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Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

GERARD HOGAN

presentate il 23 settembre 2021(1)

Causa C-228/20

I GmbH

contro

Finanzamt H

[Domanda di pronuncia pregiudiziale del Niedersächsisches Finanzgericht (Tribunale tributario della Bassa Sassonia, Germania)]

«Rinvio pregiudiziale – Imposta sul valore aggiunto – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 132, paragrafo 1, lettera b) – Esenzioni per talune attività mediche di interesse pubblico – Nozione di “istituti debitamente riconosciuti” – Nozione di “condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per gli enti di diritto pubblico”»






I.      Introduzione

1.        A quali condizioni un istituto ospedaliero a gestione privata è autorizzato ad avvalersi dell’esenzione dall’IVA, prevista per gli ospedali pubblici, in relazione a cure e assistenza medica? La questione, come vedremo, è di non poca difficoltà, ma questa è, in sostanza, la problematica sollevata dalla presente domanda di pronuncia pregiudiziale che riguarda l’interpretazione dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva IVA»). È questa la disposizione che prevede un’esenzione per alcune attività sanitarie svolte da specifiche tipologie di istituti di cura.

2.        Le esenzioni previste dall’articolo 132 della direttiva IVA si basano su considerazioni politiche, le quali non sono necessariamente tutte perfettamente coerenti. Come ha osservato D. Berlin, i progressi realizzati nell’ambito dell’armonizzazione in materia di IVA sono stati spesso governati da considerazioni eminentemente pratiche, sovente dettate a loro volta dalle realtà della politica nazionale e dalle specificità regionali (2).

3.        Nella presente causa la domanda è stata sollevata dal Niedersächsisches Finanzgericht (Tribunale tributario della Bassa Sassonia, Germania) nell’ambito di una controversia tra una società a responsabilità limitata, I, e il Finanzamt H (Ufficio delle imposte di H, Germania) in merito all’esenzione dall’IVA per le prestazioni ospedaliere fornite da I nel corso degli esercizi fiscali dal 2009 al 2012. Constatando l’esistenza di una certa tensione tra la normativa nazionale di cui trattasi e la formulazione dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA, il giudice del rinvio ha deciso di interpellare la Corte sull’interpretazione da dare a detta disposizione.

4.        Anzitutto, non posso negare che parte della giurisprudenza elaborata della Corte in materia forse non è sempre del tutto coerente. Come vedremo, inoltre, una parte delle difficoltà in materia deriva dal fatto che alcune delle nozioni contenute nell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), già di per sé non sono ben definite e risultano di difficile applicazione. La presente causa offre quindi alla Corte l’opportunità di chiarire detta giurisprudenza, effettuando un’analisi completa e sistematica di tale disposizione. Prima di procedere all’analisi, tuttavia, è necessario illustrare il contesto normativo pertinente.

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione europea

5.        L’articolo 131 della direttiva IVA è l’unico articolo contenuto nel capo 1 del titolo IX di tale direttiva, rubricati rispettivamente «Disposizioni generali» e «Esenzioni». Detto articolo recita come segue:

«Le esenzioni previste ai capi da 2 a 9 si applicano, salvo le altre disposizioni [dell’Unione] e alle condizioni che gli Stati membri stabiliscono per assicurare la corretta e semplice applicazione delle medesime esenzioni e per prevenire ogni possibile evasione, elusione e abuso».

6.        L’articolo 132, paragrafo 1, della direttiva IVA, contenuto nel capo 2 della stessa, rubricato «Esenzioni a favore di alcune attività di interesse pubblico», del titolo IX di tale direttiva, stabilisce:

«Gli Stati membri esentano le operazioni seguenti:

(...)

b)      l’ospedalizzazione e le cure mediche nonché le operazioni ad esse strettamente connesse, assicurate da enti di diritto pubblico oppure, a condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per i medesimi, da istituti ospedalieri, centri medici e diagnostici e altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti;

c)      le prestazioni mediche effettuate nell’esercizio delle professioni mediche e paramediche quali sono definite dallo Stato membro interessato;

(…)».

7.        L’articolo 133 di detta direttiva stabilisce quanto segue:

«Gli Stati membri possono subordinare, caso per caso, la concessione, ad organismi diversi dagli enti di diritto pubblico, di ciascuna delle esenzioni previste all’articolo 132, paragrafo 1, lettere b), g), h), i), l), m) e n), all’osservanza di una o più delle seguenti condizioni:

a)      gli organismi in questione non devono avere per fine la ricerca sistematica del profitto: gli eventuali profitti non dovranno mai essere distribuiti ma dovranno essere destinati al mantenimento o al miglioramento delle prestazioni fornite;

b)      gli organismi in questione devono essere gestiti ed amministrati a titolo essenzialmente gratuito da persone che non hanno di per sé o per interposta persona alcun interesse diretto o indiretto ai risultati della gestione;

c)      gli organismi in questione devono praticare prezzi approvati dalle autorità pubbliche o che non superino detti prezzi ovvero, per le operazioni i cui prezzi non sono sottoposti ad approvazione, praticare prezzi inferiori a quelli richiesti per operazioni analoghe da imprese commerciali soggette all’IVA;

d)      le esenzioni non devono essere tali da provocare distorsioni della concorrenza a danno delle imprese commerciali soggette all’IVA.

(…)».

B.      Normativa tedesca

8.        L’articolo 4, punto 14, lettera b), dell’UStG (legge relativa all’imposta sul fatturato; in prosieguo: l’«UStG»), nella versione vigente il 1o gennaio 2009, stabilisce quanto segue:

«Tra le operazioni rientranti nell’ambito di applicazione dell’articolo 1, paragrafo 1, punto 1, dell’UStG sono esenti:

(...)

14.      (...)

b)      l’ospedalizzazione e le cure mediche, ivi comprese la diagnostica, le valutazioni mediche, la prevenzione, la riabilitazione, l’assistenza al parto e le prestazioni di hospice, nonché le operazioni ad esse strettamente connesse, assicurate da enti di diritto pubblico. Le prestazioni di cui alla prima frase sono altresì esenti, quando sono effettuate da

aa)      istituti ospedalieri autorizzati ai sensi dell’articolo 108 del Fünftes Buches Sozialgesetzbuch (quinto libro del codice della previdenza sociale; in prosieguo: lo «SGB V»);

(...)

cc)      enti coinvolti nell’assistenza da parte degli enti gestori dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni ai sensi dell’articolo 34 del Siebten Buches Sozialgesetzbuch (libro VII del codice della sicurezza sociale);

(...)».

9.        L’articolo 108 dello SGB V, rubricato «Ospedali autorizzati», stabilisce quanto segue:

«Le casse malattia possono far effettuare l’ospedalizzazione solo da parte dei seguenti ospedali (ospedali autorizzati):

1.      ospedali riconosciuti come cliniche universitarie (...),

2.      ospedali inclusi nella pianificazione ospedaliera di un Land (ospedali previsti dal piano), oppure

3.      ospedali che hanno stipulato una convenzione di assistenza sanitaria con i Landesverbände der Krankenkassen (associazioni delle casse malattia del Land) e i Verbände der Ersatzkassen (associazioni delle casse sostitutive)».

10.      Nel diritto tedesco la differenza tra una cassa malattia e una cassa sostitutiva risulta risiedere, per ragioni storiche, nel modo in cui esse sono organizzate. Ciò non sembra essere rilevante nel caso di specie.

11.      L’articolo 109 dello SGB V, rubricato «Stipula di convenzioni di assistenza con gli ospedali», prevede che:

«(...)

(2)      Non sussiste alcun diritto alla stipula di una convenzione di assistenza ai sensi dell’articolo 108, punto 3, dello SGB V (...)

(3)      Una convenzione di assistenza ai sensi dell’articolo 108, punto 3, dello SGB V non può essere stipulata nel caso in cui l’ospedale

1.      non fornisca la garanzia di un’ospedalizzazione efficiente ed economica,

2.      [non soddisfi determinati requisiti qualitativi]; o

3.      non sia necessario ai fini di un’adeguata ospedalizzazione degli assicurati.

(…)».

12.      L’articolo 1 del Gesetz zur wirtschaftlichen Sicherung der Krankenhäuser und zur Regelung der Krankenhauspflegesätze (Krankenhausfinanzierungsgesetz) (legge sul finanziamento degli ospedali), BGBl. I 1991, 886, (in prosieguo: il «KHG»), rubricato «Principio», prevede, nella versione presentata dal giudice del rinvio come applicabile nel procedimento principale, circostanza che deve essere verificata da detto giudice:

«(1)      La presente legge mira alla garanzia economica degli ospedali al fine di assicurare alla popolazione un’assistenza di alta qualità, adeguata e orientata ai pazienti, mediante ospedali efficienti e di elevata qualità che operano in modo indipendente, nonché di contribuire a tariffe assistenziali socialmente sostenibili».

13.      L’articolo 6 del KHG stabilisce che:

«(1)      I Länder elaborano piani ospedalieri e programmi di investimento per il conseguimento degli obiettivi di cui all’articolo 1; vanno presi in considerazione i costi consequenziali, in particolare, gli effetti sulle tariffe assistenziali.

(...)

(4) Ulteriori dettagli sono stabiliti dal diritto del Land».

14.      Nelle sue osservazioni scritte, il governo tedesco ha dichiarato che il Bundesministerium der Finanzen (Ministero federale delle Finanze, Germania) aveva adottato una circolare amministrativa vincolante, applicabile a decorrere dal 1o gennaio 2009. Secondo tale circolare, anche gli ospedali privati che non erano ospedali autorizzati ai sensi dell’articolo 108 dello SGB V potevano chiedere l’esenzione dall’imposta se le prestazioni offerte corrispondevano a quelle fornite da ospedali gestiti da enti pubblici o da ospedali autorizzati ai sensi dell’articolo 108 dello SGB V e i costi erano in gran parte sostenuti dalle casse malattia o da altri organismi di previdenza sociale. Ciò si verifica se, nel corso dell’esercizio precedente, almeno il 40% dei giorni di ricovero ospedaliero o di fatturazione dell’anno è imputabile a pazienti per i quali le prestazioni ospedaliere sono state fatturate per un importo non superiore a quello che sarebbe stato rimborsabile dagli enti previdenziali (3).

15.      Infine, l’articolo 30 della Gewerbeordnung (codice relativo all’esercizio delle professioni industriali, commerciali e artigianali; in prosieguo: la «GewO»), rubricato «Ospedali privati» recita:

«(1)      Gli imprenditori di ospedali privati e di cliniche di maternità private nonché di ospedali psichiatrici privati necessitano di una licenza dell’autorità competente. La licenza è rifiutata solo se:

1.      vi sono fatti che dimostrano l’inaffidabilità dell’imprenditore in relazione alla gestione o all’amministrazione dell’istituto o della clinica;

1a.       vi sono fatti che dimostrano che non è garantita un’adeguata assistenza medica e infermieristica dei pazienti;

2.      secondo le descrizioni e i piani che devono essere presentati dall’imprenditore, gli impianti strutturali e altri impianti tecnici dell’istituto o della clinica non sono conformi ai requisiti sanitari;

3.      l’istituto o la clinica è situato solo in una parte di un edificio occupato anche da altre persone e il suo funzionamento può comportare notevoli inconvenienti o pericoli per gli occupanti di tale edificio, oppure

4.      l’istituto o la clinica è destinato ad accogliere persone affette da malattie contagiose o da malattie mentali e la sua ubicazione può causare notevoli inconvenienti o pericoli ai proprietari o agli occupanti degli immobili vicini.

(2)      Prima del rilascio della concessione, la polizia locale e le autorità comunali sono consultate sulle questioni di cui all’articolo 1, punti 3 e 4».

III. Fatti del procedimento principale e domanda di pronuncia pregiudiziale

16.      La ricorrente nel procedimento principale è una società a responsabilità limitata di diritto tedesco il cui oggetto sociale è, secondo l’atto costitutivo, la progettazione, la creazione e la gestione di un ospedale specializzato in neurologia. Le attività di detto ospedale sono state riconosciute dallo Stato ai sensi dell’articolo 30 della GewO.

17.      Tra i pazienti della ricorrente si annoverano soggetti che pagano in proprio e anticipatamente le loro cure, titolari di assicurazioni private, aventi diritto all’assistenza sanitaria integrativa (cosiddetti pazienti «consolari» per i quali l’ambasciata di uno Stato straniero rilascia un impegno di spesa), membri delle forze armate federali tedesche, pazienti delle associazioni di categoria e i pazienti dell’assicurazione sanitaria obbligatoria.

18.      In un primo tempo, la ricorrente ha fatturato le proprie prestazioni relative a ospedalizzazione e cure mediche, nonché le operazioni a esse strettamente connesse, sulla base delle tariffe giornaliere, come era prassi per gli ospedali di cui all’articolo 108 dello SGB V. Le prestazioni mediche opzionali venivano fatturate separatamente in base alla Gebührenordnung für Ärzte (regolamento sulle tariffe dei medici). Inoltre, ai pazienti alloggiati in stanze singole o doppie era fatturato un supplemento. In seguito, la ricorrente ha tuttavia gradualmente convertito il proprio sistema di fatturazione procedendo a una fatturazione forfettaria per caso trattato (cosiddetto sistema di diagnosis-related group, DRG) (4). Dinanzi al giudice di rinvio, la ricorrente ha riconosciuto che nel 2011 sarebbero stati fatturati in base al sistema DRG solo tra il 15 e il 20% dei giorni di ospedalizzazione.

