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Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ATHANASIOS RANTOS

presentate il 15 settembre 2022 (1)

Causa C-695/20

Fenix International Limited

contro

Commissioners for Her Majesty’s Revenue and Customs

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal First-tier Tribunal (Tax Chamber) (Tribunale di primo grado, sezione tributaria, Regno Unito)]

«Rinvio pregiudiziale – Articolo 291, paragrafo 2, TFUE – Potere di esecuzione del Consiglio dell’Unione europea – Direttiva 2006/112/CE – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto (IVA) – Articoli 28 e 397 – Soggetto passivo che agisce in nome proprio ma per conto terzi e partecipa ad una prestazione di servizi – Regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011 – Articolo 9 bis – Servizi prestati tramite mezzi elettronici attraverso una rete di telecomunicazione, un’interfaccia o un portale – Presunzioni in materia di identificazione del prestatore di servizi – Questione della possibilità per il soggetto passivo di confutare tali presunzioni – Validità»






I.      Introduzione

1.        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sulla validità dell’articolo 9 bis del regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011 (2), quale inserito all’interno di quest’ultimo dal regolamento di esecuzione (UE) n. 1042/2013 (3) (in prosieguo: l’«articolo 9 bis»). Tale domanda è stata presentata nel quadro di una controversia che oppone la società Fenix International Limited (in prosieguo: la «Fenix»), che gestisce una piattaforma online, ai Commissioners for Her Majesty’s Revenue and Customs (Amministrazione delle Imposte e delle Dogane, Regno Unito; in prosieguo: l’«amministrazione tributaria») con riferimento all’imposta sul valore aggiunto (IVA) dovuta da detta società per il periodo compreso tra luglio 2017 e gennaio 2020, e per il mese di aprile 2020.

2.        Il First-tier Tribunal (Tax Chamber) (Tribunale di primo grado, sezione tributaria, Regno Unito), giudice del rinvio, desidera sapere se il Consiglio dell’Unione europea, adottando l’articolo 9 bis, abbia oltrepassato il potere di esecuzione ad esso conferito dall’articolo 291, paragrafo 2, TFUE e dall’articolo 397 della direttiva 2006/112/CE (4) alla luce dell’articolo 28 di detta direttiva.

3.        La presente causa si pone al crocevia tra, da una parte, il diritto istituzionale dell’Unione, con l’esame della nozione di «potere di esecuzione» di cui il Consiglio beneficia in forza del Trattato FUE, e, dall’altra, la normativa in materia di IVA nella parte in cui concerne un soggetto passivo che, agendo in nome proprio ma per conto terzi, partecipa a una prestazione di servizi. In particolare, la causa in esame solleva la questione del margine di discrezionalità di cui il Consiglio dispone nel dare attuazione alla direttiva IVA. Tale questione riveste un’importanza particolare nel quadro della crescente influenza esercitata dalle piattaforme online nell’economia e del ruolo da esse svolto ai fini della riscossione dell’IVA, oltre a sollevare numerose riflessioni (5).

4.        Al termine della mia analisi, concluderò nel senso della validità dell’articolo 9 bis poiché detta disposizione rispetta gli obiettivi generali essenziali perseguiti dall’articolo 28 della direttiva IVA, è necessaria o utile per l’attuazione di detto articolo e lo precisa senza integrarlo, né modificarlo.

II.    Contesto normativo

A.      Direttiva IVA

5.        La direttiva IVA si fonda sull’articolo 93 CE (divenuto articolo 113 TFUE). I suoi considerando 61 e 62 sono così formulati:

«(61)      È essenziale garantire l’applicazione uniforme del sistema d’IVA. Per realizzare tale obiettivo, occorre adottare misure d’applicazione.

(62)      In particolare, dette misure dovrebbero regolare il problema della doppia imposizione sulle operazioni transfrontaliere che può derivare da un’applicazione non uniforme, da parte degli Stati membri, delle disposizioni relative alla localizzazione delle operazioni imponibili».

6.        L’articolo 28 della direttiva in esame, che rientra nel suo titolo IV, rubricato «Operazioni imponibili», e nel capo 3 di detto titolo, concernente le prestazioni di servizi, dispone quanto segue:

«Qualora un soggetto passivo che agisca in nome proprio ma per conto terzi partecipi ad una prestazione di servizi, si ritiene che egli abbia ricevuto o fornito tali servizi a titolo personale».

7.        L’articolo 397 della medesima direttiva prevede quanto segue:

«Il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione, adotta le misure necessarie per l’applicazione della presente direttiva».

B.      Regolamento di esecuzione n. 282/2011

8.        Il regolamento di esecuzione n. 282/2011 si fonda sull’articolo 397 della direttiva IVA. Ai sensi dei considerando 2, 4 e 5 di detto regolamento di esecuzione:

«(2)      La direttiva [IVA] stabilisce norme in materia di imposta sul valore aggiunto (IVA) che, in alcuni casi, sono soggette a interpretazione da parte degli Stati membri. L’adozione di disposizioni comuni di applicazione della direttiva [IVA] dovrebbe garantire un’applicazione del sistema dell’IVA più conforme all’obiettivo del mercato interno qualora si verifichino, o rischino di verificarsi, divergenze nell’applicazione incompatibili con il corretto funzionamento di tale mercato interno. Queste disposizioni di applicazione sono giuridicamente vincolanti solo a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente regolamento e non compromettono la validità della legislazione e dell’interpretazione precedentemente adottate dagli Stati membri

(...)

(4)      L’obiettivo del presente regolamento è quello di garantire l’applicazione uniforme dell’attuale sistema dell’IVA attraverso disposizioni di esecuzione della direttiva [IVA], in particolare in materia di soggetti passivi, cessioni di beni e prestazioni di servizi e luogo delle operazioni imponibili. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nell’articolo 5, paragrafo 4, [TUE]. Dato che il regolamento è obbligatorio e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri, l’uniformità dell’applicazione è garantita al meglio mediante un regolamento.

(5)      Tali disposizioni di applicazione contengono norme specifiche in risposta a determinate questioni di applicazione e mirano ad introdurre un trattamento uniforme in tutto il territorio dell’Unione solamente in relazione a tali circostanze specifiche. Esse non sono pertanto trasponibili ad altri casi e devono essere applicate, tenendo conto della loro formulazione, in maniera restrittiva».

9.        Ai sensi dell’articolo 1 di detto regolamento di esecuzione:

«Il presente regolamento stabilisce misure di applicazione di talune disposizioni dei titoli da I a V e da VII a XII della direttiva [IVA]».

10.      Il medesimo regolamento di esecuzione è stato modificato dal regolamento di esecuzione n. 1042/2013, che si fonda anch’esso sull’articolo 397 della direttiva IVA. Il considerando 4 di quest’ultimo regolamento di esecuzione è formulato come segue:

«È necessario specificare chi è il prestatore ai fini dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) quando i servizi prestati tramite mezzi elettronici o i servizi telefonici forniti via Internet sono resi ad un destinatario attraverso reti di telecomunicazione o tramite un’interfaccia o un portale».

11.      L’articolo 1, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di esecuzione n. 1042/2013 ha inserito nel regolamento di esecuzione n. 282/2011 l’articolo 9 bis, il quale enuncia quanto segue:

«1.      Ai fini dell’applicazione dell’articolo 28 della direttiva [IVA], se i servizi prestati tramite mezzi elettronici sono resi attraverso una rete di telecomunicazione, un’interfaccia o un portale, quale un mercato delle applicazioni, si presume che un soggetto passivo che interviene in detta prestazione agisca in nome proprio ma per conto del prestatore di tali servizi, a meno che tale prestatore sia esplicitamente designato, da detto soggetto passivo, quale prestatore e ciò risulti dagli accordi contrattuali tra le parti.

Al fine di considerare il prestatore di servizi prestati tramite mezzi elettronici esplicitamente designato dal soggetto passivo quale prestatore di tali servizi, devono sussistere le seguenti condizioni:

a)      la fattura emessa o resa disponibile da ciascun soggetto passivo che interviene nella prestazione dei servizi prestati tramite mezzi elettronici identifica i servizi elettronici e il relativo prestatore;

b)      la nota di pagamento o la ricevuta emessa o resa disponibile per il destinatario identifica i servizi prestati tramite mezzi elettronici e il relativo prestatore.

Ai fini del presente paragrafo, a un soggetto passivo che, in relazione ad una prestazione di servizi prestati tramite mezzi elettronici, autorizzi l’addebito al destinatario o la prestazione dei servizi ovvero stabilisca i termini e le condizioni generali della prestazione non è consentito designare esplicitamente un’altra persona quale prestatore di tali servizi.

2.      Il paragrafo 1 si applica altresì ai servizi telefonici prestati via Internet, compresi i servizi vocali su protocollo Internet (VoIP), se sono prestati attraverso una rete di telecomunicazione, un’interfaccia o un portale, quale un mercato delle applicazioni, e sono prestati alle stesse condizioni di cui allo stesso paragrafo.

3.      Il presente articolo non si applica a un soggetto passivo che provvede solamente al trattamento dei pagamenti in relazione ai servizi prestati tramite mezzi elettronici o ai servizi telefonici prestati via Internet, compresi i servizi vocali su protocollo Internet (VoIP), e non interviene nella prestazione di tali servizi prestati tramite mezzi elettronici o servizi telefonici».

III. Controversia principale, questione pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte

12.      La Fenix, registrata a fini IVA nel Regno Unito, gestisce la piattaforma online dedicata al social media noto con il nome «Only Fans» (in prosieguo: la «piattaforma»), di cui ha il controllo esclusivo. La piattaforma si rivolge agli «utenti (users)» in tutto il mondo, che sono divisi in «creatori (creators)» e «fan (fans)».

13.      I creatori, che dispongono di «profili», caricano e pubblicano contenuti, quali fotografie e video, nel loro rispettivo profilo. Essi possono anche trasmettere dirette video e inviare messaggi privati ai loro fan. Questi ultimi possono accedere ai contenuti caricati effettuando pagamenti ad hoc o pagando un abbonamento mensile per ogni creatore di cui desiderano visualizzare i contenuti e/o con il quale vogliono interagire. I fan possono anche versare mance o donazioni, per le quali non viene fornito in cambio alcun contenuto. I creatori determinano il canone mensile di abbonamento al loro profilo, fermo restando che la Fenix stabilisce un importo minimo sia per gli abbonamenti che per le mance.

14.      La Fenix si fa carico della riscossione e della distribuzione dei pagamenti effettuati dai fan, avvalendosi di un terzo prestatore di servizi di pagamento. Essa fissa anche le condizioni generali di utilizzo della piattaforma che sono state modificate in più occasioni nel corso del periodo pertinente. La Fenix addebita ai creatori un importo pari al 20% delle somme versate dai loro fan mediante detrazione (in prosieguo: la «detrazione del 20%»). Tanto i pagamenti da parte di un fan che quelli a favore di un creatore appaiono sull’estratto conto bancario dell’utente come un pagamento effettuato alla o dalla Fenix. Per l’intero periodo rilevante, la Fenix ha applicato e contabilizzato l’IVA a un’aliquota del 20% su una base imponibile data dalla detrazione del 20%.

15.      Il 22 aprile 2020, l’amministrazione tributaria ha notificato alla Fenix avvisi di accertamento relativi all’IVA dovuta per il periodo compreso tra luglio 2017 e gennaio 2020 e per il mese di aprile 2020 (in prosieguo: gli «avvisi di accertamento di cui trattasi»), ritenendo che detta società dovesse essere considerata come un soggetto che agisce in nome proprio ai sensi dell’articolo 9 bis. Secondo detta amministrazione, la Fenix avrebbe dovuto assolvere l’IVA non sulla base della deduzione del 20%, bensì sulla totalità delle somme versate dai fan.

