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Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

LAILA MEDINA

presentate il 13 gennaio 2022(1)

Causa C-141/20

Finanzamt Kiel

contro

Norddeutsche Gesellschaft für Diakonie mbH

[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale, Germania)]

«Rinvio pregiudiziale – IVA – Gruppi IVA – Designazione di un membro di gruppo IVA come soggetto passivo – Attività economiche esercitate in modo indipendente – Sentenza Larentia + Minerva (C-108/14 e C-109/14






1.        La presente domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale, Germania) verte sull’interpretazione dell’articolo 4, paragrafi 1 e 4, in combinato disposto con l’articolo 21, paragrafo 1, lettera a), e paragrafo 3, della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio (2). Essa è sorta nell’ambito di una controversia tra la Norddeutsche Gesellschaft für Diakonie mbH (in prosieguo: la «NGD») e il Finanzamt Kiel (ufficio delle imposte di Kiel, Germania; in prosieguo: il «Finanzamt») in merito alla designazione di un gruppo ai fini dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) come soggetto passivo.

2.        I gruppi IVA sono una finzione giuridica ai fini dell’IVA ai sensi della sesta direttiva che consente di trattare i suddetti gruppi in quanto tali allo stesso modo di un singolo soggetto passivo registrato ai fini dell’IVA. Essi mirano a semplificare gli adempimenti IVA (cioè a facilitare notevolmente la dichiarazione IVA dei gruppi di società che possono così presentare un’unica dichiarazione IVA consolidata a copertura delle attività di tutti i membri del gruppo) e a combattere gli abusi fiscali. Inoltre, non vi è necessità di contabilizzare l’IVA sui beni ceduti e sui servizi prestati tra membri del gruppo.

3.        Tuttavia, il regime tedesco dei gruppi IVA è stato descritto in dottrina come simile alle fiabe dei fratelli Grimm: «[tale regime] ricorda [la] mela avvelenata offerta dalla regina cattiva alla dolce Biancaneve. Benché concepita come una misura di agevolazione, il gruppo IVA è divenuto un punto di controllo focale per l’amministrazione tributaria tedesca (...) ha condotto a numerosi procedimenti giudiziari (...) con conseguente giungla burocratica per i contribuenti spesso smarriti che si chiedono se il loro asserito gruppo IVA possa superare un controllo» (3).

4.        Le presenti conclusioni dovrebbero essere lette congiuntamente ad altre conclusioni da me presentate in una causa parallela, C-269/20, Finanzamt T, in particolare in quanto la portata della prima questione proposta dall’Undicesima Sezione del Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale) nella presente causa corrisponde alla prima questione sollevata dalla Quinta Sezione di detto organo giurisdizionale nella causa C-269/20.

I.      Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione europea

5.        La sesta direttiva è stata abrogata e sostituita, a partire dal 1o gennaio 2007, dalla direttiva del Consiglio 2006/112/CE (4). Ratione temporis la sesta direttiva resta applicabile al procedimento principale.

6.        L’articolo 4 della sesta direttiva, intitolato «Soggetti passivi», prevedeva:

«1.      Si considera soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente e in qualsiasi luogo una delle attività economiche di cui al paragrafo 2, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività.

(...)

4.      L’espressione “in modo indipendente”, di cui al paragrafo 1, esclude dall’imposizione i lavoratori dipendenti ed altre persone se essi sono vincolati al rispettivo datore di lavoro da un contratto di lavoro subordinato o da qualsiasi altro rapporto giuridico che introduca vincoli di subordinazione in relazione alle condizioni di lavoro e di retribuzione ed alla responsabilità del datore di lavoro.

Con riserva della consultazione di cui all’articolo 29, ogni Stato membro ha la facoltà di considerare come unico soggetto passivo le persone residenti all’interno del paese che siano giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi.

(...)».

7.        L’articolo 21 della sesta direttiva, intitolato «Debitori dell’imposta verso l’Erario», prevedeva, in particolare:

«1. L’imposta sul valore aggiunto è dovuta in regime interno:

a) dal soggetto passivo che effettua una cessione di beni o una prestazione di servizi imponibile, diversa da quelle di cui alle lettere b) e c).

(...)

3. Nelle situazioni di cui ai paragrafi 1 e 2, gli Stati membri possono stabilire che una persona diversa dal debitore dell’imposta sia responsabile in solido per il versamento dell’imposta.

(...)».

B.      Normativa nazionale

8.        L’articolo 2 dell’Umsatzsteuergesetz (legge sull’imposta sulla cifra d’affari; in prosieguo: l’«UStG»), intitolato «Imprenditori, imprese», prevede:

«(1)      È imprenditore chiunque eserciti in modo indipendente un’attività commerciale o professionale. L’impresa comprende l’insieme dell’attività commerciale o professionale dell’imprenditore. S’intende per attività commerciale o professionale qualsiasi attività permanente esercitata per ricavarne un reddito, anche se manca l’intento di lucro, o se un’associazione di persone esercita la propria attività solo nei confronti dei suoi soci.

(2)      L’attività commerciale o professionale non è esercitata a titolo indipendente,

(...)

2. Qualora la struttura generale dei legami effettivi dimostri che una persona giuridica è integrata, dal punto di vista finanziario, economico e organizzativo nell’impresa della società controllante (unità fiscale, “Organschaft”). Gli effetti dell’unità fiscale si limitano alle prestazioni interne tra le parti costitutive dell’impresa situate in [Germania]. Queste parti costitutive devono essere trattate come un’unica impresa. Qualora le funzioni di gestione della società controllante siano situate all’estero, è considerata come imprenditore la parte dell’impresa più importante da un punto di vista economico situata in [Germania].

(...)».

II.    Fatti all’origine della controversia nel procedimento principale e questioni pregiudiziali

9.        È controverso tra le parti se nel 2005 (l’«anno controverso») sussistesse un’unità fiscale ai fini dell’IVA tra «A», quale società madre, e la NGD, la ricorrente nel procedimento principale, quale società affiliata.

10.      La NGD è una Gesellschaft mit beschränkter Haftung (società a responsabilità limitata) di diritto tedesco, costituita con atto notarile del 29 agosto 2005. I suoi azionisti sono A (al 51%) e la C eV. (al 49%). A è un organismo collettivo di diritto pubblico, mentre la C eV. è un’associazione registrata. Nell’anno controverso l’amministratore unico della NGD era E, che rivestiva al contempo la carica di amministratore unico di A e di direttore generale della C eV.

11.      Prima della costituzione della NGD, due versioni del suo atto costitutivo sono state presentate al Finanzamt, affinché quest’ultimo prendesse posizione sull’esistenza dell’unità fiscale tra A e la C eV. Il Finanzamt ha informato la NGD che solo la seconda versione di detto atto costitutivo soddisfaceva i requisiti applicabili in materia di integrazione finanziaria. Tuttavia, la NGD è stata costituita sulla base della prima versione dell’atto costitutivo. Solo nel 2010 la seconda versione dell’atto costitutivo è stata oggetto di un atto notarile e iscritta nel registro delle imprese.

12.      Nel corso di un controllo esterno presso la NGD, l’organo di controllo giungeva alla conclusione che, nell’anno controverso, in assenza di un’integrazione finanziaria della NGD nell’impresa di A, non sussistesse tra i due soggetti un’unità fiscale ai fini IVA. Se è vero che A deteneva una partecipazione di maggioranza nel capitale sociale della NGD, pari al 51%, tuttavia essa non disponeva, sulla base delle disposizioni dell’atto costitutivo, della maggioranza dei diritti di voto, e pertanto non sarebbe stata in grado di imporre decisioni alla NGD.