19.      Il 28 giugno 2012 la ricorrente stipulava un contratto quadro [ai sensi dell’articolo 4, punto 14, lettera b), seconda frase, cc), dell’UStG)] con un ente gestore dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni, a decorrere dal 1o luglio 2012.

20.      Nelle sue dichiarazioni IVA dal 2009 al 2012, la ricorrente considerava esenti da IVA i propri servizi ospedalieri fatturati sulla base delle tariffe giornaliere di assistenza e i corrispettivi addebitati ai medici non strutturati. Nel corso di una verifica fiscale, tuttavia, l’ufficio delle imposte competente ha ritenuto che la maggior parte delle operazioni effettuate dalla ricorrente prima del 1o luglio 2012 non fosse esente da IVA, in quanto la ricorrente difettava di autorizzazione ai sensi dell’articolo 108 SGB V. Tale posizione è stata confermata da una decisione sull’opposizione a seguito della verifica e nel procedimento giurisdizionale contro tale decisione.

21.      La ricorrente ha poi avviato un procedimento dinanzi al giudice del rinvio nel quale sostiene che le operazioni in questione dovrebbero essere esenti dall’IVA in virtù dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA, in quanto effettuate da un ospedale autorizzato che fornisce servizi alle stesse condizioni di un ente di diritto pubblico. Per dimostrarlo, la ricorrente sostiene che la sua attività è di interesse pubblico, poiché, in primo luogo, essa offre una gamma di servizi paragonabile a quella degli istituti pubblici o degli istituti integrati in un piano ospedaliero del Land; in secondo luogo, è una delle cliniche di neurochirurgia più rinomate al mondo e, in terzo luogo, fornisce i propri servizi a tutte le persone, indipendentemente dal fatto che siano assicurate in un regime di assicurazione obbligatoria o privata, o che non siano assicurate.

22.      Da parte sua, il giudice del rinvio rileva che, per i periodi in questione, la ricorrente nel procedimento principale non soddisfa le condizioni per un’esenzione ai sensi dell’articolo 4, punto 14, lettera b), seconda frase, aa), dell’UStG o dell’articolo 4, punto 14, lettera b), cc), seconda frase, dell’UStG. Da un lato, l’accordo quadro concluso dalla ricorrente nel procedimento principale con l’ente gestore dell’assicurazione contro gli infortuni è entrato in vigore solo il 1o luglio 2012 e, dall’altro, la ricorrente non soddisfa le condizioni di cui all’articolo 108, SGB V che le darebbero diritto all’equiparazione a un ospedale autorizzato. Il giudice del rinvio nutre tuttavia dubbi quanto alla compatibilità di tali condizioni con l’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA.

23.      A tale riguardo, il giudice del rinvio propende per la tesi della Quinta e dell’Undicesima sezione del Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale, Germania), secondo cui tali requisiti eccedono i requisiti previsti dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA. Infatti, tenuto conto delle condizioni stabilite dall’articolo 108 dello SGB V per la qualifica di ospedale autorizzato ai sensi di tale disposizione, esso ritiene che qualsiasi requisito che imponga agli ospedali privati di soddisfare tali condizioni per poter beneficiare dell’esenzione dall’IVA limiterebbe il vantaggio dell’esenzione agli ospedali già inseriti in un piano ospedaliero o che abbiano già stipulato una convenzione con un’associazione statale delle casse malattia o un’associazione delle casse sostitutive. Questo perché altri ospedali privati avrebbero poche possibilità di essere inclusi in un piano ospedaliero o di firmare una siffatta convenzione se in un Land già sono disponibili sufficienti posti letto ospedalieri per una determinata specializzazione. Di conseguenza, servizi medici simili sarebbero trattati in modo diverso, a seconda che l’ospedale che fornisce i servizi abbia richiesto precedentemente o successivamente l’inserimento in un piano ospedaliero oppure abbia stipulato una convenzione di fornitura di assistenza sanitaria con un’associazione a livello di Land delle casse malattia o un’associazione delle casse sostitutive, il che sarebbe incompatibile con il principio della neutralità fiscale.

24.      Qualora l’articolo 4, punto 14, lettera b), dell’UStG dovesse essere considerato incompatibile con l’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA, il giudice del rinvio ritiene che si porrebbe allora la questione se la ricorrente possa avvalersi di tale disposizione della direttiva. A tal fine, è necessario che le prestazioni ospedaliere fornite dalla ricorrente nel procedimento principale e le operazioni ad esse strettamente connesse siano state fornite a condizioni sociali analoghe a quelle applicabili agli enti di diritto pubblico.

25.      A questo proposito, il giudice del rinvio rileva che l’Undicesima Sezione del Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale) ha dichiarato che il legislatore tedesco ha violato l’articolo 132 della direttiva IVA solo nei limiti in cui tale disposizione subordina la concessione dell’esenzione dall’IVA alla condizione che i servizi in questione siano forniti da una struttura che sia un ospedale riconosciuto ai sensi dell’articolo 108 dello SGB V. Non sarebbe tuttavia contrario alle disposizioni dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA il fatto che la normativa nazionale subordini tale esenzione – come nel caso dell’articolo 4, punto 14, lettera b), seconda frase, aa), dell’UStG, l’articolo108, punti 2 e 3, dello SGB V, gli articoli 1 e 6 del KHG e l’articolo 109 dello SGB V – a condizioni relative alle prestazioni dell’ospedale in termini di personale, locali e attrezzature e all’efficienza dei costi della sua gestione.

26.      Il giudice del rinvio nutre dubbi su tale analisi. Esso ritiene che, per determinare se le operazioni siano effettuate a «condizioni sociali analoghe» ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA, occorra applicare criteri diversi da quelli proposti dall’Undicesima Sezione del Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale), ossia se i costi della maggioranza dei pazienti siano o meno a carico degli enti previdenziali.

27.      In tali circostanze, il giudice del rinvio ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 4, punto 14, lettera b), dell’[UStG] sia compatibile con l’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della [direttiva IVA], nei limiti in cui l’esenzione a favore degli ospedali che non sono enti di diritto pubblico sia subordinata alla condizione che gli ospedali siano autorizzati ai sensi dell’articolo 108 dello [SGB V].

2)      In caso di risposta negativa alla prima questione: a quali condizioni l’ospedalizzazione assicurata da ospedali di diritto privato possa essere considerata «[a condizioni] sociali analoghe», ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA, a quella assicurata da enti di diritto pubblico».

IV.    Analisi

A.      Osservazioni preliminari

28.      Dal momento che sia il giudice del rinvio che le parti hanno fatto riferimento al principio di neutralità fiscale, può essere opportuno iniziare col precisare il significato di tale espressione. In effetti, una rapida rassegna della giurisprudenza della Corte mostra che l’espressione «principio di neutralità fiscale» è utilizzata in almeno tre contesti diversi (5).

29.      In primo luogo, tale espressione è spesso utilizzata per descrivere il fatto che una persona che ha dovuto pagare l’IVA per acquistare beni o servizi può poi dedurla se questi beni o servizi sono a loro volta destinati ad essere utilizzati ai fini di un’attività imponibile (6). Questo è chiaramente il significato primario della suddetta espressione.

30.      In secondo luogo, il principio di neutralità fiscale è talvolta inteso nel senso che traspone, in materia di IVA, il principio di parità di trattamento (7). Quando è utilizzato in questo senso, tale principio può, ovviamente, essere invocato per contestare la validità di una disposizione della direttiva IVA (8).

31.      In terzo luogo, la Corte utilizza talvolta detta espressione per indicare che l’IVA deve essere neutrale dal punto di vista della concorrenza (9). In sostanza, l’idea è che beni o servizi simili che sono in concorrenza tra loro dovrebbero essere trattati allo stesso modo (10). Tale principio è, tuttavia, un po’ diverso dal principio della parità di trattamento in quanto non costituisce una sorta di regola generale di diritto primario che può determinare la validità di un’esenzione dichiarata (11). Usata in questo (terzo) senso, l’idea di neutralità fiscale è piuttosto un principio interpretativo che entra in gioco quando altri metodi di interpretazione non portano ad un risultato concludente (12).

32.      Nel caso di specie, gli argomenti di neutralità fiscale del giudice del rinvio e delle parti utilizzano questo termine nella terza accezione indicata, vale a dire come riferimento all’obiettivo perseguito dalla direttiva IVA: che l’imposta sia, per quanto possibile, neutrale dal punto di vista della concorrenza. Come vedremo, tuttavia, il principio della parità di trattamento, in quanto principio generale del diritto, è rilevante anche nell’interpretazione di queste disposizioni della direttiva IVA.

B.      Sulla prima questione

33.      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede se l’articolo 4 punto 14, lettera b), dell’UStG, nella versione applicabile al periodo d’imposta di cui trattasi, sia compatibile con l’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA.

34.      A questo proposito, occorre tuttavia ricordare che, nel contesto di un rinvio pregiudiziale, la Corte non è, in quanto tale, competente a pronunciarsi sulla conformità delle disposizioni nazionali con il diritto dell’Unione ma, in forza dell’articolo 267, primo comma, TFUE, solo sull’interpretazione dei trattati e sulla validità e l’interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell’Unione europea (13).

35.      Di conseguenza, e tenuto conto dei chiarimenti forniti dal governo tedesco nelle sue osservazioni in merito alla normativa nazionale, ritengo che la prima questione debba essere intesa come relativa, in sostanza, alla questione se l’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che concede l’esenzione dall’IVA a un ospedale privato non universitario solo nel caso in cui tale ospedale sia coinvolto nell’assistenza da parte di enti gestori dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni o sia incluso in un piano ospedaliero territoriale (ospedali inseriti in un piano) di un Land o abbia stipulato una convenzione di fornitura di assistenza sanitaria con un’associazione a livello di Land di casse malattia o un’associazione delle casse sostitutive o abbia effettuato, durante l’esercizio finanziario precedente, almeno il 40% delle prestazioni ospedaliere fatturate per un importo inferiore a quello rimborsabile dagli enti previdenziali.

36.      In tale contesto, naturalmente, il punto di partenza è che le varie esenzioni di cui all’articolo 132, paragrafo 1, della direttiva IVA devono essere interpretate restrittivamente (14). Ciò significa che la loro interpretazione non dovrebbe produrre effetti che vadano oltre quelli necessari per conseguire gli obiettivi da esse perseguiti. Questi obiettivi sono, in generale, l’esenzione dall’IVA di talune attività di interesse pubblico, al fine di agevolare l’accesso a talune prestazioni nonché la fornitura di taluni beni evitando i maggiori costi che deriverebbero dal loro assoggettamento all’IVA (15). Tuttavia, la regola d’interpretazione restrittiva non significa che i termini utilizzati per specificare le esenzioni debbano essere interpretati in un modo che non raggiungerebbe questi obiettivi e che, pertanto, priverebbe tali esenzioni dei loro effetti (16).

37.      In tale contesto, l’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA prevede che gli Stati membri esentino «l’ospedalizzazione e le cure mediche nonché le operazioni ad esse strettamente connesse, assicurate da enti di diritto pubblico oppure, a condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per i medesimi, da istituti ospedalieri, centri medici e diagnostici e altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti». Ciò è integrato dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera c), che stabilisce che gli Stati membri esentano anche «le prestazioni mediche effettuate nell’esercizio delle professioni mediche e paramediche quali sono definite dallo Stato membro interessato».

38.      Poiché tali due disposizioni sono, in sostanza, semplicemente versioni consolidate delle precedenti disposizioni dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettere b) e c), della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari — Sistema comune di imposta sul valore aggiunto (17), esse devono essere interpretate allo stesso modo. Di conseguenza, la giurisprudenza della Corte di giustizia relativa all’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettere b) e c), della direttiva 77/388 deve essere considerata applicabile, in linea di principio, anche all’articolo 132, paragrafo 1, lettere b) e c), della direttiva IVA (18).

39.      Dalla giurisprudenza di questa Corte risulta che l’esenzione prevista dall’attuale articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA mira, insieme all’esenzione disposta nell’articolo 132, paragrafo 1, lettera c), della stessa direttiva, a ridurre il costo delle cure sanitarie (19), definendo le condizioni alle quali possono essere esentate tutte le prestazioni che hanno lo scopo di diagnosticare, di curare e, nella misura del possibile, di guarire malattie o problemi di salute (20).

40.      Sebbene queste due disposizioni perseguano il medesimo obiettivo, esse hanno però una portata diversa. Mentre l’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva riguarda i servizi forniti in una struttura medica, l’articolo 132, paragrafo 1, lettera c), della direttiva riguarda prestazioni fornite al di fuori di tale struttura, tanto nello studio privato del prestatore quanto nel domicilio del paziente o altrove (21).

41.      Più specificamente, per quanto riguarda l’esenzione prevista dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA, esistono tre requisiti (22), che riguardano rispettivamente:

–        la natura del servizio prestato;

–        la forma dell’istituto prestatore del servizio e

–        il modo in cui il servizio viene prestato (23).

