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Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

HENRIK SAUGMANDSGAARD ØE

presentate il 18 marzo 2021 (1)

Causa C-855/19

G. sp. z o.o.

contro

Dyrektor Izby Administracji Skarbowej w Bydgoszczy

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa, Polonia)]

«Rinvio pregiudiziale – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Acquisto intracomunitario di carburanti – Obbligo di assolvimento anticipato dell’imposta – Termine di cinque giorni a decorrere dall’introduzione dei carburanti nel territorio nazionale – Articolo 110 TFUE – Divieto di riscossione di imposizioni interne superiori sui prodotti degli altri Stati membri – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 273 – Misure volte a contrastare l’evasione – Articoli 62 e 69 – Esigibilità dell’imposta – Mancanza – Articolo 206 – Nozione di “acconti provvisori” – Acconto provvisorio su un’imposta non esigibile – Base di calcolo – Importo lordo calcolato su un’operazione imponibile – Importo netto dell’imposta calcolato sull’intero periodo d’imposta»






I.      Introduzione

1.        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 110 TFUE e degli articoli 69, 206 e 273 della direttiva 2006/112/CE (2).

2.        La domanda è stata presentata nel quadro di una controversia che contrappone la società G. sp. z o.o. (in prosieguo: la «ricorrente nel procedimento principale») al Dyrektor Izby Administracji Skarbowej w Bydgoszczy (direttore dell’ufficio delle imposte di Bydgoszczy, Polonia) (in prosieguo: l’«amministrazione finanziaria») con riguardo all’obbligo di assolvimento anticipato dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) sugli acquisti intracomunitari di carburanti, introdotto ai fini della lotta all’evasione.

3.        La ricorrente nel procedimento principale ha contestato la legittimità, alla luce del diritto dell’Unione, di detto obbligo di assolvimento anticipato, in forza del quale essa era tenuta a versare l’importo lordo dell’imposta, calcolato senza tener conto del suo diritto a detrazione, su ciascun acquisto intracomunitario di carburanti, entro un termine di cinque giorni a decorrere dall’introduzione della merce nel territorio nazionale.

4.        Per i motivi di seguito illustrati, ritengo che gli articoli 62 e 69 della direttiva IVA ostino ad un siffatto obbligo di assolvimento anticipato nella parte in cui consente all’amministrazione finanziaria di esigere dal soggetto passivo il pagamento dell’imposta prima che questa divenga esigibile.

5.        Inoltre, un assolvimento anticipato di tal genere non può essere qualificato come acconto provvisorio ai sensi dell’articolo 206 della suddetta direttiva. Da un lato, tali acconti possono riguardare unicamente un’imposta divenuta esigibile in forza di dette disposizioni. Dall’altro, essi devono riferirsi all’importo netto dell’imposta, calcolato su tutto il periodo d’imposta, e non all’importo lordo dell’IVA dovuta su un’operazione imponibile considerata isolatamente.

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

6.        L’articolo 62 della direttiva IVA così dispone:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

1)      “fatto generatore dell’imposta” il fatto per il quale si realizzano le condizioni di legge necessarie per l’esigibilità dell’imposta;

2)      “esigibilità dell’imposta” il diritto che l’Erario può far valere a norma di legge, a partire da un dato momento, presso il debitore per il pagamento dell’imposta, anche se il pagamento può essere differito».

7.        Il successivo articolo 68 così recita:

«Il fatto generatore dell’imposta si verifica al momento dell’effettuazione dell’acquisto intracomunitario di beni.

L’acquisto intracomunitario di beni è considerato effettuato nel momento in cui è considerata effettuata la cessione di beni analoghi nel territorio dello Stato membro».

8.        Ai sensi del successivo articolo 69:

«Nei casi di acquisti intracomunitari di beni, l’IVA diventa esigibile al momento dell’emissione della fattura o alla scadenza del termine di cui all’articolo 222, primo comma, se nessuna fattura è stata emessa entro tale data».

9.        L’articolo 206 della direttiva medesima prevede quanto segue:

«Ogni soggetto passivo che è debitore dell’imposta deve pagare l’importo netto dell’IVA al momento della presentazione della dichiarazione IVA prevista all’articolo 250. Gli Stati membri possono tuttavia stabilire un’altra scadenza per il pagamento di questo importo o riscuotere acconti provvisori».

10.      Il successivo articolo 222 così dispone:

«Per le cessioni di beni effettuate alle condizioni previste dall’articolo 138 o per le prestazioni di servizi per le quali l’imposta è dovuta dal destinatario dei beni o dei servizi a norma dell’articolo 196, la fattura è emessa entro il quindicesimo giorno del mese successivo a quello in cui si è verificato il fatto generatore dell’imposta.

Per le altre cessioni di beni o prestazioni di servizi gli Stati membri possono imporre ai soggetti passivi dei termini per l’emissione delle fatture».

11.      Ai sensi dell’articolo 273, primo comma, della direttiva medesima:

«Gli Stati membri possono stabilire, nel rispetto della parità di trattamento delle operazioni interne e delle operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi, altri obblighi che essi ritengono necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni, a condizione che questi obblighi non diano luogo, negli scambi tra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera».

B.      Diritto polacco

12.      L’articolo 20, paragrafo 5, dell’ustawa z dnia 11 marca 2004 r. o podatku od towarów i usług (legge sull’IVA dell’11 marzo 2004) (Dz. U. del 2016 n. 710), nel testo applicabile all’epoca dei fatti (in prosieguo: la «legge sull’IVA»), così dispone:

«Nel caso di un acquisto intracomunitario di beni, l’imposta diviene esigibile il giorno dell’emissione della fattura da parte del contribuente e, in ogni caso, non oltre il 15 del mese successivo a quello in cui è stato effettuato l’acquisto dei beni (...)».

13.      In forza dell’articolo 99, paragrafo 11 a, della legge medesima, in caso di acquisto intracomunitario di beni di cui all’articolo 103, paragrafo 5 a, di detta legge, il soggetto passivo è tenuto a presentare al direttore dell’ufficio delle dogane competente per la liquidazione dei diritti di accisa una dichiarazione mensile vertente sugli importi dovuti a titolo di imposta entro il 5 del mese successivo al mese in cui è sorto l’obbligo di pagamento.

14.      A termini del successivo articolo 103, paragrafo 5 a:

«In caso di acquisto intracomunitario di carburanti di cui all’allegato n. 2 dell’ustawa z dnia 6 grudnia 2008 r. o podatku akcyzowym (legge del 6 dicembre 2008 sui diritti d’accisa[, in prosieguo: la “legge sulle accise”]), la cui produzione o commercializzazione è subordinata all’ottenimento di una concessione in forza delle disposizioni dell’ustawa z dnia 10 kwietnia 1997 r. – Prawo energetyczne (legge del 10 aprile 1997 sull’energia), il soggetto passivo è tenuto, senza richiesta da parte del direttore dell’ufficio delle dogane, a calcolare e versare gli importi dell’imposta sul conto dell’amministrazione doganale competente per il pagamento dell’accisa:

1)      entro 5 giorni dalla data di introduzione dei beni nel luogo di ricevimento delle merci soggette ad accisa indicato nella relativa autorizzazione – qualora i beni siano oggetto di un acquisto intracomunitario, ai sensi della [legge sulle accise], da parte di un consumatore registrato in regime di sospensione delle accise ai sensi delle disposizioni applicabili in materia di accise;

2)      entro 5 giorni dalla data di introduzione dei beni medesimi in un deposito fiscale nel territorio nazionale a partire dal territorio di un altro Stato membro;

3)      nel momento del trasferimento di tali beni nel territorio nazionale – qualora i beni circolino al di fuori del regime di sospensione dell’accisa conformemente alle disposizioni applicabili in materia di accise».