13.      Il 30 dicembre 2013 la NGD presentava la dichiarazione IVA per il 2005. In tale dichiarazione, essa riservava la propria posizione quanto all’esito di un eventuale controllo a posteriori sulla costituzione di un’entità unica a fini fiscali con A.

14.      Con decisione del 30 maggio 2014, il Finanzamt avallava la posizione del revisore esterno e, di conseguenza, scioglieva la riserva relativa al controllo a posteriori.

15.      Il ricorso presentato dalla NGD avverso tale decisione veniva respinto come infondato dal Finanzamt, il 3 febbraio 2017, il quale adduceva l’insussistenza di un’unità fiscale tra la NGD e la società A, a causa dell’assenza di integrazione finanziaria.

16.      Tuttavia, il ricorso proposto dalla NGD avverso tale decisione veniva accolto dallo Schleswig-Holsteinisches Finanzgericht (Tribunale tributario, Schleswig-Holstein, Germania), con sentenza del 6 febbraio 2018, che stabiliva in EUR 0 l’importo dell’IVA richiesto a tale società. Secondo tale giudice, la condizione relativa all’integrazione finanziaria con la società madre A era soddisfatta anche dalla prima versione dell’atto costitutivo della NGD, in vigore nell’anno fiscale controverso. Il Finanzamt aveva quindi erroneamente ritenuto che non sussistesse l’unità fiscale. A tal proposito, detto giudice faceva riferimento ai punti 44 e 45 della sentenza del 16 luglio 2015, Larentia + Minerva e Marenave Schiffahrts (C-108/14 e C-109/14, EU:C:2015:496, in prosieguo: la «sentenza Larentia + Minerva»). Di conseguenza, tale giudice dichiarava che il requisito del Finanzamt – secondo il quale la società madre deve non solo avere una partecipazione maggioritaria, ma deve anche detenere la maggioranza dei diritti di voto nella NGD – andava oltre quanto necessario per raggiungere gli obiettivi volti a prevenire pratiche o comportamenti abusivi o a combattere la frode o l’evasione fiscali.

17.      Avverso tale sentenza il Finanzamt proponeva ricorso per cassazione (Revision) dinanzi al Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale, ossia il giudice del rinvio).

18.      Il Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale), riunito nella sua Undicesima Sezione, dichiarava in via preliminare che, se la controversia nel procedimento principale doveva essere valutata unicamente alla luce del diritto nazionale applicabile, il ricorso sarebbe stato fondato. Questo perché la qualificazione come unità fiscale dipende dalla condizione relativa all’integrazione finanziaria, che richiede che la società madre abbia la maggioranza dei diritti di voto. Non vi è stata alcuna modifica della normativa a seguito della citata sentenza Larentia + Minerva. Il requisito relativo al vincolo di autorità e di subordinazione tra la società madre e la società controllata continua ad essere richiesto dal diritto tedesco, nonostante i chiarimenti forniti al riguardo dalla Corte di giustizia nella suddetta sentenza.

19.      Alla luce di tali elementi, il giudice del rinvio solleva, in primo luogo, la questione se il regime di unità fiscale tedesco («Organschaft») sia compatibile con il diritto dell’Unione e, in particolare, se il requisito dell’integrazione finanziaria, prescritto dall’articolo 2, paragrafo 2, punto 2, prima frase, dell’UStG, possa essere ancora mantenuto in quanto tale (5). In secondo luogo, si chiede se il regime di unità fiscale tedesco possa essere giustificato dal combinato disposto dell’articolo 4, paragrafo 1, della sesta direttiva e dell’articolo 4, paragrafo 4, primo comma, della stessa (6).

20.      Pertanto, l’Undicesima Sezione del Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, in combinato disposto con l’articolo 21, paragrafo 1, lettera a), e paragrafo 3, della [sesta direttiva] debbano essere interpretati nel senso che consentano a uno Stato membro di stabilire che il soggetto passivo sia, in luogo del gruppo IVA [il gruppo societario («Organkreis»)], un membro dello stesso [(la società madre) («Organträger»)].

2)      In caso di risposta negativa alla prima questione: se l’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, in combinato disposto con l’articolo 21, paragrafo 1, lettera a), e paragrafo 3, della [sesta direttiva] possano essere invocati in tal senso.

3)      Se, per l’esame da eseguirsi ai sensi [della sentenza della Corte del 16 luglio 2015, Larentia + Minerva, punti 44 e 45] – vale a dire se il requisito di cui all’articolo 2, paragrafo 2, punto 2, prima frase, [dell’UStG], sull’integrazione finanziaria, costituisca una misura legittima, necessaria e adeguata al conseguimento degli obiettivi volti a prevenire le prassi o le condotte abusive o a lottare contro la frode o l’evasione fiscali – si debba applicare un criterio restrittivo o un criterio ampio.

4)      Se l’articolo 4, paragrafi 1 e 4, primo comma, della [sesta direttiva] debbano essere interpretati nel senso che consentano a uno Stato membro, mediante tipizzazione, di considerare una persona come non indipendente ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della medesima direttiva, nel caso in cui essa sia integrata dal punto di vista finanziario, economico e organizzativo nella struttura di un’altra impresa [la casa madre (Organträger)] di modo che la casa madre possa imporre le proprie direttive a tale soggetto impedendo che questi agisca diversamente».

III. Analisi

21.      Conformemente alla richiesta della Corte di giustizia, mi concentrerò solo sulla prima e sulla quarta questione pregiudiziale.

A.      Breve sintesi degli argomenti delle parti

22.      Osservazioni scritte sono state presentate dalla NGD, dai governi tedesco e italiano e dalla Commissione europea.

1.      Sulla prima questione pregiudiziale

23.      La NGD ritiene che il giudice del rinvio abbia giustamente sottolineato che la valutazione di cui ai punti 45 e 46 della sentenza Larentia + Minerva – al fine di determinare se la condizione dell’integrazione finanziaria, prevista dal diritto tedesco, sia necessaria e adeguata agli obiettivi volti a prevenire pratiche abusive o a combattere la frode o l’evasione fiscali – è pertinente solo nella misura in cui l’articolo 2, paragrafo 2, punto 2, prima frase, dell’UStG non sia contrario al diritto dell’Unione (quando designa il soggetto passivo in deroga al diritto dell’Unione). Se si dovesse accogliere tale impostazione, il ricorso per cassazione proposto dal Finanzamt sarebbe respinto immediatamente per incompatibilità di tale disposizione con il diritto dell’Unione.

24.      Il governo tedesco contesta la ricevibilità della prima questione. Esso sostiene che detta questione non sia rilevante ai fini dell’esito della controversia nel procedimento principale, che riguarda, in sostanza, l’esistenza o meno di una sufficiente integrazione finanziaria tra la NGD e la società madre A.

25.      In subordine, esso presenta osservazioni sia sulla questione relativa alla conformità al diritto dell’Unione del regime nazionale di unità fiscale («Organschaft»), sia sulla questione relativa alla legittimità di tale regime che designa un determinato membro del gruppo IVA come unico soggetto passivo in rappresentanza del gruppo.

26.      Per quanto riguarda la prima questione di cui al paragrafo precedente, il regime tedesco delle entità fiscali uniche, come previsto dall’articolo 2, paragrafo 2, punto 2, prima frase, dell’UStG, corrisponde perfettamente a quello di cui al combinato disposto dell’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, e dell’articolo 21, paragrafo 1, lettera a), e paragrafo 3, della sesta direttiva, in forza del quale tutti i membri di un gruppo IVA devono essere considerati come un unico soggetto passivo e devono presentare una dichiarazione IVA congiunta. Il fatto che, secondo il diritto nazionale, non sia il gruppo fiscale (gruppo IVA) stesso, ma la sua società madre, a svolgere tali ruoli, non comporta conseguenze quanto al rispetto del diritto dell’Unione.

