Available languages

Taxonomy tags

Info

References in this case

Share

Highlight in text

Go

Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ELEANOR SHARPSTON

presentate il 6 febbraio 2020 (1)

Causa C-276/18

Krak Vet Marek Batko sp. K.

contro

Nemzeti Adó- és Vámhivatal Fellebbviteli Igazgatósága

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Fővárosi Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság (Tribunale amministrativo e del lavoro di Budapest, Ungheria)]

«Domanda di pronuncia pregiudiziale – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 33 – Determinazione del luogo in cui vengono realizzate delle operazioni imponibili – Beni spediti o trasportati dal fornitore o per suo conto – Pratiche abusive – Regolamento (UE) n. 904/2010 – Articoli 7, 13 e da 28 a 30 – Cooperazione amministrativa – Doppia imposizione»






1.        La presente domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Fővárosi Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság (Tribunale amministrativo e del lavoro di Budapest, Ungheria) riguarda l’interpretazione di varie disposizioni della direttiva 2006/112/CE (in prosieguo: la «direttiva IVA») (2) e del regolamento (UE) n. 904/2010 (in prosieguo: il «regolamento antifrode sull’IVA») (3). In quale caso i beni devono essere correttamente classificati come «spediti o trasportati dal fornitore o per suo conto» ai sensi dell’articolo 33 della direttiva IVA? In quale caso le pratiche consolidate di un commerciante devono essere considerate abusive? E, in tale contesto, qual è la cooperazione amministrativa richiesta alle amministrazioni finanziarie dei diversi Stati membri per determinare il luogo in cui vengono effettivamente realizzate le operazioni imponibili, al fine di evitare la doppia imposizione, ai sensi degli articoli 7, 13 e da 28 a 30 del regolamento antifrode sull’IVA?

2.        Il giudice del rinvio ha presentato cinque questioni in merito a tali problematiche. Nelle presenti conclusioni, la Corte mi ha richiesto di prendere in considerazione solamente le questioni pregiudiziali quarta e quinta. Esse riguardano, rispettivamente, il significato dell’espressione «beni spediti o trasportati dal fornitore o per suo conto» di cui all’articolo 33, paragrafo 1, della direttiva IVA e la nozione di pratiche abusive.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

 La direttiva IVA

3.        La direttiva IVA stabilisce un quadro completo per l’applicazione uniforme dell’IVA in tutta l’Unione europea.

4.        Il considerando 9 stabilisce che «è indispensabile prevedere un periodo di transizione al fine di consentire un adattamento progressivo delle normative nazionali in determinati settori».

5.        Il considerando 10 precisa che «[n]el corso di tale periodo transitorio, occorre tassare nello Stato membro di destinazione, alle sue aliquote e condizioni, le operazioni intracomunitarie (4) effettuate da soggetti passivi che non siano soggetti passivi esentati».

6.        Il considerando 11 aggiunge che «nel corso di tale periodo transitorio, occorre altresì tassare nello Stato membro di destinazione, alle sue aliquote e condizioni (...) determinate operazioni intracomunitarie di vendita a distanza (5) (...) nella misura in cui dette operazioni, in mancanza di disposizioni specifiche, possano generare importanti distorsioni della concorrenza fra gli Stati membri».

7.        Il considerando 17 rammenta che «la determinazione del luogo delle operazioni imponibili può dar luogo a conflitti di competenza tra Stati membri (...) Benché il luogo delle prestazioni di servizi debba essere fissato, in linea di massima, là dove il prestatore ha stabilito la sede della sua attività economica, è tuttavia opportuno fissare tale luogo nello Stato membro del destinatario, in particolare per talune prestazioni di servizi tra soggetti passivi, il cui costo sia compreso nel prezzo dei beni».

8.        I considerando 61 e 62, in combinato disposto, chiariscono che «è essenziale garantire l’applicazione uniforme del sistema d’IVA»; che «l’attuazione di misure è adeguata per realizzare tale obiettivo» e che «in particolare, dette misure dovrebbero regolare il problema della doppia imposizione sulle operazioni transfrontaliere che può derivare da un’applicazione non uniforme, da parte degli Stati membri, delle disposizioni relative alla localizzazione delle operazioni imponibili».

9.        All’interno del titolo I («Oggetto e ambito di applicazione»), l’articolo 2 dispone che:

«1. Sono soggette all’IVA le operazioni seguenti:

a)      le cessioni di beni effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo che agisce in quanto tale;

b)      gli acquisti intracomunitari di beni effettuati a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro:

i)      da un soggetto passivo che agisce in quanto tale o da un ente non soggetto passivo, quando il venditore è un soggetto passivo che agisce in quanto tale che non beneficia della franchigia per le piccole imprese prevista agli articoli da 282 a 292 e che non rientra nelle disposizioni previste agli articoli 33 e 36;».

10.      L’articolo 9, in apertura del titolo III («Soggetti passivi»), stabilisce che «1. Si considera “soggetto passivo” chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività (...)».

11.      Il titolo IV tratta delle «operazioni imponibili» ed è suddiviso in quattro capi: «Cessioni di beni» (articoli da 14 a 19), «Acquisti intracomunitari di beni» (articoli da 20 a 23), «Prestazioni di servizi» (articoli da 24 a 29) e «Importazioni di beni» (articolo 30). L’articolo 14, paragrafo 1, offre la definizione di ciò che, nelle circostanze più semplici, costituisce cessione di beni: costituisce «“cessione di beni” il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario». L’articolo 20 stabilisce la corrispondente definizione base di «acquisto intracomunitario di beni», ovvero «l’acquisizione del potere di disporre come proprietario di un bene mobile materiale spedito o trasportato dal venditore, dall’acquirente o per loro conto, a destinazione dell’acquirente in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di partenza della spedizione o del trasporto del bene».

12.      Il titolo V («Luogo delle operazioni imponibili») riguarda, ai sensi del capo 1, sezione 2, le cessioni di beni con trasporto. L’articolo 32 fissa la regola generale: «Si considera come luogo della cessione, se il bene è spedito o trasportato dal fornitore, dall’acquirente o da un terzo, il luogo dove il bene si trova al momento iniziale della spedizione o del trasporto a destinazione dell’acquirente (…)».

13.      L’articolo 33 dispone quanto segue:

«1. In deroga all’articolo 32, è considerato luogo di una cessione di beni spediti o trasportati dal fornitore o per suo conto, a partire da uno Stato membro diverso da quello di arrivo della spedizione o del trasporto, il luogo in cui i beni si trovano al momento d’arrivo della spedizione o del trasporto a destinazione dell’acquirente, quando sono soddisfatte le seguenti condizioni:

a)      la cessione di beni è effettuata nei confronti di un soggetto passivo o di un ente non soggetto passivo, i cui acquisti intracomunitari di beni non sono soggetti all’IVA in virtù dell’articolo 3, paragrafo 1, o di qualsiasi altra persona non soggetto passivo;

b)      i beni ceduti sono diversi da mezzi di trasporto nuovi e da beni ceduti previo montaggio o installazione, con o senza collaudo, da parte del fornitore o per suo conto.

(…)».

14.      L’articolo 34 stabilisce una soglia quantitativa minima per l’applicazione dell’articolo 33. L’articolo 34, paragrafo 1, stabilisce quindi che l’articolo 33 non si applica nel caso in cui «l’importo globale, al netto dell’IVA, delle cessioni effettuate alle condizioni di cui all’articolo 33 nello Stato membro non supera la somma di 100 000 EUR o il suo controvalore in moneta nazionale nel corso di uno stesso anno civile». A norma dell’articolo 34, paragrafo 2, «lo Stato membro nel cui territorio si trovano i beni al momento dell’arrivo della spedizione o del trasporto a destinazione dell’acquirente può limitare il massimale di cui al paragrafo 1 alla somma di 35 000 EUR».

15.      L’articolo 138 fa parte del titolo IX («Esenzioni»), capo 4 («Esenzioni connesse alle operazioni intracomunitarie»), sezione 1 («Esenzioni delle cessioni di beni»), il quale stabilisce: «1. Gli Stati membri esentano le cessioni di beni spediti o trasportati, fuori del loro rispettivo territorio ma nella Comunità, dal venditore, dall’acquirente o per loro conto, effettuate nei confronti di un altro soggetto passivo, o di un ente non soggetto passivo, che agisce in quanto tale in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di partenza della spedizione o del trasporto dei beni».

16.      Il titolo XIV («Disposizioni varie») contiene, al capo 2, un unico articolo che riguarda il comitato consultivo dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: il «comitato IVA»). L’articolo 398, paragrafo 1, istituisce il comitato IVA, mentre l’articolo 398, paragrafo 4, conferisce a tale comitato competenza a prendere in esame «oltre alle questioni oggetto della consultazione in virtù della presente direttiva, (…) i problemi sollevati dal presidente, sia su iniziativa di quest’ultimo, sia su richiesta del rappresentante di uno Stato membro, concernenti l’applicazione delle disposizioni comunitarie in materia di IVA».

 Il regolamento antifrode sull’IVA

17.      Il regolamento antifrode sull’IVA riguarda la cooperazione amministrativa tra le autorità competenti degli Stati membri per combattere le frodi in materia di IVA.

18.      Il considerando 5 illustra che «le misure di armonizzazione delle disposizioni fiscali adottate per completare il mercato interno dovrebbero comprendere l’istituzione di un sistema comune di cooperazione tra gli Stati membri, in particolare per quanto riguarda lo scambio di informazioni, nell’ambito del quale le autorità competenti degli Stati membri sono tenute a prestarsi mutua assistenza e a collaborare con la Commissione al fine di assicurare la corretta applicazione dell’IVA alla fornitura di beni e alla prestazione di servizi, all’acquisizione intracomunitaria di beni e all’importazione di beni».

19.      Il considerando 6 osserva, tuttavia, che «la cooperazione amministrativa non dovrebbe comportare un indebito trasferimento di oneri amministrativi tra gli Stati membri».

20.      Il considerando 7 indica che «ai fini della riscossione dell’imposta dovuta gli Stati membri dovrebbero cooperare per assicurare l’accertamento corretto dell’IVA. Essi devono pertanto non solo controllare l’applicazione corretta dell’imposta dovuta nel loro territorio, ma dovrebbero anche fornire assistenza ad altri Stati membri per assicurare la corretta applicazione dell’imposta connessa a un’attività che si svolge sul loro territorio e dovuta in un altro Stato membro».

21.      Il considerando 8 specifica che «il controllo dell’applicazione corretta dell’IVA nelle operazioni transfrontaliere imponibili in uno Stato membro diverso da quello in cui è stabilito il prestatore o il fornitore dipende sovente da informazioni che sono detenute dallo Stato membro di stabilimento o che possono essere ottenute molto più facilmente da quest’ultimo. Il controllo efficace di tali operazioni dipende pertanto dalla circostanza che lo Stato membro di stabilimento raccolga o sia in grado di raccogliere dette informazioni».

22.      Il considerando 13 rileva che «per lottare efficacemente contro la frode è necessario prevedere lo scambio di informazioni senza previa richiesta. Per facilitare lo scambio di informazioni dovrebbero essere precisate le categorie per le quali è necessario procedere allo scambio automatico».

23.      L’articolo 1, paragrafo 1, secondo comma, stabilisce che il regolamento «definisce norme e procedure che consentono alle autorità competenti degli Stati membri di collaborare e di scambiare tra loro ogni informazione che possa consentire di accertare correttamente l’IVA, di verificarne la corretta applicazione, in particolare sulle transazioni intracomunitarie, e di lottare contro la frode all’IVA».

24.      L’articolo 7 introduce il capo II («Scambio di informazioni su richiesta»). Esso dispone quanto segue:

«1. Su richiesta dell’autorità richiedente, l’autorità interpellata comunica le informazioni di cui all’articolo 1, anche in relazione a uno o più casi specifici.

2. Ai fini della comunicazione di informazioni di cui al paragrafo 1, l’autorità interpellata fa eseguire le indagini amministrative necessarie per ottenere le informazioni in oggetto.