16.      Il 27 luglio 2020, la Fenix ha presentato ricorso dinanzi al giudice del rinvio, contestando il fondamento giuridico degli avvisi di accertamento di cui trattasi, vale a dire l’articolo 47, paragrafi 4 e 5, del Value Added Tax Act 1994 (legge del 1994 sull’imposta sul valore aggiunto), nella versione in vigore alla data dei fatti di cui al procedimento principale, che recepiva nel diritto britannico l’articolo 9 bis, e gli importi rispettivamente indicati in detti avvisi di accertamento. Essa ha eccepito l’invalidità dell’articolo 9 bis e negato, inoltre, di rientrare nel campo di applicazione di detto articolo.

17.      Il giudice del rinvio precisa che l’amministrazione tributaria non si è pronunciata sulla veste in cui, in base al diritto inglese, la Fenix ha agito in relazione alla piattaforma, vale a dire come commissionario o come committente. Detta amministrazione avrebbe emanato gli avvisi di accertamento di cui trattasi riferendosi al solo articolo 9 bis, senza esaminare l’applicazione dell’articolo 28 della direttiva IVA in quanto tale.

18.      Detto giudice afferma di nutrire dubbi circa la validità dell’articolo 9 bis. Infatti, benché l’articolo in parola sia inteso ad attuare l’articolo 28 della direttiva IVA, si potrebbe sostenere che esso ecceda la competenza di esecuzione conferita al Consiglio. A tal riguardo, il suddetto giudice, richiamandosi alla sentenza del 15 ottobre 2014, Parlamento/Commissione (C-65/13, EU:C:2014:2289), sottolinea che una disposizione applicativa di un atto legislativo è legittima solo se rispetta gli obiettivi generali essenziali perseguiti da tale atto, è necessaria o utile per la sua attuazione e non lo può modificare, né integrare, neppure nei suoi elementi non essenziali.

19.      Nello stesso senso, la Commissione europea riterrebbe che, per stabilire se una misura «integri» l’atto di base, il legislatore dovrebbe valutare se detta misura aggiunga in concreto nuove norme non essenziali che modificano il quadro di tale atto, lasciando alla Commissione un margine di valutazione, mentre, viceversa, misure che si propongano meramente di dare applicazione a norme esistenti dell’atto di base non dovrebbero potersi assimilare a misure integrative (6).

20.      Il giudice del rinvio sottolinea che l’articolo 9 bis, così come è stato adottato, è radicalmente diverso e molto più ampio della proposta di regolamento presentata dalla Commissione che modifica il regolamento di esecuzione n. 282/2011 (7). Infatti, benché l’articolo 28 della direttiva IVA si riferisse a un soggetto che agisce in nome proprio, l’introduzione della presunzione prevista all’articolo 9 bis significherebbe, secondo il comitato IVA (8), che essa dovrebbe, di norma, valere per tutti i soggetti passivi che partecipano alla prestazione di servizi.

21.      Il giudice del rinvio si riferisce, inoltre, allo studio (9) su cui si è basata la proposta di direttiva presentata dalla Commissione il 1º dicembre 2016 (10), secondo cui l’obiettivo dell’articolo 9 bis, che è quello di trasferire la responsabilità dell’IVA in capo all’intermediario, risulta auspicabile e si rendono necessari ulteriori chiarimenti e un’interpretazione comune e vincolante da parte degli Stati membri. A parere di detto giudice, si può affermare che tale spostamento della responsabilità non è una misura meramente tecnica, bensì un cambiamento dello status quo, e non un semplice chiarimento.

22.      Il suddetto giudice osserva altresì che, nella sentenza del 14 luglio 2011, Henfling e a. (C-464/10; in prosieguo: la «sentenza Henfling e a.», EU:C:2011:489, punto 42), la Corte ha dichiarato che, per quanto riguarda la condizione relativa al fatto che il soggetto passivo deve agire in nome proprio ma per conto altrui – di cui all’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 77/388/CEE (11) – il giudice del rinvio deve compiere una concreta verifica, idonea a stabilire se il soggetto passivo agisca effettivamente in nome proprio. Orbene, a parere del giudice del rinvio, la presunzione prevista all’articolo 9 bis elimina l’obbligo di esaminare la situazione economica e commerciale del soggetto passivo.

23.      Sussisterebbero pertanto buone ragioni per ritenere, da una parte, che detta presunzione costituisce non una misura tecnica, ma una modifica radicale e, dall’altra, che il quadro giuridico risultante dall’articolo 28 della direttiva IVA è stato modificato in modo rilevante con l’introduzione della presunzione prevista all’articolo 9 bis, paragrafo 1, terzo comma. A prescindere dal criterio di analisi accolto, adottando l’articolo 9 bis il Consiglio avrebbe quindi commesso un manifesto errore di valutazione.

24.      In tale contesto, il First-tier Tribunal (Tax Chamber) (Tribunale di primo grado, sezione tributaria) ha deciso di sospendere procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se [l’articolo 9 bis] sia invalido in quanto eccede le competenze di esecuzione o il dovere di esecuzione del Consiglio stabiliti dall’articolo 397 della direttiva [IVA], nella misura in cui integra e/o modifica l’articolo 28 [di detta direttiva]».

25.      Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord ha lasciato l’Unione il 31 gennaio 2020. Tuttavia, la Corte resta competente a pronunciarsi sulla presente domanda di pronuncia pregiudiziale (12).

26.      Hanno presentato osservazioni scritte la Fenix, il governo italiano, il governo del Regno Unito, il Consiglio e la Commissione. Dette parti hanno altresì svolto osservazioni orali all’udienza di discussione tenutasi il 3 maggio 2022.

IV.    Analisi

27.      Con la sua questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede se l’articolo 9 bis sia invalido in quanto il Consiglio avrebbe oltrepassato il potere di esecuzione ad esso conferito. Il governo italiano, il governo del Regno Unito, il Consiglio e la Commissione suggeriscono di rispondere a tale questione riconoscendo la validità dell’articolo 9 bis. Per contro, la Fenix sostiene che occorre rispondere nel senso dell’invalidità di detto articolo.

28.      Nelle presenti conclusioni, esaminerò la nozione di «potere di esecuzione» ai sensi dell’articolo 291, paragrafo 2, TFUE (sezione A), e altresì l’applicazione dell’articolo 28 della direttiva IVA da parte dell’articolo 9 bis (sezione B).

A.      Sulla nozione di «potere di esecuzione» ai sensi dell’articolo 291, paragrafo 2, TFUE

29.      Il Trattato di Lisbona ha introdotto la distinzione tra «potere delegato» e «potere di esecuzione», rispettivamente ai sensi degli articoli 290 e 291 TFUE (13). La Corte si è pronunciata in più occasioni su detta distinzione e sulla sua portata con riferimento alla Commissione.

1.      Giurisprudenza della Corte

30.      Secondo la giurisprudenza della Corte, il legislatore dell’Unione dispone di un potere discrezionale quando decide di attribuire alla Commissione un potere delegato ai sensi dell’articolo 290, paragrafo 1, TFUE o un potere di esecuzione ai sensi dell’articolo 291, paragrafo 2, TFUE. Tuttavia, tale potere discrezionale deve essere esercitato alle condizioni stabilite agli articoli 290 TFUE e 291 TFUE (14).

31.      A tal riguardo, per quanto attiene al conferimento di un potere delegato, dall’articolo 290, paragrafo 1, TFUE risulta che un atto legislativo può delegare alla Commissione il potere di adottare atti non legislativi di portata generale che integrino o modifichino determinati elementi non essenziali dell’atto legislativo. Conformemente al secondo comma di tale disposizione, gli obiettivi, il contenuto, la portata e la durata della delega di potere devono essere esplicitamente delimitati dall’atto legislativo che conferisce una tale delega. Detto requisito implica che l’attribuzione di un potere delegato mira all’adozione di norme che si inseriscono nel quadro normativo quale definito dall’atto legislativo di base (15).

32.      Per quanto attiene alla concessione di un potere di esecuzione, l’articolo 291, paragrafo 1, TFUE prevede che gli Stati membri adottano tutte le misure di diritto interno necessarie per l’attuazione degli atti giuridicamente vincolanti dell’Unione. Tuttavia, come prevede il paragrafo 2 di detto articolo, allorché sono necessarie condizioni uniformi di esecuzione degli atti giuridicamente vincolanti dell’Unione, tali atti conferiscono competenze di esecuzione alla Commissione o, in casi specifici debitamente motivati e nel contesto della politica estera e di sicurezza comune (PESC), al Consiglio (16).

33.      Benché l’articolo 291 TFUE non fornisca alcuna definizione della nozione di «atto di esecuzione» (17), la Corte ha osservato che la nozione di «esecuzione» comprende, al tempo stesso, l’elaborazione delle norme di attuazione e l’applicazione di norme a fattispecie particolari per mezzo di atti di portata individuale (18). Per quanto attiene all’interpretazione di detto articolo, la Corte si è richiamata a una giurisprudenza costante e anteriore al Trattato di Lisbona secondo la quale, nell’ambito del suo potere di esecuzione, i cui limiti vanno valutati, segnatamente, con riferimento agli obiettivi generali essenziali dell’atto legislativo di cui trattasi, la Commissione è autorizzata ad adottare tutti i provvedimenti esecutivi necessari o utili per l’attuazione dell’atto medesimo, purché essi non siano contrastanti con quest’ultimo (19).

34.      Dalla giurisprudenza della Corte emerge altresì che, nell’ambito dell’esercizio del potere di esecuzione conferitole, l’istituzione interessata è chiamata a precisare il contenuto di un atto legislativo, per garantire la sua attuazione a condizioni uniformi in tutti gli Stati membri (20). A tale riguardo, la Commissione precisa l’atto legislativo qualora le disposizioni dell’atto di esecuzione che essa adotta, da un lato, rispettino gli obiettivi generali essenziali perseguiti dall’atto legislativo e, dall’altro, siano necessarie o utili per l’attuazione di quest’ultimo senza integrarlo né modificarlo, neppure nei suoi elementi non essenziali (21).

35.      La giurisprudenza succitata verte sul potere delegato e sul potere di esecuzione della Commissione (22). Nella presente causa è il Consiglio ad aver adottato la direttiva IVA, sulla base dell’articolo 93 CE (divenuto articolo 113 TFUE). Esso ha adottato anche l’articolo 9 bis, contenuto nel regolamento di esecuzione n. 1042/2013, fondato sull’articolo 397 della direttiva di cui trattasi. A tal riguardo, occorre chiedersi se, nel quadro dell’esercizio del potere di esecuzione ai sensi dell’articolo 291, paragrafo 2, TFUE, si debba operare una distinzione a seconda che l’istituzione che adotta l’atto di esecuzione sia la Commissione o il Consiglio.

36.      Ritengo di no.

37.      Infatti, in primo luogo, dalla formulazione dell’articolo 291, paragrafo 2, TFUE emerge che il Consiglio dispone anch’esso di un potere di esecuzione, a differenza del potere delegato ai sensi dell’articolo 290 TFUE, che è riservato alla Commissione. Certamente, come ha osservato la Corte, il potere di adottare atti di esecuzione può essere riservato al Consiglio solo in via eccezionale «in casi specifici debitamente motivati», nonché in ipotesi precise espressamente previste dalla medesima disposizione e che riguardano unicamente la PESC (23). Il Consiglio deve quindi motivare la decisione con cui si riserva l’esercizio di competenze di esecuzione in modo circostanziato (24). Nella specie, l’articolo 397 della direttiva IVA dispone che il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione, adotta le misure necessarie per l’applicazione di detta direttiva (25). L’adozione del regolamento di esecuzione n. 282/2011 da parte del Consiglio e, segnatamente, dell’articolo 9 bis, si fonda quindi su una base giuridica specifica per l’IVA nell’ottica di applicare la direttiva IVA. L’adozione di detto regolamento di esecuzione rappresenta quindi, a mio avviso, un caso specifico debitamente motivato in ottemperanza dell’articolo 291, paragrafo 2, TFUE (26).