42.      Per quanto riguarda il primo requisito, dalla formulazione dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA risulta che, per essere esentati, i servizi in questione devono rientrare in una delle tre categorie seguenti:

–        riguardare l’ospedalizzazione di un paziente, vale a dire il ricovero e la degenza di una persona in un ospedale (24), o

–        avere lo scopo di proteggere, mantenere o ristabilire la salute di una persona (25), o

–        riguardare operazioni che sono strettamente legate a queste prime due categorie di atti (26).

43.      Per quanto riguarda il caso di specie, il primo requisito non presenta alcun problema. Sono gli altri due requisiti che presentano difficoltà proprie sia nella definizione della loro rispettiva portata che nelle modalità di applicazione. Propongo ora di esaminare singolarmente tali requisiti.

1.      Sulla forma dell’istituto che fornisce i servizi in questione

44.      L’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA prevede che le prestazioni di servizi assicurate da enti che non sono di diritto pubblico possono essere esentate dall’IVA solo se si tratta di «istituti ospedalieri, centri medici e diagnostici e altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti». Preliminarmente si può ricordare che la Corte ha confermato che il concetto di «istituto» utilizzato dalle suddette disposizioni implica, tra l’altro, che l’istituto in questione sia un «ente individualizzato» (27). Poiché, inoltre, l’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA ha un campo di applicazione diverso da quello dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera c), della direttiva stessa – che si riferisce alla prestazione di cure personali al di fuori di una struttura medica – solo gli enti individualizzati aventi forma di struttura medica, vale a dire gli enti in cui sono messe in comune diverse risorse, in particolare umane, tecniche, immobiliari e finanziarie, rientrano in questa particolare esenzione (28).

45.      Per quanto riguarda, in primo luogo, il tipo di attività che tali enti devono svolgere per poter beneficiare della suddetta esenzione, l’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA precisa che deve essere quella di un istituto ospedaliero, di un centro medico, di un centro diagnostico o di un istituto della stessa natura (29).

46.      Poiché queste categorie di istituto non sono definite nella direttiva IVA, devono essere intese con riferimento al loro senso abituale nel linguaggio corrente (30).

47.      Qui risulta dal senso abituale nel linguaggio corrente che i termini «istituti ospedalieri», «centri medici» e «centri (...) diagnostici» si riferiscono a enti la cui attività principale è, rispettivamente, la cura di persone malate o vittime di traumi medici troppo complessi per essere trattati presso il domicilio o in uno studio medico, la prestazione di servizi medici volti a proteggere, mantenere o ristabilire la salute delle persone e l’esecuzione di analisi volte a stabilire la presenza di una malattia o di una disfunzione in un paziente (31).

48.      Per quanto riguarda la nozione di istituti della «stessa natura», è chiaro che tale nozione deve essere intesa come riferita a strutture mediche in cui vengono messe in comune diverse risorse che coinvolgono professioni mediche, amministratori medici e figure analoghe per svolgere attività simili a quelle di un ospedale, di un centro medico o di un centro diagnostico.

49.      In secondo luogo, per quanto riguarda lo status degli enti, l’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA prevede altresì che, per beneficiare dell’esenzione prevista da tale disposizione, gli istituti interessati che non sono organismi di diritto pubblico siano «debitamente riconosciuti». A tale riguardo, dalla versione inglese dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA risulta abbastanza chiaramente che tale requisito si applica agli istituti ospedalieri, ai centri medici, ai centri diagnostici e ad altre strutture simili, purché non si tratti di organismi di diritto pubblico (32). Infatti, questa versione menziona che l’esenzione si applica ad «altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti», il che implica che questa condizione si applica anche all’istituto che serve da punto di riferimento.

50.      Certo, nelle lingue romanze come lo spagnolo, il francese, l’italiano, il portoghese e il rumeno, l’espressione «debitamente riconosciuti» figura dopo il riferimento all’altro istituto (per esempio, in francese, «et d’autres établissements de même nature dûment reconnus»), il che potrebbe dare l’impressione che questa condizione riguardi solo gli «altri istituti della stessa natura». Tuttavia, poiché l’elenco degli istituti menzionati finisce con un riferimento agli istituti della stessa natura, è chiaro che tale elenco deve essere inteso come meramente illustrativo del tipo di istituto i cui servizi possono essere esentati. In tale contesto, l’espressione «debitamente riconosciuti» dovrebbe essere intesa come comprendente tutti i tipi di istituti di cura menzionati in tale disposizione.

51.      Per chiarire la portata di questa condizione, è necessario ricordare che, secondo la giurisprudenza consolidata della Corte, i termini di una disposizione del diritto dell’Unione, la quale non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri ai fini della determinazione del suo senso e della sua portata, devono di norma essere oggetto, nell’intera Unione europea, di un’interpretazione autonoma e uniforme (33). Poiché l’articolo 132 della direttiva IVA non fa alcun riferimento in tal senso, si può dedurre che i termini utilizzati in ciascuna condizione di applicazione delle esenzioni di cui alla suddetta disposizione devono essere considerate come nozioni autonome del diritto dell’Unione e, pertanto, il loro significato e la loro portata devono essere interpretati in modo uniforme in tutta l’Unione europea.

52.      Il carattere autonomo della nozione di «istituto debitamente riconosciuto» di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA non deve tuttavia essere confuso con il fatto che tale nozione, come da intendersi nel diritto dell’Unione, faccia riferimento, per la sua applicazione, a una particolare circostanza di fatto, ossia la situazione dell’istituto in questione rispetto alla legislazione nazionale.

53.      In questo contesto, la Corte ha chiarito che essere «debitamente riconosciuto» non presuppone una procedura di riconoscimento formale, né esclude che uno Stato membro possa prevedere una tale procedura. Spetta al diritto nazionale di ciascuno Stato membro stabilire le norme in base alle quali tale riconoscimento può essere concesso agli istituti che ne fanno richiesta. Gli Stati membri dispongono di un certo potere discrezionale al riguardo (34).

54.      Tuttavia, secondo una giurisprudenza costante, quando gli Stati membri dispongono di un potere discrezionale, tale potere deve esercitarsi entro i limiti imposti dal diritto dell’Unione. In particolare, l’esistenza di un tale potere discrezionale non può rimettere in discussione i limiti della nozione di «debito riconoscimento» di un istituto di cura ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA (35). Inoltre, quando uno Stato membro esercita il suo potere discrezionale, deve assicurarsi che non lo faccia in un modo da compromettere uno qualsiasi degli obiettivi del diritto dell’Unione (36).

55.      In tali circostanze, ritengo che, per rispondere alla questione sollevata dal giudice nazionale, sia necessario determinare la natura e la portata del potere discrezionale dello Stato membro cui fa riferimento la giurisprudenza. Ciò richiede un’interpretazione dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b) della direttiva IVA in conformità non soltanto con la lettera di tale disposizione, ma anche con il suo contesto e con gli scopi perseguiti da detto articolo e, più in generale, dalla legislazione di cui essa fa parte (37).

56.      A questo proposito, per quanto riguarda la lettera dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA, occorre rilevare che «debitamente» è un sinonimo di «come prescritto» e che il termine «riconosciuto» si riferisce a qualcosa di accertato o conosciuto. Nel contesto di detta disposizione, tali termini connotativi si riferiscono agli ospedali, ai centri medici, ai centri diagnostici e ad altri istituti della stessa natura. Dal testo di tale disposizione risulta pertanto che il potere discrezionale conferito agli Stati membri riguarda le condizioni da soddisfare per essere considerati ospedali, centri medici, centri di diagnosi e altri istituti della stessa natura (38).

57.      Come la Commissione ha sostanzialmente sostenuto nelle sue osservazioni, tale condizione deve essere intesa come volta unicamente a escludere dal beneficio dell’esenzione prevista dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA gli istituti di cura la cui attività non è autorizzata dalla legge o dagli organismi professionali competenti. Infatti, qualsiasi attività, persino se illecita, è soggetta a imposta e potrebbe comunque ottenere il beneficio di esenzioni altrimenti applicabili. Se, pertanto, il requisito di essere «debitamente riconosciuto» non fosse previsto da tale direttiva, si verrebbe a creare una situazione in cui un istituto medico non autorizzato potrebbe – almeno in teoria – beneficiare dell’esenzione (39). Tutto ciò significa semplicemente che solo un istituto che sia debitamente riconosciuto come istituto di cura ha diritto di beneficiare dell’esenzione.

58.      Questa conclusione è confermata sia dal contesto in cui l’espressione «debitamente riconosciuti» è utilizzata, sia dall’obiettivo perseguito dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA.

59.      Per quanto riguarda il contesto, diversi elementi tendono a corroborare tale conclusione, ossia il grado di armonizzazione raggiunto dal diritto dell’Unione, l’impianto generale della direttiva IVA e la struttura dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA.

60.      Per quanto riguarda, in primo luogo, il grado di armonizzazione raggiunto dal diritto dell’Unione, si può osservare che le attività che possono essere esentate ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA – come le cure mediche e dei pazienti – sono generalmente soggette, nei vari Stati membri, a specifiche condizioni di esercizio. Tuttavia, sebbene l’esenzione prevista dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA si applichi solo agli istituti ospedalieri, ai centri medici, ai centri diagnostici e ad altri istituti della stessa natura, né la direttiva IVA in particolare né il diritto dell’Unione in generale armonizzano le condizioni di esercizio di tali attività. In tale contesto, il riferimento alla necessità che l’istituto in questione sia debitamente riconosciuto è semplicemente un modo per tener conto di questa mancanza di armonizzazione, pur esigendo che i servizi in questione siano, dal punto di vista dello Stato membro interessato, effettuati in modo legittimo.

61.      In secondo luogo, per quanto riguarda l’impianto generale della direttiva IVA, poiché l’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), e l’articolo 132, paragrafo 1, lettera c), della direttiva IVA perseguono lo stesso obiettivo e, di conseguenza, sono complementari l’uno all’altro (40), le condizioni di applicazione di tali disposizioni dovrebbero, ove possibile, essere interpretate in modo analogo. Si può qui notare che l’articolo 132, paragrafo 1, lettera c), della direttiva IVA richiede che i servizi in questione siano forniti «nell’esercizio delle professioni mediche e paramediche quali sono definite dallo Stato membro interessato» (41). L’espressione «debitamente riconosciuti» deve quindi essere intesa nel senso che si riferisce altresì, ma nel contesto di una persona giuridica, alle condizioni di esercizio delle attività in questione nello Stato membro interessato (42).

62.      Per quanto riguarda, in terzo luogo, la struttura dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA, si può notare che tale disposizione stabilisce tre condizioni preliminari per l’esenzione, ognuna delle quali riguarda un aspetto diverso dei servizi che possono essere esentati, vale a dire la loro natura, il tipo di istituti che li eseguono e le condizioni in cui vengono eseguiti. In particolare, da quest’ultima condizione risulta che, per quanto riguarda le condizioni di svolgimento delle attività in questione, gli Stati membri possono prendere in considerazione solo quelle di carattere sociale. Di conseguenza, se gli Stati membri potessero imporre, in forza della condizione prevista da tale disposizione che l’istituto in questione sia «debitamente riconosciuto», qualsiasi requisito relativo alla natura dei servizi prestati o alle condizioni in cui tali servizi sono prestati, queste altre due condizioni sarebbero ampiamente private di utilità.

63.      Per quanto riguarda l’obiettivo perseguito dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA, la Corte ha già sottolineato che questa disposizione mira in particolare a ridurre il costo delle prestazioni sanitarie (43). Alla luce di tale obiettivo, la condizione secondo cui gli organismi di diritto privato devono essere «debitamente riconosciuti» come istituti ospedalieri, centri medici e diagnostici o come istituti della stessa natura non deve essere interpretata in modo eccessivamente restrittivo, ma deve riferirsi unicamente alle condizioni relative alle qualifiche e agli standard medici prescritti dalla normativa nazionale per garantire che le cure mediche fornite siano di qualità elevata (44).

64.      Infine, è d’uopo rilevare che, oltre alla lettera, al contesto e agli obiettivi perseguiti da tale disposizione, occorre anche tener conto del principio di interpretazione secondo il quale una disposizione deve essere interpretata, ove possibile, in modo da non rimettere in discussione la sua validità (45).

65.      Tra le norme che determinano la validità dell’esercizio da parte del legislatore dell’Unione delle sue competenze vi è il principio della parità di trattamento. Secondo una giurisprudenza consolidata, tale principio impone che situazioni comparabili non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato. A questo scopo, gli elementi che caratterizzano situazioni diverse nonché l’eventuale comparabilità di queste ultime devono essere determinati e valutati alla luce dell’oggetto e dello scopo delle disposizioni in esame, fermo restando che devono essere presi in considerazione, a tale fine, i principi e gli obiettivi del settore di cui trattasi (46).

66.      Nel caso dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA, è chiaro che, alla luce dell’obiettivo perseguito primariamente da tale disposizione, ossia quello di ridurre il costo delle prestazioni sanitarie, gli enti pubblici e privati sono considerati, in linea di massima, come se si trovassero in situazioni grosso modo identiche. Pertanto, se l’esenzione prevista dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA si applicasse solo agli ospedali pubblici, ciò equivarrebbe effettivamente a una forma di disparità di trattamento per quanto riguarda il trattamento fiscale degli ospedali privati.