III. Controversia principale, questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte

15.      Nel dicembre 2016 la ricorrente nel procedimento principale effettuava 20 acquisti intracomunitari di gasolio per un quantitativo complessivo di 3 190,874 m3.

16.      Secondo l’amministrazione finanziaria, gli acquisti intracomunitari effettuati dalla ricorrente nel procedimento principale ricadevano nella seconda fattispecie di cui all’articolo 103, paragrafo 5 a, della legge sull’IVA, vale a dire quella relativa all’introduzione dei beni in un deposito fiscale a partire dal territorio di un altro Stato membro.

17.      La ricorrente nel procedimento principale non assolveva l’IVA su detti acquisti, per un importo complessivo di 1 530 766 zloty polacchi (PLN) (circa EUR 337 319,59), entro il termine di cinque giorni dalla data dell’introduzione del gasolio nel territorio nazionale, come imposto dall’articolo 103, paragrafo 5 a, della legge sull’IVA. Inoltre, essa non provvedeva nemmeno al deposito della dichiarazione mensile entro il quinto giorno del mese successivo a quello in cui è sorto l’obbligo di pagamento, come stabilito dall’articolo 99, paragrafo 11 a, della legge medesima.

18.      Con decisione di rettifica fiscale del 6 aprile 2018 relativa al dicembre 2016, l’amministrazione finanziaria intimava alla ricorrente nel procedimento principale il pagamento immediato dell’IVA dovuta sugli acquisti intracomunitari controversi, oltre interessi di mora calcolati a decorrere dal giorno successivo a quello di scadenza del pagamento.

19.      La ricorrente nel procedimento principale proponeva ricorso dinanzi al Wojewódzki Sąd Administracyjny w Bydgoszczy (Tribunale amministrativo del voivodato di Bydgoszcz, Polonia) il quale lo respingeva con sentenza del 10 luglio 2018.

20.      Avverso detta sentenza la ricorrente nel procedimento principale proponeva impugnazione dinanzi al giudice del rinvio contestando la legittimità dell’articolo 103, paragrafo 5 a, della legge sull’IVA alla luce dell’articolo 110 TFUE e degli articoli 69 e 206 della direttiva IVA.

21.      A parere di detto giudice, l’articolo 103, paragrafo 5 a, della legge sull’IVA rientrerebbe in un «pacchetto carburanti» adottato a livello nazionale ed entrato in vigore il 1º agosto 2016, vale a dire un insieme di modifiche dirette ad agevolare la riscossione dell’IVA sugli acquisti intracomunitari di carburanti e a prevenire l’evasione dell’IVA sul mercato transfrontaliero dei carburanti.

22.      Il giudice del rinvio ha descritto nei termini di seguito illustrati gli effetti concreti di questo nuovo regime per i soggetti passivi che effettuano acquisti intracomunitari di carburanti, come la ricorrente nel procedimento principale.

23.      Nel quadro del regime ordinario applicabile agli acquisti intracomunitari, in linea di principio, l’acquirente dichiara l’IVA dovuta e fa valere il proprio diritto a detrazione nella stessa dichiarazione, fermo restando che detta dichiarazione dev’essere inoltrata entro e non oltre il 25 del mese successivo a ciascun periodo di imposta (mensile o trimestrale).

24.      In forza del nuovo regime introdotto all’articolo 103, paragrafo 5 a, della legge sull’IVA, il termine di pagamento dell’IVA dovuta sugli acquisti intracomunitari di carburanti è fortemente ridotto, dal momento che l’imposta dev’essere versata entro cinque giorni dalla data dell’introduzione dei carburanti nel territorio nazionale.

25.      In pratica, il soggetto passivo versa l’IVA dovuta sugli acquisti intracomunitari di carburanti prima di depositare la dichiarazione IVA relativa a detti acquisti, dal momento che tale dichiarazione dev’essere presentata entro il 5 del mese successivo a quello in cui l’obbligo di pagamento è sorto in forza dell’articolo 99, paragrafo 11 a, della legge de qua.

26.      Il soggetto passivo che effettua tali acquisizioni può esercitare il proprio diritto a detrazione solo nella dichiarazione presentata successivamente all’assolvimento dell’IVA dovuta. Così, diversamente da quanto accade nel regime ordinario applicabile agli acquisti intracomunitari, esiste uno scollamento temporale tra il versamento dell’IVA, richiesto entro cinque giorni dall’introduzione dei carburanti nel territorio nazionale, e la detrazione dell’imposta stessa, che avviene al momento della dichiarazione IVA.

27.      È alla luce di queste peculiarità che il giudice del rinvio si interroga sulla compatibilità del regime istituito all’articolo 103, paragrafo 5 a, della legge sull’IVA, con varie disposizioni del diritto dell’Unione.

28.      Anzitutto, il giudice a quo si chiede se questo nuovo regime sia compatibile con l’articolo 110 TFUE e con l’articolo 273 della direttiva IVA. Questo dubbio riguarda non tanto la differenza di regime tra gli acquisti intracomunitari di carburanti e gli altri acquisti intracomunitari, sopra descritta, quanto piuttosto l’eventuale disparità di trattamento tra gli acquisti intracomunitari di carburanti e le forniture interne di carburanti.

29.      Il giudice del rinvio s’interroga, poi, sulla compatibilità dell’obbligo di assolvimento anticipato dell’imposta, quale sancito all’articolo 103, paragrafo 5 a, della legge sull’IVA, con l’articolo 69 della direttiva IVA, che disciplina l’esigibilità dell’imposta.

30.      Infine, il giudice medesimo si chiede se tale obbligo di assolvimento anticipato possa eventualmente essere considerato quale un acconto provvisorio, la cui riscossione è consentita all’articolo 206 della direttiva IVA. A tal riguardo, esso sottolinea che l’importo che il soggetto passivo è tenuto a versare è un importo dell’IVA «lordo», vale a dire l’importo dell’imposta dovuta sugli acquisti intracomunitari ante detrazione.

31.      In tale contesto, il Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa, Polonia) ha deciso di sospendere la decisione e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 110 [TFUE] nonché l’articolo 273 della direttiva [IVA] non ostino ad una disposizione come quella dell’articolo 103, paragrafo 5a, della [legge sull’IVA], secondo cui, in caso di acquisti intracomunitari di carburanti per motori, il soggetto passivo è tenuto, in assenza di richiesta da parte del direttore dell’ufficio delle dogane, a calcolare e versare gli importi dell’imposta sul conto dell’amministrazione doganale competente per il pagamento delle accise:

a)      entro 5 giorni dalla data in cui i beni sono stati introdotti nel luogo di ricevimento delle merci soggette ad accisa indicato nella relativa autorizzazione - qualora i beni siano oggetto di un acquisto intracomunitario ai sensi della [legge sulle accise], da parte di un consumatore registrato in regime di sospensione dell’accisa ai sensi delle disposizioni in materia di accise;

b)      entro 5 giorni dalla data di introduzione dei beni medesimi in un deposito fiscale nel territorio nazionale a partire dal territorio di un altro Stato membro;

c)      nel momento del trasferimento di tali beni nel territorio nazionale – qualora i beni circolino al di fuori del regime di sospensione dell’accisa conformemente alle disposizioni in materia di accise.

2)      Se l’articolo 69 della direttiva [IVA] non osti ad una disposizione come quella dell’articolo 103, paragrafo 5a, dell’u.p.t.u., per effetto della quale, in caso di acquisti intracomunitari di carburanti per motori, il soggetto passivo è tenuto, in assenza di richiesta da parte del direttore dell’ufficio delle dogane, a calcolare e versare gli importi dell’imposta sul conto dell’amministrazione doganale competente per il pagamento delle accise:

a)      entro 5 giorni dalla data in cui i beni sono stati introdotti nel luogo di ricevimento delle merci soggette ad accisa indicato nella relativa autorizzazione - qualora i beni siano oggetto di un acquisto intracomunitario ai sensi della [legge sulle accise], da parte di un consumatore registrato in regime di sospensione dell’accisa ai sensi delle disposizioni in materia di accise;

b)      entro 5 giorni dalla data di introduzione di tali beni in un deposito fiscale nel territorio nazionale a partire dal territorio di un altro Stato membro;

c)      nel momento del trasferimento di tali beni nel territorio nazionale - qualora i beni circolino al di fuori del regime di sospensione dell’accisa conformemente alle disposizioni in materia di accise, interpretata nel senso che i succitati importi non costituiscono acconti provvisori sull’IVA ai sensi dell’articolo 206 della direttiva [IVA].