27.      Per quanto riguarda la seconda questione di cui al paragrafo 25 delle presenti conclusioni, il governo tedesco ricorda che l’introduzione del regime di tassazione IVA di gruppo è facoltativa per gli Stati membri e che le modalità di funzionamento di tale regime sono lasciate alla discrezionalità degli stessi.

28.      Tale posizione è peraltro corroborata dai lavori preparatori della sesta direttiva. Inoltre, la designazione della società madre come unico soggetto passivo è opportuna atteso che, in quanto ente gerarchicamente superiore, è l’unica entità in grado di assicurare l’effettivo adempimento degli obblighi fiscali per l’intero gruppo. In ogni caso, non vi è alcuna differenza nell’onere fiscale a seconda che sia designato come unico soggetto passivo il gruppo IVA o la sua società madre.

29.      Il governo italiano sostiene, in sostanza, che l’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva deve essere interpretato nel senso che consente agli Stati membri di considerare come un unico soggetto passivo una società considerata isolatamente, anche se essa è strettamente legata ad altre società dal punto di vista finanziario, economico e organizzativo, qualora ciò sia giustificato da considerazioni relative all’obiettivo di prevenire la frode, l’evasione e l’elusione fiscali.

30.      La Commissione ritiene, in sostanza, che, sebbene la società madre di un gruppo IVA possa essere il soggetto passivo e l’unico interlocutore di tale gruppo, il requisito previsto dal diritto tedesco secondo cui detta società madre deve avere la maggioranza dei diritti di voto nel suddetto gruppo sia contrario all’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva.

2.      Sulla quarta questione pregiudiziale

31.      La NGD ritiene che occorra rispondere in senso negativo alla quarta questione, vale a dire che la sesta direttiva non consente a uno Stato membro di stabilire, per tipizzazione, che determinate unità non sono indipendenti, quando sono integrate nella società madre di un gruppo IVA dal punto di vista finanziario, economico e organizzativo.

32.      Il governo tedesco sostiene, in via principale, che la quarta questione pregiudiziale è altresì irricevibile, in quanto non consente di trarre conclusioni sul soddisfacimento del requisito dell’integrazione finanziaria in una situazione in cui, come nel caso di specie, la società madre, pur avendo una partecipazione maggioritaria, non detiene la maggioranza dei diritti di voto. Esso, pertanto, ritiene che la questione non sia dirimente per la soluzione della controversia nel procedimento principale.

33.      In subordine, detto governo ritiene che, qualora la Corte dichiarasse ricevibile la questione, occorrerebbe rispondere in senso affermativo. Infatti, l’articolo 4, paragrafo 1, della sesta direttiva e l’articolo 4, paragrafo 4, primo comma, della medesima consentono a uno Stato membro di considerare, per tipizzazione, un’entità come non indipendente ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, di tale direttiva, quando detta entità è integrata dal punto di vista finanziario, economico e organizzativo in un’altra società (la società madre), in modo tale che quest’ultima sia in grado di esercitare la propria volontà sulla prima e di impedire a tale entità di adottare una diversa linea di condotta. Il governo tedesco aggiunge, in tale contesto, che gli Stati membri dispongono di un certo margine discrezionale nel determinare il grado di indipendenza di un’entità nell’esercizio di un’attività economica al momento della trasposizione di tale disposizione.

34.      Il governo italiano fa valere, in sostanza, che la quarta questione pregiudiziale è irricevibile, in quanto non ha alcun rapporto con il contesto fattuale del procedimento principale. Tuttavia, nell’ipotesi in cui si ritenesse la questione ricevibile, occorrerebbe rispondere che l’articolo 4, paragrafo 1, della sesta direttiva non può essere considerato idoneo a escludere che un’entità che esercita un’attività economica in modo giuridicamente indipendente possa essere considerata un soggetto passivo, anche se strettamente legata a un’altra entità sul piano finanziario, economico e organizzativo, in modo da creare una situazione di dipendenza o di integrazione economica rispetto a tale entità.

35.      La Commissione ha trattato tutte le questioni pregiudiziali congiuntamente e non ha presentato osservazioni distinte su questa questione.

B.      Valutazione

1.      Ricevibilità

36.      Il governo tedesco contesta la ricevibilità della prima e della quarta questione pregiudiziale (v. paragrafi 24 e 32 delle presenti conclusioni), mentre il governo italiano ritiene irricevibile la quarta questione.

37.      Ritengo che queste argomentazioni debbano essere respinte. In primo luogo, le risposte alle questioni pregiudiziali sono manifestamente necessarie ai fini della soluzione della controversia nel procedimento principale. In secondo luogo, il fatto che due sezioni del Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale, Germania; l’Undicesima Sezione nella presente causa e la Quinta Sezione nella causa C-269/20) abbiano riferito interpretazioni diametralmente opposte delle disposizioni pertinenti della sesta direttiva (7) dimostra l’esistenza di una reale necessità che la Corte fornisca orientamenti su tali disposizioni. Ciò si riflette anche nella significativa divergenza della giurisprudenza nazionale di queste due Sezioni di un organo giurisdizionale così elevato (in particolare, per quanto riguarda il modo in cui l’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva dovrebbe essere attuato nel diritto nazionale). Ciò è sottolineato anche nella dottrina citata dal Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale) nelle due domande di pronuncia pregiudiziale.

2.      Sul merito

38.      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva, in combinato disposto con l’articolo 21, paragrafo 1, lettera a), e paragrafo 3, di detta direttiva, debbano essere interpretati nel senso che esso osta a che uno Stato membro stabilisca che il soggetto passivo dell’IVA sia non già il gruppo IVA stesso («Organkreis»), bensì un membro di esso, in particolare la società madre («Organträger»).

39.      Con la sua quarta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 4, paragrafo 1, della sesta direttiva, letto in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 4, primo comma, della stessa, debba essere interpretato nel senso che autorizza uno Stato membro a stabilire, mediante tipizzazione, che talune entità non sono indipendenti, quando dette entità sono integrate, sul piano finanziario, economico e organizzativo, nella società madre di un gruppo IVA.

40.      È opportuno considerare congiuntamente queste due questioni, i cui elementi fondanti saranno oggetto della mia analisi in tre fasi. La prima fase riflette le condizioni stabilite dal diritto dell’Unione per la formazione di un gruppo IVA. Nella seconda fase affronterò le norme relative allo status del gruppo IVA e dei suoi membri una volta che il gruppo è costituito e operativo, comprese le relazioni del gruppo nei confronti delle autorità fiscali, e quale membro del gruppo sia considerato soggetto passivo ai fini dell’IVA. Concluderò con la terza fase, dove analizzerò se il governo tedesco abbia la facoltà di derogare alle regole del diritto dell’Unione sui gruppi IVA per mantenere il proprio regime di gruppo IVA.

a)      Osservazioni preliminari

41.      Conformemente alle conclusioni definitive del giudice a quo nella sua decisione di rinvio, il ragionamento seguito per giustificare l’esistenza di un gruppo ai fini fiscali in Germania è connesso, sul piano concettuale e storico, nonché dal punto di vista dell’economia generale della normativa tedesca, alla caratteristica dell’indipendenza nell’esercizio di un’attività economica.

42.      Per diversi anni sono stati espressi forti dubbi sulla conformità delle disposizioni pertinenti dell’UStG con la sesta direttiva, enunciati tanto nella giurisprudenza tedesca(8) che in dottrina (9). Come dimostrerò nelle presenti conclusioni, tali dubbi sono giustificati.

43.      Parte della giurisprudenza della Corte pertinente alla presente causa riguarda l’articolo 11 della direttiva 2006/112, atteso che la formulazione dell’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva corrisponde alla suddetta disposizione.