67.      Il legislatore dell’Unione ha quindi consentito anche agli istituti privati di beneficiare dell’esenzione, ma solo a determinate condizioni. Esso ha tuttavia limitato questa possibilità a condizioni specifiche e ha quindi mantenuto una certa differenza di trattamento tra gli ospedali pubblici e quelli privati, poiché solo questi ultimi devono dimostrare di soddisfare le specifiche condizioni previste da tale disposizione. Invero, dalla giurisprudenza si evince che una tale differenza di trattamento può, in determinate circostanze, essere oggettivamente giustificata (47). Tuttavia, se qui la condizione contenuta nell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA, che prescrive che l’istituto in questione sia «debitamente riconosciuto», dovesse essere intesa nel senso che autorizza gli Stati membri ad imporre ai soli enti di diritto privato alcuni requisiti specifici diversi da quelli che prescrivono che tali enti siano autorizzati da ordini professionali e simili per svolgere la loro attività a condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per gli enti di diritto pubblico, sarebbe difficile discernere quale motivo possa essere addotto per giustificare una tale differenza di trattamento.

68.      Al contrario, tuttavia, il requisito secondo cui le organizzazioni private devono dimostrare di essere autorizzate a svolgere le loro attività mediche è pienamente giustificato in quanto, per loro stessa natura, le organizzazioni private non sono un’emanazione dello Stato e quindi non sono direttamente soggette al suo controllo, per cui gli Stati membri possono legittimamente aver previsto meccanismi di riconoscimento per garantire che esse soddisfino standard professionali adeguati.

69.      Soffermandosi poi sul principio di neutralità fiscale, inteso qui nel senso di neutralità rispetto alla concorrenza, ho già evidenziato come quest’ultimo sia più un obiettivo del diritto in materia di IVA piuttosto che un vero e proprio principio vincolante, i cui termini non possono mai essere intaccati dalla direttiva IVA. Occorre tuttavia osservare che la Corte ha già statuito che tale principio esige che l’esenzione prevista dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA sia interpretata, per quanto possibile, in modo tale che tutti gli operatori economici che svolgono le stesse attività siano trattati allo stesso modo per quanto riguarda la riscossione dell’IVA. In particolare, secondo la Corte, questo principio sarebbe intaccato se l’esenzione relativa alle cure mediche di cui (all’attuale) articolo 132, paragrafo 1, lettera c), dipendesse dalla forma giuridica mediante la quale il soggetto passivo svolge la propria attività (48).

70.      È vero che, come nel caso della parità di trattamento, alcune distinzioni tra ospedali pubblici e privati possono essere giustificate al fine di garantire una concorrenza corretta. Tuttavia, operare una distinzione ai fini dell’IVA tra operatori economici in funzione, ad esempio, del loro rendimento in termini di personale, locali, attrezzature o efficienza economica della loro gestione – come sembrano ritenere alcuni giudici tedeschi – non appare pertinente alla luce dell’obiettivo perseguito dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA. Si potrebbe osservare che, in generale, non era intenzione del legislatore dell’Unione svantaggiare dal punto di vista fiscale i promotori della medicina privata, quanto piuttosto garantire che la concorrenza tra questi e gli enti pubblici rimanga leale.

71.      Ne consegue che, a mio avviso, sia la lettera, il contesto e gli obiettivi perseguiti dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA, sia la necessità di interpretare qualsiasi disposizione in modo tale da non metterne in discussione la validità, dimostrano che il potere discrezionale di cui dispongono gli Stati membri per definire le condizioni alle quali un istituto privato deve essere considerato «debitamente riconosciuto» si estende unicamente alle condizioni che devono essere soddisfatte affinché un istituto sia debitamente autorizzato a prestare, in una struttura in cui le risorse sono messe in comune, i servizi sanitari e medici che rientrano in tale esenzione. In sostanza, quindi, il requisito «debitamente riconosciuto» riguarda solo le norme professionali.

72.      Nel giungere a questa conclusione, non trascuro il fatto che al punto 53 della sua sentenza dell’8 giugno 2006, L.u.p. (C-106/05, EU:C:2006:380), la Corte ha dichiarato, facendo riferimento alla sentenza Dornier (49), che le autorità nazionali, in conformità al diritto dell’Unione e sotto il controllo dei giudici nazionali, tengono conto delle attività del soggetto passivo in questione, oltre che dell’interesse generale nonché del fatto che altri soggetti passivi che svolgono le stesse attività beneficiano già di un simile riconoscimento, e che i costi delle prestazioni in esame siano eventualmente presi a carico in gran parte da casse di malattia o da altri enti previdenziali.

73.      Al punto successivo di detta sentenza (punto 54), la Corte conclude che «imponendo, ai fini del riconoscimento [per l’applicazione dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b) della direttiva IVA], che le analisi mediche effettuate dai laboratori interessati siano, almeno per il 40%, a beneficio di assicurati presso un ente previdenziale, lo Stato membro interessato non ha ecceduto il potere discrezionale attribuitogli dalla detta disposizione».

74.      Non si può, tuttavia, fare a meno di osservare che questa analisi è, in realtà, sostanzialmente diversa dal ragionamento seguito nella sentenza Dornier, su cui la Corte afferma di basarsi. Come la Corte ha osservato al punto 53 della sentenza L.u.p., la decisione nella causa Dornier consisteva solo nel permettere alle autorità nazionali di tener conto del fatto che i costi delle prestazioni svolte da un istituto di diritto privato siano eventualmente presi a carico in gran parte da casse di malattia o da altri enti previdenziali, per determinare se detto istituto possa essere considerato come debitamente riconosciuto (50). Certo, in detta causa si trattava di valutare se l’istituto in questione fosse debitamente riconosciuto ai fini dell’attuale articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA. Tuttavia, nella sentenza Dornier non era in discussione se fosse consentito agli Stati membri imporre il requisito che gli istituti interessati effettuassero una certa percentuale di operazioni i cui costi fossero coperti dai regimi di assicurazione malattia affinché tali operazioni potessero essere esentate in base al requisito di essere «debitamente riconosciuto» di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA. Al contrario, come sottolineato dalla Corte al punto 75 della sentenza Dornier, allorché un istituto fornisce prestazioni equiparabili a quelle di altri operatori che effettuano gli stessi trattamenti, «la sola circostanza che il costo di tali prestazioni non sia interamente sostenuto dagli enti previdenziali non giustifica una disparità di trattamento tra prestatori per quanto riguarda l’assoggettamento all’IVA».

75.      Tutto ciò dimostra che nella sentenza Dornier la Corte ha semplicemente voluto indicare che la condizione del riconoscimento può essere considerata soddisfatta in determinate circostanze (51). Quando le procedure e le operazioni mediche sono coperte dai regimi di assicurazione malattia si può senz’altro supporre ragionevolmente che l’istituto che ha effettuato tali operazioni sia debitamente autorizzato ad esercitare la sua attività (52). Non è invece vero il contrario. Il solo fatto che una clinica o un ospedale tratti principalmente o addirittura esclusivamente pazienti privati non implica in alcun modo che l’istituto in questione non sia debitamente riconosciuto dalle autorità nazionali. L’applicazione dei regimi di assicurazione malattia può, naturalmente, dipendere da una varietà di fattori.

76.      In ogni caso, la Corte ha dichiarato nella causa L.u.p (al punto 36 della sentenza) che il principio di neutralità fiscale osta a che le attività in questione «siano soggette ad un regime IVA diverso a seconda del luogo in cui sono effettuate laddove la loro qualità è equivalente tenuto conto della formazione dei soggetti che le erogano» (53). Ne consegue necessariamente che uno Stato membro non può trattare due prestazioni identiche in modo diverso per quanto riguarda il debito riconoscimento di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA, a seconda della percentuale di operazioni effettuate dall’istituto interessato che sono coperte da regimi di assicurazione malattia, poiché una tale condizione non ha alcun rapporto con la qualità delle cure mediche fornite (54).

77.      Pertanto, nella misura in cui la Corte sembra aver suggerito, al punto 54 della sentenza L.u.p., che il potere discrezionale conferito dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA agli Stati membri consentirebbe loro di imporre l’obbligo che il centro medico in questione tratti una determinata percentuale di pazienti coperti da regimi di assicurazione malattia come condizione per il riconoscimento, tale suggerimento è, con tutto il rispetto, errato e non è supportato né dal testo legislativo concreto né, del resto, dalla giurisprudenza precedente. Il requisito del debito riconoscimento di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA consente semplicemente agli Stati membri di garantire che gli istituti di cura rispettino standard adeguati di fornitura di assistenza sanitaria: esso non dovrebbe essere interpretato nel senso che autorizza gli Stati membri, per così dire, a cooptare i prestatori sanitari privati in un sistema sanitario pubblico assoggettando i primi ad un trattamento svantaggioso sotto il profilo dell’IVA. Come ho appena indicato, nella misura in cui la Corte sembra suggerire il contrario al punto 54 della sentenza L.u.p., ritengo – di nuovo, rispettosamente – che questo sia stato un errore che non dovrebbe ora essere seguito o ripetuto.

78.      In questo contesto, propongo alla Corte di indicare chiaramente che l’espressione «debitamente riconosciuto» si riferisce alle condizioni che devono essere soddisfatte affinché un dato istituto sia autorizzato, dal punto di vista delle norme professionali, a svolgere nello Stato membro interessato l’attività di un istituto ospedaliero, di un centro medico o diagnostico o di un istituto della stessa natura. In mancanza di armonizzazione in questo settore, gli Stati membri godono evidentemente di un notevole grado di autonomia nazionale. Se la legislazione nazionale prevede che solo i servizi prestati da un istituto sanitario debitamente autorizzato a svolgere tali attività possono essere coperti dal regime di previdenza sociale, un istituto può basarsi sul fatto che i suoi servizi vengono sostanzialmente rimborsati per dimostrare che dovrebbe essere considerato debitamente riconosciuto ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA.

2.      Sulle modalità di prestazione dei servizi in questione: il requisito delle «condizioni sociali analoghe»

79.      L’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA prevede che, ai fini dell’esenzione dall’IVA, l’ospedalizzazione e la prestazione di cure mediche o di operazioni strettamente connesse devono essere effettuate da un istituto che rientri in una delle categorie di cui a tale disposizione. Inoltre, tuttavia, quando l’istituto è un organismo di diritto privato, i servizi in questione devono essere forniti a «condizioni sociali analoghe» a quelle applicabili quando tali servizi sono forniti da organismi di diritto pubblico (55).

80.      Occorre anzitutto sottolineare che, poiché il principio della certezza del diritto deve essere rispettato dagli Stati membri in sede di attuazione della direttiva IVA (56), le «condizioni sociali analoghe» che deve soddisfare un istituto di cura privato che intenda beneficiare di un’esenzione dall’IVA a tal fine devono essere specificate nella normativa nazionale. Non sarebbe sufficiente che tali condizioni siano stabilite dall’amministrazione tributaria competente al momento della domanda di esenzione dall’IVA. Un istituto di cura privato, infatti, può venire a conoscenza di quali condizioni sociali è tenuto a fornire se vuole avvalersi dell’esenzione solo mediante una legislazione di applicazione generale e oggetto di pubblicazione.

81.      Inoltre, è sufficiente a tal fine che l’ospedale privato o qualsiasi istituto di cura analogo si conformi volontariamente ai requisiti legali imposti da uno Stato membro al fine di beneficiare dell’esenzione prevista dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA. Qualsiasi altra conclusione significherebbe che uno Stato membro potrebbe escludere completamente gli istituti di cura privati dal campo di applicazione dell’esenzione di tale disposizione semplicemente scegliendo di non assoggettare tali enti privati a obblighi sociali analoghi a quelli previsti dalla legge per gli enti pubblici.

82.      Quando un istituto privato ritiene che le condizioni stabilite dalla legislazione in materia non siano né identiche né analoghe alle condizioni sociali imposte a un ospedale pubblico, il suddetto istituto deve avere la possibilità di contestare la validità di tali criteri. In particolare, se dovesse risultare che la normativa nazionale conteneva criteri che non sono identici a un obbligo imposto alle istituzioni pubbliche, i giudici nazionali devono in particolare verificare che la giustificazione addotta da uno Stato membro al riguardo sia soddisfacente. Ciò comporta l’esistenza di un rapporto tra ognuna di tali condizioni e una condizione sociale analoga imposta a un istituto ospedaliero pubblico, a un centro medico o a un istituto di cura analogo.

83.      A questo proposito, occorre notare che la direttiva IVA non precisa cosa si intenda per «condizioni sociali analoghe» a quelle degli istituti ospedalieri pubblici che forniscono cure mediche (57). Come nel caso della condizione di essere «debitamente riconosciuto», ciò non significa che questa nozione debba essere intesa con riferimento al diritto nazionale, ma piuttosto che, nell’ambito della definizione di questa nozione, gli Stati membri godono di un potere discrezionale per decidere le condizioni sociali che devono rispettare gli enti pubblici che forniscono servizi medici. L’articolo 132, paragrafo 1, lettera b) della direttiva IVA richiede inoltre che tali condizioni siano rispettate anche dagli enti privati affinché i loro servizi possano beneficiare dell’esenzione.