3)      Se gli acconti provvisori sull’IVA ai sensi dell’articolo 206 della direttiva [IVA], non versati entro i termini, cessino di esistere giuridicamente alla scadenza del periodo d’imposta per il quale avrebbero dovuti essere versati».

32.      La domanda di pronuncia pregiudiziale è stata registrata presso la cancelleria della Corte il 22 novembre 2019.

33.      La ricorrente nel procedimento principale, l’amministrazione finanziaria, il governo polacco e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte. Dette parti hanno altresì risposto per iscritto ai quesiti posti dalla Corte il 27 novembre 2020.

IV.    Analisi

34.      Con le sue questioni, il giudice del rinvio chiede alla Corte di pronunciarsi sulla compatibilità di un obbligo di assolvimento anticipato, come quello controverso nel procedimento principale, con l’articolo 110 TFUE e con gli articoli 69, 206 e 273 della direttiva IVA. Dalla decisione di rinvio emerge che la ricorrente nel procedimento principale era tenuta, in forza di detto obbligo, a versare integralmente l’IVA dovuta su ciascun acquisto intracomunitario di carburanti entro i cinque giorni successivi alla loro introduzione nel territorio nazionale.

35.      Per chiarezza, ritengo utile articolare la mia analisi su quattro distinte parti.

36.      In primo luogo, negherò l’esistenza di una discriminazione vietata dall’articolo 110 TFUE, considerata la non comparabilità delle operazioni interne e degli acquisti intracomunitari sotto il profilo del rischio di evasione IVA.

37.      Esaminerò, in secondo luogo, la possibilità di prevedere un siffatto obbligo di assolvimento anticipato sulla base dell’articolo 273 della direttiva IVA, quale misura finalizzata a evitare le evasioni. Laddove tale possibilità non sia esclusa, essa sarà comunque subordinata al rispetto delle altre disposizioni della direttiva de qua, in particolare quelle in materia di esigibilità dell’imposta.

38.      In terzo luogo, illustrerò i motivi per cui un siffatto obbligo di assolvimento anticipato è incompatibile con gli articoli 62 e 69 della direttiva IVA, nella parte in cui consente all’amministrazione finanziaria di esigere il pagamento da parte del soggetto passivo prima che l’imposta divenga esigibile, fermo restando che la possibilità di riscuotere acconti provvisori, prevista nell’articolo 206 della direttiva de qua, riguarda unicamente un’imposta divenuta esigibile in forza delle disposizioni succitate.

39.      In quarto luogo e in via subordinata, spiegherò i motivi per i quali l’articolo 206 della direttiva medesima osta alla riscossione di acconti provvisori relativi all’importo lordo di un’operazione imponibile, considerata isolatamente senza tener conto del diritto a detrazione spettante al soggetto passivo.

A.      Sulla compatibilità dell’obbligo di pagamento anticipato con l’articolo 110 TFUE (prima questione)

40.      Il governo polacco ha sostenuto, in limine, l’inapplicabilità dell’articolo 110 TFUE, in quanto la direttiva IVA avrebbe realizzato un’armonizzazione esaustiva.

41.      Secondo costante giurisprudenza, ogni misura nazionale relativa a un settore che sia stato oggetto di armonizzazione esaustiva a livello dell’Unione dev’essere valutata alla luce delle disposizioni di tale misura di armonizzazione e non di quelle del diritto primario (3).

42.      Di certo, talune disposizioni della direttiva IVA non lasciano alcun margine di manovra agli Stati membri, in particolare quelle relative alla definizione dell’acquisto intracomunitario, alla definizione di importazione (4) o, ancora, alla determinazione della base imponibile (5).

43.      Tuttavia, altre disposizioni riconoscono un margine di manovra, talvolta importante, agli Stati membri, cosicché non si può ritenere che la direttiva di cui trattasi abbia realizzato un’armonizzazione esaustiva in tutti i suoi aspetti (6). È il caso, in particolare, dell’articolo 273 della direttiva IVA, su cui la Corte è chiamata a pronunciarsi nel quadro della causa qui in esame e che consente agli Stati membri di adottare determinate misure per garantire l’esatta riscossione dell’IVA ed evitare l’evasione (7).

44.      Ritengo, pertanto, che le disposizioni del diritto primario, compreso l’articolo 110 TFUE, siano certamente applicabili a tali misure. Osservo che la Corte si è contemporaneamente pronunciata sull’interpretazione della normativa IVA e dell’articolo 110 TFUE nella sentenza Dansk Denkavit (8), concernente una causa che presentava analogie con quella qui in esame.

45.      Ciò detto, aggiungo che tale questione possiede, nel quadro della presente causa, una portata meramente formale, posto che l’articolo 273 della direttiva IVA ricomprende, quale condizione di validità delle misure adottate, il divieto di discriminazione tra operazioni interne e operazioni effettuate tra Stati membri, incorporando così il divieto sancito dall’articolo 110 TFUE.

46.      L’articolo 110 TFUE vieta agli Stati membri di applicare ai prodotti di altri Stati membri imposizioni interne superiori a quelle applicate ai prodotti nazionali similari.

47.      Sottolineo che gli acquisti intracomunitari e le forniture interne comportano, in fine, il pagamento dello stesso importo a titolo di IVA, come sottolineato dall’amministrazione finanziaria e dal governo polacco. Queste due tipologie di operazioni sono, in effetti, assoggettate alla medesima aliquota IVA e danno diritto alla detrazione dell’IVA a monte.

48.      La questione che si pone è quella di un eventuale svantaggio in termini di liquidità che colpirebbe gli acquisti intracomunitari di carburanti rispetto alle forniture interne di tali prodotti. La Corte ha già reiteratamente affermato che la previsione di termini di pagamento più brevi per le imposte interne a carico dei prodotti di altri Stati membri è, in linea di principio, contraria all’articolo 110 TFUE (9).

49.      Pertanto, occorre acclarare se, nel quadro della controversia principale, i soggetti passivi che effettuano acquisti intracomunitari di carburanti siano tenuti a versare l’IVA più rapidamente dei soggetti passivi che li acquistino nell’ambito di forniture interne.

50.      Come illustrato dall’amministrazione finanziaria e dal governo polacco, esiste una certa somiglianza, quanto al versamento dell’IVA, tra i regimi applicabili a queste due tipologie di operazioni.

51.      Nel caso di un acquisto intracomunitario di carburanti, il soggetto passivo è tenuto, in forza dell’articolo 103, paragrafo 5 a, della legge sull’IVA, a versare l’imposta allo Stato entro un termine di cinque giorni a decorrere dall’introduzione dei carburanti nel territorio nazionale. Esso potrà detrarre detto importo dell’IVA nella propria successiva dichiarazione.

52.      Nel caso di una fornitura interna di carburanti, il venditore deve fatturare all’acquirente l’importo dell’IVA dovuta. In pratica, l’acquirente versa l’IVA non direttamente allo Stato ma al venditore, che è tenuto a riversarla allo Stato, fermo restando il diritto dell’acquirente di portare in detrazione l’imposta stessa nella propria successiva dichiarazione.

53.      Così, in entrambi i casi (acquisto intracomunitario o fornitura interna di beni), l’acquirente deve «anticipare» l’importo totale dell’IVA dovuta sull’acquisto di carburanti, restando inteso che esso avrà il diritto di detrarla nella propria successiva dichiarazione.