38.      In secondo luogo, il fatto che il Consiglio eserciti un potere di esecuzione rispetto ad un atto da esso stesso adottato non mi sembra rimettere in dubbio tale interpretazione. Il Consiglio avrebbe di certo potuto modificare l’articolo 28 della direttiva IVA in quanto tale per esplicitarne il contenuto. Nelle sue osservazioni scritte, la Fenix ha così rilevato che, il 1° dicembre 2016, la Commissione ha presentato una proposta di direttiva (27) nell’ottica di modificare la formulazione di detto articolo 28, proposta questa che non è stata alla fine inclusa nella direttiva (UE) 2017/2455 (28). Tuttavia, il Consiglio può anche adottare un atto di esecuzione alle condizioni previste nell’articolo 291, paragrafo 2, TFUE. A questo proposito, va osservato che la modifica della direttiva IVA sulla base dell’articolo 113 TFUE richiede, segnatamente, che siano consultati il Parlamento europeo e il Comitato economico e sociale, condizione questa che non è prevista per l’adozione di un regolamento di esecuzione ai sensi dell’articolo 397 della direttiva IVA. La procedura relativa alla modifica di detta direttiva è quindi più complessa e richiede più tempo rispetto all’adozione di un atto di esecuzione della medesima, anche laddove le condizioni di cui all’articolo 291, paragrafo 2, TFUE possano essere soddisfatte nella specie.

39.      In terzo luogo, più in generale, benché si possa sostenere che il Consiglio, nell’adottare un atto di esecuzione per uno dei propri atti legislativi, deve disporre di un potere più ampio rispetto alla Commissione quando adotta provvedimenti esecutivi di un atto legislativo di un’altra istituzione dell’Unione (analisi che non condivido), non vedo alcun motivo per cui il Consiglio dovrebbe essere assoggettato a un trattamento diverso rispetto alla Commissione con riferimento al potere di esecuzione ai sensi dell’articolo 291, paragrafo 2, TFUE. Il Consiglio può essere infatti chiamato a precisare il contenuto di un atto legislativo. Ciò può accadere in materia fiscale, in particolare in presenza di nuove tecnologie (nel caso di specie, il commercio elettronico, che può tradursi, per quanto riguarda le prestazioni di servizi, in lunghe catene di transazioni) di cui occorre tener conto ai fini dell’attuazione degli atti legislativi esistenti. In tale situazione, in linea con l’articolo 288 TFUE, il regolamento di esecuzione ha portata generale, è obbligatorio in tutti i suoi elementi ed è direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri, anche ove l’atto legislativo sia, come nella presente causa, una direttiva.

40.      Occorre aggiungere che, secondo la giurisprudenza della Corte, l’adozione di norme essenziali di una materia è riservata alla competenza del legislatore dell’Unione, dovendo dette norme essere stabilite nella normativa di base; ne consegue che le disposizioni che stabiliscono gli elementi essenziali di una normativa di base, la cui adozione richiede scelte politiche rientranti nelle responsabilità proprie del legislatore dell’Unione, non possono costituire oggetto di una delega né essere contenute in atti di esecuzione (29).

41.      In conclusione, dalla giurisprudenza della Corte emerge che, alla luce dell’articolo 291, paragrafo 2, TFUE e dell’articolo 397 della direttiva IVA, l’articolo 9 bis è valido se, da una parte, rispetta gli obiettivi generali essenziali perseguiti dall’articolo 28 di detta direttiva e se, dall’altra, è necessario o utile per l’attuazione di detto articolo 28 senza integrarlo né modificarlo, neppure nei suoi elementi non essenziali.

2.      Distinzione tra «precisare» e «integrare o modificare» un atto legislativo

42.      La differenza tra potere delegato e potere di esecuzione si ricava dalla formulazione stessa degli articoli 290 e 291 TFUE e implica che, nel quadro del potere delegato, l’istituzione interessata può integrare o modificare determinati elementi non essenziali dell’atto legislativo, mentre, nel quadro del potere di esecuzione, essa è chiamata a precisare il contenuto normativo di un atto legislativo. Tuttavia, la distinzione tra «integrare o modificare» e «precisare» un atto legislativo non è evidente (30).

43.      Come osservato dall’avvocato generale Cruz Villalón, la differenza di principio tra il potere esercitato nel caso della delega legislativa e quello conferito nel caso dell’esecuzione è basata sul fatto che il legislatore delega all’istituzione interessata il potere di adottare decisioni su elementi che, in linea di principio, avrebbe dovuto determinare esso stesso, mentre l’esecuzione riguarda disposizioni normative il cui contenuto è stato definito nei suoi elementi essenziali dal legislatore. Secondo l’avvocato generale, a motivo di tale differenza, l’articolo 291, paragrafo 2, TFUE fa riferimento solo all’esercizio del potere esecutivo, che esclude tutto ciò che non sia necessario per l’applicazione concreta di una norma già definita e completa, mentre l’articolo 290 TFUE prevede che siano delimitati gli obiettivi che la delega deve perseguire, così come il contenuto e la portata della stessa; ciò significa che ci si attende dalla Commissione qualcosa in più della mera esecuzione di una disposizione nella quale sono già stati stabiliti tutti i suddetti elementi, il che richiede un margine di «creatività» normativa che non può esistere nel caso della mera esecuzione (31).

44.      Nel quadro di questa distinzione, mi sembra utile operare un raffronto con la nozione di «legge interpretativa», che si avvicina a un atto di esecuzione. In tal senso, la Cour de cassation (Corte di cassazione) francese ha osservato, in particolare, che una legge può essere considerata interpretativa solo se si limita a riconoscere, senza apportare alcuna variazione, un diritto preesistente che una definizione imprecisa ha reso potenzialmente controverso (32). Tale idea è nota ad altri ordinamenti giuridici, tra cui l’ordinamento giuridico greco. Così, una legge interpretativa (e un atto di esecuzione) chiariscono il senso di una legge anteriore senza aggiungere disposizioni nuove. Nel contempo, l’attuazione o esecuzione costituisce un’attività normativa, vale a dire un’attività consistente nell’emanazione di atti giuridicamente vincolanti ed è quindi molto difficile concepire un atto di esecuzione che non aggiunga nulla al quadro normativo definito dall’atto legislativo e che quindi non lo completi in un certo qual modo (33). Pertanto, un atto di esecuzione non può essere concepito come un atto privo, per definizione, di qualsiasi forza normativa. In tal senso, la Corte ha accolto un’interpretazione estensiva della nozione di «esecuzione» (34).

45.      A mio avviso, l’istituzione interessata può esercitare il suo potere di esecuzione quando l’atto legislativo si presti a molteplici interpretazioni, con la conseguenza che gli Stati membri potrebbero darvi applicazione in maniera divergente. In tale contesto, l’atto di esecuzione va ad accogliere una di tali interpretazioni nell’ottica di uniformare l’applicazione di detto atto legislativo. In altre parole, l’interpretazione accolta è già insita nel suddetto atto legislativo, tra le sue altre interpretazioni possibili. Pertanto, l’istituzione che dispone del potere di esecuzione non innova, ma sceglie di privilegiare un’interpretazione che, secondo la giurisprudenza della Corte, è necessaria o utile per garantire l’attuazione dell’atto legislativo a condizioni uniformi in tutti gli Stati membri. L’atto di esecuzione si limita quindi a chiarire e attuare l’atto legislativo senza integrarlo aggiungendo elementi (non essenziali) e senza modificarlo (35).

B.      Sull’applicazione dell’articolo 28 della direttiva IVA da parte dell’articolo 9 bis

46.      Occorre osservare, da un lato, che la Fenix ha sostenuto dinanzi al giudice del rinvio di non rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 9 bis e, in udienza, di non essere neppure assoggettata all’articolo 28 della direttiva IVA poiché essa non agiva in nome proprio ma per conto terzi, limitandosi invece ad agevolare la prestazione di servizi tra i creatori e i fan. Dall’altro, il giudice del rinvio ha osservato che l’amministrazione tributaria ha adottato gli avvisi di accertamento di cui trattasi facendo riferimento al solo articolo 9 bis, senza verificare l’applicazione dell’articolo 28 della direttiva IVA in quanto tale.

47.      Secondo una giurisprudenza costante della Corte, le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevate dal giudice nazionale nel contesto di fatto e di diritto che egli individua sotto la propria responsabilità, e del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il rigetto, da parte della Corte, di una domanda proposta da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcuna relazione con la realtà effettiva o con l’oggetto della controversia principale, qualora il problema sia di natura teorica o, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte (36).

48.      Nel caso di specie, dal fascicolo sottoposto alla Corte non emerge chiaramente che la situazione in esame corrisponde a una di dette ipotesi. Infatti, la controversia principale trae origine dalla decisione dell’amministrazione tributaria secondo cui la Fenix doveva essere considerata come operante in nome proprio in forza dell’articolo 9 bis. Dalla decisione di rinvio risulta che, nel quadro di tale controversia, la Fenix ha eccepito l’invalidità di detto articolo. Posto che l’articolo 9 bis è stato adottato come un atto di esecuzione dell’articolo 28 della direttiva IVA, l’esame della validità di detto articolo impone di esaminare il rapporto tra queste due disposizioni, che è oggetto della questione pregiudiziale, la quale è quindi ricevibile. Occorre aggiungere che, alla luce del disposto di tale questione, il giudice del rinvio prende le mosse dalla premessa secondo cui, nella specie, la Fenix agisce in nome proprio ma per conto dei creatori.

49.      Occorre pertanto esaminare il significato dell’articolo 28 della direttiva IVA e, a seguire, la portata dell’articolo 9 bis al fine di verificare se quest’ultimo costituisca effettivamente, ai sensi dell’articolo 291, paragrafo 2, TFUE, un atto di esecuzione del suddetto articolo 28.

1.      Articolo 28 della direttiva IVA

50.      L’articolo 28 della direttiva IVA stabilisce che, qualora un soggetto passivo che agisca in nome proprio ma per conto terzi partecipi ad una prestazione di servizi, si ritiene che egli abbia ricevuto o fornito tali servizi a titolo personale (37).

51.      Tale articolo, che ha una portata autonoma propria del diritto dell’Unione, introduce una presunzione («si ritiene»). Secondo la giurisprudenza della Corte, esso crea la fictio juris di due prestazioni di servizi identiche fornite consecutivamente. In forza di tale finzione, si ritiene che l’operatore che partecipa alla prestazione di servizi, cioè il commissionario, abbia, in un primo tempo, ricevuto i servizi in questione dall’operatore per conto del quale agisce, cioè il committente, prima di fornire, in un secondo tempo, personalmente tali servizi al cliente (38). Ne consegue che, per quanto riguarda il rapporto giuridico tra il committente e il commissionario, il loro ruolo rispettivo di prestatore di servizi e di pagatore è artificialmente invertito ai fini dell’IVA (39). Lo stesso ragionamento va applicato in caso di acquisizione dei beni in virtù di un contratto di commissione per l’acquisto, in conformità all’articolo 14, paragrafo 2, lettera c), della direttiva IVA, che parimenti rientra nel titolo IV della stessa (40).

52.      Ne consegue che devono essere soddisfatte due condizioni affinché l’articolo 28 della direttiva IVA possa applicarsi, vale a dire, da un lato, che esista un mandato in esecuzione del quale il commissionario intervenga, per conto del committente, nella prestazione di servizi nonché, dall’altro, che sussista un’identità tra le prestazioni di servizi acquisiti dal commissionario e le prestazioni di servizi ceduti al committente (41). Questa seconda condizione implica che sussista, eventualmente, un trasferimento del diritto di proprietà connesso (42).