84.      È vero che la Corte ha dichiarato che la nozione di «condizioni sociali» può ricomprendere materie quali la fissazione dei prezzi delle prestazioni mediche (58) o le modalità di assunzione degli oneri delle prestazioni da parte di enti di previdenza e assistenza sociali di uno Stato membro (59). Tuttavia, la Corte non ha mai cercato di chiarire, in modo più generale e sistematico, il contenuto di tale condizione. Il presente caso sembra offrire un’opportunità adeguata per tale chiarimento.

85.      A questo proposito, come ho già ricordato, è pacifico che il significato e la portata di una disposizione devono normalmente essere determinati con riferimento, in particolare, alla lettera, al contesto e agli obiettivi perseguiti dalla disposizione in questione. Anche se c’è poco da dire sul contesto, gli obiettivi e la lettera di questa disposizione servono a chiarire la portata di questa nozione.

86.      Per quanto riguarda gli obiettivi perseguiti dalla terza condizione di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA, sembra chiaro che tale obiettivo è quello di evitare che gli istituti privati offrano servizi esenti da IVA senza dover sostenere gli stessi obblighi sociali dei loro enti omologhi di diritto pubblico. Si tratta forse di un altro modo di riferirsi agli obblighi di servizio pubblico di natura sociale imposti agli ospedali pubblici e ad altri istituti di cura (60). Tale condizione dà quindi particolare espressione ai principi di non discriminazione e di neutralità fiscale tra enti privati ed enti pubblici, tanto più che, da un lato, l’ospedalizzazione, le cure mediche e le attività strettamente connesse svolte dai secondi sono sempre esentate e, dall’altro, i primi non sono necessariamente soggetti agli stessi obblighi di servizio pubblico sociale.

87.      Per quanto riguarda la formulazione dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA, è chiaro dal testo stesso di tale disposizione che si deve fare un confronto tra gli ospedali di diritto pubblico, da un lato, e gli ospedali privati, dall’altro.

88.      Poiché l’obiettivo di detta condizione è quello di garantire una concorrenza leale tra ente pubblico e privato, essa è duplice. Impedisce agli istituti privati di offrire servizi esenti da IVA quando non assumono gli stessi obblighi di servizio pubblico imposti agli istituti pubblici. Per contro, poiché le prestazioni degli enti pubblici sono sempre esenti da IVA, essa permette anche agli enti privati che sono soggetti agli stessi obblighi (o che li assumono volontariamente) di beneficiare di questa esenzione IVA.

89.      Dalla formulazione dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA si evince che questo confronto deve essere effettuato con riferimento alle singole attività svolte da un istituto di cura. Ciò significa a sua volta che un istituto di cura privato deve anche avere la possibilità di scegliere di non rispettare i requisiti di condizioni sociali analoghi applicabili per alcune delle sue attività e, di conseguenza, di non beneficiare dell’esenzione IVA per tali attività (61).

3.      L’interpretazione dei termini «condizioni», «sociali» e «analoghe»

90.      Al fine di determinare la portata del confronto che i giudici nazionali devono effettuare per valutare la compatibilità con il diritto dell’Unione delle condizioni sociali imposte da uno Stato membro agli enti privati che intendono beneficiare dell’esenzione IVA, è necessario poi precisare la portata del sostantivo «condizione» e dei due aggettivi «sociale» e «analogo».

91.      In primo luogo, occorre rilevare che l’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA non si riferisce semplicemente a qualsiasi tipo di obbligo imposto ai servizi forniti dagli enti pubblici, ma solo a quelli di carattere sociale. Sono quindi solo tali obblighi che devono essere considerati rilevanti ai fini del confronto da effettuare. Come ho già indicato, questa nozione è tuttavia più ampia di quella, ad esempio, della natura delle tariffe applicate da tali enti.

92.      Da parte mia, ritengo che la nozione di «condizioni sociali» debba essere intesa come riferita agli obblighi imposti dalla legge agli ospedali pubblici nei confronti dei loro pazienti. Essa non si estende, tuttavia, agli obblighi imposti agli enti pubblici per quanto riguarda la gestione del personale, i locali, le attrezzature o l’efficacia dei costi (62).

93.      In secondo luogo, l’espressione «condizioni sociali» deve essere intesa come riferita alle condizioni che sono prescritte per legge nello Stato membro interessato con riferimento agli obblighi legali degli ospedali pubblici per quanto riguarda il trattamento dei pazienti pubblici (63). Di conseguenza, questi obblighi legali possono variare, e variano, da uno Stato membro all’altro, ma si può supporre che riguardino principalmente questioni come il diritto a certi tipi di cure ospedaliere, assieme a norme legislative riguardanti questioni come le tariffe per determinati servizi. Ma il requisito delle condizioni sociali potrebbe anche estendersi ad altre questioni: un obbligo di legge che impone agli ospedali pubblici di tenere aperto il pronto soccorso durante il fine settimana potrebbe essere uno di questi esempi. Inoltre, tenuto conto del requisito prescritto dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA, secondo il quale gli istituti privati devono essere «debitamente riconosciuti», le condizioni sociali qui menzionate sono per definizione diverse da quelle specificate dal diritto nazionale per quanto riguarda il riconoscimento di un istituto ospedaliero, un centro medico o un istituto simile.

94.      In terzo luogo, il termine «analogo» esprime il senso che gli obblighi sociali imposti agli ospedali pubblici non devono essere rispettati alla lettera dagli enti privati omologhi. Potrebbero altresì esistere alcuni tipi di obblighi sociali che, per loro natura, possano essere soddisfatti solo dagli ospedali pubblici.

95.      Ciò non significa tuttavia che gli Stati membri possano decidere liberamente quali condizioni sociali debbano essere rispettate dagli istituti privati. Infatti, a differenza dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), della direttiva IVA, l’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della stessa direttiva non fa riferimento a «talune» «condizioni sociali», come sarebbe stato il caso se il legislatore dell’Unione avesse inteso conferire un ampio potere discrezionale agli Stati membri in materia (64). Al contrario: la formulazione utilizzata [«Gli Stati membri esentano (...)»] implica che il potere discrezionale di cui dispongono gli Stati membri a tale riguardo è limitato (65).

96.      L’obiettivo principale dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA, sotto questo e altri aspetti, è infatti quello di garantire un trattamento fiscale analogo tra istituti di cura pubblici e privati che, in linea di massima, svolgono le stesse funzioni e che, sempre in linea di massima, trattano i loro pazienti all’incirca allo stesso modo. A questo proposito, tuttavia, è chiaro che gli Stati membri non possono imporre agli ospedali privati di fornire prestazioni mediche a condizioni sociali che non hanno equivalenti rispetto agli obblighi di legge imposti agli ospedali pubblici come condizione per ottenere l’esenzione IVA in questione.

97.      Il termine «analogo» implica altresì, a mio avviso, un certo grado di genericità nel confronto. Tuttavia, atteso che l’obiettivo di tali condizioni è quello di garantire in larga misura l’uguaglianza ai fini fiscali tra enti pubblici e privati, ritengo che gli Stati membri debbano garantire che gli enti privati rispettino sostanzialmente tutte le condizioni sociali imposte agli istituti pubblici dalla legislazione nazionale che possano avere un effetto sensibile sulla concorrenza leale tra istituti pubblici e privati. Si tratterebbe, in particolare, di tutte le condizioni sociali che possono incidere significativamente sulla gestione degli enti pubblici o sulla scelta da parte dei pazienti di utilizzare i servizi di un ente privato o pubblico. Uno Stato membro non può, tuttavia, concedere un’esenzione dall’IVA relativamente a servizi prestati da istituti privati che abbiano rispettato solo parzialmente le condizioni sociali applicabili agli istituti pubblici, tale da avere una siffatta incidenza sulla concorrenza leale tra i due tipi di istituti.

98.      Di conseguenza, quando i giudici nazionali sono chiamati a considerare le condizioni sociali che gli enti privati devono rispettare affinché le loro attività possano beneficiare dell’esenzione IVA prevista dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA, devono assicurarsi che, in linea di massima, tali condizioni non superino né siano inferiori a tutte le condizioni sociali previste dalla legge per gli istituti pubblici, sebbene alcune approssimazioni grossolane, in mancanza di meglio, potrebbero altresì rendersi necessarie a tale scopo.

99.      A tal fine, infatti, è necessario adottare criteri equilibrati, nel senso che non avvantaggino né svantaggino gli istituti privati. Se, ad esempio, in un determinato Stato membro gli enti pubblici sono obbligati per legge a garantire, da un punto di vista strettamente terapeutico, la stessa qualità di cure, indipendentemente dalla tariffa applicata o sono ugualmente obbligati a curare tutti i pazienti indipendentemente dalla loro situazione personale, allora tale Stato membro deve prevedere che solo gli istituti privati che rispettano obblighi analoghi possano beneficiare dell’esenzione IVA.

100. Un altro esempio potrebbe essere quello in cui gli ospedali pubblici sono tenuti per legge a offrire un servizio a una tariffa di base, di modo che l’identità del personale sanitario che fornirà effettivamente le principali cure mediche non è garantita. In tali circostanze, affinché le analoghe cure mediche erogate da un ente privato siano esentate, al paziente deve essere stata offerta la stessa opzione, anche se alla fine sceglie di pagare una tariffa supplementare per assicurarsi di essere curato da uno specifico medico di sua scelta.

101. Tuttavia, quando gli enti pubblici sono autorizzati a effettuare operazioni mediche esenti da IVA senza essere vincolati da una determinata tariffa fissa o senza che tali operazioni siano coperte da un regime di assicurazione malattia, lo Stato membro interessato non può invocare questo motivo o un motivo analogo per rifiutare l’applicazione dell’esenzione IVA prevista dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA alla stessa operazione effettuata da un ente di diritto privato debitamente riconosciuto. In particolare, se gli istituti di cura pubblici sono autorizzati ad addebitare ai propri pazienti più abbienti tariffe supplementari perché possano beneficiare di servizi supplementari e di prodotti più sofisticati o di migliore qualità, in esenzione dall’IVA, è evidente che anche gli ospedali privati devono poter offrire questi stessi servizi o prodotti in esenzione dall’IVA (66).

102. Nella stessa logica, se gli ospedali pubblici sono autorizzati a offrire, ad esempio, tariffe diverse per tenere conto delle preferenze dei pazienti in termini di sistemazione in ospedale (come poter disporre di una camera singola) o di protesi più efficienti – anche se non sono coperti da regimi di assicurazione sanitaria – le stesse prestazioni, se fornite da un ente privato, devono essere anch’esse esentate dall’IVA.

a)      La sentenza Idealmed III

103. È vero che al punto 21 della sentenza Idealmed III, la Corte ha osservato che il requisito delle condizioni sociali analoghe riguarda i servizi forniti e non il prestatore interessato. La Corte ha quindi concluso che «la parte dei servizi di assistenza fornita in condizioni sociali comparabili, ai sensi di tale disposizione, rispetto all’intera attività del prestatore non è rilevante ai fini dell’applicazione dell’esenzione prevista dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), [della direttiva IVA]» (67).

104. Da parte mia, non posso fare a meno di pensare che questa sentenza non debba essere oggetto di sovrainterpretazione. Invero, l’aspetto saliente dei fatti nella sentenza Idealmed III era che, in base alla presentazione delle disposizioni legislative nazionali in questione da parte del giudice nazionale – vincolante per la Corte – l’esenzione in questione non dipendeva dal fatto che ogni attività fosse svolta a condizioni sociali analoghe, ma piuttosto dalla proporzione delle suddette attività che soddisfacevano tale condizione. Pertanto, quando la Corte ha dichiarato nella sentenza Idealmed III che «la parte dei servizi di assistenza fornita in condizioni sociali comparabili, ai sensi di tale disposizione, rispetto all’intera attività del prestatore non è rilevante ai fini dell’applicazione dell’esenzione prevista dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), [della direttiva IVA]» (68), non intendeva con ciò impedire agli Stati membri di prescrivere come condizione sociale e, di riflesso, come condizione per l’esenzione dei servizi medici, che, ad esempio, un ospedale privato debba effettuare un certo numero di operazioni a una determinata tariffa (69).

105. Le problematiche sollevate in Idealmed III riguardavano piuttosto questioni relative alla proporzione dei servizi di assistenza dell’ospedale privato in questione eseguiti a condizioni sociali analoghe a quelle di un ospedale pubblico e come tale questione potesse influenzare potenzialmente qualsiasi esenzione IVA richiesta ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA. Sebbene si possa aggiungere dell’altro su ulteriori questioni sollevate da detta sentenza, alla luce delle conclusioni che sto per raggiungere in merito alla compatibilità di una normativa come quella descritta dal giudice del rinvio con l’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA, non ritengo necessario affrontare queste altre questioni per la cui soluzione si dovrebbe attendere un caso più appropriato.

4.      Applicazione alla situazione considerata dal giudice del rinvio nella sua prima questione

106. Come ho già spiegato, la questione sollevata verte sulla compatibilità con l’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA di una normativa nazionale che assoggetta [...] l’esenzione dall’IVA prevista dal medesimo articolo della direttiva IVA alla condizione che le operazioni di ospedalizzazione e di cure mediche siano fornite da un istituto ospedaliero privato non universitario:

–        coinvolto nella prestazione di assistenza da parte degli enti gestori dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni; o

–        incluso nella pianificazione ospedaliera di un Land (ospedali previsti dal piano); o

–        parte di una convenzione di fornitura di assistenza sanitaria con un’associazione a livello di Land delle casse malattia o un’associazione delle casse sostitutive; oppure

–        che abbia effettuato, durante l’esercizio passato, almeno il 40% delle prestazioni ospedaliere fatturate per un importo inferiore a quello rimborsabile dagli enti previdenziali.