54.      Ciò precisato, ci si chiede, nel contesto della controversia principale, in quali casi gli acquisti intracomunitari di carburanti comportino uno svantaggio in termini di liquidità rispetto alle corrispondenti forniture interne. Come correttamente osservato dall’amministrazione finanziaria e dal governo polacco, la presenza di uno svantaggio del genere dipenderà dalle condizioni di pagamento concordate tra il venditore e l’acquirente nel quadro delle forniture interne di carburanti.

55.      In termini più precisi, gli acquisti intracomunitari comporteranno uno svantaggio in termini di liquidità ogniqualvolta il termine di pagamento convenuto nel quadro di forniture interne sia più lungo di quello imposto dall’articolo 103, paragrafo 5 a, della legge sull’IVA, vale a dire cinque giorni dall’introduzione dei carburanti nel territorio nazionale. Per riprendere la formulazione impiegata sia dall’amministrazione finanziaria sia dal governo polacco, il termine concordato tra le parti nel quadro di una fornitura interna può, in pratica, essere sia inferiore che superiore a cinque giorni.

56.      Orbene, secondo consolidata giurisprudenza, sussiste una violazione dell’articolo 110 TFUE quando il tributo gravante sul prodotto importato e quello gravante sull’analogo prodotto nazionale sono calcolati secondo criteri e modalità differenti, con la conseguenza che il prodotto importato viene assoggettato, almeno in determinati casi, a un’imposizione fiscale più onerosa (10). Ne consegue che un sistema di imposizione fiscale può essere considerato compatibile con l’articolo 110 TFUE solo qualora risulti che esso sia congegnato in modo da escludere, in ogni caso, che i prodotti importati siano tassati maggiormente dei prodotti nazionali (11).

57.      In applicazione di detta giurisprudenza, il fatto che i soggetti passivi che effettuino acquisti intracomunitari di carburanti siano tenuti, in determinati casi, a versare l’IVA più rapidamente dei soggetti passivi che acquistano carburanti nel quadro di una fornitura interna è, in linea di principio, sufficiente per riscontrare una violazione dell’articolo 110 TFUE.

58.      Resta, tuttavia, da acclarare se l’articolo 110 TFUE imponga un obbligo in termini assoluti, nel senso che vieti ogni imposizione fiscale nazionale che gravi maggiormente sui prodotti degli altri Stati membri, o se detto obbligo sia accompagnato da una certa flessibilità che consenta allo Stato membro interessato di giustificare tale disparità di trattamento.

59.      A tal riguardo, occorre osservare che l’articolo 110 TFUE non è accompagnato da una clausola giustificativa, come lo sono, segnatamente, le disposizioni che vietano le restrizioni alla libera circolazione (12). Secondo i termini utilizzati dalla Corte, «dal momento che la discriminazione è provata, l’articolo [110 TFUE] non prevede alcuna possibilità di giustificazione per lo Stato in questione» (13).

60.      Tuttavia, il principio di non discriminazione sancito all’articolo 110 TFUE (14) presuppone, nel caso di una disparità di trattamento come quella controversa nel procedimento principale, che le situazioni considerate siano analoghe.

61.      Orbene, ad avviso della Commissione, i soggetti passivi che acquistano carburanti nel quadro, rispettivamente, di un acquisto intracomunitario o di una fornitura interna non si troverebbero in situazioni analoghe, cosicché l’obbligo di pagamento anticipato previsto per gli acquisti intracomunitari non violerebbe l’articolo 110 TFUE.

62.      L‘istituzione ha ricordato che, nel quadro del regime transitorio introdotto dalla direttiva 91/680/CEE (15), gli acquisti intracomunitari sono caratterizzati dalla fornitura, sul territorio dello Stato membro di destinazione di un prodotto esente da IVA. La fornitura intracomunitaria realizzata dal venditore è, in effetti, esente nel paese di origine e compete al soggetto passivo che effettua l’acquisto intracomunitario, nel paese di destinazione, determinare l’imposta dovuta, nella sua dichiarazione (16). Orbene, i rischi di evasione intrinseci in questa situazione giustificherebbero l’adozione di misure di specifiche di prevenzione.

63.      Condivido questo ragionamento.

64.      È, infatti, dimostrato che i rischi di evasione su vasta scala in materia di IVA riguardano specificamente le operazioni intracomunitarie, sotto forma, in particolare, di «frodi carosello» o di frodi dette del «missing trader» (17). Pertanto, gli acquisti intracomunitari e le forniture interne di carburanti non sono in una posizione analoga quanto al rischio di evasione dell’IVA. Come sottolineato dalla Commissione, questa differenza oggettiva risulta dalle scelte operate dal legislatore dell’Unione all’atto dell’introduzione del regime transitorio con la direttiva 91/680.

65.      È, inoltre, pacifico che l’obbligo di pagamento anticipato oggetto della controversia principale consente di contrastare detta tipologia di evasione. Da una parte, il contrasto all’evasione dell’IVA è l’obiettivo esplicitamente perseguito con il «pacchetto carburanti» in cui rientra detto obbligo di pagamento anticipato (18). Dall’altra, come sottolinea la Commissione, l’obbligo di versare l’intero importo dell’IVA dovuta sull’acquisto di carburanti, entro cinque giorni dalla loro introduzione nel territorio nazionale, consente di contrastare la frode detta del «missing trader».

66.      Sottolineo ancora che questo approccio è in linea con quello adottato dalla Corte nella sentenza Dansk Denkavit (19). La Corte ha infatti dichiarato che l’articolo 110 TFUE non era in contrasto con una normativa nazionale che prevedeva termini diversi per le «importazioni» (nozione che ricomprendeva, all’epoca, gli acquisti intracomunitari) (20) e le operazioni interne in materia di IVA, in considerazione del fatto che i regimi applicabili a dette transazioni non erano comparabili (21).

67.      Infine, tengo a sottolineare l’impatto a livello sistematico dell’interpretazione opposta che porta a ravvisare una violazione dell’articolo 110 TFUE. Tenuto conto della gerarchia delle norme del diritto dell’Unione, seguendo tale interpretazione il legislatore dell’Unione non sarebbe legittimato a modificare la direttiva IVA istituendo, ai fini della repressione delle frodi de quibus, un obbligo di versamento anticipato per i soli acquisti intracomunitari. Tale interpretazione non mi sembra accettabile.

68.      Alla luce delle suesposte considerazioni, ritengo che l’articolo 110 TFUE debba essere interpretato nel senso che non osti alla previsione di un obbligo di assolvimento anticipato dell’IVA per gli acquisti intracomunitari di carburanti nei cinque giorni successivi alla loro introduzione nel territorio nazionale, come quello oggetto della controversia principale.

B.      Sulla possibilità di qualificare l’obbligo di assolvimento anticipato quale «misura finalizzata a evitare le evasioni» ai sensi dell’articolo 273 della direttiva IVA (prima questione)

69.      L’articolo 273 della direttiva IVA consente agli Stati membri di imporre determinati obblighi supplementari al fine di assicurare l’esatta riscossione dell’IVA o evitare le evasioni a condizione che gli obblighi stessi:

–        rispettino la parità di trattamento delle operazioni interne e delle operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi, e

–        non diano luogo, negli scambi tra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera.

70.      Occorre, in primis, esaminare se dette condizioni siano soddisfatte con riferimento all’obbligo di assolvimento anticipato oggetto del procedimento principale.

71.      Anzitutto, come ho osservato supra al paragrafo 65, detto obbligo è finalizzato a contrastare meccanismi di evasione dell’IVA che sfruttano le specificità del regime applicabile agli acquisti intracomunitari.