53.      La Corte ha aggiunto che l’articolo 28 della direttiva IVA rientra nel titolo IV di tale direttiva, intitolato «Operazioni imponibili», ed è formulato in termini generali, senza contenere restrizioni quanto al suo ambito di applicazione o alla sua portata (43). Le prestazioni di servizi fornite consecutivamente rientrano quindi nel campo di applicazione dell’IVA e ne consegue che, se la prestazione di servizi cui un commissionario partecipa è soggetta ad IVA, è soggetto ad IVA anche il rapporto giuridico tra lui e il committente (44).

54.      Il summenzionato articolo 28 si riferisce a un intermediario che la dottrina qualifica come «opaco» (45), poiché il soggetto passivo agisce in nome proprio ma per conto terzi, a differenza di un intermediario detto «trasparente», che interviene in nome e per conto altrui (46), di cui segnatamente all’articolo 46 della direttiva IVA, vertente sulle prestazioni di servizi effettuate da intermediari(47). In tal senso, come osservato dalla Corte, la direttiva IVA prevede essa stessa regole particolari per le prestazioni di servizi fornite da un commissionario, che agisce in nome proprio ma per conto altrui, diverse da quelle disciplinanti le prestazioni fornite da un mandatario, che agisce in nome e per conto altrui (48). La presente causa verte su queste particolari regole applicabili agli intermediari opachi.

2.      Articolo 9 bis

55.      L’interpretazione e la portata dell’articolo 9 bis hanno suscitato l’interesse della dottrina (49). Nell’ambito della presente causa e come enunciato al paragrafo 41 delle presenti conclusioni, occorre verificare se l’articolo 9 bis, da una parte, rispetti gli obiettivi generali essenziali perseguiti dall’articolo 28 della direttiva IVA e, dall’altra, se esso sia necessario o utile per l’attuazione di quest’ultimo articolo senza integrarlo o modificarlo, neppure nei suoi elementi non essenziali.

a)      Sul rispetto da parte dellarticolo 9 bis degli obiettivi generali essenziali perseguiti dallarticolo 28 della direttiva IVA

56.      L’articolo 28 della direttiva IVA mira a stabilire a quali condizioni un commissionario è considerato un prestatore di servizi nel quadro del sistema comune dell’IVA. Tale disposizione risale, in sostanza, al 1977 (50), vale a dire a un periodo in cui il commercio elettronico ancora non esisteva.

57.      Come emerge dal suo considerando 4, l’obiettivo del regolamento di esecuzione n. 282/2011 è quello di garantire l’applicazione uniforme dell’attuale sistema dell’IVA attraverso disposizioni di esecuzione della direttiva IVA, in particolare in materia di prestazioni di servizi. Il considerando 5 di detto regolamento di esecuzione aggiunge che tali disposizioni di applicazione contengono norme specifiche in risposta a determinate questioni di applicazione e mirano ad introdurre un trattamento uniforme in tutto il territorio dell’Unione solamente in relazione a tali circostanze specifiche. Il considerando 4 del regolamento di esecuzione n. 1042/2013 enuncia peraltro che è necessario specificare chi è il prestatore ai fini dell’IVA quando i servizi forniti tramite mezzi elettronici o i servizi telefonici forniti via Internet sono resi ad un destinatario attraverso reti di telecomunicazione o tramite un’interfaccia o un portale.

58.      A tal riguardo, l’articolo 9 bis, che rientra tra le diverse disposizioni del regolamento di esecuzione n. 282/2011, stabilisce come, «ai fini dell’applicazione dell’articolo 28 della direttiva [IVA]», quest’ultimo debba essere interpretato quando i servizi prestati tramite mezzi elettronici sono resi attraverso una rete di telecomunicazione, un’interfaccia o un portale, quale un mercato delle applicazioni.

59.      Orbene, da una parte, l’articolo 28 della direttiva IVA è formulato in termini generali, senza contenere restrizioni quanto al suo ambito di applicazione o alla sua portata (51). Di conseguenza, nessuna categoria di servizi è esclusa dal campo di applicazione ratione materiae di detto articolo. Dall’altra, l’articolo 9 bis verte su una questione specifica, vale a dire quando un intermediario sia debitore dell’IVA in presenza di servizi prestati tramite mezzi elettronici, segnatamente mediante una piattaforma online. Mi sembra chiaro che tale questione ricade nell’ambito dell’articolo 28 della direttiva IVA. Ritengo pertanto che l’articolo 9 bis rispetti gli obiettivi generali essenziali perseguiti da detto articolo 28.

b)      Sulla necessità o utilità dellarticolo 9 bis per lattuazione dellarticolo 28 della direttiva IVA

60.      Dalla giurisprudenza della Corte risulta che, tenuto conto del potere discrezionale del legislatore dell’Unione quando decide di attribuire un potere delegato o un potere di esecuzione, il sindacato giurisdizionale si limita agli errori manifesti di valutazione in merito alla questione se il legislatore abbia potuto ragionevolmente ritenere, da un lato, che il quadro giuridico che esso ha istituito all’articolo 28 della direttiva IVA richieda soltanto, ai fini della sua attuazione, di essere precisato, senza dover essere integrato o modificato in elementi non essenziali e, dall’altro, che le disposizioni di detto articolo richiedano condizioni uniformi di esecuzione (52).

61.      Prima dell’adozione dell’articolo 9 bis, la posizione dei commissionari rispetto all’IVA ha suscitato in seno al comitato IVA discussioni sfociate, in occasione della sua 93a riunione, del 1° luglio 2011 (53), nell’adozione di orientamenti. Detto comitato ha ritenuto, in particolare, «quasi all’unanimità», che per stabilire il luogo delle prestazioni di servizi elettronici erogate a un consumatore finale, online o mediante altre reti di telecomunicazione di un fornitore di tali servizi attraverso un intermediario o un terzo che interviene nell’operazione, è necessario stabilire chi sia il prestatore del servizio elettronico. Il medesimo comitato ha altresì ritenuto, «quasi all’unanimità», che quando un servizio elettronico è fornito a un consumatore finale, si ritiene che l’intermediario o il terzo che interviene nell’operazione agiscano in nome proprio salvo che, nel rapporto con il consumatore finale, il fornitore del servizio tramite mezzi elettronici sia esplicitamente indicato esso stesso come prestatore di detto servizio.

62.      A seguito dell’adozione dell’articolo 9 bis, la Commissione ha elaborato note esplicative riguardanti, in particolare, detta disposizione (54). Secondo quanto espressamente indicato nelle suddette note, queste ultime non sono giuridicamente vincolanti. Di conseguenza, esse non possono, in quanto tali, consentire di pronunciarsi sulla validità dell’articolo 9 bis, tanto più che sono state redatte dalla Commissione e non dal Consiglio. Tuttavia, a mio parere, dette note sono un documento che può essere preso in considerazione nell’ottica di chiarire gli obiettivi perseguiti del Consiglio nell’adottare l’articolo in parola. Le medesime note indicano così che, «[s]e i servizi di telecomunicazione e i servizi prestati tramite mezzi elettronici sono forniti a un consumatore finale (B2C), l’onere di pagare l’IVA alle autorità fiscali competenti ricade sul prestatore dei servizi. È dunque essenziale individuare con certezza chi sia il prestatore dei servizi erogati, in particolare se essi non sono forniti direttamente al consumatore finale bensì attraverso intermediari» (55). La Commissione ha aggiunto che «[s]pesso le catene di fornitura sono lunghe e possono estendersi in un ambito transfrontaliero. In questi casi può essere difficile sapere quando i servizi vengono effettivamente erogati al consumatore finale e chi è il soggetto passivo dell’IVA relativa alla prestazione. Al fine di creare certezza del diritto per tutte le parti interessate, nonché di assicurare la riscossione dell’imposta, è stato necessario definire quale soggetto della catena deve essere considerato il prestatore del servizio al consumatore finale» (56).

63.      Da questi elementi si evince che l’articolo 9 bis ha un carattere tecnico, vale a dire mira a chiarire la posizione dei commissionari operanti nel settore del commercio elettronico stabilendo criteri per identificare il prestatore di servizi al fine di determinare chi sia il soggetto debitore dell’IVA e quale sia il luogo delle operazioni imponibili (57). Come indicato dalla Commissione nelle note esplicative, questo chiarimento ha un duplice oggetto, vale a dire creare certezza del diritto per i diversi soggetti che intervengono nella catena di operazioni e assicurare una corretta riscossione dell’IVA relativa alle diverse prestazioni di servizi. In mancanza di un siffatto chiarimento, può porsi il problema della doppia imposizione sulle operazioni transfrontaliere, di cui al considerando 62 della direttiva IVA, o, al contrario, quello della mancata imposizione nel quadro di una catena di prestazioni in cui interviene, segnatamente, una piattaforma online. Orbene, secondo la giurisprudenza della Corte, l’applicazione corretta della direttiva IVA consente di evitare la doppia imposizione e di garantire la neutralità fiscale (58). Inoltre, in mancanza di norme che stabiliscano un’applicazione uniforme dell’attuale sistema di IVA in materia, ciascuno dei fornitori di servizi potrebbe essere individualmente tenuto a versare detta imposta, il che imporrebbe di ricercare ciascuno di essi nei diversi Stati interessati rendendo pressoché impossibile la sua riscossione. A tal riguardo, occorre aggiungere che l’IVA è una risorsa propria dell’Unione.

64.      Date le circostanze, ritengo che il Consiglio abbia potuto ragionevolmente considerare di disporre del potere di precisare il contenuto normativo dell’articolo 28 della direttiva IVA per quanto attiene ai servizi prestati tramite mezzi elettronici, conformemente all’articolo 291, paragrafo 2, TFUE, e che l’attribuzione di un potere di esecuzione a detta istituzione può essere considerata ragionevole ai fini di garantire condizioni uniformi di attuazione di detto articolo 28 con riferimento ai servizi succitati. In tal senso, l’articolo 9 bis risulta necessario o utile per l’attuazione di detto articolo 28.

c)      Sulla questione se larticolo 9 bis precisi larticolo 28 della direttiva IVA senza integrarlo, né modificarlo

65.      Giunti a questo punto, occorre esaminare in maniera dettagliata la formulazione dell’articolo 9 bis per verificare se quest’ultimo precisi effettivamente l’articolo 28 della direttiva IVA senza integrarlo, né modificarlo. L’articolo 9 bis contiene tre paragrafi, il primo dei quali composto di tre commi, su cui vertono le considerazioni del giudice del rinvio e le osservazioni della Fenix a sostegno dell’invalidità di detto articolo.

66.      L’articolo 9 bis, paragrafo 1, primo comma (in prosieguo: il «primo comma»), dispone che, ai fini dell’applicazione dell’articolo 28 della direttiva IVA, se i servizi tramite mezzi elettronici sono resi attraverso una rete di telecomunicazione, un’interfaccia o un portale, quale un mercato delle applicazioni, si presume che un soggetto passivo che interviene in detta prestazione agisca in nome proprio ma per conto del prestatore di tali servizi, a meno che tale prestatore sia esplicitamente designato, da detto soggetto passivo, quale prestatore e ciò risulti dagli accordi contrattuali tra le parti.

67.      L’articolo 9 bis, paragrafo 1, secondo comma (in prosieguo: il «secondo comma»), prevede che, al fine di considerare il prestatore di servizi prestati tramite mezzi elettronici esplicitamente designato dal soggetto passivo quale prestatore di tali servizi, devono sussistere due condizioni cumulative, vale a dire, da una parte, la fattura emessa o resa disponibile da ciascun soggetto passivo che interviene nella prestazione dei servizi prestati tramite mezzi elettronici identifica i servizi elettronici e il relativo prestatore e, dall’altra, la nota di pagamento o la ricevuta emessa o resa disponibile per il destinatario identifica i servizi prestati tramite mezzi elettronici e il relativo prestatore.