44.      In via preliminare, occorre ricordare che, per delimitare la portata di una disposizione di diritto dell’Unione, bisogna tener conto allo stesso tempo del suo tenore letterale, del suo contesto e delle sue finalità (10).

b)      Fase 1: le condizioni previste dal diritto dellUnione per i gruppi IVA

45.      La formulazione dell’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva è la seguente: «Con riserva della consultazione di cui all’articolo 29, ogni Stato membro ha la facoltà di considerare come unico soggetto passivo le persone residenti all’interno del paese che siano giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi».

46.      In termini generali, la sesta direttiva fornisce agli Stati membri indicazioni alquanto limitate sul modo di attuare il regime dei gruppi IVA nella loro normativa interna. Molti dettagli sono lasciati alla discrezionalità degli Stati membri, il che rischia di alterare l’applicazione unificata dell’IVA in tutta l’Unione europea. La direttiva 2006/112 non ha migliorato questa situazione. Sono state infatti rilevate ampie divergenze tra gli Stati membri (11).

47.      In particolare, per quanto riguarda la normativa tedesca (l’UStG), l’essenza del problema di detta normativa risiede nel fatto che, in forza della sesta direttiva, le società indipendenti strettamente collegate fra loro ai fini IVA non perdono la qualità di soggetto passivo semplicemente a causa del suddetto legame. La nozione di gruppo IVA non comporta affatto che ogni soggetto passivo di tale gruppo sia sostituito da un solo membro di tale gruppo.

 Il contesto e la formulazione delle disposizioni controverse

48.      La Corte ha già chiarito che «[i] termini utilizzati dall’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, della sesta direttiva e dall’articolo 9, paragrafo 1, della [direttiva 2006/112], in particolare il termine “chiunque”, danno una definizione ampia della nozione di “soggetto passivo”, incentrata sull’indipendenza nell’esercizio di un’attività economica nel senso che tutte le persone fisiche e giuridiche, sia pubbliche che private, e anche gli enti privi di personalità giuridica, che obiettivamente soddisfino i criteri di cui a tale disposizione, devono essere considerate soggette all’IVA» (12).

49.      Inoltre, l’interessato deve agire in nome proprio, per conto e sotto la propria responsabilità e deve sopportare il rischio economico inerente alle attività che svolge autonomamente in qualsiasi luogo (13).

50.      A ciò si agiunge che l’articolo 4, paragrafo 1, della sesta direttiva stabilisce che un «soggetto passivo» esercita in modo indipendente e in qualsiasi luogo la sua attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività.

51.      Atteso che l’articolo 4, paragrafo 1, della sesta direttiva nonché l’articolo 4, paragrafo 4, primo comma, di quest’ultima definiscono l’ambito di applicazione dell’espressione «esercita in modo indipendente (...) attività economiche» (14), il riferimento alla nozione di «gruppo IVA» di cui all’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, di quest’ultima richiede che tale nozione sia intesa nel senso che dà espressione concreta alla nozione di esercizio in modo indipendente di un’attività economica.

52.      In altri termini, l’articolo 4, paragrafo 4, primo comma, della sesta direttiva definisce ulteriormente l’espressione «in modo indipendente» e fa poi riferimento, nel suo secondo comma, alla nozione di gruppo IVA, la cui attuazione è stata demandata agli Stati membri in virtù del loro potere discrezionale di attuazione.

53.      L’inclusione della nozione di gruppo IVA nell’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva richiede che tale nozione sia intesa in modo coerente con l’economia generale di tale direttiva, tale da rendere tangibile il concetto di indipendenza. Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4, della suddetta direttiva, persone giuridicamente indipendenti possono essere considerate come un unico soggetto passivo in una situazione in cui l’assoggettamento all’imposta non potrebbe essere altrimenti giustificato ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della sesta direttiva a causa dell’assenza di un legame sufficiente tra tali soggetti.

54.      Occorre poi confrontare la formulazione delle disposizioni pertinenti dell’UStG con quelle della sesta direttiva.

55.      Per quanto riguarda l’articolo 2, paragrafo 2, punto 2, prima frase, dell’UStG, tale disposizione non tiene conto del fatto che l’articolo 4, paragrafo 4, della sesta direttiva non prevede requisiti supplementari riguardanti la qualificazione di soggetto passivo dei diversi membri del gruppo IVA. Inoltre, quest’ultima disposizione non richiede che il membro che agisce in nome e per conto di tale gruppo sia unicamente una società madre con partecipazione maggioritaria e maggioranza dei diritti di voto, né, di fatto, qualsiasi altra condizione relativa alla sua capacità giuridica, alla proprietà o ai diritti inerenti alla proprietà di una persona giuridica.

56.      L’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva prevede che «ogni Stato membro ha la facoltà di considerare come unico soggetto passivo le persone residenti all’interno del paese che siano giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi».

57.      Mentre l’articolo 2, paragrafo 2, punto 2, dell’UStG dispone che «l’attività industriale, commerciale o professionale non è esercitata a titolo indipendente, (...) 2. qualora la struttura generale dei legami effettivi dimostri che una persona giuridica [(i)] è integrata dal punto di vista finanziario, economico e organizzativo [(ii)] nell’impresa della società madre [(iii)] (“Organschaft”). Gli effetti dell’unità fiscale si limitano alle prestazioni interne tra le parti costitutive dell’impresa situate in [Germania]. Queste parti costitutive devono essere trattate come un’unica impresa. (...)».(15)

58.      È evidente che la misura tedesca che recepisce la sesta direttiva è eccessivamente restrittiva in quanto prevede che il gruppo IVA (e, per effetto di tale recepimento, la società madre) sia l’unico soggetto passivo, mentre l’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva è più generica in quanto consente, ai fini dell’IVA, di trattare come un unico soggetto passivo solo persone indipendenti ma vincolate tra loro da rapporti finanziari, economici e organizzativi.

59.      Invero, la formulazione dell’articolo 4, paragrafo 4, della sesta direttiva è la seguente: «ogni Stato membro ha la facoltà di considerare come unico soggetto passivo [(iii)] le persone [(i)] residenti all’interno del paese che sono giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro [(ii)] da rapporti finanziari, economici ed organizzativi» (16).

60.      L’analisi testuale rivela le differenze tra: «persona giuridica» e «persona» (i) (17); «integrazione di una società controllata nella società madre» e «persone giuridiche indipendenti strettamente vincolate tra loro» (ii); «unicamente la società madre» e «il gruppo IVA» come soggetto passivo unico (iii).

61.      I tre gli elementi del confronto di cui sopra, tra le disposizioni tedesche e l’effettivo tenore letterale della sesta direttiva, dimostrano che l’UStG va oltre quanto previsto dalla sesta direttiva.

62.      A questo proposito, dalla giurisprudenza della Corte risulta che gli Stati membri, quando esercitano la scelta che lascia loro l’articolo 4, paragrafo 4, della sesta direttiva e quando stabiliscono alcune condizioni e modalità per i gruppi IVA, non possono alterare fondamentalmente la natura della nozione di gruppo IVA (18) e la finalità di detta disposizione (19). Dalla giurisprudenza della Corte di giustizia (20) si può trarre un’analogia nel senso che, nel trasporre la sesta direttiva e nel definire i meccanismi che conferiscono efficacia ai diritti che i gruppi e i soggetti IVA possono derivare dall’articolo 4, paragrafo 4, della stessa, la legislazione degli Stati membri non può avere l’effetto di escludere taluni gruppi e soggetti IVA, che altrimenti soddisfano i relativi requisiti previsti da detta direttiva, del godimento di tali diritti (cosa che, in effetti, si verifica per i soggetti di cui trattasi nel caso di specie e nella causa C-269/20). Come osservato in dottrina, gli Stati membri dovrebbero considerare la portata della libertà legislativa residua loro riconosciuta da detta direttiva quando attuano l’opzione del gruppo IVA, al fine di non superarla (21).