72.      Inoltre, ai paragrafi da 58 a 68 delle presenti conclusioni, ho illustrato le ragioni per cui detto obbligo non ha carattere discriminatorio, considerato che gli acquisti intracomunitari e le forniture interne di carburanti non si trovano in una situazione analoga quanto al rischio di evasione dell’IVA.

73.      Aggiungo, infine, che l’obbligo di assolvimento anticipato non dà luogo, negli scambi tra Stati membri, a «formalità connesse con il passaggio di una frontiera» ai sensi dell’articolo 273 della direttiva IVA.

74.      Infatti, da consolidata giurisprudenza risulta che, se l’obiettivo di una formalità imposta all’importatore di un prodotto soggetto a un’imposta nazionale consiste nel garantire il pagamento del debito corrispondente all’importo dell’imposta stessa, tale formalità è connessa al fatto generatore dell’imposta e non già all’attraversamento di una frontiera ai sensi di tale disposizione (22).

75.      Orbene, non vi è dubbio che un obbligo di versamento anticipato è volto, per sua stessa natura, a garantire l’assolvimento del debito corrispondente all’importo dell’imposta dovuta, come osservato correttamente dalla Commissione.

76.      Dai suesposti rilievi emerge che l’obbligo di assolvimento anticipato dell’imposta oggetto della controversia principale soddisfa le condizioni esplicitamente fissate nell’articolo 273 della direttiva IVA.

77.      Tuttavia, in un secondo momento, risulterà ancora necessario stabilire se la previsione di un obbligo di tal genere non ecceda la discrezionalità riconosciuta agli Stati membri dall’articolo 273 della direttiva IVA.

78.      A tal riguardo, la Corte ha reiteratamente dichiarato che l’articolo 273 della direttiva IVA conferisce sì agli Stati membri un margine di discrezionalità per quanto attiene ai mezzi idonei a raggiungere gli obiettivi di assicurare la riscossione dell’IVA e di evitare l’evasione. Essi sono tuttavia tenuti ad esercitare i propri poteri nel rispetto del diritto dell’Unione e dei suoi principi generali e, segnatamente, nel rispetto dei principi di proporzionalità e di neutralità fiscale (23).

79.      Questo requisito del rispetto del diritto dell’Unione implica che, per essere giustificato sulla base dell’articolo 273 della direttiva IVA, un obbligo fissato da uno Stato membro dev’essere compatibile con le altre disposizioni in essa contenute.

80.      Come correttamente sottolineato dalla Commissione, detta interpretazione è confermata dalla presenza dell’articolo 395 della direttiva IVA, a norma del quale, il Consiglio, deliberando su proposta della Commissione, può autorizzare ogni Stato membro ad introdurre misure speciali di deroga alla presente direttiva, allo scopo di semplificare la riscossione dell’imposta o di evitare talune evasioni o elusioni fiscali.

81.      Il rapporto tra queste due disposizioni mi sembra chiaro: posto che l’articolo 395 della direttiva IVA subordina l’adozione di misure di deroga a detta direttiva a un’autorizzazione del Consiglio, l’articolo 273 della direttiva de qua riguarda necessariamente l’adozione di misure non derogatorie alla direttiva medesima. L’interpretazione contraria finirebbe per svuotare il menzionato articolo 395 del suo contenuto, in particolare la necessità di ottenere un’autorizzazione del Consiglio per adottare misure derogatorie.

82.      Trovo conferma di tale interpretazione nella sentenza Maks Pen (24), in cui la Corte ha esaminato la compatibilità di un obbligo previsto sulla base dell’articolo 273 della direttiva IVA con le disposizioni in materia di esigibilità e di diritto a detrazione dell’imposta.

83.      Pertanto, nel quadro della presente controversia, occorre verificare se l’obbligo di assolvimento anticipato dell’imposta sia compatibile con le altre disposizioni della direttiva IVA, in particolare quelle riguardanti l’esigibilità dell’imposta che sono oggetto della seconda e della terza questione sollevate dal giudice del rinvio.

C.      Sulla compatibilità con gli articoli 62, 69 e 206 della direttiva IVA di un obbligo di assolvimento anticipato relativo ad un’imposta non esigibile (seconda e terza questione)

84.      Con la seconda e la terza questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte, essenzialmente, se un obbligo di assolvimento anticipato dell’imposta, come quello oggetto del procedimento principale, violi gli articoli 62 e 69 della direttiva IVA che disciplinano l’esigibilità dell’imposta sugli acquisti intracomunitari, interpretati alla luce dell’articolo 206 della direttiva stessa, che prevede la possibilità di riscuotere acconti provvisori.

85.      Al fine di chiarire la portata di tali questioni, ritengo utile ricordare il rapporto tra le nozioni di «fatto generatore», «esigibilità» e «obbligo di pagamento» dell’IVA.

86.      In base alle definizioni previste all’articolo 62 della direttiva IVA, il fatto generatore dell’imposta è il fatto per il quale si realizzano le condizioni di legge necessarie per l’esigibilità dell’imposta. L’esigibilità dell’imposta indica, a sua volta, il diritto che l’Erario può far valere a norma di legge, a partire da un dato momento, presso il debitore per il pagamento dell’imposta, anche se il pagamento può essere differito. In forza dell’articolo 206 della direttiva medesima, l’obbligo di pagamento sorge, in linea di principio, al momento della presentazione della dichiarazione IVA.

87.      Da queste definizioni si può dedurre che il fatto generatore, l’esigibilità e l’obbligo di pagamento rappresentano tre tappe successive nel processo che conduce alla riscossione dell’imposta: affinché possa sorgere un obbligo di pagamento occorre che l’imposta sia divenuta esigibile e perché l’imposta sia esigibile occorre che sia precedentemente intervenuto il fatto generatore (25).

88.      Per quanto attiene all’obbligo di versamento anticipato dell’imposta oggetto della controversia principale, è difficile contestare, a mio avviso, che il fatto generatore si sia effettivamente verificato all’atto della nascita di detto obbligo, come sottolineato correttamente dall’amministrazione finanziaria e dalla Commissione.

89.      Infatti, a norma dell’articolo 68 della direttiva IVA, il fatto generatore dell’imposta si verifica al momento dell’effettuazione dell’acquisto intracomunitario. Orbene, l’articolo 103, paragrafo 5 a, della legge sull’IVA si riferisce espressamente agli «acquist[i] intracomunitar[i]» di carburanti e prevede che l’obbligo controverso sorga dopo l’introduzione dei carburanti nel territorio nazionale (26). Così, l’obbligo di pagamento anticipato dell’imposta oggetto della controversia principale nasce, per ipotesi, dopo il verificarsi del fatto generatore.

90.      Per contro, ritengo che tale obbligo non sia compatibile con le disposizioni in materia di esigibilità dell’imposta, più specificamente gli articoli 62 e 69 della direttiva IVA.

91.      In forza dell’articolo 69 della direttiva IVA, in combinato disposto con il successivo articolo 222, l’imposta su un acquisto intracomunitario diventa esigibile al momento dell’emissione della fattura o, al più tardi, il quindicesimo giorno del mese successivo a quello in cui si è verificato il fatto generatore (se nessuna fattura è stata emessa entro tale data).

92.      Orbene, l’articolo 103, paragrafo 5 a, della legge sull’IVA fa sorgere l’obbligo di assolvimento anticipato dell’imposta indipendentemente dalle condizioni di esigibilità stabilite all’articolo 69 della direttiva IVA, vale a dire entro cinque giorni dall’introduzione dei carburanti nel territorio nazionale. Più precisamente, l’obbligo in questione sorge a prescindere dall’emissione di una fattura e prima della scadenza del termine indicato supra al paragrafo precedente (al termine del quale l’imposta diviene necessariamente esigibile).

93.      Pertanto, una disposizione di tal genere mi sembra inconciliabile con l’articolo 69 della direttiva IVA, letto alla luce del precedente articolo 62. Infatti, l’esigibilità dell’imposta rappresenta il «diritto che l’Erario può far valere a norma di legge (...) presso il debitore per il pagamento dell’imposta». Prima dell’insorgenza di questo diritto, l’Erario non può assumere alcuna iniziativa per ottenere il pagamento dell’imposta.