3. Fino al 31 dicembre 2014 la richiesta di cui al paragrafo 1 può contenere una richiesta motivata relativa ad un’indagine amministrativa. Se l’autorità interpellata ritiene che le indagini amministrative non siano necessarie, ne comunica immediatamente i motivi all’autorità richiedente.

4. Dal 1° gennaio 2015 la richiesta di cui al paragrafo 1 può contenere una richiesta motivata relativa ad un’indagine amministrativa specifica. Se l’autorità interpellata ritiene che non siano necessarie indagini amministrative, comunica immediatamente all’autorità richiedente le ragioni di questo parere.

In deroga al primo comma, un’indagine relativa agli importi dichiarati da un soggetto passivo in relazione alle cessioni di beni o alle prestazioni di servizi di cui all’allegato I, effettuate da un soggetto passivo stabilito nello Stato membro dell’autorità interpellata e imponibili nello Stato membro dell’autorità richiedente, può essere rifiutata solo:

a)      per i motivi di cui all’articolo 54, paragrafo 1, valutati dall’autorità interpellata in conformità di una dichiarazione delle prassi migliori concernente l’interazione del presente paragrafo e dell’articolo 54, paragrafo 1, da adottare secondo la procedura di cui all’articolo 58, paragrafo 2;

b)      per i motivi di cui all’articolo 54, paragrafi 2, 3 e 4; oppure

c)      sulla base del fatto che l’autorità interpellata ha già fornito all’autorità richiedente informazioni sul medesimo soggetto in seguito ad un’indagine amministrativa effettuata da meno di due anni.

L’autorità interpellata che rifiuti un’indagine amministrativa di cui al secondo comma per i motivi menzionati alle lettere a) o b) fornisce, tuttavia, all’autorità richiedente le date e i valori di tutte le pertinenti cessioni e prestazioni effettuate negli ultimi due anni dal soggetto passivo nello Stato membro dell’autorità richiedente».

25.      L’articolo 13 introduce il capo III («Scambio di informazioni senza preventiva richiesta»). L’articolo 13, paragrafo 1, stabilisce che «l’autorità competente di ogni Stato membro trasmette senza preventiva richiesta le informazioni di cui all’articolo 1 [all’]autorità competente di ogni altro Stato membro interessato nelle seguenti situazioni: a) se la tassazione deve aver luogo nello Stato membro di destinazione e se le informazioni fornite dallo Stato membro di origine sono necessarie all’efficacia del sistema di controllo dello Stato membro di destinazione.

(…)».

26.      L’articolo 14 contiene disposizioni dettagliate per lo scambio automatico di informazioni. L’articolo 15, poi, disciplina lo scambio spontaneo di informazioni e dispone che «le autorità competenti (...), tramite scambio spontaneo, inviano (...) le informazioni di cui all’articolo 13, paragrafo 1, che non sono state trasmesse nel quadro dello scambio automatico previsto all’articolo 14, di cui sono a conoscenza e che, a loro parere, possono essere utili a dette autorità».

27.      L’articolo 28 (unica disposizione del capo VII, intitolato «Presenza negli uffici amministrativi e partecipazione alle indagini amministrative») stabilisce disposizioni accurate che consentono ai funzionari di un’autorità competente di uno Stato membro richiedente informazioni di essere presenti in qualità di osservatori mentre i funzionari di un altro Stato membro svolgono indagini amministrative e hanno accesso alle informazioni così ottenute.

28.      L’articolo 29 (disposizione di apertura del capo VIII, intitolato «Controlli simultanei») stabilisce che «gli Stati membri possono convenire di procedere a controlli simultanei nel caso in cui ritengano che tali controlli siano più efficaci di un controllo eseguito da un solo Stato membro».

29.      L’articolo 30 stabilisce, poi, le modalità necessarie per lo svolgimento di tali controlli.

 Il regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011

30.      Il considerando 17 del regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011 del Consiglio (6) dispone che «in materia di acquisti intracomunitari di beni, il diritto dello Stato membro di acquisto di sottoporre ad imposizione l’acquisto dovrebbe restare impregiudicato, indipendentemente dal trattamento IVA applicato all’operazione nello Stato membro di partenza».

31.      L’articolo 16, primo comma, stabilisce che «lo Stato membro di arrivo della spedizione o del trasporto dei beni nel quale è effettuato un acquisto intracomunitario di beni a norma dell’articolo 20 della [direttiva IVA] esercita il proprio potere impositivo indipendentemente dal trattamento IVA applicato all’operazione nello Stato membro di partenza della spedizione o del trasporto dei beni».

32.      Ai sensi dell’articolo 16, secondo comma, «l’eventuale domanda di correzione da parte del cedente dell’IVA da questi fatturata e dichiarata allo Stato membro di partenza della spedizione o del trasporto di beni è trattata da detto Stato membro conformemente alle sue disposizioni nazionali».

 Documento di lavoro del comitato IVA

33.      Il 5 maggio 2015 il comitato IVA ha emesso il documento di lavoro n. 855 sull’applicazione delle disposizioni IVA in relazione alla vendita a distanza (in prosieguo: il «documento di lavoro») (7).

34.      La sezione 2 del documento di lavoro spiega come le amministrazioni finanziarie del Belgio e del Regno Unito hanno «notato che sono stati istituiti alcuni accordi commerciali per separare la cessione dei beni dal loro trasporto e dalla loro consegna al fine di evitare di contabilizzare e versare l’IVA nello Stato membro di destinazione dei beni».

35.      Nella sezione 3 del documento di lavoro, la Commissione ha sostenuto che il testo dell’articolo 33, paragrafo 1, della direttiva IVA può condurre a un’interpretazione letterale o estensiva, a seconda che lo si interpreti come riguardante solo le situazioni in cui il fornitore è direttamente coinvolto nell’organizzazione del trasporto, oppure come ricomprendente anche le situazioni in cui il coinvolgimento del fornitore è solo indiretto.

36.      La Commissione ha asserito che l’interpretazione letterale «ha il vantaggio di essere molto semplice se si focalizza l’attenzione sulla situazione giuridica e sui rapporti contrattuali, ma implica anche una certa facilità della sua elusione». La Commissione ha suggerito che tale elusione «potrebbe essere affrontata alla luce della prova dell’“abuso di diritto”», come stabilito dalla Corte nella sentenza Halifax, (8) il che implicherebbe la necessità di valutare «se gli accordi portino a un risultato contrario alle norme della direttiva IVA; se gli accordi abbiano come scopo principale quello di conseguire quel risultato, e qualsiasi altro motivo “economico” è inesistente o residuale». La Commissione ha fatto ulteriore riferimento, in tal senso, alla sentenza della Corte nella causa Part Service (9).

37.      Per quanto attiene all’interpretazione estensiva, la Commissione ha sostenuto che «per l’applicazione delle norme sulla vendita a distanza, non si deve tener conto soltanto degli accordi contrattuali tra il fornitore, il trasportatore e il cliente, ma anche, e soprattutto, della realtà economica». Inoltre, la Commissione ha affermato che in una dichiarazione concordata messa a verbale al momento dell’adozione della direttiva 91/680/CEE (10) (che ha introdotto disposizioni sulla vendita a distanza), (11) il Consiglio e la Commissione hanno chiarito che «le disposizioni speciali per la vendita a distanza si applicheranno in tutti i casi in cui i beni vengono spediti o trasportati, indirettamente o direttamente, dal fornitore o per suo conto».

38.      In tale contesto, il documento di lavoro invitava le delegazioni «a esprimere il loro punto di vista sulle questioni sollevate dal Regno Unito e dal Belgio e sulle osservazioni formulate dai servizi della Commissione. In particolare, si chiede loro di esprimere il proprio parere sui due approcci esaminati».

 Linee guida del comitato IVA

39.      Il comitato IVA, all’esito della sua 104a riunione del 4 e 5 giugno 2015, (12) ha adottato delle linee guida sulla vendita a distanza (13) che stabiliscono che «il comitato IVA, quasi unanimemente (14), concorda che, per le finalità dell’articolo 33 della direttiva IVA, i beni sono considerati “spediti o trasportati dal fornitore o per suo conto” in tutti i casi in cui il fornitore intervenga direttamente o indirettamente nel trasporto o nella spedizione dei beni».

40.      Le linee guida proseguono affermando che «il comitato IVA concorda all’unanimità sul fatto che il fornitore deve essere considerato come intervenuto indirettamente nel trasporto o nella spedizione dei beni in uno dei seguenti casi: (…) iii) qualora il fornitore fatturi e riscuota le tariffe per il trasporto dal cliente e le rimetta in seguito a terzi che organizzeranno la spedizione o il trasporto dei beni».

41.      Infine, le linee guida stabiliscono che «il comitato IVA, inoltre, concorda quasi unanimemente che in altri casi di intervento, in particolare quando il fornitore promuove attivamente i servizi di consegna di un terzo al cliente, mette in contatto il cliente e il terzo e fornisce al terzo le informazioni necessarie per la consegna dei beni, si considera che egli sia intervenuto indirettamente nel trasporto o nella spedizione dei beni».

 Direttiva 2017/2455

42.      Il 1° dicembre 2016 la Commissione ha presentato una proposta di modifica della direttiva IVA (15). La relazione allegata stabilisce al riguardo, nella sezione 5, all’articolo 2, paragrafo 2, che «la proposta chiarisce inoltre l’articolo 33, paragrafo 1, in linea con gli orientamenti del comitato IVA».

43.      Tale proposta ha portato all’adozione della direttiva 2017/2455. Il considerando 9 di tale direttiva spiega, in relazione alle vendite a distanza intracomunitarie di beni, che «per assicurare la certezza giuridica a tali imprese, la definizione di tali cessioni di beni dovrebbe indicare chiaramente che essa si applica anche quando i beni sono trasportati o spediti per conto del fornitore, compreso quando il fornitore interviene indirettamente nel trasporto o nella spedizione dei beni».

44.      L’articolo 2 dispone che «con effetto a decorrere dal 1° gennaio 2021, la [direttiva IVA] è modificata come segue: 1) all’articolo 14 è aggiunto il seguente paragrafo: “4. Ai fini dell’applicazione della presente direttiva, si intende per: 1. ‘vendite a distanza intracomunitarie di beni’, le cessioni di beni spediti o trasportati dal fornitore o per suo conto, anche quando il fornitore interviene indirettamente nel trasporto o nella spedizione dei beni, a partire da uno Stato membro diverso da quello di arrivo della spedizione o del trasporto a destinazione dell’acquirente, quando sono soddisfatte le seguenti condizioni: a) la cessione di beni è effettuata nei confronti di (...) qualsiasi altra persona non soggetto passivo”. (…)».

45.      L’articolo 2, paragrafo 3, dispone che l’articolo 33, paragrafo 1, della direttiva IVA è sostituito dal seguente: «In deroga all’articolo 32: a) è considerato luogo di cessione delle vendite a distanza intracomunitarie di beni il luogo in cui i beni si trovano al momento dell’arrivo della spedizione o del trasporto dei beni a destinazione dell’acquirente. (…)».

 Disposizioni di diritto nazionale applicabili

 Legge sull’IVA

46.      L’articolo 2, lettera a), dell’Általános forgalmi adóról szóló 2007. évi CXXVII. törvény (legge n. CXXVII del 2007 in materia di imposta sul valore aggiunto; in prosieguo: la «legge sull’IVA») (16) dispone che la stessa disciplina «la fornitura di beni o servizi a titolo oneroso nel territorio nazionale da parte di un soggetto passivo che agisce in quanto tale».

47.      L’articolo 25 stabilisce che «quando i beni non sono spediti o trasportati, si considera luogo della cessione il luogo in cui i beni si trovano al momento della cessione».