63.      Orbene, il carattere eccessivamente restrittivo dell’UStG e della giurisprudenza nazionale è già stato dimostrato in un’altra situazione relativa ai gruppi IVA: dopo il presente rinvio pregiudiziale alla Corte, quest’ultima ha avuto modo di pronunciarsi sul fatto che l’UStG ha illegittimamente impedito alle società di persone, che non erano soggetti esclusivamente integrati finanziariamente nell’impresa della società madre, di essere membri di un gruppo IVA. Tale era l’oggetto della sentenza nella causa M-GmbH.

c)      Fase 2: Le regole relative allo status del gruppo IVA e dei suoi membri una volta che il gruppo è stato costituito e opera, compresi i rapporti del gruppo nei confronti delle autorità fiscali

64.      Dalle norme della sesta direttiva relative allo status del gruppo IVA e dei suoi membri risulta che i soggetti passivi appartenenti a un gruppo IVA restano soggetti passivi anche a titolo individuale. Gli obblighi IVA esistono per ogni persona in modo indipendente (cioè al di fuori del contesto del gruppo IVA). Il gruppo IVA istituito dall’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva ha il solo scopo di semplificare il trattamento dell’IVA. In pratica, l’autorità fiscale dovrebbe ricevere un’unica dichiarazione IVA che costituisce un’aggregazione delle singole dichiarazioni di ogni soggetto passivo appartenente al gruppo.

1)      Genesi legislativa

65.      Al punto 2 (facendo riferimento all’articolo 2 come figura nella proposta), dell’allegato A della proposta della Commissione (22), che ha portato all’adozione della seconda direttiva (23), il legislatore dell’Unione ha stabilito che ai sensi di tale direttiva, i regimi di unità fiscale non devono essere equiparati alla mancanza di indipendenza.

66.      Tale punto precisa che «[l]o scopo dell’espressione “in maniera indipendente” è soprattutto quello di sottrarre all’imposizione i dipendenti vincolati al loro datore di lavoro mediante un contratto di locazione d’opera, ivi compresi i lavoratori a domicilio. Inoltre tale termine consente a ciascun Stato membro di non considerare come soggetti passivi distinti, bensì come un unico soggetto passivo, le persone che, sebbene giuridicamente indipendenti, sono organicamente vincolate tra di loro attraverso rapporti di natura economica, finanziaria ed organizzativa. Tuttavia, lo Stato membro che intende adottare tale regime deve procedere alla consultazione di cui all’articolo 13».

67.      È vero che all’epoca, al momento di adottare la seconda direttiva, lo scopo era quello di legittimare, in forza del diritto dell’Unione, norme degli Stati membri, quale il regime tedesco relativo ai soggetti unici a fini fiscali, al fine di evitare la necessità di creare la nozione di gruppo IVA nel diritto tedesco.

68.      La suddetta proposta della Commissione di una seconda direttiva spiegava, al punto «Ad articolo 2», che:

«In base alle disposizioni attualmente in vigore in alcuni Stati membri, certe persone indipendenti dal punto di vista giuridico, ma organicamente collegate tra di loro da rapporti di ordine economico, finanziario e organizzativo, sono considerate come un solo soggetto passivo di imposizione, in maniera che le operazioni effettuate tra di esse non vengono generalmente considerate come atti passibili di imposizione. Secondo questa concezione, le imprese che costituiscono una “Organschaft” sono quindi sottoposte allo stesso regime fiscale di una impresa integrata che costituisca una persona giuridica unitaria.

È opportuno rilevare che se il sistema della I.V.A. è applicato in maniera “pura”, il regime fiscale sopraccitato non presenta alcun vantaggio sul piano della concorrenza nei confronti di un regime fiscale che consideri i membri di una “Organschaft” come dei soggetti separati.

Data tale situazione, non pare possano sussistere grandi inconvenienti se alcuni Stati continuano a considerare l’“Organschaft” come un solo soggetto mentre altri rimangono in posizione diversa. Comunque, nel primo caso lo Stato interessato deve procedere a delle consultazioni preliminari, per far esaminare se il regime scelto non provochi dei turbamenti nella concorrenza [COM(65) 144 def., pagg. 7 e 8]».

69.      La seconda direttiva è stata sostituita dalla sesta direttiva e questi argomenti sono rimasti validi (e lo sono ancora, del resto, in forza della direttiva 2006/112, che a sua volta ha sostituito la sesta direttiva).

70.      Risulta chiaramente dalla genesi legislativa dell’articolo 4 della sesta direttiva che la nozione di unità fiscale non implica che i membri costitutivi del gruppo cessino di esercitare attività economiche indipendenti e che l’articolo 4, paragrafo 1, di tale direttiva non esclude che una società resti un soggetto passivo ai fini IVA anche quando è controllata o posseduta da un’altra società.

2)      Un esempio pratico di gruppo IVA

71.      Istruttivo al riguardo è un esempio semplificato di gruppo IVA, composto da due soli membri, presentato dalla Commissione. La società A controlla la società B; B acquista beni da terzi soggetti passivi per EUR 100, da cui EUR 20 possono essere detratti a titolo di IVA (con aliquota IVA del 20%). B rivende la merce ad A al prezzo di costo. Successivamente A vende la merce per EUR 200 a persone fisiche non soggetti passivi e fattura EUR 40 a titolo di IVA. L’IVA dovuta dalle varie società che compongono il gruppo IVA è determinata come segue se viene effettuato un pagamento unico per il gruppo.

72.      (i) B ha detratto 20 euro per beni acquistati da terzi (meno EUR 20); (ii) B vende i beni al prezzo di costo ad A e riceve EUR 20 (più EUR 20); (iii) A registra nella sua contabilità l’acquisto dei beni che ha acquistato da B e detrae EUR 20 (meno EUR 20); A contabilizza l’IVA applicata per la rivendita di beni a terzi (200 x 20% = 40, quindi più EUR 40). Ne consegue che l’IVA totale dovuta dal gruppo IVA ammonta a EUR 20.

73.      La società A assolve gli obblighi fiscali dei membri del gruppo IVA e versa l’IVA dovuta dal gruppo. Le operazioni tra soggetti passivi di cui ai punti ii) e iii) sono completamente neutralizzate. Quando B vende i suoi beni ad A, l’IVA applicata da B è pari all’IVA che A può detrarre. Queste operazioni non sono quindi prese in considerazione per determinare l’importo dell’IVA dovuta dal gruppo IVA. Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della sesta direttiva, la società A svolge attività economiche in modo indipendente. In quanto soggetto passivo, A ha ricevuto EUR 40 a titolo di IVA. Essa ha venduto i beni ai consumatori finali e ha potuto detrarre l’imposta a monte di EUR 20 per tale acquisto. Per tale operazione, A deve versare un’IVA di EUR 20. La società B non è tenuta a versare l’IVA per l’operazione di rivendita, poiché tale operazione è stata effettuata al prezzo di costo.

74.      Tutti i membri di un gruppo IVA sono responsabili in solido per i debiti IVA del gruppo, anche se, in pratica, è solo il membro interlocutore che versa l’importo (congiunto) dell’IVA dovuta. Per quanto riguarda i gruppi IVA, la sesta direttiva non disciplina la ripartizione della responsabilità – in relazione all’importo IVA dovuto dal gruppo – tra i suoi membri né le modalità di detta responsabilità.