94.      Sottolineo che, come osservato dal giudice del rinvio, la direttiva IVA non prevede alcuna eccezione alle disposizioni del proprio articolo 69 in materia di esigibilità dell’imposta sugli acquisti intracomunitari. A prescindere dalla formulazione precisa delle disposizioni che stabiliscono il momento in cui l’imposta diviene esigibile (27), il principio è lo stesso per tutte le operazioni sottoposte all’imposta: un’amministrazione finanziaria non può esigere alcun pagamento prima che l’imposta sia divenuta esigibile.

95.      Contrariamente a quanto sostenuto dall’amministrazione finanziaria e dal governo polacco, questa considerazione vale anche per la possibilità di percepire acconti provvisori, come previsto dall’articolo 206, seconda frase, della direttiva IVA.

96.      In base a detta disposizione, ogni soggetto passivo è tenuto a versare l’importo netto dell’IVA al momento della presentazione della propria dichiarazione, fermo restando che gli Stati membri possono esigere, in via anticipata, il pagamento di acconti provvisori.

97.      Orbene, dalla struttura delle pertinenti disposizioni emerge che la possibilità offerta agli Stati membri di esigere il pagamento di acconti provvisori può riguardare unicamente un’imposta divenuta esigibile a norma degli articoli 62 e seguenti della direttiva IVA.

98.      Da un canto, è evidente che l’articolo 206, seconda frase, della direttiva IVA (possibilità di riscuotere acconti provvisori) reca un temperamento del principio sancito nella prima frase della disposizione in esame (obbligo di pagamento al momento della presentazione della dichiarazione), che rientra nel titolo XI, capo 1, di detta direttiva, dal titolo «Obbligo di pagamento».

99.      Per contro, e d’altro canto, l’articolo 206, seconda frase, della direttiva IVA non può stabilire una deroga ai precedenti articoli 62 e 69, che ricadono nel titolo VI della direttiva stessa, intitolato «Fatto generatore ed esigibilità dell’imposta».

100. Più concretamente, la possibilità di riscuotere acconti provvisori consente agli Stati membri di anticipare non la data in cui l’imposta diviene esigibile (secondo passaggio del processo di riscossione dell’imposta), ma la data di pagamento di un’imposta già divenuta esigibile (terzo passaggio di detto processo) (28).

101. Trovo conferma di questa interpretazione anche in una lettura congiunta degli articoli 206 e 250 della direttiva IVA. Mentre l’articolo 206 prevede l’obbligo di pagamento al momento della presentazione della dichiarazione, l’articolo 250 precisa che il soggetto passivo è tenuto a menzionare, nell’ambito della dichiarazione stessa, «tutti i dati necessari per determinare l’importo dell’imposta esigibile» (29). Queste disposizioni confermano che, nel sistema attuato dalla direttiva TVA, qualsiasi obbligo di pagamento, anche anticipato, può riguardare unicamente un’imposta divenuta esigibile, la quale dev’essere determinata nella dichiarazione del soggetto passivo.

102. Inoltre, trovo conferma di questa interpretazione nella sentenza Balocchi (30), in cui la Corte ha compiuto una distinzione tra imposte esigibili e imposte non esigibili.

103. Detta sentenza riguardava una normativa italiana in forza della quale i soggetti passivi erano tenuti a versare, entro il 20 dicembre, un acconto pari al 65% dell’importo netto dell’IVA dovuta per l’intero trimestre in corso, con saldo entro il 5 marzo dell’anno seguente.

104. La Corte ha stabilito che un meccanismo di tal genere violava le disposizioni della sesta direttiva corrispondenti agli articoli 62, 63 e 206 della direttiva IVA, poiché portava «a trasformare gli acconti in anticipi contrastanti con la regola, sancita dalla direttiva, secondo cui gli Stati membri possono esigere il pagamento dell’IVA solo per operazioni realizzate» (31).

105. In altre parole, la Corte ha dichiarato che fintantoché l’imposta non sia divenuta esigibile non può essere richiesto alcun pagamento, nemmeno il pagamento di acconti provvisori (32). In talmodo, la Corte ha aderito alla posizione sostenuta dalla Commissione nell’ambito di detta causa (33), che corrisponde all’interpretazione che propongo nel caso qui in esame.

106. Preciso che questa interpretazione non osta a un calcolo forfettario degli acconti provvisori, a condizione che il calcolo sia strutturato in maniera tale da evitare l’inclusione di imposte non ancora esigibili. Questo è, a mio avviso, l’insegnamento principale che può trarsi dalla sentenza Balocchi (34).

107. Alla luce dei suesposti rilievi, gli articoli 62 e 69 della direttiva IVA ostano a un obbligo di assolvimento anticipato dell’imposta come quello oggetto della controversia principale nella parte in cui consente all’amministrazione finanziaria di esigere dal soggetto passivo un pagamento prima che l’imposta divenga esigibile. Questa conclusione non è rimessa in discussione dalla possibilità di riscuotere acconti provvisori, prevista dall’articolo 206 della direttiva de qua, che può riguardare unicamente un’imposta divenuta esigibile in forza delle menzionate disposizioni.

108. Violando più disposizioni della direttiva IVA, un obbligo di pagamento anticipato di tal genere non può essere previsto sulla base dell’articolo 273 della direttiva medesima.

D.      Sulla compatibilità con l’articolo 206 della direttiva IVA di un obbligo di pagamento anticipato avente ad oggetto l’importo lordo dell’imposta dovuta su un’operazione imponibile (seconda e terza questione)

109. In via subordinata, desidero affrontare ancora un altro aspetto dell’obbligo di assolvimento anticipato dell’imposta oggetto della controversia principale, vale a dire il fatto che esso abbia ad oggetto l’importo lordo dell’IVA dovuta su un acquisto intracomunitario di carburanti, considerata isolatamente senza tener conto del diritto a detrazione riconosciuto al soggetto passivo.

110. Per le ragioni di seguito indicate e come sostenuto correttamente dalla ricorrente nel procedimento principale e dalla Commissione, ritengo che l’articolo 206 della direttiva IVA osti ad un obbligo di tal genere.

111. Il principio fondamentale sancito dall’articolo 206 della direttiva IVA è che il soggetto passivo è tenuto a versare l’IVA, non dopo ciascuna operazione imponibile da esso effettuata (ad esempio, un acquisto intracomunitario o una fornitura di beni), ma alla scadenza di ciascun periodo d’imposta. Così, l’importo netto dell’IVA, di cui alla prima frase di detta disposizione, viene ottenuto sommando l’imposta dovuta su tutte le operazioni imponibili realizzate a valle nel corso del periodo d’imposta, da cui viene detratta l’imposta assolta sul complesso delle operazioni realizzate a monte nel corso dello stesso periodo.

112. A mio avviso, la possibilità di riscuotere acconti provvisori, prevista all’articolo 206, seconda frase, della direttiva IVA, consente di esigere, in maniera anticipata, un pagamento parziale dell’importo netto dell’IVA calcolata su tutto il periodo d’imposta. L’espressione «acconto provvisorio» implica, infatti, il versamento parziale di un importo dovuto in un momento successivo, vale a dire l’importo netto dell’IVA calcolato sulla totalità del periodo d’imposta. Questa interpretazione è avvalorata dalla versione in lingua polacca della disposizione de qua che, come sottolineato dalla ricorrente nel procedimento principale, si riferisce espressamente alla riscossione di acconti provvisori su «detto importo» (35).