48.      L’articolo 29, paragrafo 1, prevede che «in deroga agli articoli 26 e 28, qualora i beni siano spediti o trasportati da o per conto di un fornitore e la fornitura comporta che i beni arrivino in uno Stato membro della Comunità diverso dallo Stato membro da cui sono stati spediti o trasportati, il luogo di fornitura dei beni è considerato il luogo in cui si trovano i beni al momento dell’arrivo della spedizione o del trasporto indirizzato all’acquirente, laddove sono riunite le seguenti condizioni: a) la cessione di beni aa) è effettuata nei confronti di un soggetto passivo o di una persona giuridica non soggetto passivo i cui acquisti intracomunitari di beni non sono soggetti all’IVA in virtù dell’articolo 20, paragrafo 1, lettere a) e d), oppure; ab) di qualsiasi altra persona non soggetto passivo (…)».

49.      L’articolo 82, paragrafo 1, prevede che «l’aliquota dell’imposta è pari al 27% della base imponibile».

 Legge tributaria

50.      L’articolo 2, paragrafo 1, dell’Adózás rendjéről szóló 2003. évi XCII. törvény (legge n. XCII del 2003, sul sistema tributario generale; in prosieguo: la «legge sul sistema tributario generale») (17) dispone che «tutti i diritti nei rapporti giuridici a fini tributari sono esercitati conformemente al loro scopo. Ai sensi delle leggi tributarie, la conclusione di contratti o l’esecuzione di altre operazioni il cui scopo è quello di eludere le disposizioni delle leggi tributarie non può essere classificata come esercizio di diritti conformemente al loro scopo».

51.      L’articolo 86, paragrafo 1, prevede che «l’amministrazione finanziaria, al fine di prevenire l’erosione delle entrate tributarie e le richieste improprie di sostegno al bilancio e di rimborso delle imposte, controlla regolarmente i contribuenti e le altre persone coinvolte nel sistema tributario. Lo scopo dei controlli è quello di stabilire se gli obblighi imposti dalle leggi tributarie e da altre leggi sono stati rispettati o violati. Nell’effettuare un controllo, l’amministrazione finanziaria rende noti e dimostra i fatti, le circostanze o le informazioni da utilizzare come base per l’accertamento di una violazione o di un abuso di diritto e per il procedimento amministrativo avviato a seguito di tale violazione o abuso di diritto».

52.      L’articolo 95, paragrafo 1, stabilisce che «l’amministrazione finanziaria effettua il controllo esaminando i documenti, i documenti giustificativi, i libri contabili e i registri necessari per determinare gli importi che servono come base per le imposte e il sostegno di bilancio, compresi i dati elettronici, il software e i sistemi informatici utilizzati dal contribuente, nonché i calcoli e altri fatti, informazioni e circostanze relativi alla tenuta della contabilità e delle registrazioni contabili e al trattamento dei documenti giustificativi».

53.      L’articolo 108, paragrafo 1, stabilisce che «la stima è una forma di prova che stabilisce in modo plausibile la base effettiva e legale per le imposte e il sostegno al bilancio».

54.      L’articolo 170, paragrafo 1, sancisce che «se il pagamento dell’imposta è insufficiente, ciò comporta una sanzione tributaria. L’importo della sanzione è pari, salvo disposizioni contrarie della presente legge, al 50% dell’importo non versato. L’importo della sanzione è pari al 200% dell’importo non versato se la differenza rispetto all’importo da pagare è connessa all’occultamento di redditi, o alla falsificazione o distruzione di prove, libri contabili o registri».

55.      L’articolo 172, paragrafo 1, stabilisce che «fatto salvo il disposto del secondo comma, si potrà infliggere una sanzione pecuniaria per un importo fino a [200 000 fiorini ungheresi (HUF)], se si tratta di una persona fisica, e fino a HUF 500 000, nel caso degli altri soggetti passivi, a seguito dell’inosservanza dell’obbligo di dichiarazione (dichiarazione di inizio dell’attività o comunicazione delle variazioni), di fornire informazioni o di aprire un conto corrente, ovvero per l’inadempimento dell’obbligo di presentare le dichiarazioni fiscali» (18).

 Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

56.      Nella descrizione che segue, ho raggruppato le informazioni disponibili dall’ordinanza di rinvio, dalle osservazioni scritte e dalle repliche dettagliate ai quesiti posti dalla Corte durante l’udienza. Sottolineo, tuttavia, che solo il primo di questi costituisce un fatto accertato.

57.      La KrakVet Marek Batko sp. K. (in prosieguo: la «KrakVet») è una società registrata e stabilita in Polonia. Non ha stabilimenti, uffici o magazzini in Ungheria. La KrakVet vende prodotti per animali, principalmente alimenti per cani e gatti, negli Stati membri limitrofi, in particolare attraverso i suoi vari siti web «zoofast». Ha numerosi clienti in Ungheria, che effettuano i loro acquisti attraverso il sito www.zoofast.hu.

58.      La causa pendente dinanzi al giudice del rinvio riguarda fatti avvenuti nel corso dell’anno d’imposta 2012. All’epoca, la KrakVet offriva sul suo sito web un’opzione che consentiva ai clienti di far trasportare i beni acquistati dalla sede della KrakVet, in Polonia, all’indirizzo di consegna prescelto in base a un contratto da sottoscrivere tra il cliente e la Krzysztof Batko Global Trade (in prosieguo: la «KBGT»). In alternativa, il cliente poteva avvalersi dei servizi di qualsiasi altro trasportatore. La KrakVet non ha proposto di effettuare direttamente il trasporto.

59.      Per gli acquisti di importo inferiore a HUF 8 990 (circa EUR 30,79), (19) i costi di trasporto con la KBGT ammontavano a HUF 1 600 (circa EUR 5,54). Per acquisti superiori a tale importo, il trasporto da parte della KBGT era disponibile per soli 70 HUF (circa EUR 0,24) - importo raggiunto grazie allo sconto di HUF 1 530 operato dalla KrakVet sul prezzo della merce acquistata.

60.      Al pari della KrakVet, anche la KBGT è una società registrata e stabilita in Polonia. Il proprietario della KBGT, Krzysztof Batko, è il fratello del proprietario della KrakVet, Marek Batko. La stessa KBGT si è occupata del trasporto dalla Polonia all’Ungheria. Ha subappaltato il trasporto all’interno dell’Ungheria, all’indirizzo di consegna del cliente, a due società di spedizione (in prosieguo: le «società di spedizione ungheresi»): la Sprinter Futárszolgálat Kft. (in prosieguo: la «Sprinter») e la GLS General Logistics Systems Hungary Kft. (in prosieguo: la «GLS Hungary»).

61.      I clienti hanno effettuato un unico pagamento sia per la merce che per i costi di trasporto. Tale pagamento è stato effettuato, con una frequenza più o meno simile, alla Sprinter e alla GLS Hungary alla consegna della merce, oppure tramite bonifico bancario su un conto intrattenuto presso la CIB Bank Zrt., in Ungheria, (in prosieguo: il «conto bancario presso la CIB») dal proprietario della KBGT.

62.      Le società di spedizione ungheresi avrebbero trasferito i pagamenti che avevano ricevuto alla consegna sul conto bancario presso la CIB. La KBGT avrebbe poi organizzato i trasferimenti di fondi dal conto bancario presso la CIB alla KrakVet. Durante l’udienza è stato riferito alla Corte che al momento del trasferimento dei fondi alla KrakVet, la KBGT avrebbe trattenuto la sua «quota». Non è stato spiegato se tale «quota» fosse il costo contrattuale del trasporto o un importo di altra natura.

63.      La KrakVet ha presentato un interpello all’amministrazione finanziaria polacca, la quale ha replicato che l’IVA doveva essere versata in Polonia. Secondo la KrakVet, una simile risposta a un interpello è vincolante per l’azienda che lo richiede, per l’amministrazione finanziaria polacca e per i tribunali polacchi. Sulla base di tale interpello e della risposta ricevuta, la KrakVet ha versato l’IVA in Polonia con un’aliquota dell’8%, anziché versare l’IVA in Ungheria con un’aliquota del 27%.

64.      Nel 2013 la Nemzeti Adó- és Vámhivatal Kiemelt Adózók Adóigazgatósága Különös Hatásköri Ellenőrzési Főosztálya (l’amministrazione finanziaria ungherese) ha effettuato una verifica sulla KrakVet relativa all’anno d’imposta 2012 e, in tale contesto, il 14 agosto 2013, ha assegnato alla KrakVet un codice d’identificazione fiscale ungherese. L’amministrazione finanziaria ungherese ha inoltre effettuato i relativi controlli sulle operazioni delle società di spedizione ungheresi.

65.      Nel 2014 anche l’amministrazione finanziaria polacca ha condotto un’ispezione della KrakVet per l’anno d’imposta 2012. In esito a tale ispezione, ha confermato la risposta precedentemente data all’interpello. Il 23 novembre 2015 la KrakVet ha presentato all’amministrazione finanziaria ungherese una traduzione informale dei documenti ricevuti dall’amministrazione finanziaria polacca.

66.      Il 28 gennaio 2016, la KrakVet ha inoltre presentato una copia delle sue condizioni generali all’amministrazione finanziaria ungherese e ha proposto che il direttore generale garantisse l’autenticità di tale versione, poiché la versione del sito web del 2012 non era più disponibile (20).

67.      L’amministrazione finanziaria ungherese ha chiesto ulteriori informazioni sulla KrakVet all’amministrazione polacca omologa. Veniva informata che quando, presso il magazzino della KrakVet, la KBGT imballava ed etichettava la merce da trasportare la merce era, in quella fase, di proprietà della KrakVet.

68.      Sulla base di tali elementi, l’amministrazione finanziaria ungherese ha concluso che nel corso dell’anno d’imposta 2012 la Sprinter ha effettuato consegne per conto della KBGT e per la KrakVet per un valore di HUF 217 087 988 (circa EUR 751 039,57), con ricevimento della merce presso il magazzino centrale della Sprinter a Budapest. In maniera analoga, l’amministrazione finanziaria ungherese ha concluso che, nello stesso periodo, la GLS Hungary, per conto della GLS General Logistics Systems Slovakia s.r.o., ha prestato servizi di consegna colli per un valore di HUF 64 011 046 (EUR 211 453,19), per i quali è stata rimborsata per conto della KrakVet e della KBGT.

69.      L’amministrazione finanziaria ungherese ha comunicato le sue conclusioni alla KrakVet il 25 maggio 2016. Quest’ultima ha presentato le sue osservazioni a tali conclusioni l’8 giugno 2016.

70.      Il 16 agosto 2016 l’amministrazione finanziaria ungherese ha accertato che la KrakVet aveva superato la soglia quantitativa di EUR 35 000 prevista dall’articolo 34 della direttiva IVA (21) e che avrebbe dovuto, pertanto, versare in Ungheria un importo totale di HUF 58 910 000 (circa EUR 190 087) a titolo di IVA (22). L’amministrazione finanziaria ungherese, in ragione di ciò, ha irrogato una sanzione pari a HUF 117 820 000 (circa EUR 380 175), oltre a HUF 10 535 000 (circa EUR 36 446) per interessi moratori, nonché una sanzione pari a HUF 500 000 (circa EUR 1 730) per omessa dichiarazione IVA.

71.      La KrakVet ha impugnato la decisione dell’amministrazione finanziaria ungherese dinanzi al Nemzeti Adó- és Vámhivatal Fellebbviteli Igazgatósága (Commissione nazionale di ricorso in materia tributaria e doganale, Ungheria; in prosieguo: la «commissione di ricorso»). Con decisione del 23 gennaio 2017, la commissione di ricorso ha confermato la decisione dell’amministrazione finanziaria ungherese. La KrakVet ha quindi presentato ricorso al Fővárosi Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság (Tribunale amministrativo e del lavoro di Budapest), che ha sottoposto alla Corte le seguenti cinque questioni.

«1)      Se gli obiettivi della [direttiva IVA], in particolare i requisiti di prevenzione dei conflitti di competenza tra Stati membri e della doppia imposizione, di cui ai considerando 17 e 62, e il [regolamento antifrode sull’IVA], in particolare i considerando 5, 7 e 8 e gli articoli 7, 13 e da 28 a 30, debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una condotta di un’amministrazione finanziaria di uno Stato membro che, attribuendo a un’operazione una qualificazione diversa sia dall’interpretazione giuridica della stessa operazione e degli stessi fatti adottata dall’amministrazione finanziaria di un altro Stato membro, sia dalla risposta a una richiesta di un parere vincolante fornito da quest’ultima sulla base di tale interpretazione, nonché dalla conclusione – che le conferma entrambe – cui detta amministrazione perviene nell’accertamento fiscale effettuato, comporta una doppia imposizione del soggetto passivo.