68.      Ai sensi dell’articolo 9 bis, paragrafo 1, terzo comma (in prosieguo: il «terzo comma»), ai fini di detto paragrafo 1, a un soggetto passivo che, in relazione ad una prestazione di servizi prestati tramite mezzi elettronici, autorizzi l’addebito al destinatario o la prestazione dei servizi ovvero stabilisca i termini e le condizioni generali della prestazione non è consentito designare esplicitamente un’altra persona quale prestatore di tali servizi.

69.      Per quanto attiene al primo comma, occorre osservare che l’articolo 28 della direttiva IVA concerne la situazione di un soggetto passivo che «agisca in nome proprio ma per conto terzi», senza definire quando si debba ritenere che un soggetto passivo agisca come tale. Ai sensi del primo comma, per i servizi prestati tramite mezzi elettronici, segnatamente, mediante una piattaforma online, si presume che il soggetto passivo che interviene in detta prestazione agisca in nome proprio ma per conto del prestatore di tali servizi. In caso di applicazione di detta presunzione, alla luce dell’articolo 28 della direttiva IVA, si ritiene allora che detto soggetto passivo riceva e fornisca i servizi di cui trattasi a titolo personale, cosicché esso è tenuto a versare l’IVA quale commissionario.

70.      Come osserva correttamente la Fenix, la presunzione presente al primo comma, diretta a precisare quando un intermediario agisce in nome proprio ma per conto terzi, non è menzionata all’articolo 28 della direttiva IVA. Detta società ne deduce che si tratta di un’integrazione o di una modifica di detto articolo che va al di là della semplice esecuzione. I termini «agire in nome proprio» contenuti in detto articolo non necessiterebbero di alcun atto di esecuzione e sarebbero stati valutati, secondo la giurisprudenza della Corte, alla luce del rapporto contrattuale tra le parti. Orbene, la presunzione di cui al primo comma si applicherebbe a prescindere dalla realtà contrattuale e commerciale, a dispetto di detta giurisprudenza. Inoltre, in forza di tale presunzione occorrerebbe presumere che i commissionari forniscono e ricevono una prestazione anche se il mandato è manifesto e l’identità del committente è nota, il che modificherebbe l’approccio dell’assoggettamento ad imposta dei commissionari a titolo dell’articolo 28 della direttiva IVA.

71.      Non condivido tale interpretazione.

72.      In primo luogo, la Fenix sostiene in effetti che il legislatore dell’Unione non ha inteso disciplinare, all’articolo 28 della direttiva IVA, la questione di quando un intermediario, che partecipa a una prestazione di servizi, agisca in nome proprio. Tuttavia, la nozione di «soggetto passivo che agisc[e] in nome proprio ma per conto terzi», che rappresenta una nozione autonoma del diritto dell’Unione, è menzionata in detto articolo. In tale contesto, il primo comma precisa (e non integra) il senso di detta nozione, prevedendo una presunzione. Tale comma interviene quindi a chiarire e ad attuare l’articolo 28 della direttiva IVA, che è formulato in termini generici per quanto attiene al caso specifico dei servizi prestati tramite mezzi elettronici, al fine di garantire l’attuazione di detto articolo a condizioni uniformi in tutti gli Stati membri.

73.      In secondo luogo, come risulta da una giurisprudenza costante della Corte, il Consiglio è autorizzato ad adottare tutti i provvedimenti esecutivi necessari o utili per l’attuazione dell’articolo 28 della direttiva, purché essi non siano contrastanti con quest’ultimo (59). Orbene, la presunzione stabilita al primo comma non contrasta con la formulazione di detto articolo. In altre parole, l’interpretazione accolta dal Consiglio al primo comma è già insita nell’atto legislativo, tra le sue altre interpretazioni possibili (60).

74.      In terzo luogo, la presunzione stabilita al primo comma è una presunzione relativa. In base alla formulazione di detto comma, tale presunzione è superata quando il fornitore è esplicitamente designato come prestatore dal soggetto passivo che interviene nella prestazione e ciò risulta dagli accordi contrattuali tra le parti. Il comma di cui trattasi tiene pertanto conto della realtà contrattuale e commerciale dei rapporti tra le parti intervenute nella catena di operazioni. Queste possono così concordare che il soggetto passivo che interviene nella prestazione non sia considerato come prestatore dei servizi e non sia, in tal caso, tenuto al versamento dell’IVA.

75.      In quarto luogo, come sottolineato dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte, già prima dell’adozione dell’articolo 9 bis, l’articolo 28 della direttiva IVA mirava a trasferire la responsabilità in materia di IVA per le prestazioni di servizi in cui interviene un intermediario che agisce in nome proprio ma per conto terzi. Infatti, attraverso la fictio juris menzionata al punto 35 della sentenza Henfling e a., tale articolo stabilisce già che si ritiene che detto intermediario abbia fornito i servizi di cui trattasi a titolo personale e che esso sia, per tale ragione, tenuto al versamento dell’IVA. Ai sensi del primo comma, il fornitore dei servizi e il commissionario restano liberi di decidere che detto fornitore è il prestatore dei servizi in forza dei loro accordi contrattuali. Non è stato quindi in alcun modo modificato l’approccio dell’assoggettamento ad imposta dei commissionari a titolo dell’articolo 28 della direttiva IVA. Alla luce delle considerazioni che precedono, ritengo che il primo comma precisi l’articolo 28 della direttiva IVA, senza modificarlo, né integrarlo.

76.      Per quanto attiene al secondo comma, la Fenix sostiene che la disposizione di cui trattasi prevede criteri restrittivi e limitati per superare la presunzione prevista al primo comma, che non figurano all’articolo 28 della direttiva IVA, con due criteri aggiuntivi obbligatori e cumulativi. A tal riguardo, occorre osservare che detto comma è direttamente collegato al primo comma e segue la sua medesima logica indicando, in modo più dettagliato, le condizioni in presenza delle quali, per i servizi prestati tramite mezzi elettronici, il fornitore di servizi è espressamente indicato dal commissionario quale prestatore di servizi. Tali condizioni si riferiscono alle informazioni che devono figurare in fattura, documento questo emesso in linea di principio da un’impresa registrata a fini IVA che effettua prestazioni di servizi. Si tratta pertanto di una questione vertente sulla prova dell’inversione della presunzione secondo cui l’intermediario che interviene agisce in proprio nome, ma per conto del fornitore dei servizi, la cui valutazione è rimessa ai giudici nazionali. Dato che, a mio avviso, il primo comma è valido poiché rientra nel potere di esecuzione del Consiglio, il secondo comma, che si inserisce nel medesimo contesto, appare anch’esso valido.

77.      Quanto al terzo comma, esso stabilisce che al soggetto passivo che autorizza l’addebito al destinatario o la prestazione dei servizi ovvero stabilisce i termini e le condizioni generali della prestazione non è consentito designare esplicitamente un’altra persona quale prestatore di tali servizi. Da tale comma risulta che, quando tali modalità sono soddisfatte, la presunzione non può essere superata e diviene quindi assoluta.

78.      La Fenix sostiene che le suddette modalità non sono previste all’articolo 28 della direttiva IVA. Dal terzo comma risulterebbe che per una piattaforma online è estremamente difficile escludere l’applicazione di detto articolo a beneficio della situazione in cui a prevalere sono la realtà contrattuale, commerciale ed economica. Al pari del giudice del rinvio, la Fenix si riferisce, da un lato, al documento di lavoro n. 885 (61), che indicherebbe che l’articolo 9 bis mira a garantire la propria più ampia applicazione possibile, e dall’altra, allo studio (62) su cui si è basata la proposta di direttiva presentata dalla Commissione il 1° dicembre 2016(63), da cui risulterebbe che detto articolo è destinato non a dare applicazione all’articolo 28 della direttiva IVA, ma a trasferire l’assoggettamento a IVA in capo all’intermediario. Si tratterebbe quindi di una modifica di detto articolo 28 che eccede il potere di esecuzione riconosciuto al Consiglio.

79.      Inoltre, le note esplicative accoglierebbero un’interpretazione dell’articolo 9 bis che rende impossibile l’inversione della presunzione per una piattaforma online. Infatti, per quanto concerne la fissazione dei termini e delle condizioni generali della prestazione, ai sensi del terzo comma, tali note indicherebbero che si tratta, per esempio, dei termini e delle condizioni stabiliti dai mercati e da piattaforme analoghe che chiedono agli utenti di accettare termini e condizioni generali per poter utilizzare un dato sito web o una data piattaforma. Tuttavia, secondo la Fenix, le condizioni di utilizzo di una piattaforma online non sono i termini e le condizioni generali della prestazione ai sensi del terzo comma. Se fosse così, tutte le piattaforme online rientrerebbero nell’ambito dell’articolo 28 della direttiva IVA, a prescindere dalle condizioni contrattuali relative al mandato e alla realtà economica e commerciale, a meno che esse non siano prive di condizioni di utilizzo del proprio sito Internet, il che sarebbe imprudente dal punto di vista commerciale. La Fenix aggiunge che, per quanto riguarda l’autorizzazione dell’addebito al destinatario o la prestazione dei servizi, le note esplicative indicherebbero che sono prese in considerazione le situazioni in cui il soggetto passivo può «influenzare» le precondizioni della fornitura. Tale interpretazione estensiva modificherebbe ancor più fortemente l’applicazione dell’articolo 28 della direttiva IVA.

80.      Come osservato dalle parti intervenute in udienza, il terzo comma è centrale nel quadro della presente causa e la validità della presunzione assoluta stabilita in detto comma è messa in dubbio da taluni autori alla luce dell’articolo 28 della direttiva IVA (64). Mi sembra che gli argomenti addotti dalla Fenix a sostegno dell’invalidità del terzo comma possano essere raggruppati in quattro categorie.

81.      La prima categoria di argomenti verte sull’obiettivo del terzo comma, che sarebbe quello di trasferire l’assoggettamento ad IVA in capo all’intermediario, a differenza dell’articolo 28 della direttiva IVA. Tuttavia, come sottolineato al paragrafo 75 delle presenti conclusioni, l’obiettivo dell’articolo 28 della direttiva IVA e, prima di esso, dell’articolo 6, paragrafo 4, della sesta direttiva, era già quello di trasferire la responsabilità in materia di IVA in capo al commissionario. L’articolo 9 bis e il suo terzo comma vanno nella medesima direzione, precisando le modalità di detto trasferimento con riferimento alla prestazione di servizi tramite mezzi elettronici.

82.      La seconda categoria di argomenti si riferisce all’analisi dell’articolo 9 bis compiuta dalla Commissione nelle note esplicative. Tuttavia, come ho sottolineato al paragrafo 62 delle presenti conclusioni, tali note non sono giuridicamente vincolanti e non possono, in quanto tali, consentire di pronunciarsi sulla validità di detto articolo. È pertanto unicamente sulla base della formulazione dell’articolo medesimo che occorre verificare se il Consiglio abbia oltrepassato il proprio potere di esecuzione. In ogni caso, l’argomento della Fenix secondo il quale sarebbe «imprudente da un punto di vista commerciale» per le piattaforme online non fissare le condizioni di utilizzo del loro sito Internet risulta inconferente nella specie. Infatti, si tratta di una scelta delle piattaforme in questione, forse indispensabile sotto un profilo commerciale, ma che comporta conseguenze fiscali, ancorché indesiderate da parte delle piattaforme medesime.

