiarito dalla Corte nelle sentenze del 5 dicembre 2017, M.A.S. e M.B. (C-42/17, EU:C:2017:936), e del 2 maggio 2018, Scialdone (C-574/15, EU:C:2018:295).

( 4 ) V., ad esempio, sentenza del 5 luglio 2018, Marle Participations (C-320/17, EU:C:2018:537, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).

( 5 ) V., in particolare, sentenza del 15 settembre 2016, Senatex (C-518/14, EU:C:2016:691, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).

( 6 ) V., in particolare, sentenze del 28 luglio 2016, Astone (C-332/15, EU:C:2016:614, punto 50), e del 22 novembre 2017, Cussens e a. (C-251/16, EU:C:2017:881, punto 28).

( 7 ) V., in tal senso, sentenze del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C-617/10, EU:C:2013:105, punto 25), e del 2 maggio 2018, Scialdone (C-574/15, EU:C:2018:295, punto 26).

( 8 ) V., in particolare, sentenza del 28 luglio 2016, Astone (C-332/15, EU:C:2016:614, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).

( 9 ) V. sentenze del 6 dicembre 2012, Bonik (C-285/11, EU:C:2012:774, punti da 35 a 38 e 41), e del 13 marzo 2014, FIRIN (C-107/13, EU:C:2014:151, punti da 40 a 42).

( 10 ) V., in tal senso, ordinanza del 10 novembre 2016, Signum Alfa Sped (C-446/15, EU:C:2016:869, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).

( 11 ) V., ad esempio, le mie conclusioni nella causa Dzivev e altri (C-310/16, EU:C:2018:623, paragrafi 24 e segg. e giurisprudenza ivi citata).

( 12 ) V., in tal senso, sentenza del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses (C-419/14, EU:C:2015:832, punti 65 e 68).

( 13 ) Ibidem, punti 68 e 90.

( 14 ) V., ad esempio, sentenze del 21 giugno 2012, Mahagében e Dávid (C-80/11C-142/11, EU:C:2012:373, punti 17 e 25), e del 6 dicembre 2012, Bonik (C-285/11, EU:C:2012:774, punto 14). V. altresì ordinanza del 15 luglio 2015, Itales (C-123/14, non pubblicata, EU:C:2015:511, punti 14 e 15).

( 15 ) V. paragrafo 36 delle presenti conclusioni.

( 16 ) V. le mie conclusioni nella causa Ispas (C-298/16, EU:C:2017:650, paragrafo 99).

( 17 ) V., in tal senso, sentenza del 3 luglio 2014, Kamino International Logistics e Datema Hellmann Worldwide Logistics (C-129/13C-130/13, EU:C:2014:2041, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).

( 18 ) V., in tal senso, sentenza del 15 ottobre 1987, Heylens e a. (222/86, EU:C:1987:442, punto 15).

( 19 ) La situazione può tuttavia essere diversa qualora il procedimento avviato contro la decisione emessa dall’amministrazione «[abbia] (…) l’effetto di sospendere automaticamente l’esecuzione della decisione lesiva e di renderla immediatamente inapplicabile». V., in tal senso, sentenza del 3 luglio 2014, Kamino International Logistics e Datema Hellmann Worldwide Logistics (C-129/13C-130/13, EU:C:2014:2041, punto 54 e seg.).

( 20 ) V., ad esempio, sentenza del 9 novembre 2017, Ispas (C-298/16, EU:C:2017:843, punto 32).

( 21 ) V. paragrafi 63 e 64 delle presenti conclusioni.

( 22 ) V. sentenza della Corte EDU, 11 dicembre 2008, Mirilashvili c. Russia (CE:ECHR:2008:1211JUD000629304, § 200 e giurisprudenza ivi citata). Il corsivo è mio. Sebbene l’articolo 6, paragrafo 1, CEDU abbia principalmente un carattere civile e penale, la Corte EDU ha applicato le disposizioni di cui all’articolo 6, paragrafo 1, CEDU a taluni tipi di procedimenti tributari. Pertanto, i principi elaborati dalla Corte EDU possono servire come fonte generale di ispirazione per il criterio da applicare ad una procedura quale quella di cui al procedimento principale, a prescindere dall’esame (separato) se nel singolo caso la sanzione inflitta possa essere di fatto considerata di natura «penale».

( 23 ) V., per analogia, sentenza del 13 settembre 2018, UBS Europe e a. (C-358/16, EU:C:2018:715, punto 66 e giurisprudenza ivi citata). V. altresì sentenza Corte EDU, 5 aprile 2012, Chambaz c. Svizzera (CE:ECHR:2012:0405JUD001166304, § 61 e giurisprudenza ivi citata).

( 24 ) V. sentenza del 1o luglio 2010, Knauf Gips/Commissione (C-407/08 P, EU:C:2010:389, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).

( 25 ) V. le mie conclusioni nella causa Ispas (C-298/16, EU:C:2017:650, paragrafi 100, 116 e 121).

( 26 ) Paragrafo 58 delle presenti conclusioni.

( 27 ) V., in tal senso, sentenze del 3 luglio 2014, Kamino International Logistics e Datema Hellmann Worldwide Logistics (C-129/13C-130/13, EU:C:2014:2041, punto 42), e del 9 novembre 2017, Ispas (C-298/16, EU:C:2017:843, punto 35).

( 28 ) V., in tal senso, sentenza del 9 novembre 2017, Ispas (C-298/16, EU:C:2017:843, punto 36).

( 29 ) V., in tal senso, sentenza della Corte EDU, 16 febbraio 2000, Jasper c. Regno Unito (CE:ECHR:2000:0216JUD002705295, § 56).

( 30 ) In tal senso, v., per analogia, sentenza del 28 giugno 2012, Commissione/Agrofert Holding (C-477/10 P, EU:C:2012:394, punto 79).

( 31 ) V., per analogia, sentenza del 4 giugno 2013, ZZ (C-300/11, EU:C:2013:363, punto 62).

( 32 ) V., per analogia, sentenza del 2 dicembre 2009, Commissione/Irlanda e a. (C-89/08 P, EU:C:2009:742, punto 56).

( 33 ) Sentenza del 17 dicembre 2015 (C-419/14, EU:C:2015:832, punti 87 e 88).

( 34 ) Ibidem., punto 89.

( 35 ) V., ad esempio, sentenza del 28 luglio 2016, Ordre des barreaux francophones et germanophone e a. (C-543/14, EU:C:2016:605, punti 40 e 41 e giurisprudenza ivi citata).

( 36 ) V., in tal senso, sentenza del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses (C-64/16, EU:C:2018:117, punti 42 e 44 e giurisprudenza ivi citata).

( 37 ) V. le mie conclusioni nella causa Torubarov (C-556/17, EU:C:2019:339, paragrafi 50-51 e 102).