2)      Nel caso in cui dalla risposta alla prima questione emerga che tale condotta non è contraria al diritto dell’Unione, se l’amministrazione finanziaria di uno Stato membro, alla luce della direttiva IVA e del diritto dell’Unione, possa determinare unilateralmente l’obbligo tributario, senza tenere in considerazione che l’amministrazione finanziaria di un altro Stato membro ha già confermato in diverse occasioni, inizialmente su istanza del soggetto passivo e in seguito nelle proprie decisioni a seguito di un accertamento, che tale soggetto passivo aveva agito legittimamente;

o se le amministrazioni finanziarie di entrambi gli Stati membri debbano cooperare e raggiungere un accordo, in forza del principio di neutralità fiscale e della prevenzione della doppia imposizione, affinché il soggetto passivo debba pagare [l’IVA] unicamente in uno di tali paesi.

3)      Nel caso in cui dalla risposta alla seconda questione emerga che l’amministrazione finanziaria di uno Stato membro può modificare unilateralmente la qualificazione fiscale, se le disposizioni della direttiva IVA debbano essere interpretate nel senso che l’amministrazione finanziaria di un secondo Stato membro è obbligata a rimborsare al soggetto passivo tenuto al pagamento dell’IVA l’imposta fissata da tale amministrazione nella risposta a una richiesta di parere vincolante e versata con riferimento a un periodo che si è concluso con un accertamento, affinché si garantisca in tal modo sia la prevenzione della doppia imposizione sia il principio di neutralità fiscale.

4)      Come debba essere interpretata l’espressione contenuta nell’articolo 33, paragrafo 1, prima frase, della [direttiva IVA], ai sensi della quale il trasporto è effettuato “dal fornitore o per suo conto”. In particolare se tale espressione ricomprenda l’ipotesi in cui il soggetto passivo, in qualità di venditore su una piattaforma di commercio online, offre all’acquirente la possibilità di stipulare un contratto con una società di logistica con cui detto venditore collabora per operazioni diverse dalla vendita, laddove il compratore possa anche scegliere liberamente un altro vettore, diverso da quello proposto, e il contratto di trasporto sia concluso tra l’acquirente e il vettore, senza l’intervento del venditore.

Se assuma rilevanza ai fini interpretativi – tenendo conto soprattutto del principio di certezza del diritto – la circostanza per cui nell’anno 2021 gli Stati membri dovranno modificare la normativa di recepimento della summenzionata disposizione della [direttiva IVA, come modificata dalla direttiva 2017/2455] affinché l’articolo 33, paragrafo 1, di detta direttiva si applichi anche in caso di collaborazione indiretta nella scelta del vettore.

5)      Se il diritto dell’Unione, e in particolare la direttiva IVA, debbano essere interpretati nel senso che i fatti in prosieguo menzionati, nel loro complesso o separatamente, assumono rilevanza per valutare se il soggetto passivo abbia instaurato tra le società indipendenti che effettuano la cessione, la spedizione o il trasporto dei beni, relazioni giuridiche intese a trarre vantaggio dalla circostanza per cui l’imposizione dell’IVA è inferiore nell’altro Stato membro al fine di eludere l’articolo 33 della [direttiva IVA] e commettendo in tal modo un abuso di diritto:

5.1) la società di logistica che effettua il trasporto ha un legame con il soggetto passivo e offre a quest’ultimo altri servizi, indipendenti dal trasporto;

5.2)      al contempo, il cliente può in qualsiasi momento ignorare la proposta del soggetto passivo, ossia quella di affidare il trasporto alla società di logistica con cui lo stesso ha un rapporto contrattuale, potendo affidare il trasporto a un altro vettore o prelevare le merci personalmente».

72.      Sono state presentate osservazioni scritte dalla KrakVet, dalla Repubblica Ceca, dall’Ungheria, dall’Italia, dalla Repubblica di Polonia e dalla Commissione europea. Nel corso dell’udienza, la KrakVet, l’Irlanda, l’Ungheria, il Regno Unito e la Commissione hanno presentato osservazioni orali.

73.      Come indicato all’inizio delle presenti conclusioni, mi limiterò ad esaminare le questioni pregiudiziali quarta e quinta.

 Sulle questioni pregiudiziali quarta e quinta

74.      Le questioni quarta e quinta sollevano tre problematiche relative all’interpretazione dell’articolo 33, paragrafo 1, della direttiva IVA. In primo luogo, quale sia il significato dell’espressione «beni spediti o trasportati dal fornitore o per suo conto» di cui all’articolo 33, paragrafo 1, della direttiva IVA prima che venisse modificata dalla direttiva 2017/2455 (a cui farò riferimento con l’espressione «la versione originaria dell’articolo 33, paragrafo 1»). In secondo luogo, se la modifica di tale disposizione a opera della direttiva 2017/2455, che ha portato alla nuova versione dell’articolo 33, paragrafo 1, muti o confermi la precedente situazione giuridica. Il terzo luogo, se la tipologia di operazione descritta nella decisione di rinvio, considerando la versione originaria dell’articolo 33, paragrafo 1, dovrebbe essere considerata quale pratica abusiva.

75.      In via preliminare, è opportuno accertare se esiste una differenza rilevante tra i termini «spedito» e «trasportato». Il legislatore dell’Unione ha chiaramente scelto di utilizzare due verbi anziché uno. È altrettanto chiaro che la «spedizione» dei beni precede il loro «trasporto». È a questo punto, tuttavia, che – almeno nella versione originaria dell’articolo 33, paragrafo 1 – viene meno la chiarezza (23).

76.      Da una lettura molto estensiva, qualsiasi atto intrapreso «dal» fornitore per avviare il processo affinché i beni ordinati da un cliente in un altro Stato membro siano avviati verso la loro destinazione (la loro «spedizione») sarebbe sufficiente per determinare l’applicazione dell’articolo 33, paragrafo 1. Vale affidare un pacco alla posta? E che dire del fatto di ricevere una telefonata dal trasportatore scelto dal cliente nel corso della quale il fornitore gli chiede di recarsi a un determinato indirizzo in un determinato momento per ritirare il plico? Pare improbabile che fosse prevista un’interpretazione così estensiva dell’articolo 33, paragrafo 1, e una siffatta interpretazione creerebbe confusione, giacché la regola generale di cui all’articolo 32 utilizza esattamente le stesse parole «dal fornitore» (v. infra paragrafi da 80 e 82). Ma dove deve essere tracciata la linea di demarcazione?

77.      Suggerisco che un approccio di buon senso, tradotto in linguaggio giuridico, porterebbe a leggere fra le righe che «se il fornitore, su sua iniziativa e scelta, si fa carico della maggior parte o di tutti i passaggi essenziali necessari per preparare i beni per il trasporto, effettua quanto necessario per la raccolta dei beni e l’inizio del loro viaggio e rinuncia al possesso e al controllo dei beni stessi, vi è una spedizione effettuata dal fornitore».

78.      Il trasporto effettuato «dal» fornitore è, forse, meno problematico, in quanto il suo significato naturale è che il fornitore (vuoi lo stesso vuoi tramite un suo agente) esegue fisicamente l’operazione di trasporto, ovvero possiede o controlla la persona giuridica che lo esegue.

 Beni spediti o trasportati dal fornitore o per suo conto

79.      L’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva IVA prevede che l’IVA sia dovuta nello Stato membro in cui avviene la cessione. I beni ivi ceduti diventano così soggetti alle aliquote IVA applicate da tale Stato membro.

80.      L’articolo 32 fissa la regola generale: «Si considera come luogo della cessione, se il bene è spedito o trasportato dal fornitore, dall’acquirente o da un terzo, il luogo dove il bene si trova al momento iniziale della spedizione o del trasporto a destinazione dell’acquirente (…)» (il corsivo è mio). Non viene fatta alcuna distinzione tra i vari attori che potrebbero essere responsabili della spedizione o del trasporto.

81.      Tuttavia, l’articolo 33, paragrafo 1, contiene una deroga a tale regola generale. Tale disposizione stabilisce che in determinate circostanze specifiche in cui i beni sono «spediti o trasportati dal fornitore o per suo conto» (il corsivo è mio) fra Stati membri, si considera come luogo della cessione «il luogo in cui i beni si trovano al momento d’arrivo della spedizione o del trasporto a destinazione dell’acquirente». Tali specifiche circostanze includono i casi in cui: «a) la cessione di beni è effettuata nei confronti di un soggetto passivo o di un ente non soggetto passivo (...) o di qualsiasi altra persona non soggetto passivo».

82.      Si vedrà che l’articolo 32 (la regola generale) e l’articolo 33 (la deroga) utilizzano una formulazione molto simile per arrivare a risultati opposti. All’articolo 32 si legge «beni spediti o trasportati dal fornitore (...)». L’articolo 33 inserisce all’interno di tale frase le seguenti parole (qui in corsivo) «beni (…) spediti o trasportati dal fornitore o per suo conto (...)». È come se l’articolo 32 contenesse le parole (invisibili) «per conto dell’acquirente». Pertanto, la differenza fra le due disposizioni diventa chiara (24).

83.      Su tali basi, mi pare che la distinzione che si sta tracciando possa essere così illustrata. Se un cliente situato in Ungheria ordina merci via internet da un’azienda con sede in Polonia, in linea di principio non è rilevante se il cliente stesso si rechi nel magazzino in Polonia per ritirare tali merci o se qualcun altro (il fornitore o un terzo) si occupi della logistica per suo conto. In tutti e tre i casi, a condizione che tutto ciò sia svolto per conto del cliente, la cessione avviene in Polonia e l’IVA è dovuta secondo le aliquote applicate dalle autorità polacche. Se, tuttavia, le attività vengono poste in essere per conto del fornitore, la cessione avviene nel luogo di destinazione (Ungheria) luogo in cui è dovuta l’IVA alle aliquote applicate dalle autorità ungheresi.

84.      L’articolo 138, paragrafo 1, stabilisce espressamente quali sono le conseguenze dell’IVA quando il cliente è un soggetto passivo o un ente non soggetto passivo. In entrambi i casi lo Stato membro di origine esenta «le cessioni di beni spediti o trasportati, fuori del [suo] territorio ma nella Comunità, dal venditore o dall’acquirente o per loro conto (...)». (Rilevo che non viene fatta alcuna distinzione tra i casi in cui la spedizione o il trasporto avvengono «da o per conto del venditore» e i casi in cui tali operazioni avvengono per conto della «persona che acquista i beni»). Poiché, ai sensi dell’articolo 33, è considerato luogo di cessione quello in cui si trovano i beni al termine della spedizione o del trasporto, l’IVA è quindi dovuta nello Stato membro di destinazione. Tuttavia, non esiste una equivalente precisa dichiarazione che imponga allo Stato membro di origine, ceteris paribus, di esentare la cessione intracomunitaria di beni dalla (sua) IVA quando tale cessione viene effettuata a «qualsiasi altra persona non soggetto passivo».

85.      I considerando da 9 a 11 precisano che la tassazione nello Stato membro di destinazione (come espresso sostanzialmente, tra l’altro, dagli articoli 33 e 138) era destinata a essere applicata solo durante il «periodo transitorio». Tali articoli sono comunque rimasti parte della legislazione dell’Unione in materia di IVA e, ove applicabile, pongono l’accento sulla tassazione nel luogo di consumo (25). Ciò posto, è opportuno rammentare che tali articoli non rappresentano la posizione predefinita. La norma generale che disciplina il luogo di cessione in cui i beni sono spediti o trasportati (vuoi dal fornitore, vuoi dal consumatore vuoi da un terzo) rimane quella contenuta nell’articolo 32 della direttiva IVA. Secondo tale norma è considerato luogo di cessione «il luogo in cui i beni si trovano al momento dell’arrivo della spedizione o del trasporto dei beni a destinazione dell’acquirente».