107. Poiché, per quanto riguarda il caso di specie, l’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA stabilisce tre condizioni principali affinché un servizio possa beneficiare dell’esenzione IVA prevista (vale a dire che si tratti di un’attività ospedaliera o di assistenza medica, che sia eseguita da un istituto debitamente riconosciuto e che sia eseguita a condizioni sociali analoghe), occorre ora esaminare se ciascuna di queste quattro opzioni previste da una disposizione come l’articolo 4, punto 14, lettera b), dell’UStG, in combinato disposto con l’articolo 108 dello SGB V, soddisfi tali condizioni.

a)      Valutazione delle quattro opzioni di conformità rispetto ai criteri di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA

108. A questo proposito, è del tutto evidente che le suddette quattro opzioni di conformità non possono essere giustificate facendo riferimento al requisito secondo cui le prestazioni in questione devono attenere alle attività di ospedalizzazione o di assistenza medica o essere svolte da un istituto «debitamente riconosciuto» di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA. In particolare, come abbiamo già visto, tale particolare condizione riguarda essenzialmente standard professionali adeguati. Risulta chiaramente dal fascicolo della Corte – e come rilevato dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte – che l’ospedale è debitamente riconosciuto dalle autorità tedesche (70). Il caso verte quindi essenzialmente sulla questione se l’applicazione delle quattro opzioni di conformità contenute nella legislazione tedesca possa essere giustificata con riferimento al criterio delle «condizioni sociali analoghe».

109. Per quanto riguarda le prime tre opzioni di conformità, si può notare che tali requisiti non sono di per sé «condizioni sociali» nel senso specifico di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA, perché, nel migliore dei casi, sono solo indirettamente collegati alla ospedalizzazione e alla fornitura di cure mediche al paziente. Tali opzioni riguardano in realtà i rapporti finanziari e gli accordi contrattuali tra l’ospedale o l’istituto di cura interessato e l’assicurazione legale contro gli infortuni, un’associazione a livello di Land delle casse malattia, un’associazione delle casse sostitutive o un Land.

110. In particolare, la seconda opzione (vale a dire l’iscrizione nella pianificazione ospedaliera a livello di Land) sembra riflettere il tentativo di uno Stato membro di imporre ciò che equivale a una forma di contingentamento degli ospedali privati in riferimento a specifiche aree geografiche. L’idea qui sembra essere quella di utilizzare l’esenzione IVA di cui all’articolo 132 come un mezzo per garantire che vi sia un limite di fatto al numero di ospedali privati che operano in una particolare area geograficamente contigua, in modo che gli ospedali pubblici che operano in quella regione mantengano un numero sufficiente di pazienti perché siano economicamente sostenibili. Mi limiterò a dire che l’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA non può essere utilizzato a questo scopo e qualsiasi tentativo da parte dello Stato tedesco – sia attraverso le sue autorità fiscali sia attraverso i responsabili della pianificazione sanitaria – di raggiungere questo obiettivo limitando in tal modo un’esenzione IVA altrimenti applicabile agli ospedali privati sarebbe manifestamente illegittimo e contrario al diritto dell’Unione.

111. In ogni caso, si potrebbe anche osservare in questo contesto che, sebbene le informazioni fornite dal giudice del rinvio non specifichino in modo chiaro ed esaustivo le condizioni che un istituto deve soddisfare per rientrare nelle prime tre opzioni di conformità, sembra che gli enti gestori dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni, le associazioni a livello di Land delle casse malattia e le associazioni delle casse sostitutive godano tutte di un potere discrezionale per quanto riguarda la stipula di una convenzione con un istituto ospedaliero (71).

112. Allo stesso modo, apparentemente i Länder non sono obbligati a includere nel loro piano ospedaliero gli ospedali privati non universitari che svolgono la propria attività a condizioni sociali analoghe. Poiché l’esistenza di un potere discrezionale istituito dal diritto nazionale - esistenza che deve essere verificata dal giudice del rinvio - implica che l’applicazione dell’esenzione dall’IVA potrebbe quindi essere negata a un istituto di cura, anche se esso soddisfa le condizioni per l’esenzione prescritte dalla direttiva IVA, l’esistenza di un tale potere discrezionale è di per sé manifestamente incompatibile con il testo dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA. Ciò è vero anche perché quest’ultima disposizione obbliga gli Stati membri a esentare le operazioni che soddisfano le condizioni previste da tale disposizione («gli Stati membri esentano (...)» (72).

113. Per quanto riguarda l’ultima opzione menzionata nella normativa nazionale, vale a dire che l’ospedale privato non universitario deve aver effettuato, nel corso dell’ultimo esercizio contabile, almeno il 40% delle prestazioni ospedaliere fatturate per un importo inferiore a quello rimborsabile dagli enti previdenziali, è importante sottolineare che tale opzione, così come presentata dal governo tedesco, non dipende dal fatto che le prestazioni effettuate siano effettivamente coperte dai regimi di assicurazione sanitaria, ma piuttosto dai prezzi praticati dall’ospedale privato in questione per le cure mediche fornite direttamente ai pazienti (73). La suddetta questione è rilevante per qualsiasi esame del disposto dell’articolo 133 della direttiva IVA, del quale dobbiamo ora occuparci.

b)      Articolo 133 della direttiva IVA.

114. L’articolo 133 della direttiva IVA consente agli Stati membri di subordinare la concessione dell’esenzione IVA altrimenti applicabile a una serie di ulteriori condizioni che sono individuali per ciascun caso. Tra queste condizioni, l’articolo 133, paragrafo1, lettera c) – cui hanno fatto riferimento alcune delle parti – prevede che uno Stato membro possa scegliere di subordinare l’applicazione dell’esenzione di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della stessa alla condizione che l’ente privato applichi prezzi che siano stati approvati dalle autorità pubbliche o che non superino detti prezzi o, per le operazioni non soggette ad approvazione dei prezzi, che siano inferiori a quelli richiesti per operazioni analoghe da imprese commerciali soggette all’IVA (74).

115. Orbene, dal fascicolo non risulta che i prezzi delle prestazioni ospedaliere in Germania debbano essere omologati da un’autorità pubblica, requisito chiave dell’articolo 133, paragrafo 1, lettera c), della direttiva IVA (75). I prezzi applicati sono presi in considerazione ai fini del rimborso da parte degli enti assicurativi sociali, ma sembrerebbe che i prezzi non siano soggetti a questo tipo di controllo (76).

116. Inoltre, dalla formulazione dell’articolo 133, paragrafo 1, lettera c), della direttiva IVA risulta che la condizione che gli Stati membri possono così prevedere in virtù di questa disposizione, riguarda tutti i prezzi applicati dall’istituto in questione.

Ne consegue che o i prezzi di tutte le prestazioni effettuate nell’ambito delle attività di un ospedale privato sono conformi alle tariffe approvate dalle autorità pubbliche o non eccedono tali tariffe, oppure, nel caso di operazioni non soggette all’approvazione dei prezzi, che esse sono inferiori a quelle praticate per operazioni analoghe da imprese commerciali soggette all’IVA, nel qual caso tutte queste prestazioni, se soddisfano individualmente le condizioni di applicazione previste dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA, possono essere esentate, oppure, in caso contrario, nessuna di esse può esserlo. In nessun caso, tuttavia, la suddetta disposizione prevede la possibilità di rifiutare la richiesta di esenzione dall’IVA prevista dall’articolo 132 per il fatto che solo una parte delle prestazioni mediche effettivamente fornite soddisfa tale condizione (77).

117. Sebbene la quarta opzione prevista dal diritto tedesco non sia contemplata dall’articolo 133 della direttiva IVA, ritengo che tale condizione possa tuttavia essere comunque considerata come rientrante nella nozione di condizioni sociali analoghe ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA, purché, indipendentemente dall’attività in questione, gli ospedali pubblici siano anche soggetti all’obbligo giuridico di avere eseguito, durante l’esercizio precedente, almeno il 40% dei servizi fatturati per un importo inferiore a quello rimborsabile dagli enti previdenziali o siano soggetti a un obbligo giuridico di natura simile.

118. Tutto ciò per dire che se l’obbligo di fatturazione del 40% delle prestazioni ospedaliere non può essere giustificato con riferimento all’articolo 133, paragrafo 1, lettera c), della direttiva IVA, esso può tuttavia essere considerato, in linea di principio, come una condizione sociale ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della stessa, supponendo che un tale obbligo sia imposto per legge anche agli ospedali pubblici e ad altri istituti analoghi (78).

119. Occorre sottolineare che la questione posta riguarda la compatibilità della legislazione nazionale con il diritto dell’Unione e non se la ricorrente debba beneficiare dell’esenzione. Pertanto, indipendentemente dalla posizione che la Corte adotterà, relativamente alla quarta opzione, in merito alle conclusioni cui è giunta nella sentenza Idealmed III, la normativa nazionale sarebbe comunque contraria al diritto dell’Unione, atteso che le prime tre opzioni di cui all’articolo 108 dello SGB V non sono direttamente collegate al requisito di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA, secondo cui le attività in questione devono essere esercitate a condizioni sociali analoghe.

120. In conclusione, quindi, propongo di rispondere alla prima questione sollevata dal giudice del rinvio dichiarando che l’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede, come condizione per l’esenzione dall’IVA, che un istituto ospedaliero privato debba essere coinvolto nella prestazione di assistenza da parte degli organismi incaricati della gestione dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni, o sia incluso nella pianificazione ospedaliera di un Land, oppure che abbia stipulato una convenzione di assistenza con una cassa malattia nazionale o regionale. In particolare, questi requisiti non sono condizioni sociali nel senso inteso dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA.

121. Tuttavia, un requisito come quello menzionato dal governo tedesco– che richiede che un ospedale privato che intenda avvalersi dell’esenzione dall’IVA debba aver effettuato, nel corso dell’esercizio contabile precedente, almeno il 40% delle prestazioni ospedaliere fatturate per un importo inferiore a quello rimborsabile dagli enti previdenziali – può costituire una condizione sociale ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA se sussiste un requisito analogo imposto agli enti di diritto pubblico.

C.      Sulla seconda questione

122. Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede in quali circostanze le cure ospedaliere effettuate da ospedali di diritto privato siano effettuate a «condizioni sociali analoghe» ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA, a quelle applicabili agli enti di diritto pubblico.

123. Alla luce degli sviluppi esposti nell’esame della prima questione, propongo alla Corte di rispondere alla seconda questione nel senso che la nozione di «condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per [gli enti di diritto pubblico]» utilizzata all’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA deve essere interpretata nel senso che essa si riferisce a tutte le condizioni che gli enti privati devono soddisfare per essere soggetti a norme identiche o analoghe che disciplinano i rapporti tra gli enti di diritto pubblico e i loro pazienti alle quali essi devono attenersi in ogni circostanza quando forniscono cure ospedaliere, assistenza medica o operazioni strettamente connesse a tali servizi. Il rispetto di tale condizione da parte di un istituto privato può essere dedotto dagli obblighi che detto istituto si è imposto contrattualmente nei confronti di tali pazienti.

V.      Conclusioni

124. Ritengo quindi che la Corte debba rispondere alle due questioni poste dal Niedersächsisches Finanzgericht (Tribunale tributario del Land della Bassa Sassonia) come segue:

1)      L’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede, quale condizione per l’esenzione dall’IVA, che un istituto ospedaliero privato debba essere coinvolto nella prestazione di assistenza da parte degli organismi incaricati della gestione dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni, o sia incluso nella pianificazione ospedaliera di un Land, oppure che abbia stipulato una convenzione di assistenza con una cassa malattia nazionale o regionale. In particolare, tali requisiti non sono condizioni sociali nel senso inteso dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), di tale direttiva.

Tuttavia, un requisito come quello menzionato dal governo tedesco – che richiede che un ospedale privato che intenda avvalersi dell’esenzione dall’IVA debba aver effettuato, nel corso dell’esercizio contabile precedente, almeno il 40% delle prestazioni ospedaliere fatturate per un importo inferiore a quello rimborsabile dagli enti previdenziali – può costituire una condizione sociale ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA se sussiste un requisito analogo imposto agli enti di diritto pubblico

2)      La nozione di «condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per [gli enti di diritto pubblico]» utilizzata all’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/112, deve essere interpretata nel senso che essa si riferisce a tutte le condizioni che gli enti privati devono soddisfare per essere soggetti a norme identiche o analoghe prescritte dalla legge che disciplinano i rapporti tra gli enti di diritto pubblico e i loro pazienti alle quali essi devono attenersi in ogni circostanza quando forniscono cure ospedalieri, assistenza medica o operazioni strettamente connesse a tali servizi. Il rispetto di tale condizione da parte di un istituto privato può essere dedotto dagli obblighi che detto istituto si è imposto contrattualmente nei confronti di tali pazienti.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      V. Berlin, D., La Directive TVA 2006/112, Bruylant, Brussels, 2020, pag. 538.