83.      La terza categoria di argomenti si riferisce alla giurisprudenza della Corte secondo cui la presa in considerazione della realtà economica e commerciale costituisce un criterio fondamentale per l’applicazione del sistema comune dell’IVA (65). Così, al punto 42 della sentenza Henfling e a., la Corte ha osservato che, per quanto riguarda l’attività dei ricevitori di cui a detta causa, se è vero che la condizione relativa al fatto che il soggetto passivo deve agire in nome proprio ma per conto altrui – di cui all’articolo 6, paragrafo 4, della sesta direttiva – deve essere interpretata alla luce delle relative relazioni contrattuali in causa, cionondimeno il buon funzionamento del sistema comune dell’IVA introdotto da tale direttiva richiede una concreta verifica da parte del giudice del rinvio, idonea a stabilire se, alla luce dell’insieme degli elementi della fattispecie, tali ricevitori agiscano effettivamente in nome proprio nella raccolta di scommesse. La Corte ha poi indicato, al punto 43 di detta sentenza, gli elementi che, segnatamente, dovevano essere presi in considerazione per stabilire se i ricevitori agissero o meno in proprio nome.

84.      Occorre tuttavia sottolineare che la situazione oggetto del procedimento principale presenta marcate differenze rispetto alla causa che ha dato luogo alla sentenza Henfling e a. Infatti, nel quadro dell’applicazione dell’articolo 28 della direttiva IVA, l’articolo 9 bis ha apportato, rispetto alla posizione dei commissionari, precisazioni che non esistevano alla data di tale sentenza, indicando in che misura si presuma che il soggetto passivo che interviene nella prestazione di servizi elettronici agisce in nome proprio ma per conto altrui (66).

85.      Inoltre, ai sensi del primo comma, si presume che un soggetto passivo che interviene nella prestazione di servizi agisca in nome proprio ma per conto del prestatore di tali servizi. A tal riguardo, il terzo comma prevede tre condizioni in presenza delle quali la presunzione diviene assoluta, vale a dire quando il soggetto passivo autorizza l’addebito al destinatario o la prestazione dei servizi ovvero stabilisce i termini e le condizioni generali della prestazione. Quando anche una sola di tali condizioni è soddisfatta, detto soggetto passivo non può designare esplicitamente un’altra persona quale prestatore dei servizi. Benché l’articolo 28 della direttiva IVA non stabilisca a quali condizioni occorre considerare che un soggetto passivo «partecipa» a una prestazione di servizi sembra che, nelle tre situazioni indicate nel terzo comma, l’intermediario intervenga (67) effettivamente nella prestazione, con la conseguenza che occorre presumere in modo irrefutabile che abbia agito in nome proprio ma per conto del prestatore dei servizi (68).

86.      In particolare, quando una piattaforma online «stabilisce i termini e le condizioni generali della prestazione» dei servizi, essa decide unilateralmente detti termini e condizioni che si impongono al consumatore finale prima che i servizi siano resi (69). In una situazione siffatta, mi sembra chiaro che, a fronte della sua scelta, detta piattaforma interviene nella prestazione di servizi e deve essere considerata come il prestatore di servizi, con le conseguenze che ne derivano in materia di IVA. È evidente la differenza con la fattispecie considerata all’articolo 9 bis, paragrafo 3, in base al quale detto articolo non si applica a un soggetto passivo che provvede solamente al trattamento dei pagamenti in relazione ai servizi prestati tramite mezzi elettronici o ai servizi telefonici prestati e non interviene nella prestazione di tali servizi. Infatti, in un tal caso, il soggetto passivo non interviene nella prestazione di servizi. In altre parole, a mio avviso, il terzo comma prende in considerazione la realtà economica e commerciale e non i soli rapporti contrattuali (70). Pertanto, alla luce della giurisprudenza della Corte sull’articolo 28 della direttiva IVA, e di quella vertente sull’articolo 14, paragrafo 2, lettera c), di detta direttiva, fondata anch’essa sulla realtà economica (71), adottando il terzo comma il Consiglio non ha pertanto oltrepassato il suo potere di esecuzione.

87.      Nello stesso senso, il comitato IVA ha stabilito «all’unanimità», nei propri orientamenti (72), che a un fornitore che interviene nella catena non può essere riconosciuto il potere di stabilire, in contrasto con la situazione di fatto e le disposizioni giuridiche applicabili, che non interviene nella prestazione e non ricade, di conseguenza, nel campo di applicazione dell’articolo 9 bis. È sulla base dei fatti concernenti la reale situazione dell’intermediario nella catena di operazioni che il terzo comma prevede qui una presunzione assoluta nell’ottica di tener conto della realtà economica. Pertanto, quando un soggetto passivo interviene nella prestazione dei servizi, non possono trovare applicazione condizioni contrattuali secondo cui esso non sarebbe il prestatore di servizi.

88.      La quarta categoria di argomenti, già dedotta dalla Fenix per il primo comma, si riferisce al fatto che, in ragione della presunzione stabilita al terzo comma, si presume che l’intermediario agisca in nome proprio ma per conto di altri anche se il mandato è manifesto e l’identità del committente è nota. La Fenix sostiene che, in una situazione siffatta, l’intermediario non dovrebbe essere trattato come se fornisse o ricevesse una prestazione di servizi.

89.      A questo proposito, va osservato che, secondo la giurisprudenza della Corte, essendo stato precisato, all’articolo 28 della direttiva IVA, che il soggetto passivo deve agire «per conto terzi», deve esistere tra il commissionario e il committente un accordo avente ad oggetto l’attribuzione del mandato in esecuzione del quale il commissionario interviene, per conto del committente, nella prestazione di servizi (73). Come sottolineato dalla Commissione, spesso le catene di fornitura sono lunghe e possono estendersi in un ambito transfrontaliero (74). In tali circostanze, occorre considerare che, nel quadro di una catena di operazioni relativa a prestazioni di servizi nel settore del commercio elettronico, il commissionario è, in linea di principio, un intermediario opaco. Il solo fatto che, in una data situazione specifica, il mandato sia manifesto e l’identità del committente sia nota, come sostiene la Fenix con riguardo al procedimento principale, non mi sembra sufficiente per ritenere che il terzo comma sia, in quanto tale, invalido.

d)      Considerazioni complementari

90.      A parere del giudice del rinvio, l’articolo 9 bis va molto oltre la proposta di regolamento presentata dalla Commissione (75), che prevedeva, con riferimento a detto articolo, che se i servizi di teleradiodiffusione o i servizi elettronici di un prestatore di servizi sono prestati attraverso la rete di telecomunicazioni, un’interfaccia o un portale, come un mercato delle applicazioni, appartenente a un intermediario o a un terzo che partecipa alla prestazione, per l’applicazione dell’articolo 28 della direttiva IVA si presume che l’intermediario o il terzo agisca in nome proprio, ma per conto del prestatore di servizi, «a meno che, in relazione al destinatario finale, il prestatore di servizi sia esplicitamente designato come prestatore». Da detta proposta risulterebbe che la presunzione dovrebbe applicarsi «salvo diversa disposizione», a differenza dell’articolo 9 bis come adottato.

91.      Detto giudice muove dall’assunto che tale proposta rappresenta un atto di esecuzione dell’articolo 28 della direttiva IVA, ai sensi dell’articolo 291, paragrafo 2, TFUE. Tuttavia, da una parte, osservo come la stessa proposta preveda, al pari dell’articolo 9 bis, la presunzione che, rispetto ai servizi interessati, l’intermediario agisca in nome proprio, ma per conto di un prestatore di servizi. L’articolo 9 bis si pone pertanto nel solco tracciato dalla proposta di regolamento presentata dalla Commissione. Dall’altra, secondo detta proposta, la presunzione di cui trattasi è superata quando il prestatore di servizi è esplicitamente designato come prestatore. Orbene, l’articolo 9 bis si fonda sulla medesima logica, specificando in dettaglio le condizioni alle quali detta presunzione può essere superata. Pertanto, a mio avviso, non esiste una differenza fondamentale di approccio tra il testo della proposta di regolamento e l’articolo 9 bis come adottato.

92.      Il giudice del rinvio si richiama altresì alla proposta di direttiva presentata dalla Commissione il 1° dicembre 2016 (76), diretta a modificare la formulazione dell’articolo 28 della direttiva IVA, che corroborerebbe l’argomento della dubbia validità dell’articolo 9 bis. A tal riguardo, va osservato che la Commissione ha proposto di modificare detto articolo 28 nei seguenti termini: «Qualora un soggetto passivo che agisca in nome proprio ma per conto terzi partecipi ad una prestazione di servizi, compresi i casi in cui sono utilizzati a tale scopo una rete di telecomunicazioni, un’interfaccia o un portale, si ritiene che egli abbia ricevuto o fornito tali servizi a titolo personale» (77). Come sottolineato dal Consiglio nelle sue osservazioni scritte, questa proposta è stata ritenuta superflua posto che il suddetto articolo 28 è una disposizione generale che si applica a tutti i tipi di servizi, compresi i servizi elettronici. Ad ogni modo, non vedo come tale proposta possa essere interpretata a favore dell’invalidità dell’articolo 9 bis.

93.      In conclusione, ritengo che l’articolo di cui trattasi presenti un carattere tecnico e che la sua adozione non abbia richiesto il compimento di scelte politiche rientranti nelle responsabilità proprie del legislatore dell’Unione. Il suddetto articolo fornisce precisazioni nel settore del commercio elettronico per quanto attiene all’applicazione dell’articolo 28 della direttiva IVA, senza integrarlo né modificarlo, neppure nei suoi elementi non essenziali.

94.      In via subordinata, il Regno Unito sostiene che, ove la Corte dovesse riconoscere l’invalidità dell’articolo 9 bis, paragrafo 1, occorrerebbe limitare gli effetti nel tempo dell’emananda sentenza. A questo proposito, desidero formulare le seguenti osservazioni.

95.      Secondo una giurisprudenza consolidata, qualora lo giustifichino esigenze imperative di certezza del diritto, la Corte può avvalersi, in forza dell’articolo 264, secondo comma, TFUE, applicabile per analogia anche nell’ambito di un procedimento pregiudiziale vertente sulla validità degli atti dell’Unione, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, di un potere discrezionale per stabilire, in ciascun caso concreto, quali effetti di tale atto debbano considerarsi definitivi (78). La Corte si è avvalsa così della possibilità di limitare l’effetto nel tempo della dichiarazione d’invalidità di una normativa dell’Unione quando esigenze imperative di certezza del diritto attinenti all’insieme degli interessi, sia pubblici sia privati, in gioco in determinate cause impedivano di rimettere in discussione la riscossione o il versamento di somme di danaro, effettuati in base alla detta normativa, per il periodo anteriore alla data della sentenza (79).

96.      Nel caso di specie, il governo del Regno Unito sostiene che esigenze imperative di certezza del diritto giustificano il mantenimento di tutti gli effetti giuridici dell’articolo 9 bis, applicabile nell’Unione dal 1° gennaio 2015, sino alla data dell’emananda sentenza. Infatti, la declaratoria di invalidità di detto articolo rischierebbe di avere ripercussioni economiche gravi in ragione, segnatamente, dell’elevato numero di operazioni online compiute tra imprese e consumatori finali, mentre l’IVA è stata dichiarata, pagata e riscossa in buona fede sulla base di detto articolo, considerato come validamente in vigore. Detto governo ritiene che le imposte in eccesso dichiarate o versate negli anni 2015-2020 che rischiano di dover essere rimborsate potrebbero raggiungere, nel Regno Unito, la somma di 2,7 miliardi di sterline (GBP) (circa 3,215 miliardi di EUR). Inoltre, detto governo osserva che la limitazione nel tempo degli effetti dell’emananda sentenza sarebbe giustificata dal motivo di invalidità, vale a dire l’errore commesso con riferimento alla base giuridica dell’atto contestato. Questa limitazione dovrebbe applicarsi a tutte le persone e a tutte le finalità, senza fare eccezioni a favore della Fenix o di tutte le altre persone che abbiano proposto, prima della data dell’emananda sentenza della Corte, un ricorso eccependo l’invalidità dell’articolo 9 bis.