75.      Conformemente al sistema dell’IVA stabilito dalla sesta direttiva, ogni soggetto passivo è responsabile dei propri obblighi in materia di IVA. Atteso che, secondo il disposto dell’articolo 4, paragrafo 4, della sesta direttiva, i membri di un gruppo IVA non perdono la loro qualità di soggetti passivi individuali, la ripartizione degli obblighi IVA tra i membri del gruppo IVA è una questione della normativa nazionale in materia di contratti e di illeciti.

76.      Contrariamente al regime dei gruppi IVA ai sensi della sesta direttiva, il regime istituito dall’articolo 2, paragrafo 2, punto 2, dell’UStG prevede che i membri del gruppo IVA non siano più considerati soggetti passivi, sebbene continuino a vendere beni e a prestare servizi a titolo oneroso, lo facciano in modo indipendente e ciascuno di essi sia un soggetto passivo che agisce in quanto tale ai sensi dell’articolo 2 della sesta direttiva.

77.      A questo proposito, condivido l’opinione della Commissione secondo cui, in base a tale sistema nazionale, la società B nell’esempio di cui sopra non verrebbe (affatto) presa in considerazione come soggetto passivo ai fini dell’IVA. Essa sarebbe semplicemente trattata come una filiale della società A. Tuttavia, B acquista beni in quanto soggetto passivo che agisce in quanto tale ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della sesta direttiva. La società A sarebbe l’unico soggetto passivo del gruppo IVA. Tuttavia, l’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva non consente che B, in quanto membro di un gruppo IVA, non sia più considerato un soggetto passivo ove continui a svolgere attività economiche in modo indipendente ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della stessa direttiva.

78.      Pertanto, è importante ricordare che i membri di un gruppo IVA non perdono il loro status di «soggetto passivo» fino a quando i medesimi non cessano di svolgere attività economiche indipendenti. Come ho sottolineato supra, l’articolo 4, paragrafo 1, della sesta direttiva non esclude che una società rimanga soggetto passivo anche quando è controllata da un’altra società o quando è interamente o parzialmente partecipata da quest’ultima.

79.      Quando più membri giuridicamente indipendenti di un gruppo IVA costituiscono insieme un unico soggetto passivo, deve esistere un unico interlocutore, che assume gli obblighi IVA del gruppo nei confronti dell’amministrazione fiscale. Tale compito potrebbe essere svolto dalla società madre (come previsto dal diritto tedesco). Tuttavia, ritengo (al pari della Commissione) che il requisito secondo cui, ai fini del gruppo IVA, la società madre deve avere la maggioranza dei diritti di voto e una partecipazione maggioritaria nella società controllata nel gruppo IVA, sia contrario all’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva.

80.      Come già osservato supra, la società madre può adempiere gli obblighi fiscali dei vari soggetti passivi del gruppo IVA. Tuttavia, conformemente alla sesta direttiva, non esiste l’obbligo che solo il membro IVA che controlla il gruppo sia l’interlocutore che rappresenta il gruppo nei confronti dell’amministrazione fiscale. Nell’esempio semplificato, di cui ai paragrafi da 71 a 73 supra, è possibile, per esempio, che la società B abbia una maggiore liquidità. Gli altri membri del gruppo, che potrebbero avere meno liquidità a disposizione, saranno pertanto interessati a che sia B a versare l’IVA dovuta per il gruppo. Infatti, può essere stipulato tra i membri del gruppo un accordo contrattuale anche per quanto riguarda la remunerazione dell’interlocutore per il compito di trattare con l’amministrazione fiscale.

3)      I requisiti del diritto dell’Unione sulla designazione del soggetto passivo del gruppo IVA

81.      Nella sua Comunicazione (24), la Commissione si riferisce ai gruppi IVA come «[entità fittizie]».

82.      Il giudice del rinvio ha quindi ragione, come vedremo, quando considera irrilevante il fatto che il legislatore tedesco non abbia ancora definito il gruppo IVA come forma societaria di diritto nazionale.

83.      Infatti, la considerazione illustrata dalla Commissione nella sua Comunicazione di cui sopra – secondo cui «un gruppo IVA potrebbe essere descritto come una “finzione” creata ai fini dell’IVA, in cui la sostanza economica prevale sulla forma giuridica. Un gruppo IVA è un genere particolare di soggetto passivo che esiste soltanto ai fini dell’IVA. Si basa su reali vincoli finanziari, economici ed organizzativi tra imprese. Benché ogni membro del gruppo mantenga la propria forma giuridica, la costituzione del gruppo IVA prevale, soltanto ai fini dell’IVA, sulle forme giuridiche basate, ad esempio, sul diritto civile o sul diritto societario (...)» – dimostra giustamente il primato del diritto dell’Unione in materia di IVA sul diritto civile o sul diritto societario nazionale (tale è altresì il parere del giudice del rinvio; v. punto 58 della decisione di rinvio).

84.      Come ha rilevato lo stesso giudice del rinvio, in primo luogo, dalla giurisprudenza della Corte risulta che, quando uno Stato membro esercita la facoltà di cui all’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva, la normativa nazionale di attuazione deve consentire che il soggetto passivo sia unico e che al gruppo nel suo complesso sia assegnato un unico numero di partita IVA (25). Sebbene da tale giurisprudenza non risulti che debba trattarsi di una persona specifica, la Corte ha tuttavia successivamente affermato che è il gruppo IVA stesso, qualora esista, ad essere debitore dell’IVA (26).

85.      Così, secondo il diritto dell’Unione, il soggetto passivo dell’imposta è il gruppo IVA stesso, e non esclusivamente la società madre del gruppo, ossia un suo membro specifico, come avviene nel diritto tedesco. Infatti, una parte considerevole della dottrina tributaria tedesca ha sottolineato che per questo motivo l’articolo 2, paragrafo 2, punto 2, prima frase, dell’UStG è in contrasto con la sesta direttiva (27).

86.      Inoltre, ritengo che la suddetta disposizione dell’UStG, nel prevedere che la società madre rappresenta il soggetto passivo, vada manifestamente oltre la semplificazione dell’imposizione delle società collegate. Tale formulazione dell’UStG ignora, da un lato, la personalità giuridica indipendente delle società collegate e, dall’altro, le potenziali caratteristiche di queste ultime come enti pubblici (ciò emerge dalle conclusioni parallele da me presentate nella causa C-269/20). Inoltre, la suddetta disposizione dell’UStG limita la libertà del regime di unità fiscale (gruppo IVA) di designare il suo rappresentante.

4)      Potenziale violazione del principio di neutralità fiscale

87.      L’articolo 2, paragrafo 2, punto 2, dell’UStG sarebbe inoltre contrario al principio di neutralità fiscale, da cui discende che «gli operatori devono poter scegliere il modello organizzativo che, da un punto di vista strettamente economico, appare loro più confacente, senza incorrere nel rischio che le loro operazioni vengano escluse [dalle esenzioni previste] (...) [dalla] sesta direttiva» (28).

88.      Infatti, la Corte ha affermato che, ai fini dell’IVA «l’identità di coloro che gestiscono (...) e la forma giuridica (...) sono (...) prive di rilevanza» (29), salvo disposizione contraria della sesta direttiva o della giurisprudenza.