3      Questa condizione è stata aggiunta nel 2019 all’articolo 4, punto 14, lettera b), lettera aa) dell’UStG.


4      Il DRG è un sistema di classificazione dei casi ospedalieri in diversi gruppi.


5      V., sui primi due significati, sentenza del 15 novembre 2012, Zimmermann (C-174/11, EU:C:2012:716, punti 47 e 48). In talune sentenze, l’illustrazione da parte della Corte della sua giurisprudenza alterna questi diversi significati, il che potrebbe dare l’impressione di una certa confusione rispetto alla portata del principio di neutralità fiscale. V., ad esempio, sentenza del 29 ottobre 2009, NCC Construction Danmark (C-174/08, EU:C:2009:669, punti da 40 a 44).


6      V., in tal senso, sentenze del 22 febbraio 2001, Abbey National (C-408/98, EU:C:2001:110, punto 24); del 22 dicembre 2010, RBS Deutschland Holdings (C-277/09, EU:C:2010:810, punto 38); e, più recentemente, sentenze del 26 aprile 2017, Farkas (C-564/15, EU:C:2017:302, punto 43); o del 26 aprile 2018, Zabrus Siret (C-81/17, EU:C:2018:283, punti da 32 a 34).


7      Sentenze del 13 marzo 2014, Jetair e BTWE Travel4you (C-599/12, EU:C:2014:144, punto 53) e del 17 dicembre 2020, WEG Tevesstraße (C-449/19, EU:C:2020:1038, punto 48).


8      V., ad esempio, sentenza del 7 marzo 2017, RPO (C-390/15, EU:C:2017:174, punto 38).


9      Il concetto di neutralità fiscale è mutuato dalle correnti liberiste del pensiero economico che si prefiggevano di attribuire una finalità molto precisa all’imposizione fiscale. In pratica, tuttavia, nessun sistema fiscale è economicamente neutro, poiché le scelte in materia di base imponibile e di aliquote influenzano necessariamente il comportamento degli agenti economici. Di conseguenza, l’idea che, in generale, le imposte debbano essere neutre è stata più o meno abbandonata, mentre si è progressivamente affermato il ruolo della fiscalità come strumento di interventismo economico e sociale. V. Bommier, L., L’objectif de neutralité du droit fiscal comme fondement d’une imposition de l’entreprise, LGDJ, Paris, 2021, pagg. da 4 a 7.


10      V., ad esempio, in tal senso, sentenza del 10 aprile 2008, Marks & Spencer (C-309/06, EU:C:2008:211, punto 49).


11      V., ad esempio, sentenza del 19 luglio 2012, Deutsche Bank all’Ufficio centrale (C-44/11, EU:C:2012:484, punto 45).


12      Come riconosciuto dalla Corte nella sentenza del 7 marzo 2017, RPO (C-390/15, EU:C:2017:174, punto 54) quando il legislatore dell’Unione è chiamato, nell’adozione di una misura di carattere fiscale, a operare scelte di natura politica, economica e sociale, nonché a stabilire un ordine di priorità tra interessi divergenti o a effettuare valutazioni complesse, gli si deve riconoscere un ampio potere discrezionale. Lo stesso vale a livello degli Stati membri quando una direttiva concede agli stessi la facoltà di non applicare i criteri stabiliti dalla direttiva, ma di precisarli. V. conclusioni da me presentate nella causa Golfclub Schloss Igling (C-488/18, EU:C:2019:942, paragrafi da 54 a 60 e giurisprudenza citata).


13      V., ad esempio, sentenza del 17 luglio 2008, ASM Brescia (C-347/06, EU:C:2008:416, punto 28).


14      V., ad esempio, sentenza del 2 luglio 2015, De Fruytier (C-334/14, EU:C:2015:437, punto 18).


15      V., in tal senso, sentenza del 5 ottobre 2016, TMD (C-412/15, EU:C:2016:738, punto 30).


16      V., ad esempio, sentenza dell’8 ottobre 2020, Finanzamt D (C-657/19, EU:C:2020:811, punto 28).


17      (GU 1977, L 145, pag. 1).


18      V., ad esempio, sentenza del 18 settembre 2019, Peters (C-700/17, EU:C:2019:753, punto 18).


19      V., ad esempio, sentenza del 13 marzo 2014, Klinikum Dortmund (C-366/12, EU:C:2014:143, punto 28).


20      V., in tal senso, sentenze del 10 giugno 2010, CopyGene (C-262/08, EU:C:2010:328, punto 27), e del 13 marzo 2014, Klinikum Dortmund (C-366/12, EU:C:2014:143, punto 29).


21      V., in tal senso, sentenze del 2 luglio 2015, De Fruytier (C-334/14, EU:C:2015:437, punto 19), e del 18 settembre 2019, Peters (C-700/17, EU:C:2019:753 punti 20 e 21). Tuttavia, a differenza dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), l’articolo 132, paragrafo 1, lettera c), della direttiva IVA non copre le operazioni che sono strettamente connesse alle prestazioni sanitarie di cui alla suddetta disposizione. V. sentenza del 13 marzo 2014, Klinikum Dortmund (C-366/12, EU:C:2014:143, punto 32).


22      Le due disposizioni hanno anche in comune il fatto che non stabiliscono alcun requisito riguardante il destinatario delle operazioni esentate.


23      V., in tal senso, conclusioni presentate dall’avvocato generale Sharpston nella causa CopyGene (C-262/08, EU:C:2009:541, paragrafo 27).


24      Come la Corte ha dichiarato al punto 29 della sentenza del 1o dicembre 2005, Ygeia (C-394/04 e C-395/04, EU:C:2005:734): «prestazioni di servizi che (...) sono idonee a migliorare la comodità e il benessere delle persone ospedalizzate non sono, in generale, suscettibili di beneficiare dell’esenzione [salvo i casi in cui] tali prestazioni sono indispensabili per conseguire le finalità terapeutiche perseguite dai servizi di ospedalizzazione e di cure mediche nell’ambito delle quali esse sono state fornite».


25      Riguardo alla natura delle prestazioni mediche che potrebbero essere esentate, v., ad esempio, sentenze dell’8 giugno 2006, L.u.p. (C-106/05, EU:C:2006:380, punt[o] 29); del 10 giugno 2010, CopyGene (C-262/08, EU:C:2010:328, punti 28 e da 40 a 52); del 10 giugno 2010, Future Health Technologies (C-86/09, EU:C:2010:334, punto 37); del 2 luglio 2015, De Fruytier (C-334/14, EU:C:2015:437, punti 28 e 29); e del 4 marzo 2021, Frenetikexito (C-581/19, EU:C:2021:167, punti 25 e 26).


26      V., in tal senso, sentenza del 2 luglio 2015, De Fruytier (C-334/14, EU:C:2015:437, punti da 28 a 31). Con riguardo alla nozione di operazione strettamente connessa ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera c), della direttiva IVA, v., ad esempio, sentenze del 6 novembre 2003, Dornier (C-45/01, EU:C:2003:595, punti da 33 a 35); del 1o dicembre 2005, Ygeia (C-394/04 e C-395/04, EU:C:2005:734, punti da 23 a 29); del 25 marzo 2010, Commissione/Paesi Bassi (C-79/09, non pubblicata, EU:C:2010:171, punto 51); e del 10 giugno 2010, Future Health Technologies (C-86/09, EU:C:2010:334, punto 49).


27      V. sentenza del 2 luglio 2015, De Fruytier (C-334/14, EU:C:2015:437, punto 35). Per esempio, La Corte ha statuito che un laboratorio privato che effettua analisi mediche diagnostiche deve essere considerato un istituto «della stessa natura» degli «istituti ospedalieri» e dei «centri medici e diagnostici» ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA, poiché le analisi effettuate da tale tipo di ente, in considerazione del loro scopo terapeutico, rientrano nella nozione di «cure mediche» di cui a tale disposizione. V. sentenze dell’8 giugno 2006, L.u.p. (C-106/05, EU:C:2006:380, punto 35), e del 10 giugno 2010, CopyGene (C-262/08, EU:C:2010:328, punto 60). Tuttavia, un ente che svolge un’attività di trasporto di organi e di prelievi di origine umana, svolta a titolo autonomo, per conto di ospedali e di laboratori non svolge lo stesso tipo di funzioni particolari di quelle svolte da istituti o centri medici e diagnostici che sono considerate rilevanti perché un ente possa essere qualificato come «istituto della stessa natura» ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA. Sentenza del 2 luglio 2015, De Fruytier (C-334/14, EU:C:2015:437, punto 36).


28      Questa condivisione di risorse è ciò che accomuna un istituto ospedaliero, un centro medico e un centro diagnostico. È anche ciò che differenzia un centro di assistenza sanitaria da uno studio medico o paramedico, i cui servizi possono anche essere esentati, ma sulla base dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera c) della direttiva IVA.


29      Nelle sentenze del 23 febbraio 1988, Commissione/Regno Unito (353/85, EU:C:1988:82, punto 32); del 6 novembre 2003, Dornier (C-45/01, EU:C:2003:595, punto 47), nonché del 10 giugno 2010, CopyGene (C-262/08, EU:C:2010:328, punto 58), la Corte aveva peraltro dichiarato, in via incidentale, senza alcuna giustificazione, che l’esenzione prevista dall’attuale articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA riguarda i servizi forniti da «istituti che perseguono scopi sociali», sebbene tali scopi non risultino né dalla formulazione né dall’obiettivo che riguarda solo le cure mediche. È vero che tale disposizione prevede un requisito di «analogia sociale», ma questo si riferisce al modo in cui i servizi in questione sono forniti e non all’oggetto sociale degli istituti che li forniscono. Osservo, tuttavia, che nella sua recente giurisprudenza, la Corte ha cessato di fare riferimento all’oggetto sociale che l’istituto in questione dovrebbe avere.


30      V., ad esempio, sentenza del 5 ottobre 2016, TMD (C-412/15, EU:C:2016:738, punto 26), e le conclusioni da me presentate nella causa Grup Servicii Petroliere (C-291/18, EU:C:2019:302, paragrafi da 40 a 51).


31      V., in tal senso, sentenza dell’8 giugno 2006, L.u.p. (C-106/05, EU:C:2006:380, punto 35).


32      V., in tal senso, per quanto riguarda la nozione di «altri istituti analoghi», sentenza dell’8 giugno 2006, L.u.p. (C-106/05, EU:C:2006:380, punto 41).


33      V., per analogia, sentenza del 29 ottobre 2015, Saudaçor (C-174/14, EU:C:2015:733, punti da 52 a 54).


34      Sentenze dell’8 giugno 2006, L.u.p. (C-106/05, EU:C:2006:380, punto 42); del 6 novembre 2003, Dornier (C-45/01, EU:C:2003:595, punti 64 e 81); e del 10 giugno 2010, CopyGene (C-262/08, EU:C:2010:328, punti da 61 a 63).


35      V., per analogia, il parere 3/15 (Trattato di Marrakech sull’accesso alle opere pubblicate) del 14 febbraio 2017 (EU:C:2017:114, punto 122).


36      V., per analogia, il parere 3/15 (Trattato di Marrakech sull’accesso alle opere pubblicate) del 14 febbraio 2017 (EU:C:2017:114, punto 124).


37      V., ad esempio, sentenza del 14 maggio 2020, Orde van Vlaamse Balies e Ordre des barreaux francophones et germanophone (C-667/18, EU:C:2020:372, punto 25).


38      V., in tal senso, sentenze del 10 giugno 2010, CopyGene (C-262/08, EU:C:2010:328, punto 74), e del 10 giugno 2010, Future Health Technologies (C-86/09, EU:C:2010:334, punto 34). In entrambi i casi, la Corte sembra dedurre dal fatto che l’ospedale sia stato autorizzato amministrativamente a svolgere le sue attività, che sia stato debitamente riconosciuto ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA.


39      V., ad esempio, sentenze dell’11 giugno 1998, Fischer (C-283/95, EU:C:1998:276, punto 21), e del 17 febbraio 2005, Linneweber e Akritidis (C-453/02 e C-462/02, EU:C:2005:92, punto 29).


40      V., in tal senso, sentenza del 10 giugno 2010, Future Health Technologies (C-86/09, EU:C:2010:334, punto 38).


41      In particolare, la Corte ha dedotto da questa condizione che la discrezionalità degli Stati membri a tale proposito era limitato dalla necessità di garantire che l’esenzione prevista da tale disposizione si applicasse solo alle prestazioni che presentano un livello di qualità sufficiente. V. sentenze del 18 settembre 2019, Peters (C-700/17, EU:C:2019:753, punto 34), e del 5 marzo 2020, X (esenzione dall’IVA per consulenze telefoniche) (C-48/19, EU:C:2020:169, punto 42).


42      L’articolo 133, paragrafo 1, lettera c), della direttiva IVA ha già come obiettivo quello di permettere agli Stati membri di subordinare la concessione dell’esenzione di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), al rispetto della condizione che gli organismi diversi da quelli di diritto pubblico «[pratichino] prezzi approvati dalle autorità pubbliche o che non superino detti prezzi ovvero, per le operazioni i cui prezzi non sono sottoposti ad approvazione, [pratichino] prezzi inferiori a quelli richiesti per operazioni analoghe da imprese commerciali soggette all’IVA». Poiché il legislatore dell’Unione si è preoccupato di dedicare una disposizione separata alle modalità di svolgimento delle attività in questione, e ha volontariamente limitato tale esame alle condizioni sociali vigenti, questo elemento non può essere preso in considerazione nell’ambito di un criterio di valutazione distinto, senza privare il primo criterio del suo «effet utile».