97.      Alla luce degli argomenti sollevati dal governo del Regno Unito e tenuto conto delle gravi ripercussioni che una dichiarazione di invalidità dell’articolo 9 bis da parte della Corte potrebbe avere su un ampio numero di rapporti giuridici, occorrerebbe, a mio avviso, limitare gli effetti nel tempo dell’emananda sentenza. Spetta inoltre alla Corte determinare, quando si avvalga della possibilità di limitare l’efficacia retroattiva di una declaratoria di invalidità di un atto dell’Unione, se una deroga a tale limitazione dell’efficacia temporale della sentenza possa essere prevista a favore della parte nel procedimento principale che abbia impugnato dinanzi al giudice nazionale le misure nazionali di esecuzione dell’atto dell’Unione o se, al contrario, anche nei confronti della detta parte, la declaratoria di invalidità dell’atto dell’Unione con effetti unicamente ex nunc costituisca un rimedio adeguato (80). Nel caso di specie, posto che la Fenix ha eccepito l’invalidità dell’articolo 9 bis dinanzi al giudice del rinvio, ritengo che, con riferimento a detta società, non vi sarebbe motivo di limitare gli effetti nel tempo dell’emananda sentenza (81).

98.      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni e tenuto conto dell’articolo 28 della direttiva IVA, ritengo che, adottando l’articolo 9 bis, il Consiglio non abbia oltrepassato il potere di esecuzione conferitogli dall’articolo 291, paragrafo 2, TFUE e dall’articolo 397 della direttiva IVA e che il succitato articolo 9 bis sia pertanto valido.

V.      Conclusione

99.      Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alla questione pregiudiziale sollevata dal First-tier Tribunal (Tax Chamber) (Tribunale di primo grado, sezione tributaria, Regno Unito) nel modo seguente:

Dall’esame della questione pregiudiziale non è emerso alcun elemento idoneo ad inficiare la validità dell’articolo 9 bis del regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011 del Consiglio, del 15 marzo 2011, recante disposizioni di applicazione della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto, quale inserito dal regolamento di esecuzione (UE) n. 1042/2013 del Consiglio, del 7 ottobre 2013, che modifica il regolamento di esecuzione n. 282/2011.


1      Lingua originale: il francese.


2      Regolamento di esecuzione del Consiglio, del 15 marzo 2011, recante disposizioni di applicazione della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto (GU 2011, L 77, pag. 1).


3      Regolamento di esecuzione del Consiglio, del 7 ottobre 2013, che modifica il regolamento di esecuzione n. 282/2011 (GU 2013, L 284, pag. 1).


4      Direttiva del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1), come modificata dalla direttiva (UE) 2017/2455 del Consiglio, del 5 dicembre 2017 (GU 2017, L 348, pag. 7; in prosieguo: la «direttiva IVA»).


5      V., segnatamente, documento dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) dal titolo Le rôle des plateformes numériques dans la collecte de la TVA/TPS sur les ventes en ligne [Il ruolo delle piattaforme digitali nella riscossione dell’IVA/GST sulle vendite online], sottoposto ad esame in occasione della quinta riunione del Forum mondiale sull’IVA, marzo 2019, consultabile all’indirizzo: https://www.oecd.org/fr/fiscalite/consommation/le-role-des-plateformes-numeriques-dans-la-collecte-de-la-tva-tps-sur-les-ventes-en-ligne.pdf


6      Il giudice del rinvio si riferisce alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio del 9 dicembre 2009 – Attuazione dell’articolo 290 TFUE [COM(2009) 673 definitivo], pag. 4.


7      Proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011 per quanto riguarda il luogo delle prestazioni di servizi, del 18 dicembre 2012 [COM(2012) 763 final], pag. 14.


8      Il giudice del rinvio cita a questo proposito il documento di lavoro n. 885 del comitato IVA, taxud.c.1(2015)4659331, 9 ottobre 2015, pag. 4. Tale documento è consultabile al seguente indirizzo: https://circabc.europa.eu/sd/a/ab683366-67b5-4fee-b0a8-9c3eab0e713d/885%20-%20VAT%202015%20-%20Harmonised%20application%20of%20the%20presumption.pdf Il comitato IVA è un comitato consultivo previsto dall’articolo 398 della direttiva IVA, i cui orientamenti, sebbene non giuridicamente cogenti, costituiscono tuttavia un ausilio per l’interpretazione di detta direttiva (v. sentenza del 15 aprile 2021, SK Telecom, C-593/19, EU:C:2021:281, punto 48 e giurisprudenza citata).


9      Detto studio, realizzato dalla società Deloitte, si componeva di tre parti, la cui parte 3, recante la data di novembre 2016, dal titolo «Assessment of the implementation of the 2015 place of supply rules and the Mini-One Stop Shop», è reperibile, in inglese, all’indirizzo: https://ec.europa.eu/taxation_customs/system/files/2016-12/vat_aspects_cross-border_e-commerce_final_report_lot3.pdf


10      Proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 2006/112/CE e la direttiva 2009/132/CE per quanto riguarda taluni obblighi in materia di imposta sul valore aggiunto per le prestazioni di servizi e le vendite a distanza di beni [COM(2016) 757 final].


11      Sesta direttiva del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU 1977, L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»). Tale direttiva è stata abrogata e sostituita dalla direttiva IVA. L’articolo 28 di quest’ultima è formulato nei medesimi termini dell’articolo 6, paragrafo 4, della sesta direttiva. Quest’ultima disposizione figurava nella versione iniziale della sesta direttiva e non è mai stata modificata.


12      L’articolo 86 dell’accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea e dalla Comunità europea dell’energia atomica (GU 2019, C 384 I, pag. 1) prevede, al suo paragrafo 2, che la Corte resta competente a pronunciarsi in via pregiudiziale sulle domande presentate dai giudici del Regno Unito prima della fine del periodo di transizione. Ai sensi dell’articolo 126 di detto accordo, tale periodo è terminato il 31 dicembre 2020. Dall’articolo 86, paragrafo 3, del suddetto accordo emerge inoltre che una domanda di pronuncia pregiudiziale si considera presentata, ai sensi del paragrafo 2 di detto articolo, nel momento in cui la domanda giudiziale è registrata presso la cancelleria della Corte. Nel caso di specie, la presente domanda di pronuncia pregiudiziale è stata registrata presso la cancelleria della Corte il 22 dicembre 2020, vale a dire prima della fine del periodo di transizione.


13      V., a tal riguardo, sentenza del 18 marzo 2014, Commissione/Parlamento e Consiglio (C-427/12, EU:C:2014:170, punto 36). Sulla distinzione tra potere delegato e potere di esecuzione nel quadro del Trattato di Lisbona, v., segnatamente, Craig, P., «Delegated Acts, Implementing Acts and the New Comitology Regulation», European Law Review, vol. 36, n. 5, 2011, pagg. da 671 a 687; Chamon, M., «Institutional Balance and Community Method in the Implementation of EU Legislation Following the Lisbon Treaty», Common Market Law Review, vol. 53, n. 6, 2016, pagg. da 1501 a 1543.


14      Sentenza del 16 luglio 2015, Commissione/Parlamento e Consiglio (C-88/14, EU:C:2015:499, punto 28 e giurisprudenza citata).


15      Sentenza del 17 marzo 2016, Parlamento/Commissione (C-286/14, EU:C:2016:183, punto 30 e giurisprudenza citata).


16      Sentenza del 20 dicembre 2017, Spagna/Consiglio (C-521/15, EU:C:2017:982, punto 42). Come osservato dall’avvocato generale Cruz Villalón nelle sue conclusioni nella causa Commissione/Parlamento e Consiglio (C-427/12, EU:C:2013:871, paragrafo 50), contrariamente a quanto avviene nel caso dell’articolo 290 TFUE, siffatto conferimento di potere non trae origine dalla mera volontà del legislatore, bensì dall’esistenza di una causa oggettiva, vale a dire la necessità che gli atti giuridicamente vincolanti dell’Unione vengano eseguiti in condizioni uniformi.


17      Sentenza del 18 marzo 2014, Commissione/Parlamento e Consiglio (C-427/12, EU:C:2014:170, punto 33).


18      Sentenza del 1° marzo 2016, National Iranian Oil Company/Consiglio (C-440/14 P, EU:C:2016:128, punto 36 e giurisprudenza citata).


19      Sentenze del 15 ottobre 2014, Parlamento/Commissione (C-65/13, EU:C:2014:2289, punto 44 e giurisprudenza citata), e del 9 giugno 2016, Pesce e a. (C-78/16 e C-79/16, EU:C:2016:428, punto 46).


20      Sentenza del 16 luglio 2015, Commissione/Parlamento e Consiglio (C-88/14, EU:C:2015:499, punto 30 e giurisprudenza citata).


21      V. sentenza del 15 ottobre 2014, Parlamento/Commissione (C-65/13, EU:C:2014:2289, punti 45 e 46).


22      Ai sensi dell’articolo 291, paragrafo 3, TFUE, il potere di esecuzione della Commissione è soggetto al controllo degli Stati membri mediante il procedimento previsto dal regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU 2011, L 55, pag. 13).


23      Sentenza del 1° dicembre 2015, Parlamento e Commissione/Consiglio (C-124/13 e C-125/13, EU:C:2015:790, punto 53 e giurisprudenza citata).


24      V., in tal senso, sentenza del 1° marzo 2016, National Iranian Oil Company/Consiglio (C-440/14 P, EU:C:2016:128, punto 49 e giurisprudenza citata).


25      L’articolo 397 della direttiva IVA è formulato nei medesimi termini dell’articolo 29 bis della sesta direttiva, come inserito in quest’ultima dalla direttiva 2004/7/CE del Consiglio, del 20 gennaio 2004, che modifica la direttiva 77/388 (GU 2004, L 27, pag. 44). Ai suoi considerando 7 e 8, quest’ultima direttiva enuncia che, in assenza di un procedimento per l’adozione di misure vincolanti d’applicazione delle disposizioni della sesta direttiva, gli Stati membri applicano in maniera divergente le regole fissate da quest’ultima; che per migliorare il funzionamento del mercato interno è essenziale garantire un’applicazione più uniforme dell’attuale sistema di IVA e che l’introduzione di una procedura per l’adozione di misure intese a garantire la corretta applicazione delle disposizioni vigenti costituirebbe un importante passo avanti in questa direzione. Il considerando 61 della direttiva IVA si fonda sulle medesime considerazioni.


26      Ai considerando 11 e 12 della direttiva 2004/7, il Consiglio ha indicato che l’incidenza delle misure di esecuzione sui bilanci degli Stati membri giustifica che esso si riservi il diritto di esercitare le competenze di esecuzione della sesta direttiva. Tali elementi sono ripresi nel considerando 63 della direttiva IVA.


27      V. nota 10 delle presenti conclusioni.


28      Direttiva del Consiglio, del 5 dicembre 2017, che modifica la direttiva 2006/112/CE e la direttiva 2009/132/CE per quanto riguarda taluni obblighi in materia di imposta sul valore aggiunto per le prestazioni di servizi e le vendite a distanza di beni (GU 2017, L 348, pag. 7).


29      V. sentenza del 10 settembre 2015, Parlamento/Consiglio (C-363/14, EU:C:2015:579, punto 46 e giurisprudenza citata).