89.      In tale contesto, concordo con l’avvocato generale Mengozzi: «stento (...) a capire in che modo una distinzione in funzione della forma giuridica o dell’esistenza o meno della personalità giuridica delle imprese sia necessaria e appropriata per la lotta contro l’elusione e l’evasione fiscale (...), una siffatta distinzione contrasta altresì, a mio avviso, con il principio di neutralità fiscale (...), privare taluni operatori economici di tali vantaggi a motivo della forma giuridica con cui uno di tali operatori svolge la propria attività equivale a trattare in modo diverso attività analoghe che si trovano dunque in concorrenza le une con le altre, tralasciando il fatto che il soggetto passivo è proprio contraddistinto dall’attività economica e non dalla forma giuridica (...). Il meccanismo del gruppo IVA deve promuovere la neutralità fiscale rispecchiando la realtà economica. Non deve invece (...) portare a creare distinzioni artificiali in funzione della forma giuridica rivestita dagli operatori economici per esercitare la loro attività» (30). Pertanto, in modo analogo alle condizioni relative alla forma giuridica e alla personalità giuridica di cui sopra, ritengo che condizioni quali quelle imposte dall’UStG nel caso di specie (designanti unicamente il membro di un gruppo IVA che lo controlla, che possiede la maggioranza dei diritti di voto e ha una partecipazione maggioritaria in tale gruppo, come rappresentante del gruppo e soggetto passivo di tale gruppo, ad esclusione degli altri membri del gruppo) sembrano andare oltre quanto necessario e adeguato per conseguire gli obiettivi della sesta direttiva.

d)      Fase 3: Se il governo tedesco possa basarsi su uneccezione prevista dalle norme di diritto dellUnione sui gruppi IVA per giustificare il suo regime

90.      Come regola generale del diritto dell’Unione, il soggetto passivo deve essere una persona definita nella sesta direttiva e, pertanto, analizzerò se le misure tedesche che specificano che il debitore dell’imposta può essere solo la società madre servono a prevenire pratiche fiscali abusive.

91.      Come sottolineato dalla Corte nella sentenza Larentia + Minerva (punto 40), «[d]alla motivazione della proposta della Commissione [COM(73) 950 def.(31)] che ha condotto all’adozione della sesta direttiva emerge che il legislatore dell’Unione, con l’adozione dell’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della direttiva stessa, ha inteso consentire agli Stati membri di non collegare sistematicamente lo status di soggetto passivo alla nozione di indipendenza puramente giuridica, vuoi a fini di semplificazione amministrativa, vuoi al fine di evitare abusi quali, ad esempio, il frazionamento di un’impresa tra più soggetti passivi al fine di beneficiare di un particolare regime».

92.      Inoltre, la Corte ha statuito che «l’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva deve essere interpretato nel senso che esso osta a che una normativa nazionale riservi la possibilità di costituire un gruppo IVA, quale prevista da tale disposizione, unicamente agli enti dotati di personalità giuridica e legati alla società madre di tale gruppo da un rapporto di subordinazione, a meno che tali due requisiti costituiscano misure necessarie e adeguate al conseguimento degli obiettivi volti a prevenire le prassi o le condotte abusive o a lottare contro la frode o l’evasione fiscali» (punto 46 della sentenza Larentia + Minerva) (32).

93.      Gli obiettivi dell’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva sono prevenire gli abusi nonché combattere la frode e l’evasione fiscali e semplificare le operazioni amministrative, esentando dall’IVA le operazioni infragruppo.

94.      Pertanto, l’obiettivo di tale disposizione è la designazione del soggetto passivo unico del gruppo IVA, che è tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi e a versare l’IVA per conto di tale gruppo, senza tuttavia eliminare la responsabilità fiscale degli altri membri di detto gruppo. Tuttavia, tale disposizione tace sulla responsabilità in solido dei vari membri di detto consorzio. A tale riguardo, risulta tuttavia dall’articolo 21, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva che gli Stati membri possono prevedere che un’entità diversa dal soggetto passivo sia tenuta in solido al versamento dell’IVA. Ne consegue che anche il membro del gruppo IVA che agisce per conto di tale gruppo può essere ritenuto responsabile in solido del versamento di tale imposta.

95.      Come rilevato dal giudice del rinvio, l’articolo 21, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva autorizza gli Stati membri solo a designare altre persone come debitori in solido dell’IVA. Esso non consente loro di designare in deroga un soggetto passivo di tale imposta diverso dal gruppo IVA stesso. Infatti, dalla giurisprudenza risulta che gli Stati membri non hanno il diritto di aggiungere condizioni supplementari all’articolo 11 della direttiva 2006/112 (e, di conseguenza, all’articolo 4, paragrafo 4, della sesta direttiva) (33).

96.      Il giudice del rinvio chiede poi se l’approccio seguito dalla Corte nella sentenza Larentia + Minerva debba essere interpretato nel senso che, al fine di prevenire gli abusi o di combattere la frode e l’evasione fiscali, gli Stati membri possano designare come membro di un gruppo IVA che agisce per conto di tale gruppo solo la società madre di detto gruppo. Il giudice del rinvio spiega che la condizione relativa al possesso della maggioranza dei diritti di voto aveva lo scopo di facilitare la cooperazione dei membri del gruppo IVA al fine di garantire il rispetto dei loro obblighi fiscali.

97.      Ritengo (al pari della Commissione) che lo scopo della condizione relativa al possesso della maggioranza dei diritti di voto da parte di tale società madre non sia quello di prevenire gli abusi o di combattere l’evasione e l’elusione fiscali.

98.      Infatti, in primo luogo, come ha stabilito lo Schleswig-Holsteinisches Finanzgericht (Tribunale tributario, Schleswig-Holstein) in questa causa, nel procedimento principale non è stato dedotto alcun argomento in merito alla pretesa giustificazione ai sensi del diritto dell’Unione, ossia prevenire gli abusi o combattere l’evasione e l’elusione fiscali, e gli atti presentati a tale giudice non contenevano nulla che facesse emergere un tale comportamento delle società costituenti il gruppo IVA di cui trattasi.

99.      In secondo luogo, concordo con il giudice del rinvio quando afferma che «non vede come il fatto che un membro [specifico] del gruppo IVA sia considerato il soggetto passivo, anziché il gruppo IVA [stesso], possa essere utilizzato per prevenire pratiche o comportamenti abusivi o per combattere la frode o l’evasione fiscali, atteso che (…) tutti i membri di tale gruppo sarebbero [, in ogni caso,] responsabili di tale imposta in quanto debitori in solido. È pertanto lecito dubitare che una tale giustificazione consenta una deroga» (punto 56 della decisione di rinvio). Il giudice del rinvio ricorda inoltre nella suddetta decisione di rinvio che «ai sensi del diritto nazionale, l’unità fiscale non serve alla semplificazione amministrativa, ma a evitare lavoro amministrativo superfluo a livello di economia».

100. Infine, ricordo che la Corte ha già respinto argomenti generici di tenore analogo, come quelli sollevati dal governo tedesco nella sentenza M-GmbH, quando ha stabilito che l’obiettivo di prevenire l’evasione fiscale non costituisce una giustificazione per la regolamentazione tedesca eccessivamente restrittiva dei gruppi IVA.

101. La Corte ha statuito infatti che «perché si possa stabilire l’esistenza di un comportamento abusivo, deve risultare da un insieme di elementi oggettivi che lo scopo delle operazioni controverse è essenzialmente l’ottenimento di un vantaggio fiscale (...) e quindi il rischio di frode o evasione fiscale, ai sensi dell’articolo 11, secondo comma, della [direttiva 2006/112 (il cui articolo corrisponde all’articolo 4, paragrafo 4, della sesta direttiva)], non può essere semplicemente teorico» (34).

102. Dalla giurisprudenza della Corte risulta che sono necessarie giustificazioni specifiche quando si cerca di dimostrare che le condizioni restrittive imposte ai gruppi IVA ai sensi del regime tedesco dell’UStG servono effettivamente a combattere la frode o l’evasione fiscali. Come nel caso della sentenza M-GmbH, ritengo che, nella fattispecie, gli argomenti dedotti dal governo tedesco a questo proposito non siano convincenti.