43      V., ad esempio, sentenza del 1o dicembre 2005, Ygeia (C-394/04 e C-395/04, EU:C:2005:734, punto 23).


44      V., in tal senso, ad esempio, sentenze dell’8 ottobre 2020, Finanzamt D (C-657/19, EU:C:2020:811, punti 36 e 37), e del 5 marzo 2020, X (esenzione IVA per consulenze telefoniche) (C-48/19, EU:C:2020:169, punti 41 e 42).


45      V. sentenza del 19 novembre 2009, Sturgeon e a. (C-402/07 e C-432/07, EU:C:2009:716, punto 47).


46      V. sentenza del 7 marzo 2017, RPO (C-390/15, EU:C:2017:174, punti 41 e 42).


47      V. sentenza del 7 marzo 2017, RPO (C-390/15, EU:C:2017:174, punti 52 e 53).


48      V., ad esempio, sentenza del 10 settembre 2002, Kügler (C-141/00, EU:C:2002:473, punto 30).


49      Sentenza del 6 novembre 2003, Dornier (C-45/01, EU:C:2003:595).


50      V. punti 72 e 73 della sentenza Dornier. Intendo in tal senso anche il punto 65 della sentenza del 10 giugno 2010, CopyGene (C-262/08, EU:C:2010:328). Certo, al punto 75 di detta sentenza, la Corte ha statuito che il fatto che un istituto è stato autorizzato dalle competenti autorità sanitarie a trattare cellule staminali cordonali non può condurre di per sé e in modo automatico a un riconoscimento ai fini dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA. Tuttavia, la manipolazione delle cellule staminali, anche quando queste sono destinate ad applicazioni sull’uomo, può avere scopi diversi dalle cure mediche o dalla diagnostica, come la ricerca. Di conseguenza, come la Corte ha constatato, «da tale elemento si deduce che [un istituto] svolge attività connesse all’ospedalizzazione e alle cure mediche. Tale autorizzazione può quindi rappresentare un elemento a favore del fatto che [tale ente] sia, eventualmente, “debitamente riconosciuto”, ai sensi dell’articolo [132, paragrafo 1, lettera b), della sesta direttiva IVA»], senza tuttavia condurre, di per sé e in modo automatico, al riconoscimento che tale istituto era debitamente riconosciuto nello Stato membro in questione come un istituto ospedaliero, o un centro medico o diagnostico della stessa natura.


51      V., in tal senso, sentenza del 10 giugno 2010, CopyGene (C-262/08, EU:C:2010:328, punto 71): «[il fatto che le autorità nazionali abbiano diritto di prendere in considerazione la circostanza che le attività di un istituto non fruiscono di alcun aiuto del regime pubblico di assicurazione malattia] non indica (...) che l’esenzione (...) deve essere sistematicamente esclusa ogniqualvolta le prestazioni non vengano rimborsate dalla previdenza sociale».


52      Fatta salva l’implicita condizione, perché tale elemento abbia valore probatorio dal punto di vista della logica formale, che il carattere debitamente autorizzato dell’istituto sia una condizione perché le prestazioni fornite siano coperte dai regimi di assicurazione malattia.


53      Il corsivo è mio.


54      Rilevo che, a più riprese, la Corte ha apportato modifiche alla sua giurisprudenza sull’interpretazione dell’esenzione prevista dall’attuale articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA. V., per un esempio di pronunciamento che ribalta una soluzione precedente, sentenza del 7 settembre 1999, Gregg (C-216/97, EU:C:1999:390, punto 15) o, per un pronunciamento che ne reinterpreta uno precedente in modo non letterale per distinguere un pronunciamento precedente, sentenza del 18 settembre 2019, Peters (C-700/17, EU:C:2019:753, punto 35).


55      Si noti che questa condizione non figurava nella proposta originale della Commissione di sesta direttiva in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (n. C 80/1). V. conclusioni presentate dall’avvocato generale Sharpston nella causa CopyGene (C-262/08, EU:C:2009:541, paragrafo 82).


56      Sentenza del 9 giugno 2016, Wolfgang und Dr. Wilfried Rey Grundstücksgemeinschaft GbR (C-332/14, EU:C:2016:417, punto 49).


57      Al riguardo, la Corte ha osservato, al punto 24 della sentenza del 5 marzo 2020, Idealmed III (C-211/18, EU:C:2020:168), che «tale disposizione non definisce con precisione gli aspetti dei servizi di assistenza di cui trattasi che devono essere raffrontati ai fini della valutazione dell’applicabilità di tale disposizione». Ciò non deve però essere inteso in modo troppo restrittivo. Risulta infatti dalla formulazione dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA che ciò che deve essere «socialmente analogo» sono le condizioni di prestazione dei servizi che possono beneficiare dell’esenzione e non soltanto il contenuto di tali servizi, come tale paragrafo potrebbe suggerire.


58      Sentenza del 5 marzo 2020, Idealmed III (C-211/18, EU:C:2020:168, punto 28).


59      Sentenza del 5 marzo 2020, Idealmed III (C-211/18, EU:C:2020:168, punto 31). Al riguardo, la Corte ha osservato che gli accordi «sono rilevanti», ma non ha specificato a quali condizioni né le conseguenze che ciò avrà sull’esame.


60      Tali obblighi sono quindi implicitamente legati al fatto che le prestazioni in questione fanno parte di un servizio di interesse economico generale, ai sensi dell’articolo 106 TFUE. Infatti, le disposizioni dell’articolo 132, paragrafo 1, della direttiva IVA mirano a esentare talune attività per il fatto che sono di interesse generale. V., in tal senso, sentenza del 5 marzo 2020, Idealmed III (C-211/18, EU:C:2020:168, punto 26) e, sul fatto che i servizi forniti da un istituto ospedaliero, un centro medico o diagnostico rientrano in un servizio di interesse economico generale, sentenze del 25 ottobre 2001, Ambulanz Glöckner (C-475/99, EU:C:2001:577, punto 55), e del 12 luglio 2001, Vanbraekel e a. (C-368/98, EU:C:2001:400, punto 48).


61      Tuttavia, poiché l’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA fa riferimento a qualsiasi condizione sociale, per determinare se il requisito imposto da uno Stato membro affinché un’attività possa essere esentata a tal fine sia compatibile con tale disposizione, occorre tener conto non solo degli obblighi applicabili specificamente a servizi analoghi forniti da un ente pubblico, ma anche degli obblighi più generali che gravano sugli enti pubblici che svolgono tali attività nella misura in cui tali obblighi abbiano carattere sociale. Se – per fare un esempio attuale – tutti gli ospedali pubblici che svolgono una determinata attività sono tenuti per legge a riservare un certo numero di posti letto ai pazienti affetti da COVID-19, indipendentemente dal reparto medico coinvolto, allora questo stesso obbligo – che è di natura sociale – dovrebbe essere rispettato da qualsiasi ospedale privato che chiedesse l’esenzione per questa attività. Naturalmente, in questo esempio, se l’obbligo COVID-19 non si estendesse, per esempio, agli ospedali neurologici pubblici o al dipartimento di neurologia di un ospedale generale, il fatto che gli ospedali neurologici privati o il dipartimento di neurologia di un ospedale generale non abbiano riservato un certo numero di letti per tali pazienti non potrebbe essere contestato loro ai fini dell’esenzione dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), per negare il beneficio dell’esenzione IVA alle attività svolte da questo ospedale o da questo dipartimento.


62      Lo scopo è, credo, quello di non arrecare implicitamente pregiudizio alle organizzazioni private che, tra l’altro, abbiano adottato modalità organizzative o protocolli medici diversi e, quindi, di favorire una concorrenza leale, cioè orientata al merito.


63      Infatti, è solo facendo riferimento a tali condizioni che un ospedale privato potrebbe essere in grado di verificare che le condizioni che gli sono state imposte siano effettivamente analoghe a quelle di un ospedale pubblico. Se, al contrario, questa espressione dovesse essere intesa come riferita semplicemente alle condizioni di fatto in cui gli enti pubblici svolgono le loro attività o alle varie pratiche seguite, sarebbe molto difficile valutare la compatibilità delle condizioni che gli enti privati sono tenuti a rispettare, poiché ciò richiederebbe l’esame della situazione di migliaia di altri ospedali potenzialmente esistenti nello Stato membro in questione.


64      V. sentenza del 10 dicembre 2020, Golfclub Schloss Igling (C-488/18, EU:C:2020:1013, punti 30 e 33).


65      In particolare, non credo che, essendo la questione complicata, essa debba essere lasciata alla discrezionalità degli Stati membri.


66      In pratica, non è nemmeno raro che gli ospedali pubblici siano autorizzati a curare persone che non sono coperte da casse malattia, purché siano in grado di sostenere i costi.


67      Sentenza del 5 marzo 2020, Idealmed III (C-211/18, EU:C:2020:168, punto 21).


68      Il corsivo è mio. È chiaro, quindi, che l’esenzione si applica al singolo servizio e non con riferimento all’istituzione nel suo insieme.


69      A titolo di esempio, supponiamo che uno Stato membro imponga agli ospedali pubblici due obblighi sociali, il primo dei quali riguarda il rispetto di alcuni diritti riconosciuti ai pazienti (per esempio, diritto di accesso completo alla propria cartella clinica e di trasmissione della stessa, diritto ad essere accompagnati, ecc.) e il secondo consiste nel riservare il 20% dei letti d’ospedale ai pazienti COVID-19. Questo Stato membro non potrebbe consentire agli ospedali privati di beneficiare dell’esenzione dall’IVA per tutte le loro attività se solo il 40% di esse rispettasse questi due obblighi, poiché ciò comporterebbe, per quanto riguarda la prima condizione, una potenziale esenzione del 60% delle prestazioni, anche se queste non rispettano i diritti riconosciuti ai pazienti. Tuttavia, lo Stato membro avrebbe il diritto di esigere, come una delle condizioni sociali, che anche gli ospedali privati riservino il 20% dei loro letti ai pazienti COVID-19, sebbene tale condizione dipenda dal fatto che l’ospedale fornisca le prestazioni in questione e non direttamente dalla natura di tali prestazioni.


70      Gli elementi forniti dal giudice del rinvio suggeriscono che la normativa nazionale non esige che un ente privato, per essere autorizzato a svolgere attività ospedaliere non universitarie, debba necessariamente trovarsi in una delle quattro situazioni di cui all’articolo 4, punto 14, lettera b), dell’UStG, letto in combinato disposto con l’articolo 108 dello SGB V. Piuttosto, queste quattro situazioni sembrano potersi presentare solo quando un istituto è stato debitamente autorizzato a svolgere tali attività.


71      V., ad esempio, l’articolo 109, punto 2, dello SGB V.


72      Il corsivo è mio.


73      Il rispetto di questa condizione non dipende quindi da fattori che sfuggono al controllo di un ospedale pubblico o privato, come le politiche di rimborso attuate dagli enti previdenziali o la loro interazione con gli assicuratori.


74      Come risulta dalla formulazione di detta disposizione, tale condizione deve essere valutata in relazione a ciascuna delle attività svolte dall’istituto in questione.


75      V. Berlin, D., La Directive TVA 2006/112, Bruylant, Brussels, 2020, pag. 538.


76      A questo proposito, vorrei sottolineare, al fine di chiarire ogni malinteso, che la questione delle modalità di rimborso di una prestazione medica da parte delle casse malattia, anche quando queste modalità sono fissate per legge, non ha nulla a che vedere con un controllo dei prezzi. Infatti, la mancata copertura solo di alcuni servizi di assistenza forniti ad un certo prezzo, non significa che le istituzioni mediche siano obbligate a far pagare i propri servizi a quel prezzo. Le istituzioni rimangono libere di applicare le tariffe che desiderano.


77      Questa interpretazione letterale dell’articolo 133 della direttiva IVA è confermata dalla necessità di interpretare qualsiasi disposizione del diritto dell’Unione in modo coerente con i principi generali del diritto, tra cui il principio della parità di trattamento, nonché con l’obiettivo perseguito dall’articolo 133 della direttiva IVA, che sembra essere principalmente quello di consentire agli Stati membri di imporre condizioni aggiuntive al fine di garantire che solo gli enti privati che operano sotto gli stessi vincoli imposti agli enti pubblici possano beneficiare dell’esenzione.


78      È pur vero che, nel caso in cui esistano altre condizioni sociali significative che gli ospedali pubblici devono soddisfare nella fornitura delle medesime prestazioni, la normativa nazionale sarebbe contraria al diritto dell’Unione anche per non avere prescritto agli ospedali privati il rispetto di condizioni sociali analoghe per poter beneficiare dell’esenzione IVA prevista dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA. Tuttavia, tali altre condizioni sociali non saranno opponibili alla ricorrente poiché, in mancanza di idonea trasposizione nell’ordinamento nazionale, una direttiva non può di per sé creare obblighi a carico dei singoli. V., ad esempio, sentenza del 5 marzo 2002, Axa Royale Belge (C-386/00, EU:C:2002:136, punto 18) e le conclusioni da me presentate nella causa Tribunal Económico Administrativo Regional de Galicia (C-521/19, EU:C:2021:176, paragrafo 21).