86.      Nel caso in esame, i clienti della KrakVet erano consumatori con sede in Ungheria (cioè persone che sono soggetti non passivi), che hanno effettuato acquisti attraverso il sito web della KrakVet. La KBGT ha coperto il trasporto tra il magazzino in Polonia e il confine ungherese. Il trasporto all’interno dell’Ungheria è stato effettuato dalle società di spedizione ungheresi.

87.      Credo sia giusto suggerire che i clienti della KrakVet erano e soprattutto sono interessati all’acquisto di cibo per animali domestici. Il servizio di trasporto necessario per spostare il cibo per animali domestici dal magazzino della KrakVet in Polonia all’indirizzo di consegna dei clienti in Ungheria è una parte essenziale dell’operazione, ma è improbabile che, in quanto tale, sia il fulcro dell’interesse dei clienti. Probabilmente, gli elementi essenziali che hanno determinato la scelta della modalità di trasporto sono stati la comodità e i costi (26).

88.      In tale contesto, secondo la KrakVet, l’Italia e la Polonia, la versione originaria dell’articolo 33, paragrafo 1 (ovvero la versione in vigore sia all’epoca dei fatti sia attualmente) dovrebbe essere interpretata esclusivamente sulla base della sua attuale formulazione (27), al fine di rispettare i principi di certezza del diritto e la tutela del legittimo affidamento (28). La Repubblica ceca, l’Irlanda, l’Ungheria, il Regno Unito e la Commissione sostengono che l’articolo 33, paragrafo 1, dovrebbe essere interpretato nel senso che tale norma disciplina già il caso in cui il fornitore interviene indirettamente nelle modalità di trasporto; gli stessi asseriscono che l’interpretazione da loro suggerita rispetta la realtà economica (29), poiché la possibilità, in circostanze come quelle del caso di specie, che il cliente possa scegliere un altro trasportatore rispetto a quello proposto sul sito web dal fornitore dei beni è, nella migliore delle ipotesi, remota se non addirittura puramente ipotetica.

89.      Del pari a quanto già risulta dal suo documento di lavoro (30) la Commissione fa altresì riferimento alla dichiarazione messa a verbale nel corso della sessione del Consiglio che ha adottato la direttiva 91/680, nel senso che si applicano disposizioni speciali per la vendita a distanza in tutti i casi in cui i beni vengano spediti o trasportati, indirettamente o direttamente, dal fornitore o per suo conto. [Intervengo per chiarire che la direttiva 91/680 (facente parte di una serie di direttive che modificano la sesta direttiva IVA (31)) ha introdotto, tra l’altro, un nuovo ed elaborato articolo 28 ter (intitolato «Luogo delle operazioni») costituito da quattro sezioni. Il primo paragrafo della parte «A. Luogo degli acquisti intracomunitari dei beni» stabiliva che «1. È considerato luogo d’acquisto intracomunitario di beni il luogo in cui questi si trovano al momento dell’arrivo della spedizione o del trasporto a destinazione dell’acquirente». Il primo paragrafo della parte «B. Luogo delle cessioni di beni» conteneva l’antecedente della versione originaria dell’articolo 33, paragrafo 1, della direttiva IVA (32).]

90.      Ciò detto, l’argomento avanzato dalla Commissione può essere agevolmente respinto. La Corte ha chiaramente affermato, nella sentenza Antonissen, che «una dichiarazione del genere non può essere presa in considerazione per interpretare una disposizione del diritto derivato quando, come nella fattispecie, il contenuto della dichiarazione non trova alcun riscontro nel testo della disposizione di cui trattasi e non ha pertanto portata giuridica» (33).

91.      Si è fatto riferimento anche alle linee guida emanate dal Comitato IVA, secondo le quali «i beni si considerano “spediti o trasportati dal fornitore o per suo conto” in tutti i casi in cui il fornitore interviene direttamente o indirettamente nel trasporto o nella spedizione dei beni». Tuttavia, il comitato IVA ha adottato tale posizione tre anni dopo le transazioni che hanno dato origine al caso di specie; le stesse linee guida dichiarano esplicitamente, in fondo ad ogni pagina, che non hanno valore vincolante (34).

92.      In tale contesto e applicando i normali principi di interpretazione al testo della versione originaria dell’articolo 33, paragrafo 1, non ravviso alcun elemento che consenta di concludere – come sostengono la Repubblica ceca, l’Irlanda, l’Ungheria, il Regno Unito e la Commissione – che tale disposizione riguarda anche i casi in cui il fornitore interviene indirettamente, in risposta a un’istruzione impartita dal cliente, per spedire o trasportare beni a una persona non soggetto passivo situato in un altro Stato membro.

93.      La Corte, tuttavia, è stata altresì invitata a valutare se le modifiche apportate dalla direttiva 2017/2455, che ha aggiunto un quarto paragrafo all’articolo 14, insieme alla nuova versione dell’articolo 33, paragrafo 1, abbiano modificato o semplicemente confermato la situazione giuridica preesistente. Ove le modifiche del 2017 fossero considerate semplici «chiarimenti» della situazione giuridica precedente, ciò potrebbe influire sull’interpretazione da fornire al giudice del rinvio da applicare nel caso in esame.

 Le modifiche alla direttiva IVA

94.      L’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2017/2455 precisa che all’articolo 14 della direttiva IVA è stato «aggiunto» un nuovo paragrafo 4. L’integrazione in questione ha stabilito una nuova definizione di «vendite a distanza intracomunitarie di beni». Ai sensi di tale nuova definizione, il concetto ricomprende talune specifiche situazioni di «cessioni di beni spediti o trasportati dal fornitore o per suo conto, anche quando il fornitore interviene indirettamente nel trasporto o nella spedizione dei beni, a partire da uno Stato membro diverso da quello di arrivo della spedizione o del trasporto a destinazione dell’acquirente» (il corsivo è mio). Fra i casi coperti vi è anche quello in cui «a) la cessione di beni è effettuata nei confronti di (...) qualsiasi altra persona non soggetto passivo».

95.      Né i considerando né le disposizioni sostanziali della direttiva 2017/2455 vanno oltre nell’illustrare la portata prevista del (nuovo) concetto di «intervento indiretto» da parte del fornitore né dei motivi posti alla base della sua introduzione. La relazione della Commissione si limita a un riferimento non specifico alle «linee guida del comitato IVA». In questo caso, è opportuno ricordare che, mentre le linee guida del comitato IVA del 4 e 5 giugno 2015 elaborano in qualche modo ciò che il comitato ritiene costituirebbe un «intervento indiretto» da parte del fornitore (35), il documento di lavoro che ha preceduto tali linee guida, datato 5 maggio 2015, ha lasciato del tutto aperta la discussione sull’opportunità di interpretare tale concetto in senso letterale o estensivo e il dettaglio delle linee guida non ha trovato spazio nel nuovo testo.

96.      La Repubblica ceca rinvia la Corte alla sua sentenza Welmory (36), in cui la stessa ha ritenuto che emergesse dai considerando del regolamento di cui trattasi nella presente causa che «la volontà del legislatore dell’Unione è stata di precisare talune nozioni necessarie alla determinazione dei criteri relativi al luogo delle operazioni imponibili, tenendo sempre conto della giurisprudenza della Corte in materia» e che «ciò premesso, tale regolamento, sebbene non fosse ancora in vigore all’epoca dei fatti del procedimento principale, dev’essere non di meno tenuto in considerazione». Come appena illustrato, tuttavia, dai considerando della direttiva 2017/2455 non è dato estrapolare delle indicazioni analoghe e la «giurisprudenza della Corte in materia» non è stata ancora scritta, nella fattispecie. (Dovrebbe essere chiaro, alla luce di quanto ho affermato, che non ritengo che le modifiche risolvano necessariamente la questione di fondo. Fortunatamente, però, né la Corte né io dobbiamo definitivamente esprimerci su questo punto).

97.      In maniera del tutto simile, il Regno Unito ha affidato le sue difese alla sentenza Mensing (37), in cui la Corte ha stabilito che «secondo una costante giurisprudenza, ai fini dell’interpretazione di una disposizione di diritto dell’Unione, si deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte».

98.      Tale principio racchiude, in effetti, una giurisprudenza consolidata ed è, pertanto, incontestabile. Applicandolo alla situazione attuale, tuttavia, troviamo che le parole iniziali dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2017/2455 affermano esplicitamente che la nuova definizione di cui all’articolo 14, paragrafo 4, e la sostituzione del testo esistente dell’articolo 33 della direttiva IVA ad opera del nuovo articolo 33, lettera a), operano «con effetto a decorrere dal 1° gennaio 2021»: vale a dire che i loro effetti giuridici sono posticipati di due anni rispetto a varie altre modifiche introdotte da tale direttiva.

99.      Questo deliberato rinvio degli effetti giuridici è, a mio avviso, impossibile da conciliare con l’affermazione contenuta nella relazione della Commissione, secondo cui la proposta si limita a «chiarire l’articolo 33, paragrafo 1». Se la proposta si limitasse a chiarire quello che è sempre stato l’autentico significato giuridico dell’articolo 33, paragrafo 1, non avrebbe senso posticiparne l’applicazione. Per ragioni logiche, non può che concludersi che il testo che veniva introdotto era effettivamente una modifica; e che non rappresenta l’interpretazione che avrebbe dovuto, in ogni caso, essere data al testo esistente.

100. È altrettanto importante tenere presente che la discussione trasfusa nel documento di lavoro si è tenuta tre anni dopo le operazioni oggetto della presente causa (38). Il principio della certezza del diritto deve, naturalmente, essere tenuto presente nell’interpretare l’articolo 33, paragrafo 1, della direttiva IVA (39). In effetti, i considerando della direttiva 2017/2455 fanno espressamente riferimento a tale principio, affermando che il concetto di «dal fornitore o per suo conto» deve essere definito nella direttiva IVA, in modo da includere precisamente anche l’intervento indiretto di quest’ultimo, al fine di garantire la certezza del diritto. Il fatto di suggerire che le parole «direttamente o indirettamente» si trovano nel testo originario dell’articolo 33, paragrafo 1, della direttiva IVA, quando in realtà così non è, si pone in diretta contraddizione con tale principio.

101. Concludo pertanto che, fino a quando le modifiche introdotte dalla direttiva 2017/2455 non entreranno in vigore il 1° gennaio 2021, l’articolo 33, paragrafo 1, della direttiva IVA deve essere interpretato letteralmente. Tale norma non va, pertanto, letta alla luce della nuova definizione di «vendite a distanza intracomunitarie di beni» che contiene le parole «anche quando il fornitore interviene “indirettamente” nel trasporto o nella spedizione dei beni», o come se fosse già stata sostituita dall’articolo 33, lettera a), che fa riferimento alla richiamata nuova definizione.

 Interpretazione letterale dellespressione «beni (...) spediti o trasportati dal fornitore o per suo conto»

102. Ho già suggerito, ai paragrafi da 76 a 78, le definizioni operative di (rispettivamente) «spedizione» da parte del fornitore e «trasporto» da parte del fornitore. Mi permetto, adesso, di aggiungere a queste una definizione operativa di «per suo conto». Suggerisco che i beni siano da intendere come spediti o trasportati «per conto del fornitore» se il fornitore, anziché il cliente, prende effettivamente le decisioni che regolano le modalità di spedizione o di trasporto di tali beni.

103. Spetta al giudice nazionale, in qualità di unico giudice del merito, determinare se – sulla base dei fatti già esposti nell’ordinanza di rinvio e di qualsiasi altro materiale probatorio che le parti scelgano di sottoporre al suo esame – i beni oggetto del presente procedimento siano stati in realtà «spediti o trasportati dal fornitore o per suo conto». Nel raggiungere le sue conclusioni, è opportuno che il giudice nazionale tenga presente che «la valutazione della realtà economica e commerciale costituisce un criterio fondamentale per l’applicazione del sistema comune dell’IVA» (40).