30      V., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Jääskinen nella causa Regno Unito/Parlamento e Consiglio (C-270/12, EU:C:2013:562, paragrafo 78). V. altresì Englisch, J., «“Detailing” EU Legislation through Implementing Acts», Yearbook of European Law, 2021, vol. 40, n. 1, pagg. da 111 a 145.


31      Conclusioni nella causa Commissione/Parlamento e Consiglio (C-427/12, EU:C:2013:871, paragrafi 62 e 63).


32      V., in particolare, sentenze della chambre sociale (Sezione sociale), del 23 febbraio 2000, n. 98-15.598, e della troisième chambre civile (Terza Sezione civile), del 27 febbraio 2002, n. 00-17.902.


33      V. Ritleng, D., «The Dividing Line between Delegated and Implementing Acts: The Court of Justice Sidesteps the Difficulty in Commission v. Parliament and Council (Biocides)», Common Market Law Review, vol. 52, n. 1, 2015, pagg. da 243 a 257, in particolare pag. 251.


34      V. Lenaerts, K., e Van Nuffel, P., EU Constitutional Law, 1ª edizione, Oxford University Press, Oxford, 2021, n. 18.013.


35      Nella sentenza del 17 marzo 2016, Parlamento/Commissione (C-286/14, EU:C:2016:183, punto 41), la Corte ha dichiarato che, nel quadro dell’articolo 290, paragrafo 1, TFUE, la delega di un potere di «integrare» un atto legislativo consiste semplicemente nell’autorizzare la Commissione ad attuare tale atto e che, qualora essa eserciti un tale potere, il suo mandato è limitato allo sviluppo in dettaglio, nel rispetto dell’integralità dell’atto legislativo adottato dal legislatore, degli elementi non essenziali della specifica normativa che il legislatore non ha definito. A tal riguardo, osservo, da una parte, che detta giurisprudenza è stata emanata nel contesto del «potere delegato», ai sensi dell’articolo 290, paragrafo 1, TFUE, e non del «potere di esecuzione», di cui all’articolo 291, paragrafo 2, TFUE. Dall’altra, a mio avviso, l’approccio accolto potrebbe essere considerato troppo restrittivo posto che potrebbe privare di contenuto reale la nozione consistente nel «precisare» l’atto legislativo ai sensi dell’articolo 291, paragrafo 2, TFUE.


36      Sentenza del 2 giugno 2022, SR (Spese di traduzione in un procedimento civile) (C-196/21, EU:C:2022:427, punto 25 e giurisprudenza citata).


37      Su detto articolo, v. Terra, B., e Kajus, J., «10.4.5 Undisclosed agent», A Guide to the European VAT Directives 2022: Introduction to European VAT, vol. 1, IBFD, Amsterdam, 2022.


38      Sentenze Henfling e a., punto 35, e del 12 novembre 2020, ITH Comercial Timişoara (C-734/19, EU:C:2020:919, punto 49).


39      Sentenza Henfling e a., punto 35.


40      V. sentenza del 12 novembre 2020, ITH Comercial Timişoara (C-734/19, EU:C:2020:919, punto 50). Ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 2, lettera c), della direttiva IVA, è considerato cessione di beni il trasferimento di un bene effettuato in virtù di un contratto di commissione per l’acquisto o per la vendita.


41      V., in tal senso, sentenza del 12 novembre 2020, ITH Comercial Timişoara (C-734/19, EU:C:2020:919, punto 51).


42      V., in tal senso, sentenza del 12 novembre 2020, ITH Comercial Timişoara (C 734/19, EU:C:2020:919, punto 54).


43      V. sentenze Henfling e a., punto 36, e del 17 gennaio 2013, BGŻ Leasing (C-224/11, EU:C:2013:15, punto 64).


44      V. sentenze del 4 maggio 2017, Commissione/Lussemburgo (C-274/15, EU:C:2017:333, punto 87), e del 21 gennaio 2021, UCMR - ADA (C-501/19, EU:C:2021:50, punto 49). All’inverso, se la prestazione di servizi cui il commissionario partecipa è esentata dall’IVA, tale esenzione è altresì applicabile al rapporto giuridico tra il committente e il commissionario (v. sentenza Henfling e a., punto 36).


45      V., segnatamente, Berlin, D., Directive TVA 2006/112: commentaire article par article, Bruylant, Bruxelles, 2020, commentario dell’articolo 28 della direttiva IVA, pag. 228. Posto che la giurisprudenza della Corte si riferisce al «commissionario», utilizzerò questo termine per indicare l’intermediario nella catena delle transazioni.


46      Il che significa che il cliente non conosce l’identità del committente.


47      Ai sensi dell’articolo 46 della direttiva IVA, come modificata dalla direttiva 2008/8/CE del Consiglio, del 12 febbraio 2008 (GU 2008, L 44, pag. 11), «[i]l luogo delle prestazioni di servizi rese a persone che non sono soggetti passivi da un intermediario che agisce in nome e per conto altrui è il luogo in cui viene effettuata l’operazione principale in conformità della presente direttiva».


48      Sentenza Henfling e a., punto 38.


49      V., in particolare, Claessens, S., e Corbett, T., «Intermediated Delivery and Third-Party Billing: Implications for the Operation of VAT Systems around the World», in Lang, M., e Lejeune, I., VAT/GST in a Global Digital Economy, Wolters Kluwer, Alphen-sur-le-Rhin, 2015, pagg. da 59 a 78. V. altresì, nella medesima opera, Nguyen, D., «Comments on the Discussion of Article 9a of Implementing Regulation 1042/2013», pagg. da 79 a 82.


50      V. nota 11 delle presenti conclusioni.


51      V. paragrafo 53 delle presenti conclusioni.


52      V., in tal senso, sentenza del 18 marzo 2014, Commissione/Parlamento e Consiglio (C-427/12, EU:C:2014:170, punto 40).


53      Documento C – taxud.c.1(2012)1410604 – 709, reperibile al seguente indirizzo: https://ec.europa.eu/taxation_customs/system/files/2022-04/guidelines-vat-committee-meetings_fr.pdf, pag. 155.


54      V. documento dal titolo «Note esplicative sulle modifiche apportate al sistema dell’IVA nell’Unione europea per quanto riguarda il luogo delle prestazioni di servizi di telecomunicazione, di teleradiodiffusione e di servizi prestati tramite mezzi elettronici che entreranno in vigore nel 2015 [regolamento di esecuzione (UE) n. 1042/2013 del Consiglio]» (in prosieguo: le «note esplicative»), pubblicato il 3 aprile 2014 e disponibile al seguente indirizzo: https://ec.europa.eu/taxation_customs/business/vat/telecommunications-broadcasting-electronic-services/sites/default/files/explanatory_notes_2015_it_0.pdf


55      Punto 3.2 delle note esplicative.


56      Punto 3.3 delle note esplicative.


57      Come enuncia il considerando 1 del regolamento di esecuzione n. 1042/2013, «[l]a direttiva [IVA] dispone che, a decorrere dal 1° gennaio 2015, tutti i servizi di telecomunicazione, di teleradiodiffusione e i servizi prestati tramite mezzi elettronici a persone che non sono soggetti passivi siano tassati nello Stato membro in cui il destinatario è stabilito, nel luogo del suo indirizzo permanente o della sua residenza abituale, a prescindere dal luogo di stabilimento del soggetto passivo che presta tali servizi. La maggior parte degli altri servizi prestati a persone che non sono soggetti passivi continua a essere tassata nello Stato membro in cui il prestatore è stabilito».


58      V. sentenza del 18 giugno 2020, KrakVet Marek Batko (C-276/18, EU:C:2020:485, punto 50).


59      V. paragrafo 33 delle presenti conclusioni.


60      V. paragrafo 45 delle presenti conclusioni.


61      V. nota 8 delle presenti conclusioni.


62      V. nota 9 delle presenti conclusioni.


63      V. nota 10 delle presenti conclusioni.


64      V., segnatamente, Weidmann, M., «The New EU VAT Rules on the Place of Supply of B2C E-Services: Practical Consequences, The German Example», EC Tax Review, vol. 24, n. 2, 2015, pagg. da 105 a 118, in particolare pag. 113; Henkow, O., «Acting in One’s Own Name on Someone Else’s Behalf: A Changing Concept?», in Egholm Elgaard, K.K., Ramsdahl Jensen, D., e Stensgaard, H., (dir.) Momsloven 50 år – festskrift i anledning af 50 års jubilæet for Danmarks første momslov, Ex Tuto Publishing A/S, Copenaghen, 2017, pagg. da 241 a 254.


65      V., segnatamente, sentenza del 12 novembre 2020, ITH Comercial Timişoara (C-734/19, EU:C:2020:919, punto 48 e giurisprudenza citata).


66      Nelle sue osservazioni scritte, la Commissione ha osservato che la sentenza Henfling e a. ha mostrato la necessità di adottare una regola uniforme per chiarire il caso in cui l’intermediario agisce in nome proprio, il che si è tradotto nell’adozione dell’articolo 9 bis.


67      Secondo la definizione del dizionario Le Petit Robert, 2011, la nozione di «intervenire» può essere definita come l’operare tra due o più persone per avvicinarle e agevolare la conclusione di affari che le interessano.


68      Secondo O. Henkow (pag. 251 del suo articolo, v. nota 64 delle presenti conclusioni), il fatto che il soggetto passivo autorizzi l’addebito al destinatario, senza fare altro, sembra andare oltre quanto indicato dalla Corte al punto 43 della sentenza Henfling e a. Tuttavia, anzitutto, detta sentenza indica gli elementi che devono «in particolare» essere presi in considerazione, il che significa che essi non hanno carattere esclusivo. Inoltre, alla data di detta sentenza non esisteva il regolamento di esecuzione volto a precisare l’applicazione dell’articolo 28 della direttiva IVA. Infine, al legislatore dell’Unione va riconosciuto un margine di discrezionalità nell’ottica di precisare detto articolo.


69      Contrariamente a quanto sostenuto dalla Fenix, ritengo, in particolare, che i termini e le condizioni generali della prestazione, ai sensi del terzo comma, comprendano le condizioni generali di utilizzo di una piattaforma online, come previste da detta società.


70      V. altresì, a tal riguardo, sentenza del 20 giugno 2013, Newey (C-653/11, EU:C:2013:409, punti da 42 a 46).


71      V., segnatamente, sentenza del 3 settembre 2015, Fast Bunkering Klaipėda (C-526/13, EU:C:2015:536).


72      Orientamenti tratti dalla 106a riunione del 14 marzo 2016, documento A - taxud.c.1(2016)3604550 – 904, pag. 217, reperibile al seguente indirizzo: https://taxation-customs.ec.europa.eu/system/files/2022-04/guidelines-vat-committee-meetings_fr.pdf


73      V. sentenza del 12 novembre 2020, ITH Comercial Timişoara (C-734/19, EU:C:2020:919, punti 51 e 52).


74      V. paragrafo 62 delle presenti conclusioni.


75      V. paragrafo 20 delle presenti conclusioni.


76      V. nota 10 delle presenti conclusioni.


77      Il corsivo è mio.


78      Sentenza del 9 febbraio 2017, Raffinerie Tirlemontoise (C-585/15, EU:C:2017:105, punto 37 e giurisprudenza citata).


79      Sentenza del 9 febbraio 2017, Raffinerie Tirlemontoise (C-585/15, EU:C:2017:105, punto 38 e giurisprudenza citata).


80      V. sentenza del 28 aprile 2016, Borealis Polyolefine e a. (C-191/14, C-192/14, C-295/14, C-389/14 e da C-391/14 a C-393/14, EU:C:2016:311, punto 108 e giurisprudenza citata).


81      V., in tal senso, sentenza del 26 aprile 1994, Roquette Frères (C-228/92, EU:C:1994:168, punto 28).