IV.    Conclusioni

103. Propongo alla Corte di rispondere alla prima e alla quarta questione pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale, Germania) nel modo seguente:

L’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, deve essere interpretato nel senso che consente di trattare persone strettamente vincolate fra loro, membri di un gruppo IVA, come un unico soggetto passivo ai fini degli obblighi in materia di IVA.

Tuttavia, tale disposizione deve essere interpretata nel senso che osta alla normativa di uno Stato membro che designa unicamente il membro che controlla il gruppo – che detiene la maggioranza dei diritti di voto e ha una partecipazione maggioritaria nella società controllata nel gruppo di soggetti passivi – quale rappresentante del gruppo IVA e soggetto passivo di tale gruppo, ad esclusione degli altri membri del gruppo.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      Sesta direttiva del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU 1977, L 145, pag. 1), come modificata dalla direttiva 2000/65/CE del Consiglio, del 17 ottobre 2000 (GU 2000, L 269, pag. 44; in prosieguo: la «sesta direttiva»).


3      Müller-Lee, J., Imhof, P., «VAT group requirements: a German fairy tale», International Tax Review, 2014, pag. 48. Sui gruppi IVA in generale, v. la seguente pubblicazione: Pfeiffer, S., «VAT Grouping from a European Perspective, IBFD Doctoral Series», vol. 34, 2015.


4      Direttiva del 28 novembre 2006 relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1).


5      I suddetti aspetti sono oggetto delle prime tre questioni presentate.


6      Il suddetto quesito è stato posto nell’ambito della quarta questione pregiudiziale.


7      V., ex multis, Geraats, M., Personengesellschaft als umsatzsteuerrechtliche Organgesellschaft – zugleich Anmerkung zu EuGH, Urteil vom 15.04.2021 – C-868/19, Steueranwaltsmagazin, n. 3, 2021, pag. 87.


8      V. Geraats, M., op. cit., pag. 87. Ciò si riflette in una certa misura anche nei riferimenti preliminari alla base della sentenza Larentia + Minerva, e nella sentenza del 15 aprile 2021, M-GmbH (C-868/19, ECLI:EU:C:2021:285; in prosieguo: la «sentenza M-GmbH»).


9      Il giudice del rinvio cita Birkenfeld, Umsatzsteuer-Rundschau, 2014, pagg. 120 e 126. Posso altresì citare Stadie in Rau/Dürrwächter (a cura di), Umsatzsteuergesetz, § 2, luglio 2011, punti 915 e 993; Reiss in Reiss/Kraeusel/Langer, UStG, § 2 UStG, punti 98.6 e 98.17; Klenk in Sölch/Ringleb, UStG, § 2 UStG, punto 89; Korn in Bunjes, UStG, § 2 UStG, 2013, punto 110; Scharpenberg in Hartmann/Metzenmacher, UStG, § 2 UStG, punto 325; Radeisen in Schwarz/Widmann/Radeisen, UStG, § 2 UStG, 2011, punto 179; Meyer in Offerhaus/Söhn/Lange, UStG, § 2 UStG, 2011, punto 64, Korf, MwStR, 2016, pag. 257; nonché Lange, Umsatzsteuer-Rundschau, 2016, pagg. 297, 299 e 302. V. altresì Rust, M., Neue und wiederkehrende Fragen der umsatzsteuerrechtlichen Organschaft, Sächsischer Steuerkreis, 2021.


10      Sentenza del 29 ottobre 2009, NCC Construction Danmark (C-174/08, EU:C:2009:669, punto 23) e giurisprudenza ivi citata.


11      V. Gryziak, B., «VAT Groups and the Right of Deduction across the European Union – Review and Analysis», International VAT Monitor, Vol. 32, 2021, pag. 205. V. comunicazione della Commissione COM (2009) 325 definitivo, al Consiglio e al Parlamento europeo sull’opzione di IVA di gruppo prevista all’articolo 11 della direttiva 2006/112/CE [in precedenza articolo 4, paragrafo 4, della sesta direttiva] relativa al sistema comune [dell’IVA] [COM(2009) 325 definitivo, pag. 1].


12      Sentenza del 12 ottobre 2016, Nigl e a. (C-340/15, ECLI:EU:C:2016:764, punto 27, e giurisprudenza ivi citata), il corsivo è mio.


13      V., in tal senso, sentenze del 27 gennaio 2000, Heerma (C-23/98, EU:C:2000:46, punto 18), e del 18 ottobre 2007, van der Steen (C-355/06, EU:C:2007:615, punto 23).


14      Il corsivo è mio.


15 Il corsivo è mio.


16      Il corsivo è mio.


17      V. sentenza del 16 luglio 2015, Larentia + Minerva e Marenave Schiffahrt (C-108/14 e C-109/14, EU:C:2015:496, punti 45 e 46).


18      V., in tal senso, sentenze del 4 ottobre 2001, «Goed Wonen» (C-326/99, ECLI:EU:C:2001:506, punto 34), e del 5 luglio 2012, DTZ Zadelhoff (C-259/11, ECLI:EU:C:2012:423, punto 34).


19      Sterzinger, C., «Notwendige Einbeziehung von Nichtsteuerpflichtigen in einen Organkreis», Umsatzsteuer-Rundschau, 2014, pag. 139.


20      V., per analogia, sentenza del 26 giugno 2001, BECTU (C-173/99, EU:C:2001:356, punto 52 e seg.).


21      Korf, R., «Organschaft – quo vadis?», Umsatzsteuer- und Verkehrsteuer-Recht, 2008, pag. 179.


22      Proposta della Commissione di una seconda direttiva del Consiglio in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari concernente la struttura e le modalità d’applicazione del sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (proposta dalla Commissione al Consiglio) [COM(65) 144 def.].


23      Seconda direttiva 67/228/CEE del Consiglio, dell’11 aprile 1967, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari – Struttura e modalità d’applicazione del sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 71 del 14.4.1967, pag. 1303).


24      V. punto 3.2, secondo paragrafo, della comunicazione della Commissione [COM(2009) 325 final].


25      Sentenza del 22 maggio 2008, Ampliscientifica e Amplifin, (C-162/07, EU:C:2008:301, punto 20).


26      Sentenza del 17 settembre 2014, Skandia America (USA), filial Sverige (C-7/13, EU:C:2014:2225, punti 29, 35, 37, nonché dispositivo).


27      V. note 8 e 9 delle presenti conclusioni.


28      V., in tal senso, sentenza del 3 aprile 2008, J.C.M. Beheer (C-124/07, EU:C:2008:196, punto 28, e giurisprudenza ivi citata). Vedi altresì, per esempio, sentenze del 7 settembre 1999, Gregg (C-216/97, EU:C:1999:390, punto 20), e del 23 ottobre 2003, Commissione/Germania (C-109/02, EU:C:2003:586, punto 23).


29      V., in tal senso, sentenza del 10 novembre 2011, The Rank Group (C-259/10 e C-260/10, EU:C:2011:719, punto 46). V. altresì sentenze del 17 febbraio 2005, Linneweber e Akritidis (C-453/02 e C-462/02, EU:C:2005:92, punto 25).


30      V. conclusioni presentate dall’avvocato generale Mengozzi il 26 marzo 2015 nella causa Larentia + Minerva (C-108/14 e C-109/14, EU:C:2015:212, paragrafi da 80 a 83).


31      Proposta di sesta direttiva del Consiglio in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative all’imposta sulla cifra di affari - Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU 1973, C 80, pag. 1).


32      V. altresì sentenza M-GmbH, punto 47.


33      V., in tal senso, sentenza M-GmbH, punto 53.


34      V. sentenza M-GmbH, punto 61, e giurisprudenza ivi citata.