104. A tal riguardo, i seguenti elementi (non esaustivi) mi sembrano direttamente o indirettamente rilevanti: i) la gamma delle potenziali opzioni di trasporto offerte dal fornitore ai clienti sul suo sito web; ii) il grado di connessione (se presente) tra il fornitore e le società che propongono ciascuna di tali opzioni; iii) se l’acquisto dei beni e l’acquisto dei servizi di trasporto siano regolati da un unico contratto o da contratti separati; iv) quando è sorto l’obbligo di pagamento dei beni; v) quando e dove avviene il passaggio della proprietà e del relativo rischio; vi) quali accordi fossero in vigore per effettuare il pagamento dei beni e dei servizi di trasporto utilizzati. In ultima analisi, il giudice nazionale dovrà decidere – sulla base di tutti gli elementi a sua disposizione – se la KrakVet (o una società da essa posseduta o controllata) abbia, in pratica, preso le decisioni che disciplinano la spedizione o il trasporto dei beni, ovvero se tali decisioni siano state prese dai singoli clienti della KrakVet.

105. Nel caso in esame, non tutti gli elementi di fatto conosciuti convergono verso la stessa direzione e non si sa abbastanza in merito agli elementi rilevanti della vicenda (41). Intendo sottolineare che solo gli elementi contenuti nell’ordinanza di rinvio costituiscono fatti accertati. L’altro materiale presentato alla Corte (sia con le osservazioni scritte, sia oralmente durante l’udienza) costituisce un elemento che il giudice nazionale potrebbe voler approfondire e acquisire allorquando la questione gli sarà nuovamente rinviata.

106. In primo luogo, sembra che la KrakVet abbia proposto sul suo sito web un’unica possibile società di trasporto lasciando, al tempo stesso, i potenziali clienti liberi di concludere accordi autonomi al riguardo. Non metteva a loro disposizione web link per consentire ai clienti di contattare una serie di possibili compagnie di trasporto. (Intervengo per osservare che l’ordinanza di rinvio nella causa KrakVet II (42) chiarisce che sul sito web erano proposte varie società di trasporto diverse e che i clienti concludevano contratti separati per i beni stessi e per il loro trasporto). La KrakVet non ha offerto, di per sé, servizi di trasporto. In secondo luogo, il proprietario della KrakVet e il proprietario della KBGT sono fratelli (43); vi sono quindi stretti legami familiari fra le due società. In terzo luogo, sembra che ci possano essere stati dei contratti separati che disciplinano l’acquisto di beni e la fornitura di servizi di trasporto. In quarto luogo, non sono stati effettuati accertamenti di fatto per determinare con precisione il momento in cui è sorto l’obbligo di pagare i beni. In quinto luogo, lo stesso vale per la questione di quando (e dove) la proprietà dei beni – e il relativo rischio in caso di danni o perdita parziale o totale dei beni – sia passata dal fornitore al cliente. [Mi interrompo per osservare al riguardo che in udienza la KrakVet ha dichiarato che i suoi prodotti erano venduti franco fabbrica (ex works). Di conseguenza l’acquirente era comunque tenuto al pagamento del prezzo in caso di danni, di distruzione, di perdita o di furto dei beni nel corso del trasporto]. In sesto luogo, nel caso in cui i beni siano stati trasportati dalla KBGT, i clienti sembrano aver pagato in anticipo la KrakVet sia per i beni che per il trasporto – tale pagamento è stato poi trasferito dalla società di trasporto ungherese in questione sul conto bancario presso la CIB intrattenuto dal proprietario della KBGT ed è stato successivamente ripartito tra la KrakVet e la KBGT. Mentre per acquisti inferiori a HUF 8 990 il trasporto con la KBGT costava HUF 1 600, sopra tale soglia il trasporto con la KBGT era disponibile per HUF 70 (un importo che sembra essere così basso da essere puramente simbolico) – finanziato dalla KrakVet mediante uno sconto di HUF 1 530 sul prezzo dei beni acquistati.

107. Sulla base di tali elementi e di ogni materiale probatorio presentato, il giudice del rinvio dovrà decidere se le decisioni che governano la spedizione o il trasporto dei beni sono state in realtà assunte dalla KrakVet (o da una società da essa posseduta o controllata) o dai singoli clienti ungheresi della KrakVet.

108. Suggerisco alla Corte di rispondere alla quarta questione pregiudiziale nel modo seguente:

L’articolo 33, paragrafo 1, della direttiva IVA deve essere interpretato nel senso che riguarda solamente i casi in cui i beni sono spediti o trasportati dal fornitore o per suo conto. Tale disposizione non si occupa delle situazioni in cui il fornitore interviene solo indirettamente nella spedizione o nel trasporto dei beni.

Se il fornitore, su sua iniziativa e scelta, adotta la maggior parte o tutte le misure essenziali necessarie per preparare i beni al trasporto, adotta le disposizioni per il ritiro dei beni e per l’inizio del viaggio e rinuncia al possesso e al controllo dei beni, ha avuto luogo una «spedizione» da parte del fornitore.

Se il fornitore, personalmente o tramite il suo agente, effettua fisicamente l’operazione di trasporto, oppure possiede o controlla la persona giuridica che lo fa, ha avuto luogo un «trasporto» da parte del fornitore.

I beni sono spediti o trasportati «per conto» del fornitore se è quest’ultimo, anziché il cliente, a prendere effettivamente le decisioni sul modo in cui tali beni devono essere spediti o trasportati.

 Pratica abusiva

109. Con la quinta questione pregiudiziale, il giudice del rinvio evidenzia due elementi di fatto della causa dinanzi a esso pendente: 1) che la KBGT ha un «legame» con la KrakVet (ritengo che il giudice nazionale con ciò intenda riferirsi al fatto che i proprietari delle due società sono fratelli) e offre altri servizi indipendenti dal trasporto (per come lo intendo, l’imballaggio dei beni per la spedizione); ma 2) il cliente è libero di scegliere altre opzioni per il trasporto dei beni che sta acquistando. Il giudice del rinvio chiede se questi due specifici fatti siano rilevanti per determinare se la condotta della KrakVet costituisca una pratica abusiva ai sensi del diritto dell’Unione in materia di IVA, giustificando così l’imposizione di severe sanzioni economiche alla KrakVet.

110. Se il giudice del rinvio dovesse giungere alla conclusione che la spedizione e/o il trasporto è stato effettuato «per conto» del fornitore, la KrakVet, anziché per conto del singolo cliente, tale giudice dovrà, in effetti, considerare se il pagamento dell’IVA nello Stato membro di origine (Polonia), anziché nello Stato membro di destinazione (Ungheria) debba essere considerato non solo come errato, ma anche come un abuso. Rammento che nella sentenza Part Service (44) la Corte ha chiarito che «è compito del giudice del rinvio determinare, alla luce degli elementi interpretativi forniti dalla presente sentenza se, ai fini dell’applicazione dell’IVA, operazioni come quelle controverse nella causa principale possano essere considerate rientranti in una pratica abusiva ai sensi della sesta direttiva». Pertanto, per rispondere alla quinta questione, è a mio avviso necessario esaminare più ampiamente le circostanze del caso.

111. Come andrò a illustrare di seguito, un elemento chiave nella presente causa è che la KrakVet ha richiesto indicazioni alle competenti autorità polacche, mediante un interpello volto a chiarire se l’IVA fosse dovuta nello Stato membro di origine o nello Stato membro di destinazione (45). Nel procedimento dinanzi a questa Corte nessuno ha contestato l’affermazione della KrakVet secondo cui la risposta a tale interpello era giuridicamente vincolante sia per la KrakVet che per l’amministrazione finanziaria polacca. Le competenti autorità polacche hanno comunicato alla KrakVet che l’IVA era dovuta in Polonia – in altre parole, che era applicabile la regola generale di cui all’articolo 32 della direttiva IVA, piuttosto che la deroga di cui all’articolo 33 della stessa. È incontestato che la KrakVet abbia debitamente contabilizzato e pagato l’IVA in Polonia nel periodo in questione. Le autorità polacche hanno effettuato un’ispezione della KrakVet nel 2014, all’esito della quale hanno confermato la risposta precedentemente data alla KrakVet.

112. La KrakVet e la Polonia sostengono, citando la sentenza WebMindLicenses (46), che un soggetto passivo ben può trarre vantaggio dalle differenze fra le aliquote IVA nazionali. Tali parti evidenziano che i soggetti passivi sono generalmente liberi di scegliere le strutture organizzative e le modalità operative che ritengono più appropriate per le loro attività economiche e al fine di limitare i loro oneri fiscali (47), e di scegliere le strutture imprenditoriali che ritengono più idonee per le loro attività (48).

113. L’Italia sostiene che i soggetti passivi non hanno il diritto di avvalersi abusivamente delle norme di diritto dell’Unione (49), mentre la Repubblica ceca, l’Irlanda, l’Ungheria e la Commissione sostengono che la pratica commerciale della KrakVet costituisce un abuso, in quanto cerca di trarre vantaggi, che falsano la concorrenza, dalla differenza tra le aliquote IVA degli Stati membri (50). Il Regno Unito non solleva la presente problematica.

114. Rammento che nella sentenza Halifax (51), la Corte ha chiarito che «a un soggetto passivo che ha la scelta tra due operazioni la direttiva [IVA] non impone di scegliere quella che implica un maggiore pagamento IVA. Al contrario, come osservato dall’avvocato generale al paragrafo 85 delle conclusioni, il soggetto passivo ha il diritto di scegliere la forma di conduzione degli affari che gli permette di limitare la sua contribuzione fiscale» (52). Pertanto «nel settore IVA, perché possa parlarsi di un comportamento abusivo, le operazioni controverse devono, nonostante l’applicazione formale delle condizioni previste dalle pertinenti disposizioni della direttiva [IVA] e della legislazione nazionale che la traspone, procurare un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria all’obiettivo perseguito da queste stesse disposizioni. Non solo. Deve altresì risultare da un insieme di elementi oggettivi che lo scopo delle operazioni controverse è essenzialmente l’ottenimento di un vantaggio fiscale» (il corsivo è mio). Tali condizioni (in prosieguo: i «criteri Halifax») sono cumulative (53). Nella sentenza Part Service (54) la Corte ha chiarito che «l’esistenza di una pratica abusiva può essere riconosciuta qualora il perseguimento di un vantaggio fiscale costituisca lo scopo essenziale dell’operazione o delle operazioni controverse» (il corsivo è mio). A questa giurisprudenza si fa riferimento anche nel documento di lavoro del comitato IVA.

115. Nella presente causa, è pacifico che l’operazione principale è la vendita di alimenti per animali domestici. Questa è l’attività della KrakVet; e questo è ciò che i clienti della KrakVet sono interessati ad acquistare. L’acquisto dei servizi di trasporto necessari per ottenere il cibo per animali domestici dal magazzino della KrakVet in Polonia all’indirizzo di consegna del cliente in Ungheria è incidentale (o accessorio) rispetto a tale operazione principale. Le circostanze attuali non assomigliano quindi al tipo di costruzione, del tutto artificiosa, con cui una società struttura la propria attività al solo scopo di minimizzare l’onere fiscale – il classico caso di abuso dell’IVA.

116. È comunque altrettanto evidente che la KrakVet, in ragione della differenza tra le aliquote IVA fra Polonia (8%) e Ungheria (27%), ha conseguito un rilevante beneficio economico. Ciò indipendentemente dal fatto che il beneficio si concretizzi in un aumento dei profitti o in una maggiore quota di mercato derivante dalla possibilità di offrire prezzi più bassi al consumatore finale.

117. Nel prosieguo, presumerò che, quando la presente causa verrà rimessa al giudice del rinvio, tale giudice non potrà che concludere che le operazioni in questione rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 33 della direttiva IVA anziché dell’articolo 32 della stessa.