113. Contrariamente a quanto sostenuto dall’amministrazione finanziaria e dal governo polacco, tale interpretazione non rende, nella pratica, impossibile o eccessivamente difficile la riscossione di acconti provvisori. Per essere aderenti all’articolo 206, seconda frase, della direttiva IVA, tali acconti devono fondarsi sulla determinazione dell’importo netto dell’IVA dovuta al termine del periodo d’imposta, in linea con l’obbligo di pagamento anticipato esaminato dalla Corte nella sentenza Balocchi (36).

114. Per contro, detta disposizione non può essere interpretata nel senso che consenta di esigere l’importo lordo dell’IVA dovuta su ciascuna operazione imponibile considerata isolatamente, come prevede l’obbligo di assolvimento anticipato dell’imposta oggetto della controversia principale. A mio avviso, tale interpretazione finirebbe per alterare la natura stessa dell’IVA, trattandosi di un’imposta il cui assolvimento è richiesto al termine di ciascun periodo d’imposta, e non dopo ciascuna operazione imponibile.

115. Tengo a precisare che quest’interpretazione non è rimessa in alcun modo in discussione dalla sentenza Macikowski (37). Come correttamente osservato dalla ricorrente nel procedimento principale e dalla Commissione, la soluzione adottata in detta sentenza era giustificata alla luce di circostanze particolari, per non dire eccezionali, connesse all’insieme delle operazioni assoggettate all’IVA, senza poter essere generalizzata.

116. Più specificamente, la menzionata sentenza riguardava il pagamento dell’IVA dovuta sulla vendita, mediante esecuzione forzata, di un immobile di proprietà di un soggetto passivo, la società Royal. Il sig. Marian Macikowski, ufficiale giudiziario, aveva proceduto al pignoramento e alla vendita all’asta dell’immobile. Il prezzo di vendita, comprensivo dell’importo dovuto a titolo di IVA, era stato depositato sul conto del tribunale competente. Tuttavia, dal momento che l’imposta non era stata versata nei termini previsti, l’amministrazione finanziaria aveva dichiarato responsabile il sig. Macikowski in qualità di sostituto d’imposta.

117. La Corte ha dichiarato che, in tali circostanze, l’articolo 206 della direttiva IVA non osta all’obbligo, gravante in capo all’ufficiale giudiziario, di versare l’importo lordo dell’IVA dovuta sulla vendita dell’immobile effettuata mediante esecuzione forzata (38).

118. Tuttavia, tale interpretazione era esplicitamente fondata su un’osservazione essenziale, vale a dire la distinzione tra la persona debitrice dell’imposta su detta operazione (l’ufficiale giudiziario, sig. M. Macikowski) e la persona cui è riconosciuto il diritto alla detrazione al termine del periodo d’imposta (il soggetto passivo, la Royal) (39). Ciò premesso, l’articolo 206 della direttiva IVA non osta all’obbligo di versare l’importo lordo dell’imposta sull’operazione imponibile in questione, poiché, per ipotesi, il soggetto debitore dell’importo medesimo (l’ufficiale giudiziario) non vanta il diritto a detrazione corrispondente.

119. Del resto, sottolineo che questa soluzione è adeguata al contesto di una vendita mediante esecuzione forzata, il cui ricavato non può essere versato al proprietario dell’immobile, che altro non è che il soggetto passivo.

120. Per contro, la sentenza Macikowski (40) è priva di rilievo in tutte le altre situazioni «ordinarie», il cui il soggetto debitore dell’imposta è il soggetto passivo che dispone del diritto a detrazione. In tutti quei casi, un acconto provvisorio, ai sensi della disposizione de qua, può riguardare unicamente una parte dell’importo netto dell’imposta dovuta nel corso del periodo d’imposta.

121. Aggiungo che la portata della sentenza Macikowski (41) è circoscritta altresì dal suo punto 58, in cui la Corte ha osservato che il versamento dell’IVA da parte del soggetto debitore (l’ufficiale giudiziario) è richiesto successivamente al deposito della dichiarazione da parte del soggetto passivo. Orbene, nelle circostanze della controversia principale, il pagamento anticipato è richiesto prima del deposito della dichiarazione da parte del soggetto passivo stesso (42).

122. Alla luce dei suesposti rilievi, l’articolo 206 della direttiva IVA osta all’obbligo di versamento anticipato dell’IVA dovuta per gli acquisti intracomunitari di carburanti entro cinque giorni dall’introduzione dei carburanti stessi nel territorio nazionale, come quello oggetto della controversia principale, ove detto obbligo riguardi l’importo lordo dell’imposta dovuta su detta operazione, considerata isolatamente, e non l’importo netto dell’imposta calcolato su tutto il periodo d’imposta.

V.      Conclusione

123. Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dal Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa, Polonia) nei seguenti termini:

1)      L’articolo 110 TFUE dev’essere interpretato nel senso che non osta alla previsione di un obbligo di assolvimento anticipato dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) per gli acquisti intracomunitari di carburanti nei cinque giorni successivi alla loro introduzione nel territorio nazionale.

2)      L’articolo 273 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva (UE) 2016/856 del Consiglio, del 25 maggio 2016, dev’essere interpretato nel senso che non osta alla previsione dell’obbligo di assolvimento anticipato dell’IVA per gli acquisti intracomunitari di carburanti entro cinque giorni dall’introduzione dei carburanti nel territorio nazionale, a condizione che detto obbligo sia compatibile con le altre disposizioni della direttiva medesima, in particolare con quelle in materia di esigibilità dell’imposta.

3)      Gli articoli 62 e 69 della direttiva 2006/112, come modificata dalla direttiva 2016/856, devono essere interpretati nel senso che ostano a un obbligo di assolvimento anticipato dell’IVA per gli acquisti intracomunitari di carburanti entro cinque giorni dall’introduzione dei carburanti stessi nel territorio nazionale, nella parte in cui consente all’amministrazione finanziaria di esigere il versamento da parte del soggetto passivo prima che l’imposta divenga esigibile, fermo restando che la possibilità di riscuotere acconti provvisori, prevista dall’articolo 206 della direttiva stessa, riguarda unicamente un’imposta divenuta esigibile in forza delle menzionate disposizioni.

4)      L’articolo 206 della direttiva 2006/112, come modificata dalla direttiva 2016/856, dev’essere interpretato nel senso che osta a un obbligo di assolvimento anticipato dell’IVA per gli acquisti intracomunitari di carburanti ove detto obbligo abbia ad oggetto l’importo lordo dell’imposta dovuta su detta operazione, considerata isolatamente, e non l’importo netto dell’imposta calcolato su tutto il periodo d’imposta.


1      Lingua originale: il francese.


2      Direttiva del Consiglio del 28 novembre 2006 relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1), come modificata dalla direttiva (UE) 2016/856 del Consiglio, del 25 maggio 2016 (GU 2016, L 142, pag. 12) (in prosieguo: la «direttiva IVA»).


3      V., in particolare, sentenze dell’11 dicembre 2003, Deutscher Apothekerverband (C-322/01, EU:C:2003:664, punto 64); del 1º luglio 2014, Ålands Vindkraft (C-573/12, EU:C:2014:2037, punto 57), e del 17 settembre 2020, Hidroelectrica (C-648/18, EU:C:2020:723, punto 25).


4      V. conclusioni dell’avvocato generale Campos Sánchez-Bordona nelle cause riunite Eurogate Distribution e DHL Hub Leipzig (C-226/14 e C-228/14, EU:C:2016:1, paragrafo 106).


5      V. conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Grattan (C-310/11, EU:C:2012:568, paragrafo 50) e sentenza del 19 dicembre 2012, Grattan (C-310/11, EU:C:2012:822, punto 34).


6      V., nello stesso senso, con riferimento alla direttiva 92/12/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa (GU 1992, L 76, pag. 1), conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa Commissione/Francia (C-216/11, EU:C:2012:819, paragrafo 49), e sentenza del 14 marzo 2013, Commissione/Francia (C-216/11, EU:C:2013:162, punto 28).