118. In tal caso, l’IVA per tali operazioni sarebbe stata dovuta in Ungheria, operazioni che avevano un valore che superava notevolmente la soglia quantitativa di cui all’articolo 34. Un errore di diritto sarebbe stato commesso dal soggetto passivo (la KrakVet), ma anche dalle autorità polacche nella risposta che avevano fornito all’interpello della KrakVet.

119. Con la prima e la seconda questione pregiudiziale si chiede se lo Stato membro di destinazione sia vincolato dall’accertamento IVA effettuato dallo Stato membro di origine. Ritengo che nell’effettuare un simile accertamento lo Stato membro di origine debba necessariamente – forse, implicitamente – aver verificato nel corso dell’iter se gli accordi proposti costituissero una condotta abusiva e abbia concluso che non ricorreva tale fattispecie, ma che detti accordi rientravano legittimamente nell’articolo 32 della direttiva IVA. Poiché le presenti conclusioni si limitano a un esame della quarta e della quinta questione pregiudiziale, lascio aperta la risposta alla prima e alla seconda questione. Di seguito, procedo sulla base del fatto che lo Stato membro di destinazione è libero di considerare se occorre sanzionare la condotta di cui trattasi in quanto abuso di diritto ai sensi dei criteri Halifax.

120. Inizio osservando che il regolamento antifrode sull’IVA non contiene disposizioni relative alle risposte date agli interpelli dei fornitori. Parimenti, non affronta il modo in cui l’amministrazione finanziaria di uno Stato membro dovrebbe considerare tali risposte, fornite con effetto vincolante dall’amministrazione finanziaria di un altro Stato membro, né l’esito delle ispezioni effettuate da tale amministrazione finanziaria.

121. Detto regolamento, tuttavia, sottolinea ripetutamente l’importanza della cooperazione tra le amministrazioni finanziarie degli Stati membri. Tale cooperazione, considerata essenziale per la corretta applicazione della legislazione in materia di IVA e per la prevenzione delle frodi, è dimostrata, tra l’altro, dai considerando 7 e 13, dall’articolo 1, paragrafo 1 (che definisce l’ambito generale della cooperazione), dall’articolo 7, paragrafo 3 (che consente allo Stato membro di destinazione di chiedere allo Stato membro di origine di aprire una «indagine amministrativa»), dall’articolo 13, paragrafo 1 (che obbliga lo Stato membro di origine a fornire informazioni senza alcuna richiesta preventiva), e dalle disposizioni per il controllo congiunto contenute negli articoli 29 e 30. Il regolamento antifrode sull’IVA può pertanto essere considerato un’attuazione pratica dell’obbligo di leale cooperazione sancito dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE, in base al quale «gli Stati membri si rispettano e si
assistono reciprocamente nell’adempimento dei compiti derivanti dai trattati» (55).

122. Ritengo che sarebbe nettamente contrario a tale principio consentire alle autorità competenti in un altro Stato membro, oltre ad applicare eventuali correzioni consentite in termini di IVA dovuta e relativi interessi, anche di sanzionare severamente come abuso di diritto (ai sensi dei criteri Halifax) la stessa condotta che era stata espressamente approvata come legittima in una valutazione giuridicamente vincolante effettuata dai loro colleghi nello Stato membro in cui il contribuente era registrato ai fini IVA.

123. Nutro, inoltre, seri dubbi sulla compatibilità di un simile risultato con il principio del legittimo affidamento.

124. La Corte ha stabilito nella sentenza Kreuzmayr (56) che il principio della tutela del legittimo affidamento «si estende a ogni individuo in capo al quale un’autorità amministrativa abbia fatto sorgere fondate speranze a causa di assicurazioni precise che essa gli avrebbe fornito». A mio parere, una risposta a un interpello – risposta che, tendenzialmente, era giuridicamente vincolante sia per il contribuente che per le autorità competenti – costituisce proprio una precisa assicurazione.

125. Intendo innanzitutto evidenziare che la KrakVet non avrebbe potuto nutrire un legittimo affidamento riguardo al fatto che la risposta al suo interpello data dalle autorità polacche responsabili dell’IVA rappresentasse una dichiarazione corretta e inattaccabile della reale posizione giuridica. Vi era sempre la possibilità che le autorità competenti di un altro Stato membro adottassero una posizione diversa e che – come è effettivamente accaduto in questo caso – la questione fosse oggetto di un contenzioso dinanzi ai giudici nazionali e che la Corte fosse autorevolmente chiamata a pronunciarsi.

126. Ritengo, tuttavia, che la KrakVet avesse il diritto di procedere sulla base del fatto che, se avesse poi condotto le sue attività in stretta conformità con la proposta che aveva presentato a tali autorità nel suo interpello, non sarebbe stata esposta al rischio di pesanti sanzioni per abuso di diritto nel caso in cui tale risposta legalmente vincolante si fosse rivelata, in ultima analisi, giuridicamente errata.

127. L’«abuso di diritto» è una questione seria. Laddove dimostrato, esso comporta, giustamente, rilevanti sanzioni. Non dovrebbe essere svalutato e distorto estendendolo a una situazione in cui il contribuente ha prudentemente cercato di ottenere indicazioni sulla corretta classificazione dell’IVA della sua attività, non da un consulente commerciale privato, ma dalle autorità competenti dello Stato membro in cui è registrato per il pagamento di tale imposta.

128. Nel caso in cui la Corte non sia d’accordo con me su questo punto di principio, formulo le due seguenti osservazioni aggiuntive.

129. In primo luogo, mi pare che – per lo meno – le autorità competenti dello Stato membro di destinazione (Ungheria) sarebbero obbligate a fornire alla KrakVet una motivazione dettagliata che spieghi il perché, nonostante la risposta vincolante che la KrakVet aveva ricevuto al suo interpello presso le autorità polacche responsabili dell’IVA, abbiano ritenuto che la condotta tenuta dalla società sulla base di tale risposta costituisse un abuso di diritto (57).

130. In secondo luogo, intendo rammentare che nella sentenza Farkas (58), la Corte ha stabilito che «in mancanza di armonizzazione della normativa dell’Unione nel settore delle sanzioni applicabili in caso di inosservanza delle condizioni previste da un regime istituito da tale normativa [IVA], gli Stati membri restano competenti a scegliere le sanzioni che sembrano loro appropriate. Essi tuttavia sono tenuti ad esercitare questa competenza nel rispetto del diritto dell’Unione e dei suoi principi generali e, di conseguenza, nel rispetto del principio di proporzionalità». Ne consegue che il fatto che la KrakVet abbia agito basandosi sulla risposta al suo interpello data dalle autorità polacche responsabili dell’IVA sarebbe un fattore utile per determinare se l’amministrazione finanziaria ungherese debba infliggere alla KrakVet una sanzione e, in caso affermativo, il livello adeguato di tale sanzione.

131. Suggerisco quindi alla Corte di rispondere alla quinta questione pregiudiziale nel modo seguente:

Laddove un contribuente richieda alle autorità competenti dello Stato membro in cui è registrato ai fini dell’IVA la corretta classificazione giuridica ai fini IVA di una determinata condotta (indicando nel dettaglio l’organizzazione che intende mettere in atto), riceva una risposta giuridicamente vincolante per sé e per tale amministrazione finanziaria, e quindi eserciti la propria attività in stretta conformità con quanto indicato nell’interpello presentato a tali autorità (circostanza che deve essere verificata dal giudice nazionale), alle autorità competenti di un altro Stato membro è precluso dal principio di leale cooperazione sancito dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE e dal principio di tutela del legittimo affidamento, il considerare le sue condotte come un abuso di diritto nell’ambito dei criteri fissati nella causa C-255/02, Halifax, e sanzionare, di conseguenza, tale condotta.

 Conclusioni

132. Ferme restando le soluzioni date dalla Corte alla prima, alla seconda e alla terza questione pregiudiziale proposta dal Fővárosi Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság (Tribunale amministrativo e del lavoro di Budapest, Ungheria), suggerisco alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali quarta e quinta nel modo seguente:

Quarta questione:

L’articolo 33, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretato nel senso che riguarda solamente i casi in cui i beni sono spediti o trasportati dal fornitore o per suo conto. Tale disposizione non si occupa delle situazioni in cui il fornitore interviene solo indirettamente nella spedizione o nel trasporto dei beni.

Se il fornitore, su sua iniziativa e scelta, adotta la maggior parte o tutte le misure essenziali necessarie per preparare i beni al trasporto, adotta le disposizioni per il ritiro dei beni e per l’inizio del viaggio e rinuncia al possesso e al controllo dei beni, ha avuto luogo una «spedizione» da parte del fornitore.

Se il fornitore, personalmente o tramite il suo agente, effettua fisicamente l’operazione di trasporto, oppure possiede o controlla la persona giuridica che lo fa, ha avuto luogo un «trasporto» da parte del fornitore.

I beni sono spediti o trasportati «per conto» del fornitore se è quest’ultimo, anziché il cliente, a prendere effettivamente le decisioni sul modo in cui tali beni devono essere spediti o trasportati.

Quinta questione:

Laddove un contribuente richieda alle autorità competenti dello Stato membro in cui è registrato ai fini dell’IVA la corretta classificazione giuridica ai fini IVA di una determinata condotta (indicando nel dettaglio l’organizzazione che intende mettere in atto), riceva una risposta giuridicamente vincolante per sé e per tale amministrazione finanziaria, e quindi eserciti la propria attività in stretta conformità con quanto indicato nell’interpello presentato a tali autorità (circostanza che deve essere verificata dal giudice nazionale), alle autorità competenti di un altro Stato membro è precluso dal principio di leale cooperazione sancito dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE e dal principio di tutela del legittimo affidamento, il considerare le sue condotte come un abuso di diritto nell’ambito dei criteri fissati nella causa C-255/02, Halifax, e sanzionare, di conseguenza, tale condotta.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      Direttiva del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1). All’epoca dei fatti, tale direttiva era stata modificata dalla direttiva 2006/138/CE del Consiglio, del 19 dicembre 2006 (GU 2006, L 384, pag. 92); dalla direttiva 2007/75/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2007 (GU 2007, L 346, pag. 13); dalla direttiva 2008/8/CE del Consiglio, del 12 febbraio 2008 (GU 2008, L 44, pag. 11); dalla direttiva 2008/117/CE del Consiglio, del 16 dicembre 2008 (GU 2009, L 14, pag. 7); dalla direttiva 2009/47/CE del Consiglio, del 5 maggio 2009 (GU 2009, L 116, pag. 18); dalla direttiva 2009/69/CE del Consiglio, del 25 giugno 2009 (GU 2009, L 175, pag. 12); dalla direttiva 2009/162/UE del Consiglio, del 22 dicembre 2009 (GU 2010, L 10, pag. 14); dalla direttiva 2010/23/UE del Consiglio, del 16 marzo 2010 (GU 2010, L 72, pag. 1); dalla direttiva 2010/45/UE del Consiglio, del 13 luglio 2010 (GU 2010, L 189, pag. 1) e dalla direttiva 2010/88/UE del Consiglio, del 7 dicembre 2010 (GU 2010, L 326, pag. 1). Una versione consolidata del testo è disponibile su EUR-Lex, quale documento CELEX 02006L0112-20130101.


3      Regolamento del Consiglio del 7 ottobre 2010, relativo alla cooperazione amministrativa e alla lotta contro la frode in materia d’imposta sul valore aggiunto (GU 2010, L 268, pag. 1) All’epoca dei fatti, non erano state apportate modifiche a tale regolamento.


4      Il termine «intracomunitarie» (piuttosto che, ad esempio, «intra-Unione» o «intra-UE») è stato mantenuto nella legislazione dell’Unione sull’IVA.V. van Doesum, A., van Kesteren, H., van Norden, G.-J., Fundamentals of EU VAT Law, Wolters Kluwer, Alphen aan den Rijn, 2016, pag. 436.


5      La «vendita a distanza» nel contesto delle norme sull’IVA è stata definita per la prima volta all’interno della direttiva (UE) 2017/2455 del Consiglio, del 5 dicembre 2017, che modifica la direttiva 2006/112/CE e la direttiva 2009/132/CE per quanto riguarda taluni obblighi in materia di imposta sul valore aggiunto per le prestazioni di servizi e le vendite a distanza di beni (GU 2017, L 348, pag. 7). V. infra, paragrafi 44 e segg.