7      V., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Elmer nella causa Eismann (C-217/94, EU:C:1996:183, paragrafo 29).


8      Sentenza del 10 luglio 1984 (42/83, EU:C:1984:254, punto 27). Detta causa riguardava una normativa danese che prevedeva periodi di riferimento e termini di pagamento per l’IVA all’importazione diversi dai termini corrispondenti per il pagamento dell’IVA nel regime interno.


9      V. sentenze del 27 febbraio 1980, Commissione/Irlanda (55/79, EU:C:1980:56, punto 9); del 10 luglio 1984, Dansk Denkavit (42/83, EU:C:1984:254, punto 30); del 17 giugno 1998, Grundig Italiana (C-68/96, EU:C:1998:299, punti 23 e 24), e del 12 febbraio 2015, Oil Trading Poland (C-349/13, EU:C:2015:84, punto 48).


10      V., segnatamente, sentenze del 2 aprile 1998, Outokumpu (C-213/96, EU:C:1998:155, punto 34); del 19 marzo 2009, Commissione/Finlandia (C-10/08, non pubblicata, EU:C:2009:171, punto 23), e del 15 marzo 2018, Cali Esprou (C-104/17, EU:C:2018:188, punto 41).


11      V., segnatamente, sentenze del 19 marzo 2009, Commissione/Finlandia (C-10/08, non pubblicata, EU:C:2009:171, punto 24); del 19 dicembre 2013, X (C-437/12, EU:C:2013:857, punto 28), e del 12 febbraio 2015, Oil Trading Poland (C-349/13, EU:C:2015:84, punto 46).


12      A titolo esemplificativo, l’articolo 36 TFUE costituisce una clausola giustificativa che mitiga i divieti sanciti dagli articoli 34 e 35 TFUE.


13      Sentenza del 17 giugno 1998, Grundig Italiana (C-68/96, EU:C:1998:299, punto 24). V., altresì, conclusioni dell’avvocato generale Bot nella causa Visnapuu (C-198/14, EU:C:2015:463, paragrafo 57).


14      V., in particolare, sentenze del 17 luglio 1997, Haahr Petroleum (C-90/94, EU:C:1997:368, punto 29); del 5 ottobre 2006, Nádasdi e Németh (C-290/05 e C-333/05, EU:C:2006:652, punto 51), e dell’8 novembre 2007, Stadtgemeinde Frohnleiten e Gemeindebetriebe Frohnleiten (C-221/06, EU:C:2007:657, punto 56).


15      Direttiva del Consiglio del 16 dicembre 1991 che completa il sistema comune di imposta sul valore aggiunto e modifica, in vista della soppressione delle frontiere fiscali, la direttiva 77/388/CEE (GU 1991, L 376, pag. 1).


16      V. supra, paragrafo 23.


17      V., segnatamente, conclusioni dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer nelle cause riunite Kittel e Recolta Recycling (C-439/04 e C-440/04, EU:C:2006:174, paragrafi da 27 a 35); conclusioni dell’avvocato generale Poiares Maduro nella causa Federation of Technological Industries e a. (C-384/04, EU:C:2005:745, paragrafi da 7 a 9), e conclusioni dell’avvocato generale Szpunar nelle cause riunite Schoenimport «Italmoda» Mariano Previti e a. (C-131/13, C-163/13 e C-164/13, EU:C:2014:2217, paragrafi da 31 a 38).


18      V. supra, paragrafo 21.


19      Sentenza del 10 luglio 1984 (42/83, EU:C:1984:254, punto 32).


20      Prima dell’introduzione della nozione di «acquisto intracomunitario» per mezzo della direttiva 91/680, nel quadro del regime transitorio, l’articolo 7 della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU 1977, L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva») definiva l’«importazione» come ogni introduzione di un bene all’interno del territorio di uno Stato membro. Nel regime attuale, la nozione di «acquisto intracomunitario» indica le forniture di beni tra Stati membri (articolo 20 della direttiva IVA), mentre la nozione di «importazione» è circoscritta ai beni provenienti da Stati terzi (articolo 30 della direttiva IVA).


21      Sentenza del 10 luglio 1984, Dansk Denkavit (42/83, EU:C:1984:254, punto 32).


22      Sentenze del 18 gennaio 2007, Brzeziński (C-313/05, EU:C:2007:33, punti 47 e 48); del 3 giugno 2010, Kalinchev (C-2/09, EU:C:2010:312, punto 27), e del 12 febbraio 2015, Oil Trading Poland (C-349/13, EU:C:2015:84, punto 37).


23      V., segnatamente, sentenze del 17 maggio 2018, Vámos (C-566/16, EU:C:2018:321, punto 41); del 21 novembre 2018, Fontana (C-648/16, EU:C:2018:932, punto 35), e dell’8 maggio 2019, EN.SA. (C-712/17, EU:C:2019:374, punti 38 e 39).


24      Sentenza del 13 febbraio 2014 (C-18/13, EU:C:2014:69, punti da 42 a 48).


25      In merito alla necessità di distinguere queste tre nozioni, v. sentenza del 20 ottobre 1993, Balocchi (C-10/92, EU:C:1993:846, punti da 21 a 24).


26      V. supra, paragrafo 14.


27      Per quanto attiene alle operazioni interne, il momento in cui l’imposta diviene esigibile è oggetto di regole più complesse: v. articoli da 63 a 67 della direttiva IVA.


28      V. supra, paragrafi da 85 a 87.


29      Il corsivo è mio.


30      Sentenza del 20 ottobre 1993 (C-10/92, EU:C:1993:846).


31      V. sentenza del 20 ottobre 1993, Balocchi (C-10/92, EU:C:1993:846, punti 27 e 31). Il corsivo è mio.


32      Ai sensi dell’articolo 63 della direttiva IVA, «[i]l fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diventa esigibile nel momento in cui è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi» (il corsivo è mio).


33      Nella relazione d’udienza nella causa Balocchi (C-10/92), gli argomenti dedotti dalla Commissione sono sintetizzati come segue: «La Commissione afferma in primis che la normativa italiana viola l’articolo 10 della direttiva. La regola essenziale sancita dalla disposizione de qua — che avrebbe armonizzato le nozioni di fatto generatore e di esigibilità della IVA — sarebbe che l’imposta è esigibile solo quando l’operazione imponibile è stata effettuata; un pagamento anticipato dell’imposta, nemmeno parziale, non potrebbe essere richiesto in nessun caso. (...) Allo stesso modo, l’articolo 22 della direttiva, che prevede la facoltà di riscuotere “acconti provvisori”, autorizzerebbe infatti gli Stati membri ad anticipare il termine per il versamento dell’imposta e a richiedere degli acconti tra il momento in cui l’imposta è divenuta esigibile e quello previsto per la sua liquidazione» (il corsivo è mio).


34      Sentenza del 20 ottobre 1993, Balocchi (C-10/92, EU:C:1993:846, punti da 27 a 31).


35      «Każdy podatnik zobowiązany do zapłaty VAT musi zapłacić kwotę netto VAT w momencie składania deklaracji VAT przewidzianej w art. 250. Państwa członkowskie mogą jednakże ustalić inny termin zapłaty tej kwoty lub pobrać zaliczki od tej kwoty».


36      Sentenza del 20 ottobre 1993 (C-10/92, EU:C:1993:846). V. supra, paragrafi da 102 a 106.


37      Sentenza del 26 marzo 2015 (C-499/13, EU:C:2015:201).


38      Sentenza del 26 marzo 2015, Macikowski (C-499/13, EU:C:2015:201, punti 57 e segg.).


39      Sentenza del 26 marzo 2015, Macikowski (C-499/13, EU:C:2015:201, punto 57).


40      Sentenza del 26 marzo 2015 (C-499/13, EU:C:2015:201).


41      Sentenza del 26 marzo 2015 (C-499/13, EU:C:2015:201).


42      V. supra, paragrafi 17 e 26.