6      Regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011 del Consiglio, del 15 marzo 2011, recante disposizioni di applicazione della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto (GU 2011, L 77, pag. 1). All’epoca dei fatti, non erano state apportate modifiche a tale regolamento.


7      Documento taxud.c.1(2015)2158321.


8      Sentenza del 21 febbraio 2006, Halifax (C-255/02, EU:C:2006:121, punti 61 e segg.).


9      Sentenza del 21 febbraio 2008, Part Service  (C-425/06 EU:C:2008:108, punti 31 e 45).


10      Direttiva 91/680/CEE del Consiglio, del 16 dicembre 1991, che completa il sistema comune di imposta sul valore aggiunto e modifica, in vista della soppressione delle frontiere fiscali, la direttiva 77/388/CEE (GU 1991, L 376, pag. 1) V. infra paragrafo 89.


11      Sul valore giuridico di tale dichiarazione concordata messa a verbale di una riunione del Consiglio, v. infra paragrafo 89.


12      Documento C – taxud.c.1(2015)4820441 – 876.


13      Come spiegato dallo stesso comitato IVA all’inizio della sua pubblicazione Linee guida risultanti dalle riunioni del comitato IVA fino al 12 dicembre 2019, «poiché è solo un comitato consultivo e non ha ricevuto alcun potere legislativo, il comitato IVA non può prendere decisioni giuridicamente vincolanti. Esso può offrire un orientamento sull’applicazione della direttiva il quale, tuttavia, non è in alcun modo vincolante per la Commissione europea né per gli Stati membri». Il testo integrale è disponibile all’indirizzo ec.europa.eu/taxation_customs/sites/taxation/files/guidelines-vat-committee-meetings_en.pdf. V. infra paragrafo 91.


14      «Quasi unanimemente» in tale contesto viene utilizzato per descrivere un accordo di un numero compreso tra 24 e 27 Stati membri su un totale possibile di 28. V. Linee guida risultanti dalle riunioni del comitato IVA fino al 12 dicembre 2019.


15      Proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 2006/112/CE e la direttiva 2009/132/CE per quanto riguarda taluni obblighi in materia di imposta sul valore aggiunto per le prestazioni di servizi e le vendite a distanza di beni (COM[2016] 757 final).


16      Nella versione applicabile all’epoca dei fatti.


17      Nella versione applicabile all’epoca dei fatti


18      Tali importi corrispondono, rispettivamente, a circa EUR 645,35 e EUR 1 613,37.


19      Per convertire i fiorini ungheresi in euro mi sono avvalso del tasso di cambio medio del 2012 della Banca Centrale europea.


20      Emerge che l’amministrazione finanziaria ungherese aveva avviato una ricerca nell’archivio telematico della versione del sito web, eseguita dalla sua divisione informatica (Nemzeti Adó- és Vámhivatal Informatikai Ellenőrzési Főosztály), ma il risultato di tale ricerca non è stato riferito alla Corte.


21      V. supra, paragrafo 14.


22      Per convertire i fiorini ungheresi in euro mi sono avvalso del tasso di cambio medio del 16 agosto 2016 della Banca Centrale europea.


23      Prendo atto, con un po’ di rammarico, che le modifiche introdotte dall’articolo 2 della direttiva 2017/2455 non affrontano tale problematica.


24      È sempre più facile criticare la stesura effettuata da altri piuttosto che svolgere correttamente da sé tale compito. L’ideale sarebbe probabilmente anche sostituire all’articolo 33, paragrafo 1, l’espressione «dal fornitore o per suo conto» con i termini «per conto del fornitore», così da rendere inequivoca la distinzione tra la regola e l’eccezione.


25      V. inoltre sentenze dell’8 dicembre 2016, A e B (C-453/15, EU:C:2016:933, punto 25); del 29 giugno 2017, L.Č. (C-288/16, EU:C:2017:502, punto 19), e dell’8 novembre 2018, Cartrans Spedition (C-495/17, EU:C:2018:887, punto 34). È opportuno osservare che tutti e tre i casi riguardavano l’esenzione di cui all’articolo 146, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 e la prestazione di servizi.


26      Il costo reale del trasporto delle merci ordinate dal magazzino al consumatore deve, a mio avviso, superare in modo significativo gli importi addebitati ai clienti che hanno scelto di utilizzare la KBGT come spedizioniere (v. supra, paragrafo 61). Dopo tutto, oltre ai costi propri della KBGT, ci sarebbero stati anche i costi delle società di spedizione ungheresi per il segmento di trasporto che si trovava in Ungheria anziché in Polonia. L’economicità dell’operazione è una questione che – per fortuna – non deve essere approfondita dalla Corte. Basti considerare che la differenza di aliquota IVA (8% in Polonia, 27% in Ungheria) deve aver avuto un ruolo significativo nella redditività dell’esercizio per la KrakVet e/o per la KBGT. Ciò non rende, di per sé, né fraudolente né illegali le condotte poste in essere.


27      Sentenze del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses (C-419/14, EU:C:2015:832, punti 41 e 44), e del 29 marzo 2007, Aktiebolaget NN (C-111/05, EU:C:2007:195, punto 43).


28      Sentenze del 19 dicembre 2013, BDV  (C-563/12, EU:C:2013:854, punto 29), e del 6 luglio 2017 Glencore Agriculture Hungary  (C-254/16, EU:C:2017:522, punto 36).


29      Sentenze del 20 giugno 2013, Newey (C-653/11, EU:C:2013:409, punto 42), e del 22 novembre 2018, MEO Serviços de Comunicações e Multimédia (C-295/17, EU:C:2018:942, punti da 43 a 45).


30      V. supra, paragrafo 37.


31      Sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU 1977, L 145, pag. 1).


32      «1. In deroga all’articolo 8, paragrafo 1, lettera a), e paragrafo 2, è considerato luogo di cessione di beni spediti o trasportati dal fornitore o per conto di questi, a partire da uno Stato membro diverso da quello di arrivo della spedizione o del trasporto il luogo in cui i beni si trovano al momento d’arrivo della spedizione o del trasporto a destinazione dell’acquirente qualora si adempiano le seguenti condizioni: - la cessione di beni è effettuata per un soggetto passivo o per un ente che non è soggetto passivo il quale beneficia della deroga prevista all’articolo 28 bis, paragrafo 1, lettera a), secondo comma, o per qualsiasi altra persona che non è soggetto passivo». L’articolo 32 della direttiva 2006/112 corrisponde, in sostanza, all’articolo 8, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva IVA.


33      Sentenza del 26 febbraio 1991 (C-292/89, EU:C:1991:80, punto 18).


34      «Le linee guida emesse dal Comitato IVA non costituiscono altro che opinioni di un comitato consultivo. Non costituiscono un’interpretazione ufficiale del diritto dell’Unione e non hanno necessariamente l’accordo della Commissione europea. Non vincolano la Commissione europea o gli Stati membri, i quali sono liberi di non seguirle. La riproduzione di questo documento è subordinata alla menzione della presente avvertenza».


35      V. supra paragrafi da 42 a 44.


36      Sentenza del 16 ottobre 2014 (C-605/12, EU:C:2014:2298, punti 45 e 46).


37      Sentenza del 29 novembre 2018 (C-264/17, EU:C:2018:968, punto 24).


38      V. supra, paragrafo 91.


39      Sentenza del 19 dicembre 2013 BDV  Hungary Trading (C-563/12, EU:C:2013:854, punto 29).


40      Sentenza del 20 giugno 2013, Newey (C-653/11, EU:C:2013:409, punto 42).


41      V. supra paragrafi da 58 a 62


42      Causa C-108/19 KrakVet (KrakVet II), un rinvio pregiudiziale operato dalla Curtea de Apel București (Corte di appello di Bucarest, Romania), ancora pendente.


43      In tal senso, osservo che l’articolo 80, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 consente di prendere in considerazione i legami familiari, affinché «la base imponibile sia pari al valore normale».


44      Sentenza del 21 febbraio 2008 (Part Service,  C-425/06,  EU:C:2008:108, punto 63).


45      V. supra, paragrafi 63 e 65.


46      Sentenza del 17 dicembre 2015 (C-419/14, EU:C:2015:832, punti 27 e 40).


47      Sentenza del 22 dicembre 2010, RBS  Deutschland Holdings (C-277/09, EU:C:2010:810, punto 53). V. anche conclusioni dell’avvocato generale Bobek nella causa SEB  Bankas, C-532/16, EU:C:2017:1019, in cui il mio collega suggerisce che le amministrazioni finanziarie competenti devono ricercare, in ogni singolo caso, un giusto equilibrio tra la necessità di un’applicazione uniforme del diritto e le particolari circostanze del singolo caso, che avrebbero potuto dare luogo a legittime aspettative da parte del soggetto passivo (v. paragrafi 83 e 84 delle conclusioni in questione).


48      Sentenza del 22 dicembre 2010, RBS  Deutschland Holdings (C-277/09, EU:C:2010:810, punto 53); e conclusioni dell’avvocato generale Bobek nella causa SEB Bankas  (C-532/16, EU:C:2017:1019, paragrafo 83).


49      Citando le sentenze del 12 maggio 1998, Kefalas e a. (C-367/96, EU:C:1998:222, punto 20); del 23 marzo 2000, Diamantis  (C-373/97, EU:C:2000:150, punto 33), e del 3 marzo 2005, Fini H (C-32/03, EU:C:2005:128, punto 32).


50      Citando le sentenze del 21 febbraio 2006, Halifax (C-255/02, EU:C:2006:121, punto 74); del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses (C-419/14, EU:C:2015:832, punti 35 e 36), e del 22 novembre 2017, Cussens (C-251/16, EU:C:2017:881, punto 27).


51      Sentenza del 21 febbraio 2006, Halifax (C-255/02, EU:C:2006:121, punti da 73 a 75).


52      Conclusioni dell’avvocato generale Poiares Maduro nella causa Halifax e a. (cause riunite C-255/02, C-419/02 e C-223/03, EU:C:2005:200).


53      Questi criteri sono stati oggetto di un’ampia discussione accademica. V. Vanistendael F., «Halifax and Cadbury Schweppes: one single European theory of abuse in tax law?», EC Tax Review, vol. 15, 2006, edizione G, pagg. da 192 a 195; Pistone P., «Abuse of Law in the Context of Indirect Taxation: From (before) Emsland-stärke 1 to Halifax (and beyond)», Prohibition of abuse of Law: A new German principle of EU Law? 1a edizione, 2011, Hart Publishing, Studies of the Oxford Institute of European and Comparative Studies, Oxford; De la Feria R., «Giving themselves extra VAT? The ECJ ruling in Halifax», British Tax Review, edizione 2, 2006, pagg. da 119 a 123; De la Feria R., «Prohibition of abuse of (community) law: the creation of a new general principle of EC law through tax», Common Market Law Review, vol. 45, 2008, edizione 2, pagg. da 395 a 441.


54      Sentenza del 21 febbraio 2008, Part Service (C-425/06, EU:C:2008:108, punto 45).


55      Sentenza del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses (C-419/14, EU:C:2015:832, punto 41).


56      Sentenza del 21 febbraio 2018, Kreuzmayr (C-628/16, EU:C:2018:84, punto 46).


57      V., fra le altre, sentenza del 9 novembre 2017 LS Customs Services (C-46/16, EU:C:2017:839), in cui la Corte ha stabilito che «l’obbligo di motivazione delle decisioni adottate dalle autorità nazionali riveste un’importanza particolare, poiché pone il loro destinatario in grado di difendere i propri diritti nelle migliori condizioni possibili e di valutare, con piena cognizione di causa, se sia utile proporre ricorso contro di essa. È altresì necessario al fine di consentire ai giudici di esercitare un sindacato sulla legittimità di dette decisioni» (punto 40).


58      Sentenza del 26 aprile 2017 (C-564/15, EU:C:2017:302, punto 59).